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La vinificazione - Massimo Giubilei

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LA VINIFICAZIONE


FATTORI PER FARE UN BUON VINO<br />

I fattori che concorrono alla produzione di un vino di qualità sono:<br />

ENOLOGO<br />

VITIGNO<br />

VITICOLTORE<br />

EVENTI AMBIENTALI (clima, ecc.)<br />

Ma soprattutto l’uva deve essere sana e al giusto grado di<br />

maturazione


INFRUTTESCENZA DELLA VITE<br />

Il frutto della vite è l’uva, questa, dal punto di vista botanico è una<br />

infruttescenza, dovuta cioè alla trasformazione dell’infiorescenza della pianta. I<br />

frutti singoli si chiamano bacche, meglio noti con il nome di acini e, sono<br />

sostenuti nel grappolo, si originano da ramificazioni di natura erbacea e<br />

legnosa, che funzionano da conduttrici degli alimenti del terreno per mezzo<br />

della linfa ascendente.


STRUTTURA DEL GRAPPOLO<br />

Il grappolo d’uva comprende le seguenti parti: il raspo o graspo<br />

con un asse centrale o rachide; i peduncoli, i racimoli con i<br />

pedicelli su cui si inseriscono gli acini; gli acini si suddividono a<br />

loro volta in buccia, in semi o vinaccioli ed in polpa.


IL RASPO O GRASPO<br />

Nelle uve coltivate in i raspi mediamente costituiscono dal 3% al<br />

5% in peso dei grappoli; la loro composizione chimica media è la<br />

seguente:<br />

Acqua 75 – 80 %<br />

Zuccheri 1%<br />

Tartrato acido di potassio 1%<br />

Acidi organici (malico, tartarico, ecc.) 0,3 - 0,6 %<br />

Tannino 2 – 3,5 %<br />

Sostanze minerali 2 - 2,5 %<br />

Sostanze azotate 1 - 1,5 %


L’ACINO<br />

Il peso, la forma ed il volume degli acini<br />

variano a seconda del vitigno,<br />

dell'andamento stagionale e del grado di<br />

maturazione. L’acino si suddivide in tre<br />

parti: esternamente si ha la buccia o fiocine<br />

(botanicamente detta epicarpo); nella parte<br />

mediana si ha la polpa (botanicamente<br />

detta mesocarpo); internamente si hanno i<br />

semi o vinaccioli (botanicamente detti<br />

endocarpo). <strong>La</strong> parte più importante<br />

dell’acino è data dalla polpa, infatti, è da<br />

questa che si ottiene il mosto. Per quanto<br />

riguarda il peso, le bucce e i vinaccioli<br />

rappresentano il 18% - 20% del peso umido<br />

dell'acino.


LA BUCCIA<br />

E' l'involucro entro cui sono contenuti la polpa ed i vinaccioli ed è molto importante dal<br />

punto di vista enochimico e microbiologico. In peso rappresenta il 7% - 10% dell’acino,<br />

allo stato umido. <strong>La</strong> buccia presenta la seguente composizione chimica:<br />

• acqua 78 - 80%,<br />

• tartrato acido di potassio 0,2 - 0,3%,<br />

• acidi organici 1%,<br />

• sostanze minerali 1,5 - 2%.<br />

Nella buccia si trovano inoltre localizzate le sostanze coloranti, responsabili della<br />

distinzione in uva bianca e nera. Sono composti da acidi fenolici (responsabili<br />

dell'aroma nei vini bianchi); antociani (i coloranti delle uve rosse), essi sono solubili in<br />

soluzione idralcolica, quindi passano nel mosto - <strong>vinificazione</strong> in rosso - solo se le bucce<br />

rimangono un tempo sufficiente a contatto con il mosto stesso; i flavonoli o flavoni, che<br />

conferiscono la colorazione gialla; i tannini non idrolizzabili; e più di 400 sostanze<br />

aromatiche che determinano gli aromi primari (quelli del vino giovane), secondari (quelli<br />

del vino maturo) e terziari (quelli del vino invecchiato).


I VINACCIOLI<br />

Sono i semi della vite ed in peso costituiscono il 3% - 4% dell'acino. Esistono<br />

uve senza semi, dette apirene, ma per lo più si tratta di uve da tavola e non da<br />

vino. <strong>La</strong> forma dei vinaccioli è tipicamente piriforme con una parte rigonfia ed<br />

appuntita o becco; la loro composizione chimica è la seguente:<br />

acqua 35% - 40%,<br />

sostanze grasse 10% - 12%,<br />

tannino 5%,<br />

cellulosa e sali minerali.<br />

Il componente principale dei vinaccioli è l’olio che, estratto e reso<br />

commestibile, può essere venduto come olio di semi di vinaccioli.


LA POLPA<br />

E’ la parte più importante dal punto di vista sia tecnologico sia<br />

quantitativo, perché essa, insieme all'acqua, contiene la maggior<br />

parte delle sostanze che costituiscono il mosto.<br />

Una volta che l'uva è giunta a maturazione il peso della polpa e<br />

del mosto si equivalgono, la parte mediana della polpa che è la<br />

più abbondante, è la più ricca di zuccheri (oltre 20% ) ma la più<br />

povera di tannino. <strong>La</strong> parte interna che circonda i vinaccioli è la<br />

più povera di zuccheri e ricca in acidi.


L’ACCRESCIMENTO DELL'ACINO<br />

Seguendo l’accrescimento dell'acino si hanno tre fasi:<br />

periodo erbaceo: si formano oltre agli zuccheri per l’attività<br />

fotosintetica, grandi quantità di acido malico;<br />

periodo dell’invaiatura: continua l'ingrossamento dell'acino e<br />

incomincia l’accumulo degli zuccheri. <strong>La</strong> clorofilla scompare ed<br />

il colore compare, dapprima come macchioline sparse e,<br />

successivamente, colorando tutto l'acino;<br />

periodo della maturazione: si ha un forte accumulo di zuccheri,<br />

l’acidità diminuisce per ossidazione degli acidi e per<br />

neutralizzazione da parte del potassio e del calcio.


QUANDO VENDEMMIARE?<br />

Col trascorrere del tempo gli acidi diminuiscono mentre crescono gli zuccheri.<br />

Il punto di equilibrio dovrebbe essere il momento ideale per vendemmiare e ciò<br />

viene stabilito dall'equipe (enologo, agronomo, ecc.) che segue l'evoluzione del<br />

vigneto e la maturazione delle bacche.


QUANDO VENDEMMIARE?<br />

<strong>La</strong> maturazione dell'uva è quindi un fattore estremamente<br />

condizionante per la qualità prima del mosto e poi del vino:<br />

se si vuole ottenere un prodotto ricco di acidi bisogna<br />

anticipare la vendemmia (in genere il vino bianco)<br />

circa 15 giorni prima della maturazione piena;<br />

per un vino ricco di zuccheri occorre invece ritardarla<br />

(in genere il vino rosso).


LA RACCOLTA (VENDEMMIA)<br />

Dopo averlo tagliato, il grappolo viene<br />

trasportato in cantina.<br />

Durante il trasporto bisogna fare<br />

attenzione a non schiacciarlo nelle<br />

ceste perché il peso eccessivo potrebbe<br />

rompere gli acini e causare una<br />

fermentazione precoce (acetica) a<br />

causa della fuoriuscita indesiderata di<br />

polpa e liquidi.<br />

Una tecnica per accrescere la presenza<br />

di sostanze nella parte superiore del<br />

grappolo è il taglio della parte inferiore<br />

dello stesso durante la fase di crescita.


LA DIRASPATURA<br />

Per evitare che le sostanze<br />

contenute nel raspo (pectine,<br />

tannini, cellulosa, resine)<br />

conferiscano al prodotto<br />

caratteristiche negative o<br />

indesiderate, prima della<br />

pigiatura degli acini si esegue la<br />

diraspatura, cioè la separazione<br />

degli acini dall'asse centrale che<br />

li sorregge.


LA PIGIATURA<br />

Dopo un'ulteriore selezione degli acini (si scartano quelli rotti<br />

oppure attaccati da muffe) si procede alla pigiatura ottenendo:<br />

una parte solida (bucce 15-20%, vinaccioli 3-6%)<br />

una parte liquida (mosto 65-75%)<br />

Se la pigiatura fosse eccessiva si rischierebbe l'emissione di<br />

sostanze amaricanti.


IL MOSTO<br />

Il mosto che si è ottenuto con la pigiatura ha questa composizione:<br />

acqua 70-85%<br />

zuccheri, il glucosio, detto anche "zucchero d'uva", maggiormente presente in uve parzialmente immature, il<br />

fruttosio, in grande percentuale in uve con maturazione completa.<br />

acidi organici, l'acido tartarico dal gusto duro, il più caratteristico delle uve, l'acido malico dal gusto aspro, più<br />

presente nelle zone a clima freddo, l'acido citrico dal gusto fresco ma decisamente meno presente degli altri. L'<br />

"acidità totale" di un mosto è determinata dalla somma di:<br />

acidi "fissi" (tartarico, malico, citrico, altri acidi minori)<br />

acidi "volatili" (acido acetico, presente in misura minore).<br />

Se l'acidità è adeguata il vino risulta serbevole e fresco, se è troppo bassa risulta piatto, se è alta risulta duro;<br />

l'acidità totale si esprime in gr/l di acido tartarico, da 4x1000 a 9x1000;<br />

polifenoli (tannini e coloranti), sostanze che determinano il colore ed il sapore del vino; sono presenti nella<br />

buccia e nei raspi e agiscono anche come antiossidanti (per questo motivo i vini bianchi sono più delicati<br />

poiché ne contengono di meno). Si classificano in<br />

antociani (coloranti), che donano il colore rosso ai vini giovani;<br />

flavoni (coloranti), importanti per il colore dei vini bianchi;<br />

leucoantociani e catechine (tannini) che oltre al colore dei vini bianchi determinano il gusto astringente;


IL MOSTO - SEGUE<br />

sostanze azotate, fondamentali per la crescita dei lieviti e quindi per la fermentazione (per inibirle si filtrano,<br />

es: Asti spumante)<br />

sostanze pectiche (pectine, gomme, mucillagini), che aumentano dopo la maturazione e diminuiscono dopo la<br />

fermentazione; gomme e mucillagini possono essere responsabili di intorbidimento;<br />

sostanze odorose (terpèni), sono presenti nelle bucce in percentuali molto variabili nelle diverse uve;<br />

minerali, nella loro globalità definiti "ceneri" (ferro, calcio, rame, ecc.) determinano la limpidezza e la sapidità<br />

del vino; sono assorbiti dal terreno o dal contatto con le attrezzature;<br />

microrganismi, si classificano in<br />

lieviti, responsabili della fermentazione alcolica; in caso di uve colpite da oidio e peronospora si ricorre a<br />

lieviti selezionati per eseguire una "fermentazione in purezza", che sarà assoluta se non ci saranno<br />

organismi originali, relativa se saranno ancora presenti;<br />

batteri, alcuni responsabili di malattie del vino, altri in grado di realizzare la fermentazione malolattica<br />

(lattici)<br />

muffe, dannose in genere per le uve ed i suoi derivati (nel caso della Botrydis Cinerea al contrario si<br />

determina la formazione di aromi e sapori molto pregiati (es: Frascati Cannellino)<br />

enzimi, proteine che aumentano la velocità di reazioni chimiche generalmente dannose<br />

vitamine, microelementi


CORREZIONI DEL MOSTO<br />

Per supportare eventuali carenze del mosto originario si procede alle cosiddette correzioni, che possono essere<br />

così riassunte:<br />

aumento o diminuzione di<br />

grado zuccherino, se la maturazione è stata incompleta. <strong>La</strong> legislazione italiana vieta l'uso di saccarosio<br />

per cui si ricorre a tagli con mosti più o meno ricchi di zucchero. Un esempio è costituito dal cosiddetto<br />

mosto concentrato e rettificato (MCR) che si ottiene facendo evaporare l'acqua e creando un minimosto<br />

da utilizzare per integrare altri mosti carenti) oppure dal mosto muto (reso infermentescibile per<br />

l'azione di SO2); per il calcolo della quantità di MCR da utilizzare si utilizza la Croce di Sant’Andrea.<br />

grado di acidità, se l'annata è stata fredda e umida. Si ricorre all'uso di acido tartarico o citrico per<br />

elevare l'acidità, a sali come il carbonato di calcio o a tagli con mosti meno acidi per ridurla;<br />

pigiature specifiche (più o meno energiche)<br />

contatto con le vinacce<br />

tagli con altri mosti per modificare<br />

colore<br />

quantità di tannini<br />

estratti


APPLICAZIONE DELLA CROCE DI SANT’ANDREA<br />

Grado mosto 16%<br />

Grado MCR 65%<br />

Grado che si vuole ottenere 20%<br />

MCR 65%<br />

Mosto16%<br />

20%<br />

Calcolo del MCR da aggiungere per ogni 100 litri:<br />

45:4=100:x -> x= 400/45= 8,9 litri<br />

20 – 16= 4<br />

(parti di MCR)<br />

60 – 20 = 45<br />

(parti di mosto)


TRATTAMENTO DEL MOSTO<br />

Esistono alcuni trattamenti del mosto che si effettuano utilizzando lieviti<br />

selezionati per compensare eventuali carenze oppure esaltare le<br />

caratteristiche dello stesso:<br />

chiarificazione, per evitare torbidità (si aggiungono sostanze es. bentonite<br />

che fanno precipitare le sospensioni)<br />

filtrazione, centrifugazione, per ottenere maggiore limpidezza<br />

pastorizzazione, per eliminare microrganismi indesiderati<br />

termocondizionamento<br />

Il trattamento più complesso è l'utilizzo anidride solforosa (SO2) la quale<br />

elimina i batteri, blocca la fermentazione, blocca l'ossidazione (bianchi),<br />

accelera la dissoluzione delle bucce (rossi), fa precipitare le fecce<br />

(chiarificazione), produce il "mosto muto" (infermentescibile).


ANIDRIDE SOLFOROSA - CARATTERISTICHE<br />

E' un gas bianco, nel senso che è incolore.<br />

Acre e pungente, ottenuta per combustione dello zolfo e delle piriti.<br />

E' tossica e soffocante.<br />

Si liquefa, quindi da gas diventa liquida al disotto dei 10°C, o per effetto<br />

della pressione, a 3,3 atmosfere con una temperatura di 20°C è liquida.<br />

E' solubile in acqua, la sua solubilità diminuisce all'aumentare della<br />

temperatura, perché i gas sono tanto più solubili quanto più bassa è la<br />

temperatura.<br />

Normalmente la dose giornaliera, assimilabile per una persona, è di 0,7<br />

milligrammi per kg di peso corporeo.


ANIDRIDE SOLFOROSA - FORME DI UTILIZZO<br />

gas (bombole).<br />

liquido (soluzioni acquose di anidride solforosa). L'anidride solforosa, in<br />

soluzione acquosa reagisce con l'acqua e quindi SO2+H20 dà l'acido<br />

solforoso, che è instabile, si trova quindi la sua forma dissociata H+ e HSO3- (ione solfito).<br />

Con il termine di anidride solforosa libera non si intende l'acido libero, ma<br />

l'acido solforoso liberabile per acidificazione del mezzo.<br />

solida (sale, metabisolfito di potassio): a livello del sale, il 55% in peso del<br />

sale è rappresentato da anidride solforosa. In generale il rendimento è del<br />

50% (perché ci sono diverse perdite quando si apre il sacchetto), quindi si<br />

pesa il doppio del sale per fare l'aggiunta voluta.


SO 2 - AZIONI E PROPRIETA'<br />

Azione antisettica: il motivo primario per il quale si iniziò ad<br />

impiegare solforosa nel settore enologico, fu quello di controllo<br />

della flora microbica. L'azione antisettica è sia sui lieviti che sui<br />

batteri (i batteri sono sensibili a dosi più basse rispetto ai lieviti e<br />

quindi a volte una fermentazione alcolica può avvenire e una<br />

malolattica no), dovuta soprattutto all'SO2 molecolare.<br />

<strong>La</strong> tolleranza alla solforosa, da parte dei lieviti, è maggiore nel<br />

mosto che nel vino, perché in quest'ultimo c'e un'alta<br />

concentrazione di alcol, anch'esso antisettico. I lieviti, a seconda<br />

di genere e specie, hanno una diversa sensibilità nei confronti<br />

della solforosa, normalmente quelli presenti sulle uve sono più<br />

sensibili.


SO 2 - AZIONI E PROPRIETA'<br />

Azione selettiva: con la quale si ha un valore “barriera”, tale per<br />

cui i lieviti selezionati, resistenti all'SO2, fermenteranno, quelli<br />

selvaggi invece verranno bloccati (apiculati già sensibili a<br />

50mg/litro), perché in <strong>vinificazione</strong> si parla di aggiunte di 60-<br />

70/mg/litro. I batteri sono molto più sensibili dei lieviti.


SO 2 - AZIONI E PROPRIETA'<br />

Azione defecante: in fase di ammostamento. Un mosto, in fermentazione, per<br />

avere una migliore esaltazione di profumi e minor problemi di stabilizzazione,<br />

dovrebbe andarci abbastanza pulito, per cui si esegue una defecazione di tipo<br />

statico o dinamico. Con quella di tipo statico, la massa è ferma all'interno del<br />

serbatoio e le particelle precipitano per la legge di stokes con l'aggiunta di<br />

coadiuvanti, che si vanno ad aggregare ai colloidi in sospensione, precipitando<br />

dopo un certo tempo.<br />

Se non impieghiamo il freddo, a temperatura ambiente i lieviti partono, la<br />

massa diventa turbolenta e non riusciamo più a separare per decantazione il<br />

particolato grossolano.<br />

Quando non abbiamo abbastanza frigorie, si fa la defecazione impiegando la<br />

solforosa, che garantisce un tempo di inattivazione dell'attività fermentativa e<br />

la pulizia del prodotto.


SO 2 - AZIONI E PROPRIETA'<br />

Azione solubilizzante: Si và a sfruttare in fase di macerazione dei<br />

rossi. <strong>La</strong> solforosa è un antisettico in grado di interagire con le<br />

pareti cellulari delle membrane delle bucce, all'interno delle quali<br />

sono presenti le sostanze estrattive.<br />

Rende quindi più permeabile la membrana e favorisce il<br />

passaggio dalla parte interna delle cellule della buccia, al liquido,<br />

delle sostanze in essa contenuta (antociani).<br />

Quindi estraiamo più antociani che nello stesso tempo sono<br />

protetti da fenomeni di tipo ossidativo vista l'azione antiossidante<br />

della solforosa.


SO 2 - AZIONI E PROPRIETA'<br />

Azione antiossidante e antiossidasica: quella antiossidasica è nei<br />

confronti degli enzimi ossidasici (tirosinasi, nei confronti della<br />

perossidasi è meno efficiente). L'effetto antiossidante, su reazioni<br />

di natura chimica, si sfrutta lungo tutta la durata del processo, sia<br />

in <strong>vinificazione</strong> che in conservazione.<br />

In particolare la solforosa reagisce con gli intermedi che derivano<br />

dall'ossidazione dei polifenoli (perossidi), per cui non c'e un<br />

effetto diretto ossigeno-solforosa, ma ossigeno - polifenoli,<br />

intermedi di ossidazione a maggiore attività ossidante<br />

dell'ossigeno, che vanno a reagire con la solforosa, ed è qui che si<br />

ha il blocco dell'attività ossidativa.


SO 2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE<br />

ORGANOLETTICHE<br />

Migliora in generale la qualità perché:<br />

il colore è più stabile nel tempo (nel caso di uve rosse), perché<br />

si è sfruttato l'effetto antiossidante e antiossidasico.<br />

il colore è più intenso perché si è sfruttato l'effetto<br />

solubilizzante.<br />

abbiamo minore acidità volatile perché abbiamo sfruttato<br />

l'azione antisettica selettiva.<br />

attenuazione del gusto di ossidato e di muffa in uve infette,<br />

sempre per l'effetto di controllo antiossidante e antiossidasico.<br />

profumo più delicato perché l'andamento di fermentazione è<br />

più regolare.


SO 2 - AZIONE SULLE CARATTERISTICHE<br />

ORGANOLETTICHE<br />

AGGIUNTE ECCESSIVE<br />

Portano a:<br />

un accumulo di acetaldeide.<br />

produzione di acido solfidrico e mercaptani, soprattutto quando<br />

il prodotto và in riduzione, con conseguenti odori anomali.


VINIFICAZIONE IN BIANCO


LA VINIFICAZIONE IN BIANCO<br />

Il vino bianco viene generalmente ottenuto per fermentazione del<br />

mosto in assenza di macerazione delle parti solide dell'uva. <strong>La</strong><br />

pressatura precede la fermentazione ed, insieme alle altre<br />

operazioni meccaniche compiute sull'uva (trasporto, pigiatura e<br />

sgrondatura), risulta un fattore determinante per la produzione di<br />

un vino bianco di buona qualità. I migliori vini bianchi sono quelli<br />

che contengono la minor quantità di sostanze provenienti da<br />

bucce, vinaccioli, raspi ecc.


SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN BIANCO


LINEE DI LAVORAZIONE DELL'UVA<br />

Nelle moderne tecniche di <strong>vinificazione</strong> ci si interessa sempre più<br />

alle condizioni di trattamento meccanico dell'uva ed a tutti i<br />

fenomeni che avvengono dopo la pigiatura e pressatura: questo<br />

perché è universalmente riconosciuta la rilevanza di questi sul<br />

risultato finale. Ciò implica che non è assolutamente possibile<br />

pensare di fare artigianalmente un buon vino bianco. Vengono ora<br />

descritti i tre metodi principali di estrazione del mosto. I processi<br />

elementari che li compongono saranno discussi in seguito.


PRESSATURA SENZA PIGIATURA<br />

Con questo metodo vengono prodotti i vini di qualità migliore o<br />

vini particolari (es. spumanti). I grappoli interi vengono posti<br />

all'interno della gabbia di una pressa idraulica; le pareti della<br />

gabbia esercitano una pressione crescente sugli acini in modo<br />

tale da farli scoppiare. In tal modo il succo proviene direttamente<br />

dal centro dell'acino, e quindi è meno contaminato da sostanze<br />

presenti sulla buccia. Il tempo di contatto con le parti solide è<br />

ovviamente trascurabile, quindi trascurabili sono pure i fenomeni<br />

di macerazione. Il succo ottenuto è limpido grazie all'azione<br />

filtrante delle parti solide stesse.


PRESSATURA DOPO LA PIGIATURA<br />

L'uva pigiata viene trasferita in una pressa, dalla quale il succo<br />

sgronda durante il riempimento della pressa stessa. A più riprese<br />

poi, si ottiene altro succo per effetto di pressature successive. I<br />

succhi ottenuti con pressature successive vanno frazionati e<br />

vinificati separatamente. Il processo descritto richiede<br />

attrezzature meno onerose rispetto al precedente, ma il risultato è<br />

un estratto peggiore rispetto al caso precedente.


PIGIATURA, SGRONDATURA E<br />

PRESSATURA IN CONTINUO<br />

Si tratta di lavorazioni utilizzate da grandi cantine. <strong>La</strong> pigiatrice è<br />

disposta sopra lo sgrondatore, così si riducono al minimo le<br />

esigenze di trasporto del pigiato ed i relativi processi di<br />

macerazione. Lo sgrondatore meccanico permette di ottenere<br />

grosse quantità di mosto in tempi relativamente brevi (ma questo<br />

deve subire poi una defecazione). <strong>La</strong> vinaccia sgrondata è poi<br />

pressata in più riprese, dando succhi che devono essere<br />

necessariamente vinificati separatamente. <strong>La</strong> qualità del succo<br />

che si ottiene è buona ma non eccellente.


PIGIATURA<br />

Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di liberare i succhi e la<br />

polpa, evitando però lacerazioni di bucce, vinaccioli e raspi. Sotto<br />

quest'aspetto sono raccomandate come macchine le cosiddette<br />

pigiatrici a rulli. <strong>La</strong> diraspatura è fortemente sconsigliata in<br />

quanto i raspi fanno da filtro per il succo di sgrondo consentendo<br />

una minor produzione di feccia. Ciò non vuol dire che essa è<br />

sempre assente: l'opportunità di una diraspatura va decisa in<br />

relazione alle caratteristiche del vino che si vuole ottenere. Da<br />

evitarsi sono le pigiodiraspatrici centrifughe che schiacciano i<br />

chicchi e l'azione brutale forma notevole feccia, la cui presenza<br />

avvia processi rapidissimi di macerazione ed ossidazione.


CRIOMACERAZIONE<br />

Nelle bucce e nei vinaccioli si nascondono sostanze necessarie ai vini rossi<br />

(come i tannini e le sostanze coloranti) ma negative per i vini bianchi. Nella<br />

parte interna delle bucce risiedono però la maggior parte degli aromi.<br />

<strong>La</strong> criomacerazione permette di estrarre il massimo degli aromi senza acquisire<br />

sostanze negative per il vino bianco. Il mosto, ottenuto tramite<br />

pigiadiraspatura, viene raffreddato a 5-8° gradi per un periodo che va da 10 a<br />

24 ore. Il freddo inibisce gli enzimi, e consente al vino, con l'avvio della<br />

fermentazione alcolica, di acquisire molte sostanze odorose aromatiche e<br />

pochi polifenoli.<br />

Si ottiene un vino ricco di aromi primari, cioè quelli provenienti dal vitigno,<br />

povero di tannini e di colore; in sostanza si avrà un vino morbido, con una vasta<br />

gamma di profumi che richiamano l'uva dalla quale il vino è prodotto. Questo<br />

vino risulta piuttosto stabile alle ossidazioni proprio perché sono stati inibiti gli<br />

enzimi e quindi tende a mantenere a lungo un bel colore.


SGRONDATURA<br />

Il passaggio allo sgrondatore va effettuato preferibilmente per<br />

gravità, evitando pompaggi che favorirebbero lacerazioni dei raspi<br />

e quindi macerazioni indesiderate. Di rado, a valle della pigiatura<br />

e prima della sgrondatura, si procede alla macerazione per dotare<br />

il vino di particolari caratteri organolettici. (CRIOMACERAZIONE)<br />

Il processo di sgrondatura ha come obiettivo la separazione dei<br />

succhi, liberati dalla pigiatura, dalla parte solida. Questo è il punto<br />

debole della <strong>vinificazione</strong> in bianco, in quanto il contatto<br />

prolungato tra le due parti degrada la qualità del prodotto finale.<br />

Le tecniche di sgrondo principali sono:<br />

Sgrondo statico o spontaneo<br />

Sgrondo meccanico o dinamico


SGRONDO STATICO O SPONTANEO<br />

Il processo vede lo sgrondo come fenomeno naturale, provocato<br />

dalla gravità. Il processo è corrente nelle piccole cantine e non<br />

consente di raccogliere più del 50% del succo estraibile dal<br />

pigiato.<br />

Siccome i tempi di sgrondo sono lunghi rispetto ai tempi di<br />

pigiatura, è necessario disporre di vasche di sgrondo dove porre il<br />

pigiato per poi pressarlo.<br />

Le vasche tradizionali sono da evitare, perché accentuano la<br />

macerazione. Va da sé che tale procedimento non consente la<br />

produzione di vini di qualità elevata.


SGRONDO MECCANICO O DINAMICO<br />

Lo sgrondo è provocato artificialmente da eliche rotanti. <strong>La</strong><br />

velocità di rotazione deve essere molto bassa, per impedire che si<br />

abbia un'eccessiva formazione di feccia. Il procedimento consente<br />

l'estrazione di circa il 75% di tutto il succo estraibile.<br />

L'inconveniente è appunto la produzione di feccia, maggiore<br />

rispetto al metodo precedente.<br />

Il succo ottenuto dalla sgrondatura si dice mosto fiore, mentre le<br />

parti solide sono sottoposte a successive pressature.


PRESSATURA<br />

L'obiettivo della pressatura è la completa estrazione del succo contenuto nella<br />

vinaccia. <strong>La</strong> pressione deve essere lieve, tanto da evitare le già menzionate<br />

lacerazioni di raspi e vinaccioli, ma abbastanza elevata da consentire la<br />

massima estrazione di succo consentita. Mentre è d'obbligo separare i mosti<br />

ottenuti dalle ultime frazioni di pressatura (10-15%) è consigliabile frazionare<br />

anche quelli ottenuti da pressature precedenti. In tal modo si ottengono vini di<br />

prima qualità dal succo di prima spremitura, vini di qualità inferiore dai<br />

successivi succhi.<br />

L'operazione di pressatura può essere eseguita in numerosi modi, utilizzando<br />

cioè numerose macchine (pressa verticale, orizzontale, orizzontale idraulica,<br />

orizzontale pneumatica, pressatura continua, ecc.).


DEFECAZIONE<br />

Il processo che va sotto il nome di defecazione consta nell'eliminazione delle<br />

fecce dai succhi che, fermentati, daranno origine al vino bianco.<br />

Finora si è sottolineata l'importanza dell'assenza di macerazione nel corso<br />

della <strong>vinificazione</strong> in bianco, anche se si è ribadito il fatto che essa può essere<br />

presente per dotare il vino di particolari caratteri organolettici.<br />

Il processo di defecazione, in quest'ottica, è di importanza fondamentale per<br />

ottenere un prodotto che risponda a requisiti qualitativi severi.<br />

<strong>La</strong> differenza tra due vini, uno che ha subito la defecazione e l'altro che non<br />

l'ha subita, non solo sta nel colore (il colore del vino defecato è molto più<br />

chiaro) ma anche nel gusto: il vino non trattato con defecazione mostra un<br />

gusto erbaceo e di terra, nonché di ammuffito, caratteristici aromi delle uve<br />

marce.


DEFECAZIONE<br />

Ciò non solo mostra l'importanza del processo in questione, ma<br />

anche il fatto che l'operazione di defecazione deve essere<br />

praticamente totale: una parziale eliminazione delle fecce dal vino<br />

non ha una grande influenza sul prodotto finale. I processi di<br />

defecazione più diffusi sono di seguito descritti:<br />

Defecazione statica<br />

Defecazione per centrifugazione<br />

Defecazione a freddo


DEFECAZIONE STATICA<br />

Il procedimento più usato per separare le fecce è la sedimentazione<br />

spontanea. Normalmente, questo presuppone un periodo di riposo del vino,<br />

della durata di 24-48 ore, accompagnato da un blocco delle attività<br />

fermentative ottenuto tramite solfitazione. <strong>La</strong> principale difficoltà della<br />

defecazione statica consiste nella lentezza della sedimentazione. Ovviamente il<br />

processo avrà differenti velocità in relazione alla grandezza delle particelle da<br />

eliminare: le particelle a diametro maggiore (e probabilmente più pesanti) si<br />

sedimentano prima rispetto a quelle più piccole. <strong>La</strong> velocità di caduta dipende<br />

inversamente dal coefficiente di viscosità dinamica, ovvero più il liquido è<br />

denso più lenta sarà la defecazione spontanea. Questo è il motivo per il quale<br />

l'eventuale correzione zuccherina del mosto (tipicamente operata con<br />

l'aggiunta di mosti concentrati) è opportuno sia effettuata dopo la defecazione.<br />

In generale il processo descritto permette di raccogliere un mosto ben<br />

chiarificato; il grado di chiarezza del mosto dipende in misura notevole dal<br />

vitigno di provenienza delle uve utilizzate.


DEFECAZIONE PER CENTRIFUGAZIONE<br />

Poiché la defecazione statica è un processo molto lungo e<br />

laborioso, che richiede notevoli capacità di vasche libere, si è<br />

cercato di sostituirla con quella meccanica utilizzando la forza<br />

centrifuga. <strong>La</strong> tecnica centrifuga si è rivelata soddisfacente specie<br />

per le grandi cantine. <strong>La</strong> centrifugazione viene effettuata sul<br />

mosto subito dopo l'estrazione ed un breve periodo di riposo, che<br />

consente il deposito delle impurità terrose, la cui presenza può<br />

danneggiare i macchinari. <strong>La</strong> velocità di chiarificazione è di circa<br />

1000 volte superiore rispetto al caso esaminato<br />

precedentemente. E' da dire, comunque, che la qualità del<br />

prodotto ottenuto con questo metodo è inferiore rispetto al<br />

prodotto ottenuto per defecazione statica.


DEFECAZIONE A FREDDO<br />

Recentemente ha destato molto interesse la defecazione a<br />

freddo, ovvero il processo di defecazione statica a temperatura di<br />

2-5°C.


ARRICCHIMENTO<br />

Questa fase prevede un possibile arricchimento del prodotto<br />

filtrato, nel caso in cui quest'ultimo non garantisca il<br />

raggiungimento della gradazione alcolica prestabilita. Possono<br />

essere aggiunti mosti concentrati rifermentati (MCR) oppure mosti<br />

concentrati (MC), in quantità che rispettino le normative vigenti<br />

nel paese di produzione del vino. E' altresì possibile l'aggiunta di<br />

additivi vari (nutrienti di varia composizione, tannini, acido<br />

tartarico, ecc.) in riferimento alle caratteristiche del prodotto da<br />

trattare ed al risultato finale che si vuole ottenere.


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

<strong>La</strong> fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli<br />

zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico più anidride carbonica<br />

(più calore):<br />

Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica<br />

la percentuale di zuccheri presenti nel mosto determinerà il titolo<br />

alcolometrico del vino secondo questo algoritmo:<br />

percentuale di zucchero x 0,6 = volume alcolico%<br />

(da 1g di zucchero si ottengono 0,6ml di alcol);


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

Questo compito è svolto dai lieviti che possono esercitare<br />

un'azione rapida e forte oppure lenta e delicata.<br />

I lieviti sono microrganismi unicellulari responsabili della fermentazione alcolica.<br />

Possono essere sommariamente classificati in apiculati ed ellittici.<br />

I lieviti apiculati si trovano sulle bucce e sui raspi delle uve e hanno una caratteristica<br />

forma di piccolo limone (Candida e Kloeckera). Sono responsabili dell’inizio del<br />

processo fermentativo ma non tollerano gli effetti sia dell’anidride solforosa sia<br />

dell’alcol etilico da essi stessi prodotto, quando queste sostanze superano<br />

determinate concentrazioni.<br />

I lieviti ellittici sono i veri responsabili della trasformazione del mosto in vino, hanno<br />

una forma simile a quella di un’ellisse. I più utilizzati appartengono alla famiglia dei<br />

Saccharomyces (cerevisiae varietà ellipsoideus, oviformis, bayanus e altri ancora).


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

Esistono contenitori ad hoc in acciaio per evitare che venga<br />

superata la temperatura ideale (18-22°C per i bianchi).<br />

Una temperatura troppo elevata, ad esempio superiore ai 35°C<br />

non solo può provocare un arresto della fermentazione alcolica<br />

ma anche una perdita di aroma, dovuta all'evaporazione di<br />

sostanze aromatiche insieme con l'anidride carbonica che si<br />

sviluppa. Oltretutto l'aroma secondario che si sviluppa, prodotto<br />

dai lieviti che operano a temperature elevate, è meno intenso, più<br />

grossolano ed a volte anche sgradevole.<br />

Durante il primo periodo la fermentazione è detta tumultuosa<br />

perché il mosto ribolle per lo sviluppo di CO2.


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

L'inizio della fermentazione dei mosti bianchi è, come già<br />

sottolineato, meno rapido che di quelli rossi, poiché i lieviti sono<br />

meno numerosi essendo in parte allontanati con le vinacce. Per<br />

questo conviene intervenire preventivamente, per esempio,<br />

inoculare lieviti selezionati per aiutare l'innesco della<br />

fermentazione. E' infatti vantaggioso avere sin dall'inizio del<br />

processo una rapida moltiplicazione delle cellule ed una elevata<br />

popolazione di lieviti (coltura starter)<br />

L'areazione, tecnica di attivazione largamente impiegata nella<br />

<strong>vinificazione</strong> in rosso, viene sconsigliata in quella in bianco.


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

L'andamento della fermentazione può essere seguito analizzando<br />

la concentrazione degli zuccheri riduttori: si ritiene terminata, una<br />

fermentazione che avviene in presenza di un tenore di zuccheri<br />

riduttori di circa 2g/hl.


FERMENTAZIONE MALOLATTICA<br />

Secondo alcuni autori l'importanza della fermentazione malolattica è ormai<br />

acquisita per i vini rossi; per i vini bianchi, invece, il suo insorgere da luogo a<br />

risultati aleatori e spesso negativi, per cui viene ricercata soltanto in casi<br />

particolari.<br />

Nei vini bianchi secchi, la fermentazione secondaria non conduce ad un<br />

miglioramento delle caratteristiche del prodotto: si tende a perdere l'aroma e la<br />

tipicità del vino in questione.<br />

Se invece si ricercano caratteristiche quali vinosità, rotondità e corpo,<br />

caratteristiche di un certo invecchiamento del vino, la fermentazione<br />

malolattica è necessaria per evitare l'insorgere di fermentazioni batteriche<br />

incontrollate che trasformerebbero il vino in aceto.<br />

In definitiva, l'esigenza o meno di una riduzione di acidità dovuta ad agenti<br />

batterici è di carattere prevalentemente organolettico.


ULTIMAZIONE DELLA FERMENTAZIONE<br />

Se la <strong>vinificazione</strong> è stata condotta correttamente, la<br />

fermentazione è lenta e rallenta ulteriormente con l'aumentare<br />

della gradazione alcolica. Tale andamento regolare è<br />

fondamentale per ottenere vini bianchi di qualità. Ovviamente si<br />

deve fare di tutto per consentire che la fermentazione alcolica non<br />

si blocchi. Le operazioni successive dipendono da ciò che si vuole<br />

fare con il mosto fermentato. Sebbene sconsigliata, potrebbe<br />

volersi una fermentazione malolattica nel caso il mosto sia ricco<br />

di acido malico e si preferisca ottenere un prodotto finale dal<br />

gusto più morbido a scapito della freschezza.


SOLFITAZIONE E TRAVASO<br />

Nella maggior parte dei casi, comunque, la fermentazione<br />

malolattica non avviene e quindi il vino deve essere stabilizzato<br />

con trattamenti a base di anidride solforosa. Non è corretto<br />

solfitare direttamente nelle vasche di fermentazione, perché<br />

l'agitazione necessaria alla distribuzione dell'anidride solforosa<br />

stessa rimette in sospensione i lieviti depositati sul fondo: ciò non<br />

deve avvenire in quanto l'anidride solforosa, combinandosi con i<br />

lieviti, potrebbe dar luogo ad idrogeno solforato. Resta inteso che<br />

è necessario omogeneizzare la SO 2 nel mosto, al fine di ridurre la<br />

quantità che se ne utilizza. <strong>La</strong> successiva fase quindi è il travaso<br />

in altri recipienti del mosto fermentato (ormai vino novello) ed il<br />

trattamento di questo con anidride solforosa.


TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI<br />

Le cause di deterioramento del vino bianco che più interessano<br />

l'enologo ed il consumatore finale sono quelle che<br />

compromettono la stabilità del prodotto. <strong>La</strong> precaria stabilità del<br />

vino bianco ne condiziona pesantemente la distribuzione: si è<br />

spesso in presenza di eccellenti vini in cantina che poi perdono le<br />

proprie caratteristiche, prima di arrivare al consumatore finale.<br />

<strong>La</strong> maggior causa d'instabilità è l'ossidazione del prodotto.<br />

L'ossigeno denatura l'aroma, incupisce il colore. Le fasi in cui si<br />

ha grossa ossidazione sono la sgrondatura ed anche la<br />

pressatura. Bisogna assolutamente arginare i fenomeni<br />

enzimatici che ne scaturiscono, provocando perdita di qualità del<br />

prodotto finale.


TRATTAMENTI ANTI-OSSIDANTI<br />

Sono di seguito descritte le principali tecniche di protezione da<br />

ossidazione, attualmente più diffuse:<br />

Solfitazione<br />

Impiego di gas inerti<br />

Refrigerazione<br />

Defecazione e trattamento con bentonite<br />

Riscaldamento


SOLFITAZIONE<br />

Solfitazione: come già detto più volte, l'anidride solforosa ha<br />

effetti antisettici. Come tale può essere utilizzata per evitare<br />

l'insorgere di ossidazioni del mosto, eliminandone la causa prima,<br />

vale a dire gli enzimi che la producono.


IMPIEGO DI GAS INERTI<br />

Impiego di gas inerti : tenuto conto della velocità di consumo di<br />

O2 nel mosto, è bene evitare ogni contatto tra questo ed ossigeno<br />

(questo è il motivo al quale si accennava all'inizio, quando si è<br />

detto che produrre vini bianchi di qualità in maniera artigianale è<br />

praticamente impossibile). <strong>La</strong> tecnica di adoperare atmosfere di<br />

azoto oppure anidride carbonica non ha avuto molto successo,<br />

non tanto per le difficoltà tecniche che pone, peraltro facilmente<br />

superabili, ma perché il trattamento non inibisce la causa ma solo<br />

l'effetto. Il vino che ne deriva non è dunque stabile.


REFRIGERAZIONE<br />

Refrigerazione: esperienze di laboratorio hanno messo in<br />

evidenza che la massima velocità di consumo di ossigeno si ha ad<br />

una temperatura appartenente al seguente intervallo 35-45°C;<br />

per una temperatura di 12°C la velocità di consumo ossigeno è<br />

tre volte inferiore rispetto a quella che si misura per 30°C. Una<br />

possibile tecnica sarebbe quella di refrigerare il mosto.<br />

In questo modo si riduce l'apporto di SO2 da utilizzare, ma<br />

parallelamente si rende difficoltoso il processo di defecazione,<br />

essenziale per la qualità ed il colore del prodotto finale.


DEFECAZIONE E TRATTAMENTO CON BENTONITE<br />

Defecazione e trattamento con bentonite: una buona defecazione<br />

riduce del 40% il consumo di ossigeno di un mosto, perché<br />

elimina le tirosinasi, non solubili nel mosto stesso.<br />

Il trattamento con bentonite favorisce cioè l'eliminazione di alcuni<br />

enzimi responsabili del processo di ossidazione.<br />

Tuttavia i due trattamenti non sembrano una esauriente risposta<br />

al problema.


RISCALDAMENTO<br />

Riscaldamento: il mosto portato a 65°C diviene praticamente<br />

immune ad attacchi enzimatici, visto che gli enzimi vengono in<br />

questo modo completamente eliminati. Il vino ottenuto con questo<br />

trattamento è assolutamente stabile.


MATURAZIONE E AFFINAMENTO<br />

Al termine della stabilizzazione, il processo della produzione del vino bianco si<br />

avvia verso l'ultima fase e che consiste nella maturazione e nell'affinamento.<br />

<strong>La</strong> maturazione è svolta in appositi contenitori i cui materiali utilizzati per la<br />

costruzione influiranno nello sviluppo e nell'evoluzione dei caratteri<br />

organolettici del vino. Tipicamente i contenitori utilizzati per la maturazione del<br />

vino sono costruiti in acciaio, pertanto contenitori inerti, oppure in legno, cioè<br />

botti di capacità diverse.<br />

<strong>La</strong> scelta dell'uso di botti porterà ad una trasformazione piuttosto marcata<br />

delle qualità del vino, aggiungendo aromi, struttura e caratteri tipici del legno a<br />

scapito della freschezza e della finezza degli aromi floreali e fruttati. L'impronta<br />

dei caratteri “legnosi” dipende da alcuni fattori, fra questi il grado di tostatura<br />

del legno e il tempo di permanenza all'interno della botte.<br />

Il vino bianco fatto maturare in contenitori inerti conserva i freschi aromi di<br />

frutta e fiori e questa è la pratica utilizzata per la maggior parte dei vini prodotti<br />

con uve delicate e aromatiche.


IMBOTTIGLIAMENTO<br />

Al termine della maturazione il vino è pronto per essere<br />

imbottigliato. Prima di procedere con quest'operazione, il vino<br />

bianco viene ulteriormente filtrato e chiarificato in modo da<br />

eliminare eventuali impurità derivate dalla maturazione e quindi<br />

ottenere un prodotto più raffinato ed esente da difetti.<br />

Dopo l'imbottigliamento il vino viene solitamente lasciato affinare<br />

nei locali della cantina per alcuni mesi - in genere da tre a sei<br />

mesi - e finalmente è pronto per la commercializzazione e per<br />

allietare i calici degli appassionati.


VINIFICAZIONE IN ROSSO


LA VINIFICAZIONE IN ROSSO<br />

<strong>La</strong> <strong>vinificazione</strong> in rosso, secondo la procedura tradizionale,<br />

comporta quattro fasi:<br />

Trattamenti meccanici dell'uva: pigiatura, diraspatura,<br />

riempimento dei tini di fermentazione.<br />

Fermentazione alcolica e macerazione.<br />

Operazioni meccaniche sul vino: rimontaggio, follatura,<br />

svinatura e torchiatura.<br />

Fermentazione malolattica.


SCHEMA DELLA VINIFICAZIONE IN ROSSO


TRATTAMENTI MECCANICI DELL'UVA<br />

<strong>La</strong> prima operazione che interviene nella <strong>vinificazione</strong> è,<br />

ovviamente, il trasporto delle uve raccolte dalla vigna alla cantina.<br />

Questa operazione non è di fondamentale importanza per i vini<br />

rossi, mentre lo è invece nella produzione di vini bianchi di<br />

qualità.<br />

Gli enologi raccomandano di evitare pigiature sommarie dell'uva,<br />

pigiature che hanno l'obiettivo di ridurre i volumi di trasporto ma<br />

che hanno l'effetto indesiderato di avviare fermentazioni e<br />

macerazioni incontrollate, due processi importantissimi per la<br />

produzione di un vino rosso di buona qualità.


PIGIATURA<br />

Il successivo passo da compiere è la pigiatura dell'uva. Il<br />

processo, noto anche come ammostatura, ha come scopo quello<br />

di rompere la buccia, e di liberare il succo e la polpa. Il prodotto di<br />

tale operazione è detto pigiato. Il pigiato può essere trattato con<br />

anidride solforosa: ciò ha come scopo un aumento della velocità<br />

di macerazione delle parti solide del pigiato stesso.<br />

Spesso l'uva viene solo lievemente pigiata al fine di evitare la<br />

lacerazione di raspi e vinaccioli, responsabili della formazione di<br />

abbondanti fecce. Si preferisce aumentare la durata della<br />

macerazione anzichè il grado di pigiatura del mosto.


DIRASPATURA - VANTAGGI<br />

<strong>La</strong> sensibile riduzione del volume occupato dal pigiato (la<br />

riduzione che si ottiene è del 30% circa).<br />

Il succo dei raspi, ricco di potassio, può conferire al prodotto<br />

finale un sapore erbaceo ed astringente.<br />

I raspi modificano la composizione del vino, in quanto<br />

contengono grosse quantità d'acqua e piccole quantità di<br />

zucchero. Ciò si traduce in un annacquamento del vino.<br />

I raspi assorbono alcool ed altre sostanze gli antociani,<br />

responsabili, questi ultimi, della colorazione del vino. Il vino<br />

prodotto senza diraspare sarà senza dubbio più chiaro rispetto<br />

ad uno prodotto con diraspatura.


DIRASPATURA - SVANTAGGI<br />

I raspi favoriscono, una buona termoregolazione: l'acqua<br />

contenuta in essi, infatti, limita l'innalzamento della<br />

temperatura che si ha durante la fase di fermentazione. Ciò è<br />

senz'altro un vantaggio, in quanto temperature troppo alte<br />

possono bloccare la fermentazione, evento questo fortemente<br />

indesiderato.<br />

I raspi favoriscono l'areazione del mosto, contenendo molto<br />

ossigeno che è un elemento essenziale per una corretta<br />

condotta della fase di macerazione e fermentazione.


FERMENTAZIONE<br />

<strong>La</strong> fase successiva alla diraspatura è il riempimento dei tini di<br />

fermentazione, anche detti fermentini. Si tratta di recipienti a<br />

forma di tronco di cono, costruiti in vari materiali (cemento, legno,<br />

metallo). I tini possono essere classificati come:<br />

Tini chiusi.<br />

Tini aperti a cappello galleggiante: tini che favoriscono il<br />

galleggiamento delle parti solide del mosto (note anche con il<br />

nome di vinacce o cappello).<br />

Tini aperti a cappello sommerso: tini che costringono il<br />

cappello che si forma a rimanere sommerso nel succo d'uva.<br />

Ciò avviene utilizzando speciali setacci montati nel tino.


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

Nei tini di fermentazione, i processi che avvengono sono essenzialmente due:<br />

la fermentazione alcolica e la macerazione. Queste due fasi sono di<br />

fondamentale importanza per un corretto processo di <strong>vinificazione</strong> in rosso.<br />

In questa fase, infatti, si decide la qualità del prodotto finale più che in ogni<br />

altra fase del processo.<br />

<strong>La</strong> fermentazione alcolica è indotta dalla presenza di lieviti.<br />

I lieviti siano presenti sulle bucce delle uve (indigeni), oppure possono essere<br />

aggiunti (selezionati).<br />

<strong>La</strong> fermentazione alcolica ha come obiettivo la trasformazione di zuccheri in<br />

alcool.<br />

<strong>La</strong> reazione chimica che regola tale trasformazione produce come elemento<br />

secondario anidride carbonica ed è inoltre fortemente esotermica:<br />

C6H12O6 2C2H5OH + 2CO2 + Calore


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

I principali parametri che influenzano la fermentazione alcolica<br />

sono:<br />

<strong>La</strong> temperatura: una temperatura superiore ai 30 °C comporta il blocco<br />

della fermentazione. D'altro canto anche una temperatura troppo bassa può<br />

causare l'arresto della fermentazione. <strong>La</strong> temperatura ideale alla quale<br />

condurre la fermentazione dipende dal tipo di <strong>vinificazione</strong> che si sta<br />

effettuando: per la <strong>vinificazione</strong> in rosso una temperatura ideale è intorno ai<br />

25-27 °C.<br />

Il pH: un ambiente eccessivamente acido abbatte fortemente il tasso di<br />

crescita dei lieviti, causando quindi un blocco della fermentazione.<br />

<strong>La</strong> concentrazione di ossigeno: una mancanza di ossigeno non favorisce la<br />

riproduzione di lieviti, causando ancora una volta il blocco della<br />

fermentazione.


LA FERMENTAZIONE ALCOLICA<br />

<strong>La</strong> fermentazione deve avvenire ad opera di lieviti, contenuti nel cappello;<br />

questi, per riprodursi e sopravvivere, hanno bisogno di ossigeno, di una<br />

temperatura e di una gradazione alcolica non troppo elevate.<br />

Una temperatura superiore a 30°C causa, come detto, il blocco della<br />

fermentazione alcolica, ossia il blocco della trasformazione dello zucchero in<br />

alcool. Questo è un evento fortemente indesiderato, visto che la presenza di<br />

zucchero vuol dire instabilità biologica del prodotto finale che, quindi, non potrà<br />

essere conservato a lungo.<br />

Infatti vini affetti da un arresto precoce della fermentazione sono tipicamente<br />

molto dolci ed instabili.<br />

<strong>La</strong> mancanza di ossigeno nella fermentazione provoca la riduzione dei lieviti e<br />

lo sviluppo di fermentazioni deviate ad opera di batteri lattici ed acetici, il cui<br />

risultato è la trasformazione dello zucchero in prodotti diversi dall'etanolo, quali<br />

acido lattico ed acido acetico.


LA MACERAZIONE<br />

<strong>La</strong> macerazione è il processo di scambio di sostanze, contenute<br />

nella vinaccia, tra cappello e vino fiore.<br />

Le sostanze in questione sono soprattutto antociani rossi e<br />

tannini.<br />

Gli antociani, come già detto, sono responsabili della colorazione<br />

del vino; i tannini invece, se presenti in quantità non eccessive,<br />

ostacolano la precipitazione in soluzione degli antociani stessi.<br />

Lo scambio di sostanze deve essere favorito operando<br />

meccanicamente sul cappello: le operazioni di rottura del cappello<br />

e lisciviazione dello stesso sono note come follatura e<br />

rimontaggio, rispettivamente.


LA MACERAZIONE<br />

Secondo alcuni autori, la macerazione avviene tanto più<br />

velocemente quanto maggiore è il numero di cellule morte<br />

presenti nel cappello: ciò si spiega semplicemente se si pensa<br />

che le cellule morte non trattengono affatto le sostanze che le<br />

costituiscono. E' quindi chiaro che le condizioni ambientali nelle<br />

quali si vorrebbe che avvenisse la macerazione (temperature alte,<br />

pH bassi, tenore alcolico elevato) sono nettamente in contrasto<br />

con quelle desiderate per ottenere una buona fermentazione<br />

alcolica.


IL RIMONTAGGIO<br />

Il rimontaggio consta nella spillatura del vino fiore dal fondo del tino e nella<br />

reimmissione di esso nella parte superiore del tino. Il processo ha molteplici<br />

effetti positivi:<br />

Favorisce la dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nella<br />

vinaccia (lieviti, antociani e tannini).<br />

Favorisce l'areazione del mosto: infatti il vino fiore spillato viene areato e poi<br />

pompato in cima al tino per la reimmissione. L'aggiunta di ossigeno<br />

favorisce la proliferazione di lieviti nel cappello.<br />

Favorisce il raffreddamento del mosto nel tino di fermentazione, anche se<br />

questo effetto è da considerarsi marginale e secondario rispetto ai due<br />

precedenti.<br />

E' opportuno rimontare nei primissimi giorni della fermentazione alcolica, mentre è inutile<br />

rimontare il mosto non fermentato oppure il mosto a fermentazione quasi terminata: sono i lieviti in<br />

via di accrescimento che hanno bisogno di ossigeno, non il mosto.


LA FOLLATURA<br />

<strong>La</strong> follatura è il processo di rottura meccanica del cappello in un<br />

tino di fermentazione. Il processo favorisce:<br />

<strong>La</strong> dissoluzione nel vino fiore delle sostanze contenute nel<br />

cappello.<br />

Lo scambio termico del sistema con l'ambiente esterno al tino.<br />

Una distribuzione più omogenea della temperatura nel mosto<br />

in fermentazione.<br />

E' utile operare una follatura nel caso in cui la temperatura del mosto incominci<br />

a crescere pericolosamente. Si tenga conto del fatto che un semplice<br />

rimontaggio difficilmente riattiva una fermentazione bloccata, evento questo<br />

più probabile se l'azione prodotta sul mosto è una follatura.


LA SVINATURA<br />

Alcuni autori ritengono la fermentazione alcolica terminata<br />

quando il tenore di zucchero disciolto in soluzione è circa di 2g/hl.<br />

<strong>La</strong> svinatura è l'estrazione del vino fiore dal tino di fermentazione<br />

e la separazione di questo dalle vinacce. Il vino così ottenuto è<br />

conservato in un altro tino.<br />

Il vino può essere sottoposto a solfitazione al fine di ottenere un<br />

vino che non dovrà invecchiare ma che sia tuttavia<br />

biologicamente stabile.


LA TORCHIATURA<br />

<strong>La</strong> vinaccia viene poi sottoposta a torchiatura: il vino estratto<br />

dalla prima torchiatura è qualitativamente meno pregiato del vino<br />

fiore e viene detto vino di prima torchiatura.<br />

Esso potrà essere vinificato a parte od aggiunto al vino fiore.<br />

Le successive fasi di torchiatura, invece, forniscono un vino che è<br />

via via peggiore di quelli precedentemente estratti, e che va<br />

vinificato a parte per la produzione di aceto (tipicamente).


LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA<br />

<strong>La</strong> successiva fase di trattamento del vino è detta fermentazione<br />

malolattica. Di norma a tale fase possono essere sottoposti i vini<br />

destinati ad invecchiamento e quindi non trattati con solfitazione.<br />

L'anidride solforosa infatti, è un vero e proprio antisettico e quindi<br />

inibisce, se usata in dosi opportune, la fermentazione malolattica.<br />

In realtà la solfitazione è usata anche come processo di selezione<br />

dei lieviti che portano avanti la fermentazione alcolica: questo<br />

effetto selettivo può tuttavia aversi solo con impieghi modesti<br />

dell'anidride solforosa.


LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA<br />

<strong>La</strong> fermentazione malolattica consta nella trasformazione<br />

dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Il processo<br />

di fermentazione avviene, questa volta, ad opera di batteri<br />

malolattici.<br />

Alcuni autori ritengono che un vino non può ritenersi<br />

biologicamente stabile ed immune da successive incontrollate<br />

fermentazioni se non ha subito la fermentazione malolattica.<br />

Nel caso in cui tale fermentazione stentasse ad avviarsi, è pratica<br />

comune l'aggiunta al vino di batteri malolattici coltivati in vitro,<br />

oppure l'aggiunta al vino che non fermenta di un vino che è in<br />

piena fermentazione malolattica (l'aggiunta è circa il 10% del<br />

volume del vino che non fermenta).


LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA<br />

I principali parametri che influenzano la fermentazione malolattica sono:<br />

<strong>La</strong> temperatura: la velocità di fermentazione è massima per temperature<br />

appartenenti all'intervallo 20-25°C.<br />

Il pH: più aumenta l'acidità del vino più specie batteriche si inibiscono e quindi la<br />

fermentazione malolattica diviene più difficoltosa ma più pura, nel senso che solo<br />

l'acido malico è la sostanza che viene attaccata e trasformata. Il pH ottimo è tra 3.3<br />

e 4.0; più è alto questo valore tanto più aumenta la velocità della fermentazione, e<br />

ciò è dovuto al fatto che i batteri lattici si sviluppano meglio in un ambiente non<br />

troppo acido.<br />

Il tempo di macerazione: siccome i batteri si sviluppano principalmente nel<br />

cappello, è necessario evitare macerazioni troppo lunghe che potrebbero dar luogo<br />

a spunti lattici durante la fase di fermentazione alcolica. E' tuttavia vero che un<br />

maggior numero di batteri favorisce la fermentazione malolattica.<br />

Il vino ottenuto dalla fermentazione malolattica viene successivamente sottoposto ad<br />

invecchiamento.

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