Scarica il documento in formato pdf (1196 KB) - ANCE

Scarica il documento in formato pdf (1196 KB) - ANCE Scarica il documento in formato pdf (1196 KB) - ANCE

ancecardio.it
from ancecardio.it More from this publisher
02.06.2013 Views

Giornale Italiano di Cardiologia Pratica - It J Practice Cardiol Dicembre 2007-Marzo 2008 folico e tutto il complesso B). Infine (ultimi ma come vedremo importantissimi) ci sono tannini flavonoidi, aldeidi, polifenoli, terpeni, sostanze aromatiche e sostanze gommose (avete mai assaggiato il Retsina, il vino bianco greco resinato?). Infine dobbiamo citare i solfiti (nome comune del biossido di zolfo), antiossidanti naturali che sono contenuti naturalmente nel vino fino a 10 mg per litro. Se la dose è superiore la legge obbliga il produttore a scriverlo sull’etichetta. Quando nella lavorazione del vino la buccia rimane a lungo a contatto con la polpa (vinificazione in rosso) ci sono tanti solfiti naturali e quindi è quasi inutile aggiungerne. Invece nella vinificazione in bianco si effettua la “sgrondatura del pigiato”, cioè si separa precocemente il mosto dalla frazione contenente le bucce, ed i solfiti naturali rimasti sono insufficienti come antiossidanti. In questo caso, come nei vini rosè, i produttori sono costretti ad aggiungere discrete quantità di solfiti per motivi di conservazione. Discorso diverso per i vini dolci, specie quando lo zucchero è aggiunto artificialmente: il saccarosio inattiva in buona parte i solfiti naturali, quindi vanno aggiunti in alta quantità i solfiti esogeni per permettere la conservazione. I solfiti ad alta dose (più di 20-30 mg/litro), possono dare reazioni allergiche anche gravi in soggetti predisposti e, molto più spesso, provocano emicrania. In linea di massima possiamo dire che i vini commerciali contengono molti più solfiti dei vini T, IGT, DOC e DOCG. L’ “effetto Bordeaux“, ovvero il “Paradosso Francese”. Da molti anni gli epidemiologi (medici-statistici, studiosi che guardano “dall’alto” l’evoluzione nel tempo della salute delle popolazioni) avevano accertato che le popolazioni che seguivano la cosiddetta “dieta mediterranea” (verdure, frutta, olio e vino) avevano una ridotta incidenza di molte malattie, in particolare dell'apparato cardiovascolare. Di pari passo avevano notato con sorpresa che c’era una “forte e specifica associazione negativa tra la cardiopatia ischemica ed il consumo di vino”. Leger e Cochrane lo scrissero sul Lancet, forse la piu’ prestigiosa rivista medica del mondo, nel Maggio del 1979. (2) In altre parole la correlazione tra alcool e mortalità dà una “curva ad U”: gli astemi hanno mortalità cardiovascolare più elevata rispetto ai moderati bevitori, ed< i forti bevitori hanno di nuovo un’alta mortalità, ma fondamentalmente per cause non cardiache, come per esempio la cirrosi epatica. Il Lancet nel 1981 affermava che “chi beve una moderata quantità di alcool tutti i giorni ha una mortalità per tutte le cause sensibilmente più bassa degli astemi!”. (3) Anche il famosissimo studio di Framinghan (registro 54 di pazienti tenuto fin dal 1949 dai Medici di famiglia della cittadina di Framinghan nel Massachusetts) affermò nel 1983 che la mortalità cardiovascolare era più bassa nei moderati consumatori di alcool. (4) Osservando meglio le varie realtà nazionali, all'inizio degli anni '90 il grande e rigorosissimo studio epidemiologico MONICA rilevò che in molte città francesi la mortalità cardiovascolare, sia nei maschi che nelle femmine, era di gran lunga più bassa di quella riscontrata in tante altre città specie in quelle dell'Europa del Nord, nonostante un’assunzione di grassi uguale se non superiore (basti pensare al formaggio Camembert, al burro salato etc). In particolare ogni 100.000 uomini di età compresa tra 45 e 64 anni si osservavano annualmente circa 400 decessi per coronaropatia in Finlandia, Irlanda del Nord e Scozia, in Italia 136, in Spagna 104 ed in Francia solo 94. In Italia e Spagna la minore incidenza di cardiopatie era sempre stata spiegata come il risultato di un regime povero di grassi e con le altre caratteristiche che rientrano nella nota dieta mediterranea. Ciononostante la Francia, con una dieta più grassa, presentava un'incidenza di coronaropatie inferiore a quella dell'Italia. “Vino, alcool, piastrine ed il paradosso francese della cardiopatia ischemica”, scrissero appunto Renaud e De Lorgeril nel 1992 (5). Nella sua popolare trasmissione “Sessanta minuti”, Morely Safer, noto presentatore televisivo americano della CBS, aveva infatti coniato il termine "Paradosso Francese" od “Effetto Bordeaux” per spiegare che nonostante l'alta esposizione ai principali fattori di rischio, ai grassi in particolare, i francesi presentavano una mortalità cardiovascolare significativamente inferiore rispetto a quella di tutti gli altri paesi europei, per merito del loro vino rosso. Per essere onesti qualcuno aveva obiettato che il merito andava attribuito non al vino ma alla dieta ricca di folati (verdure crude) dei francesi oggetto dello studio (“Il paradosso francese smascherato: il ruolo dei folati” Parodi nel 1992), ma come vedremo dopo alcune rigorose metanalisi (rielaborazioni statistiche a posteriori di molti altri studi) hanno confermato senza ombra di dubbio l’effetto benefico di un moderato consumo di alcool nel ridurre l’incidenza delle malattie coronariche. (6) In effetti il consumo di latticini di formaggi e grassi da latticini, burro in particolare, nonchè di carni ricche di colesterolo è certamente assai piu elevato in Francia rispetto a quello degli altri paesi europei e l'analisi multivariata delle abitudini alimentari dei francesi, inserendo nel calcolo un altissimo numero di variabili, ha evidenziato che il fattore più correlabile con la bassa mortalità è il consumo procapite di vino rosso. A questo punto sorge spontanea una domanda: Il merito è dell’alcool o del vino? E quale sarebbe il meccanismo d’azione positivo del vino?

Non è facile valutare separatamente gli effetti dell’alcool e del vino ma usando sofisticate metodiche, tipo la gascromatografia di massa e l’analisi polimolecolare, si sono individuate e studiate alcune sostanze diverse dall’alcool che hanno reale potere protettivo nei confronti dell'organismo umano: sono i polifenoli (resveratrolo, quercetina, epicatechine) ed i polifenoli ad alto peso molecolare, presenti nella buccia del'acino dell'uva, e che si ritrovano specialmente nei vini rossi (ma non esclusivamente!). I flavonoidi sono contenuti anche nella birra e nel cioccolato. In generale le loro concentrazioni nel vino sono correlate con il grado di maturazione del grappolo dell'uva; in particolare contano molto lo spessore della buccia dell’acino d’uva, l’insolazione della vigna, ed i tempi e modi di macerazione del mosto. Nel vino rosso ne sono contenuti circa 1200 mg/litro, nella vinificazione in bianco circa 50-100 mg/litro. Il resveratrolo era un ingrediente noto ed usato nella medicina cinese e giapponese, il kojo-kona adoperato quale farmaco per molte malattie ma in particolare per l'aterosclerosi . Ma qual è il meccanismo benefico ipotizzato per i polifenoli del vino? E’ necessaria una piccola premessa. Come è noto il colesterolo non si trova libero nel sangue, ma viene veicolato dall’intestino al fegato e quindi ai tessuti utilizzatori da apposite lipoproteine di trasporto, tra cui quelle a bassa densità (LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”) e quelle ad alta densità (HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”). Ogni qualvolta si ha l'ossidazione dei lipidi, specie delle LDL, si interrompe questa funzione di trasporto, le lipoproteine ossidate si accumulano in modo disordinato sulla parete tissutale a livello degli strati più interni del vaso sanguigno ed alla fine li superano, provocando un danno all’endotelio. L’endotelio è l’epitelio di rivestimento dei vasi e del cuore. Le cellule endoteliali non sono passive “mattonelle di rivestimento”, ma un vero e proprio organo diffuso (l’area di tutti i vasi del corpo umano supera i 600 metri quadrati!) che tramite la secrezione di ormoni e gas, come il fondamentale e benefico ossido nitrico, regolano vasodilatazione e vasocostrizione, la permeabilità dei vasi, la coagulazione del sangue e tante altre funzioni. Il danno endoteliale è il tassello iniziale di quel processo tragicamente attuale chiamato aterosclerosi. Questo fenomeno è facilmente visibile se, per esempio, diamo ad animali erbivori come i conigli una dieta ricca di grassi: dopo poche settimane le loro arterie sono letteralmente ricoperte da strie gialle che sono appunto fatte da colesterolo penetrato nell’endotelio. La terapia attuale tenta di opporsi a questa patologia riducendo il livello di LDL nel sangue tramite le statine ed altri farmaci e tentando di diminuire i processi ossidativi delle stesse LDL. Ed il resveratrolo, e le altre componenti del vino, 55 C. Poli, C. Fernandez, A. Panconesi, N. Mondani Vino, cuore ed endotelio come entrano in questo processo? Diversi esperimenti “in vitro” hanno confermato che l'assunzione di quantità moderate di vino aumenta il colesterolo-HDL, riduce le lipoproteine aterogene (colesterolo-LDL) ed effettua anche una funzione anti-aggregante piastrinica (aspirino simile!). Frankel nel 1993 mostrò sperimentalmente l'inibizione della ossidazione delle LDL in presenza dei polifenoli del vino anche a concentrazioni molto basse (1/1000) ed in misura molto più elevata di quanto possa avvenire in presenza di vitamine, quali appunto la vitamina E. (7) In altre parole, i composti fenolici del vino, flavonoidi e non flavonoidi, nel corso dei normali processi digestivi agirebbero sia direttamente sulle LDL, che indirettamente tramite l'attivazione nel plasma di sostanze anti ossidanti naturali quali il beta e l'alfacarotene, sostanze che sembra possano essere "rigenerate" dai fenoli del vino (Rendurthi nel 1999). (8) Inoltre i composti fenolici del vino agirebbero anche sulle LDL già ossidate ed assorbite dalla parete vasale (le strie gialle del povero coniglietto) riducendone la tossicità sull’endotelio, e modificherebbero in senso positivo il metabolismo dell’acido arachidonico (sì, proprio quello delle noccioline) dal quale derivano sia le prostacicline che il trombossano, proaggregante piastrinico, riducendone la produzione, con effetto finale aspirino-simile (Alcohol Clinical Esperimental Research 2001). (9) Comunque anche l’alcool del vino (etanolo) non è negativo: ha effetti notevoli sull'assetto emostatico. L'aggregazione piastrinica, fattore correlato alla patologia cardiovascolare, è significativamente ridotta da questo tipo di alcool se assunto quotidianamente in moderata quantità. Thomas Wallerath, studioso di Mainz in Germania, nel 2003 mise in incubazione delle cellule edoteliali nel vino rosso francese (squisito “brodo di coltura”!) e ne studiò la capacità di produrre il famoso gas nitrossido vasodilatatore, prima e dopo la cura: le “cellule ubriache” avevano una capacità tre volte superiore di produrre il nitrossido! Ovvero: moderate quantità di vino rosso fanno molto bene all’endotelio! Per completezza, e per il piacere delle cellule endoteliali “assaggiatrici”, paragonò il vino rosso francese “en barrique” (quello invecchiato in piccole botti di rovere di Slavonia) a quello “non-barrique”: non c’erano differenze. Ripetè l’esperimento col vino rosso di casa sua, cioè col vino tedesco del Reno, e questo non produsse alcun effetto positivo sulle cellule endoteliali. Il sole ha la sua importanza! (10) Ci sono però delle obiezioni, come notò Goldbergh nel 2003, dopo uno studio su volontari sani che assumevano estratti di polifenoli derivati dal vino, ma senza alcool; il resveratrolo fa bene, eccome, (pare abbia effetti positivi anche nelle pneumopatie croniche ostruttive!) ma considerando le basse dosi contenute nel vino, bisognerebbe bere così tanto vino, che prima dei benefici effetti arriverebbe la cirrosi epatica! (11)

Giornale Italiano di Cardiologia Pratica - It J Practice Cardiol Dicembre 2007-Marzo 2008<br />

folico e tutto <strong>il</strong> complesso B). Inf<strong>in</strong>e (ultimi ma come<br />

vedremo importantissimi) ci sono tann<strong>in</strong>i flavonoidi,<br />

aldeidi, polifenoli, terpeni, sostanze aromatiche e<br />

sostanze gommose (avete mai assaggiato <strong>il</strong> Rets<strong>in</strong>a, <strong>il</strong><br />

v<strong>in</strong>o bianco greco res<strong>in</strong>ato?).<br />

Inf<strong>in</strong>e dobbiamo citare i solfiti (nome comune del<br />

biossido di zolfo), antiossidanti naturali che sono contenuti<br />

naturalmente nel v<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>o a 10 mg per litro. Se la<br />

dose è superiore la legge obbliga <strong>il</strong> produttore a scriverlo<br />

sull’etichetta.<br />

Quando nella lavorazione del v<strong>in</strong>o la buccia rimane a<br />

lungo a contatto con la polpa (v<strong>in</strong>ificazione <strong>in</strong> rosso) ci<br />

sono tanti solfiti naturali e qu<strong>in</strong>di è quasi <strong>in</strong>ut<strong>il</strong>e aggiungerne.<br />

Invece nella v<strong>in</strong>ificazione <strong>in</strong> bianco si effettua la<br />

“sgrondatura del pigiato”, cioè si separa precocemente<br />

<strong>il</strong> mosto dalla frazione contenente le bucce, ed i solfiti<br />

naturali rimasti sono <strong>in</strong>sufficienti come antiossidanti. In<br />

questo caso, come nei v<strong>in</strong>i rosè, i produttori sono<br />

costretti ad aggiungere discrete quantità di solfiti per<br />

motivi di conservazione.<br />

Discorso diverso per i v<strong>in</strong>i dolci, specie quando lo zucchero<br />

è aggiunto artificialmente: <strong>il</strong> saccarosio <strong>in</strong>attiva <strong>in</strong><br />

buona parte i solfiti naturali, qu<strong>in</strong>di vanno aggiunti <strong>in</strong><br />

alta quantità i solfiti esogeni per permettere la conservazione.<br />

I solfiti ad alta dose (più di 20-30 mg/litro), possono<br />

dare reazioni allergiche anche gravi <strong>in</strong> soggetti predisposti<br />

e, molto più spesso, provocano emicrania.<br />

In l<strong>in</strong>ea di massima possiamo dire che i v<strong>in</strong>i commerciali<br />

contengono molti più solfiti dei v<strong>in</strong>i T, IGT, DOC e<br />

DOCG.<br />

L’ “effetto Bordeaux“,<br />

ovvero <strong>il</strong> “Paradosso Francese”.<br />

Da molti anni gli epidemiologi (medici-statistici, studiosi<br />

che guardano “dall’alto” l’evoluzione nel tempo<br />

della salute delle popolazioni) avevano accertato che le<br />

popolazioni che seguivano la cosiddetta “dieta mediterranea”<br />

(verdure, frutta, olio e v<strong>in</strong>o) avevano una ridotta<br />

<strong>in</strong>cidenza di molte malattie, <strong>in</strong> particolare dell'apparato<br />

cardiovascolare.<br />

Di pari passo avevano notato con sorpresa che c’era<br />

una “forte e specifica associazione negativa tra la cardiopatia<br />

ischemica ed <strong>il</strong> consumo di v<strong>in</strong>o”. Leger e<br />

Cochrane lo scrissero sul Lancet, forse la piu’ prestigiosa<br />

rivista medica del mondo, nel Maggio del 1979. (2)<br />

In altre parole la correlazione tra alcool e mortalità dà<br />

una “curva ad U”: gli astemi hanno mortalità cardiovascolare<br />

più elevata rispetto ai moderati bevitori, ed< i<br />

forti bevitori hanno di nuovo un’alta mortalità, ma fondamentalmente<br />

per cause non cardiache, come per<br />

esempio la cirrosi epatica.<br />

Il Lancet nel 1981 affermava che “chi beve una moderata<br />

quantità di alcool tutti i giorni ha una mortalità per<br />

tutte le cause sensib<strong>il</strong>mente più bassa degli astemi!”. (3)<br />

Anche <strong>il</strong> famosissimo studio di Fram<strong>in</strong>ghan (registro<br />

54<br />

di pazienti tenuto f<strong>in</strong> dal 1949 dai Medici di famiglia<br />

della cittad<strong>in</strong>a di Fram<strong>in</strong>ghan nel Massachusetts) affermò<br />

nel 1983 che la mortalità cardiovascolare era più<br />

bassa nei moderati consumatori di alcool. (4)<br />

Osservando meglio le varie realtà nazionali, all'<strong>in</strong>izio<br />

degli anni '90 <strong>il</strong> grande e rigorosissimo studio epidemiologico<br />

MONICA r<strong>il</strong>evò che <strong>in</strong> molte città francesi la<br />

mortalità cardiovascolare, sia nei maschi che nelle femm<strong>in</strong>e,<br />

era di gran lunga più bassa di quella riscontrata<br />

<strong>in</strong> tante altre città specie <strong>in</strong> quelle dell'Europa del Nord,<br />

nonostante un’assunzione di grassi uguale se non superiore<br />

(basti pensare al formaggio Camembert, al burro<br />

salato etc).<br />

In particolare ogni 100.000 uom<strong>in</strong>i di età compresa<br />

tra 45 e 64 anni si osservavano annualmente circa 400<br />

decessi per coronaropatia <strong>in</strong> F<strong>in</strong>landia, Irlanda del<br />

Nord e Scozia, <strong>in</strong> Italia 136, <strong>in</strong> Spagna 104 ed <strong>in</strong><br />

Francia solo 94.<br />

In Italia e Spagna la m<strong>in</strong>ore <strong>in</strong>cidenza di cardiopatie<br />

era sempre stata spiegata come <strong>il</strong> risultato di un regime<br />

povero di grassi e con le altre caratteristiche che rientrano<br />

nella nota dieta mediterranea. Ciononostante la<br />

Francia, con una dieta più grassa, presentava un'<strong>in</strong>cidenza<br />

di coronaropatie <strong>in</strong>feriore a quella dell'Italia.<br />

“V<strong>in</strong>o, alcool, piastr<strong>in</strong>e ed <strong>il</strong> paradosso francese della<br />

cardiopatia ischemica”, scrissero appunto Renaud e De<br />

Lorger<strong>il</strong> nel 1992 (5).<br />

Nella sua popolare trasmissione “Sessanta m<strong>in</strong>uti”,<br />

Morely Safer, noto presentatore televisivo americano<br />

della CBS, aveva <strong>in</strong>fatti coniato <strong>il</strong> term<strong>in</strong>e "Paradosso<br />

Francese" od “Effetto Bordeaux” per spiegare che<br />

nonostante l'alta esposizione ai pr<strong>in</strong>cipali fattori di<br />

rischio, ai grassi <strong>in</strong> particolare, i francesi presentavano<br />

una mortalità cardiovascolare significativamente <strong>in</strong>feriore<br />

rispetto a quella di tutti gli altri paesi europei, per<br />

merito del loro v<strong>in</strong>o rosso.<br />

Per essere onesti qualcuno aveva obiettato che <strong>il</strong><br />

merito andava attribuito non al v<strong>in</strong>o ma alla dieta ricca<br />

di folati (verdure crude) dei francesi oggetto dello studio<br />

(“Il paradosso francese smascherato: <strong>il</strong> ruolo dei<br />

folati” Parodi nel 1992), ma come vedremo dopo alcune<br />

rigorose metanalisi (rielaborazioni statistiche a<br />

posteriori di molti altri studi) hanno confermato senza<br />

ombra di dubbio l’effetto benefico di un moderato consumo<br />

di alcool nel ridurre l’<strong>in</strong>cidenza delle malattie<br />

coronariche. (6)<br />

In effetti <strong>il</strong> consumo di lattic<strong>in</strong>i di formaggi e grassi da<br />

lattic<strong>in</strong>i, burro <strong>in</strong> particolare, nonchè di carni ricche di<br />

colesterolo è certamente assai piu elevato <strong>in</strong> Francia<br />

rispetto a quello degli altri paesi europei e l'analisi multivariata<br />

delle abitud<strong>in</strong>i alimentari dei francesi, <strong>in</strong>serendo<br />

nel calcolo un altissimo numero di variab<strong>il</strong>i, ha evidenziato<br />

che <strong>il</strong> fattore più correlab<strong>il</strong>e con la bassa mortalità<br />

è <strong>il</strong> consumo procapite di v<strong>in</strong>o rosso.<br />

A questo punto sorge spontanea una domanda:<br />

Il merito è dell’alcool o del v<strong>in</strong>o?<br />

E quale sarebbe <strong>il</strong> meccanismo d’azione positivo del<br />

v<strong>in</strong>o?

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!