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Copia di De Pirro.vp - Conservatorio di Musica “Francesco Venezze”

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IL VENTRE DEL SUONO<br />

(Anfione Zeto, 1999-2003, pp.209- 214)<br />

Capitolo terzo: architetture invisibili. Non perchè abusando del viaggio metaforico<br />

si arrivi ovunque. Piuttosto, seguendo i simulacri più profon<strong>di</strong>, avvolti nell’intimo<br />

delle prime esperienze acustiche (il ventre materno, archetipica cassa <strong>di</strong> risonanza),<br />

per giungere alle strutture immateriali che si plasmano attorno al suono fino a<br />

trasfigurare la percezione degli spazi. Non solo all’interno <strong>di</strong> architetture simboliche<br />

come teatri, au<strong>di</strong>torium, chiese, ma andando a verificare, negli universi effimeri in<br />

cui va in scena il rito ancestrale, come la cupola sonora creata dai celebranti autorizzati<br />

abbia funzione <strong>di</strong> liquido amniotico, generatore <strong>di</strong> nuove strutture psichiche. Ricordando<br />

l’origine dell’arte musicale nel rito, così ancor oggi a una o più funzioni rituali<br />

fa riferimento. Piccolo viaggio nel suono interiore, prendendo il largo con Ligeti,<br />

che nelle note <strong>di</strong> copertina al <strong>di</strong>sco Wergo, a proposito del suo Volumina per organo<br />

scrive: “[… ] sorgono figure senza volto, come se ne vedono nei <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> <strong>De</strong><br />

Chirico, poderose ampiezze e lontananze, un'architettura consistente nella sola struttura,<br />

senza un e<strong>di</strong>ficio tangibile”. Qui va fatta un postilla sulle complessità formali<br />

legate all’esperienza visiva e all’esperienza sonora. Usando il concetto, riconducibile<br />

all’esperienza compositiva occidentale, <strong>di</strong> “architetture sonore”, possiamo credere<br />

vengano messe in atto simmetrie palesi. E invece, a una analisi anche superficiale<br />

della partitura, queste si rivelano come simmetrie percettive. Tradotto: sia che si usi<br />

il filtro della passione o della grammatica, dal Settecento in poi il linguaggio musicale<br />

ha sviluppato equilibri armonici assai più complessi e cangianti <strong>di</strong> quelli ottenuti<br />

per sintesi visiva o razionale. Traslato a un riverbero sensibile , comune all’esperienza<br />

<strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi,è come se il suono producesse una gravitazione immateriale simile<br />

alle invisibili forze che sollevano le maree. Naturalmente questa gravitazione riguarda<br />

più strati, consci ed inconsci della nostra percezione.<br />

Questa stratificazione non solo è uno degli assi portanti del pensiero occidentale,<br />

(alla voce “Bello” dell’Encyclopé<strong>di</strong>e, Diderot, influenzato da Cartesio e<br />

da Locke, lo definisce come “percezione <strong>di</strong> rapporti”: “il bello è una relazione”),<br />

ma causa anche <strong>di</strong> quella confusione terminologica e valutativa che si verifica<br />

quando ci troviamo a giu<strong>di</strong>care un qualsivoglia evento sonoro. D’altronde, non<br />

serve scomodare le estremità colte dell’esperienza musicale per comprendere che<br />

nel nostro orticello sentimental-sonoro può crescere <strong>di</strong> tutto: dalla sinfonia alla<br />

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