Testo completo pdf - Prevenzione Oggi - Ispesl
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LA SCELTA DELLA CONCERTAZIONE COME APPROCCIO EFFICACE NELL’APPLICAZIONE DEL D.LGS. 626/94 IN TEMA DI RISCHI E DANNI MUSCOLOSCHELETRICI NEI CASEIFICI DEL PARMIGIANO-REGGIANO: L’ESPERIENZA DI REGGIO EMILIA Giorgio Zecchi Azienda USL di Reggio Emilia - Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (Parole chiave: movimentazione manuale dei carichi, Parmigiano-Reggiano, concertazione) SINTESI Vol. 3, n. 3, 7-23 CONTESTO - Nel territorio della provincia di Reggio Emilia l’industria casearia connessa alla produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano conta attualmente circa 130 Aziende, fonte di lavoro per circa 1000 addetti. Nella pratica comune la “tipicità” del prodotto si traduce nel privilegiare, nel processo produttivo e di trasformazione, una “estrema manualità” al servizio dell’esperienza del casaro che, nell’immaginario collettivo, rappresenta il mantenimento delle antiche usanze, rispetto all’introduzione di nuove tecnologie. Durante una serie di sopralluoghi conoscitivi è stato infatti possibile verificare la presenza, durante il lavoro, di svariate operazioni manuali di sollevamento di pesi per lo più superiori ai 30 kg, evidenziando che tra i rischi professionali presenti nei caseifici spiccano quelli associati alla fatica fisica da movimentazione manuale dei carichi e da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. OBIETTIVI - Si vuole evidenziare la validità e l’efficacia della scelta di un approccio “concertato” descrivendo qualitativamente le modalità e gli strumenti che i Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (PSAL) hanno messo in atto per garantire l’applicazione non formale, ma sostanziale, del dettato del D.Lgs. 626/94 1 nelle Aziende del comparto di produzione del Parmigiano-Reggiano in tema di rischi muscoloscheletrici. METODI - il contesto in cui si innesta il Piano Mirato per la prevenzione dei rischi e dei danni muscoloscheletrici nei caseifici attivato nel 2002 dall’Azienda USL di Reggio Emilia, vede la presenza di 1 Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 - Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. BOW PO/base indexing: EUOSHA - OSH: Musculoskeletal disorders [52121C], Legislation [22121C], Physical hazards [40281B], Community health services [05081D] CIS: Musculoskeletal diseases [Nu], Legislation [Vyc], Safety and health personnel [Va], Dairy industry [Xebc], Physical hazards [Yp] NACE - ATECO: Manufacture of food products and beverages [15] EUOSHA - OSH: Disturbi muscoloscheletrici [52121C], Legislazione [22121C], Rischi fisici [40281B], Servizi sanitari locali [05081D] CIS: Malattie dell'apparato locomotore [Nu], Legislazione [Vyc], Personale addetto alla prevenzione e alla sicurezza [Va], Industria lattiero-casearia [Xebc], Rischi fisici [Yp] NACE - ATECO: Industrie alimentari e delle bevande [15] 7
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LA SCELTA DELLA CONCERTAZIONE COME APPROCCIO<br />
EFFICACE NELL’APPLICAZIONE DEL D.LGS. 626/94 IN<br />
TEMA DI RISCHI E DANNI MUSCOLOSCHELETRICI NEI<br />
CASEIFICI DEL PARMIGIANO-REGGIANO: L’ESPERIENZA<br />
DI REGGIO EMILIA<br />
Giorgio Zecchi<br />
Azienda USL di Reggio Emilia - Servizi <strong>Prevenzione</strong> e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro<br />
(Parole chiave: movimentazione manuale dei carichi, Parmigiano-Reggiano, concertazione)<br />
SINTESI<br />
Vol. 3, n. 3, 7-23<br />
CONTESTO - Nel territorio della provincia di Reggio Emilia l’industria casearia connessa alla produzione<br />
del formaggio Parmigiano-Reggiano conta attualmente circa 130 Aziende, fonte di lavoro per circa 1000<br />
addetti.<br />
Nella pratica comune la “tipicità” del prodotto si traduce nel privilegiare, nel processo produttivo e di<br />
trasformazione, una “estrema manualità” al servizio dell’esperienza del casaro che, nell’immaginario<br />
collettivo, rappresenta il mantenimento delle antiche usanze, rispetto all’introduzione di nuove<br />
tecnologie. Durante una serie di sopralluoghi conoscitivi è stato infatti possibile verificare la presenza,<br />
durante il lavoro, di svariate operazioni manuali di sollevamento di pesi per lo più superiori ai 30 kg,<br />
evidenziando che tra i rischi professionali presenti nei caseifici spiccano quelli associati alla fatica fisica<br />
da movimentazione manuale dei carichi e da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori.<br />
OBIETTIVI - Si vuole evidenziare la validità e l’efficacia della scelta di un approccio “concertato”<br />
descrivendo qualitativamente le modalità e gli strumenti che i Servizi <strong>Prevenzione</strong> e Sicurezza negli<br />
Ambienti di Lavoro (PSAL) hanno messo in atto per garantire l’applicazione non formale, ma sostanziale,<br />
del dettato del D.Lgs. 626/94 1 nelle Aziende del comparto di produzione del Parmigiano-Reggiano in<br />
tema di rischi muscoloscheletrici.<br />
METODI - il contesto in cui si innesta il Piano Mirato per la prevenzione dei rischi e dei danni<br />
muscoloscheletrici nei caseifici attivato nel 2002 dall’Azienda USL di Reggio Emilia, vede la presenza di<br />
1 Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 - Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della<br />
salute dei lavoratori durante il lavoro.<br />
BOW PO/base indexing:<br />
EUOSHA - OSH: Musculoskeletal disorders [52121C], Legislation [22121C], Physical hazards [40281B], Community<br />
health services [05081D]<br />
CIS: Musculoskeletal diseases [Nu], Legislation [Vyc], Safety and health personnel [Va], Dairy industry [Xebc],<br />
Physical hazards [Yp]<br />
NACE - ATECO: Manufacture of food products and beverages [15]<br />
EUOSHA - OSH: Disturbi muscoloscheletrici [52121C], Legislazione [22121C], Rischi fisici [40281B], Servizi sanitari<br />
locali [05081D]<br />
CIS: Malattie dell'apparato locomotore [Nu], Legislazione [Vyc], Personale addetto alla prevenzione e alla sicurezza<br />
[Va], Industria lattiero-casearia [Xebc], Rischi fisici [Yp]<br />
NACE - ATECO: Industrie alimentari e delle bevande [15]<br />
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un Comitato Provinciale di Concertazione in materia di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro;<br />
ciò ha favorito l’affermarsi della scelta di affrontare tale tema attraverso la concertazione tra la Pubblica<br />
Amministrazione, il Consorzio di Tutela e le Parti Sociali con l’obiettivo di:<br />
- diffondere nei caseifici e nei magazzini di stagionatura del territorio l’uso e l’applicazione di tecnologie<br />
ed ausili che limitino il rischio da movimentazione manuale dei carichi (MMC) e sovraccarico<br />
biomeccanico degli arti superiori (SBAS) in applicazione del D.Lgs. 626/94;<br />
- attivare a livello locale sinergie e collaborazioni stabili al fine di mettere in campo metodi, strumenti e<br />
soluzioni comuni e condivise.<br />
Se da un lato, infatti, nell’ultimo decennio l’evoluzione della tecnologia ha reso disponibili nuovi<br />
strumenti utili ad eliminare o limitare significativamente le condizioni di rischio, dall’altro tali ausili<br />
appaiono ancora poco diffusi soprattutto nelle microrealtà.<br />
RISULTATI - L’approccio concertato e partecipativo nell’affrontare i vari temi e le criticità emerse durante<br />
la realizzazione del Piano Mirato ha permesso di ottenere buoni risultati di processo in termini di efficacia<br />
grazie alla messa a punto di una serie di strumenti operativi (check-list, documento tecnico, standard per<br />
la progettazione, protocollo di formazione dei lavoratori) condivisi e ratificati da un accordo tra le parti<br />
che li rende applicabili nella maggior parte delle realtà produttive.<br />
INTRODUZIONE<br />
Il presente lavoro vuole illustrare le modalità di approccio concertato, i percorsi e gli strumenti che i Servizi<br />
<strong>Prevenzione</strong> e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (da ora Servizi PSAL) hanno messo in atto per garantire<br />
l’applicazione non formale, ma sostanziale del dettato del Decreto Legislativo n. 626/94 e successive<br />
integrazioni e modificazioni (da ora D.Lgs. 626/94), anche in un comparto così peculiare, frammentato e<br />
complesso come quello della produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano (marchio registrato).<br />
Per ragioni di opportunità si è scelto di non trattare nel merito aspetti quantitativi relativi alla valutazione<br />
dei rischi o ad altri elementi tecnici e di limitarsi alla descrizione di tipo qualitativo del percorso di<br />
prevenzione per due motivi:<br />
- dare particolare rilevanza alla efficacia della scelta di un percorso “concertato”: ciò ha portato ad un<br />
coinvolgimento propositivo e non conflittuale del Consorzio di Tutela (da ora Consorzio) e delle Parti<br />
Sociali facendo sì che le Aziende, attraverso una loro mediazione attiva, potessero comprendere a<br />
pieno il percorso preventivo concordato al fine di adottare le misure di tutela;<br />
- non è possibile trarre conclusioni quantitative significative ed esaustive sulle mutate condizioni di<br />
rischio e danno essendo l’intervento tuttora in corso: ad oggi i dati a disposizione sono pochi, grezzi<br />
ed incompleti, se non l’andamento negli anni 2000-2005 degli infortuni muscoloscheletrici “da<br />
sforzo” la cui analisi viene riportata nelle pagine seguenti.<br />
Il contesto<br />
Nel 2000 in Provincia di Reggio Emilia nasce il Comitato Provinciale di Concertazione in materia di<br />
prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro con l’obiettivo di attivare a livello locale sinergie e collaborazioni<br />
stabili tra i vari Enti pubblici e privati: Provincia, Azienda USL, INAIL, ISPESL, INPS, Direzione Provincialele<br />
del Lavoro, Associazioni datoriali e delle Cooperative e Organizzazioni Sindacali (da ora OO.SS.).<br />
Questo contesto in cui si è trovata ad operare l’Azienda USL di Reggio Emilia ha favorito l’affermarsi della<br />
scelta di affrontare i temi più diffusi e/o problematici relativi alla salute e sicurezza dei lavoratori<br />
attraverso la creazione di specifici tavoli di concertazione tra la Pubblica Amministrazione e le Parti<br />
Sociali. Negli anni, la concertazione tra le parti ha permesso di confrontarsi proficuamente su temi<br />
d’interesse quali, tra gli altri, la formazione dei lavoratori, le cadute dall’alto, gli appalti pubblici ed il lavoro
nero, seguendo un percorso e criteri condivisi:<br />
- scelta di strategie e obiettivi comuni;<br />
- messa a punto di contenuti condivisi (anche tramite la creazione di gruppi tecnici ad hoc);<br />
- verifica e validazione dei contenuti previa un periodo di sperimentazione sul campo;<br />
- firma di un Accordo o di uno standard di riferimento;<br />
- promozione e pubblicizzazione presso le Aziende del comparto e gli Enti interessati.<br />
In questo panorama finalizzato al perseguimento di prestazioni sempre più efficaci e di qualità,<br />
inquadrate nella pratica di “Evidence based prevention”, i Servizi PSAL hanno affrontato con un<br />
approccio concertato anche il tema, inizialmente alquanto spinoso, dell’applicazione del D.Lgs. 626/94<br />
nei caseifici del Parmigiano-Reggiano soprattutto in relazione alle problematiche derivanti dalla presenza<br />
di rischi per l’apparato muscoloscheletrico (per lo più, rachide ed arti superiori).<br />
Del resto, tale approccio ha permesso di mettere sul tavolo e sviscerare obiettivi e punti di vista,<br />
inizialmente molto diversi e distanti, al fine di giungere a punti di convergenza comuni, per esempio, in<br />
merito alle soluzioni tecniche o al percorso di formazione da adottare, nell’intento di perseguire, da ambo<br />
le parti, l’applicazione sostanziale e non formale del dettato legislativo.<br />
Il comparto<br />
L’industria casearia, e particolarmente quella connessa alla produzione del formaggio Parmigiano-<br />
Reggiano, rappresenta nel territorio della provincia di Reggio Emilia una importantissima risorsa<br />
economica e una fonte di lavoro per circa 1.000 addetti.<br />
Tale comparto di trasformazione agro-alimentare è tradizionalmente radicato in questa “fetta” del<br />
territorio emiliano ed è noto per essere caratterizzato da una forte e diffusa tipicità: nella pratica comune<br />
ciò si traduce nel privilegiare una estrema manualità al servizio dell’esperienza del casaro che,<br />
nell’immaginario collettivo, rappresenta il mantenimento delle antiche usanze, rispetto all’introduzione di<br />
nuove tecnologie. Questo può comportare il dover svolgere durante il lavoro molte operazioni manuali di<br />
movimentazione di carichi (da ora MMC) che, seppur in gran parte faticose e valutate a rischio, sono<br />
entrate ormai a far parte a pieno titolo di un modus operandi dai connotati fortemente artigianali<br />
disciplinato dal Consorzio con una denominazione di origine protetta (D.O.P.).<br />
L’azione dell’Azienda USL di Reggio Emilia<br />
Dopo il monitoraggio conoscitivo nei caseifici realizzato nel 2002 e la presa d’atto di una diffusa presenza<br />
di evidenti rischi per l’apparato muscoloscheletrico, si è attivato un Piano Mirato di prevenzione di<br />
comparto al fine di occuparsi delle problematiche di tipo muscoloscheletrico nei caseifici e nei magazzini<br />
di stagionatura e di coinvolgere in maniera fattiva enti, associazioni datoriali e OO.SS.<br />
Il Piano Mirato, attualmente ancora in corso, ma in avanzato stato di realizzazione (visitati i 2/3 dei<br />
caseifici della provincia di Reggio Emilia), pare possa altresì connotarsi a pieno titolo come sviluppo dei<br />
seguenti campi tematici:<br />
• promozione della salute nei luoghi di lavoro, in quanto si connota come vero e proprio Piano Mirato di<br />
<strong>Prevenzione</strong> con l’obiettivo di monitorare lo stato di salute della popolazione lavorativa e ridurre<br />
progressivamente l’insorgenza di disturbi e patologie e l’accadimento di infortuni, migliorando in tal<br />
modo il livello di salute e sicurezza attraverso azioni preventive, di vigilanza e la formazione dei lavoratori;<br />
• comunicazione e cultura della sicurezza, in quanto parti fondamentali del Progetto sono:<br />
- la progettazione, la messa a punto e la realizzazione di un percorso formativo mirato anche a<br />
sensibilizzare gli addetti di caseificio sui rischi specifici e sui corretti comportamenti preventivi al<br />
fine di incentivare le scelte di salute da parte dei lavoratori dei caseifici;<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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<strong>Prevenzione</strong> <strong>Oggi</strong> - luglio - settembre 2007<br />
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- la scelta del percorso di concertazione al fine di condividere temi di discussione e<br />
problematiche da risolvere e divulgare la cultura della sicurezza a vari livelli;<br />
• applicare e divulgare l’approccio di tipo ergonomico, dove le varie problematiche derivanti dalla<br />
presenza di rischi muscoloscheletrici correlati col lavoro di caseificio sono state affrontate<br />
riferendosi, oltre che al D.Lgs 626/94 (in particolare ai TITOLI I, III e V e all’ALLEGATO VI), anche ad<br />
altre norme di buona tecnica, UNI, EN, ISO, in grado di dare suggerimenti più precisi e mirati per<br />
la progettazione secondo criteri ergonomici dei posti di lavoro e per la scelta delle migliori<br />
soluzioni da adottare. Tra queste Norme vanno citate le UNI EN 1005-2, 3 e 4 [1], la ISO 11226 [2],<br />
le UNI EN 614-1 e 2 [3], la UNI EN ISO 14738 [4] e la UNI EN 292-1 e 2 [5].<br />
1. METODOLOGIA<br />
1.1 Il piano mirato di prevenzione<br />
Partendo da alcune segnalazioni relative all’insorgenza di patologie professionali, in particolare nei<br />
caseifici del Distretto Reggio Sud (collina e montagna) e da quanto emerso dall’indagine conoscitiva<br />
svolta in 20 diverse realtà del Reggiano, il Gruppo provinciale dei Servizi PSAL per la <strong>Prevenzione</strong><br />
delle patologie muscolo-scheletriche correlate col lavoro ha attivato un Piano Mirato di <strong>Prevenzione</strong>,<br />
inserito nel programma di lavoro del 2002 al fine di favorire l’applicazione del D.Lgs. 626/94 onde<br />
eliminare/ridurre al minimo sia il sovraccarico del rachide da MMC che il sovraccarico biomeccanico<br />
degli arti superiori (da ora SBAS).<br />
Punto fermo del Piano era il favorire il coinvolgimento delle parti sociali (associazioni datoriali e<br />
OO.SS) e del Consorzio di Tutela in un confronto tecnico in grado di analizzare le problematiche e<br />
cercare/proporre insieme le soluzioni da adottare, perseguendo i seguenti obiettivi:<br />
- diffondere nei caseifici e nei magazzini di stagionatura del territorio della provincia di Reggio<br />
Emilia l’uso e l’applicazione di tecnologie ed ausili che limitino il rischio da MMC e SBAS in<br />
applicazione del D.Lgs. 626/94;<br />
- conoscere numeri e caratteristiche del tessuto produttivo relativo alla produzione di formaggio<br />
Parmigiano-Reggiano (caseifici e magazzini di stagionatura) presente sul territorio provinciale;<br />
- coinvolgere una serie di operatori tecnici e sanitari ed almeno due medici del lavoro al fine di poter<br />
individuare i fattori di rischio e la presenza di danni al sistema muscoloscheletrico attraverso<br />
l’effettuazione di sopralluoghi mirati nelle unità produttive dei tre distretti;<br />
- mettere a punto strumenti informativi da utilizzare durante i sopralluoghi in modo da<br />
omogeneizzare i comportamenti degli operatori dei Servizi PSAL (check-list);<br />
- diffondere tra i soggetti interessati (Datori di Lavoro, Rappresentanti dei Lavoratori per la<br />
Sicurezza, Responsabili del Servizio <strong>Prevenzione</strong> e Protezione, Medici Competenti) la conoscenza<br />
delle corrette modalità di valutazione dei rischi e dei danni e delle misure di prevenzione attraverso<br />
incontri pubblici e di formazione, in collaborazione con le Associazioni di categoria, le OO.SS. ed il<br />
Consorzio;<br />
- mettere a punto il profilo di rischio e di danno di comparto intervenendo in aziende significative;<br />
analizzare gli infortuni da sforzo e le relative giornate perse in rapporto agli infortuni totali a partire<br />
dal 2000.
1.2 La fase conoscitiva: il comparto, la lavorazione e i rischi<br />
correlati, le soluzioni<br />
Questa prima ricognizione nel comparto di trasformazione casearia del latte in formaggio Parmigiano-<br />
Reggiano viene effettuata, a partire dal 2002, al fine di approfondire le proprie conoscenze in relazione<br />
alle modalità di trasformazione, alle fasi di lavorazione, ai compiti ad esse correlate ed ai rischi presenti<br />
per i lavoratori.<br />
Da un primo censimento, le unità produttive (caseifici sociali e privati) presenti nel territorio di Reggio<br />
Emilia erano circa 150, che negli ultimi anni si sono ridotte alle attuali 130 circa per chiusure ed<br />
accorpamenti. Si connota, pertanto, una notevole frammentazione, ma anche una estrema variabilità in<br />
termini di:<br />
- dimensioni (da poche migliaia fino a oltre 150.000 Q/anno di latte lavorato);<br />
- numero di lavoratori, complessivamente un migliaio, che vanno da 1-2 fino ad un massimo di 10-11<br />
addetti/caseificio,<br />
- caratteristiche degli ambienti di lavoro (vetusti o moderni) e delle attrezzature di caseificio.<br />
Di seguito si riporta una breve descrizione del ciclo di trasformazione del latte bovino in formaggio<br />
grana stagionato.<br />
Per produrre il Parmigiano-Reggiano si impiega il latte conferito in caseificio, in cisterne o in bidoni da 52<br />
kg, di due mungiture: quella serale e quella della mattina. Il latte della sera viene messo a riposare in<br />
grandi vasche per tutta la notte; alla mattina si provvede a togliere la panna che è affiorata in superficie e<br />
si aggiunge il latte della mungitura della mattina. Il tutto viene versato nella caldaia, riscaldato alla giusta<br />
temperatura ed aggiunto di siero di latte e caglio. Inizia così la formazione della “cagliata” che viene<br />
“rotta” (spinatura) in grani mediante appositi attrezzi (da qui il nome formaggio grana) per essere poi<br />
cotta nella caldaia; la massa caseosa così ottenuta, viene tagliata in due “gemelle” del peso di circa 45-<br />
50 kg, estratta dalla caldaia e deposta entro fascere cilindriche, che oltre al perfetto dimensionamento,<br />
conferiscono al formaggio anche il primo marchio di origine.<br />
La forma ottenuta, dopo aver riposato per circa un giorno, viene successivamente immessa in un bagno<br />
di acqua salata (salatoio) dove resta per un tempo congruo e dove si forma la crosta. Quindi la forma, del<br />
peso di 37-40 kg, giunge nei magazzini di stagionatura, dove stazionerà fino a 24 mesi e oltre.<br />
Nello schema a blocchi di Figura 1, oltre alle fasi della lavorazione sono riportati anche i tempi e le<br />
temperature (di massima) previste nel processo produttivo secondo la D.O.P.<br />
Al fine di operare nell’ottica della prevenzione in un comparto di trasformazione agro-alimentare tanto<br />
differenziato e particolarmente protetto seguendo una corretta metodologia, si è cercato in primis di<br />
valutare le problematiche relative ai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori effettuando una<br />
serie di sopralluoghi preliminari nelle diverse tipologie di caseifici (vecchi e nuovi, piccoli e grandi). Grazie<br />
ai 20 interventi conoscitivi nei tre distretti della provincia, si era in grado di identificare in molte delle fasi<br />
della trasformazione un notevole numero di sollevamenti manuali, i più disparati, effettuati durante tutto<br />
l’arco del processo produttivo, di pesi per lo più superiori ai 30 kg.<br />
In Tabella 1 si riporta un primo elenco, puramente indicativo, delle operazioni da considerare a rischio<br />
rilevate in queste prime visite ed inviato al Consorzio nel maggio 2002.<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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<strong>Prevenzione</strong> <strong>Oggi</strong> - luglio - settembre 2007<br />
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FIGURA 1 - Processo di trasformazione del latte in Parmigiano-Reggiano: schema a blocchi [6]<br />
Latte della mungitura<br />
della sera<br />
Affioramento naturale<br />
Latte parzialmente<br />
scremato<br />
Latte di caldaia<br />
Aggiunta di fermenti<br />
Coagulazione<br />
Rottura della cagliata<br />
Spurgo e cottura<br />
Spurgo sotto siero<br />
Messa in fascera<br />
Salatura<br />
Stagionatura<br />
Latte della mungitura<br />
del mattino<br />
siero fermentato naturale<br />
temperatura: 33-34°C<br />
tempo coagulazione: 10’-12’<br />
durata: 2’-4’<br />
dimensione granuli: 2-4 mm<br />
temperatura iniziale: 33-34°C<br />
temperatura finale: 55-56°C<br />
durata: 10’-15’<br />
temperatura: 53-55°C<br />
durata: 45’-60’<br />
durata: 2-3 giorni<br />
in salamoia salatura<br />
temperatura: 16-18°C<br />
durata: 20-24 giorni<br />
temperatura: 18-20°C<br />
durata: 2 anni
TABELLA 1 - Fasi di lavorazione ed operazioni a rischio per MMC<br />
Fase della Operazioni a rischio per MMC Fattore di rischio di cui<br />
lavorazione all’allegato VI “D.Lgs. 626/94”<br />
Conferimento • Movimentazione manuale dei bidoni del latte - peso > 30 kg (anche in 2 op.)<br />
latte (trasferimento e svuotamento in due operatori; peso 62 kg) - distanza del peso dal tronco<br />
- dislocazioni verticale e angolare<br />
• Movimentazione manuale per lavaggio bidoni - distanza del peso dal tronco<br />
(i bidoni vuoti - 10 kg - vengono prima accatastati su rastrelliera e poi - dislocazioni verticale<br />
prelevati, inseriti nella macchina, estratti e riposizionati in rastrelliera) - frequenza d’azione<br />
Produzione - • Movimentazione manuale dei motorini agitatori per caldaia - trasporto del carico<br />
cottura (i motorini mobili per gli agitatori vengono spostati da una caldaia all’altra)<br />
• Movimentazione manuale dei secchi di siero-innesto alla caldaia - peso anche > 30 kg<br />
(se il secchio è uno solo può essere molto pesante; va alzato da terra - distanza del peso dal tronco<br />
fino al bordo della caldaia e poi vuotato) - dislocazioni verticale e angolare<br />
• Movimentazione manuale e taglio della “cagliata” dentro la caldaia - schiena molto flessa<br />
(piegandosi all’interno della caldaia, nel liquido di cottura, si manipola - distanza del peso dal tronco<br />
la cagliata - 90-100 kg - fino a metterla in posizione) (a schiena flessa,<br />
manualmente, si taglia la cagliata formando 2 gemelle di ca. 45-50 kg)<br />
- dislocazioni verticale e angolare<br />
• Estrazione non ausiliata delle “gemelle” dalla caldaia - schiena molto flessa<br />
(piegandosi all’interno della caldaia, nel liquido di cottura, - distanza del peso dal tronco<br />
si manipola la gemella di 45-50 kg fino a metterla in posizione,<br />
poi la si estrae dalla caldaia e la si mette nella fascera)<br />
- dislocazioni verticale e angolare<br />
• Movimentazione manuale della forma per cambio tele - peso > 30 kg<br />
(voltatura) (la forma viene capovolta manualmente 45-50 kg - distanza del peso dal tronco<br />
al fine di cambiare la tela nella quale è avvolta) - dislocazione angolare<br />
- frequenza d’azione<br />
• Movimentazione manuale dei coperchi in legno, delle fascere - distanza del peso dal tronco<br />
e dei pesi (gli accessori della fascera, coperchio e peso, vengono<br />
rimossi prima della voltatura e ricollocati al loro posto dopo la voltatura)<br />
- frequenza d’azione<br />
Trasferimento • Traino/spinta delle assi di sgocciolamento - forza iniziale e di mantenimento<br />
in salatoio (spersoli) su ruote o del carrello delle forme (soprattutto se su pavimento<br />
sconnesso e/o con presenza di<br />
rampe e/o piccole asperità)<br />
• Movimentazione manuale delle forme dall’asse di sgocciolamento - peso > 30 kg<br />
al salatoio e viceversa (le forme vengono trasferite dall’asse - distanza del peso dal tronco<br />
o da un carrello alla vasca del salatoio; dopo la salatura vengono - dislocazione angolare<br />
estratte dalle vasche e collocate su un carrello o un cestone a ripiani) - frequenza d’azione<br />
• Movimentazione manuale delle forme per raschiatura/pulitura - peso > 30 kg<br />
in uscita dalla salamoia (prima del magazzino si può raschiare la - distanza del peso dal tronco<br />
forma: occorre prelevarla dal carrello o cestone a ripiani, collocarla - dislocazione angolare<br />
sul piano di raschiamento, e poi rimetterla sul carrello o cestone) - frequenza d’azione<br />
Stagionatura • Movimentazione manuale delle forme nel magazzino di stagionatura - peso > 30 kg<br />
(occorre trasferire le forme dal carrello all’asse del magazzino) - distanza del peso dal tronco<br />
- dislocazioni verticale e angolare<br />
- frequenza d’azione<br />
• Movimentazione manuale delle forme per pulitura manuale - peso > 30 kg<br />
(occorre prelevarle dall’asse, collocarla sul piano della macchina - distanza del peso dal tronco<br />
pulitrice e poi rimetterle sull’asse) - dislocazioni verticale e angolare<br />
- frequenza d’azione<br />
• Movimentazione manuale delle forme per la battitura - peso > 30 kg<br />
(occorre prelevarle dall’asse, collocarle sul piano di battitura - distanza del peso dal tronco<br />
e poi rimetterle sull’asse) - dislocazioni verticale e angolare<br />
- frequenza d’azione<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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<strong>Prevenzione</strong> <strong>Oggi</strong> - luglio - settembre 2007<br />
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Fase della Operazioni a rischio per MMC Fattore di rischio di cui<br />
lavorazione all’allegato VI “D.Lgs. 626/94”<br />
Altro • Carico manuale autocarri (spedizione) - peso > 30 kg<br />
(occorre prelevarla dall’asse, collocarla sul carrello o sul nastro - distanza del peso dal tronco<br />
trasportatore e poi riprenderla per caricarla sul carrello verticale - dislocazioni verticale e angolare<br />
a 4 o 5 forme) - frequenza d’azione<br />
• Movimentazione manuale dei bidoni della panna - peso > 30 kg<br />
(in presenza del gradino sotto le vasche di affioramento o del gradino - distanza del peso dal tronco<br />
all’ingresso della cella-frigo occorre sollevare il bidone) - dislocazione angolare<br />
• Spaccio formaggio: taglio manuale della forma - peso > 30 kg<br />
(occorre prelevarla dal carrello, collocarla sul piano di taglio - distanza del peso dal tronco<br />
e poi tagliarla con appositi coltelli) - dislocazioni verticale e angolare<br />
- molta forza per il taglio<br />
Analizzando, quindi, ciascuna fase del ciclo produttivo, è possibile affermare che tra i rischi professionali<br />
più evidenti presenti nei caseifici, spiccano quelli derivanti dalla fatica fisica associata a MMC ed a SBAS<br />
In quest’ottica, pare non trascurabile l’influenza che su tali rischi possono avere ulteriori elementi di<br />
criticità presenti nei caseifici, quali:<br />
- condizioni microclimatiche (anche estreme) particolarmente sfavorevoli e compresenti nei caseifici<br />
(es. freddo-umido in alcuni locali; caldo e vapore nel locale cottura o in camera calda);<br />
- organizzazione del lavoro, modulata in orari funzionali al ciclo di produzione e trasformazione del latte,<br />
ma particolarmente sovraccaricante per l’apparato muscolo-scheletrico (es. mattino: lavoro<br />
continuato dalle 6 alle 12 o dalle 5 alle 11).<br />
È, quindi, possibile affermare che, se fino a pochi anni fa la movimentazione manuale di oggetti pesanti<br />
(es. bidoni del latte, forme di grana) risultava condizione obbligata per i lavoratori del comparto,<br />
strettamente collegata alla produzione e quindi difficilmente emendabile, ancora oggi, pur con qualche<br />
innegabile miglioramento, sono presenti molte operazioni particolarmente sovraccaricanti che<br />
comportano il sollevamento di pesi ben superiori ai 30 kg previsti come peso limite per l’uomo<br />
nell’Allegato VI del D.Lgs. 626/94. Questo elemento è già sufficiente a connotare la presenza di un<br />
rischio elevato e, soprattutto, indebito in quanto la norma vieta di sollevare carichi maggiori di 30 kg,<br />
chiedendo al datore di lavoro di “evitare” tali azioni.<br />
Va altresì ricordato che tale peso di 30 kg va considerato come limite solo quando la movimentazione<br />
avvenga “in condizioni ottimali” ovvero “nel miglior modo possibile”: con il peso tenuto o maneggiato<br />
non lontano dal tronco, senza torsione o inclinazione del tronco, non ingombrante o difficile da afferrare e<br />
su pavimento che non presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore.<br />
Or bene, si è potuto appurare che le operazioni di MMC svolte in caseificio avvengono per lo più in<br />
condizioni tutt’altro che ottimali e cioè:<br />
- con il peso spesso tenuto o maneggiato lontano dal tronco;<br />
- con frequente torsione o inclinazione del tronco;<br />
- con un carico ingombrante e difficile da afferrare;<br />
- su pavimento che presenta rischi di inciampo (es. tubi flessibili e gomme a terra) e di scivolamento.<br />
Si evidenzia, pertanto, che buona parte delle lavorazioni di trasformazione del latte in formaggio grana<br />
espongono gli addetti di caseificio a un rischio significativo di insorgenza di disturbi o patologie del<br />
rachide e degli arti superiori.<br />
Nel caso in cui si voglia procedere alla verifica quantitativa attraverso il calcolo degli indici di valutazione<br />
del rischio, superflua in quanto già la presenza di un peso superiore ai 30 kg obbliga ad adottare misure<br />
tecniche di tutela, applicando metodi noti quali NIOSH e carico discale per azioni di MMC [7-9] e check-list<br />
Ocra [10] per SBAS, i valori rilevati si collocano tutti nella fascia di rischio elevato o elevatissimo.
Tra le operazioni maggiormente sovraccaricanti si possono citare:<br />
- rottura manuale (spinatura) della massa caseosa in caldaia che comporta movimenti e sforzi ripetuti<br />
degli arti superiori (con uso di forza e movimenti incongrui a carico della spalla);<br />
- estrazione dalla caldaia della massa caseosa (due operatori) e cambio tela nella “forma fresca” (un<br />
operatore): pesi di 45-50 kg;<br />
- manipolazione, da parte di un singolo operatore, della forma di grana più o meno stagionata: pesi di<br />
37-40 kg (es. nel salatoio e nel magazzino);<br />
- sollevamento di carichi accessori quali, per esempio, i bidoni (ca. 60 kg in due operatori), i secchi di<br />
siero innesto (anche fino a 30 kg - singolo operatore), i sacchi di sale da 25 kg fino a 50 kg (singolo<br />
operatore).<br />
Altro obiettivo dell’indagine conoscitiva, non secondario al primo, era verificare l’adozione, già prima<br />
dell’intervento del Servizi PSAL, di soluzioni tecniche efficaci, in modo da esportare l’esperienza, fatta<br />
direttamente in caseificio, nelle realtà simili e con problemi analoghi.<br />
Va infatti riconosciuto che nell’ultimo decennio, l’evoluzione della tecnologia, pur nel rispetto delle<br />
tradizionali caratteristiche di artigianalità e qualità del prodotto e della D.O.P., ha reso disponibili nuovi<br />
strumenti (es. carrelli sollevatori o apparecchi di sollevamento) utili a limitare significativamente le<br />
condizioni di rischio. Nella maggior parte dei casi un loro uso adeguato e sistematico, unito allo<br />
svolgimento corretto delle manualità accessorie, è in grado di riportare il rischio da MMC e SBAS entro<br />
limiti di piena accettabilità, se non addirittura di eliminare la movimentazione manuale. Purtroppo tali<br />
ausili sono spesso presenti nelle realtà più moderne o dove la produzione giornaliera è significativa,<br />
mentre appaiono ancora poco diffusi soprattutto nelle micro-realtà, in cui l’ammortamento dei costi può<br />
risultare problematico.<br />
Inoltre, la fase conoscitiva ha permesso di mettere in evidenza l’impossibilità di reperire dati sanitari<br />
specifici in grado di rappresentare lo stato di salute della popolazione lavorativa pre-intervento, in quanto<br />
solo in pochissime realtà della provincia di Reggio Emilia (i caseifici più grandi) venivano effettuati gli<br />
accertamenti sanitari periodici previsti per i lavoratori esposti a rischio da MMC.<br />
L’unica analisi quantitativa che è stato possibile compiere già dal 2002 ha riguardato i dati relativi agli<br />
infortuni da sforzo di comparto, in riferimento ai trienni 2000-2002 e 2003-2005 (vedi Tabella 2), che ha<br />
portato alle seguenti conclusioni:<br />
- nel triennio 2000-2002 non era stato attivato alcun intervento nel comparto caseifici e si evidenzia che<br />
poco meno di 1/3 degli infortuni ed 1/5 delle giornate perse erano dovuti a infortuni da sforzo aventi<br />
come sede il rachide e gli arti superiori (fonte dati: Flussi Informativi INAIL, elaborazione OREIL);<br />
- incoraggiante appare il trend relativo al triennio 2003-2005: il numero degli infortuni da sforzo è in<br />
calo, grazie anche agli interventi di “bonifica” adottati (si consideri che il numero dei lavoratori del<br />
comparto, dal 2000 al 2005, ha subito oscillazioni di poche decine di soggetti).<br />
TABELLA 2 - Analisi degli infortuni da sforzo e delle relative giornate perse (2000-2005)<br />
Anni Infortuni totali Infortuni da sforzo %<br />
Triennio 2000-2002 181 53 29<br />
Triennio 2003-2005 168 33 19<br />
Anni Giornate perse per Giornate perse per %<br />
infortuni totali infortuni da sforzo<br />
Triennio 2000-2002 6805 1516 22<br />
Triennio 2003-2005 5419 1073 20<br />
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Infine, un’ultima carenza particolarmente significativa, rilevata già nei primi venti sopralluoghi riguardava<br />
la formazione degli addetti: pressoché inesistente oppure insufficiente e, soprattutto, quasi del tutto<br />
inefficace.<br />
1.3 Il coinvolgimento del consorzio di tutela e delle parti sociali<br />
e la concertazione<br />
Già durante l’effettuazione dei primi sopralluoghi conoscitivi, il Consorzio è stato informato della messa<br />
in atto del Piano Mirato che prevedeva la verifica dell’applicazione del D.Lgs. 626/94 nei caseifici.<br />
L’obiettivo era quello di avere un supporto tecnico per l’analisi della lavorazione e il vaglio delle varie<br />
soluzioni tecniche reperite nei caseifici, in relazione alla loro compatibilità con il Disciplinare di<br />
produzione del Parmigiano-Reggiano stabilito dalla D.O.P.<br />
Il Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano associa tutti i caseifici produttori. I suoi compiti sono:<br />
• verificare che il Parmigiano-Reggiano venga fatto secondo le rigorose regole stabilite dal Disciplinare<br />
di produzione;<br />
• tutelare il Parmigiano-Reggiano dalle sue imitazioni;<br />
• promuovere e diffonderne la conoscenza e il consumo;<br />
• perfezionare e migliorare la qualità del Parmigiano-Reggiano per salvaguardarne la tipicità e le<br />
caratteristiche peculiari.<br />
Al Consorzio sono altresì ufficialmente affidati gli importanti e delicati incarichi della apposizione dei<br />
marchi e contrassegni del formaggio Parmigiano-Reggiano come segni distintivi della conformità al<br />
Disciplinare della Denominazione d’Origine Protetta (D.O.P.), attestata dalla struttura di controllo.<br />
Dopo la prima ricognizione, nell’ottica del confronto tecnico tra i Servizi PSAL ed i referenti del Consorzio<br />
in materia di produzione, e nella consapevolezza di dover mantenere inalterata la qualità del formaggio<br />
prodotto, venivano effettuati altri sopralluoghi congiunti. Traendo le debite conclusioni in relazione ai<br />
rischi di tipo muscoloscheletrico correlati con la produzione, si è giunti alla messa a punto di un primo<br />
strumento informativo condiviso da utilizzare durante i sopralluoghi (tipo check-list), in grado di analizzare<br />
in maniera più ergonomica tutte le singole fasi produttive, dal conferimento del latte alla stagionatura e<br />
spedizione del formaggio. Nella check-list venivano evidenziati i vari problemi o i punti di criticità,<br />
proponendo possibili soluzioni tecniche, validate sul campo e condivise dal Consorzio per eliminare o<br />
ridurre al minimo il rischio derivante da MMC e SBAS.<br />
Del resto, per realizzare un intervento sul territorio che tenesse conto di tutte le problematiche del<br />
comparto, oltre a coinvolgere l’organismo tecnico referente per statuto, è stato strategico<br />
responsabilizzare fin dal principio anche le parti sociali: le cosiddette centrali cooperative (LegaCoop e<br />
Confcooperative-Unione), la Cassa Casari (organismo paritetico di categoria), l’Associazione Cascinai e le<br />
OO.SS., nella fattispecie CGIL e CISL.<br />
Fin dal principio le associazioni datoriali hanno intavolato il confronto portando nella discussione, fino ad<br />
allora solo di tipo tecnico, il loro punto di vista, ribadendo l’importanza di:<br />
- salvaguardare l’artigianalità e l’arte del casaro come condizioni che consentono la produzione di un<br />
prodotto tipico, unico, di alta qualità e molto importante per l’economia della zona;<br />
- salvaguardare gli interessi economici dei produttori della provincia di Reggio Emilia, promuovendo<br />
l’estensione di tale intervento alle analoghe unità produttive delle province limitrofe facenti parte della<br />
Zona Tipica del Comprensorio del Parmigiano-Reggiano.<br />
Il know-how, inteso come bagaglio di conoscenze ed esperienza, che i funzionari interpellati hanno saputo<br />
mettere in campo, ha permesso di indirizzare meglio gli obiettivi dell’intervento di prevenzione, tarandoli<br />
anche su aspetti non prettamente tecnici e focalizzando alla fine l’attenzione su alcuni temi specifici:<br />
- formazione degli addetti quale strumento per una adeguata percezione del rischio;
- introduzione di ausili semplici, efficaci, utilizzabili e “accettati” dagli operatori;<br />
- diffusione a tappeto di protocolli sanitari mirati alla prevenzione delle patologie muscolo-scheletriche.<br />
Su questi temi si è lavorato congiuntamente al fine di creare protocolli operativi condivisi quali strumenti<br />
da adottare e diffondere.<br />
2. STRUMENTI<br />
L’approccio concertato ha portato alla scelta comune di utilizzare per il perseguimento degli obiettivi i<br />
seguenti strumenti:<br />
- incontri pubblici di divulgazione realizzati e gestiti da AUSL e parti sociali;<br />
- documenti tecnici e check-list condivisi realizzati da AUSL, Consorzio e parti sociali;<br />
- standard di riferimento e protocolli operativi realizzati e proposti da AUSL e parti sociali.<br />
La buona collaborazione tra Servizi PSAL, associazioni datoriali, OO.SS. e Consorzio ha permesso la<br />
realizzazione di tre incontri distrettuali, ai quali hanno partecipato oltre un terzo dei caseifici, per i quali<br />
erano presenti diversi soggetti interessati alla gestione della sicurezza nelle aziende (Datori di Lavoro,<br />
Responsabili dei Servizi di <strong>Prevenzione</strong> e Protezione e Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza). Lo<br />
scopo degli incontri pubblici era:<br />
- fornire informazioni sulle modalità di applicazione della normativa per la tutela della salute e sicurezza<br />
dei lavoratori nelle loro realtà così particolari;<br />
- aprire un confronto sui rischi, sulle principali criticità connesse alla MMC e sulle soluzioni tecniche<br />
proposte che, in gran parte erano presenti durante i sopralluoghi conoscitivi nelle stesse aziende<br />
reggiane;<br />
- rendere note le modalità ed i criteri utilizzati dai Servizi PSAL per l’effettuazione dell’attività di vigilanza<br />
e controllo;<br />
- fornire copia del materiale tecnico in cui venivano individuati problemi e proposte di soluzione (checklist),<br />
messo a punto con il Consorzio e condiviso con le associazioni datoriali (materiale inviato anche<br />
ai caseifici assenti).<br />
Oltre agli incontri che hanno consentito di “tastare il polso” alle persone direttamente coinvolte nel<br />
Piano di <strong>Prevenzione</strong> (Presidenti/datori di lavoro e lavoratori), un secondo risultato particolarmente<br />
significativo è stato proprio quello di mettere a punto e fornire alle aziende una serie di strumenti<br />
operativi (documenti tecnici) in grado di guidarle nella applicazione del D.Lgs. 626/94; risultato raggiunto,<br />
va sottolineato, grazie alla buona disponibilità e alla competenza di tutti i soggetti coinvolti.<br />
Nel 2003, circa 6-8 mesi dopo gli incontri pubblici, è iniziata la fase di controllo partendo, come<br />
concordato, dalle realtà produttive di maggiore dimensione, ossia quelle, con più di 40.000 quintali/anno<br />
di latte lavorato applicando il protocollo convenuto, ovvero usando il documento tecnico come una<br />
check-list per l’individuazione delle criticità, proponendo soluzioni tra quelle in esso contenute da<br />
realizzarsi in tempi congrui con la realtà aziendale ispezionata.<br />
Dopo qualche mese, nel 2004, le centrali cooperative ed il Consorzio hanno sollecitato un’analisi più<br />
approfondita di quelle fasi della lavorazione che più di altre erano risultate a rischio e, pertanto, da<br />
“bonificare” introducendo un ausilio tecnico in grado di eliminare o ridurre al minimo il problema.<br />
Tra queste si possono citare:<br />
- l’introduzione del siero innesto nella caldaia tramite secchio che in certi casi possono arrivare anche a 30 kg;<br />
- l’estrazione manuale delle gemelle di 45-50 kg dalla caldaia fatta in due operatori;<br />
- la movimentazione delle forme nei salatoi tradizionali non dotati di carroponte.<br />
Per queste operazioni particolarmente sovraccaricanti sia per il rachide che per gli arti superiori le<br />
soluzioni proposte erano le seguenti:<br />
- l’introduzione del siero innesto nella caldaia tramite una pompa volumetrica o, quanto meno,<br />
utilizzando due secchi più piccoli (max 15 kg);<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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- l’estrazione ausiliata delle gemelle tramite apposito carrello sollevatore ovvero apparecchio di<br />
sollevamento sospeso o carroponte con manipolatore o azzeratore di peso;<br />
- la movimentazione ausiliata delle forme nei salatoi tradizionali tramite apposito carrello sollevatore<br />
ovvero apparecchio di sollevamento sospeso.<br />
Le prime due operazioni sono considerate tra le più delicate della trasformazione, campo in cui il casaro<br />
ha pieni poteri di scelta e pone spesso il suo “veto”. Al fine di meglio analizzare tali fasi della lavorazione,<br />
confrontarsi nel merito tecnico della presenza di rischio ed eventualmente di ripensare al tipo di ausili<br />
proposti con l’obiettivo di renderli il meno invasivi possibile con le svariate modalità di “fare formaggio” e<br />
quindi “più graditi” anche ai casari, è nato un gruppo di lavoro ad hoc composto da un funzionario del<br />
Consorzio, un tecnico lattiero-caseario, un progettista, un casaro, un medico del lavoro e due tecnici dei<br />
Servizi PSAL.<br />
Il tavolo di confronto ha permesso di rielaborare la check-list ottenendo uno strumento più articolato e<br />
ricco di considerazioni e di presupposti comuni e condivisi, come, per esempio, tendere nel tempo a<br />
ridurre (se non eliminare) le operazioni con maggiore sovraccarico per i lavoratori, anche a livello di<br />
progettazione dei nuovi caseifici.<br />
Il documento tecnico “Definizione di soluzioni tecniche realizzabili in applicazione del D.Lgs. 626/94 nel<br />
rispetto delle particolarità produttive del Parmigiano-Reggiano e della relativa D.O.P.” è, pertanto, il<br />
risultato di un’analisi sistematica di tutte le fasi produttive del Parmigiano-Reggiano, eseguita prendendo<br />
in esame la gravità del rischio da MMC in ciascuna azione necessaria alla produzione e modulando le<br />
proposte di soluzione anche in funzione della salvaguardia dell’artigianalità produttiva del singolo<br />
caseificio.<br />
Le soluzioni tecniche proposte per ciascuna tipologia di rischio individuata sono state discusse e<br />
approvate dal gruppo tecnico e derivano anche dall’osservazione diretta dell’applicazione di esse.<br />
Mediante un sistema di valutazione a schede, numerate da 1 a 7, completamente ridiscusso e<br />
rielaborato, per ogni elemento di rischio (problema) vengono proposte le misure tecniche (soluzioni) di<br />
cui il gruppo tecnico ha concordato la realizzabilità; le soluzioni vengono esemplificate con l’indicazione<br />
della priorità in relazione alla loro efficacia sulla riduzione dei rischi; l’ordine di priorità è decrescente<br />
secondo lo schema riportato in Tabella 3.<br />
TABELLA 3 - Priorità degli interventi a seconda del grado di efficacia<br />
Priorità 1 A. eliminare la movimentazione manuale dei carichi<br />
AA. riprogettare la postazione di lavoro<br />
Priorità 2 B. automatizzare la movimentazione manuale dei carichi<br />
C. ausiliare la movimentazione manuale dei carichi<br />
Priorità 3 D. ridurre al minimo il peso del carico<br />
E. sostituire con uno più leggero<br />
Priorità 4 F. ruotare il personale<br />
G. adozione di procedure comportamentali
Di seguito si riporta un esempio:<br />
Scheda 3 - C) Estrazione dalla caldaia - inserimento in fascera<br />
• Problema<br />
1) estrazione delle “gemelle” dalla caldaia (Foto 1 e 2): tale fase comporta un rischio significativo sia<br />
per la schiena sia per gli arti superiori. Si è ritenuto pertanto utile analizzare nel dettaglio tale fase,<br />
scomponendola nelle cinque operazioni che la caratterizzano per meglio discriminare quelle che<br />
possono essere ausiliate:<br />
1. sgrondatura della massa caseosa<br />
2. manipolazione della massa caseosa e sistemazione della “bocca”<br />
3. sollevamento della massa caseosa<br />
4. trasferimento della massa caseosa in fascera<br />
5. sistemazione della “tela” e controlli manuali<br />
Si è convenuto che le operazioni 1, 2, 4 e 5 necessitano di un intervento manuale ineliminabile allo stato<br />
attuale della tecnica di produzione del Parmigiano-Reggiano al fine di garantirne le caratteristiche proprie.<br />
L’azione di sollevamento (operazione 3), al contrario, qualora non sia necessario un intervento manuale o<br />
un’ulteriore manipolazione della massa caseosa, dovrà essere ausiliata. Nella scelta della tipologia degli<br />
ausili si terrà comunque conto delle caratteristiche di ogni singolo caseificio. Si ricorda infine che è<br />
opportuno usare spersoli dotati di ruote in modo da evitare trasferimenti da o su altri carrelli.<br />
FOTO 1 E 2<br />
• Soluzione - eliminazione o ausiliazione<br />
1. Uso di un carrello elevatore elettrico adattato per il sollevamento (operazione 3) della massa caseosa<br />
(priorità 1) - (Foto 3);<br />
2. nel caso in cui vi è carenza di spazio tra le caldaie (o tra caldaie e muro), uso di un diverso modello di<br />
carrello elevatore elettrico per il sollevamento (operazione 3) della massa caseosa (priorità 1) - (Foto<br />
4). Questo modello è meno ingombrante e può scendere fino al livello del liquido all’interno della<br />
caldaia in modo da agganciare direttamente le gemelle al sollevatore;<br />
3. nel caso in cui vi è carenza di spazio tra le caldaie (o tra caldaie e muro), uso di altra soluzione di<br />
sollevamento fissa o mobile (es. gru a bandiera, paranchi scorrevoli) per il sollevamento (operazione 3)<br />
della massa caseosa (priorità 1) - (Foto 5). Questa soluzione è particolarmente adatta laddove vi siano<br />
spazi particolarmente ridotti e/o presenza di ingombri vicino alle caldaie. L’apparecchio resta sospeso<br />
e non produce alcun ingombro a terra.<br />
Le soluzioni proposte risultano altamente efficaci in quanto tutte eliminano l’azione di sollevamento<br />
manuale; nei casi in cui non sia necessaria alcuna manipolazione manuale accessoria tale ausilio elimina<br />
il sovraccarico durante l’intera fase di estrazione (operazione 3 e 4) delle “gemelle”.<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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FOTO 5<br />
FOTO 3 E 4<br />
Sempre nell’ambito della messa a punto di strumenti tecnici specifici, i Servizi PSAL di Reggio Emilia e<br />
di Langhirano (PR) hanno analizzato le caratteristiche che i locali destinati ad attività casearia devono<br />
avere per permettere l’adozione delle misure tecniche per la prevenzione di disturbi e patologie osteoarticolari<br />
previsti nel documento tecnico.<br />
In tal modo è stato realizzato anche uno standard tecnico di riferimento indirizzato ai progettisti al fine<br />
di omogeneizzare il comportamento dei professionisti per una buona progettazione ergonomica dei<br />
nuovi caseifici intesi come ambienti di lavoro. Buona parte delle soluzioni e dei parametri conformi
proposti nello standard “Caseifici per la produzione di formaggio grana: caratteristiche tecniche<br />
essenziali dei locali e parametri di riferimento negli interventi strutturali ed impiantistici in tema di<br />
prevenzione da movimentazione manuale dei carichi e sovraccarico biomeccanico degli arti superiori”<br />
sono indispensabili per guidare la realizzazione di interventi strutturali e impiantistici mirati ad una<br />
corretta applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. 626/94.<br />
Di seguito si riporta un esempio di soluzione conforme (cogente).<br />
Area caldaie<br />
1. Uso del carrello elevatore elettrico per l’estrazione della massa caseosa (gemelle) dalla caldaia: lo<br />
spazio antistante le caldaie deve essere non inferiore a tre metri per permettere il movimento agevole<br />
del carrello tra la caldaia e lo spersole e degli spersoli stessi (Foto 6);<br />
2. uso del paranco scorrevole su guida sospesa: nella sistemazione degli impianti elettrico, idraulico, del<br />
vapore, ecc. occorre tener presente la collocazione delle guide di scorrimento del/i paranco/chi per<br />
permettere il movimento senza intralci del paranco tra la caldaia e lo spersole (Foto 7).<br />
Al fine di tener conto di quanto previsto delle norme Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) per<br />
l’installazione di guide sospese si dovranno rispettare i seguenti obblighi:<br />
- le guidovie devono essere di materiale lavabile e del tipo “a secco” (NO lubrificanti);<br />
- i carrelli scorrevoli all’interno delle guidovie devono essere di materiale lavabile (es. teflon) e non<br />
devono presentare parti che si possono staccare o svitare;<br />
- le guidovie non devono essere possibilmente collocate al di sopra della caldaia. Laddove è possibile è<br />
bene adottare guidovie mobili che si spostano sulla caldaia solo al momento dell’uso;<br />
- all’interno delle procedure di autocontrollo HACCP dovranno essere inserite le misure previste per<br />
l’igiene e la sanificazione periodica di tali presidi.<br />
FOTO 6 FOTO 7<br />
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22<br />
3. RISULTATI E CONCLUSIONI<br />
Grazie a questo percorso basato sulla concertazione tra le parti durato circa due anni, nell’aprile del 2005<br />
si giunge alla firma di un Accordo tra Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Reggio Emilia,<br />
Associazioni datoriali e OO.SS. allo scopo di favorire l’applicazione dei Titoli I, III e V e dell’Allegato VI del<br />
D.Lgs. 626/94 nei caseifici della provincia.<br />
Punti principali dell’Accordo sono:<br />
- l’impegno, da parte dei datori di lavoro, ad applicare il Documento tecnico che diventa parte<br />
vincolante dell’accordo;<br />
- l’impegno, da parte dei Servizi PSAL di Reggio Emilia, a sensibilizzare i Servizi PSAL delle province in<br />
cui viene prodotto il Parmigiano-Reggiano per rendere omogenei l’analisi e gli indirizzi di intervento;<br />
- l’impegno, da parte dei Servizi PSAL, di mettere a punto criteri omogenei nella valutazione dei<br />
progetti di costruzione e ristrutturazione dei caseifici, tenendo anche conto delle indicazioni condivise<br />
nel Gruppo Tecnico;<br />
- l’impegno, di tutte le parti, a promuovere la formazione specifica sui rischi da movimentazione<br />
manuale di carichi e da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori rivolta in particolare alla figura<br />
del casaro e dei preposti.<br />
Ultimo e più recente impegno, così come prevede l’Accordo che ribadisce la necessità di formare<br />
specificamente gli operatori dei caseifici sui rischi specifici del comparto e, in particolare, sui disturbi e<br />
sulle patologie osteo-articolari, è stato quello di far nascere una ulteriore collaborazione tra i Servizi PSAL<br />
e l’ente di formazione Agriform di Reggio Emilia (proposto dalle associazioni datoriali) per mettere a<br />
punto un progetto formativo efficace avente come obiettivi:<br />
- la predisposizione di un adeguato pacchetto didattico per una formazione efficace e non formale;<br />
- il raggiungimento dei requisiti minimi quali-quantitativi previsti nel protocollo d’intesa sulla formazione<br />
dei lavoratori.<br />
Il progetto formativo così individuato è stato studiato proprio per soddisfare le necessità di un comparto<br />
nel quale finora sono coesistiti imprescindibili aspetti di “artigianalità” delle lavorazioni e specifici fattori<br />
di rischio, legati soprattutto a MMC senza l’uso di adeguati ausili, in grado di determinare disturbi e<br />
patologie al rachide e infortuni da sforzo.<br />
I corsi sono stati erogati e coordinati da Agriform, ma hanno previsto la docenza diretta da parte dei<br />
tecnici dei Servizi PSAL.<br />
In definitiva, la fattiva collaborazione tra i vari enti e soggetti ha portato all’individuazione di strumenti e<br />
soluzioni che possono avere ripercussioni concretamente positive nella quotidiana attività dei lavoratori<br />
dei caseifici.<br />
La versione integrale dei documenti di cui si è riportato un estratto è scaricabile dal sito www.ausl.re.it<br />
(si cerchi: “caseifici”).<br />
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI<br />
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Unificazione UNI. Limiti di forza raccomandati per l'utilizzo del macchinario. UNI EN 1005-3; 2003<br />
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4. Ente Nazionale Italiano di Unificazione UNI. Requisiti antropometrici per la progettazione di posti di<br />
lavoro presso macchine. UNI EN ISO 14738; 2004<br />
5. Ente Nazionale Italiano di Unificazione UNI. Sicurezza del macchinario - Concetti fondamentali,<br />
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movimenti ripetuti. 4a edizione. Milano: Franco Angeli; 2005<br />
La scelta della concertazione come approccio efficace nell’applicazione del D.Lgs. 626/94 in tema di rischi e danni muscoloscheletrici nei caseifici del Parmigiano-Reggiano: l’esperienza di Reggio Emilia<br />
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