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Giornale Italiano di Cardiologia Pratica - It J Practice Cardiol Dicembre 2007-Marzo 2008 EDITORIALE Il management della malattia coronarica stabilizzata P. Teoni, C. Fernandez Il New England Journal of Medicine ha recentemente dedicato particolare attenzione ai comportamenti dei medici di fronte alla malattia coronarica stabilizzata ed ha chiesto ai lettori di esprimere il loro parere sul sito www.nezim.otg dando il voto ad una delle tre possibilità terapeutiche li proposte. L’articolo inizia con la premessa che in molti casi, in soggetti con età superiore a 60 anni, di sesso maschile, ipertesi, obesi e diabetici, il curante ha da scegliere fra tre modelli decisionali ugualmente validi anche se diversi. Partiamo dai dati iniziali: il nostro paziente ha 65 anni ed è in terapia da circa 5 anni. Assume 25 mg al giorno di idroclorotiazide; 500 mg di metformina due volte al di. La sua pressione è di 130/80 mmHg, il suo body-mass index è di 32 e l’emoglobina glicosilata è di mg 7,5%. Il nostro paziente soffre di stenocardia da sforzo anche lieve ed i vari esami effettuati hanno confermato la diagnosi di ischemia miocardica diffusa, multivasale, con discreto deficit del ventricolo sinistro. Quale è il più corretto trattamento di questo paziente? Le tre possibilità sono: 1) terapia medica ed attento regime di vita; 2) idem più intervento coronarico per cutaneo (PCI) 3) terapia medica più bay-pass (CABG) Ferma restando l’attenzione al corretto regime di vita ed alla terapia, la seconda ipotesi è quella del PCI. Ricordiamo che è un paziente con lesioni multivasali (70%) a carico della coronaria sinistra discendente e che la circonflessa è parzialmente calcificata. Il PCI nei soggetti con patologia multivasale, sia diabetici che no, non ha dato nel tempo buoni risultati, sia per quanto attiene alla sintomatologia soggettiva (qualità di vita) che per la riduzione della mortalità. Il CABG a questa età non è esente dal rischio operatorio! resta quindi quale indicazione marginale. Non dimentichiamo che l’emoglobina glicosilata è di mg 7,5%, ed è indice di inadeguato controllo del metabolismo glicemico. Analogo risconto vale per l’assetto lipidico e per il peso corporeo: questi valori potrebbero migliorare con la dieta, l’attività fisica e con miglior dosaggio della metformina (2g al di se la funzionalità renale lo consente). La terapia potrebbe essere integrata con statine e sartani, aspirina, betabloccanti e nitroderivati. La rivascolarizzazione dovrà essere presa in considerazione solo se non si otterranno i risultati sperati. Questa, che è una delle risposte al quesito, è quella formulata da Salim Yusuf ed Ernest Fallen! Di parere un po’ diverso è Robert Harrington il quale dopo aver esaminato con molta attenzione il caso in esame, si fa forte delle conclusioni alle quali è pervenuto lo studio COU- RAGE, i cui risultati non mostrano alcun beneficio dal PCI per quanto attiene ai due endpoint: morte ed infarto miocardio; mentre è marcato il miglioramento della qualità della vita in coloro che sono stati sottoposti al PCI. In effetti Harrington dice (ed è anche il nostro parere) che la buona compliance alla terapia medica aggressiva, impone sforzi erculei difficili da ottenere nella pratica medica corrente specie per lungo tempo ! Tutto poi si complica nel momento in cui dobbiamo decidere se e quali stent medicati 4

andranno usati, perché nel diabetico lo stent a rilascio farmacologico graduale non sempre da i risultati migliori. Comunque anche in questi pazienti bisognerà integrare la terapia con: aspirina e clopidogrel, indefinitamente, con il rischio quindi di episodi emorragici; il parere del nostro autore è comunque deciso (the best opinion) per lo stent sulla coronaria discendente anteriore sinistra. Il terzo Autore è Robert Guyton che con attento approfondimento scientifico ripercorre le possibilità utili a frenare l’evoluzione dell’aterosclerosi e della patologia coronarica e concorda anche lui sulla difficile valutazione del rischio beneficio nei confronti delle tre strategie: terapia medica, PCI, CABG. A tal proposito cita i risultati dell’Arterial Revascularization Therapies Study (ARTS) e dello Stent or Surgery Trial (SOS). La difficoltà di giudizio circa la migliore scelta comportamentale è potenziata dalla patologia coronarica, se multivasale e se siamo in presenza di alterato metabolismo glucidico ed obesità. L’altro elemento da valutare è certamente la presenza di deficit vascolare multifocale, con malattia dei tre vasi con stenosi uguale o inferiore al 50%, in soggetti con funzione “ibernata” e area iperfusa più o meno ampia. Le sue conclusioni, fermo restando il dubbio metodico alla base del razionale, conducono ad intesa terapia medica e CABG capaci insieme di migliorare anche la funzione ventricolare. Commento personale: Tre grandi cardiologi hanno espresso i loro pareri in merito ad un problema che per noi “cardiologi del territorio” è molto frequente! Non mi pare che le indicazioni siano nitide, tanto meno assolute; forse era da aggiungere che, in ogni caso, è solo e soltanto la diretta conoscenza del paziente che ci potrà consentire la “migliore” scelta. Il paziente va vissuto e solo dopo ciò potremo dargli l’aiuto di cui ha bisogno e che lui desidera, anche dopo averlo informato dei rischi benefici. Richiamandosi alle linee guida 2007 della European Society of Cardiology (ESC) in collaborazione con la European Association for the Study of Diabetes (EASD), al lontano ma ancora importante studio CASS riteniamo che vi siano evidenze nel multivascolare a intervento di rivascolarizzazione chirurgica coronarica. Tale conclusione si basa sull’analisi di diversi studi di paragone, come gli studi BARI, CAPRI, EAST e RITA che hanno evidenziato nel follow up prolungato (in alcuni casi superiore a 7 anni) sopravvivenza superiore nel gruppo di pazienti diabetici sottoposti a by pass. Ovviamente da Cardiologi del Territorio valgono le raccomandazioni per una prevenzione secondaria molto attenta e cronica. Si invitano tutti i lettori del Giornale Italiano di Cardiologia Pratica/Italian Journal of Practice Cardiology a far pervenire il loro parere sull’argomento inviando un e-mail a: segreteria@ancecardio.it le risposte saranno pubblicate sul nostro Sito e sul prossimo numero del Giornale. 5 Editoriale: Il management della malattia coronarica stabilizzata

Giornale Italiano di Cardiologia Pratica - It J Practice Cardiol Dicembre 2007-Marzo 2008<br />

EDITORIALE<br />

Il management<br />

della malattia coronarica stab<strong>il</strong>izzata<br />

P. Teoni, C. Fernandez<br />

Il New England Journal of Medic<strong>in</strong>e ha recentemente dedicato particolare attenzione ai<br />

comportamenti dei medici di fronte alla malattia coronarica stab<strong>il</strong>izzata ed ha chiesto ai lettori<br />

di esprimere <strong>il</strong> loro parere sul sito www.nezim.otg dando <strong>il</strong> voto ad una delle tre possib<strong>il</strong>ità<br />

terapeutiche li proposte.<br />

L’articolo <strong>in</strong>izia con la premessa che <strong>in</strong> molti casi, <strong>in</strong> soggetti con età superiore a 60 anni,<br />

di sesso masch<strong>il</strong>e, ipertesi, obesi e diabetici, <strong>il</strong> curante ha da scegliere fra tre modelli decisionali<br />

ugualmente validi anche se diversi.<br />

Partiamo dai dati <strong>in</strong>iziali: <strong>il</strong> nostro paziente ha 65 anni ed è <strong>in</strong> terapia da circa 5 anni.<br />

Assume 25 mg al giorno di idroclorotiazide; 500 mg di metform<strong>in</strong>a due volte al di. La sua<br />

pressione è di 130/80 mmHg, <strong>il</strong> suo body-mass <strong>in</strong>dex è di 32 e l’emoglob<strong>in</strong>a glicos<strong>il</strong>ata è<br />

di mg 7,5%. Il nostro paziente soffre di stenocardia da sforzo anche lieve ed i vari esami<br />

effettuati hanno confermato la diagnosi di ischemia miocardica diffusa, multivasale, con<br />

discreto deficit del ventricolo s<strong>in</strong>istro.<br />

Quale è <strong>il</strong> più corretto trattamento di questo paziente?<br />

Le tre possib<strong>il</strong>ità sono:<br />

1) terapia medica ed attento regime di vita;<br />

2) idem più <strong>in</strong>tervento coronarico per cutaneo (PCI)<br />

3) terapia medica più bay-pass (CABG)<br />

Ferma restando l’attenzione al corretto regime di vita ed alla terapia, la seconda ipotesi è<br />

quella del PCI. Ricordiamo che è un paziente con lesioni multivasali (70%) a carico della<br />

coronaria s<strong>in</strong>istra discendente e che la circonflessa è parzialmente calcificata. Il PCI nei soggetti<br />

con patologia multivasale, sia diabetici che no, non ha dato nel tempo buoni risultati,<br />

sia per quanto attiene alla s<strong>in</strong>tomatologia soggettiva (qualità di vita) che per la riduzione<br />

della mortalità.<br />

Il CABG a questa età non è esente dal rischio operatorio! resta qu<strong>in</strong>di quale <strong>in</strong>dicazione<br />

marg<strong>in</strong>ale.<br />

Non dimentichiamo che l’emoglob<strong>in</strong>a glicos<strong>il</strong>ata è di mg 7,5%, ed è <strong>in</strong>dice di <strong>in</strong>adeguato<br />

controllo del metabolismo glicemico.<br />

Analogo risconto vale per l’assetto lipidico e per <strong>il</strong> peso corporeo: questi valori potrebbero<br />

migliorare con la dieta, l’attività fisica e con miglior dosaggio della metform<strong>in</strong>a (2g al di<br />

se la funzionalità renale lo consente). La terapia potrebbe essere <strong>in</strong>tegrata con stat<strong>in</strong>e e sartani,<br />

aspir<strong>in</strong>a, betabloccanti e nitroderivati. La rivascolarizzazione dovrà essere presa <strong>in</strong> considerazione<br />

solo se non si otterranno i risultati sperati. Questa, che è una delle risposte al<br />

quesito, è quella formulata da Salim Yusuf ed Ernest Fallen!<br />

Di parere un po’ diverso è Robert Harr<strong>in</strong>gton <strong>il</strong> quale dopo aver esam<strong>in</strong>ato con molta<br />

attenzione <strong>il</strong> caso <strong>in</strong> esame, si fa forte delle conclusioni alle quali è pervenuto lo studio COU-<br />

RAGE, i cui risultati non mostrano alcun beneficio dal PCI per quanto attiene ai due endpo<strong>in</strong>t:<br />

morte ed <strong>in</strong>farto miocardio; mentre è marcato <strong>il</strong> miglioramento della qualità della<br />

vita <strong>in</strong> coloro che sono stati sottoposti al PCI. In effetti Harr<strong>in</strong>gton dice (ed è anche <strong>il</strong> nostro<br />

parere) che la buona compliance alla terapia medica aggressiva, impone sforzi erculei diffic<strong>il</strong>i<br />

da ottenere nella pratica medica corrente specie per lungo tempo !<br />

Tutto poi si complica nel momento <strong>in</strong> cui dobbiamo decidere se e quali stent medicati<br />

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