Ayyam min Ayati (Giorni della mia vita – nelle - Visit WordPress
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una decina di versetti coranici alla volta, e assimilandone i comandamenti, perché ci ispirassero profondamente nella vita di ogni giorno. Una volta terminato lo studio di questi, passavamo ai dieci versetti successivi, e così di seguito. I giorni trascorrevano quieti e fruttuosi. Studiavamo, formavamo noi stessi e preparavamo la generazione che doveva assicurare il risveglio ed essere l'avanguardia della lotta dell'Islâm. Bisognava imperativamente formare le nuove generazioni per passar loro, al momento opportuno, il testimone. Così avevamo deciso, e conformemente alle raccomandazioni e alle istruzioni di Sayyed Qotb e di Hasan Al-Hudaybi, di prolungare il periodo di formazione e di educazione, per meglio inculcare ai nostri giovani militanti i valori dell'Islâm e i suoi principi fondamentali. Bisognava ben che integrassero la consapevolezza che non vi è alcun Islâm senza il ritorno all'applicazione delle regole e dei comandamenti della legislazione coranica in tutti i dominii e a tutti i livelli. Decidemmo allora di estendere il nostro programma di formazione e di educazione lungo un periodo di tredici anni, ossia il tempo richiesto per la propagazione dell'Islâm all'epoca del Profeta (sallAllahu 'alayhi waSallam) a Makkah. Decidemmo anche di considerare come il nocciolo di base della Ummah islamica i Fratelli Musulmani, che erano impegnati nell'azione conformemente ai comandamenti divini ed erano tenuti a rispettarli e a farli rispettare dappertutto dove si trovassero, nel quadro del nostro cerchio islamico. Era ormai nostro dovere obbedire all'Imâm, colui a cui avevamo volontariamente giurato alleanza. In quanto agli hudûd (regole di diritto penale), la loro applicazione fu rimandata a più tardi, nell'attesa dello stabilimento dello stato islamico. Eravamo anche convinti che i fondamenti di uno stato islamico autentico non fossero riuniti da nessuna parte sul nostro pianeta, e questa era la ragione per cui incombeva alla Ummah islamica odierna di agire per far rispettare i comandamenti di Allah (subhânaHu waTa'ala), e ciò affinché tutti i Musulmani potessero tornare all'Islâm, alla loro valorosa religione, e che non ci si accontentasse più di semplici slogans vuoti di qualsiasi applicazione pratica nella vita di ogni giorno. Avevamo anche compiuto uno studio generale e approfondito della situazione del mondo musulmano alla luce di ciò che esisteva sotto l'autorità dei Califfi benguidati, e che volevamo rieditare nel quadro della società islamica che speravamo di edificare. Dopo lo studio approfondito della situazione sventurata e drammatica del mondo musulmano, avevamo concluso che non vi fosse alcuno stato che riempisse tutte le condizioni necessarie per poter essere proclamato Stato Islamico. Solo l'Arabia Saudita faceva eccezione, ma con molte riserve e osservazioni che il regno era invitato a prendere in considerazione. Insomma, gli studi da noi intrapresi concludevano tutti che la nazione islamica non era stabilita, nonostante alcuni stati si vantassero di governare conformemente ai principi della legislazione islamica. Dopo questi studi empirici, decidemmo tra l'altro di effettuare, al termine dei tredici anni di formazione dell'insieme dei giovani, dei vecchi, delle donne e 32
delle ragazze, un referendum generale attraverso il paese per il ristabilimento di uno Stato islamico. Nel caso di risposta positiva, saremmo stati spinti a proclamare uno stato islamico e a reclamare lo stabilimento di un potere che governasse conformemente ai suoi comandamenti. Se, al contrario, gli aderenti effettivi non avessero oltrepassato il 25%, saremmo stati spinti a prolungare il nostro programma di formazione di altri tredici anni, e così via, finché avessimo stimato che la nazione era pronta ad evolvere sotto un'autorità islamica. Poco ci importava se generazioni intere fossero passate, l'essenziale era che la formazione continuasse, che la nostra opera proseguisse e che potessimo passare il testimone alle nuove generazioni, con – come solo e unico slogan – "Lâ ilahâ illâ Allah, Muhammad Rasul Allah". Eravamo in contatto con Muhammad Qotb, e con l'avallo della guida Al- Hudaybi, ci veniva a trovare a casa mia, e nella mia dimora di Eliopoli, per rispondere alle nostre domande e richieste di chiarimento. I giovani, in particolare, gli ponevano numerose domande alle quali forniva risposte pertinenti. TERZA PARTE IL COMPLOTTO L'Imâm Sayyed Qotb uscì infine di prigione. Qualche mese prima, fui vittima di un attentato che non riuscì (il tentativo di assassinio che ho evocato all'inizio di questo libro). Tuttavia, ci pervennero delle informazioni indicanti che la liberazione dell'Imâm Sayyed Qotb non era altro che il preludio ad un piano orchestrato dai servizi segreti del potere nasseriano, mirante ad assassinare l'Imâm. Sulla lista delle persone prese di mira, anche il nome di AbdulFattah Isma'il era ai primi posti. Vivemmo allora contando solo sull'aiuto di Allah, e implorandoLo di far fallire il piano del potere. Tuttavia, avevamo cominciato a studiare le informazioni che ci erano pervenute, riguardanti un'atmosfera di panico che animava da qualche tempo le autorità. Esse erano fermamente convinte dell'esistenza di una corrente di pensiero diretta, dalla prigione, da Sayyed Qotb, e tradotta all'esterno in azioni intraprese dal movimento dei Fratelli Musulmani, con AbdulFattah Isma'il e Zaynab Al-Ghazali Al-Jabîlî come capi. Più tardi, ricevemmo conferma del fatto che i servizi segreti americani (la CIA), i servizi segreti sovietici (il KGB) e il capo di entrambi, l'Organizzazione Sionista Mondiale, avevano inviato rapporti dettagliati a Nasser, con istruzioni perentorie che ingiungevano di prendere sul serio la "minaccia" islamista, per eliminarla, altrimenti – dicevano in sostanza i rapporti – tutti gli sforzi di Nasser per distogliere l'attenzione dal pensiero islamico, sarebbero stati vani, e il movimento islamico avrebbe finito per trionfare su tutte le correnti di pensiero non islamico. 33
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aderenti effettivi non avessero oltrepassato il 25%, saremmo stati spinti a<br />
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finché avessimo stimato che la nazione era pronta ad evolvere sotto<br />
un'autorità islamica.<br />
Poco ci importava se generazioni intere fossero passate, l'essenziale era che la<br />
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"Lâ ilahâ illâ Allah, Muhammad Rasul Allah".<br />
Eravamo in contatto con Muhammad Qotb, e con l'avallo <strong>della</strong> guida Al-<br />
Hudaybi, ci veniva a trovare a casa <strong>mia</strong>, e nella <strong>mia</strong> dimora di Eliopoli, per<br />
rispondere alle nostre domande e richieste di chiarimento. I giovani, in<br />
particolare, gli ponevano numerose domande alle quali forniva risposte<br />
pertinenti.<br />
TERZA PARTE<br />
IL COMPLOTTO<br />
L'Imâm Sayyed Qotb uscì infine di prigione. Qualche mese prima, fui vittima<br />
di un attentato che non riuscì (il tentativo di assassinio che ho evocato<br />
all'inizio di questo libro). Tuttavia, ci pervennero delle informazioni indicanti<br />
che la liberazione dell'Imâm Sayyed Qotb non era altro che il preludio ad un<br />
piano orchestrato dai servizi segreti del potere nasseriano, mirante ad<br />
assassinare l'Imâm. Sulla lista delle persone prese di mira, anche il nome di<br />
AbdulFattah Isma'il era ai primi posti. Vivemmo allora contando solo<br />
sull'aiuto di Allah, e implorandoLo di far fallire il piano del potere.<br />
Tuttavia, avevamo co<strong>min</strong>ciato a studiare le informazioni che ci erano<br />
pervenute, riguardanti un'atmosfera di panico che animava da qualche tempo<br />
le autorità. Esse erano fermamente convinte dell'esistenza di una corrente di<br />
pensiero diretta, dalla prigione, da Sayyed Qotb, e tradotta all'esterno in<br />
azioni intraprese dal movimento dei Fratelli Musulmani, con AbdulFattah<br />
Isma'il e Zaynab Al-Ghazali Al-Jabîlî come capi.<br />
Più tardi, ricevemmo conferma del fatto che i servizi segreti americani (la<br />
CIA), i servizi segreti sovietici (il KGB) e il capo di entrambi, l'Organizzazione<br />
Sionista Mondiale, avevano inviato rapporti dettagliati a Nasser, con istruzioni<br />
perentorie che ingiungevano di prendere sul serio la "<strong>min</strong>accia" islamista, per<br />
eli<strong>min</strong>arla, altrimenti <strong>–</strong> dicevano in sostanza i rapporti <strong>–</strong> tutti gli sforzi di<br />
Nasser per distogliere l'attenzione dal pensiero islamico, sarebbero stati vani,<br />
e il movimento islamico avrebbe finito per trionfare su tutte le correnti di<br />
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