02.06.2013 Views

clicca qui - immac.it

clicca qui - immac.it

clicca qui - immac.it

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

UN DONO SPECIALE<br />

Siamo attorno agli anni Cinquanta. Una zia premurosa si preoccupa dell’educazione del<br />

nipote fanciullo e pensa bene allora di regalargli il libro di Luigi Orsini “Giuseppe Verdi”,<br />

ristampato nel Settembre 1950 dalla S. E. I. di Torino. Si tratta di un gesto particolare che<br />

testimonia l’attenzione in cui era tenuta la cresc<strong>it</strong>a dell’infanzia, che avveniva anche<br />

attraverso l’accostamento e la conoscenza delle grandi figure della storia culturale <strong>it</strong>aliana.<br />

Insomma un dono speciale, che fu molto grad<strong>it</strong>o dal ragazzo, il quale oltre a conservarne la<br />

memoria l’ha tenuto gelosamente nel cassetto fino ad ora e ce l’ha dato perché possa essere<br />

conosciuto anche dalle nuove generazioni.<br />

Due parole sull’autore del libro.<br />

Imolese, Luigi Orsini, vissuto tra il 1973 e il 1954, fu intellettuale poliedrico, poeta,<br />

romanziere, traduttore, conferenziere, librettista. Un “umanista di provincia”, fedele ai valori<br />

della classic<strong>it</strong>à, riletta però in connessione con gli impulsi nuovi provenienti dalla letteratura<br />

coeva e rinnovata dalla ricchezza degli approcci conosc<strong>it</strong>ivi.<br />

Laureato in giurisprudenza, intraprese ben presto la carriera poetica, ispirandosi ai canoni<br />

letterari ed estetici di Carducci e Pascoli, dai quali mutuò il tono elegiaco ed evocativo, il<br />

gusto per i temi legati alla terra ed al lavoro degli uomini, l'accento sui valori morali ed<br />

umani.<br />

Ricordiamo fra le sue opere il lavoro di esordio "Cicalata Romagnola" (1891), lodato dal<br />

Carducci, e le raccolte dell'età matura "Le campane di Ortodonico" e "I salmi della<br />

montagna".<br />

I<br />

GLI INIZI<br />

La nasc<strong>it</strong>a.<br />

Le figure dei grandi uomini sogliono divenire leggendarie quanto più si allontanano nel tempo. Di<br />

Giuseppe Verdi accadde l'opposto. Era ancor vivo e sano quando già si parlava di lui come di un «figlio<br />

del miracolo»: cosa che molto lo infastidiva. Certo, la sua magnifica ascesa ebbe quasi del prodigio,<br />

dovuta, per altro, al suo genio di artista, alla fermezza del suo volere e alla nobiltà del suo carattere: doti<br />

che gli fecero superare avvers<strong>it</strong>à durissime, specialmente agli inizi, anche ammettendo che ad un certo<br />

punto del suo cammino la fortuna benigna gli si ponesse al fianco per non abbandonarlo più.<br />

Molto si è detto intorno alla nasc<strong>it</strong>a e all'infanzia di lui; né c'è da stupirne. Il popolo, ne' suoi amori, è<br />

sempre spinto da una passional<strong>it</strong>à istintiva e immaginosa, per cui trasfigura inconsapevolmente persone<br />

e fatti e li avvolge di bellezza o di mistero, secondo che quelli lo ebbero diversamente commosso. Crea<br />

favole e m<strong>it</strong>i senza avvedersene e ci crede come fossero veri. Gli scettici sorridono, ma il popolo canta. E<br />

nasce la poesia.<br />

Quanto alle leggende intorno a Verdi fanciullo, lasciamo alla cr<strong>it</strong>ica il cómp<strong>it</strong>o di sceverare il vero dal<br />

falso. Noi narreremo semplicemente.<br />

***<br />

Ai primi di ottobre del 1813, alle Róncole, presso Busseto.<br />

Una modesta bottega, che è ad un tempo osteria e spaccio di spezie e commestibili vari. Al banco, una<br />

giovane donna, prossima a divenir madre. Il mar<strong>it</strong>o, esercente, mesce vino a una com<strong>it</strong>iva di sonatori<br />

girovaghi. Uno di questi alza il bicchiere verso la donna: «Alla salute vostra, Luigia, e di quello che deve<br />

venire. Sarà un maschio, vedrete. E noi verremo a sonare sotto la vostra finestra per festeggiare<br />

l'avvenimento». La donna ringrazia, china il capo, sorride.<br />

La profezia si avvera. L'evento si compie il 10 di quel mese, alle otto di sera, e la mattina seguente il<br />

bottegaio, Carlo Verdi, presenta un maschietto, per il battesimo, al Prevosto della parrocchia,<br />

imponendogli i nomi di Giuseppe Fortunino Francesco.<br />

Non pensa certo, il brav'uomo, che quella sua creaturina farà un giorno parlare il mondo di sé. Contento,<br />

sì, e un po' fiero di essere divenuto padre a un anno appena dal matrimonio, ma non così fantasioso da<br />

stimare la nasc<strong>it</strong>a di quel bimbo più che un fatto ordinario della v<strong>it</strong>a: il fatto di ogni casa e di ogni<br />

giorno.<br />

Egli è, del resto, dotato di una intelligenza comune, eserc<strong>it</strong>ata alla contabil<strong>it</strong>à del piccolo commercio. Ha<br />

ventotto anni e un carattere semplice e accomodevole, come comporta il suo mestiere che lo tiene tuttodì<br />

a contatto con gente d'ogni specie.<br />

Più forte di temperamento è la sua donna, Luigia Uttini, filatrice, da Saliceto di Cadèo, nel Piacentino,<br />

che regge la casa, mentr'egli attende agli affari. Essa non si perde d'animo di fronte alle difficoltà e alle


istrettezze del vivere, ma, attiva e oculata, asciutta e svelta, divide la giornata fra le faccende<br />

domestiche e le cure di un piccolo orto vicino.<br />

Il villaggio delle Róncole — poche case intorno alla chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo — dista<br />

sette chilometri da Busseto. La regione emiliana, coltivata razionalmente, è tra le più fertili d'Italia. Il<br />

suolo, pianeggiante e uniforme, abbonda di canapai e di vigneti; le acque del Po e de' suoi affluenti<br />

dànno freschezza agli orti e rigòglio ai fieni odorosi. Strade rettilinee e larghe, correnti fra siepi di<br />

marruche, sono a tratti fiancheggiate da file di pioppi: grandi pèttini verdi che sfioccan le nuvole quando<br />

corrono basse. Un senso pacato di seren<strong>it</strong>à virgiliana è dovunque, sui campi e nelle stalle, dond'escono a<br />

coppie buoi vigorosi, dall'andatura lenta e pesante.<br />

***<br />

La casa ove dimoravano i coniugi Verdi era modestissima e a un sol piano. Di sotto, la bottega; di sopra,<br />

l'ab<strong>it</strong>azione; in cima, il tetto a spiovente verso la strada. La camera dove nacque Giuseppe era disadorna<br />

e rozza, con due finestre, e il soff<strong>it</strong>to a travi comuni.<br />

La gente che vi conveniva anche da lontano per ac<strong>qui</strong>sti, s'indugiava poi, a spesa fatta, davanti alla casa<br />

a commentare i fatti del giorno. Naturalmente, il maggior interesse era per le notizie incalzanti e<br />

sbalord<strong>it</strong>ive di Napoleone, che giungevano come il brontolio di un temporale minaccioso. Si parlava (era<br />

il 1814) del crollo della potenza imperiale e di un eserc<strong>it</strong>o austro-russo lanciato all'inseguimento del vicerè<br />

Eugenio che si r<strong>it</strong>irava su Piacenza. Le voci che giungevan via via assumevano tòni sempre più paurosi.<br />

L'invasione avanzava rapidamente fra stragi ed incendi. Il pànico s'impadroniva degli ab<strong>it</strong>anti.<br />

«Vengono! Vengono!» si gridava da ogni parte. «Ormai son <strong>qui</strong>. Poveri noi!». Lo spavento, più veloce<br />

delle soldatesche, divorava le distanze. Le donne, pazze di terrore, cercan rifugio nella chiesa, dietro gli<br />

altari. Il bottegaio sbarra i battenti e vi si nasconde; sua moglie, col suo piccolo fra le braccia, infila la<br />

porticina del campanile e, incespicando nei gradini della scaletta, si arrampica a stento fin sulla cima, e<br />

riesce a salvare la sua creatura da quella furia...<br />

Sembra però che, in effetto, le cose non andassero così male come si temeva. Ad ogni modo, lo spavento<br />

fu grande.<br />

L'infanzia.<br />

Tradizioni musicali nella famiglia Verdi non ce n'erano. Il germe della predisposizione del fanciullo alla<br />

musica va ricercato nella sua sensibil<strong>it</strong>à, tanto più intensa quanto più contenuta e difesa da una<br />

scontros<strong>it</strong>à istintiva, quasi selvatica. A svilupparla e affinarla doveva poi concorrere il mondo esterno<br />

con le sue voci.<br />

Alla bottega paterna, come s'è detto, cap<strong>it</strong>avano spesso sonatori ambulanti che, fra un bicchiere e l'altro,<br />

facevano un po' di musica, concorrendovi, nei giorni festivi, il canto e il ballo dei contadini. E c'erano,<br />

intorno al villaggio, le aie coloniche fervide di opere agresti le quali, come sempre e dovunque, solevano<br />

essere accompagnate, quasi a sollievo, da effusioni corali a distesa di giovani e di ragazze che<br />

scartocciavano il granturco o mazzolavano la canapa. La passione per la musica era un po' in tutti e<br />

dappertutto: nell'aria, nei campi, lungo le vie, dietro plaustri e birocci, o nella chiesa profumata<br />

d'incenso, quando sugli accordi tenuti dell'organo salivano a Dio le voci della preghiera.<br />

Quella musica religiosa e profana si ripercoteva nello spir<strong>it</strong>o del fanciullo, che tutto ne vibrava. Quando<br />

serviva Messa, le note dell'organo lo rapivano in un'estasi tale da fargli spesso dimenticare i suoi doveri di<br />

r<strong>it</strong>o, tanto che un giorno, per una delle sol<strong>it</strong>e distrazioni, provocò uno scatto d'ira nell'officiante; ed egli<br />

lasciò lì ogni cosa e scappò.<br />

Il fanciullo era dunque fortemente inclinato verso l'arte musicale, e lo dimostrava indugiandosi fra i<br />

suonatori ambulanti e ficcandosi fra i cantori durante le feste. Lo notò l'organista delle Róncole, Pietro<br />

Baistrocchi, che gli pose amore e gli impartì le prime lezioni. Fu egli, forse, che consigliò suo padre a<br />

comperargli una vecchia spinetta perchè potesse eserc<strong>it</strong>arvisi a snodare le d<strong>it</strong>a. Una spinetta! Il suo<br />

sogno; ma un sogno che comportava un sacrificio non lieve da parte del povero bottegaio, il quale vi si<br />

sobbarcò nella discreta speranza che il figliuolo potesse un giorno succedere all'organista della<br />

parrocchia.<br />

Intanto, con l'esercizio quotidiano dello strumento e la consuetudine col Baistrocchi, faceva rapidi<br />

progressi. Ma una volta si lasciò trascinare a un deplorevole eccesso.<br />

Era riusc<strong>it</strong>o, un giorno, durante lo studio, a combinare sulla tastiera l'accordo di terza maggiore in do mi.<br />

Felice di tale trovata, il dì seguente vuol ripetere l'esperimento. Prova e riprova, non ci riesce. Allora in<br />

un impeto di stizza prende il martello e giù colpi su colpi sulla povera spinetta. Una tirata d'orecchi del<br />

padre aggiusta ogni cosa: non però lo strumento, che verrà riparato con cura amorosa da un bravo<br />

artigiano, Stefano Cavaletti, come appare da una sua dichiarazione, dettata con semplic<strong>it</strong>à di parole e di<br />

cuore.


Il ragazzo aveva appena otto anni, e quella impulsiv<strong>it</strong>à, certo riprovevole, che lo aveva spinto a rifarsi di<br />

una sua smemoratezza sopra un povero pezzo di legno, dimostrò sin d'allora uno degli aspetti del suo<br />

temperamento, m<strong>it</strong>igato poi dagli anni e dalla educazione, ma non eliminato del tutto.<br />

La sua infanzia era come un cielo sereno, corso di quando in quando da raffiche temporalesche.<br />

Gli era nata frattanto (1816) una sorella, Giuseppa Francesca, bella di forme, ma priva d'intelligenza e<br />

quasi scema.<br />

Il piccolo Giuseppe alternava lo studio della musica con l'istruzione elementare che gli impartiva il<br />

parroco del luogo. Nello stesso tempo aiutava come poteva i gen<strong>it</strong>ori con qualche servigio di negozio e di<br />

casa.<br />

I progressi nella musica che egli fece in soli tre anni di applicazione indefessa furono tali che il suo<br />

vecchio maestro cominciò a farsi sost<strong>it</strong>uire da lui all'organo in qualche servizio religioso. Quanto al resto,<br />

aveva ormai imparato tutto quel che poteva insegnargli la scuola del villaggio.<br />

Suo padre allora, per fargli continuare gli studi, pensò di mandarlo a Busseto, dove aveva rapporti<br />

d'affari con un grossista di coloniali, Antonio Barezzi, uomo di gran cuore, intelligente e appassionato<br />

musicista. Il bottegaio di Róncole non avrebbe potuto rivolgersi a miglior consigliere. Dietro<br />

suggerimento di lui collocò il ragazzo a dozzina presso un ciabattino suo conoscente, per trenta centesimi<br />

al giorno.<br />

Per non gravare sul bilancio paterno, il piccolo Giuseppe si guadagnava il prezzo della pensione<br />

recandosi tutte le domeniche e i giorni festivi alle Róncole a suonar l'organo. Fra andare e tornare, erano<br />

quattordici chilometri che percorreva a piedi ogni volta. Guadagnava così trentasei lire all'anno che poi<br />

furono portate a quaranta. C'era inoltre il dir<strong>it</strong>to di questua al tempo dei raccolti: frumento, granturco e<br />

forse uva. Tutto sommato, per un ragazzo di dieci o undici anni, a quei tempi, non era poco.<br />

Durante una di quelle passeggiate il piccolo organista corse pericolo di v<strong>it</strong>a. Una sera, fattoglisi buio<br />

lungo il cammino, cadde inavvert<strong>it</strong>amente dentro un fossato pieno d'acqua e, non potendo uscirne, si<br />

diede a gridare al soccorso. Una contadina, che passava per caso di là, accorse e lo trasse<br />

miracolosamente in salvo.<br />

A Busseto fu ammesso al Ginnasio, nella classe di grammatica inferiore, tenuta dal can. don Pietro<br />

Seletti.<br />

La c<strong>it</strong>tà contava allora circa duemila ab<strong>it</strong>anti e possedeva ist<strong>it</strong>uzioni di notevóle importanza. La<br />

Signoria dei Marchesi Pallavicino, durata fin verso la metà del Seicento, l'aveva abbell<strong>it</strong>a e fortificata;<br />

ma soprattutto ne aveva elevata la dign<strong>it</strong>à culturale, proteggendo gli studi e fondandovi scuole e<br />

biblioteche.<br />

Col tramonto della potente casata non si spense l'impulso dato da essa alla v<strong>it</strong>a locale. Il ricordo della sua<br />

intelligente munificenza non si assopì nemmeno durante la terribile peste che infierì in quegli anni; agì,<br />

anzi, come un liev<strong>it</strong>o occulto che, cessato il flagello, ecc<strong>it</strong>ò i superst<strong>it</strong>i a riprendersi con nuova alacr<strong>it</strong>à in<br />

ogni campo. Anche l'Arcadia vi frondeggiava in un'accademia detta degli “Incostanti”, cui se ne<br />

opponeva un'altra, classicheggiante, di lettere greche; ma, ben più importante ed attivo che non l'ozioso<br />

accademismo di moda, un benefico Monte di Pietà largiva soccorso ai poveri e concedeva borse di studio<br />

ai giovani bisognosi, inclini alle scienze e alle arti, perché potessero avviarsi alle Univers<strong>it</strong>à e alle<br />

Accademie fuori di patria. Busseto aveva posseduto pure una Scuola di p<strong>it</strong>tura e una Cappella musicale;<br />

e poichè la passione per la musica era generalmente sent<strong>it</strong>a, vide sorgere nel 1816 anche una Società<br />

filarmonica che attingeva i migliori elementi da una Scuola di musica, sovvenzionata dal Comune.<br />

Ai tempi di cui parliamo i Filarmonici tenevano il primo posto nel cuore di ogni Bussetano.<br />

Ricercatissimi, intervenivano con le loro esecuzioni alle feste principali del paese e di fuori. Direttore ne<br />

era Ferdinando Provesi, Maestro di Cappella e organista della cattedrale; presidente e protettore,<br />

Antonio Barezzi.<br />

Il Provesi, nato a Parma nel 1770, aveva studiato lettere, poi musica, riuscendo insieme buon poeta e<br />

buon contrappuntista e compos<strong>it</strong>ore. Il Barezzi, ottimo dilettante, sonava il flauto e conosceva bene<br />

anche gli altri istrumenti a fiato. In casa sua si tenevano le adunanze sociali, si facevano prove, si<br />

eseguivano concerti.<br />

Il piccolo Verdi si recava sovente sotto le finestre di quella casa che doveva sembrargli il regno di un<br />

mago, e ascoltava in silenzioso stupore l'onda dei suoni che ne veniva.<br />

Un giorno la cosa fu rifer<strong>it</strong>a al Barezzi, e questi lo fece salire. Da allora lo ammise a frequentare quei<br />

convegni, avendo notato in lui qual<strong>it</strong>à musicali eccezionalmente spiccate, e lo affidò come allievo al<br />

Provesi, che in breve ne fu contentissimo. Il ragazzo continuava tuttavia a studiare grammatica presso<br />

don Seletti; ma fra i due maestri doveva sorgere ben presto una strana gara intorno al suo avvenire.<br />

Il Provesi era uno spir<strong>it</strong>o libero e arguto e, poichè non aveva dimenticato la poesia per la musica<br />

(insegnava anche retorica al Ginnasio), e in tutto si sentiva un po' rivoluzionario e novatore, cominciò a<br />

punzecchiare con epigrammi satirici il Seletti, che per lui rappresentava l'accademismo retrogrado e


pedante. «Studia, studia la musica, ragazzo, e sarai contento» diceva il Provesi allo scolaro; e il Seletti, per<br />

vendicarsi del suo avversario: «Macchè musica! Latino, ci vuole! Studia il latino: ti aprirà la carriera<br />

ecclesiastica. Con la musica farai poca strada. Diverrai, tutt'al più, il successore del tuo maestro come<br />

organista della cattedrale». In tale impiccio di consigli contrastanti, il ragazzo, che pur non si sentiva<br />

inclinato al sacerdozio, ebbe paura di venire espulso dal Ginnasio; e allora cominciò, benchè a<br />

malincuore, a trascurare le lezioni di musica. Il Provesi gliene domandò la ragione; e, avendogli quello<br />

confessata ogni cosa, il buon maestro lo incoraggiò a continuare gli studi musicali, senza tuttavia<br />

abbandonare l'altra scuola. Ché se poi don Seletti volesse davvero espellerlo, egli, il Provesi, ne avrebbe<br />

fatto le veci per le materie letterarie.<br />

Ben presto però il Seletti dové ricredersi e fare onesta ammenda delle sue errate previsioni. Un giorno, ad<br />

una funzione nella chiesa delle scuole mancò all'improvviso l'organista. Quegli inv<strong>it</strong>ò Verdi a prenderne il<br />

posto. «Vediamo un po' che cosa sai fare tu!» gli disse fra burbero e scherzoso, con l'evidente intenzione di<br />

confonderlo e di sottoporlo ad una prova imbarazzante. Il giovanetto non si fece ripetere l'inv<strong>it</strong>o. Sedette<br />

all'organo e si abbandonò tutto al fervore dell'estro. L'irrompere delle note fu come uno scroscio d'acque<br />

primaverili. L'improvvisazione stupì tutti i presenti. Don Seletti lo chiamò e gli disse: «Studia, studia<br />

musica, ché hai ragione».<br />

L'adolescenza.<br />

Il giovanetto frequenta ora la casa del suo protettore e può così esplicare efficacemente le proprie<br />

att<strong>it</strong>udini artistiche. Non più la povera, sgangherata spinetta subisce il tormento delle sue d<strong>it</strong>a<br />

impazienti, ma un pianoforte «Fr<strong>it</strong>z» a coda offre la n<strong>it</strong>ida tastiera al volo delle sue mani e della sua<br />

fantasia. Il Barezzi gli insegna la tecnica degli strumenti a fiato che gli gioverà poi per l'istrumentazione,<br />

ed egli comincia a copiare part<strong>it</strong>ure, a ridurre pezzi d'opera, a comporre marce e ballabili; tanto che, a un<br />

certo momento, il Provesi profeticamente dichiara: «Questo ragazzo ne sa ormai più di me. Avrà un grande<br />

avvenire».<br />

Casa Barezzi. Come ci si sta bene! Che belle riunioni, le sere d'inverno, fra pareti ben riscaldate, intorno<br />

ai leggii, rap<strong>it</strong>a l'anima dal vortice dei suoni! Intim<strong>it</strong>à dolce per tutti, specialmente per lui, lontano dai<br />

suoi e tanto bisognoso d'affetto. Fuori, freddo neve sol<strong>it</strong>udine silenzio; lì, invece, tepore compagnia<br />

musica e, forse, un palp<strong>it</strong>o nuovo, un tremore misterioso dell'anima...<br />

Ora egli può darsi tutto all'arte prediletta. La dimestichezza degli osp<strong>it</strong>i, le cure del maestro e quel primo<br />

annuncio di un sentimento che fa dell'amore e della gloria un'ansia sola e una sola aurora di sogno,<br />

incoraggiano e afforzano in lui il propos<strong>it</strong>o di apprendere e di riuscire, mediante una applicazione anche<br />

più assidua e severa, a distinguersi sugli altri.<br />

I ragazzi a quell'età sono di sol<strong>it</strong>o incerti e svagati: crisi pericolosa dell'adolescenza, che spesso rompe in<br />

esuberanze incomposte a scap<strong>it</strong>o della riflessione, indispensabile ad uno studio ordinato e proficuo. Ma<br />

Verdi fa eccezione, non solo per l'indole schiva e raccolta, ma altresì per una volontà chiusa, tenace. Di<br />

notte, nella misera stanza del ciabattino, veglia fino a tarda ora scrivendo musica o leggendo libri. Ha<br />

già compreso come ad un artista qualsiasi, e specialmente a un compos<strong>it</strong>ore, non basti una cultura<br />

ristretta all'arte sua propria, ma occorra, per farsi compiuto, spalancare le finestre sul mondo e sapere un<br />

po' di tutto. Perciò legge indefesso poeti e storici antichi e moderni, <strong>it</strong>aliani e stranieri; e poichè non ha<br />

mezzi per ac<strong>qui</strong>starne le opere, approf<strong>it</strong>ta della Biblioteca comunale che ne è ricca, interessandosi<br />

particolarmente ai racconti dell'Antico e del Nuovo Testamento, che lo commuovono e lo esaltano,<br />

trasportandone la fantasia oltre i millenni, per lontananze senza fine, solcate da voci di Profeti e pervase<br />

dal senso misterioso che precede le grandi Rivelazioni...<br />

La sua attiv<strong>it</strong>à non ha tregua. Talvolta egli sost<strong>it</strong>uisce il maestro nel dar lezione a compagni più piccoli o<br />

più lenti. Anche ciò gli serve. Docendo disc<strong>it</strong>ur.<br />

Ha <strong>qui</strong>ndici anni e fa già parlare di sé, in paese e fuori. Il suo nome ricorre spesso nei discorsi degli<br />

appassionati di musica.<br />

Spinto dall'ansia del comporre, scrive una sinfonia che viene esegu<strong>it</strong>a dai Filarmonici come introduzione<br />

al Barbiere di Siviglia di Rossini. Tale primo esperimento pubblico ottiene un es<strong>it</strong>o caloroso, che sempre<br />

più lo incoraggia. Oltre a musica varia — sinfonie, pezzi pianistici, duetti, arie, ecc. -- compone otto<br />

pezzi a piena orchestra e voce sola, i cosiddetti Deliri di Sani, su parole della tragedia alfieriana. Si sente<br />

già in essi il futuro operista.<br />

A sedici anni possiede una cultura notevole.<br />

In casa Barezzi è considerato ormai come di famiglia. I figli del suo protettore, Giovanni, Margher<strong>it</strong>a,<br />

Marianna, Amalia, Teresa, a cui più tardi si aggiungerà Demetrio, lo trattano come un fratello. Ma egli<br />

non abusa di tale confidenza. Deve provvedere da sé solo al proprio avvenire, e, innanzi tutto, ai gen<strong>it</strong>ori<br />

che ripongono in lui ogni speranza. In quella sua chiusa fierezza spunta precocemente l'uomo che vuol<br />

rendersi degno dei benefici che riceve. Non vuole essere un parass<strong>it</strong>a.


Saputo che a Soragna, una borgata vicina alle Róncole, è vacante il posto di organista nella chiesa<br />

parrocchiale, domanda di esservi assunto, previo esperimento, perchè non vuol essere creduto solo sulla<br />

parola; ma viene scelto un altro ed egli rimane a terra. Non si abbatte per questa prima delusione, anzi<br />

raddoppia di zelo. Egli mira più alto. «Non si volta chi a stella è fisso». La massima leonardesca<br />

potrebb'essere la sua insegna. C'è una mèta da raggiungere, e un fiore da raccogliere lungo la via. La<br />

gloria, l'amore: parole sacre e inc<strong>it</strong>atrici, anche se la v<strong>it</strong>a manchi sovente alle sue promesse.<br />

Egli ama una delle figliuole del Barezzi. L'idillio ha la grazia di uno stelo in un respiro melodioso di<br />

anime. Giuseppe dà lezioni di canto e di pianoforte a Margher<strong>it</strong>a. Son degni l'uno dell'altra. Hanno su per<br />

giù la stessa età: l'uno è buono, onesto, serio, studioso, e rivela un ingegno sorprendente; l'altra è «bella,<br />

savia, amabile, e non senza buon gusto e discernimento». E ha dei capelli che sembrano un rìvolo d'oro.<br />

La reciproca intesa si vela di geloso pudore. I cuori si amano in segreto e odorano come due primule,<br />

fresche della rugiada di Dio.<br />

Ma un fattaccio di cronaca getta un senso di orrore nell'animo dei Bussetani. Una notte (12-13 maggio<br />

1831) ignoti malfattori a scopo di rapina assassinano un ricco israel<strong>it</strong>a, certo Isacco Levi, e ne<br />

accoltellano la nipote tredicenne. Il del<strong>it</strong>to si compie in una casa vicina a quella del Barezzi. La madre di<br />

Margher<strong>it</strong>a, spaventatissima, fa una proposta al mar<strong>it</strong>o: «Perchè non diciamo a Giuseppe di stabilirsi<br />

addir<strong>it</strong>tura in casa nostra ? Egli è sol<strong>it</strong>o a vegliare sui libri fin tardi. Qui starebbe meglio che non dal<br />

ciabattino e, senza venir meno alle sue ab<strong>it</strong>udini di studio, potrebbe con la sua presenza allontanare da noi il<br />

pericolo dei malviventi».<br />

La proposta piace al Barezzi e anche al suo protetto, che d'ora innanzi potrà dirsi proprio di casa.<br />

Ma l'idillio non tarderà a trapelare.<br />

«E’ molto giovane» dice la madre con un sospiro indulgente. «Ma è serio» replica il padre, che ha gran fede<br />

nell'avvenire dell'osp<strong>it</strong>e diciottenne. L'idea, anzi, di allacciare con lui, mediante un futuro matrimonio,<br />

vincoli anche più stretti, sorride al suo cuore generoso. Il consenso verrà poi.<br />

Intanto, bisogna troncare la convivenza domestica del giovane e allontanarlo da Busseto, non tanto per<br />

non dare esca a eventuali indiscrezioni di paese (oh, la car<strong>it</strong>à del prossimo!) quanto per farlo studiare in<br />

un ambiente più adatto e metterlo in grado di conseguire un diploma.<br />

Anche il Provesi, ormai vecchio e malandato in salute, pensa di farne il proprio successore nell'ufficio di<br />

Maestro di Cappella e di Organista, e nella direzione della Scuola musicale e della Filarmonica.<br />

Si pensa sub<strong>it</strong>o a Milano, centro propulsore d'ogni più nobile iniziativa, che possiede un Conservatorio<br />

già fiorente, benchè ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da pochi anni, e un teatro — la Scala —, ottima palestra per chi abbia il<br />

gusto dell'opera. Bisogna mandarlo là. Ma il bottegaio delle Ròncole ha le sue buone ragioni per<br />

opporvisi. Ha fretta che il figliuolo guadagni e non ha mezzi per mantenerlo fuori. Il Barezzi insiste. Alla<br />

fine, il padre di Verdi si lascia da lui persuadere, e all'uopo domanda al Monte di Pietà, per suo figlio, la<br />

pensione che suol concedere agli studenti bisognosi: venticinque lire mensili per la durata di quattro<br />

anni.<br />

Ma il pio ist<strong>it</strong>uto ha già impegnato le quattro pensioni disponibili: due di esse si faranno libere soltanto al<br />

31 ottobre del '33. Perciò, dopo t<strong>it</strong>ubanze, rinvii e discussioni, il 14 gennaio 1832, a otto mesi cioè dalla<br />

prima petizione, delibera finalmente che «data la straordinaria disposizione dell'aspirante» questi «sia<br />

sovvenuto della somma annua di lire 300 per anni quattro consecutivi, non potendo però fruirne che alla prima<br />

vacanza di uno dei sussidiati, e cioè col 1° novembre '33»<br />

Il Barezzi allora s'impegna generosamente di anticipare al suo protetto, per un anno, il doppio della<br />

pensione, e cioè 600 lire, corrispondenti all'ammontare della quota richiesta dal Conservatorio per gli<br />

alunni paganti. L'ist<strong>it</strong>uto è retto a conv<strong>it</strong>to. I posti sono dati per regolamento ad aspiranti che non<br />

abbiano più di quattordici anni. E tuttavia consent<strong>it</strong>a una deroga a tale età per quei giovani che<br />

dimostrino «att<strong>it</strong>udini singolari».<br />

Studi.<br />

Ecco Verdi nella metropoli lombarda. Raccomandato dal Provesi ad Alessandro Rolla, professore di<br />

violino nel Conservatorio, si è allogato a pensione presso un bussetano, Giuseppe Seletti, insegnante al<br />

Ginnasio di Santa Maria e nipote di quel don Seletti che già conosciamo.<br />

Maggio 1832: mese di rose e di speranze. Fioriranno, per il giovane musicista? C'è un esame di mezzo; e<br />

l'ammissione fallisce. Come mai? L'età, forse? Non c'è facoltà di deroga? Purtroppo, «att<strong>it</strong>udini<br />

singolari» non ne vengono riscontrate in lui. Ma <strong>qui</strong> bisogna intendersi. Molto si è sbizzarr<strong>it</strong>a la<br />

malign<strong>it</strong>à umana su questo episodio increscioso, con pregiudizio di quel nobile ist<strong>it</strong>uto, i cui insegnanti,<br />

prendendo una grossa cantonata, si sarebbero resi colpevoli di un atto di ingiustizia.<br />

La prova del pianoforte, cui si dava un'importanza decisiva, determinò l'insuccesso dell'aspirante. Questi<br />

eseguì davanti ad una commissione di rinomati docenti unCapriccio in la di Herz, pianista allora di gran<br />

fama. Verdi sonava alla brava, ma a modo suo e non di scuola. Pei dilettanti di Busseto poteva


anch'essere un prodigio; a tecnici consumati com'erano i suoi giudici la difettosa impostazione della mano<br />

sulla tastiera apparve sub<strong>it</strong>o evidentissima e tale da non potersi più correggere, data l'età avanzata di<br />

lui. Si aggiunga che uno di essi, l'Angeleri, proprio allora andava elaborando una riforma della tecnica<br />

pianistica che doveva poi accrescere vanto alla sua scuola.<br />

Né valsero al candidato certe composizioni presentate al censore Basily, che pur le trovò promettenti.<br />

Verdi non fu accettato: delusione amara per lui, che ad esser pianista teneva in modo particolare. Lo<br />

scacco sub<strong>it</strong>o ne aveva fer<strong>it</strong>a l'acuta sens<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à; ma è dei forti risorgere, e Verdi era un forte. Sentiva<br />

nella propria coscienza la duplice responsabil<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a e dell'arte: doveva aiutare i suoi e non mentire<br />

a se stesso, mantenere gl'impegni assunti verso il Barezzi e raggiungere il suo sogno d'amore. Voleva,<br />

doveva vincere.<br />

Pochi giorni dopo l'infausta prova, il Rolla, che vi aveva assist<strong>it</strong>o come commissario, gli disse: «Non<br />

pensate più al Conservatorio; scegliete un maestro in c<strong>it</strong>tà, io vi consiglio Lavigna o Negri».<br />

Verdi si rivolse al Lavigna il quale, esaminate le composizioni già presentate al Basily, lo accolse di buon<br />

grado come allievo.<br />

Vincenzo Lavigna, pugliese, era da un trentennio circa «maestro al cembalo» al Teatro alla Scala.<br />

Aveva studiato al Conservatorio di Napoli e serbava una vera adorazione per Giovanni Paisiello, il<br />

grande tarantino che fece dell'opera buffa cosa diversa dal passato, rinnovandola strumentalmente ed<br />

esteticamente nella grazia d'uno stile semplice e puro e nell'incanto di una fresca ispirazione melodica.<br />

Il Lavigna era contrappuntista «fortissimo» e aveva composto cantate, opere, balli, generalmente<br />

apprezzati.<br />

Sotto la sua guida Verdi fece rapidi progressi, mortificando la propria fantasia con una disciplina<br />

rigorosissima. Costretto dal maestro a forme esclusivamente scolastiche e, d'altra parte, desideroso per<br />

temperamento di accostarsi al teatro, si recava alla Scala come e quando poteva, med<strong>it</strong>ando sulle opere<br />

che vi si rappresentavano e appassionandosi alle vicende sceniche e al modo com'erano musicalmente<br />

rese. Veniva così consolidando le proprie att<strong>it</strong>udini decisamente melodrammatiche.<br />

Il teatro era per lui una sirena dal fascino irresistibile. Il suo spir<strong>it</strong>o si dibatteva come un a<strong>qui</strong>lotto<br />

ansioso di cimentarsi al vento delle tempeste e di fissarsi nel sole; ma, ben sapendo che, senza essersi<br />

prima invigor<strong>it</strong>o e addestrato, non avrebbe potuto affrontare la grande prova, si rimetteva con lena<br />

inesausta al lavoro, passava e ripassava attentamente tutte le forme istrumentali, da camera, sinfoniche<br />

e corali; studiava i classici <strong>it</strong>aliani e stranieri del Sei-Settecento, dal romagnolo Corelli a Beethoven, il<br />

Sommo di Bonn; tendeva, in una parola, a impadronirsi dei mezzi d'espressione, saggiamente convinto<br />

che solo quando la preoccupazione tecnica non sia più d'impaccio all'estrinsecarsi dell'idea, si possa<br />

veramente fare dell'arte, in pieno e<strong>qui</strong>librio di contenuto e di forma. Coscienza, insomma, di una ver<strong>it</strong>à<br />

assiomatica: che l'arte è, in gran parte, con<strong>qui</strong>sta.<br />

Il Barezzi non perdeva di vista il suo protetto. Recatosi un giorno a Milano per avere notizia de' suoi<br />

progressi, si sentì dire dal Lavigna: «Giuseppe è un bravo giovane, savio, studioso, di molta intelligenza:<br />

verrà giorno che farà grande onore al suo maestro e alla sua patria».<br />

La profezia doveva avverarsi; ma a qual prezzo!<br />

Nel luglio del '33 Verdi ha notizia della morte del Provesi. Ne prova dolore acerbissimo. Si chiude così la<br />

prima pagina della sua v<strong>it</strong>a. I cari morti si portan via quasi sempre qualcosa di noi, lasciandoci in<br />

cambio il dovere e il desiderio di im<strong>it</strong>arli.<br />

Il giovane discepolo vorrebbe correre a Busseto, ma non ne ha í mezzi e, d'altra parte, le esigenze dello<br />

studio lo trattengono. Benedice la memoria del Maestro venerato, ne rimpiange l'amorevolezza sapiente<br />

e, quando si china al lavoro, ne rivede l'immagine levarsi di tra il groviglio delle note, ammon<strong>it</strong>rice e<br />

paterna. Altro conforto non trova ora se non nel propos<strong>it</strong>o di onorarne l'esempio con una applicazione<br />

indefessa.<br />

E un nuovo lutto lo colpisce. Poco dopo, nel mese di agosto, gli muore la sorella Giuseppina,<br />

diciassettenne. La poverina era affetta da idiozia congen<strong>it</strong>a, ed egli l'amava di una tenerezza pietosa. Ma<br />

è fatale che i grandi predestinati si traggano dietro l'ombra del dolore.<br />

Prime lotte.<br />

Intanto a Busseto cominciavano diatribe e polemiche per la successione del Provesi. I Filarmonici, in<br />

omaggio a un desiderio da lui espresso prima di morire, decidevano di tenerne vacante il posto per<br />

assegnarlo a Verdi quando avesse compiuto gli studi.<br />

Ma a ciò si opponeva certa parte del clero locale, giudicando che «il maestrino alla moda» (come<br />

ironicamente lo chiamava) fosse più atto alla frivola musica profana che non all'austera musica l<strong>it</strong>urgica.<br />

In ver<strong>it</strong>à, esso aveva già il suo favor<strong>it</strong>o: certo Giovanni Ferrari, Maestro di Cappella a Guastalla,<br />

organista appena «sufficiente», ma raccomandato da quel Vescovo al Prevosto della Parrocchiale<br />

bussetana, don Ballarini.


Scoppiò il dissidio. Si formarono due part<strong>it</strong>i: verdiani e ferrariani. In breve la disputa si allargò e mise a<br />

soqquadro il paese.<br />

Verdi, frattanto, a Milano, viveva appartato ed assorto nel suo sogno d'arte. Guardava la sua stella,<br />

senza badare al gracidio delle rane acquattate negli stagni del paese rissoso. Frequentava la Scala,<br />

med<strong>it</strong>ando sulla nuova tendenza del cosiddetto «realismo in musica», avviata dal Donizetti con l'opera<br />

Lucrezia Borgia, e vedeva già sull'orizzonte i segni di una prossima aurora.<br />

Sino dagli inizi del secolo XVIII s'era sent<strong>it</strong>a la necess<strong>it</strong>à di rinnovare anche l'estetica melodrammatica.<br />

Cristoforo Gluck (1714-1787), già allievo del Sammartini a Milano, aveva con l'opera Alceste (1767)<br />

propugnata e applicata una riforma tendente alla «ver<strong>it</strong>à drammatica»; a fare, cioè, del melodramma un<br />

tutto omogeneo e vivo, nel quale musica e poesia procedessero sped<strong>it</strong>e in perfetta un<strong>it</strong>à di azione e di<br />

espressione e sfrondate rispettivamente d'ogni superfluo ornamento. Voleva, in una parola, che alle<br />

fredde e ingombranti digressioni retoriche si sost<strong>it</strong>uisse il linguaggio del cuore, e a s<strong>it</strong>uazioni uniformi e<br />

artificiose, scene movimentate, incalzanti e umanamente vere, sì da creare uno spettacolo sempre vario e<br />

interessante. Lo affiancava nella riforma il poeta Calzabigi; lo seguivano nell'indirizzo neoclassico i nostri<br />

Cherubini e Spontini che vivevano all'estero: l'uno, con laMedea (1797) l'altro con laVestale (1807) che,<br />

per soggetto e condotta scenica, fu paragonata alla cupa e solenne tragedia alfieriana.<br />

Ed ecco Bellini, il «Leopardi della musica», preannunciare con la limpida purezza elegiaca del suo canto<br />

la sensibil<strong>it</strong>à romantica, mentre, a contrasto, l'opera comica colBarbiere di Rossini e conl'Elisir d'amore di<br />

Donizetti viene accolta con fortuna in tutta Europa.<br />

Rossini inoltre, col Guglielmo Tell, darà fra poco l'avvio al grande melodramma romantico, introducendo<br />

nelle composte forme dei neoclassici l'impeto passionale del popolo. Quella sarà la via in cui Verdi<br />

irromperà con la foga della sua ispirazione istintiva e travolgente.<br />

Ora nei teatri milanesi furoreggia Donizetti, di fronte al quale alcuni degli operisti <strong>it</strong>aliani che pure<br />

hanno goduto di qualche fortuna, come Pacini e Mercadante, hanno abbassato le armi, mentre altri<br />

hanno sgombrato, se non ceduto, il terreno: Rossini è a Parigi e Bellini si è impegnato a scrivere per<br />

l'estero.<br />

***<br />

Verdi studia, ascolta, med<strong>it</strong>a, compone. Il suo valore, cui si accompagna una rett<strong>it</strong>udine morale<br />

irreprensibile, comincia ad essere conosciuto. Vinte le prime diffidenze, gli si aprono le porte del mondo<br />

artistico. Anche l'insieme della sua persona gli giova. I modi semplici e corretti, il contegno prudente,<br />

l'espressione del volto schietta e pensosa ad un tempo, fanno dimenticare la povertà de' suoi ab<strong>it</strong>i e<br />

rendono accetta la sua presenza.<br />

Siamo già all'aprile del '34. Una Società Filarmonica dell'aristocrazia milanese, presieduta dal conte<br />

Renato Borromeo e composta di buoni elementi vocali, sta provando l'oratorio La creazione del mondo di<br />

Ilaydn, da eseguirsi il mese stesso nel Teatro dell'Accademia dei Filodrammatici. Verdi, per consiglio del<br />

suo maestro e a scopo di studio, suole assistere alle prove.<br />

Una sera, per un caso singolare, vengono a mancare tutti e tre i concertatori dell'opera: Perelli, Bonoldi e<br />

Almasio. Grande imbarazzo del direttore, Pietro Massini, che è, sì, professore di canto, ma non si sente<br />

capace di sost<strong>it</strong>uire gli assenti e di accompagnare al pianoforte con la part<strong>it</strong>ura. Dame e gentiluomini<br />

cominciano a impazientirsi. Massini non sa come fare. A un tratto scorge il giovane che se ne sta<br />

modestamente seduto in un cantuccio. (Gli era stato presentato dal Lavigna). Gli si avvicina, lo prega di<br />

sedere al pianoforte e, per semplificargli il cómp<strong>it</strong>o, gli dice: «Basta accompagnare col semplice basso».<br />

Verdi accetta, siede, comincia la prova. A poco a poco s'infervora tanto che a un certo punto con la mano<br />

destra comincia a dirigere, segu<strong>it</strong>ando a suonare con la sola sinistra. Stupore e plauso di tutti. Gli si<br />

affida tosto per intero la direzione del concerto, la cui pubblica esecuzione segnerà un trionfo.<br />

Fra Milano e Busseto.<br />

Ma a Busseto son guai. Barezzi lo vuole colà per impedire con la sua presenza eventuali ingiustizie a suo<br />

danno. Costretto a interrompere gli studi, vi si reca; ma il giorno stesso del suo arrivo (18 giugno) la<br />

Fabbriceria in tutta fretta e «quasi di soppiatto» nomina il Ferrari al duplice posto di organista e di<br />

Maestro di Cappella, senza sottoporlo ad alcuna prova; sopruso evidente che indigna i Filarmonici e, si<br />

può dire, l'intera c<strong>it</strong>tadinanza, la quale ama il suo Verdi e ne è orgogliosa.<br />

I Filarmonici, in segno di protesta, decidono di non intervenire più alle musiche se la Fabbriceria e il<br />

Monte di Pietà non faranno il concorso.<br />

In un primo intervento, il Governo delibera in linea di massima il concorso per il posto di Maestro di<br />

Cappella, lasciando al Ferrari solo quello di organista legalmente confer<strong>it</strong>ogli.<br />

Verdi si mantiene estraneo a ogni briga. Lavora e trionfa in concerti bandistici e orchestrali anche fuori<br />

di Busseto. Infine torna a Milano a metà dicembre per compiervi gli studi, in attesa di essere richiamato<br />

in paese per l'esperimento.


Il Ferrari, sostenuto dalla sua cricca, non desiste da segreti maneggi. Istruisce ragazzi gratu<strong>it</strong>amente per<br />

accaparrarsi il favore del Monte di Pietà e divenire così Maestro di fatto: e invia suppliche al Podestà e al<br />

pio ist<strong>it</strong>uto. Il Governo nicchia: prima di ordinare il bando vuole altre informazioni. La lotta fra i due<br />

part<strong>it</strong>i che ora, per un residuo di «fronda», si scambiano la qualifica rivoluzionaria di coccardini e di<br />

codini, si fa più serrata: corrono calunnie, satire, insulti, scoppiano risse, volano pugni e bastonate, con<br />

sègu<strong>it</strong>o di arresti: un'iradiddio. Finalmente, l'Augusta Sovrana ordina si convochi in via straordinaria<br />

l'Anzianato del Comune, acciò deliberi intorno alla spesa per unMaestro di Musica, istruttore della<br />

gioventù, indipendentemente dall'organista, mentre, dal canto suo, la Polizia dà energiche disposizioni<br />

perchè venga severamente pun<strong>it</strong>o chiunque, in avvenire, fomenti discordie nella popolazione.<br />

Verdi deve tornare in patria, richiamatovi dal Barezzi perchè possa tutelare il suo proprio interesse sul<br />

campo della competizione. D'altronde, ha già compiuto gli studi col Lavigna, ma il distacco da lui è<br />

penoso. Quando maestro e discepolo son degni l'uno dell'altro, i loro rapporti salgono via via dalla scuola<br />

alle regioni dello spir<strong>it</strong>o e divengono anche più dolci di certi vincoli familiari imposti dalla natura.<br />

Ma la v<strong>it</strong>a ha le sue esigenze, e il giovane allievo deve pur fare il suo cammino.<br />

A Busseto, per ragioni di ordine interno, si proibisce la musica in tutte le chiese. Verdi, in disparte, lascia<br />

al suo protettore, di cui conosce la dir<strong>it</strong>ta coscienza, le cure del concorso. Ben altro gli sta a cuore. Da<br />

Milano ha portato seco una cosa preziosa, procuratagli dal Massini: il canovaccio di un libretto d'opera,<br />

da mettere in musica, Oberto conte di San Bonifacio, scr<strong>it</strong>to da Antonio Piazza, giornalista di buon nome.<br />

Comporre un'opera sarebbe il suo sogno; ma la sua s<strong>it</strong>uazione in paese è difficile.<br />

Barezzi apprende che a Monza, per l'insufficenza dei concorrenti, è rimasto vacante il posto di Maestro di<br />

Cappella e di organista della Basilica. Dice al suo Giuseppe: «Il posto è buono; tu hai solo ventidue anni,<br />

eppure sei tanto al di sopra del Ferrari e dei suoi sosten<strong>it</strong>ori. Fatti avanti. E se ve ne sarà bisogno, Lavigna e<br />

Seletti ti appoggeranno di certo».<br />

Verdi mette di mezzo quei buoni amici; e riesce.<br />

Ma non si presenta. Come mai? Passano giorni. A Monza si è impazienti. Seletti, che insieme col Lavigna<br />

si è interessato della faccenda, scrive al Barezzi perchè consigli l'eletto a non lasciarsi sfuggire un posto<br />

così vantaggioso. A sua volta, il Lavigna sollec<strong>it</strong>a Verdi... Questi, alla fine, deve rispondere e<br />

giustificarsi; e lo fa con una lettera che è un nobile esempio di onestà e di fierezza. Dice che i Filarmonici<br />

e i loro seguaci non vogliono lasciarlo partire e lo tacciano di ingrat<strong>it</strong>udine. Solo per riguardo al Barezzi,<br />

cui tanto deve e contro cui specialmente si appuntano le ire dei Bussetani, non è part<strong>it</strong>o sub<strong>it</strong>o. «Né il<br />

rimprovero dei loro benefici — scrive -- né le loro minacce avrebbero potuto niente sopra di me»; e chiude<br />

esprimendo rammarico per aver impegnato il suo Maestro in un affare così increscioso.<br />

Ancora lettere su lettere, del Barezzi al Seletti, del Seletti al Lavigna: alla fine quest'ultimo ne spedisce<br />

gli originali alla Fabbriceria di Monza per documentare i fatti.<br />

Intanto, causa quel malaugurato concorso che non si fa mai, Verdi si trova in una s<strong>it</strong>uazione sempre più<br />

cr<strong>it</strong>ica. Un suo amico si fa intercessore presso la Sovrana, tram<strong>it</strong>e il Ciambellano di Corte, a cui rende<br />

noto come il giovane musicista corra rischio di «perdere il pane e in patria e a Monza». Occorre <strong>qui</strong>ndi<br />

venire a una sollec<strong>it</strong>a determinazione.<br />

Fra beghe locali, tergiversazioni governative e lungaggini burocratiche son passati due anni e mezzo<br />

dalla morte del Provesi e si è giunti al gennaio del '36.<br />

Il giorno dell'Epifania Verdi suona per la prima volta l'organo a Busseto, in una chiesa dei Minori<br />

Osservanti. L'avvenimento ha l'importanza di un saggio pubblico, che dovrà pesare sulle sorti del<br />

giovane Maestro. Vi accorrono in folla ammiratori e avversari. Il successo entusiastico fa ravvedere<br />

anche questi ultimi. E il 23 gennaio, finalmente, il Podestà del luogo bandisce il concorso, stabilendone le<br />

condizioni.<br />

Il 27 febbraio Verdi va a Parma per sostenervi l'esame sotto Giuseppe Alinovi, organista, Maestro della<br />

Cappella ducale e contrappuntista espertissimo. Il Ferrari, manco a dirlo, non si presenta. C'è, invece, un<br />

altro concorrente, certo Rossi, di Guastalla.<br />

Le prove sono due: una di esecuzioni varie (pianoforte, canto, lettura a prima vista, ecc.) e una di<br />

composizione. Dopo aver esegu<strong>it</strong>o sul pianoforte certe sue Variazioni, gli vengono presentati, per la<br />

lettura a prima vista, diversi pezzi di musica teatrale. Verdi ricusa di eseguirli perché li conosce; tratto<br />

s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>o di prob<strong>it</strong>à morale ed artistica.<br />

La seconda prova — una Fuga a quattro parti reali su tema dettato dall'esaminatore — riesce<br />

magnificamente: tanto che l'Alinovi, dopo aver ben ponderato il lavoro, si leva in piedi e dice al<br />

candidato: «Finora ho fatto l'ufficio dell'esaminatore rigoroso, ora faccio quello di ammiratore. Questa Fuga è<br />

degna di Maestro consumato; mer<strong>it</strong>evole di essere stampata. Ella ha tanta scienza da fare il Maestro a Parigi,<br />

a Londra, nonchè a Busseto. Io le confesso che non avrei fatto in un giorno intero ciò ch'ella ha fatto in poche<br />

ore».


La testimonianza è resa per lettera dal Molossi, alto impiegato del Governo ducale di Parma, ad un<br />

amico, il Finola.<br />

Giuseppe Verdi è proclamato vinc<strong>it</strong>ore, nonostante un miserevole tentativo, da parte di avversari<br />

petulanti, di far annullare il concorso per vizio di forma.<br />

Nominato Maestro della Scuola di Musica del Comune di Busseto, il 20 aprile 1836 stipula con il Podestà<br />

Accarini la «convenzione» relativa.<br />

Le nozze.<br />

Il sogno d'amore di Giuseppe e di Margher<strong>it</strong>a si compie e si corona di rose il 4 maggio seguente. Alla festa<br />

nuziale assiste esultando la Società Filarmonica intera. I familiari sono felici.<br />

Dopo un breve viaggio di nozze a Milano, i giovani sposi prendono alloggio nel palazzo Rusca, vicino a<br />

casa Barezzi.<br />

Bei tempi, pieni di promesse! A quelle due anime in fiore tutto sorrideva oramai: il pane sicuro e la fede,<br />

tanta fede, nell'avvenire.<br />

Nella loro dimora si facevan belle adunate e accademie musicali. Il neomaestro spiegava una attiv<strong>it</strong>à<br />

intensissima, adempiendo con rigorosa coscienza i suoi doveri professionali. Ma le sue cure maggiori<br />

erano per l'Oberto, naturalmente. Il primo sogno dei giovani compos<strong>it</strong>ori è quasi sempre quello dell'opera,<br />

gloria della tradizione <strong>it</strong>aliana. Verdi poi ci si sentiva spinto da un istinto irresistibile e prepotente.<br />

Nell'ottobre del '36 poteva dire di aver compiuto il lavoro.<br />

Nel frattempo (14 settembre) era morto il Lavigna, colp<strong>it</strong>o da apoplessia. Gran dolore dell'antico<br />

discepolo: memorie, grat<strong>it</strong>udine, rimpianto.<br />

A Busseto continuano le discordie fra le due fazioni. Verdi ci si sente a disagio e vuole sottrarvisi.<br />

L'Oberto potrebb'essere la tavola di salvezza a cui aggrapparsi per non naufragare in quel mare di<br />

chiacchiere, di subdole invidie, di piccole miserie: per uscirne, insomma, una volta per sempre. Ma, e gli<br />

impegni verso il Municipio? Eppoi, far rappresentare un'opera nuova non è cosa facile. E dove, se mai? A<br />

Milano, impossibile, almeno per il momento. Guarda a Parma e pone di mezzo conoscenze autorevoli. Si<br />

alternano speranze e delusioni; infine deve mettere il cuore in pace: non gli resta che dedicarsi<br />

interamente alle sue mansioni di insegnante e di direttore di orchestra e di banda. Allievi di pianoforte e<br />

di armonia si avvicendano nella sua scuola e gli si affezionano perchè molto lo stimano; e non c'è quanto<br />

la stima che possa mutarsi in amore e l'amore in prof<strong>it</strong>to. I giovani hanno una sensibil<strong>it</strong>à tutta<br />

particolare che li rende giudici immediati dei loro insegnanti.<br />

Un evento di grazia innocente conforta come d'un premio la sua operos<strong>it</strong>à instancabile. Un primo fiore<br />

sboccia nell'aiuola del suo giardino e del suo cuore. Nel marzo del '37 gli nasce una bimba, a cui dà il<br />

nome di Virginia. Egli ha letto la storia e le tragedie alfieriane. Una tradizione di cast<strong>it</strong>à e di forza -<br />

quella della fanciulla plebea fidanzata a Lucio Icilio e sacrificata dal padre Virginio per non vederla<br />

preda del violento decemviro Appio Claudio — si compendia in quel nome, dato alla sua creatura come<br />

una difesa di pur<strong>it</strong>à. un roseo vincolo che stringe ancor più i giovani sposi, unendo la materna letizia di<br />

lei alla intener<strong>it</strong>a fierezza di lui, lanciato col sogno verso le più alte cime della gloria. Fra una lezione e<br />

l'altra egli corre a vagheggiare la sua creaturina, e un giorno, chino sulla sua culla, compone di getto una<br />

romanza su parole improvvisate: Mia Virginia, sei tu sola..., nenia soave e appassionata, che andrà<br />

perduta e resterà soltanto nella tradizione familiare, come testimonianza del suo amore paterno.<br />

L'ansia della ribalta non gli dà tregua. Vuol cimentarsi con l'Oberto nel gran duello fra l'artista e il<br />

pubblico e provare se stesso e le proprie forze. Bisogna far capo a un impresario. Alla Scala c'è il Merelli,<br />

autorevolissimo e potentissimo; difficile però, specialmente per uno sconosciuto, arrivare fino a lui.<br />

Tuttavia, osa: scrive al Massini perchè voglia interporsi. Naturalmente, manderebbe prima la part<strong>it</strong>ura,<br />

disposto a inchinarsi dinanzi a qualsiasi giudizio, in omaggio alle superiori ragioni dell'arte.<br />

Ma dal Massini, altrimenti impegnato, non riceve risposta, ed egli si estenua nell'ombra, tra le fatiche<br />

della v<strong>it</strong>a professionale che, se giova a tenerlo in esercizio, ne mortifica e immalinconisce lo spir<strong>it</strong>o,<br />

anelante a ben altri voli, mentre il Merelli se ne sta nel suo Olimpo, fra dive e divi più o meno rissosi, cui<br />

va dispensando il suo sorriso lusingatore che abilmente dissimula gli accorgimenti e le scaltrezze del suo<br />

mestiere.<br />

In quella prima metà dell'Ottocento impresari e cantanti erano gli arb<strong>it</strong>ri del teatro. Questi premevano<br />

su quelli, e quelli sui compos<strong>it</strong>ori, per ottenerne arie che consentissero loro di fare sfoggio di virtuosismi<br />

canori: malvezzo di origine settecentesca, quando la maggior parte del pubblico andava a teatro per<br />

ascoltare soltanto. le arie dei suoi favor<strong>it</strong>i e ingannava il tedio delle altre scene o giocando o cenando nei<br />

palchetti, fino al momento desiderato.<br />

Ma se anche certe esigenze e licenze dei cantanti erano ormai superate, l'impresario, ai tempi di cui<br />

parliamo, imperava su tutti; gestiva in appalto per un dato periodo uno o più teatri, faceva e disfaceva a


suo talento, creava glorie a suo personale prof<strong>it</strong>to e doveva, naturalmente, conciliare l'interesse proprio<br />

con le ragioni dell'arte.<br />

In questa categoria di speculatori primeggiava l'impresario a cui Verdi sarebbe voluto arrivare col suo<br />

Oberto. Bartolomeo Merelli, detto il “Napoleone degli impresari”, non conosceva lim<strong>it</strong>i alla sua potenza<br />

d<strong>it</strong>tatoriale. Bergamasco di nasc<strong>it</strong>a (1793), era stato allievo di musica di Simone Mayr, insieme col<br />

Donizetti, con cui strinse un'amicizia fraterna, divenuta poi collaborazione artistica. Aveva ingegno<br />

pronto, proclive alle lettere e alla verseggiatura, che gli fluiva da una facile e scorrevole vena. Tale<br />

collaborazione ufficialmente iniziata con l'operaEnrico di Borgogna, di cui il Merelli scrisse il libretto e<br />

curò la messa in scena, doveva determinare la fortuna d'entrambi nei campi diversi dell'operista e<br />

dell'impresario.<br />

Singolare e rapida carriera, quella del Merelli! Giovanissimo, andò a Milano e, per le sue inclinazioni<br />

personali, riuscì ad impiegarsi presso un'agenzia teatrale. Un intu<strong>it</strong>o psicologico finissimo lo rese in breve<br />

esperto e padrone di quell'ambiente d'intrighi, di invidie, di smodate ambizioni e di meschine gloriole.<br />

Il fiuto degli affari, l'audacia, lo slancio delle iniziative, la competenza nel giudicare di musica e un po' di<br />

tutte le arti, insieme con qual<strong>it</strong>à fisiche non comuni, come aspetto piacevole, maniere seducenti, parola<br />

facile e armoniosa, cond<strong>it</strong>a spesso di facezie anche troppo ard<strong>it</strong>e, favorirono la sua fortuna. Conosciuto<br />

l'ambiente e messo da parte ogni scrupolo, riuscì in breve a balzare da umile commesso di agenzia al<br />

grado di Ispettore degli Imperiali e Regi Teatri di Vienna. La sua autor<strong>it</strong>à si estese rapidamente sui<br />

principali teatri d'Europa, dominando compos<strong>it</strong>ori ed artisti. Rossini, Bellini, Donizetti scrivevano opere<br />

da lui ordinate: cantatrici e ballerine di grido erano ai suoi piedi per ricevere paghe favolose che egli<br />

dispensava da gran signore. Teneva uno splendido appartamento a Milano, ricco di opere d'arte, nel<br />

quale riceveva principescamente i personaggi più cospicui.<br />

Ma quel mondo f<strong>it</strong>tizio doveva necessariamente crollare: destino fatale di tutte le fortune con<strong>qui</strong>state<br />

con mezzi non sempre lec<strong>it</strong>i, speculando sulle debolezze umane.<br />

Morì vecchissimo e quasi povero.<br />

***<br />

Verdi, sempre a Busseto, lavora; ma è triste, annoiato, deluso. Quella v<strong>it</strong>a chiusa e meschina di paese lo<br />

soffoca. Vede scorrere inesorabile il tempo senza poter muovere un sol passo verso la mèta agognata.<br />

E già il 1838. L'undici luglio divien padre nuovamente. Questa volta è un maschio che nasce. I nomi di<br />

Icilio Romano Carlo Antonio che gli vengono imposti legano il ricordo ideale della fierezza antica con la<br />

realtà presente di affetti familiari dolcissimi nei nomi e nelle persone di suo padre e del suo caro Barezzi.<br />

Ma nemmeno questo evento vale a frenare il suo desiderio di liberazione, a circoscrivere le sue aspirazioni<br />

nell'àmb<strong>it</strong>o modesto di una monotona esistenza provinciale. Il genio è per sua natura ribelle; vuole<br />

sfidare il rischio e piegare il destino, a costo di morirne.<br />

Un primo lutto domestico lo colpisce. Un mese dopo la nasc<strong>it</strong>a di Icilio, muore Virginia, all'età di un<br />

anno e mezzo. Non potrà più cantare, chino su lei, la nota nenia: Mia Virginia, sei tu sola..., perchè ella è<br />

già con gli angeli e la culla deserta accoglierà soltanto le lacrime de' suoi occhi.<br />

I due sposi, desolati, non possono ormai più vedersi a Busseto. Andare a Milano significherebbe rinascere<br />

a nuove possibil<strong>it</strong>à di carriera e di v<strong>it</strong>a.<br />

Sogni.<br />

La metropoli lombarda, infatti, offriva sin d'allora prospettive di lavoro in ogni campo a chiunque<br />

avesse qualche capac<strong>it</strong>à e molto buon volere; primato invidiabile della cara c<strong>it</strong>tà, la quale può ben<br />

vantarsi di non aver mai chiuso le porte ad alcun forestiero che fosse degno del suo aiuto e della sua<br />

stima.<br />

La v<strong>it</strong>a intellettuale si raccoglieva intorno alla contessa Clara Maffei, gentildonna s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a per nobiltà di<br />

spir<strong>it</strong>o, patriottismo, cultura, senso del bello. Apparteneva alla famiglia Spinelli-Carrara di Bergamo ed<br />

aveva sposato Andrea Maffei, trentino, maggiore di lei per età, uomo affabile, elegante, signorile, poeta<br />

di buona vena classicheggiante e tuttavia traduttore di Schiller, Goethe, Milton, Byron che i romantici<br />

consideravano come maestri. Si era stabil<strong>it</strong>o a Milano come addetto al Tribunale d'Appello. Il salotto che<br />

sua moglie aveva aperto nel '34 e che doveva poi divenire famoso, ebbe dapprima un carattere fra<br />

mondano ed artistico; più tardi accolse anche figure pol<strong>it</strong>iche di prim'ordine. Ambìto r<strong>it</strong>rovo degli<br />

ingegni più brillanti del tempo, vantò la frequenza di artisti d'ogni arte: fra i p<strong>it</strong>tori l'Hayez e il Rossi, fra<br />

gli scr<strong>it</strong>tori, il Grossi, il D'Azeglio, il Carcano.<br />

***<br />

Verdi, con la sua famigliuola, giungeva a Milano la sera dell'8 settembre e si allogava provvisoriamente<br />

presso il prof. Seletti.<br />

Eran giorni di festa, quelli, per gli Austriaci e gli austriacanti. Due giorni prima, l'imperatore Ferdinando<br />

era stato solennemente incoronato nel Duomo, e il 2 dello stesso mese si era inaugurata in onore dei


Sovrani la grande stagione d'opera e ballo alla Scala, per la quale erano stati scr<strong>it</strong>turati cantanti celebri<br />

come la Boccabadati, la Tadolini, il Marini, il Donzelli, il Winter.<br />

Grandi cose, dunque: balli, luminarie, cortei, riviste mil<strong>it</strong>ari. Ma Verdi, sbalzato all'improvviso dal<br />

silenzio del piccolo paese in mezzo a tutto quel trambusto della grande c<strong>it</strong>tà, non se ne occupava né vi si<br />

smarriva, perchè inteso alle cose sue e sorretto dalla speranza di poter varare l'Oberto, di cui aveva<br />

portato seco lo spart<strong>it</strong>o completo. Ma il Merelli era una vetta pressoché inaccessibile.<br />

Né l'ottobre torna per poco a Busseto e, consenziente il Barezzi che ne comprende le leg<strong>it</strong>time<br />

aspirazioni, si dimette dal posto di Maestro di Musica, ivi coscienziosamente tenuto per oltre due anni.<br />

Non ha egli il dir<strong>it</strong>to e il dovere di tendere ad un avvenire migliore per sé e pe' suoi?<br />

Le sue dimissioni vengono accettate dal Podestà con vivo rammarico proprio e della c<strong>it</strong>tadinanza. E il 6<br />

febbraio del '39 riparte defin<strong>it</strong>ivamente per Milano, dove il 1° di aprile si inizierà alla Scala la grande<br />

Stagione di Primavera, con un complesso di ottimi artisti.<br />

Appare frattanto sull'orizzonte scaligero un nuovo astro: Giuseppina Strepponi.<br />

La Strepponi e l'«Oberto».<br />

Quella donna veramente eccezionale per doti spir<strong>it</strong>uali ed artistiche era nata a Lodi nel 1815. Suo padre<br />

Feliciano, buon musicista, aveva composto melodrammi tragici e giocosi fra cui un Ullà di Bassora, su<br />

libretto di Felice Romani, esegu<strong>it</strong>o alla Scala nel '31 ben <strong>qui</strong>ndici volte. Dopo una v<strong>it</strong>a ag<strong>it</strong>ata di<br />

emozioni e di strapazzi che logorò la sua già cagionevole salute, si spense ancor giovane nel '32 a Trieste,<br />

ove si era condotto co' suoi quattro figliuoli.<br />

Giuseppina, che aveva ricevuto da lui la prima educazione musicale, ne aveva derivato anche l'ingegno<br />

vivace, il temperamento sensibile, la passione per la scena. Dotata di bella voce, era stata accolta all'età<br />

di <strong>qui</strong>ndici anni nel Conservatorio di Milano e vi si era sub<strong>it</strong>o affermata per la buona preparazione e per<br />

l'intelligenza versatilissima. Mortole il padre dopo soli due anni di Conservatorio, potè continuare gli<br />

studi gratu<strong>it</strong>amente e ne uscì diplomata nel '34, ottenendo il primo premio per «il bel canto».<br />

La fine del padre aveva colmato di tristezza il suo spir<strong>it</strong>o. Si trovò sola e smarr<strong>it</strong>a con un cumulo di<br />

responsabil<strong>it</strong>à superiore alle sue deboli forze. Doveva provvedere al sostentamento della famiglia e fare<br />

onore alla memoria paterna e alla scuola dond'era usc<strong>it</strong>a: lotte angosciose fra la realtà e il sogno. Si<br />

sentiva spinta irresistibilmente verso il teatro, pur presentendo le insidie che esso celava. Tuttavia,<br />

doveva tentare la prova. Dopo due concerti trionfali a Lodi e ad Adria, che le diedero la misura delle<br />

proprie forze e l'esperienza dei primi contatti col pubblico, eccola alla prova decisiva della ribalta. Nel<br />

carnevale del '35 cantò al Teatro Grande di Trieste nellaMatilde di Shabran di Donizetti. Il successo fu<br />

tale che ella si trovò d'un tratto celebre in tutt'Italia e disputata dai più noti impresari del tempo, il<br />

Lanari, il Merelli, il Bonola. Essa, infatti, riuniva in sé, in perfetta armonia, qual<strong>it</strong>à ideali: bella voce,<br />

passional<strong>it</strong>à drammatica e grazia lirica. Anche il suo fisico la rendeva piacevole. Non alta né<br />

propriamente bella di volto, possedeva tuttavia lineamenti espressivi e modi signorili.<br />

Purtroppo l'incontro col Merelli, se le giovò nelle fortune dell'arte, le fu causa di pene tristissime nella<br />

v<strong>it</strong>a. Inesperta, cadde fra le spire di quell'uomo affascinante e senza scrupoli. Ne ebbe un figlio che morì<br />

adolescente. Esperienza angosciosa: una croce sul suo cammino, alla quale tornò poi sempre col pensiero<br />

per deporvi il fiore di una insanabile malinconia. Un attimo di smarrimento può costare una v<strong>it</strong>a di<br />

dolore.<br />

La giovane cantatrice ebbe la forza di risorgere; ciò che è delle anime degne. La reazione fu salutare. Il<br />

pentimento la redense da una colpa non rara, purtroppo, dietro le <strong>qui</strong>nte, ove tutto sembra cospirare al<br />

perdimento, fra luci che accecano, applausi che inebbriano, profumi che stordiscono.<br />

Perfino l'ombra del suicidio passò paurosa sulla sua fronte, ma fu un istante; ed ella potè rialzarla,<br />

illuminata da un'anima che dalla prova amarissima aveva ac<strong>qui</strong>stata una maggiore limpidezza.<br />

La via della gloria era aperta ormai alla sua volontà, alla sua bravura d'interprete, alla sua passione<br />

d'artista.<br />

Verdi conobbe la Strepponi a Milano nella primavera del '39, quando cantava in una stagione quasi<br />

interamente donizettiana. Egli le si presentò per farle sentire la musica dell'Oberto: unica via, forse, per<br />

giungere al Merelli. La celebre cantatrice lo ascoltò benevolmente. Intu<strong>it</strong>iva e sensibile, vide fors'anche<br />

una luce nuova in quegli occhi fermi e pensosi che si fissavano ne' suoi; forse, ne' modi contenuti e schivi<br />

di lui indovinò una certa aristocrazia morale, piuttosto rara negli uomini che la circondavano. Ma<br />

soprattutto nelle note dell'Oberto ne vide balenare l'ingegno, e se ne dichiarò ammirata. Ne parlò al<br />

Merelli, e si combinò che l'opera verrebbe esegu<strong>it</strong>a in una serata della stagione stessa, a beneficio del pio<br />

Ist<strong>it</strong>uto Filarmonico. Avrebbero cantato con lei il bar<strong>it</strong>ono Ronconi e il tenore Moriani. Ma il Moriani<br />

ammalò e lo studio dell'opera venne rimandato.<br />

Verdi, ormai avvil<strong>it</strong>o, stava per tornarsene a Busseto, benchè non si nascondesse che certi r<strong>it</strong>orni nei<br />

piccoli paesi sogliono essere giudicati come delle sconf<strong>it</strong>te; quando una mattina gli si presentò un


inserviente della Scala a chiamarlo a nome del Merelli. E’ facile immaginare la sua sorpresa. Vi si recò<br />

sub<strong>it</strong>o, e si sentì dire press'a poco così: «La Strepponi mi ha parlato bene di voi e della vostra opera. Sono<br />

disposto a farvela rappresentare nella stagione d'autunno e senza spese da parte vostra; divideremo solo il<br />

guadagno. Bisognerà, però, modificare le tess<strong>it</strong>ure, non avendo io più gli artisti dell'altra volta, e anche il<br />

libretto, perchè privo di azione, di caratteri e di casi interessanti. Potrete rivolgervi, per questo, al Solera».<br />

***<br />

Temistocle Solera, di Ferrara, si era fatto notare a Milano, dove viveva, e altrove, per un volume di<br />

versi, I miei primi canti, e per un inno, L'amnistia, scr<strong>it</strong>to per l'incoronazione dell'imperatore<br />

Ferdinando. Aveva appena una ventina d'anni e possedeva già una buona cultura letteraria e musicale.<br />

Fra Verdi e lui si stabilì una collaborazione d'arte che divenne in breve amicizia. Entrambi posero mano<br />

a quel povero libretto, figlio ormai di troppi padri per poter vantare una leg<strong>it</strong>tima origine. Poi il<br />

compos<strong>it</strong>ore die' mano alla parte esclusivamente a lui riservata.<br />

Eccolo al lavoro. L'alloggio che egli occupa con la sua famigliuola nel rione di Porta Ticinese è misero e<br />

angusto; ma le pareti si dilatano e si illuminano della sua speranza. Che sono mai certi disagi, quando si è<br />

animati da una fede?<br />

Eppure, un destino avverso lo persegu<strong>it</strong>a. Ancora una volta la morte entra nella sua casa, e si porta via<br />

fra le braccia il piccolo Icilio. E’ ottobre, quando cominciano a ingiallire le foglie. I giovani sposi si<br />

sentono sperduti nella c<strong>it</strong>tà rumorosa, lontano dai loro cari. Ci sarebbe da disperarsi, se la realtà non<br />

imponesse loro di vivere. Bisogna (contrasto amaro e spietato) cominciar sub<strong>it</strong>o le prove.<br />

Il 17 novembre l'Oberto va in iscena, con la Raineri-Marini, il basso Marini suo mar<strong>it</strong>o, la Shaw e il tenore<br />

Salvi. Molti Bussetani sono presenti. L'opera, che si ripeterà per quattordici sere, piace, non ostante il<br />

parere contrario dei sol<strong>it</strong>i invidiosi; abbastanza, perchè il Merelli, che ha buon fiuto, commetta allo<br />

sconosciuto di ieri tre nuove opere per la Scala, dietro compenso di quattromila lire austriache ciascuna.<br />

Intanto incarica il poeta Gaetano Rossi, di scrivergli un libretto; ilProscr<strong>it</strong>to, ma esso non piacerà a<br />

Verdi. Allora il Merelli propone a quest'ultimo di lasciar sospesa l'opera seria e di comporre invece<br />

un'opera buffa. Verdi si accinge a musicare Il finto Stanislao, ovvero Un giorno di regno, libretto di Felice<br />

Romani, ma si ammala di gola e deve tenere il letto per alcuni giorni.<br />

Scade frattanto l'aff<strong>it</strong>to alla fine di marzo. L'infermo non ha più un soldo. Come fare? La sua donna, che<br />

tutto darebbe pur di sollevarlo da ogni pena, vende i pochi oggetti d'oro che le sono rimasti. Ma il destino<br />

è sempre crudele contro i grandi predestinati. Ai primi di giugno, Margher<strong>it</strong>a ammala di encefal<strong>it</strong>e e il<br />

18, giorno del Corpus Domini, muore. Suo padre, l'ottimo Barezzi, è giunto appena in tempo a<br />

raccoglierne l'ultimo respiro.<br />

***<br />

Verdi ora è solo: tragica sol<strong>it</strong>udine di un abbandono disperato, nella rovina dei ricordi più cari. Un'altra<br />

fossa lungo la sua via, ove sono ormai più i cipressi che non le rose della giovinezza. Si è spenta la sua<br />

luce. Ed era così dolce sentirsela al fianco durante le giornate laboriose e le notti insonni; vigile custode<br />

de' suoi sogni, compagna fedele delle sue lotte, ispiratrice dei suoi canti più belli! Tutto è fin<strong>it</strong>o; e ora ben<br />

potrebbe egli ripetere a se stesso i versi del poeta francese: «quand mon coeur brillant poursuiva<strong>it</strong> ces beaux<br />

songes, — hélas! je m'enveillais dans la nu<strong>it</strong> d'un cercueil».<br />

Sepolta la sua cara, torna a Busseto presso il gran cuore del suocero; ma è tanto depresso, che non vuol<br />

più tornare a Milano, né scriver musica. Vorrebbe sciogliersi dal contratto col Merelli, ma questi non<br />

cede. E allora Verdi deve tornare a Milano e, crudelissima ironia, mantenere l'impegno dell'opera buffa.<br />

Come ridere e far ridere, se il cuore piange? Un giorno di regno vide la ribalta il 5 settembre, ma cadde<br />

inesorabilmente. Se ne diede una sola rappresentazione. La musica fu giudicata inferiore a quella<br />

dell'Oberto; ma all'insuccesso contribuirono anche una esecuzione e un apparato scadenti: cantanti<br />

svogliati, scenari e costumi men che mediocri. Persino nel t<strong>it</strong>olo il sarcasmo dei cr<strong>it</strong>ici ebbe buon gioco a'<br />

suoi umori ingenerosi; e quel pubblico stesso che aveva nell'Oberto salutato un giovane compos<strong>it</strong>ore<br />

destinato alla gloria, ora, come sempre, dimentico, lo rinnegava.<br />

***<br />

Verdi, dunque, non vuole più comporre. Il Merelli lo manda a chiamare, lo conforta, lo incoraggia, gli dà<br />

del «ragazzo capriccioso»; in ottobre ne rimette in scena l'Oberto, che verrà ripetuto diciassette sere. Alla<br />

fine, vedendo che è ormai impossibile rimuoverlo dalla sua decisione, gli rest<strong>it</strong>uisce il contratto,<br />

riconfermandogli tuttavia la sua fiducia. E’ giovane. Si riprenderà e scriverà tante altre cose belle.<br />

«Basterà — conclude —che tu mi avverta due mesi prima di una stagione, e l'opera che avrai scr<strong>it</strong>ta verrà<br />

rappresentata».<br />

Verdi, persistendo il suo stato di depressione, passa giorni tristissimi. Ai primi di novembre rispedisce i<br />

pochi mobili a Busseto. Lugubre convoglio. Anche le cose piangono con noi, quando la nostra anima<br />

piange. Par quasi che con quelle poche suppellettili se ne vadano per sempre anche le sue speranze. Egli<br />

resta, tuttavia a Milano, in una modestissima camera mobiliata in Via Durini e prende i pasti lì presso,


nell'antica Osteria di San Romano. Ha pochi amici. Sempre più chiuso in se stesso, sempre più sol<strong>it</strong>ario, si<br />

màcera in un silenzio angoscioso.<br />

1.<br />

PATRIA E ARTE<br />

II<br />

L’ASCESA<br />

«Nabucodonosor»<br />

Ed ecco, una sera d'inverno, uscendo dalla trattoria, s'imbatte nel Merelli. Nevica. La Galleria De<br />

Cristoforis è deserta. Il Merelli se lo prende sotto braccio e lo inv<strong>it</strong>a ad accompagnarlo alla Scala. Gli<br />

confida le sue preoccupazioni per l'opera nuova che deve dare a quel teatro nella Stagione di Carnevale e<br />

Quaresima.<br />

Ha proposto al Nicolai un libretto, il Nabucco del Solera, ma quegli non vi è propenso, nonostante la<br />

grandios<strong>it</strong>à del soggetto, l'efficacia drammatica delle scene c la bellezza dei versi: una magnificenza,<br />

insomma, al dire di lui. Verdi propone al Merelli di cedere al Nicolai il libretto del Proscr<strong>it</strong>to che<br />

dovrebbe musicare egli stesso, e quegli accetta.<br />

I due sono giunti intanto alla Scala e continuano a conversare nel camerino dell'impresario.<br />

Merelli offre a Verdi in cambio del Proscr<strong>it</strong>to il libretto delNabucco. Il maestro non ne vuol sapere; l'altro<br />

insiste: «Leggilo, e poi me lo riporterai» e tanto fa, che quegli finalmente lo arrotola («era un gran copione<br />

a caratteri grandi») e se ne torna a casa.<br />

Lasciamo <strong>qui</strong> la parola a Verdi stesso, trascr<strong>it</strong>ta dall'ed<strong>it</strong>ore Giulio Ricordi in una pubblica, preziosa<br />

testimonianza: «Strada facendo mi sentivo addosso una specie di malessere indefinibile, una tristezza somma,<br />

un'ambascia che mi gonfiava il cuore!... Mi rincasai e con un gesto quasi violento, gettai il manoscr<strong>it</strong>to sul<br />

tavolo, fermandomici r<strong>it</strong>to in piedi davanti. Il fascicolo cadendo sul tavolo stesso si era aperto: senza saper<br />

come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi, e mi si affaccia questo verso:<br />

Va', pensiero, sull'ali dorate.<br />

Scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione, tanto più che erano quasi una parafrasi della<br />

Bibbia, nella cui lettura mi dilettavo sempre.<br />

Leggo un brano, ne leggo due: poi, fermo nel propos<strong>it</strong>o di non scrivere, faccio forza a me stesso, chiudo il<br />

fascicolo e me ne vado a letto... Ma sì!... Nabucco mi trottava pel capo... il sonno non veniva: mi alzo e leggo<br />

il libretto, non una volta, ma due, ma tre, tanto che al mattino si può dire ch'io sapevo a memoria nato quanto<br />

il libretto di Solera.<br />

Con tutto ciò non mi sentivo di recedere dal mio propos<strong>it</strong>o, e nella giornata r<strong>it</strong>orno al teatro e rest<strong>it</strong>uisco il<br />

manoscr<strong>it</strong>to a Merelli.<br />

Bello, eh? mi dice lui.<br />

Bellissimo.<br />

Eh!... dunque, mettilo in musica!...<br />

Neanche per sogno... non ne voglio sapere.<br />

--- Mettilo in musica, mettilo in musica!...<br />

E, così dicendo, prende il libretto, me lo ficca nella tasca del soprab<strong>it</strong>o, mi piglia per le spalle, e con un urtone<br />

mi spinge fuori del camerino non solo, ma mi chiude l'uscio in faccia con tanto di chiave.<br />

Che fare?<br />

R<strong>it</strong>ornai a casa col Nabucco in tasca: un giorno un verso, un giorno l'altro, una volta una nota, un'altra volta<br />

una frase... a poco a poco l'opera fu composta. Eravamo nell'autunno del 1841…».<br />

***<br />

In soli tre mesi, dunque, aveva scr<strong>it</strong>ta quell'opera. La foga del comporre gli aveva fatto dimenticare i<br />

suoi dolori. Ecco il miracolo che soltanto il lavoro, e specialmente l'arte, può compiere. Solo chi lo ha<br />

provato ne conosce il divino incantesimo. L'anima è rap<strong>it</strong>a in Dio, che consola i suoi privilegiati perchè a<br />

loro volta consolino i dolori del prossimo.<br />

Verdi avrebbe voluto che l'opera si rappresentasse nell'imminente Stagione, ma essendo giù fissate per<br />

essa tre opere nuove di autori rinomati, darne una quarta, e di un autore agli inizi, sarebbe stato un<br />

rischio per tutti e specialmente per l'impresario. Conveniva <strong>qui</strong>ndi aspettare la primavera. Verdi si<br />

oppose recisamente: o in Carnevale o mai più: non voleva perdere l'occasione di avere ad interpreti la<br />

Strepponi e il Ronconi, che sapeva scr<strong>it</strong>turati.


Mandò allora al Merelli, in uno scatto di quella impulsiv<strong>it</strong>à che gli era propria, una «letteraccia di cui<br />

ebbe tosto «una specie di rimorso» e quegli, pur facendo riserve sull'allestimento scenico da raffazzonarsi<br />

alla meglio, finì per cedere; e il Nabucco apparve sul cartellone. Verdi aveva vinto.<br />

Appare, in tale disputa, quella tenacia ostinata e quasi caparbia del suo carattere che molto gli giovò a<br />

raggiungere i suoi scopi e ad imporsi ogni qual volta gli occorse di sostenere le sue buone ragioni.<br />

Agli ultimi di febbraio del '42 cominciano le prove del Nabucco. Stupore di tutti: cantanti cori orchestra.<br />

Il carattere assolutamente nuovo della musica, lo stile rapido e travolgente destano un entusiasmo<br />

indescrivibile. «Era impossibile — scrive il Pougin nella V<strong>it</strong>a aneddotica di G. V. —lavorare in teatro al di<br />

fuori della scena, all'ora delle prove, giacche impiegati, operai, p<strong>it</strong>tori, lampionai, macchinisti, elettrizzati da<br />

ciò che sentivano, lasciavano le loro incombenze per assistere a bocca aperta a ciò che si faceva sulla scena».<br />

A tutto ciò corrispose l'entusiasmo del pubblico durante l'intera serata della prima rappresentazione, che<br />

ebbe luogo il 9 marzo del ’42 «Con quest'opera - - così Verdi al Ricordi - -si può dire che veramente ebbe<br />

principio la mia carriera artistica».<br />

***<br />

La potenza musicale del Nabucco si sovrappose anche alle condizioni dell'allestimento che, non ostante i<br />

ripieghi, parve agli spettatori grandioso. Al trionfo contribuirono certo gli artisti che cantarono con<br />

grande impegno. La Strepponi, benchè nella finzione scenica impersonasse una figura assolutamente<br />

contrastante con le sue qual<strong>it</strong>à interiori — e cioè Abigaille, la schiava accecata dalla gelosia fino alla<br />

crudeltà del tradimento - - fu all'altezza della sua fama e trovò accenti di grande effetto. Certo, operava<br />

in lei e su di lei, oltre che la coscienza della propria responsabil<strong>it</strong>à artistica, anche quella del genio di<br />

Verdi, al cui fascino, forse, non era estranea nemmeno la luce di que' suoi occhi indimenticabilmente<br />

fermi e pensosi. Nasceva qualcosa di nuovo in quella sua anima che sapeva le tristezze e le gioie dell'arte.<br />

Non era ancora l'amore; ma una simpatia spir<strong>it</strong>uale fatta di ammirazione e di fede e alimentata da un<br />

sentimento tutto femminile e quasi materno, nel desiderio di sostenere quel giovane che tanto aveva già<br />

sofferto lungo un cammino che ella per dura esperienza sapeva cosparso di triboli, anche se<br />

v<strong>it</strong>toriosamente iniziato.<br />

I grandi artisti sono sempre dei fanciulli. Verdi, pur nella sua fierezza, era ancora inesperto. La sua<br />

impulsiv<strong>it</strong>à nativa avrebbe potuto comprometterlo nella realtà pratica del vivere. Ella si sarebbe<br />

assunta via via la parte di moderatrice e di intermediaria nei rapporti di lui con ed<strong>it</strong>ori e impresari per<br />

divenire la sua preziosa collaboratrice: aspirazione tanto più nobile, quanto più riservata e pudica:<br />

vedere lui salire nella luce della gloria, e obliare se stessa, r<strong>it</strong>irandosi a poco a poco dalle scene per operare<br />

nell'ombra.<br />

***<br />

Verdi ha ormai trent'anni. Col Nabucco già comincia a delinearsi il suo carattere in quella mirabile<br />

fusione di uomo-artista che, armonizzando la realtà e il sogno, resterà esempio di un e<strong>qui</strong>librio rarissimo<br />

e singolare.<br />

Tale sintesi delle sue facoltà psichiche e artistiche, perfezionata col tempo, dimostrerà poi, a dispetto di<br />

certe teorie pos<strong>it</strong>iviste, le quali nel Genio non sanno vedere se non un prodotto patologico, che in Italia il<br />

Genio è sano come la sua terra e chiaro come il suo cielo.<br />

***<br />

IlNabucco aveva trionfato, sì, per la nov<strong>it</strong>à e la forza della sua musica; ma tale forza veniva a Verdi da<br />

una ispirazione che, se rifletteva un suo sentimento nativo, coincideva con la passione di tutto il popolo<br />

<strong>it</strong>aliano. Il soggetto, impostato sulla schiav<strong>it</strong>ù in cui il re di Babilonia aveva tratto gli Ebrei, trovava<br />

piena rispondenza nelle condizioni pol<strong>it</strong>iche del tempo. Verdi, grande Italiano, con quella sua opera si<br />

fece interprete delle aspirazioni nazionali. Il pianto della tribù d'Israele fu il pianto degli Italiani. Il<br />

lamento famoso con cui il popolo, condotto in serv<strong>it</strong>ù sulle rive dell'Eufrate, salutava nostalgicamente,<br />

in una effusione corale solenne, pacata e dolente, la patria lontana, parve uscisse dal cuore della nazione,<br />

riassumendo in una sola elegia il rimpianto e le speranze di tutti i suoi figli.<br />

ColNabucco la pol<strong>it</strong>ica saliva alla ribalta. Verdi, sin da bambino, aveva visto con angoscioso terrore le<br />

feroci repressioni dei primi moti liberali ordinate dai regimi assoluti. Adolescente, pur fra le cure dello<br />

studio, le preoccupazioni del vivere e le prime durissime lotte per l'arte, aveva accolto nel segreto<br />

dell'anima e per istintivo consenso l’àns<strong>it</strong>o della ribellione e della riscossa. Ora, nell'uomo, l'istinto si era<br />

fatto coscienza; ora egli condivideva con gli esuli, coi cospiratori e coi màrtiri la in<strong>qui</strong>etudine sacra. Di<br />

origine popolana, nutriva il proprio patriottismo del dolore che gli procuravano le sofferenze del popolo<br />

per le miserabili condizioni in cui era tenuto dai Governi reazionari.<br />

I e «romantici» avevano già iniziato quel lavorio di ricostruzione che doveva legare le arti alla v<strong>it</strong>a. Il<br />

Mazzini scuoteva gli ultimi letarghi della Penisola stimolando all'azione eroica con lo stile conc<strong>it</strong>ato e<br />

fremente; il Gioberti andava auspicando la conciliazione della coscienza religiosi con lo spir<strong>it</strong>o<br />

patriottico, ai fini di un rinnovamento civile dell'Italia; il Giusti sferzava gli oppressori con la satira


arguta e tagliente; il Niccolini tuonava contro i tiranni con la violenza delle sue tragedie, e il Guerrazzi<br />

scriveva romanzi che erano battaglie. I germi della rivolta erano oramai caduti sui nostri solchi e il<br />

sangue dei màrtiri li fecondava. Spettava ora a Verdi il mer<strong>it</strong>o di scaldare di patri entusiasmi la musica e<br />

di renderla espressione nazionale, s<strong>qui</strong>llo di risveglio a tutti i popoli asserv<strong>it</strong>i.<br />

***<br />

Col trionfo delNabucco Verdi si trovò alle soglie della celebr<strong>it</strong>à. Gli Italiani sentirono in lui il più fedele<br />

interprete delle loro aspirazioni. Non bastava loro più lo scintillio di Rossini, né la chiar<strong>it</strong>à lunare di<br />

Bellini. Donizetti pure, dopo avere tenuta la scena per vari anni, ora doveva cederne il dominio a Verdi.<br />

E lo riconobbe lealmente. L'indomani della prima rappresentazione del Nabucco, recandosi egli co' suoi<br />

cantanti a Bologna per dirigervi loStabat Mater rossiniano, se ne stette muto e pensieroso durante tutto il<br />

viaggio. I suoi compagni lo sentivano dire soltanto, di quando in quando: «Eppure, è bello, bellissimo!».<br />

Ancor sotto l'impressione della sera prima, presentiva che quel giovane avrebbe preso il suo posto nel<br />

cuore del pubblico. E non s'ingannava.<br />

***<br />

Milano ora apriva porte e finestre alla luce di quella gloria nascente. Patrizi e ricchi borghesi facevano a<br />

gara nell'inv<strong>it</strong>are Verdi e si onoravano di riceverlo nelle loro sale. Questi ora ab<strong>it</strong>ava vicino alla Scala e<br />

ad un tempo a casa Maffei, e diveniva assiduo frequentatore del famoso salotto, stringendo con la<br />

intelligente contessa rapporti di reciproca stima che presto divennero di buona, leale amicizia.<br />

Il Merelli, dopo la terza rappresentazione del Nabucco, lo fece chiamare nel suo camerino e gli disse:<br />

«L'Amministrazione della Scala ti incarica di scrivere un'opera nuova per la prossima Stagione di Carnevale<br />

e di Quaresima. Il successo che hai ottenuto mi vieta di proporti delle condizioni. Eccoti un contratto in<br />

bianco. Metti tu la cifra: e noi ti daremo quello che vorrai».<br />

Verdi chiede consiglio alla Strepponi e questa con fine e discreta saggezza lo induce a concludere per 8000<br />

lire austriache, non più di quanto Bellini aveva ottenuto per la Norma.<br />

Il Merelli rimette in scena il Nabucco, che fra agosto e novembre si rappresenta ben cinquantasette volte:<br />

la cifra documenta l'entusiasmo del pubblico.<br />

***<br />

ColNabucco si è iniziata la prima fase, che si può dire «rivoluzionaria», del teatro verdiano: ep<strong>it</strong>eto<br />

appropriato, sia per la nov<strong>it</strong>à impetuosa della musica, sia per il carattere patriottico degli argomenti che<br />

prenderà a musicare. La maggior parte delle opere che seguiranno sino alla famosa trilogia «popolare» di<br />

Rigoletto,Trovatore eTraviata, sarà pervasa da quest'ansia di libertà e di giustizia. Con Verdi il popolo<br />

salirà i palcoscenici d'Europa a gridare le sue ribellioni e le sue tristezze, e l'arte di lui diverrà uno degli<br />

strumenti più efficaci per colpir l'oppressore. Lo scoppio marziale di un coro varrà l'impeto di un assalto,<br />

e le sue opere avanzeranno agguerr<strong>it</strong>e come manipoli in marcia.<br />

Verdi scriverà in musica la nuova storia d'Italia.<br />

«I Lombardi»<br />

EccoI Lombardi alla prima Crociata. L'argomento è tratto da un episodio del poema omonimo di<br />

Tommaso Grossi; il libretto è del Solera. Come appare dal t<strong>it</strong>olo, l'azione, che si svolge fra Milano,<br />

Antiochia e Gerusalemme, fonde il sentimento religioso con quello eroico, nella luce dell'amore. Dio e<br />

Patria sono ormai i princìpi cari a Verdi e al popolo.<br />

L'aspettativa per quest'opera è enorme. Ma alla vigilia della rappresentazione Verdi ha delle noie. Il<br />

cardinale arcivescovo di Milano, Gaisruk, avuta notizia della cosa, scrive una lettera «fulminante» al<br />

barone Torresani, direttore della Polizia. Ha saputo che nell'opera saranno portati sulla scena elementi<br />

religiosi: impedisca dunque che si compia il sacrilegio, vietando al Merelli la rappresentazione. La Polizia<br />

comunica il «veto» all'impresario e agli autori, e li chiama nel suo ufficio per concordare insieme le<br />

opportune modificazioni. Verdi si rifiuta. «Andateci voi -- dice ai suoi... complici. — Le prove sono<br />

inoltrate, tutto va bene. Io non cambio né una nota né una parola. O così o niente».<br />

Allora vanno dal Torresani solo il Morelli e il Solera. Comincia la discussione. «Tutto è pronto: scene<br />

vestiari cantanti orchestra. L'entusiasmo alle prove è generale. Se Ella, Barone, vieta la rappresentazione, si<br />

rende responsabile della soppressione, forse, di un capolavoro».<br />

Torresani ascolta e infine, levatosi in piedi: «Non sarò io quello – dice -- che tarperà le ali a un giovane così<br />

promettente. Basterà cambiare "Ave Maria" in "Salve Maria"».<br />

In ver<strong>it</strong>à, non avrebbe potuto accontentarsi di meno.<br />

EI Lombardi vengono rappresentati alla Scala l’11 febbraio 1843. La grande attesa non va delusa: l'es<strong>it</strong>o<br />

è trionfale.<br />

L'Italia ha già in Verdi il suo Maestro. Nei Lombardi, come già nel Nabucco, la personal<strong>it</strong>à di lui si<br />

afferma per caratteri inconfondibili di forza, slancio, movimento. I suoi cori trasportano le folle al<br />

culmine dell'entusiasmo.


Specie nelle opere sino al '49, Verdi, più che singolo, sarà numero, più che individuo sarà massa. Questa<br />

tendenza a uscire dall'io lirico per divenire universal<strong>it</strong>à eroica lo farà nostro due volte: per tradizione e<br />

per attual<strong>it</strong>à. Figlio di popolo, sente che, per esserne il leg<strong>it</strong>timo interprete, dovrà dilatarne l'anima in<br />

grandi impeti corali. Questo senso della massa, come sorgente e come sbocco della sua ispirazione, lo<br />

avvicina a quel senso collettivo che permea di sé la nostra v<strong>it</strong>a moderna.<br />

I suoi cori sono e saranno sempre un elemento particolarmente v<strong>it</strong>ale della sua produzione; non già per<br />

ricerca di effetto e di successo, ma perchè egli è convinto che proprio nell'anima del popolo, e non nei<br />

meandri di una psicologia individualistica morbosa e cerebrale, debbano ricercarsi le fonti prime<br />

dell'arte, le più profonde e sincere passioni, i sentimenti che durano eterni. Sempre schietti e vibranti,<br />

essi rapiscono gli ascoltatori in vortici musicali di una suggestione travolgente. I cori del Nabucco,<br />

deiLombardi e dellaBattaglia di Legnano sono esempi non caduchi: grandi affreschi canori, dipinti alla<br />

brava, a sfondo e atmosfera delle azioni: colore popolaresco-nazionale, distribu<strong>it</strong>o a pennellate larghe e<br />

sicure.<br />

***<br />

Comincia per Verdi un periodo di attiv<strong>it</strong>à prodigiosa. I due primi successi gli schiudono le porte degli<br />

ed<strong>it</strong>ori più rinomati, Ricordi e Lucca, e le scene più importanti d'Italia e di fuori. impresari e direttori di<br />

teatri faranno <strong>qui</strong>ndi a gara per commettergli nuove opere, ed egli in soli cinque anni (1844-49) ne<br />

scriverà ben nove. Gli eventi pol<strong>it</strong>ici incalzano e Verdi ne accompagnerà e ne affretterà gli sviluppi,<br />

assecondando la passione civile degli Italiani con la potenza del canto.<br />

In tale periodo egli dominerà, incontestato, le folle. La Patria, o apertamente o sotto il velo dell'allegoria,<br />

vibrerà ugualmente fiera in ciascuna delle sue creazioni di questa prima fase.<br />

Dopo ilNabucco eI Lombardi, ecco infatti, nel '44, l'Ernani, il band<strong>it</strong>o che, indòm<strong>it</strong>o violento ribelle,<br />

trascina la forza del suo braccio e del suo amore in Aragona, in A<strong>qui</strong>sgrana, in Saragozza, gettando un<br />

grido che è come una diana:<br />

«Si ridesta il Leon di Castiglia»;<br />

ecco, nello stesso anno, I due Foscari, in cui il Leone di San Marco, rievocato, risponde alla diana con un<br />

rugg<strong>it</strong>o che è «epos»; ecco nel '45, Giovanna d'Arco, la Pulcella d'Orléans, creatura di sant<strong>it</strong>à e di eroismo,<br />

sacrificarsi alla libertà della Francia, dalla Francia stessa trad<strong>it</strong>a a Compiègne, venduta agli Inglesi e da<br />

questi arsa viva a Rouen; poi, nel '46, l'Attila che fa andare in visibilio il pubblico veneziano della<br />

«Fenice», mentre intorno alla c<strong>it</strong>tà martire è tutta una siepe irta di baionette; ecco, nel '49,la Battaglia di<br />

Legnano, che si rappresenta a Roma poco prima che il Gianicolo si abbeveri del sangue di Morosini e di<br />

Mameli nelle grandi giornate della Repubblica Romana... Appariranno poi sulle scene dell'Opéra di<br />

Parigi nel '55, non appena cioè, i nostri soldati saranno approdati in Crimea,I Vespri Siciliani, l'opera di<br />

lui più profetica: che lo sbarco a Palermo di Giovanni da Pròcida a capo di poche centinaia di valorosi<br />

per liberare l'isola dalla mala signoria angioina, rievocato da Verdi sei secoli dopo il suo avvento, sarà<br />

precorr<strong>it</strong>ore e annunciatore di un altro sbarco che, cinque anni più tardi, in una primavera esultante e in<br />

tutto un ardore di camicie rosse, avverrà proprio in Sicilia per liberare l'isola dall'oppressione borbonica.<br />

Ma seguiamo con più agio questo impetuoso periodo creativo.<br />

A considerare tanta fecond<strong>it</strong>à in così breve tempo, si sarebbe indotti a credere che Verdi si fosse chiuso in<br />

una sol<strong>it</strong>udine rigorosa per darsi tutto al comporre, non distratto da cura veruna. Invece fu quello, forse,<br />

il periodo più ag<strong>it</strong>ato e tempestoso della sua v<strong>it</strong>a di artista.<br />

Non sempre il successo delle sue opere fu pieno e concorde. La cr<strong>it</strong>ica lo addentava, accusandolo di<br />

prof<strong>it</strong>tare degli eventi pol<strong>it</strong>ici per strappare il plauso delle folle. La luna che sorge sorride agli<br />

innamorati, ma fa paura ai bòtoli ringhiosi. Tuttavia egli continuava ad avanzare, indifferente al<br />

biasimo come all'esaltazione.<br />

Né sempre la salute lo assistette; soffriva spesso di mal di stomaco e di gola: donde alternative di<br />

spossamenti inoperosi e di riprese febbrili.<br />

Gli impegni incalzavano ed egli, intransigente con se stesso per un senso innato di prob<strong>it</strong>à e di<br />

correttezza, voleva assolverli. La censura lo tormentava ed egli si difendeva: alle modifiche imposte<br />

opponeva accorti ripieghi, e con la musica diceva quel che i versi del libretto eran costretti a tacere o a<br />

dissimulare. l poeti non sempre lo accontentavano; ed egli doveva metter mano ai libretti, suggerendo o<br />

portandovi modificazioni spesso radicali, all'infuori della verseggiatura. Gli affari inerenti al teatro lo<br />

costringevano a viaggi lunghi e frequenti, a soggiorni lontani; eppure egli trovava tempo e modo di<br />

lavorare ugualmente. E vero che le esigenze strumentali erano allora minori che non oggi; ma non è men<br />

vero che la mano gli scorreva straordinariamente facile sotto l'impeto di una ispirazione sempre viva, a<br />

servigio di una visione teatrale vasta e precisa.<br />

Prodigi del genio, certamente; ma tra quante quali vicende non si compierono essi, nel giro vertiginoso di<br />

quei pochi anni!


Mentre ilNabucco trionfava da per tutto in Italia, Verdi si impegnava col conte Mocenigo, direttore del<br />

teatro «La Felice» di Venezia, a scrivere un'opera nuova per quelle scene, amb<strong>it</strong>issime dai compos<strong>it</strong>ori<br />

più celebrati del tempo.<br />

La ricerca del soggetto lo preoccupò a lungo. L'elemento religioso e soprannaturale delle opere precedenti<br />

più non lo attraeva. Cercava qualcosa che meglio corrispondesse all'in<strong>qui</strong>etudine romantica del suo<br />

temperamento. Egli era, infatti, come dice Carlo Gatti nel suo ottimo Verdi, «appassionato, malinconico,<br />

chiuso, segreto, sol<strong>it</strong>ario, scontento di sé e di tutti, per insoddisfatto desiderio di bene».<br />

Gli fu proposto come librettista il Piave c come soggetto un Cromwell, tolto dal dramma omonimo di<br />

Victor Hugo, che si era messo a capo del movimento romantico in Francia con la famosa Preface del<br />

1827, e che aveva vinta trionfalmente la sua battaglia contro le «parrucche» del tradizionalismo con<br />

l'Ernani, nel febbraio del '30.<br />

Verdi, dopo molte tergiversazioni fra i due argomenti, si accordò finalmente col Mocenigo e col Piave per<br />

l'Ernani e, tutto preso dalla drammatic<strong>it</strong>à del soggetto, lo musicò rapidamente; l'opera fu rappresentata<br />

il 9 marzo 1844 a Venezia, con successo clamoroso. Ben <strong>qui</strong>ndici c<strong>it</strong>tà della penisola vollero riprodurla<br />

entro l'anno stesso.<br />

Libretti e librettisti<br />

Francesco Maria Piave era figlio di un ricco industriale di Murano, la cui fortuna presto decadde.<br />

Giovane di vivo ingegno e di carattere brioso, dové, per le mutate condizioni paterne, cercarsi lavoro a<br />

Venezia. Fu prima correttore di bozze, curando ad un tempo edizioni di opere storiche.<br />

Poeta di larga e facile vena, si dilettava, a sollievo dalle fatiche più gravi, nello scrivere cose fresche e<br />

leggere per musici popolareschi: serenate, canzoni e barcarole che venivano cantate in laguna<br />

sull'accompagnamento delle onde a sciac<strong>qui</strong>o e sul r<strong>it</strong>mico tonfo dei remi, nell'incantesimo delle notti<br />

lunari.<br />

Con l'Ernani ebbero inizio ad un tempo la sua carriera librettistica e quella collaborazione con Verdi che<br />

durò circa un ventennio e alle cui fortune restò poi legato il suo nome. Grande onore, certamente, ma<br />

anche grande Onere.<br />

Verdi fu sempre un despota co' suoi poeti, e il Piave fu di essi il più docile e il più fedele. Per questo forse<br />

lo amò e beneficò largamente, fino a quando, fra le spire della pazzia, a soli cinquantasette anni di età, si<br />

spense miseramente lasciando orfanella una piccola figlia, di cui il Maestro prese a cuore le sorti.<br />

Povero e buon Piave! Non era poeta dappoco, ma la sua fecond<strong>it</strong>à eccessiva gli nocque. Scrisse per<br />

maestri più o meno noti sessantun libretto, dieci dei quali per il solo Verdi, e cioè: l'Ernani,I due Foscari,<br />

ilMacbeth, il Corsaro, loStiffelio, ilRigoletto, la Traviata, ilSimon Boccanegra, l'Aroldo (rifacimento dello<br />

Stiffelio) e laForza del Destino.<br />

Come librettista, il Piave fu ed è tuttora poco stimato e anche deriso; eppure le più belle e più popolari<br />

melodie verdiane presero il volo dalle sue parole. D'altronde, i difetti de' suoi libretti erano in parte i<br />

difetti stessi del libretto in genere. Non ostante la riforma settecentesca di Gluk e del suo poeta Calzabigi,<br />

di cui già dicemmo, il melodramma dell'Ottocento, abbandonato alla corrente romantica, annaspò fra<br />

anacronismi, inesattezze, incongruenze e stramberie fin grottesche. Solo Felice Romani si salvò per<br />

dign<strong>it</strong>à e coscienza d'artista. Dopo di lui, per trovare un librettista veramente nobile, bisognerà arrivare<br />

con un balzo di alcuni decenni ad Arrigo Bo<strong>it</strong>o, del quale diremo più a lungo a suo tempo.<br />

Colpa sì, dei poeti, ma anche di certe correnti d'oltr'alpe a cui essi non seppero resistere. Anche nel<br />

Romani fece capolino il «romanticismo» in ant<strong>it</strong>esi di dramma e commedia, con la Lucrezia Borgia<br />

derivata da Hugo e con l’Elisir d'amore, derivato da Le Philtre dello Scribe. Ma con quale sobrietà e con<br />

qual gusto il Romani seppe attingere e ridurre! Invece i librettisti venuti dopo di lui si abbandonarono a<br />

quella letteratura risonante e malinconiosa, cadendo nella più servile im<strong>it</strong>azione senza aver ala per<br />

sollevarsi in un clima di personale fantasia. Sicché si sarebbe potuto applicare ai loro prodotti la ricetta,<br />

piena di maligna arguzia, che apparve in un opuscolo del 1817, per colpire il melodramma francese, che<br />

era però qualcosa di diverso dal nostro: «Per fabbricare un buon melodramma è necessario prima scegliere<br />

un t<strong>it</strong>olo; poi adattare questo t<strong>it</strong>olo a un soggetto qualunque che conterrà d'obbligo i personaggi seguenti: un<br />

imbecille, un tiranno, una donna innocente e persegu<strong>it</strong>ata, e un cavaliere. Al primo atto si metterà un balletto;<br />

al secondo una romanza, una prigione e delle catene; al terzo un combattimento; al quarto un incendio; al<br />

<strong>qui</strong>nto il tiranno sarà assassinato, la virtù trionferà e il cavaliere sposerà l'innocente persegu<strong>it</strong>ata».<br />

Prima del Romani c'erano stati il Tòttola e il Bèrio; dopo vennero il Bidera, il Solera e il Piave, tutti<br />

mediocri. Si salvò il Cammarano, perché «romaneggiò» senza guastare; non si salvò Andrea Maffei, i cui<br />

pregi di scr<strong>it</strong>tore non bastarono a riscattare il libretto dei Masnadieri. Ma la colpa era anche dei<br />

compos<strong>it</strong>ori in genere, o perché privi di cultura letteraria e di senso cr<strong>it</strong>ico, o perché, fidando troppo<br />

nell'esuberanza della loro vena musicale, credevano di poter supplire con essa alla mancanza di ver<strong>it</strong>à<br />

drammatica e alla sciatteria versaiola dei libretti che loro venivano offerti. Colpa non di tutti, però: chè


se anche Rossini si era mostrato di facile accontentatura servendosi dello Sterbini per ilBarbiere, Bellini<br />

invece aveva voluto Felice Romani per laSonnambula e laNorma; e se quegli, non avendo orecchi che per<br />

ascoltare il tumulto lirico che gli crosciava nell'anima con l'impeto di una cascata, aveva detto: «Datemi<br />

dei versi qualunque e saprò musicarveli», Bellini aveva ribattuto: «Datemi dei buoni versi e io vi farò della<br />

buona musica».<br />

Fra essi, Verdi avrebbe potuto dire: «Datemi delle s<strong>it</strong>uazioni e vi farò della musica»; e, se non lo disse, lo<br />

dimostrò a fatti.<br />

***<br />

Uomo di teatro, esigeva da' suoi poeti «parole sceniche», tali cioè che possedessero in germe s<strong>it</strong>uazioni<br />

drammatiche violente e contrastanti. Più tardi, evolvendosi sempre più verso una sempre maggiore<br />

aderenza della musica al testo letterario, cercherà parole «artistiche» e queste gliele darà soltanto il<br />

Bo<strong>it</strong>o. Ma sino a quando non avverrà l'incontro fortunato, egli musicherà libretti spesso manchevoli nei<br />

versi, ma ricchi di azione e di contrasti, servendosi delle s<strong>it</strong>uazioni per prendere l'avvio, come l'arch<strong>it</strong>etto<br />

si serve dei piani per costruire l'edificio. Su quelle solleverà poi le moli con le sue proprie energie.<br />

Leggerà assiduamente i capolavori del teatro <strong>it</strong>aliano e di quello straniero, sceglierà argomenti, stenderà<br />

canovacci, fisserà scene, distribu<strong>it</strong>i parti e lascerà al poeta soltanto il cómp<strong>it</strong>o di verseggiare, pur<br />

torturandolo a volte anche in questo e costringendolo a fare, disfare, rifare, finché, insomma, non sentirà<br />

appagate pienamente la propria indole e la propria visione.<br />

Del resto, la sua inesorabil<strong>it</strong>à a questo propos<strong>it</strong>o si era rivelata sino dal Nabucco. Verdi stesso<br />

l'ammetteva nelle già c<strong>it</strong>ate confessioni autobiografiche al Ricordi, narrando una «scena comica» ch'ebbe<br />

col Solera, causa un duettino amoroso di quell'opera che a lui non piaceva perché gli sembrava che<br />

raffreddasse l'azione, mentre al poeta seccava di tornare sul già fatto.<br />

«Io tenevo duro ed esso pure. Mi domandò che cosa volevo in luogo del duetto, e gli suggerii allora di fare una<br />

profezia pel profeta Zaccaria: non trovò cattiva l'idea, e coi ma e coi se, disse che ci avrebbe pensato e l'avrebbe<br />

poi scr<strong>it</strong>ta. Non era ciò ch'io voleva, perché sapevo che sarebbero passati molti e molti giorni prima che il<br />

Solera si decidesse a fare un verso. Chiusi a chiave l'uscio, mi misi la chiave in tasca, e tra il serio e il faceto,<br />

dissi al Solera: "Non esci di <strong>qui</strong> se non hai scr<strong>it</strong>to la profezia: eccoti la Bibbia, hai già le parole bell'e fatte".<br />

Solera, di carattere furioso, non pigliò bene questa mia sort<strong>it</strong>a: un lampo d'ira gli passò negli occhi: passai un<br />

brutto momento perchè il poeta era un pezzo d'uomo che poteva aver presto ragione dell'ostinato maestro, ma<br />

d'un tratto si siede al tavolo e un quarto d'ora dopo la profezia era scr<strong>it</strong>ta!...».<br />

***<br />

A questo punto vien fatto di chiederci: deve dunque il librettista essere sempre schiavo del compos<strong>it</strong>ore,<br />

rinunciando alla propria personal<strong>it</strong>à?<br />

Quando non si verifichi il raro, fortunatissimo caso che il musico sia anche poeta (come Wagner e Bo<strong>it</strong>o),<br />

o quello men raro che poeta e musica, pur essendo due persone distinte, vibrino in piena consonanza<br />

ideale e spir<strong>it</strong>uale, avviene clic l'opera o riesca disforme e slegata, o riesca (relativamente) un<strong>it</strong>aria, solo a<br />

patto che il poeta abdichi ai propri intendimenti in osse<strong>qui</strong>o a quelli del compos<strong>it</strong>ore. Allora l'ispirazione<br />

è un fuoco che brucia le parole, è la colata incandescente che liquefa la cera.<br />

Il melodramma, del resto, se in realtà mira ad eserc<strong>it</strong>are una funzione integratrice delle due arti — la<br />

poesia e la musica — non vuol già misconoscere la rispettiva capac<strong>it</strong>à d'entrambe ad una v<strong>it</strong>a autonoma.<br />

Esso è un, organismo tutto particolare, nel quale convengono clementi molteplici e vari, allo scopo di<br />

elevare e risolvere un fatto drammatico nel «clima lirico».<br />

Certo, la s<strong>it</strong>uazione del librettista rispetto al compos<strong>it</strong>ore non fu né sarà mai delle più felici; in generale,<br />

s'intende; ché quando (come nel caso Verdi-Bo<strong>it</strong>o) due artisti s'incontrano in pieno, la loro collaborazione<br />

diviene un connubio d'anime che attinge altezze sovrane.<br />

Purtroppo, nella maggior parte dei casi, il librettista resta sempre al disotto del suo collaboratore,<br />

specialmente di fronte al pubblico: ché, se le cose vanno bene, il mer<strong>it</strong>o è del musicista; se vanno male, la<br />

colpa è del poeta; né più né meno di quel che suole accadere nelle case dove c'è un ammalato: se guarisce,<br />

è la grazia soprannaturale; se se ne va all'altro mondo, è il medico che lo ha fatto morire.<br />

***<br />

L'esigenza di Verdi in fatto di libretti, anche se accentuata a cagione del suo temperamento imperioso e<br />

vol<strong>it</strong>ivo, dipendeva dai fini superiori dell'arte cui tendeva in una continua, assillante ansia di<br />

perfezionamento. Ciò spiega pure la med<strong>it</strong>ata e luminosa evoluzione dell'opera sua.<br />

Psicologo profondo, volle che anche le figure del dramma balzassero vive e scolp<strong>it</strong>e sulla scena. Non<br />

badò, dapprima, che le parole fossero belle e che i versi fossero tondi. Voleva dell'azione, della passione,<br />

del teatro, insomma. Voleva il sospiro individuale e il dramma universale fusi in un impeto solo. E<br />

voleva dell'aria, del sole, della libertà, della Patria. Ecco ciò che salva dal ridicolo l'opera de' suoi poeti e<br />

dà un'anima ai loro personaggi.


Potè così sciogliere dalle ambagi di libretti infelici le grandi figure nate dai cervelli di Shakespeare, di<br />

Hugo, di Byron, di Schiller, col suo infallibile senso del teatro e con la magica forza del suo canto.<br />

Dal 1844 al '49.<br />

Durante l'estate del '44 Verdi prepara I due Foscari per il Teatro Argentina di Roma. Fra Milano e<br />

Busseto passa i giorni lavorando. Gli sono fedelmente vicini il gran cuore del Barezzi e quello non meno<br />

devoto di Emanuele Muzio.<br />

E questi un giovane bussetano che ha buone disposizioni alla musica e che Verdi ha preso con sé come<br />

allievo. Sovvenuto dal Monte di Pietà e dal generoso Barezzi, gli si è posto al fianco, offrendogli tutto se<br />

stesso in una dedizione commovente, ricambiata da una stima cordiale. Ben presto i rapporti fra i due si<br />

fanno intimi. IL Muzio si assume volontariamente il disbrigo di cento mansioni per conto del Maestro,<br />

onde ev<strong>it</strong>argli noie che possano distrarlo dal lavoro. Diviene una specie di suo segretario: dà ordine alla<br />

sua corrispondenza, viaggia con lui o lo precede per trovargli l'alloggio, tratta per lui con ed<strong>it</strong>ori, riduce<br />

part<strong>it</strong>ure, corregge prove di stampa, e tiene un carteggio diligente fino allo scrupolo, anche se<br />

sgrammaticato, col Barezzi per informarlo minutamente di ogni passo del suo Verdi. Nella v<strong>it</strong>a normale<br />

quotidiana alterna le lezioni con gli svaghi; gioca alle bocce con lui, lo rallegra se è di umor nero, lo<br />

conforta nei momenti di pena, ne diviene, insomma, il confidente, pur mantenendo inalterata fra sé e lui<br />

quella rispettosa distanza che deve esistere fra discepolo e Maestro.<br />

Verdi, a Milano, vive raccolto. Si compiace dell'amicizia di pochi buoni, schiva i r<strong>it</strong>rovi mondani pieni di<br />

pettegolezzi, e specialmente le donne che, attratte dal fascino della sua notorietà, vorrebbero circuirlo. Il<br />

suo carattere austero lo sottrae alle frivolezze, agli osse<strong>qui</strong> di convenienza, alle vis<strong>it</strong>e importune.<br />

***<br />

Il 3 di novembre assiste a Roma alla rappresentazione de I due Foscari. L'es<strong>it</strong>o contrastato della prima<br />

serata si muta in trionfo alla seconda, con trenta chiamate all'autore. Tornato a Milano in novembre, si<br />

mette al lavoro per l'impegno che ha col Merelli di fornirgli un'opera nuova per la Stagione di Carnevale<br />

del '45.<br />

Questa volta il soggetto è tratto da La Vergine d'Orléans dello Schiller. Il libretto è del Solera.<br />

L'argomento ha già sedotto altri compos<strong>it</strong>ori: il Kreutzer, un Andreozzi, un Weber (da non confondersi<br />

col grande Carlo, autore dell'Oberon), il Pacini, ecc. Ma il libretto del Solera è brutto. La Giovanna d'Arco<br />

nasce tuttavia, nonostante Verdi debba nel contempo arrabattarsi alle prove deI Lombardi, con cui avrà<br />

inizio la stagione scaligera. Ora se la prende col Merelli perchè, per poter pagare lautamente gli artisti,<br />

lèsina sul resto. Glí scenari sono inadatti, i costumi rabberciati, l'orchestra insufficiente, i cantanti<br />

fiacchi... Perciò, dopo aver protestato con quel vigore risent<strong>it</strong>o e temuto ch'egli usa quando le cose non<br />

vanno come vorrebbe, abbandona I Lombardi alla loro sorte, e si dà tutto alla nuova opera.<br />

Il 15 di febbraio 1845 la Giovanna d'Arco viene rappresentata alla Scala con es<strong>it</strong>o incerto. La cr<strong>it</strong>ica si<br />

mostra severa. L'opera si ripeterà tuttavia per diciassette sere nel mese restante della stagione e passerà<br />

per vari teatri <strong>it</strong>aliani. Ma Verdi dichiara francamente che non scriverà più per la Scala né vi porrà più<br />

piede come autore e nemmeno come direttore. E’ irr<strong>it</strong>ato contro il Merelli per la trascuratezza con cui<br />

pone in iscena le opere in quel teatro, e specialmente le sue.<br />

Nonostante la salute malferma, scrive in venti giorni per il Teatro S. Carlo di Napoli l'Alzira su libretto<br />

del Cammarano, tratto da Voltaire. Nella c<strong>it</strong>tà partenopèa i successi precedenti del Nabucco, de I<br />

Lombardi, dell'Ernani gli hanno preparato un ambiente quanto mai favorevole.<br />

Accòltovi con grandi onori, vi conosce tutto il mondo intellettuale. Cultori di ogni arte fanno a gara per<br />

avvicinarlo. Comincia così la sua comunione spir<strong>it</strong>uale con le arti figurative. P<strong>it</strong>tori e scultori gli parlano<br />

un linguaggio nuovo e schiudono alla sua mente orizzonti impensati.<br />

Fra i tanti, conosce Melchiorre De Filippis Dèlfieo dei conti di Langano, nato a Teramo il 1825,<br />

presentatogli dallo zio di lui barone Genovesi, uno degli aristocratici napoletani più appassionati di<br />

musica.<br />

Il giovane Dèlfico è un tipo singolare, con zazzera e pizzetto a punta. Musicomane, letterato, giornalista<br />

e caricaturista, entra presto nelle simpatie del Maestro, che lo prega di fargli una caricatura Da una ne<br />

verranno centinaia, in tutte le pose... Verdi, in breve, diverrà il soggetto prefer<strong>it</strong>o dell'artista, e se ne<br />

compiacerà.<br />

***<br />

La prima dell'Alzira ebbe luogo il 12 agosto, con es<strong>it</strong>o contrastato.<br />

Come si disse, autore del libretto era Salvatore Cammarano. Due parole intorno a lui non saranno<br />

superflue. Era nato a Napoli nel 1801.<br />

Vero poeta peripatetico, componeva i suoi versi passeggiando sotto il colonnato di S. Francesco di Paola,<br />

di fronte al Palazzo reale, dove, quando era vinto dalla stanchezza, soleva appoggiarsi ad una di quelle<br />

colonne: così che una volta ve lo trovarono addormentato.


Aveva cominciato la sua attiv<strong>it</strong>à melodrammatica nel '34, scrivendo per Donizetti e Mercadante. Scrisse<br />

ben 48 libretti; per Verdi, la Battaglia di Legnano e la Luisa Miller. L'ultimo, il Trovatore, fu interrotto a<br />

cagione di una penosa malattia che da molti mesi lo tormentava e che doveva condurlo al sepolcro poco<br />

dopo, nel '52. Lasciò pertanto l'incarico di finirlo al suo amico Leone Emanuele Bardare.<br />

Miglior successo dell'Alzira otterrà a Venezia il 17 marzo del '46 l'Attila, su libretto del Solera, derivato<br />

da Zaccaria Werner, poeta germanico morto il 1823. La passione di patria si riaffaccia in quest'opera<br />

fosca ma o irresistibile. I sol<strong>it</strong>i cr<strong>it</strong>ici diranno che si tratta di successo pol<strong>it</strong>ico; ma egli, saldo nelle sue<br />

convinzioni, annunciandone l'es<strong>it</strong>o assai lieto alla Maffei, scriverà: “o Gli amici miei vogliono che questa<br />

sia la migliore delle mie opere: il pubblico questiona: io dico che non è inferiore a nessuna delle altre mie... Il<br />

tempo deciderà”.<br />

Fra la prima esecuzione dell'Alzira e quella dell'Attila, sono passati circa sette mesi, durante i quali il<br />

nome di Verdi ha varcato la frontiera. Ed<strong>it</strong>ori ed impresari stranieri hanno cominciato ad attorniarlo; da<br />

Parigi è sceso Leone Escudier, a cui Verdi ha ceduto i dir<strong>it</strong>ti di proprietà per la Francia di tutte le sue<br />

opere, scr<strong>it</strong>te e da scrivere. Da Londra, il Lumley, impresario del Teatro della Regina, che ha già fatto<br />

rappresentare l'Ernani, volendo entrare col Maestro in rapporti anche più stretti, lo ha impegnato per<br />

un'opera da darsi colà.<br />

Tornato a Milano dopo aver assist<strong>it</strong>o a Venezia all'esecuzione dell'Attila, si dispone a un periodo di<br />

riposo, prescr<strong>it</strong>togli dai medici. Invano il Lumley lo tempesta d'inv<strong>it</strong>i perchè si rechi a Londra, ove in<br />

maggio si rappresenterannoI Lombardi alla presenza della Regina: invano l'Escudier lo inv<strong>it</strong>a a Parigi,<br />

facendogli sperare onorificenze e pensioni. Egli resta a Milano, va passeggiando, gioca alle bocce e al<br />

bigliardo col fedele Muzio. Gli impresari lo assillano, i pubblici lo vogliono, i bòtoli ringhiano,<br />

accapigliandosi su giornali e riviste per lui o contro di lui; ma egli di nulla si cura, fuorchè della propria<br />

salute, che va migliorando. Finalmente, benché alquanto svogliato, si inette a cercare un libretto per<br />

compiacere Firenze che, per mille attestazioni ricevute, egli predilige fra le altre c<strong>it</strong>tà. E incerto fra I<br />

Masnadieri di Schiller e il Macbeth di Shakespeare. Si decide infine per Macbeth, ne traccia la vicenda e<br />

incarica il Piave di verseggiarla. Intanto compone anche la musica de I Masnadieri.<br />

Sorge ora un nuovo astro sull'orizzonte teatrale, il ravennate Angelo Mariani che, dapprima violinista,<br />

direttore di banda e compos<strong>it</strong>ore, ha raggiunto trionfalmente il podio di direttore d'orchestra,<br />

affermandosiinterprete impareggiabile delle opere verdiane; e sale al soglio pontificio il card. Mastai-<br />

Ferretti (Pio IX) che pe' suoi sentimenti liberali solleva l'entusiasmo patriottico del popolo (16 giugno<br />

1846).<br />

La figura del nuovo Pontefice non può non attrarre le simpatie generali. E’ buono, giusto, sensibilissimo,<br />

e armonizza in sé mirabilmente le virtù morali e spir<strong>it</strong>uali con le qual<strong>it</strong>à fisiche: bell'aspetto, pronto<br />

sorriso, parola franca, amabil<strong>it</strong>à di modi. Dalla origine patrizia è a lui derivata una signoril<strong>it</strong>à s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a.<br />

Tutto che è in lui contribuisce al suo fascino.<br />

Dal vescovado d'Imola è sal<strong>it</strong>o al pontificato succedendo a Gregorio XVI. Durante il soggiorno imolese<br />

ha letto e med<strong>it</strong>ato Il Primato del Gioberti, Le Speranze d'Italia del Balbo, I casi di Romagna del<br />

D'Azeglio, che lo hanno fortemente commosso. Partendo per Roma ha portato con sé le opere di quei tre<br />

scr<strong>it</strong>tori che hanno destato nel suo spir<strong>it</strong>o nuove aspirazioni di uman<strong>it</strong>à e di giustizia. La inopinata sua<br />

elezione nel Conclave brevissimo lo ha turbato fino a farlo svenire, poi ha rafforzato le sue aspirazioni nel<br />

propos<strong>it</strong>o di eserc<strong>it</strong>are per via di adeguate riforme un governo più temperato che concilii l'Italia con la<br />

Chiesa.<br />

Il 17 luglio, a un mese dalla elezione, vien reso pubblico a Roma un suo ed<strong>it</strong>to che concede l'amnistia a<br />

tutti i detenuti e gli esiliati pol<strong>it</strong>ici. La notizia si diffonde rapidamente; una folla di dimostranti accorre<br />

in piazza del Quirinale, residenza del Pontefice, e Io acclama a gran voce. “Viva Pio IX!” si grida da<br />

ogni parte con insistenza; le grandi vetrate della loggia, che nelle luci del tramonto mandano bagliori<br />

d'incendio, si aprono finalmente, ed ecco il Papa si presenta e pronuncia le grandi parole: “Gran Dio,<br />

bened<strong>it</strong>e l'Italia!”.<br />

Le dimostrazioni si ripetono i giorni seguenti, capeggiate da un popolano generoso, dettoCiceruacchio.<br />

Roma è in preda al delirio: tanto può la speranza nel cuore di un popolo schiavo. Il giubilo ora è generale<br />

nella penisola. La parola di Pio IX valica monti e mari: tutto il mondo la ripete. Il segno della Croce si<br />

stende e si allarga sui quattro orizzonti come a comprendere e cancellare in un solo amplesso ogni<br />

divisione di razze, di credenze, di opinioni pol<strong>it</strong>iche. Le Potenze straniere, meno l'Austria di Metternich,<br />

s'inchinano reverenti: i patrioti <strong>it</strong>aliani d'oltre confine esultano: Mazzini dall'Inghilterra, Garibaldi<br />

dall'America, Carlo Alberto nel Piemonte vedono in quel gesto benedicente il segno di Dio.<br />

Il grido del popolo “Viva Pio IX!” diviene il grido della riscossa e della liberazione; e l'Italia si pone in<br />

marcia per combattere la sua prima guerra d'indipendenza.<br />

L'Austria pertanto si allarma delle riforme del Papa e dei fermenti patriottici che ormai minacciano di<br />

prorompere in moti rivoluzionari. Infatti i sudd<strong>it</strong>i dei vari Stati d'Italia, incoraggiati dall'azione del


Papa, domandano con pubbliche dimostrazioni riforme ai prìncipi che li governano. Ma due solamente le<br />

concedono; Leopoldo II, granduca di Toscana, e Carlo Alberto per il Piemonte. Siamo al '48.<br />

***<br />

Verdi, durante queste vicende, non ha cessato di lavorare, porgendo tuttavia ascolto alle voci della<br />

Patria.<br />

Il suoMacbeth è apparso sulle scene del Teatro La Pergola di Firenze, il 14 marzo '47, accoltovi bene ma<br />

non con l'es<strong>it</strong>o che egli, convinto di avere con esso scr<strong>it</strong>ta la sua opera migliore, si attendeva. Il viaggio<br />

nella c<strong>it</strong>tà toscana gli ha tuttavia giovato sotto altri aspetti. La c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>alianissima, ricca di memorie e di<br />

opere insigni, sparsa di monumenti vetusti, ha rap<strong>it</strong>o il suo spir<strong>it</strong>o in una visione di bellezza e di gloria,<br />

risollevando nella sua immaginazione le grandi ombre di Dante e di Michelangelo, ammon<strong>it</strong>rici e<br />

inc<strong>it</strong>atrici. Ivi ha stretto amicizia con letterati e artisti di fama, come il Capponi, il Niccolini, il Giusti, e<br />

gli scultori Bartolini e Duprè. Col Giusti, anzi, ha avuto occasione di discutere di teatro. Quegli,<br />

riferendosi al soggetto di Macbeth, lo ha esortato a lasciar da parte certi argomenti stranieri, ispirati ad<br />

un romanticismo allucinante e morboso, e ad ispirarsi piuttosto alla realtà dolorosa della nostra passione<br />

nazionale. “... La specie di dolore che occupa ora gli animi di noi Italiani — gli ha scr<strong>it</strong>to poi il poeta<br />

toscano in una lettera nobilissima -è il dolore d'una gente che si sente bisognosa di destini migliori; è il dolore<br />

di chi è caduto e desidera rialzarsi; è il dolore di chi si pente e aspetta e vuole la sua rigenerazione.<br />

Accompagna, Verdi mio, colle tue nobili armonie questo dolore alto e solenne: fa' di nutrirlo, di fortificarlo,<br />

d'indirizzarlo al suo scopo. La musica e favella intesa da tutti e non v'è affetto grande che la musica non valga<br />

a produrre. TI fantastico è cosa che può provare l'ingegno, il vero prova l'ingegno e l'animo».<br />

Fra Londra e Parigi.<br />

Ai primi di giugno Verdi si recò a Londra, per le prove de I Masnadieri. Aveva con sé il fedelissimo<br />

Muzio. Durante il viaggio s'era fermato brevemente a Parigi, per farsi un'idea del Teatro dell'Opéra, ma<br />

ne aveva riportata una impressione sfavorevole per la mediocr<strong>it</strong>à dei mezzi con cui vi venivano allest<strong>it</strong>i<br />

gli spettacoli, sia riguardo ai cantanti, sia riguardo al decoro scenico.<br />

A Londra prese alloggio in un appartamento di gran lusso preparatogli dal Lumley.<br />

Al Teatro della Regina le sue opere, date con artisti di valore, ottenevano successi entusiastici. La sua<br />

presenza in quella cap<strong>it</strong>ale fu salutata con grandi onori. Là ebbe occasione di incontrare più volte<br />

Mazzini, il grande esule.<br />

Il 22 luglio l'opera I Masnadieri andò in scena, diretta da Verdi stesso: es<strong>it</strong>o clamoroso, chiamate senza<br />

fine, cr<strong>it</strong>ica in genere favorevole. Ma egli non era contento di se stesso. Gli artisti veri non si appagano<br />

mai: ogni meta raggiunta è per essi il solco di una nuova aratura. La coscienza agisce come un freno<br />

implicato sulle facili esaltazioni, richiamando alla realtà di orizzonti sempre più vasti e di con<strong>qui</strong>ste<br />

sempre più ardue. Verdi sentiva che I Masnadieri erano, come soggetto, m spaesati al pari del Macbeth.<br />

Il Giusti aveva ragione. Lo Schiller stesso aveva defin<strong>it</strong>a a un mostro la sua tragedia. L'elemento<br />

fantasioso vi dominava in troppo evidente contrasto col verismo che ormai si faceva strada sul teatro e<br />

di cui egli stesso aveva sent<strong>it</strong>a e proclamata l'esigenza con l'Ernani. Opera di crisi interiore, dunque, che<br />

spiega il suo chiuso disagio. I lauti guadagni che aveva fatto e veniva facendo nulla potevano sulle sue<br />

intime lotte.<br />

Infastid<strong>it</strong>o da tutti gli onori di Londra e dal clima umido e nebbioso che noceva alla sua salute, passò a<br />

Parigi, illudendosi di poter vivere tran<strong>qui</strong>llo senza incontrar né impresari né ed<strong>it</strong>ori. Invece vi fu tosto<br />

assal<strong>it</strong>o da una turba di seccatori importuni. Né lo risparmiarono i direttori dell'Opera che, dopo lunghe<br />

insistenze per vincerne le riluttanze, riuscirono a strappargli l'impegno di un lavoro per il loro teatro. Si<br />

accordò <strong>qui</strong>ndi con lo Scribe per un rimaneggiamento de I Lombardi, che venne affidato a Royer e Vaéz;<br />

e l'opera apparve in quel teatro il 26 novembre sotto il nome di Jérusalem, con grande apparato scenico,<br />

ma con accoglienza piuttosto fredda.<br />

Ora Verdi è annoiato anche di Parigi. I,a v<strong>it</strong>a rumorosa dei boulevards lo uggisce. Vive isolato. Il suo<br />

Muzio è a Milano per curare la stampa de I Masnadieri presso Ricordi. A Parigi, Donizetti si va<br />

spegnendo lentamente in un tragico sfacelo fisico e intellettuale, e la Strepponi, ivi stabil<strong>it</strong>asi, attraversa<br />

una crisi morale penosissima. La sua voce non è più quella di un tempo, né a supplirne le manchevolezze<br />

basta l’arte signorile e sapiente che la distingue. Cr<strong>it</strong>ici astiosi dicono che s'è rovinata cantando le opere<br />

verdiane dalle tess<strong>it</strong>ure vocali troppo spinte a cagione della forma declamata. Altri, più e<strong>qui</strong>,<br />

attribuiscono la decadenza di molte ùgole al nuovo indirizzo musicale, segu<strong>it</strong>o anche dal Donizetti e dal<br />

Bellini. Senza pretendere di giudicare di una questione tecnica che non ci compete, si può per altro<br />

affermare che gli organi vocali della Strepponi s'erano affievol<strong>it</strong>i e che essa, troppo intelligente per non<br />

riconoscerlo, si era allontanata a poco a poco dalle scene per vivere da sola, in silenzio.<br />

Sol<strong>it</strong>udine relativa, a Parigi. Un'artista celebre come lei non poteva certo sottrarsi alla curios<strong>it</strong>à del gran<br />

mondo. Ma se da principio dové subirne l'uggia, seppe a poco a poco schivarsene per una v<strong>it</strong>a raccolta.


Altra missione ella si era imposta. C'era Verdi. Il loro nuovo incontro doveva decidere del loro destino.<br />

Non più giovanissimi, esperti entrambi della amarezza che si cela in fondo ai trionfi, entrambi desiderosi<br />

di una esistenza semplice e remota, si sentirono spontaneamente spinti a chiedersi quel conforto<br />

reciproco che non avrebbero certo ottenuto dai rapporti con una società fatua e galante.<br />

L'amicizia di Verdi e della Strepponi ac<strong>qui</strong>stò i tòni luminosi di un'alta spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à. L'arte ha questo di<br />

sublime: che monda l'uomo dalle scorie degli istinti e lo eleva libero e purificato in zone di bellezza e di<br />

gioia. Quell'amicizia fu una collaborazione ideale e pratica insieme. Le loro anime eccezionalmente<br />

sensibili si erano comprese e allacciate in un vincolo che non si sarebbe più spezzato. Nasceva l'amore in<br />

una dedizione che da parte della donna s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a ebbe poi sempre il profumo di una tenerezza devota e<br />

quasi materna, e da parte di Verdi il sapore di una dolcezza fatta di rispetto, di grat<strong>it</strong>udine e di<br />

ammirazione; come sarà dimostrato in sègu<strong>it</strong>o, quando i due si uniranno in leg<strong>it</strong>time nozze.<br />

***<br />

Negli anni del suo soggiorno in Francia, Verdi lavora alacremente. Si è trasfer<strong>it</strong>o a Passy, in una<br />

modesta casetta, a cui giunge immediato il fresco respiro dei campi. L'amore per la terra lo riprende. Il<br />

ricordo dei luoghi ov'è nato persiste in lui e alimenta le sue nostalgie. Ac<strong>qui</strong>sta terreni alle Ròncole e<br />

inizia trattative per una tenuta a Sant'Agata, ove passerà i tempi più belli della sua pace operosa.<br />

La battaglia di Legnano<br />

L'Italia è ora tutta in fermento. Al Lombardo-Veneto giunge nuova degli statuti concessi dai governanti<br />

a Napoli, Firenze, Torino, Roma. Gli animi ecc<strong>it</strong>ati rompono in dimostrazioni ostili contro gli Austriaci.<br />

Anche le notizie che giungono di Francia, ove la rivoluzione ha abbattuto il regno di Luigi Filippo e ha<br />

proclamato la repubblica, e da Vienna il cui popolo si è sollevato, costringendo il ministro Metternich<br />

alla fuga e l'imperatore Ferdinando I a promettere riforme, dànno esca al fuoco. Venezia viene evacuata<br />

dalle truppe austriache e Daniele Manin, liberato dal carcere, è proclamato capo di un Governo<br />

provvisorio.<br />

Il 18 marzo a Milano una folla immensa si reca al palazzo del Governatore invocando libertà e riforme.<br />

Dispersa dalle soldatesche, si arma come può, costruisce barricate e per cinque giorni tien testa a un<br />

eserc<strong>it</strong>o numeroso e armatissimo. Uomini, donne, vecchi, giovani, e anche fanciulli, appartenenti ad ogni<br />

ceto sociale, dal nobile al plebeo, dall'operaio all'intellettuale, tutta Milano, insomma, prende parte alla<br />

lotta, coprendosi di gloria. Infine il governatore mil<strong>it</strong>are Radetzky col suo eserc<strong>it</strong>o è costretto ad<br />

abbandonare la c<strong>it</strong>tà e a r<strong>it</strong>irarsi nelle fortezze del Quadrilatero: Mantova Peschiera Verona e Legnano.<br />

Il trionfo degli insorti è completo. Un proclama del Governo provvisorio inv<strong>it</strong>a i c<strong>it</strong>tadini a non turbarne<br />

la purezza con atti di violenza e chiude con queste parole memorande: «Se fummo mansueti in mezzo al<br />

fuoco ed al sangue, siamolo ancora in mezzo alla gioia della nostra v<strong>it</strong>toria. Restiamo quali fummo,<br />

senza macchia e senza paura».<br />

Ora non più soltanto la Lombardia, il Veneto e il Piemonte invocano la guerra liberatrice, ma tutta<br />

l'Italia designa ormai Carlo Alberto come simbolo e campione della libertà e dell'un<strong>it</strong>à <strong>it</strong>aliana.<br />

La sera del 23 marzo, infatti, a Torino, mentre la folla si accalca intorno alla reggia, il sovrano,<br />

affacciatosi al balcone, annuncia la guerra e si dichiara pronto a combattere egli stesso coi suoi figli per<br />

l'indipendenza <strong>it</strong>aliana. La dichiarazione solleva un entusiasmo che raggiunge il delirio.<br />

Troppo son note le vicende che seguirono, perché noi si debba <strong>qui</strong> rifarne il corso, dalle prime v<strong>it</strong>torie di<br />

Pastrengo e di Go<strong>it</strong>o, fino alla sconf<strong>it</strong>ta di Custoza e all'armistizio Salasco (9 agosto); dalla ripresa<br />

fidente del '49 alla rovina di Novara (23 marzo), con la conseguente abdicazione di Carlo Alberto in<br />

favore di suo figlio V<strong>it</strong>torio Emanuele II, e il suo esilio in Portogallo...<br />

Alternative di speranze e delusioni, durissima prova per la patria, tesa in una sola ansia di liberazione.<br />

Questi avvenimenti non potevano lasciare indifferente il « Maestro della rivoluzione». Egli sarebbe vo-<br />

luto partire sub<strong>it</strong>o per l'Italia, ma la salute malferma e il groviglio degli impegni e degli affari lo<br />

trattennero in Francia, dove scrisse in fretta il Corsaro per liberarsi dalle pressioni del Lucca. Compiuta<br />

l'opera, la manda al Muzio perché la consegni all'ed<strong>it</strong>ore, facendosi sborsare la somma pattu<strong>it</strong>a. Poi<br />

l'abbandona al suo destino. (Si darà poi il 25 ottobre dello stesso anno al Teatro Grande di Trieste, con<br />

es<strong>it</strong>o negativo, non ostante il valore degli artisti).<br />

Appena guar<strong>it</strong>o da certe febbri reumatiche, Verdi corre in patria. Ben altra febbre lo accende: vuole<br />

scrivere un'opera che risponda al suo stato d'animo e assecondi con la sua passione quella di tutti gli<br />

Italiani. Ha un impegno col S. Carlo di Napoli. Accordatosi col Cammarano per La battaglia di Legnano,<br />

la propone al Flauto, impresario di quel teatro, ma non ne riceve risposta. Verdi dichiara di r<strong>it</strong>enersi<br />

sciolto dall'impegno. Ma quegli, fattosi finalmente vivo, tanto insiste che riesce ad ottenere la promessa<br />

di un nuovo lavoro per le scene napoletane, a condizione che prima si stabiliscano nuovi patti.


Durante il breve soggiorno in Italia, Verdi stipula il contratto per l'ac<strong>qui</strong>sto di S. Agata, e alloga<br />

decorosamente i suoi familiari a Vidalengo, nelle vicinanze di quello che diverrà il suo rifugio nei tempi di<br />

riposo.<br />

S. Agata! Ogni lembo di quella terra conoscerà il suo amore per l'agricoltura: amore non nel senso<br />

contemplativo e georgico, ma in quello realistico della coltivazione e del prodotto. Mirabile esempio di<br />

e<strong>qui</strong>librio, quadratura romana, che lo collocherà sul piano dei nostri progen<strong>it</strong>ori e ne proietterà la<br />

saggezza pratica nel nostro avvenire agricolo e bonificatore. Egli è del ceppo del D<strong>it</strong>tatore che resse<br />

ugualmente le insegne di Roma e le stègole dell'aratro; del Poeta che tuffò la spada di Enea nella rugiada<br />

dei campi; dell'Eroe che, deposta l'arma di guerra, impugnerà il vimine del pastore nell'isola sacra. La<br />

sua figura balzerà gigantesca sullo scenario più movimentato che la storia e la fantasia abbiano mai<br />

potuto comporre a v<strong>it</strong>a d'uomo e di artista, combinando eventi reali creati dal tempo e vicende<br />

immaginarie usc<strong>it</strong>e dal sogno, in un flutto di uman<strong>it</strong>à tempestosa. Eppure egli non dimenticherà mai,<br />

neanche nei momenti del trionfo, gli umili, i devoti, i fedeli del suo paese, né la sua terra, madre di rude<br />

schiettissimo amore. Lascerà folle e sovrani, teatri deliranti e Corti ammirate per andare a piantare le<br />

predilette magnolie nel giardino di Sant'Agata: lascerà i podii direttoriali più allib<strong>it</strong>i, per andare a<br />

dirigere i suoi contadini nell'opera degli scassi o negli avvicendamenti delle colture. Sobrietà semplic<strong>it</strong>à<br />

fermezza, doti romane, latine, nostre, faranno di lui il tipo dell'Italiano vero.<br />

Ogni zolla sarà per lui la patria. E quando l'Inghilterra starà per promulgare una legge lesiva dei dir<strong>it</strong>ti<br />

d'autore per tutte le opere non rappresentate la prima volta nel Regno Un<strong>it</strong>o, Verdi, a chi lo consiglierà<br />

di farsi c<strong>it</strong>tadino inglese, risponderà fieramente: «Io voglio restare quello che sono, vale a dire un<br />

paesano delle Ròncole»<br />

***<br />

Tornato a Parigi, vorrebbe lavorare alla Battaglia di Legnano, ma il Cammarano è lento ed egli vorrebbe<br />

pur fare qualcosa per il suo paese. Intanto una deputazione di Milanesi si reca a Parigi per chiedere alla<br />

Francia che voglia aiutarla a cacciare gli Austriaci dall'Italia. Verdi si unisce ad essa e firma un appello,<br />

che resterà vano, al gen. Cavaignac.<br />

Finalmente il Cammnarano gli manda il compimento del libretto, ed egli si dà al lavoro con tutte le<br />

forze. In breve l'opera è compiuta.<br />

Nel frattempo Radetzky ha rioccupata la Lombardia e tutti i patrioti milanesi hanno presa la via<br />

dell'esilio.<br />

Il salotto della contessa Maffei s'è chiuso: dispersi o profughi i frequentatori, per sottrarsi alle<br />

persecuzioni della polizia austriaca. Anche il buon Muzio, per avere combattuto durante le Cinque<br />

Giornate, è andato esule nel Ticino, dove attende a correggere le bozze della Battaglia di Legnano che il<br />

Ricordi gli manda via via, e a farne la riduzione per piano e canto. L'ed<strong>it</strong>ore, d'accordo con Verdi, s'è<br />

impegnato con l'Argentina di Roma per far rappresentare l'opera nel prossimo carnevale.<br />

Infatti il 27 gennaio del '49o l'opera va in scena. Una vera folla che sino dalla prova generale, malgrado<br />

ogni divieto, ha invaso il teatro, ne saluta in delirio la prima rappresentazione, consacrandone il trionfo.<br />

Un aneddoto. Durante la rappresentazione, in un momento di maggior entusiasmo, un mil<strong>it</strong>are in preda<br />

a patriottico furore, da un palchetto di quart'ordine gettò giù in platea elmo, cappotto e sin la daga, che<br />

andò a conficcarsi nel palcoscenico. Finalmente un colonnello raggiunse il palchetto e arrestò il<br />

forsennato.<br />

La Battaglia di Legnano viene richiesta da altri teatri. Ma a volerla eseguire fuori di Roma bisogna fare i<br />

conti con la Censura. E’ sempre la sol<strong>it</strong>a occhialuta e sospettosa megèra che intralcia, offende, deturpa,<br />

mescolando le sue querele alle ragioni dell'arte. Eppure, anche se truccate nel t<strong>it</strong>olo e nei nomi dei<br />

personaggi, spostate nei tempi e nei luoghi, deturpate da anacronismi e da inverosimiglianze irriverenti,<br />

le opere si impongono per la v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à della musica e dell'azione, se pure i travestimenti, a volte, non ne<br />

aiutino il successo da parte del pubblico che, intuendone i sottintesi, reagisce con l'esuberanza<br />

dell'entusiasmo alle manchevolezze imposte dai censori.<br />

La Battaglia di Legnano, nelle riproduzioni segu<strong>it</strong>e altrove, dové int<strong>it</strong>olarsi L'assedio d'Arlem, Federico<br />

Barbarossa divenire il Duca d'Alba, Milano mutarsi in Arlem e l'Italia in Fiandra.<br />

Il cr<strong>it</strong>ico giornalista Caponi (Folchetto) in una delle sue gustose note ed aggiunte alla V<strong>it</strong>a aneddotica del<br />

Pougin, elenca, a questo propos<strong>it</strong>o, parecchi dei cambiamenti che i libretti delle opere di Verdi dovettero<br />

subire dalla Censura austro-<strong>it</strong>aliana. C<strong>it</strong>iamo senz'altro: andando in ordine cronologico, il primo che<br />

appare è quello di Un giorno di Regno, cambiato nel Finto Stanislao; sub<strong>it</strong>o dopo il Nabucco, che per lo<br />

scrupolo religioso di non porre mai in scena nomi biblici, fu metamorfosato a Londra in Nino Re<br />

d'Assiria. E stato detto come I Lombardi divennero la Jérusalem dell'Opéra. Ernani in Francia, per<br />

contentar Victor Hugo, si chiamò Le Proscr<strong>it</strong> per un momento; La Traviata a Roma e a Napoli divenne<br />

Violetta, e Rigoletto, Viscardello...; Stiffelio fu mutato in Aroldo...; a Roma, la Giovanna d'Arco fu una


Orietta di Lesbo, e finalmente i Vespri Siciliani non furono permessi in Italia che sotto il nome di<br />

Giovanna de Guzman.<br />

Possiamo aggiungere, per conto nostro, che la Battaglia di Legnano, divenuta una prima volta l'Assedio<br />

di Arlem, quando, parecchi anni dopo, si trattò di darla a Milano, prese nome di Lida, avendo Verdi<br />

dovuto riadattarne la musica ad altro libretto.<br />

***<br />

Col trionfo di quest'ultima opera si chiude per Verdi la prima fase della sua attiv<strong>it</strong>à di compos<strong>it</strong>ore,<br />

corrispondente alla cosiddetta «prima maniera», quella cioè della musica che accompagnò i primi moti<br />

del Risorgimento. Erano stati sette anni di lavoro intensissimo ed eccezionalmente fecondo.<br />

D'ora innanzi il Maestro già celebre guarderà ad orizzonti più vasti con occhio più limpido ed esperto, e<br />

tenderà ad esprimere sentimenti universali ed eterni con maggior disciplina d'arte.<br />

Il cuore dell'uomo con tutte le sue passioni diverrà il centro del suo mondo, ed egli misurerà il proprio<br />

canto sul grande palp<strong>it</strong>o umano.<br />

2.<br />

PASSIONE LIRICA<br />

Verdi ha 36 anni. Per gli uomini comuni la viril<strong>it</strong>à si può dire cominci intorno ai trent'anni. Per Verdi,<br />

benché esperto della v<strong>it</strong>a nel suo complesso di dolori e di gioie, di sconf<strong>it</strong>te e di v<strong>it</strong>torie, la giovinezza si<br />

protrae oltre i lim<strong>it</strong>i consuetudinari. Il genio non invecchia, e nel caso del Nostro vedremo che anche la<br />

sua vecchiezza avrà il volto della primavera. Strano: persino il suo nome aveva qualcosa di eternamente<br />

fresco: e se cr<strong>it</strong>ici malevoli in certe occasioni non mancarono di trarne spunto per facezie di cattivo gusto,<br />

il popolo ci sentì sempre odore di terra in germoglio e vivezza di fronde.<br />

Verdi, tornato a Parigi, riprende a comporre, e tuttavia, informato dal Barezzi, segue con vivo interesse i<br />

lavori che si vanno facendo all'ab<strong>it</strong>azione di Sant'Agata.<br />

Divide così le sue giornate fra l'arte, l'amicizia e gli affari. Deve assolvere l'impegno di Napoli, e intanto<br />

vuol coltivare gli affetti più cari, corrispondendo col Barezzi, col Muzio, col Piave, e curare i rapporti<br />

pratici col Ricordi e con l'impresario Flauto. Mentre col Cammarano si accorda per il libretto della Luisa<br />

Miller, dallo schilleriano Amore e raggiro, tutt'a un tratto viene ripreso dal fascino di Hugo e di<br />

Shakespeare: il singhiozzo di Rigoletto e la risata di Falstaff: quale contrasto, in quell'anima in<strong>qui</strong>eta!<br />

Amore, dolore, anz<strong>it</strong>utto. Le vicende dell'hughiano Le roi s'amuse lo seducono. Farà tacere Falstaff per<br />

molti anni ancora; ma quel primo scroscio argentino, venutogli di tanto lontano, basterà ad alimentare<br />

in lui l'idea di farne musica un giorno. Sarà la pòlla sotterranea che darà freschezza alle radici dell'albero<br />

per l'estrema, meravigliosa fior<strong>it</strong>a.<br />

A Parigi scoppia il colèra. Verdi, anche per tran<strong>qui</strong>llizzare i familiari, si reca a Busseto, ove conduce a<br />

termine la Luisa Miller. L'8 dicembre ('49) questa viene rappresentata a Napoli. L'accoglienza, alquanto<br />

tiepida della prima sera, sale di tòno nelle sere seguenti sino a divenire entusiastica. Pubblico e cr<strong>it</strong>ica,<br />

vinti dalla vicenda rapida e incalzante delle scene e dalla accorata mestizia delle melodie, sono concordi<br />

nel riconoscervi pregi peculiari di nov<strong>it</strong>à, sia nell'ispirazione, sia nella forma. La musica di quest'opera —<br />

scrive il Gatti — porta luce aria sole nelle nebbie del dramma idealista oltremontano.<br />

Verissimo e ben detto. Da questo momento, infatti, Verdi, che prima s'era mostrato rude immediato e<br />

spesso enfatico (come, del resto, comportavano i soggetti presi a musicare) comincia a scoprire un lato<br />

più intimo del suo temperamento, solcato di venature liriche piene di pathos, rivelanti certe delicatezze<br />

di una sensibil<strong>it</strong>à nascosta che altrimenti, scontroso com'era, non avrebbe confessate ad alcuno, eccetto<br />

che all'arte, divina confidente che tutto trasmuta e purifica e di ogni lacrima fa luce, di ogni palp<strong>it</strong>o v<strong>it</strong>a.<br />

Si, « luce aria sole»; tutte le figure del suo teatro, a cominciare dalla Luisa Miller, figure di pianto e di<br />

riso, di odio e di amore, originate da strani fantasmi di angoscia o di scherno fra opache brume<br />

romantiche, parvero ottenere da lui, col travaglio musicale, una più pura chiarezza.<br />

Esse si sentirono come invest<strong>it</strong>e da un soffio possente di latin<strong>it</strong>à, che le chiamava a v<strong>it</strong>a più nuova e<br />

perfetta. Il buon sole d’Italia scaldava loro le membra, metteva lampi nei loro occhi. Oltre ciò,<br />

ottenevano dal compos<strong>it</strong>ore qualcosa di cui mancavano sino dal nascere: il linguaggio divino della<br />

musica, il manto stellare dei suoni. Ac<strong>qui</strong>stavano, così, un respiro universale. Se, grazie alla statura di<br />

coloro che le avevano create, esse erano giunte sino alle soglie della immortal<strong>it</strong>à, Verdi ne spalancava<br />

loro le porte e ve le faceva entrare defin<strong>it</strong>ivamente. Se gli autori originari le avevano consegnate alla<br />

Poesia, Verdi, scaldandole di se medesimo, le consegnava all'uman<strong>it</strong>à da' cui fermenti erano sorte e a cui<br />

dovevano compiutamente tornare.


La trilogia «popolare»<br />

Dopo uno Stiffelio, su libretto del Piave, che, rappresentato a Trieste il 16 novembre '5o e poscia altrove<br />

con successivi mutamenti di t<strong>it</strong>olo, non è piaciuto ad alcuna c<strong>it</strong>tà (né l'autore se n'è accorato), eccoci al<br />

'51, l'anno del Rigoletto.<br />

S'inizia con la cosiddetta « seconda maniera » di lui, anche il periodo dei suoi più luminosi trionfi, quello<br />

della famosa trilogia, che dovrà renderlo ancor più popolare. Dal '51 al '53 Rigoletto, Trovatore e<br />

Traviata si susseguiranno in un crescendo magnifico d'arte e di ammirazione sulle principali scene<br />

<strong>it</strong>aliane e straniere.<br />

Il Rigoletto, che il Piave ha tolto dal dramma suaccennato di V. Hugo, gli procura però all'inizio noie<br />

non lievi da parte della Censura. Non è questa, certo, una nov<strong>it</strong>à; ma questa volta essa si mostra più<br />

rigorosa che mai. L'opera si deve dare a Venezia, dove la Polizia austriaca è particolarmente sospettosa,<br />

specie in fatto di teatri. Essa ha sent<strong>it</strong>o dire che il soggetto è immorale; perciò vuol vedere il libretto.<br />

Esaminatolo, pone il veto assoluto, escludendo senz'altro anche la possibil<strong>it</strong>à di rattoppi.<br />

Verdi, che ha già musicato gran parte del dramma per essere pronto alla data prefissa, non vuol<br />

rinunciare a quanto ha fatto.<br />

Impresa e cantanti sono sulle spine. Se l'opera d'obbligo verrà a mancare, la Stagione sarà compromessa.<br />

Allora interviene il Direttore generale dell'Ordine Pubblico, certo Martello, che propone modifiche: via il<br />

Re libertino! Si potrà tutt'al più sost<strong>it</strong>uirvi un principe che non abbia poteri assoluti. Via anche il<br />

buffone Trihoulet, per la sua ripugnante deform<strong>it</strong>à.<br />

Piave ci si adatta; ma il libretto rabberciato non garba a Verdi, che protesta in nome della sua coscienza<br />

artistica. Interviene ancora il Martello, che m<strong>it</strong>iga assai le pretese modifiche per assecondare il<br />

compos<strong>it</strong>ore; e questi si placa. Resta però la questione del t<strong>it</strong>olo, che al Martello non va: La maledizione<br />

è nome gravido di incogn<strong>it</strong>e e minaccioso come una nuvola temporalesca. La Censura esige che venga<br />

mutato; ma Verdi ripete inesorabilmente: O La maledizione o niente.<br />

Alla fine — chi l'avrebbe immaginato? — proprio il Martello salva la s<strong>it</strong>uazione. Dice al Piave: E perché<br />

non mutarlo in Rigoletto?.<br />

Questo nome infatti si attaglia perfettamente al personaggio e può divenire anche il t<strong>it</strong>olo dell'opera. Il<br />

verbo francese rigoler vuol dire divertirsi, cioncare: quanto basta per definire il carattere del buffone<br />

dissipato e vizioso.<br />

Il Maestro è soddisfatto. Così, per un capriccio del caso, un funzionario di Polizia è divenuto comunque<br />

collaboratore di lui e del Piave in un'opera destinata al trionfo.<br />

Il Rigoletto appare alla ribalta della Fenice l'undici marzo del '51 e viene accolto entusiasticamente.<br />

La drammatic<strong>it</strong>à della vicenda, la varietà delle s<strong>it</strong>uazioni, la passional<strong>it</strong>à e l'efficacia, della musica<br />

portata al più alto grado dinamico trascinano gli ascoltatori ad una commozione sempre crescente.<br />

Tutti riconoscono che l'opera segna un grande progresso nell'arte verdiana sia per la compenetrazione e<br />

l'individuazione musicale dei caratteri, sia per l'istrumentale, divenuto più ricco e color<strong>it</strong>o.<br />

L'opera si dà ventuna sera di segu<strong>it</strong>o e viene ripresa nella stagione successiva, intanto che teatri <strong>it</strong>aliani e<br />

stranieri se la disputano. Austria, Ungheria, Germania, Boemia, Inghilterra l'accolgono con generale<br />

favore. Il Maestro stesso è convinto di avere raggiunto il pieno e<strong>qui</strong>librio delle sue facoltà artistiche.<br />

Un aneddoto significativo: Victor Hugo, fino da quando l'Ernani era stato dato a Parigi col t<strong>it</strong>olo Il<br />

Proscr<strong>it</strong>to, aveva concep<strong>it</strong>o un certo malanimo contro Verdi, come contro chiunque togliesse soggetti<br />

d'opera da' suoi drammi.<br />

Anche per il Rigoletto, che solo alcuni anni più tardi comparirà a Parigi sulle scene del Teatro Italiano,<br />

protesterà acerbamente, tentando persino, con una causa legale contro l'impresario, di impedirne la<br />

rappresentazione. Tuttavia questa verrà autorizzata dal tribunale competente.<br />

Il poeta francese, dopo re<strong>it</strong>erate insistenze di amici, si piegherà finalmente a sentirlo e quando avrà<br />

ascoltato il quartetto dell'ultimo atto, nel quale la drammatic<strong>it</strong>à lirica sale al più alto grado della<br />

commozione, si dichiarerà vinto e invidierà al compos<strong>it</strong>ore la potenza espressiva da lui così efficacemente<br />

raggiunta.<br />

***<br />

Verdi non riposa sugli allori. Ha in mente la Traviata e il Trovatore, opere che saranno strettamente<br />

legate al Rigoletto per ispirazione e per forma: l'una da ricavarsi da La Darne aux canzélias, romanzo e<br />

poscia dramma di A. Dumas figlio; l'altro dal dramma El Trobador del poeta spagnolo Garda Gutierrez.<br />

A Busseto, ove resterà sino alla fine del '51, lavora a un tempo alle due opere, i cui libretti sono<br />

rispettivamente affidati al Piave e al Cammarano; ma per ragioni pratiche, relative ai cantanti che gli<br />

sono offerti da Roma, preferibili a quelli che gli offre Venezia, dà la precedenza al Trovatore.<br />

Il 30 giugno 1851 muore sua madre. Il suo dolore è immenso. Conforto unico, la coscienza di non averle<br />

procurato che gioie. La buona donna ha potuto ben chiudere in pace gli occhi, abbagliati forse dalla gran


luce. Nella sua semplic<strong>it</strong>à di donna del popolo avrà certo esultato, nel momento del trapasso, al pensiero<br />

d'aver dato la v<strong>it</strong>a a un genio. Pur<strong>it</strong>à di leg<strong>it</strong>timo orgoglio materno. Accoramento profondo di colui che<br />

ne ebbe ricevuto il dono prezioso.<br />

Ora, nel cim<strong>it</strong>ero di Vidalengo è una croce di più: altre ve ne sono, sparse lungo il suo cammino di gloria.<br />

La sventura lo fa med<strong>it</strong>are ancora una volta sulla vicenda mortale e sulla caduc<strong>it</strong>à delle umane fortune.<br />

Troppe tristezze ormai gli ricorda quella terra. Dopo aver onorato d'ese<strong>qui</strong>e la salma benedetta, riparte<br />

per Parigi.<br />

Alla fine di febbraio del 1852 s'impegna con Roqueplan a scrivere un'opera per il maggior teatro della<br />

cap<strong>it</strong>ale francese. Soggetto e scenario glieli fornirà lo Scribe; se il Maestro li approverà, lo Scribe stesso, o<br />

da solo o in collaborazione con altri, scriverà il libretto.<br />

L'opera musicale dovrà essere pronta per le prove nel luglio del 1854, ond'essere rappresentata alla fine di<br />

quello stesso anno.<br />

Lo Scribe è l'autor<strong>it</strong>à massima del Teatro Grand Opéra: e un fecondissimo e spettacolare manipolatore di<br />

libretti per musica, di cui dètta spesso il solo canovaccio, oltre che autore di moltissimi drammi in versi e<br />

in prosa. (Alla sua morte, si conteranno al suo attivo ben 350 lavori teatrali, esclusi i libretti).<br />

Il soggetto scelto sarà I Vespri Siciliani. Come mai?<br />

I Francesi non ci fanno certo bella figura in quella pagina di storia che consacra la cacciata della mala<br />

signoria angibina dalla Sicilia. Ma lo Scribe ha pochi scrupoli.<br />

A metà di marzo Verdi torna in Italia, dove lo attendono nuovi dolori. Suo padre ammala gravemente;<br />

per fortuna, si riprende. Ma un lutto assai doloroso lo colpisce.<br />

Il 17 luglio muore il Cammarano, lasciando incompiuto il libretto del Trovatore. Verdi se ne accora<br />

profondamente. La collaborazione di due anime per dar v<strong>it</strong>a a un'opera d'arte cost<strong>it</strong>uisce un vincolo di<br />

natura spir<strong>it</strong>uale che supera i normali rapporti umani, e quando la morte lo spezza, il superst<strong>it</strong>e resta<br />

come smarr<strong>it</strong>o. Il Musico dal gran cuore, che avrebbe dovuto versare al suo collaboratore 500 ducati a<br />

lavoro compiuto, ne manda 600 alla vedova con parole di doloroso compianto. Il libretto viene terminato<br />

dal napoletano Leone Emanuele Bardare.<br />

Il Trovatore si rappresenta al Teatro Apollo di Roma il 19 gennaio del '53 e viene accolto con entusiasmo<br />

pari alla grande attesa. Dice il Pougin (ap. C<strong>it</strong>.) «Roma era allora in preda a una cli quelle inondazioni<br />

che l'hanno poi tanto spesso vis<strong>it</strong>ata; le onde del Tevere avevano invaso tutti i quartieri e tutte le strade<br />

in prossim<strong>it</strong>à dell'Apollo. Malgrado ciò, dalle 9 del mattino del 19 gennaio, le porte del teatro erano<br />

assediate da una folla compatta che, coi piedi nell'acqua fino ai garetti, si pigiava, si spingeva per<br />

ottenere dei posti per lo spettacolo della sera. Non si vide mai un'affluenza simile».<br />

Il successo si rinnoverà nei principali teatri stranieri, dove in breve tempo l'opera verrà esegu<strong>it</strong>a. Il<br />

libretto, purtroppo, forse per vizio congen<strong>it</strong>o, forse perchè scr<strong>it</strong>to da due penne diverse, manca di un<strong>it</strong>à e<br />

di chiarezza. La musica tuttavia, co' suoi contrasti di violenza e di dolcezza, co' suoi gridi di passione e le<br />

sue melodie malinconiche, co' suoi r<strong>it</strong>mi ora spezzati e singhiozzanti, ora larghi e pacati, vince ogni<br />

riserva e fa passare in seconda linea il garbuglio della vicenda.<br />

Quando il Trovatore veniva rappresentato a Roma, Verdi aveva ormai fin<strong>it</strong>o anche la Traviata, che sali<br />

le scene della Fenice di Venezia il 6 marzo dello stesso anno, a distanza di un solo mese e mezzo dalla<br />

prima esecuzione del Trovatore.<br />

Nonostante i suoi pregi d'original<strong>it</strong>à e di potenza emotiva, l'opera cadde. Verdi stesso ne diede l'annuncio<br />

l'indomani al suo Muzio con questa laconica missiva, che è un nuovo documento di schiettezza: «Caro<br />

Emanuele, La Traviata ieri sera, fiasco. La colpa è mia o dei cantanti?... Non so nulla. Il tempo<br />

giudicherà».<br />

Quanto ai cantanti, pare che realmente non rendessero quel che avrebbero potuto, trovandosi a disagio<br />

in un genere di musica che usciva troppo dal consueto. Pare altresì che nocesse all'insieme la figura fisica<br />

troppo prosperosa della protagonista, la Donatelli, inadatta perciò a impersonare una giovane donna che<br />

muore di consunzione.<br />

Quanto al tempo, Verdi aveva ragione di confidare nelle sue leggi. Infatti, come aveva predetto sulla<br />

Gazzetta di Venezia il Locatelli, cr<strong>it</strong>ico autorevole, e uno dei pochissimi che avevan preso le difese<br />

dell'opera, questa, con qualche r<strong>it</strong>occo, e con una esecuzione mirabile, dopo soli 14 mesi dalla sua caduta,<br />

risorgeva v<strong>it</strong>toriosamente al Teatro Gallo a S. Benedetto, in quella stessa Venezia che l'aveva<br />

condannata la prima volta. Da quella data, 6 maggio 1854, la Traviata iniziò il suo cammino trionfale in<br />

Italia e all'estero; e anche oggi si rappresenta con successo. Il romanziere francese Marcel Proust,<br />

parlandone un giorno con un cr<strong>it</strong>ico parigino, così si espresse: «La Traviata mi piace. E’ un'opera che va<br />

all'anima. Da tempo gli snobisti l'hanno messa tra le opere trascurabili e può darsi non la ricordino più.<br />

Una buona cosa, perchè si potrà amarla per se stessa senza doverne parlare... Verdi ha dato alla Signora<br />

dalle camelie lo stile che le mancava. Dico questo non perchè mi sembri cosa trascurabile il dramma di


Alessandro Dumas figlio, ma perchè quando un'opera drammatica tocca i sentimenti popolari, ha<br />

bisogno di musica».<br />

III.<br />

- LA GLORIA<br />

«I Vespri Siciliani» e il «Simon Boccancgra»<br />

Verdi era stato a Busseto dal marzo del '52 sino all'ottobre del '53, assentandosene appena due volte, per<br />

le prove delTrovatore a Roma e per quelle dellaTraviata a Venezia.<br />

Eccolo alla fine del '53 di nuovo a Parigi. Gli è stato consegnato il libretto dei Vespri Siciliani, opera<br />

dello Scribe in collaborazione col poeta Duveyrier. Vi lavora lentamente tutta l'estate del '54, infastid<strong>it</strong>o<br />

anche da mille pettegolezzi giornalistici e di salotto intorno a' suoi propos<strong>it</strong>i, a' suoi affari, alla sua v<strong>it</strong>a<br />

intima. Noie della celebr<strong>it</strong>à, del cui disgusto è prova una sua lettera alla Maffei, dove, controbattendo la<br />

diceria che egli voglia prendere dimora fissa a Parigi, scrive fra l'altro: «Mettere radici <strong>qui</strong>? E’<br />

impossibile!... E del resto, che importa? A quale scopo? Per la gloria? Io non ci credo. Per i denari? Io ne<br />

guadagno altrettanti e forse più in Italia. Poi, se anche lo volessi, ripeto, è impossibile. Io amo troppo il mio<br />

deserto e il mio cielo. Io non mi cavo il cappello né a conti, né a marchesi, a nissuno. Infine io non ho milioni<br />

e le poche migliaia di franchi guadagnati con le mie fatiche non le spenderò mai in réclame, in claque e simili<br />

sozzure... Ho una smania feroce di tornare a casa»<br />

Verdi è anche disgustato da tutti gli imbrogli che si tramano dai direttori dell'Opera ai danni di chi si<br />

accinga a far rappresentare melodrammi su quelle scene.<br />

Non mancano urti e dispute fra Verdi e lo Scribe. Questi, rimaneggiando iVespri, gli ha dato un Giovanni<br />

da Procida armato di pugnale, e il Maestro gli respinge l'emendamento con queste parole: «Gli Italiani<br />

non sono dei volgari assassini».<br />

A questo propos<strong>it</strong>o, scrivendo al Crosnier, che ha preso il posto del Roqueplan nella direzione del<br />

maggior teatro parigino, dice: «Nella storia di ogni popolo ci sono delle virtù e dei del<strong>it</strong>ti, e noi non siamo<br />

peggiori degli altri. Comunque, io sono Italiano prima di tutto e, costi quel che costi, io non mi renderò mai<br />

complice in un insulto fatto al mio Paese».<br />

I Vespri vengono rappresentati il 13 giugno del '55, in un'atmosfera quanto mai sfavorevole, tra Francesi<br />

ostili a Verdi e Italiani gelosi della sua fama. Malgrado ciò, l'opera, pur co' suoi difetti, quali<br />

disuguaglianza stilistica e proliss<strong>it</strong>à dovuta alle lungaggini del libretto così insol<strong>it</strong>amente contrarie alla<br />

ab<strong>it</strong>uale incisiva stringata rapid<strong>it</strong>à del discorso musicale verdiano, viene accolta favorevolmente.<br />

L'opera verrà poi trasformata nell'episodio e nei luoghi dell'azione per poter essere rappresentata in<br />

Italia, dove apparirà a Parma e a Milano nella stagione invernale '55-'56 sotto il t<strong>it</strong>olo di Giovanna di<br />

Guzman; ma solo nel '61, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>osi il Regno d'Italia sotto la monarchia sabauda, potrà riprendere il<br />

t<strong>it</strong>olo e la veste prim<strong>it</strong>ivi.<br />

Verdi a Parigi è preso da mille cure d'affari, intese principalmente alla tutela dei dir<strong>it</strong>ti (l'autore che<br />

vengono manomessi e contrastati in Francia, in Ispagna e in Inghilterra, e dei quali diviene rigoroso<br />

difensore non solo per sé ma per tutti gli autori <strong>it</strong>aliani. Passa l'estate ad Enghien, presso la cap<strong>it</strong>ale,<br />

anche per curare la propria salute non buona. Col nuovo anno (1856) torna a Busseto e prende a<br />

rimaneggiare lo Stiffelio. Nuove proposte per nuove opere gli piovono d'ogni parte. Pur non<br />

abbandonando l'idea di un Re Lear che da anni lo tenta, s'impegna a scrivere un'opera per la Fenice di<br />

Venezia (stagione '56-'57) proponendo unSimon Boccanegra, da un dramma di Garcia Gutierrez., lo stesso<br />

poeta da cui tolse il Trovatore. Ne commette il libretto al Piave e torna ad Enghien.<br />

Ma il nuovo libretto naviga in cattive acque. Discussioni su discussioni fra la Censura, la Presidenza<br />

della Fenice, il Piave e, per corrispondenza, il Verdi stesso, che non vuol sapere di imposizioni le quali<br />

minacciano di deformare la sua visione d'arte. L'antica nativa ostinatezza non cede. O si fa come vuole<br />

lui o terrà l'opera per sé. Intanto, ne scrive la musica.<br />

Trattenuto a Parigi per il Trovatore che si darà all'Opéra, deve arrabattarsi per la scelta dei cantanti.<br />

Pensa sempre al Re Lear che vorrebbe scrivere per Napoli e di cui possiede un diligentissimo libretto di<br />

Antonio Somma e pensa anche agli interpreti eventuali; ma dopo parecchi mesi, specialmente per la<br />

impossibil<strong>it</strong>à di trovarne di adeguati, si persuade di rinunciarvi e di cercare un altro soggetto. Ciò spiega<br />

l'importanza che egli attribuiva agli esecutori. «Per avere dei successi — scriverà più tardi allo scultore<br />

Vincenzo Luccardi suo amico, a propos<strong>it</strong>o della Forza del destino—<br />

ci vogliono opere adatte agli artisti, e artisti adatti alle opere».<br />

Il Trovatore, sotto il t<strong>it</strong>olo diLe Trouvère, sale felicemente le scene dell'Opéra il 12 gennaio del '57 e Verdi,<br />

libero finalmente da ogni impegno parigino, torna a S. Agata per finire il Boccanegra. L'opera va in<br />

iscena alla Fenice il 12 marzo, ma non ha buon es<strong>it</strong>o. Colpa, sì, della musica, ma anche del libretto che il<br />

Rasevi, autorevole cr<strong>it</strong>ico musicale, chiama «un mostruoso pasticcio melodrammatico»; e colpa anche di


due cantanti, il tenore Negrini e il bar<strong>it</strong>ono Giraldoni, scarsamente efficienti quella sera, e inadatti al<br />

ruolo loro affidato.<br />

Tuttavia Verdi aveva riposto qualche fiducia in quell'opera, e difficilmente s'ingannava sulle cose sue.<br />

D'altronde la cr<strong>it</strong>ica, pur non nascondendone i difetti, aveva in essa avvert<strong>it</strong>o un certo progresso sulla<br />

via già dal Maestro intrapresa verso una nuova estetica del melodramma.<br />

Allori e fastidi<br />

Disgustato e stanco, Verdi torna al suo eremo di Sant'Agata. Non vuol più sentir parlare di musica, e si<br />

dà tutto all'agricoltura. La terra sana le sue fer<strong>it</strong>e d'arte e lo richiama alla realtà delle cose eterne, che<br />

non mutano. Vive fra i contadini e le bestie che ama; e sul respiro pacato e uniforme della gran Madre<br />

misura i suoi sonni ristoratori. L'aria pura, non contaminata dai miasmi c<strong>it</strong>tadini, la <strong>qui</strong>ete della<br />

campagna fra semplici anime che ignorano le febbri del gran mondo corrotto e crudele, gli fanno<br />

dimenticare le amarezze e le avvers<strong>it</strong>à incontrate nel cammino dell'arte, e anche quella gloria che gli ha<br />

pur tante volte, ma a qual prezzo!, sorriso. Rinasce in lui il «contadino delle Róncole»; e il gran cuore del<br />

suo Barezzi che gli è fedelmente vicino lo riconcilia con la v<strong>it</strong>a.<br />

Il Simon Boccanegra si rialza a Reggio Emilia nel mese di maggio, ma il Maestro non vuoi più sentirne<br />

parlare. Accetta invece un inv<strong>it</strong>o a Rimini che vuole inaugurare il suo Teatro Comunale (arch<strong>it</strong>etto<br />

Poletti) con un'opera di lui. Vi si darà l'Aroldo, rimaneggiamento dello Stiffelio, già compiuto sin<br />

dall'anno precedente. Verdi stesso lo concerterà e Angelo Mariani ne dirigerà l'orchestra, con una<br />

Compagnia di canto eccellente.<br />

A metà di luglio Verdi parte per Rimini dove è ricevuto dalla municipal<strong>it</strong>à e dalla popolazione con<br />

grandi onori. Fra una prova e l'altra egli, com'è sua consuetudine quando viaggia, vis<strong>it</strong>a i monumenti del<br />

luogo, indugiandosi specialmente davanti e dentro quel prodigio di grazia arch<strong>it</strong>ettonica che è il tempio<br />

che Sigismondo Malatesta fece erigere da T,. B. Alberti in gloria della sua donna, la divina Isotta degli<br />

Atti. O si reca a marina, dove conversa affabilmente con marinai e pescatori, passando poi a ricevimenti<br />

d'onore offertigli dal patriziato riminese.<br />

La sera del 16 agosto lo Stiffelio va in iscena davanti ad un pubblico imponente di c<strong>it</strong>tadini e di forestieri<br />

venuti da ogni parte della Romagna. L'opera è molto discussa: tuttavia l'autore viene evocato alla<br />

ribalta ventisette volte, mentre dagli ordini più alti dei palchi volteggia in tutto il teatro uno sfarfallio di<br />

foglietti recanti scr<strong>it</strong>te di esaltazione all'indirizzo del Maestro. Appare questi al proscenio sotto una<br />

pioggia d'oro e tutto il teatro lo acclama. Altre manifestazioni seguiranno sino alla fine della stagione,<br />

mentre egli cercherà sottrarvisi per la sua scontros<strong>it</strong>à istintiva.<br />

Ma l'impegno di un'opera per Napoli urge. Verdi, in settembre, è a Busseto e cerca febbrilmente un buon<br />

soggetto. Si ferma sul Gustavo III dello Scribe, sebbene lo trovi alquanto convenzionale in certe<br />

s<strong>it</strong>uazioni. Ne scrive al Torcili, che ora è socio-segretario del Teatro S. Carlo; ma questi, rispondendogli,<br />

lo mette in guardia contro il pericolo di vedersi poi costretto dalla Censura a mutare nomi, luoghi ed<br />

epoca dell'azione. Allora Verdi, nell'incertezza, propone al Torcili di abbandonare l'idea di un'opera<br />

nuova, sost<strong>it</strong>uendo a questa la Battaglia di Legnano coi deb<strong>it</strong>i mutamenti d'occasione, nonché<br />

ilBoccanegra eL'Aroldo. Così si darebbero tre opere sue invece di una sola.<br />

«Un ballo in maschera»<br />

Ma la combinazione non avviene, e Verdi allora si decide per il Gustavo III, librettista il Somma. Ne<br />

traccia intanto il libretto in prosa e il 21 ottobre lo manda al Torelli per la revisione della Censura.<br />

Il silenzio dell'impresario Alberti a questo propos<strong>it</strong>o gli fa credere che tutto proceda favorevolmente.<br />

Poeta e musico lavorano pertanto con tale alacr<strong>it</strong>à, che alla fine dell'anno l'opera è compiuta. Né ciò<br />

deve recar maraviglia. Sappiamo che Verdi prima di mettersi a comporre matura ordinatamente le<br />

proprie idee e si compenetra del soggetto fino a farne v<strong>it</strong>a sua stessa. Iniziato poi il lavoro musicale, egli<br />

vien come travolto dal turbine creativo: l'estro lo infiamma, la mano, sicura ed esperta, gli scorre<br />

velocissima e rende, così, possibile il prodigio.<br />

L'opera non prenderà, come nel dramma, il nome del terzo re di Svezia pugnalato nel 1792, ma si<br />

chiamerà Una vendetta in rumino.<br />

Il compos<strong>it</strong>ore giunge a Napoli il 14 gennaio del '58, contemporaneamente ad una notizia telegrafica che<br />

getta l'allarme nella Corte e nella intera c<strong>it</strong>tadinanza. La sera prima a Parigi il fiero patriota romagnolo<br />

Felice Orsini ha attentato alla v<strong>it</strong>a di Napoleone III per punirlo d'aver trad<strong>it</strong>a la Repubblica e sperando<br />

di promuovere un moto rivoluzionario di cui l'Italia potesse avvantaggiarsi per i suoi fini di libertà.<br />

L'impresario Alberti allora è costretto a confessare a Verdi come la Censura abbia respinto il libretto in<br />

prosa sino dal 31 ottobre. Egli ne aveva celata l'opposizione al Maestro per non distoglierlo dal comporre<br />

e confidando che, una volta giunto a Napoli per le prove, egli si sarebbe adattato a portare le modifiche<br />

richieste.


Il libretto in versi, consegnato da Verdi al Torelli appena giunto a Napoli, è sottoposto alla Censura,<br />

divenuta anche più rigorosa. Infatti essa infierisce contro il t<strong>it</strong>olo, il soggetto, le scene, sin contro i versi.<br />

Verdi, come al sol<strong>it</strong>o, ricalc<strong>it</strong>ra: «In fatto d'arte - scrive al Torelli — ho le mie idee, le mie convinzioni ben<br />

nette, ben precise, alle quali non posso né devo rinunciare». Non è puntiglio dispettoso, il suo: è rispetto<br />

all'arte e a se stesso. Tale coerenza nel sostenere innanzi tutto i dir<strong>it</strong>ti dell'arte nobil<strong>it</strong>a grandemente il<br />

suo contegno in questo e in altri casi consimili, e rivendica la sua assoluta indipendenza.<br />

Ma ne nasce un duplice processo: da parte del Censore contro Verdi perché si rifiuta di applicare la<br />

musica della Vendetta ad altro libretto orribilmente abborracciato e imposto all'Impresa, dal<br />

t<strong>it</strong>oloAdelia degli Ademari; da parte di Verdi contro l'impresa per danni e interessi, e per ottenere la<br />

rescissione del contratto.<br />

Mentre la contesa è in alto mare, il Maestro pensa di far eseguirela Vendetta in dòmino a Roma, ove il<br />

dramma dello Scribe, sotto il t<strong>it</strong>olo d'origineGustavo III è stato rec<strong>it</strong>ato dalla Compagnia Donini col<br />

permesso della Censura pontificia.<br />

A tale scopo tratta con lo Jacovacci, impresario del Teatro Apollo di Roma. Ma la Censura romana, che<br />

pure aveva permesso il dramma, non acconsente all'opera, a meno che l'autore non accetti certi r<strong>it</strong>occhi<br />

da essa proposti. Verdi non cede, e preferisce non si parli più della cosa. Ma lo Jacovacci non vuol<br />

perdere il contratto che ha con lui.<br />

A Napoli, per via d'accomodamento, si conviene tra Verdi e l'Impresa del San Carlo di dare in quella<br />

c<strong>it</strong>tà il Simon Boccanegra nell'autunno dello stesso anno '58, con messa in scena curata dall'autore.<br />

Le vicende disgraziate di cui s'è detto avevano accresciute le simpatie di tutto il popolo napoletano verso<br />

il Maestro, che non poteva ormai più uscire dall'albergo senza che la folla lo seguisse acclamandolo.<br />

Naturalmente, l'elemento pol<strong>it</strong>ico non era estraneo a quella ag<strong>it</strong>azione. I moti liberali, accesi ormai in<br />

tutta Italia, facevano presagire come imminente la seconda guerra d'indipendenza. Il popolo napoletano<br />

ne risentiva profondamente nella sua impulsiv<strong>it</strong>à romantica, e il grido di «Viva Verdi», che<br />

accompagnava il Maestro per le vie, compendiava le aspirazioni comuni.<br />

Durante quel soggiorno, Verdi aveva conosciuto, per mezzo del Torelli, un p<strong>it</strong>tore poco più che<br />

trentenne, sal<strong>it</strong>o già in fama sino dal '35 per un quadroGli iconoclasti, che aveva rivelato in lui uno<br />

spir<strong>it</strong>o novatore, irre<strong>qui</strong>eto e fantasioso: Domenico Morelli. Il suo carattere aperto piacque al Musico e<br />

mutò rapidamente in amicizia fraterna l'ammirazione reciproca dei due artisti. Il Morelli fece poi al<br />

Maestro un r<strong>it</strong>ratto che restò famoso, e gli procurò più volte, richiestone, gli schizzi per certi personaggi<br />

delle sue opere.<br />

Verdi sentiva molto l'amicizia, ma non era facile a concederla. Esperto degli uomini, andava molto cauto<br />

nel contrarre quel vincolo di elezione che impone sacri doveri in cambio di dolcezze ineffabili. Così, pochi<br />

amici egli volle, ma di fede provata. Primi fra tutti, dopo il Barezzi, la contessa Maffei e il patrizio<br />

mantovano Opprandino Arrivabene, patriota, cr<strong>it</strong>ico, scr<strong>it</strong>tore e gentiluomo s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>o; poi il Morelli già<br />

ricordato; Cesarino De Sanctis di Napoli; lo scultore Luccardi già ricordato e conosciuto a Roma durante<br />

le prove dei Due Foscari, il «caro matto» col quale Verdi amò celiare sovente e volentieri, di presenza o in<br />

gustosissime lettere. Più tardi a Genova l'ing. Giuseppe De Amicis che sarebbe divenuto assiduo<br />

frequentatore dei coniugi Verdi durante i loro soggiorni in quella c<strong>it</strong>tà; e da ultimo, in ordine di tempo,<br />

nella <strong>qui</strong>ete operosa di S. Agata, Arrigo Bo<strong>it</strong>o, esempio commovente e mirabile di dedizione.<br />

Alla fine di aprile Verdi torna a Busseto ove r<strong>it</strong>rova la pace desiderata. Sente però a quando a quando<br />

una certa nostalgia di Milano, che non vede da un decennio. La cara c<strong>it</strong>tà racchiude troppe memorie e<br />

liete e tristi della sua v<strong>it</strong>a per poterla dimenticare. Il tempo che passa circonda di un alone di poesia<br />

anche il ricordo del dolore sofferto.<br />

Ma la pace gli vien presto turbata da una malattia improvvisa del Barezzi. Un colpo apoplettico lo<br />

riduce in fin di v<strong>it</strong>a; cure amorosissime lo risollevano; ma quello è un sinistro avviso...<br />

Jacovacci, intanto, ha così tenacemente brigato a Roma che la Censura ha m<strong>it</strong>igato le proprie esigenze<br />

proponendo al noto libretto modifiche accettabili dal Maestro e dal poeta.<br />

Il t<strong>it</strong>olo defin<strong>it</strong>ivo dell'opera sarà Un ballo in maschera. Così, con la sospirata approvazione della<br />

Censura, tutto è appianato.<br />

A Napoli agli ultimi di novembre si dà il Boccanegra con felice es<strong>it</strong>o; poi a metà di gennaio del '59, il<br />

Maestro va a Roma ove si ripromette buone e allegre giornate insieme con il Luccardi e con il simpatico<br />

Vasselli, rappresentante di Ricordi in quella c<strong>it</strong>tà.<br />

Mentre ivi si fanno le prove del Ballo in maschera sotto la sua direzione, Verdi apprende che a Milano<br />

ilBoccanegra, rappresentato alla Scala il 24 gennaio, non ha avuto buon es<strong>it</strong>o. Se ne cruccia, e in una<br />

lettera al Ricordi si sfoga contro il pubblico che «è sempre felice quando può arrivare a fare scandalo». E<br />

aggiunge: «...ne ammetto la sever<strong>it</strong>à, ne accetto i fischi alla condizione che nulla mi si richiegga per gli<br />

applausi. Noi poveri zingari, ciarlatani, e tutto quello che volete, siamo costretti a vendere le nostre fatiche, i<br />

nostri pensieri, i nostri deliri per dell'oro, il pubblico per tre lire compera il dir<strong>it</strong>to di fischiarci o di


applaudirci. Nostro destino è rassegnarci: ecco tutto... Triste cosa il teatro!». C'è molta amarezza in questa<br />

lettera, ma, in fondo, c'è anche molta ver<strong>it</strong>à. E in un'altra missiva al Filippi, cr<strong>it</strong>ico musicale assai<br />

apprezzato, ribadisce, a propos<strong>it</strong>o di certa cricca avversaria che non sarebbe stata estranea all'insuccesso,<br />

le stesse idee, rivendicando infine qualche mer<strong>it</strong>o a quell'opera sua. «Se più tardi gli si calmerà il sangue<br />

— (si riferisce al pubblico, naturalmente) ---allora forse potrà accorgersi che nel Boccanegra vi è almeno<br />

qualche intenzione che non è da sprezzarsi...».<br />

Un ballo in maschera si rappresentò all'Apollo di Roma il 17 febbraio del '59 con es<strong>it</strong>o trionfale. Nelle<br />

lettere che compongono il nome di Verdi il pubblico lesse le iniziali di parole altrimenti significative:<br />

Viva V<strong>it</strong>torio Emanuele Re d'Italia. Nome profetico, veramente, che rinverdiva le speranze degli Italiani.<br />

Ma non è a credere che il successo fosse occasionalmente pol<strong>it</strong>ico. L'opera, fondendo romanticismo e<br />

verismo, era un nuovo smagliante anello che si saldava al prezioso monile del Rigoletto e del Trovatore.<br />

La cr<strong>it</strong>ica però, in genere, fu contraria; ma Verdi esortava l'impresario Jacovacci a non prendersela<br />

troppo coi giornali: «Dovevate fare come io feci sempre; non leggerli, oppure lasciarli cantare nel tòno che<br />

volevano... Del resto la questione è questa: l'opera è cattiva o buona. Se cattiva, ed i giornali ne hanno parlato<br />

male, avevano ragione; se buona, e non hanno voluto giudicarla tale per conto delle passioncelle proprie ed<br />

altrui o per qualsiasi altro fine, bisognava lasciarli dire e non curarli».<br />

Vedremo in segu<strong>it</strong>o come Verdi sia stato sempre coerente a queste sue idee in fatto di cr<strong>it</strong>ica. Egli stesso<br />

si schermiva dal pronunciare giudizi su opere d'altri. Odiava l'estetica e i sistemi, e aveva ragione. La<br />

musica è un mistero o, come diceva lui, «un rebus».<br />

Dirà poi, alcuni anni più tardi, a propos<strong>it</strong>o di un'opera del Faccio,I profughi fiamntinghi, data alla Scala:<br />

«... non conosco il talento di Faccio né la sua opera; e non vorrei conoscerla per non discuterne né darne un<br />

giudizio, cose che io detesto perchè le più inutili di questo mondo. Le discussioni non persuadono mai alcuno, i<br />

giudizi sono il più delle volte fallaci...».<br />

Egli poteva dunque essere indifferente alla cr<strong>it</strong>ica, parte della quale sino dagli inizi della sua carriera<br />

aveva cercato di adombrarne i primi luminosi trionfi. Rinchiusa aristocraticamente nelle sue serre di fiori<br />

artificiali, essa aveva allora disdegnato quel vento impetuoso che sapeva di terra e di temporale; ma il<br />

giovane campagnòlo delle Ròncole aveva continuata la sua corsa col fragore di una valanga. Ora egli era<br />

giunto a un grado di maggiore e<strong>qui</strong>librio e di più approfond<strong>it</strong>a sapienza, senza per altro venir meno alla<br />

sincer<strong>it</strong>à dell'ispirazione: concentrandone anzi la intens<strong>it</strong>à emotiva nel fulcro di una espressione più<br />

sobria e concisa. Forma e non formula. Ecco il suo studio, la sua cura d'ora in avanti.<br />

Soltanto quando la cr<strong>it</strong>ica, specialmente francese, a propos<strong>it</strong>o delDon Carlos lo accuserà di germanesimo<br />

e di wagnerismo lo vedremo adirarsi, che allora sarà in gioco quel suo spir<strong>it</strong>o di <strong>it</strong>alian<strong>it</strong>à cui tanto e<br />

sempre ebbe tenuto nell'arte e nella v<strong>it</strong>a.<br />

Del resto, la cr<strong>it</strong>ica (diciamo questo in via generale) oltre ad essere una affermazione di libertà di<br />

giudizio, eserc<strong>it</strong>a, quando sia competente e serena, una funzione utilissima. Verdi certo le riconosceva<br />

questo cómp<strong>it</strong>o. Lo offendevano solo i denigratori sistematici e irriducibili di tutte le luci che appaiono<br />

sull'orizzonte. D'altra parte, riconosceva forse, come noi riconosciamo, che senza i loro attacchi la gloria<br />

sarebbe più facile e meno mer<strong>it</strong>oria. Nella v<strong>it</strong>a dei forti la cr<strong>it</strong>ica astiosa e interessata ha sempre susc<strong>it</strong>ato<br />

reazioni violente e superbe, e la grande, la vera arte si è sempre meglio affermata. Certe rivinc<strong>it</strong>e del<br />

genio sono veramente tremende, e i veri sconf<strong>it</strong>ti saranno sempre gli scettici e gli amari, coloro che non<br />

hanno fede perche hanno paura d'aver fede. Tutte le opere più belle dell'anima e del pensiero umano<br />

scaturirono in forza di un'intima reazione contro la gratu<strong>it</strong>a condanna di quelli. Siano dunque, in fondo,<br />

lodati e ringraziati per il bene dell'arte.<br />

Tornando ad Un ballo in maschera, l'opera, in onta alla cr<strong>it</strong>ica ostile, si rappresentò all'Apollo di Roma<br />

per due carnevali consecutivi (1859-6o e 186o-61).<br />

***<br />

Gli eventi pol<strong>it</strong>ici ora incalzano e inducono Verdi a lasciare Roma. L'Italia, alleata con la Francia, si<br />

prepara a combattere contro l'Austria la sua seconda guerra. Cavour al Congresso di Parigi, sostenuto<br />

dal ministro inglese lord Clarendon, ha posto sul tappeto la «questione <strong>it</strong>aliana». Ormai le condizioni<br />

infelici della penisola sono state denunciate a quel raduno di rappresentanti delle grandi Potenze; ormai<br />

tutti sentono che il prestare soccorso ai nostri mali è interesse non solo dell'Italia ma dell'Europa intera.<br />

La Savoia è ancora <strong>it</strong>aliana (per poco, purtroppo, ché la sua sorte, nei segreti progetti di Napoleone III, è<br />

già segnata) e Verdi vi si reca con la Strepponi, per consacrare innanzi a Dio quell'unione che già da<br />

alcuni anni lega le loro anime in un nodo soavissimo di reciproca assistenza. Il 29 aprile del '59, a<br />

Collange-sousSalère, nella chiesa di Nostra Signora di Ginevra, davanti all'abate Mermillod il<br />

matrimonio viene celebrato secondo il r<strong>it</strong>o cattolico.


Lo stesso giorno un eserc<strong>it</strong>o austriaco riceve dal maresciallo Giulay l'ordine di passare il Ticino per<br />

colpire i Piemontesi prima che giungano i soldati di Francia. Comincia così la guerra che ci darà le<br />

v<strong>it</strong>torie di Montebello, Palestro, Magenta.<br />

I coniugi Verdi sono ora a Sant'Agata e seguono con cuore trepidante gli eventi di cui apprendono via<br />

via le notizie. La Lombardia è finalmente evacuata dal nemico; V<strong>it</strong>torio Emanuele II e Napoleone III<br />

entrano trionfalmente in Milano, mentre Garibaldi co' suoi Cacciatori delle Alpi, dopo aver battuto<br />

reparti austriaci a Varese, marcia su Como e procede verso Bergamo; segue infine la grande, benché<br />

sanguinosa, giornata di Solforino e San Martino (24 giugno).<br />

Il Maestro si rammarica di non potere egli pure, per la debole cost<strong>it</strong>uzione fisica che ne rende precaria la<br />

salute, imbracciare un fucile e condividere i disagi di guerra con gli altri volontari. Tuttavia, a<br />

confortarsene, pensa, forse, fra sé, che qualcosa ha pur fatto per giovare alla causa nazionale e che<br />

tuttora l'arte si unisce alla patria nelle pubbliche manifestazioni, se Milano riapre il suo massimo teatro<br />

per una serata di gala facendo eseguire due atti del Trovatore.<br />

Le opere del suo primo periodo creativo gli si schieran davanti nella memoria come un eserc<strong>it</strong>o in assetto<br />

di combattimento. Non s<strong>qui</strong>llarono esse la diana del riscatto?<br />

Gli Austriaci sono ormai cacciati dappertutto; i principi che tenevano divisa l'Italia, fugg<strong>it</strong>i in gran<br />

parte. Spetterà ora a Garibaldi col suo rosso manipolo di liberare la Sicilia e il Napoletano dai Borboni. Il<br />

sogno di Verdi e di ogni cuor generoso sta per avverarsi..<br />

Non potendo il Maestro far altro per il momento a pro del Paese, promuove una pubblica sottoscrizione<br />

per soccorrere i fer<strong>it</strong>i e le famiglie dei Caduti, ponendosi in capolista co' suoi familiari. Non solo; ma poco<br />

più tardi, tram<strong>it</strong>e il Mariani che si trova a Genova e che gli è tuttora amico e interprete smagliante nella<br />

direzione orchestrale delle sue opere, provvederà a sue spese, sia pure come anticipazione, il Municipio di<br />

Busseto di 172 fucili per ist<strong>it</strong>uire un Corpo di Guardia nazionale, resosi indispensabile per certi torbidi<br />

insurrezionali scoppiati nella regione.<br />

Ma ecco, all'improvviso, un colpo inaspettato. Napoleone III firma con Francesco Giuseppe un<br />

armistizio a Villafranca, in virtù del quale l'Austria cederà la Lombardia all'imperatore dei Francesi, che<br />

la consegnerà a V<strong>it</strong>torio Emanuele; ed essa terrà per sé il Veneto. Delusione amarissima per l'Italia tutta.<br />

Cavour, irr<strong>it</strong>ato, si dimette. V<strong>it</strong>torio Emanuele è costretto a firmare a sua volta l'armistizio, che poi<br />

verrà defin<strong>it</strong>ivamente ratificato a Zurigo (10 novembre '59). Napoleone ha dunque trad<strong>it</strong>o? Perché?<br />

Forse le gravi perd<strong>it</strong>e sub<strong>it</strong>e dai Francesi a Solferino e a San Martino in una guerra da essi non sent<strong>it</strong>a, e<br />

la minaccia dei Prussiani ai confini del Reno, lo hanno indotto a rinnegare i patti di Plombières (luglio<br />

'58).<br />

Ciò nonostante, la Toscana e l'Emilia, che all'inizio della guerra si erano sollevate contro i rispettivi<br />

governi, dichiarano di volersi annettere al Piemonte; ma Cavour, ripreso nel frattempo il potere in nome<br />

e ad istanza dei liberali (gennaio '6o) deve cedere Nizza e la Savoia a Napoleone III, per potere<br />

addivenire, senza ostacoli da parte di quest'ultimo, all'annessione desiderata. Garibaldi si vede così<br />

espatriato dalla sua c<strong>it</strong>tà natale e V<strong>it</strong>torio Emanuele dalla terra ch'era stata la culla de' suoi avi: crudele<br />

ironia che ferisce profondamente il cuore d'entrambi, ma non ne piega lo spir<strong>it</strong>o in vista dei futuri<br />

superiori destini dell'Italia.<br />

Parentesi pol<strong>it</strong>ica<br />

Ora si prepara una nuova fase o, meglio, una breve parentesi della v<strong>it</strong>a di Verdi che chiameremopol<strong>it</strong>ica.<br />

Niuno in ver<strong>it</strong>à poteva essere meno di lui adatto ad eserc<strong>it</strong>are il mandato legislativo. Benché animato da<br />

ardentissima fede patria, non si sentiva uomo da sedere sullo scanno del deputato. Eppure dovè cedere al<br />

desiderio di Cavour, che voleva ornare il primo Parlamento <strong>it</strong>aliano dei due nomi più celebri del tempo:<br />

Manzoni e Verdi. Con lui aveva avuto un primo amb<strong>it</strong>issimo collo<strong>qui</strong>o a Leri — ottenutogli da Sir<br />

Hudson, ministro. inglese plenipotenziario presso la Corte di Sardegna — quando egli si era recato a<br />

Torino con una Deputazione a consegnare a re V<strong>it</strong>torio i voti del plebisc<strong>it</strong>o emiliano; collo<strong>qui</strong>o di<br />

carattere semplicemente privato, con reciproco scambio di espressioni cordialmente ammirative.<br />

Erano maturati frattanto eventi incredibili in brevissimo tempo. Non pareva vero che due anni prima<br />

l'Italia fosse ancora spezzettata e schiava; la guerra del '59 aveva liberata la Lombardia; le rivoluzioni<br />

del '59-'6o s'erano risolte con l'annessione dell'Emilia, delle Romagne e della Toscana; l'impresa eroica dei<br />

Mille aveva dato all'Italia il Regno di Napoli, e l'eserc<strong>it</strong>o piemontese assicurata la liberazione delle<br />

Marche, e dell'Umbria. Gli stessi valorosi che avevano cooperato al prodigio credevano di sognare: la<br />

realtà dei fatti era andata oltre le loro speranze. Ora Cavour, artefice principale del maestoso disegno,<br />

inv<strong>it</strong>ava i liberi c<strong>it</strong>tadini d'Italia ad eleggere i loro rappresentanti al primo Parlamento nazionale.<br />

Alla vigilia delle elezioni i Bussetani proposero la candidatura a Verdi, che la rifiutò senz'altro; una<br />

lettera obbligante di Cavour lo fece correre a Torino per scongiurare l'onere incombente. Ottenuto un<br />

nuovo incontro con lui, gli espose le ragioni della sua r<strong>it</strong>rosia ad assumere la carica eventuale; ma l'uomo


di Stato tanto fece da indurlo a lasciarsi portar deputato, con la riserva, però, che, se fosse riusc<strong>it</strong>o, dopo<br />

qualche mese egli si sarebbe potuto dimettere.<br />

Le elezioni gli furono favorevoli ed egli, pur con grande sacrificio, si dispose ad eserc<strong>it</strong>are<br />

scrupolosamente il mandato. E il 18 febbraio 1861 assisteva a Torino all'apertura del primo Parlamento.<br />

Vi restò ben quattro mesi, frequentando assiduamente le sedute; si trovò presente, <strong>qui</strong>ndi, anche a quella<br />

memoranda nella quale il Parlamento stesso, dichiarata la Cost<strong>it</strong>uzione del Regno d'Italia, ne<br />

proclamava Sovrano V<strong>it</strong>torio Emanuele II.<br />

A Torino Verdi vide il Manzoni; ma, benchè per la grande ammirazione che nutriva per lui si struggesse<br />

di conoscerlo di persona, se ne tenne riguardosamente lontano. Si trovò colà pure con l'amico<br />

Opprandino Arrivabene.<br />

Poco prima di essere eletto deputato, gli era venuta da Pietroburgo la proposta di un'opera per quel<br />

Teatro Imperiale. Dopo molte ricerche del soggetto si era fermato sul Don Alvaro, ola Fuerza del sino di<br />

Don Angelo Saavedra, ricco di forza drammatica e di violenti contrasti. Il Piave ne stese il libretto col<br />

t<strong>it</strong>olo La forza del destino, ed egli cominciò a metterlo in musica, ma molto a rilento.<br />

Nell'eremo prediletto il Maestro attendeva alle cure pratiche della terra e della casa; costruiva stalle,<br />

intensificava la coltivazione, migliorava i cascinali colonici; e, quanto all'ab<strong>it</strong>azione propria, l'ampliava e<br />

l'abbelliva per farne un sempre più comodo asilo pe' suoi riposi.<br />

Ed ecco giungergli improvvisa la notizia della morte di Cavour. Il dolore che ne prova lo fa prorompere<br />

in un'esclamazione: “Quale sventura! Quale abisso di guai!”<br />

Infatti, i guai dell'Italia erano molti. I Part<strong>it</strong>i si dilaniavano; nel meridionale la miseria era grande. Con<br />

la morte del grande statista s'era spenta una luce. Che sarebbe accaduto del nostro Paese, senza più<br />

quella guida?<br />

L'impegno con la Russia lo obbliga a recarsi colà. Ed ecco i coniugi Verdi in viaggio; ma il viaggio riesce<br />

inutile perciò, ammalatasi la prima donna, la rappresentazione della Forza del destino viene rimandata<br />

all'autunno prossimo.<br />

Frattanto a Londra si prepara una grande Esposizione internazionale. Il Com<strong>it</strong>ato desidera che le<br />

principali Nazioni europee vi partecipino anche musicalmente. La Francia e la Germania vi saranno<br />

rappresentate con Inni di Auber e di Mcyerbeer. Per l'Italia sí inv<strong>it</strong>a Verdi a scrivere un Inno<br />

d'occasione.<br />

Benché il Maestro sia contrario a comporre lavori di tal genere, tuttavia vi si impegna. Il testo gli vien<br />

dato da un giovane ventenne, musico e poeta, Arrigo Bo<strong>it</strong>o, che egli incontra a Parigi e che diverrà il suo<br />

più alto e devoto collaboratore.<br />

Compiuto l'Inno delle Nazioni, Verdi va a Londra; ma le manovre ostili di un maestro <strong>it</strong>aliano, Michele<br />

Costa, che fa parte del Com<strong>it</strong>ato direttivo musicale dell'Esposizione, riescono a lasciarne sospesa<br />

l'esecuzione. I giornali londinesi se ne indignano; ma Verdi è indifferente e, forse, contento del rifiuto.<br />

Tuttavia, l'Inno viene finalmente esegu<strong>it</strong>o il 24 maggio al Teatro della Regina, in una serata di<br />

beneficenza, con grande successo di pubblico e di cr<strong>it</strong>ica, sotto la direzione di Luigi Ard<strong>it</strong>i, e, anzi, ripreso<br />

ben quattro volte in una settimana, e ogni volta ripetuto a richiesta del pubblico.<br />

I campi<br />

Dopo tante vicende, l'oasi di Busseto riaccoglie il Maestro nella pace dei campi. I lavori agricoli, la<br />

caccia, le passeggiate, la compagnia di cari osp<strong>it</strong>i r<strong>it</strong>emprano il suo spir<strong>it</strong>o. Donna Giuseppina è di una<br />

amabil<strong>it</strong>à semplice e s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a. Compagna ideale, comprende e vigila: se qualche nube offusca lo spir<strong>it</strong>o<br />

del consorte, essa con un sorriso gli ridona il sereno. Sa usare l'arguzia al momento opportuno; condivide<br />

le sue ansie, e si r<strong>it</strong>rae quando sente che egli vuol essere solo nelle sue med<strong>it</strong>azioni.<br />

Ma anche la pace campestre ha i suoi turbamenti.<br />

Muore Loulou. Chi è Loulou? Un cane, un amico, da tempo fedelmente legato all'esistenza dei due<br />

coniugi. Dolore grande, che può essere compreso soltanto da chi ama le bestie e trova, nella consuetudine<br />

con esse, misteriose virtù che raramente si trovano fra gli esseri cosiddetti ragionevoli. (Soleva dire,<br />

infatti: «Qui sono sempre in mezzo alle bestie; alle migliori, però, le quadrupedi»). Loulou era un vero amico.<br />

Lo scrive il Maestro al Mariani: «Povera bestiola! il vero amico, il compagno fedele, inseparabile di quasi sei<br />

anni di v<strong>it</strong>a! Così affettuoso! Così bello! Povero Loulou!... in casa mia c'è ora la desolazione».<br />

Il cane viene sepolto pietosamente in un'aiuola del giardino, sotto i rami di un salice, e avrà l'onore di<br />

una colonnetta e di una epigrafe dettata dal Maestro: «Alla memoria di uno dei miei più fidi amici».<br />

Questa dolcezza per le bestie è una delle doti di Verdi; è una venatura d'oro nascosta fra le scabros<strong>it</strong>à<br />

apparenti di un masso. E si rivelerà in altre circostanze, come, per tenerci ancora al mondo animale,<br />

allorchè egli darà con Black un successore a Loulou, e non se ne separerà nemmeno durante le ore di<br />

intenso lavoro. Deliziose pueril<strong>it</strong>à del genio. Verdi arriverà sino a fingere che il suo cane Black scriva una<br />

lettera al cane Ron-Ron dell'antico Arrivabene.


Giuseppina gode di queste ingenue distrazioni del suo grande compagno. Vede in esse qualcosa di puro e<br />

di semplice, che va oltre la banale realtà episodica e trae origine da una sensibil<strong>it</strong>à profonda.<br />

L'unione di Verdi e della Strepponi ha veramente, ed avrà sino agli ultimi anni della loro v<strong>it</strong>a, una<br />

freschezza primaverile. Se a ciò contribuisce innegabilmente il clima dell'arte, che, pur fra le ansie e le<br />

pene che ne comportano il culto ideale e l'esercizio pratico, spira dalla propria stessa natura un al<strong>it</strong>o di<br />

giovinezza perenne, la ragion vera dell'armonia che quell'unione governa va ricercata nella reciproca<br />

comprensione di due intelligenze superiori. Il carattere di Verdi non è facile. Scontroso, selvatico,<br />

ostinato, cela però un gran cuore. Si direbbe che quella selvatichezza sia una maschera di pudore da lui<br />

impostasi per nascondere altrui la intim<strong>it</strong>à de' suoi sentimenti più puri: così come la sua firma<br />

ghiribizzosa sembra voler quasi nascondere e proteggere il suo nome dietro una trincea di filo spinato.<br />

La Strepponi a poco a poco penetra tanto nella esistenza di lui da divenirne parte essenziale e<br />

indispensabile. La sua opera non è appariscente: la luce del genio è troppo viva e le cose che ne sono a<br />

contatto immediato restano nell'ombra. Ma è un'opera mirabile di avvedutezza, temperata di grazia<br />

femminile. Spir<strong>it</strong>o eletto, affinato dall'esperienza e animato da un <strong>qui</strong>d indefinibile e imponderabile che<br />

solo può venire da un'indole forte e gentile, lo riaccende all'entusiasmo del lavoro se lo sorprende scorato,<br />

lo cura maternamente, cessati i febbrili travagli del comporre, in quelle pause riposanti che sembrano<br />

vere e proprie convalescenze dopo i grandi deliri.<br />

Segretaria di lui, adempie con mirabile zelo tale missione, spontaneamente assunta, risparmiandogli<br />

tempo e fastidi, rispondendo per lui a lettere di importuni, o per lui trattando d'arte o di affari con<br />

cantanti, direttori, impresari Sono garbate ripulse ad ammiratrici in caccia di autografi, od effusioni<br />

cordiali ad amici sinceri. Tutto ciò ella fa con un tatto s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>o, infiorando spesso le sue lettere con<br />

arguzie sottili, talora maliziose, sempre di buon gusto. Aiuto al Maestro, difesa del Maestro: ecco la<br />

Strepponi nei rapporti coniugali e in quelli fra lui e il pubblico.<br />

Tale collaborazione si esplica anche nel campo creativo dell'arte. Lettrice assidua, gli giova nella ricerca e<br />

nella scelta dei soggetti: lo consiglia e discute con lui con una tempestiv<strong>it</strong>à sempre accorta. Lo<br />

incoraggia, lo modera, se ne è il caso, con un'acuta intuizione artistica, sorretta dall'esperienza teatrale<br />

de' suoi primi tempi di palcoscenico.<br />

Regina nella sua casa, alterna il ruolo ideale con quello realistico della saggia massaia, anche in ciò<br />

corrispondendo al senso pratico di lui. Si occupa della serv<strong>it</strong>ù, della guardaroba, della cucina, mentre egli<br />

se la intende coi contadini, col fattore, col giardiniere.<br />

«... Vi può essere (scrive al Corticelli, segretario della Ristori e buon amico del Verdi)tanta poesia nelle<br />

modeste e, per così dire, sol<strong>it</strong>arie occupazioni domestiche, quanta in quella specie di delirio che si prova e<br />

talvolta si comunica dalla scena all'affollato ud<strong>it</strong>orio»:<br />

Così la loro casa, nella quale ella pratica l'osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à in modo cordiale, semplice e inappuntabile, diviene<br />

soggiorno, oltre che amb<strong>it</strong>o, s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>amente e piacevolmente confortevole per i vis<strong>it</strong>atori, illustri o umili,<br />

che non vi mancano mai. La loro esistenza trascorre frattanto fra Sant'Agata e Genova: i due soggiorni<br />

prefer<strong>it</strong>i per ragioni diverse: l'uno, per la pace estiva, campestre e laboriosa; l'altro per l'inverno m<strong>it</strong>e, la<br />

vista del mare, il paesaggio ridénte e i pochi ma buoni amici che vi contano. Eppoi, a Genova c'è<br />

Mariani, che, sino dal '52, vi dirige gli spettacoli teatrali al Carlo Felice.<br />

A metà di settembre ('62) i coniugi Verdi sono in viaggio per la seconda volta verso Pietroburgo, ove<br />

dovrà andare in iscenaLa forza del destino.<br />

Prima che comincino le prove il Maestro si reca a Mosca in incogn<strong>it</strong>o, a sentireil Trovatore; ma il<br />

pubblico, saputo che egli è in teatro, prorompe in una tale acclamazione da costringerlo a recarsi sul<br />

palco a riceverne l'omaggio imprevisto e improvviso. Il dì dopo gli artisti gli offrono un grande<br />

banchetto.<br />

La sera del 10 novembre La forza del destino va in iscena. Nonostante l'ostil<strong>it</strong>à e le briglie del part<strong>it</strong>o<br />

«tedesco» e del part<strong>it</strong>o nazionale «russo» l'opera ottiene un grande successo. Per otto sere si replica a<br />

teatro affollatissimo. Alla quarta l'Imperatore vuole il Maestro nel suo palco e, prima che egli parta, gli<br />

conferisce, mota proprio, la decorazione di San Stanislao.<br />

Con quest'opera, che racchiude gli ultimi and<strong>it</strong>i del romanticismo musicale, agonizzante fra le viete<br />

ricette di una poesia in piena decadenza — opera ineguale, fra brani volgari ed effusioni alate e<br />

splendenti —, Verdi suggella per sempre la fase romantica della sua musica e si orienta verso una nuova<br />

visione d'arte.<br />

Verdi e i viaggi<br />

Quando, o solo o con l'ormai inseparabile compagna, si recava per ragioni teatrali in qualche c<strong>it</strong>tà, non<br />

trascurava mai di ricercare quanto vi fosse di artistico o di monumentale, avido di sempre nuove<br />

impressioni e di una sempre più vasta cultura.


Così, a Mosca i Verdi vis<strong>it</strong>arono con grande ammirazione il Cremlino; indi, passati in Ispagna, dove la<br />

Forza del destino otteneva ottimo es<strong>it</strong>o (Madrid, 21 febbraio '63), vollero vederne i luoghi più<br />

interessanti. L'Escuriale specialmente, nella sua immensa mole dovuta al genio e al braccio nostrani,<br />

destò il loro orgoglio nazionale, traendoli a considerare come anche laggiù lo scalpello e il pennello<br />

<strong>it</strong>aliani avessero lasciato un segno imper<strong>it</strong>uro dell'arte nativa. Però l'impressione provatane fu tragica. Il<br />

volto del Sovrano feroce che ebbe fatto costruire quel monumento apparve loro come in esso specchiato.<br />

Forse il futuro compos<strong>it</strong>ore delDon Carlos, vide allora aggirarsi fra quelle colonne il truce fantasma di<br />

Filippo II, e ne accolse nello spir<strong>it</strong>o creatore il presentimento d'un'opera nuova, cui avrebbe dato,<br />

quattro anni dopo, anima e veste musicale, sull'orme della tragedia schilleriana. Dopo la Spagna, ecco il<br />

Maestro a Parigi, nell'attesa di inscenare i Vespri all'Opéra. Ma le prove vanno a rilento, per il malvolere<br />

dell'orchestra e l'ostil<strong>it</strong>à generale dei Parigini, che delirano per Wagner. Mai come ora il Teatro<br />

dell'Opera s'è mer<strong>it</strong>ato l'ep<strong>it</strong>eto rossiniano: «la grande boutique».<br />

Impresari, direttore, orchestra, cantanti, tutti sembrano gareggiar nell'intrigo per impedire il trionfale<br />

splendore del genio <strong>it</strong>aliano. Wagner se ne compiace e non si per<strong>it</strong>a di aggiungere qualche filo alla<br />

subdola trama. Ma Verdi, che ha ormai contro di sè tutta Parigi intellettuale e ufficiale, compreso lo<br />

stesso Imperatore, se ne sta appartato in dign<strong>it</strong>oso riserbo. Alla fine, lascia in asso Parigi, Opera, Vespri,<br />

anche se il direttore intrigante di quel Teatro è stato sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o. Meglio la campagna e la sol<strong>it</strong>udine di<br />

Sant'Agata che non quel covo di consorteria e di malefatte.<br />

Ah, Sant'Agata! Ivi la natura serena, la terra che non mente, vecchi cuori fedeli e anche cari morti sotto<br />

le zolle fior<strong>it</strong>e. Né lo commuovono le notizie che alla fine gli giungono dell'ottimo es<strong>it</strong>o deiVespri<br />

all'Opera e dellaTraviata al Teatro Italiano.<br />

Egli bada a' suoi campi, riordina la sua amministrazione e non si cura affatto di musica. Non vuol<br />

nemmeno sentirne parlare. Così lascia sospeso anche un contratto che gli viene proposto dal nuovo<br />

direttore dell'Opera parigina per un altro spart<strong>it</strong>o.<br />

Resta tutta l'estate del '63 a Sant'Agata, ded<strong>it</strong>o esclusivamente alla campagna ma non indifferente a<br />

qualcosa (l'insol<strong>it</strong>o che liev<strong>it</strong>a nel campo musicale e ad uno spir<strong>it</strong>o polemico e novatore che si ag<strong>it</strong>a su<br />

giornali e riviste, ad opera specialmente di giovani.<br />

IIII<br />

RINNOVAMENTO<br />

Nuovi fermenti<br />

Fioriva allora a Milano la cosiddetta «Scapigliatura lombarda»; movimento che, partendo dalla<br />

letteratura, si estendeva un po' a tutte le arti, in un senso di ribellione a ciò che v'era di falso e di vieto<br />

nelle varie espressioni della bellezza.<br />

Il romanticismo decadeva stemperandosi nei languori lunari; bisognava opporre il vero al fantastico, il<br />

sensualismo al sentimentalismo, la violenza alla oziosa pigrizia dei vecchi motivi tradizionali. Rovani,<br />

Tarchetti, Dossi, Emilio Praga, Giovanni Camerana erano i corifei di tale movimento che proclamava<br />

l'arte fine a se stessa e rivelava una certa in<strong>qui</strong>etudine psichica oltre che artistica.<br />

Fu, quello dal 1860 al '70, un decennio di fervore polemico e di disordine nella v<strong>it</strong>a privata. I poeti<br />

sentivano gl'influssi di grandi stranieri, romantici o decadenti, come Hcine, Hugo, Baudelaire, Byron...<br />

Ma in fondo erano dei romantici anch'essi in certi atteggiamenti ed accenti nostalgici degli affetti<br />

domestici che si notavano in alcuni; segno di ansia interiore, e anche di stanchezza resipiscente dopo le<br />

folli dissipazioni dei sensi.<br />

Tuttavia la loro ribellione, artisticamente parlando, fu più formale che non sostanziale. Fra codesti<br />

«scapigliati» primeggiava, poco più che ventenne, Arrigo Bo<strong>it</strong>o, distinguendosene non solo perchè non<br />

dissipato come certi altri, ma anche e specialmente perchè dotato di una spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à superiore e diversa.<br />

Nato il 24 febbraio del '42 a Padova da una contessa polacca, Giuseppina Radolinszka, donna<br />

virtuosissima, e da Silvestro, miniaturista e p<strong>it</strong>tore, piuttosto svagato e vizioso, entrò all'età di dodici<br />

anni nel Conservatorio milanese, alla scuola di Alberto Mazzucato ove ebbe a compagni di studio il<br />

Catalani, il Ponchielli e Franco Faccio. Con quest'ultimo strinse un'amicizia fraterna, che ebbe tratti di<br />

una nobiltà commovente.<br />

Diplomati compos<strong>it</strong>ori nel '61, i due amici, grazie ad un sussidio loro concesso dal Ministero, si recarono a<br />

Parigi ove furono bene accolti da Rossini e da Verdi e dove conobbero Berlioz e Gounod. Il Bo<strong>it</strong>o potè<br />

avvicinare anche Carlo Baudelaire, lo scettico e originale poeta deiFleurs du mal e ne divenne ardente<br />

ammiratore. Ciò può forse spiegare certi atteggiamenti iniziali della sua poesia. Poeta era Arrigo, a un<br />

tempo che musico. Tornato in patria dopo una digressione in Polonia, ov'era andato a trovare certi<br />

parenti di sua madre e dove, nella pace della piccola c<strong>it</strong>tà di Mistkv, leggendo Tac<strong>it</strong>o, concepì forse la<br />

prima idea di scrivere il Nerone, egli si dedicò alla letteratura e alla cr<strong>it</strong>ica musicale ed artistica in genere.


Le sue impressioni sul Teatro dell'Opera di Parigi e sul pubblico che lo frequentava, apparse in una acuta<br />

e mordente corrispondenza del '63 sullaPerseveranza di Milano, rivelarono in lui, d'un tratto, una tempra<br />

vivacissima di giornalista e di cr<strong>it</strong>ico.<br />

Nel '63, gli Italiani riposavano ancora sulle v<strong>it</strong>torie del '59, avendo troppo presto dimenticato i<br />

precedenti di Plombières, sment<strong>it</strong>i dall'armistizio di Villafranca. La v<strong>it</strong>a mediocre di allora segnava una<br />

delusione per coloro che avevano guardato più in alto. Il contrasto fra il sogno e la realtà pose l'animo del<br />

giovine Bo<strong>it</strong>o in uno stato angoscioso. Certi versi, che veniva pubblicando qua e là e che avrebbe poi<br />

raccolto in volumi soltanto nel '77, rivelarono la crisi del suo spir<strong>it</strong>o.<br />

Una poesia fra l'altre, Dualismo, apparsa sul Figaro e divenuta poi famosa, r<strong>it</strong>rasse tutto Bo<strong>it</strong>o d'allora e<br />

di poi. Basterebbe l'ultima strofa a definirlo: «Come istrion, su cupida — plebe di rischio ingorda — fa<br />

pompa d'e<strong>qui</strong>librio — sovra una tesa corda, — tale è l'uman, librato — fra un sogno di peccato — e un sogno<br />

di virtù».<br />

***<br />

Il Bo<strong>it</strong>o e il Faccio, frequentatori assidui del salotto della contessa Maffei e da essa raccomandati a Verdi<br />

(abbiamo veduto come questi avesse, del primo, già musicato l'Inno delle Nazioni) s'erano posti<br />

all'avanguardia del movimento cosiddetto dell'arte nuova, da non confondersi con l'arte dell'avvenire, che<br />

era quella band<strong>it</strong>a, oltr'alpe, da Wagner.<br />

I due giovani e i loro seguaci volevano (come poi il Carducci nella poesia) innovare rinnovando, ossia<br />

rinnovare la musica <strong>it</strong>aliana riportandola alle sue origini genuine, e affrontare la riforma del<br />

melodramma.<br />

Bo<strong>it</strong>o, ne' suoi articoli che uscivan frequenti su riviste e giornali, si batteva per i grandi compos<strong>it</strong>ori del<br />

passato. Rammaricandosi della oscur<strong>it</strong>à dei tempi presenti e propugnando la libertà all'arte e agli artisti,<br />

sferzava con feroce ironia le strettoie formalistiche in cui si dibattevano gli autori di quel tempo, con la<br />

frase famosa: «La gabbia è il capolavoro della civiltà».<br />

L’11 novembre del '63 andò in iscena alla Scala l'opera di FaccioI profughi fiamminghi su libretto di<br />

Emilio Praga, che compieva la triade del salotto Maffei. Si può dire che essa segnasse la prima battaglia<br />

del melodramma <strong>it</strong>aliano. L'es<strong>it</strong>o fu contrastato fra i novatori, amici dei due, e i conservatori ostinati e<br />

retrivi. Ma più che un programma nuovo del dramma lirico l'opera rivelò un presentimento di nuovi<br />

sistemi.<br />

A un banchetto in onore di Faccio, Bo<strong>it</strong>o, ecc<strong>it</strong>ato dall'odor di battaglia, lesse una sua poesia che aveva<br />

per t<strong>it</strong>olo All'arte <strong>it</strong>aliana e per sottot<strong>it</strong>olo «Ode saffica col bicchiere alla mano». L'ode era tutt'altro che<br />

bella dal punto di vista artistico, ma animata da uno spir<strong>it</strong>o demol<strong>it</strong>ore. In odio agli avversari<br />

retrogradi, essa esaltava la grande arte antica <strong>it</strong>aliana e auspicava l'avvento sfolgorante dell'arte nuova.<br />

Parve a taluno che una strofa, delle più violente, alludesse a Verdi. Almeno il Maestro, ombroso per<br />

natura, la prese per sé e molto se ne risentì. Da ciò nacque una spiccata avversione di Verdi a Bo<strong>it</strong>o.<br />

Ricordi tentò scusare il giovane poeta-musico, qualificando quei versi come «spavalderie innocue»; ma il<br />

risentimento durò sin quando circostanze speciali, come vedremo, non sarebbero intervenute a<br />

sgominare ogni nube per dar luogo, nell'anima e nell'arte di Verdi, al prodigioso splendore di un'aurora.<br />

Ma che volevano codesti innovatori? Volevano romperla con i formali convenzionalismi che avevano<br />

irret<strong>it</strong>o il melodramma falsandone gli spir<strong>it</strong>i d'origine, e, come scrive il De Rensis, «riconoscendo<br />

l'immensa potenza della musica nell'espressione drammatica, miravano a raggiungere questa espressione con<br />

strutture e concetti diversi da quelli vigenti».<br />

Anche Wagner voleva riformare il melodramma, ma con mezzi opposti a quelli della giovine scuola<br />

<strong>it</strong>aliana. In fondo, l'estetica melodrammatica di Bo<strong>it</strong>o precorreva nell'intendimento complessivo quella<br />

che Verdi espose poi, nel '70, nella famosa lettera al Flòrimo, allorché questi, morto il Mercadante, gli<br />

offriva a nome dei professori del Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli, la direzione di tale<br />

ist<strong>it</strong>uto: «Torniamo all'antico: sarà un progresso».<br />

Risalire dunque per il melodramma alla Camerata, Fiorentina dell'ultimo Cinquecento, con lo stile<br />

rappresentativo, e al Palestrina e a Luca Marenzio per la musica in genere. I principi a cui Bo<strong>it</strong>o si<br />

ispirava nel vagheggiare la riforma melodrammatica erano i seguenti: «abolire la formula e creare la<br />

forma, sviluppare la tonal<strong>it</strong>à e il r<strong>it</strong>mo», il più possibile, per giungere ad un vero rinnovamento del<br />

melodramma, eterno problema dai primi ai più moderni compos<strong>it</strong>ori di opere.<br />

Si trattava, insomma, di elevare il melodramma, trasformandolo in dramma lirico, assumendo «grandi<br />

soggetti, tragici ed epici», conciliando l'elemento lirico con l'elemento dialogato, in perfetta aderenza di<br />

musica e poesia. Solo così si sarebbe potuto realizzare il dramma «espressivo e un<strong>it</strong>ario».<br />

Tale necess<strong>it</strong>à di riforma poteva ben sentirla il Bo<strong>it</strong>o, che era poeta e musico a un tempo, e sentire, con<br />

essa, il valore supremo della «parola», questo fiore dell'anima, questa forza indispensabile alla musica ---<br />

di per sé vaga e fluttuante — per divenire mezzo preciso e chiaro di espressione umana.


Così die' tutto se stesso a quest'opera riformatrice, battagliando su giornali come il Figaro e il Giornale<br />

della Società del Quartetto, ist<strong>it</strong>uzione, codesta, che si era allora allora fondata per dare incremento,<br />

mediante concerti, concorsi, ecc. alla musica strumentale dei classici.<br />

Battagliero, sì, come giornalista, il Bo<strong>it</strong>o si mostrò tuttavia libero e indipendente ne' suoi giudizi ; e ciò fa<br />

grande onore alla sua memoria. Fisso sempre alle mete supreme dell'arte, egli non usava riguardi a<br />

chicchessia, si trattasse di amici o di avversari. Così cr<strong>it</strong>icò vivacemente il libretto deI profughi<br />

fiamminghi, scr<strong>it</strong>to per Faccio dal Praga, benché questi fosse suo intimo amico.<br />

Ora bisognava mettere in pratica le sue idee intorno al libretto d'opera. Ricavò l'Amleto dallo<br />

Shakespeare per Faccio; poi, dopo tre anni, il Mefistofele dal Faust di Goethe per se medesimo: idea,<br />

questa, che lo dominava sino da quando era in Conservatorio.<br />

***<br />

Verdi, intanto, segue con celato interesse le polemiche del Bo<strong>it</strong>o e de' suoi seguaci, e comprende come<br />

l'arte volga a nuovi fini ed esiga nuovi mezzi. Ora egli è nella piena valid<strong>it</strong>à delle forze; ha scr<strong>it</strong>to<br />

venticinque opere in venticinque anni; ma l'ultima parola non l'ha ancor detta. Sente il bisogno di<br />

perfezionarsi; perciò si a a rimaneggiare le sue opere meno riusc<strong>it</strong>e.<br />

Al Teatro Comunale di Bologna, sotto la direzione del Mariani, esordisce nelGuglielmo Tell e nell'Ernani<br />

come soprano drammatico la cantatrice boema Teresina Stolz, che in breve diverrà l'idolo delle folle. Il<br />

Mariani se ne innamora appassionatamente.<br />

Due nuovi astri<br />

A questo punto conviene volgere uno sguardo all'evoluzione del genere operistico in Europa,<br />

specialmente sotto l'influsso di due nuovi astri che sono apparsi sull'orizzonte dell'opera lirica: Meyerbeer<br />

e Wagner. Giacomo Meyerbeer (1791-1864), berlinese di nasc<strong>it</strong>a, ma francese di elezione, si era venuto<br />

accostando, sia nella espressione melodica, sia nella tecnica, alla maniera <strong>it</strong>aliana e specialmente<br />

«rossiniana». Il suo eclettismo mirava a fondere i disparati caratteri musicali di tre Nazioni e cioè «la<br />

scienza tedesca, la melodia <strong>it</strong>aliana e l'espressione francese» senza, per altro, riuscirvi compiutamente.<br />

In Germania, sin dall'ultimo Settecento, con il romanticismo letterario s'era andato sviluppando anche il<br />

romanticismo musicale, sia drammatico, sia lirico. Creatore dell'opera romantica era stato C. M. Weber<br />

(1786-1826) con ilFreischutz, il cui successo era dipeso specialmente dall'avere egli per primo introdotto<br />

nell'azione, su sfondi di natura tipicamente nazionale, la canzone popolare tedesca.<br />

In Francia, quasi nel contempo, nasceva il cosiddetto grand'opéra di soggetto per lo più storico, che<br />

metteva in moto grandi masse e mirava a raggiungere effetti clamorosi e decorativi, più esteriori che non<br />

intimi.<br />

Primo rappresentante della nuova tendenza era stato Daniele Auber (1782-1871). Più incline al genere<br />

comico che non al serio, era riusc<strong>it</strong>o tuttavia v<strong>it</strong>torioso anche in quest'ultimo, con l'opera La muta di<br />

Portici, vero capolavoro nel quale si trovano mirabilmente fusi il colore e il calore nazionali con la foga di<br />

Rossini. Questi, con ilGuglielmo Tell, si accostò al genere francese del grand'opéra e, pur<br />

nell'assimilazione eclettica di clementi d'altre scuole nazionali, si mantenne organico ed originale.<br />

L'opera, data a Parigi nel 1829, fu una grande sorpresa per il pubblico, che decretò ad essa un successo<br />

trionfale.<br />

Secondo al Rossini nel seguire il nuovo indirizzo segnato dall'Auber fu appunto il Meyerbeer, il cui<br />

Roberto il Diavolo, rappresentato a Parigi nel 1831, lo aveva fatto incontestabile erede dei due precedenti,<br />

onde fu considerato il nuovo genio dell'opera francese.<br />

In Italia, Verdi conchiudeva il ciclo glorioso dei grandi operisti Rossini Bellini Donizetti, assumendone e<br />

attuandone il retaggio nella propria multanime sensibil<strong>it</strong>à.<br />

Il vento impetuoso della sua ispirazione pareva recare il polline di tutti i fiori più profumati della lirica<br />

<strong>it</strong>aliana mescolandolo per una fior<strong>it</strong>ura rigogliosa e policroma. Il terreno fecondatore era esclusivamente<br />

suo; donde una produzione sempre schietta<br />

e originale.<br />

In Germania era sorto G. Riccardo Wagner (18131883), ard<strong>it</strong>o riformatore del melodramma e<br />

propugnatore dell'arte dell'avvenire. Pensatore profondo, novatore audacissimo e artista potente,<br />

mirava, nella sua riforma, piuttosto allo spettacolo complessivo dell'opera che non alla musica per se<br />

stessa. Ispirandosi alla tragedia greca, poneva a fondamento del suo sistema il principio che la musica<br />

non dovesse essere fine a se medesima, bensì che lo spettacolo teatrale complessivo dovesse risultare dalla<br />

unione e fusione di tutte le arti (musica, poesia, danza). Dunque, scopo dell'espressione, il Dramma;<br />

mezzo dell'espressione, la Musica.


Polemiche violente si accendevano in Germania e in Francia pro e contro i due novatori Meyerbeer e<br />

Wagner: polemiche nelle quali intervenivano gli autori stessi, accusandosi a vicenda di sollec<strong>it</strong>are il<br />

favore del pubblico con mezzi poco leali. Piccolezze di uomini grandi.<br />

Verdi era terzo in lizza con quei due giganti, gigante egli pure, riservato e quasi sdegnoso, sebbene non<br />

indifferente. Nella sua equanim<strong>it</strong>à ammirava ove ne trovasse la ragione. A. Meyerbeer aveva<br />

riconosciuto certi mer<strong>it</strong>i, specialmente nella dinamica teatrale.<br />

Infatti, ne' suoi Vespri Verdi aveva tagliato gli atti alla maniera di quello. Né misconobbe il suo genio,<br />

pur osservando mancanza di un<strong>it</strong>à nel suo stile: che è già diverso da quella mancanza di stile che Wagner<br />

addir<strong>it</strong>tura deplorava nell'autore delProfeta.<br />

Verdi detestava le teorie e amava i fatti. Diffidava perciò delle mode conclamate: aspettava di giudicare<br />

all'atto pratico. Anche <strong>qui</strong> si mostrava prudente ed onesto. Il suo primo accostamento a Wagner<br />

avvenne a Parigi nel '65, ascoltando in un concerto la sinfonia del Tannhauser. Allora il musico tedesco<br />

gli parve «matto». Poi con più matura riflessione ne med<strong>it</strong>ò le opere, e, senza essersi mai lasciato andare<br />

(com'era, del resto, della sua natura) ad espressioni precip<strong>it</strong>ose ed incaute, ne riconobbe il valore e si<br />

risenti poi moltissimo della sua morte.<br />

***<br />

Il 21 aprile del '65 il Macbeth, rimaneggiato, ottiene a Parigi un es<strong>it</strong>o se non caloroso, di stima. Verdi è a<br />

S. Agata, dove suo padre giace gravemente infermo. Alle trepidazioni penose del suo cuore filiale si<br />

aggiungono i fastidi della cr<strong>it</strong>ica francese, la cui eco gli giunge sui giornali; ma a questi ultimi reagisce<br />

con la coscienza delle proprie forze. Meyerbeer è morto; c'è, sì, alle viste l'altro campione, Wagner, ma<br />

ancora lotta per giungere al traguardo. Verdi sa di essere solo a dominare il campo melodrammatico<br />

d'Europa; ma guarda sempre avanti.<br />

Intanto il primo Parlamento <strong>it</strong>aliano si scioglie, dopo il quadriennio di legge. A Verdi non par vero di<br />

lasciar da parte la pol<strong>it</strong>ica. A chi vorrebbe nuovamente portarlo deputato oppone un reciso rifiuto. D'ora<br />

in avanti potrà dedicarsi tutto alle cose sue.<br />

«Don Carlos»<br />

Comincia infatti a lavorare al Don Carlos per l'Opéra di Parigi. Il libretto di Méry e Du Lode è tratto<br />

dallo Schiller.<br />

Scoppia la guerra del '66, e l'infausta giornata di Custoza, seguìta dalla sconf<strong>it</strong>ta navale di Lissa, cala<br />

un'ombra di sconforto sull'anima degli Italiani. Seguirà <strong>qui</strong>ndi la pace di Vienna con l'annessione di<br />

Venezia.<br />

I coniugi Verdi nel frattempo sono andati a Genova, dove prendono in aff<strong>it</strong>to un bell'appartamento nel<br />

palazzo Sauli, sul colle Carignano. Ivi ab<strong>it</strong>a anche il Mariani e, nelle vicinanze, la Stolz. Tale circostanza<br />

favorisce fra i quattro amici incontri frequenti che presto assumeranno un carattere di intim<strong>it</strong>à<br />

familiare.<br />

Il Maestro ha fin<strong>it</strong>o il Don Carlos ed ora è a Parigi; nel contempo suo padre, all'età di 82 anni muore a<br />

Vidalengo (14 gennaio '67). Lascia una sorella più vecchia di lui e una nipotina in tenerissima età. Verdi<br />

ordina che esse vengano osp<strong>it</strong>ate nella villa di S. Agata. Il suo dolore per tanta perd<strong>it</strong>a e profondo.<br />

Rivive nel ricordo il passato. I sacrifici paterni per avviare lui, figlio, all'ardua carriera e le lotte da lui<br />

stesso durate per l'ascesa gloriosa, si ripresentano alla sua memoria; alla riconoscenza si unisce il<br />

rimpianto. I cari vecchi che se ne vanno! Fortunato chi può trarre dall'arte conforto a certe inev<strong>it</strong>abili<br />

tristezze!<br />

L'11 di marzo il Don Carlos va in iscena a Parigi, presenti la coppia imperiale e un pubblico d'eccezione.<br />

L'es<strong>it</strong>o è, in massima, lusinghiero, anche se gli spettatori restano alquanto freddi. La cr<strong>it</strong>ica discute<br />

l'opera, cui tuttavia riconosce nov<strong>it</strong>à di forme melodiche e di mezzi armonici, elevatezza di ispirazione e<br />

nobiltà di fattura, nonostante certa proliss<strong>it</strong>à, contraria alla ab<strong>it</strong>uale concisione dell'autore.<br />

Verdi ormai possiede tutto: fama, rend<strong>it</strong>e, onori. Eppure non riposa. Superiore al biasimo come alla lode,<br />

continua l'ascesa luminosa: mirabile esempio agli artisti di tutti i tempi. Solo una cosa lo irr<strong>it</strong>a: l'accusa,<br />

cioè, che gli muovono i Francesi, di essere «intinto di germanesimo» accusa che offende quel senso di<br />

<strong>it</strong>alian<strong>it</strong>à che è alle radici della sua anima e della sua arte.<br />

«La questione — scriverà all'amico Escudier, ed<strong>it</strong>ore parigino e compilatore del giornale La France<br />

musicale -non sta nel sapere se appartiene il Don Carlos ad un sistema, ma sta nel sapere se la musica è<br />

buona o cattiva. La questione è netta e semplice e soprattutto giusta».<br />

Torna a S. Agata a riconfortarsi nei campi, mentre sua moglie si trattiene a Genova per curare<br />

l'arredamento della nuova ab<strong>it</strong>azione.<br />

Una grande sorpresa


Sino dal trionfo del Nabucco alla Scala (ne erano passati, degli anni!) Verdi, come si è detto, si era fatto<br />

amico della contessa Maffei: un'amicizia di alta spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à, quale si conveniva a quei due esseri eletti, e<br />

coltivata poi mediante un carteggio di finissimo gusto. Giuseppina non conosceva di persona la<br />

gentildonna lombarda; pure stimandola assai di sulle lettere che quella scriveva a Verdi, ne era<br />

sottilmente e segretamente gelosa, perché avrebbe voluto che il mar<strong>it</strong>o fosse spir<strong>it</strong>ualmente tutto suo.<br />

Ed ecco che un giorno va a Cremona per vis<strong>it</strong>arvi la madre e la sorella. Di là passerà a Milano per trattar<br />

di affari col Piave e con l'ed<strong>it</strong>ore Ricordi. A Verdi, che si offre di darle due righe per la contessa se mai<br />

voglia andare a trovarla, risponde: «No; pare a te che io voglia con queste dimensioni (la Strepponi era<br />

molto ingrassata) e con quest'aria da massaia presentarmi ad una elegantissima, ad un soffio d'aria, ad<br />

una che vive di entusiasmi ?... N’en parlons plus».<br />

Ma a Milano Giuseppina prende l'improvvisa determinazione di presentarsi da sola alla Maffei. Vuol<br />

conoscere finalmente la «cara Chiarina» tanto a lei decantata dal mar<strong>it</strong>o.<br />

La Maffei l'accoglie con giubilo e in breve divengono antiche, sino a darsi del tu.<br />

Ma la moglie di Verdi non si contenta, e arrischia la proposta di andare insieme dal Manzoni, che ha per<br />

la Maffei una «benevolenza paterna». La nuova amica acconsente. Dopo l'invidiabile collo<strong>qui</strong>o<br />

Giuseppina si dispone al r<strong>it</strong>orno con un biglietto della Chiarina e un r<strong>it</strong>ratto del Manzoni su cui è scr<strong>it</strong>ta<br />

la dedica: «A G. Verdi, gloria d'Italia, un decrep<strong>it</strong>o scr<strong>it</strong>tore lombardo».<br />

Il Manzoni aveva allora 82 anni e Verdi 54: stupenda degnazione di un vegliardo verso un uomo appena<br />

maturo. Gli è che i genii s'incontrano e non hanno età: e la primavera dei loro spir<strong>it</strong>i è eterna.<br />

Giuseppina scende dal treno alla stazione di Alseno, ove l'attende Verdi con la nipotina. In carrozza, fra<br />

Alseno e S. Agata, quella comincia a rispondere alle domande del Maestro intorno alla sua famiglia e ai<br />

risultati del suo viaggio. Lasciamo la parola a lei stessa in una gustosissima lettera scr<strong>it</strong>ta poi alla Maffei<br />

da S. Agata.<br />

«Dissi... che avevo veduto i Ricordi, Piave e le sue delizie, e che, quantunque stretta dal tempo, se mi avesse<br />

data una lettera per te mi sarei presentata, ad onta di una certa ripugnanza per l'emhonpoint che da tre anni<br />

non mi permette più di sedere nel circolo delle donne sentimentali. Mentr'egli ridendo mi dava il lusinghiero<br />

ep<strong>it</strong>eto di capricciosa... io sortii pian pianino dalla borsa il tuo bigliettino, glielo g<strong>it</strong>tai sulle ginocchia, ed<br />

appena egli v'ebbe dato uno sguardo mi procurò la vista di una gran fila di denti, compresi quelli del<br />

giudizio!».<br />

Giuseppina, nel suo racconto, brucia le tappe, narra della vis<strong>it</strong>a alla Chiarina e dell'accoglienza<br />

ricevutane, e infine: «Volendo spingere la macchina a tutto vapore dissi con un'affettata indifferenza: "Se poi<br />

andrai a Milano ti presenterai a Manzoni. Egli ti aspetta ed io vi fui con lei l'altro giorno". Pouff! Qui la<br />

bomba fu Così forte e inaspettata, che non seppi più se dovevo aprir gli sportelli della carrozza per dargli aria, o<br />

se dovessi chiuderli, temendo che nel parossismo della sorpresa e della gioia non mi saltasse fuori! E venuto<br />

rosso, smorto, sudato: si cavò il cappello, lo stropicciò in modo che per poco non lo ridusse in focaccia. Più (e<br />

ciò resti fra noi) il severissimo e fierissimo orso di Busseto n'ebbe pieni gli occhi di lagrime e tutti e due<br />

commossi, convulsi, siamo rimasti dieci minuti in un completo silenzio. Potenza del genio, della virtù e<br />

dell'amicizia!».<br />

Verdi, poco dopo, a contraccambiare il dono prezioso del Manzoni, gli manda, tram<strong>it</strong>e la Maffei, la<br />

propria fotografia, accompagnata da queste parole: «Vi stimo e venero quanto si può stimare e venerare su<br />

questa terra e come uomo e come vero onore di questa nostra Patria sempre travagliata. Voi siete un santo, don<br />

Alessandro!».<br />

E «santo» veramente Verdi chiamava l'autore de I Promessi Sposi, che definiva «uno dei più gran libri<br />

usc<strong>it</strong>i da cervello umano... una consolazione per l'uman<strong>it</strong>à». E aggiungeva: «Egli è che quello è un libro vero;<br />

vero quanto la ver<strong>it</strong>à. Oh, se gli artisti potessero capire una volta questo vero, non vi sarebbero più musicisti<br />

dell'avvenire e del passato: né p<strong>it</strong>tori puristi, realisti, idealisti; né poeti classici e romantici; ma poeti veri,<br />

p<strong>it</strong>tori veri, musicisti veri».<br />

L'incontro fra i due avverrà, come vedremo, fra non molto. Ma la v<strong>it</strong>a, come si sa, alterna doni e<br />

malanni.<br />

Un grande dolore<br />

Alla consolazione venutagli dal r<strong>it</strong>ratto del Manzoni, succede il dolore di una sventura. Antonio Barezzi,<br />

colp<strong>it</strong>o una prima volta nel '58 da paralisi e poscia riavutosi, ora precip<strong>it</strong>a verso la fine. Il suo gran cuore<br />

sta per ispegnersi.<br />

Verdi e sua moglie accorrono al suo letto d'agonia. Il Barezzi riconosce il suo protetto: «Oh, el me Verdi!»<br />

esclama con un fil di voce, e con la mano tremula fa l'atto di benedirlo.<br />

Scrive il Bellaigue nell'opera c<strong>it</strong>ata che quando il Barezzi fu sul punto di morire, Verdi gli suonò il coro<br />

del Nabucco, il lamento degli Ebrei prigionieri sulle rive del fiume straniero; «e le ultime note che il morente<br />

potè udire furono quelle del genio che in altri tempi egli stesso aveva destato».


«E morto — scriverà la Strepponi al Cortieelli, tre giorni dopo la sventura, avvenuta il 21 luglio – quel<br />

buono, quell'eccellente vecchio che fu padre, amico, protettore di Verdi. E morto dopo lunga malattia,<br />

rassegnato, paziente e sereno nelle nostre braccia, bagnato dalle nostre dolorosissime e sincerissime lagrime!».<br />

E Verdi all'amico Arrivabene, dandogli il funebre annuncio: «Povero signor Antonio! Se vi è una seconda<br />

v<strong>it</strong>a, egli vedrà se io l'ho amato, e se io gli son grato di quello che ha fatto per me. E morto nelle mie braccia, ed<br />

io ho la consolazione di non avergli mai dato un dispiacere».<br />

In tale certezza della propria coscienza, il Maestro può superare il dolore e fare del ricordo benedetto il<br />

viatico per i suoi nuovi destini.<br />

***<br />

Nell'ottobre dello stesso '67 il Don Carlo; che nel giugno s'era dato a Londra con discreto successo sotto la<br />

direzione diligente di quel Costa che gli era stato avversario perl'Inno delle Nazioni e che si era poi<br />

nobilmente ravveduto, si imponeva v<strong>it</strong>toriosamente al pubblico del Comunale di Bologna, diretto dal<br />

Mariani ed esegu<strong>it</strong>o da cantanti famosi: la Stolz, la Fricci e il bar<strong>it</strong>ono Cotogni.<br />

Verdi ne fu riconoscentissimo al Mariani. L'amicizia dei due era ora al culmine della confidenza; ma<br />

presto doveva decadere.<br />

***<br />

Il 5 dicembre il Piave è colp<strong>it</strong>o da apoplessia. Il gran cuore di Verdi ne soffre profondamente. Si spegne<br />

la mente del poeta che gli aveva ispirato, co' suoi fantasmi, melodie immortali, assecondandolo in ogni<br />

sua esigenza con una collaborazione devota, se non sempre felice.<br />

La sera del 5 marzo del '68 va in iscena alla Scala il Mefistofele del Bo<strong>it</strong>o che cade clamorosamente; il 25<br />

dello stesso mese vi si dà ilDon Carlos con es<strong>it</strong>o trionfale. Seguono polemiche accan<strong>it</strong>e fra le due parti.<br />

Verdi è insign<strong>it</strong>o della commenda della Corona d'Italia; ma la respinge sdegnosamente. Perché?<br />

L'incauto Ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio ha scr<strong>it</strong>to a Rossini una lettera denigratrice<br />

della musica <strong>it</strong>aliana, dichiarando che in un quarantennio non si sono avute in Italia che opere<br />

sterminate (e l'allusione a Meyerbecr toccava anche Verdi) e presunzioni «mefistofeliche»Secondo lui,<br />

dunque, la musica era fin<strong>it</strong>a con Rossini.<br />

Da ciò la protesta di Verdi. Se da un quarantennio non si è fatta più un'opera in Italia, perché si manda a<br />

lui la onorificenza commendatizia? «Vi è certamente -- scrive il Maestro al Ministro —un e<strong>qui</strong>voco<br />

nell'indirizzo, e la rimando». E all'amico. Arrivabene scrive: «Volere o non volere, la lettera del Ministro è<br />

un insulto all'arte musicale <strong>it</strong>aliana». E, riferendosi al Bellini e al Donizetti, aggiunge: «Io ho rimandato la<br />

croce non per me, ma per rispetto alla memoria di quei due che non son più e che hanno riemp<strong>it</strong>o il mondo delle<br />

loro melodie».<br />

Fierezza nobilissima, che troviamo anche nel Bo<strong>it</strong>o, il quale, a sua volta, toccato dall'offesa più per il<br />

Maestro che per se stesso, scrive al Ministro una lettera «ironica e terribile» in ben quattro paragrafi,<br />

prendendo le parti di Verdi ed esaltandone il teatro come «affascinante, glorioso, fecondo».<br />

Mirabile concordanza dei due, — l'uno già anziano ed esperto, l'altro giovane alle prime battaglie - nel<br />

difendere la dign<strong>it</strong>à dell'arte <strong>it</strong>aliana.<br />

A propos<strong>it</strong>o di Bo<strong>it</strong>o, s'è già detto che aveva scr<strong>it</strong>to per sé il libretto delMefistofele. Troppo sono note le<br />

vicende di quest'opera perchè si debba rifarne la storia in questa biografia verdiana, dalla caduta<br />

clamorosa alla Scala milanese alla stupenda resurrezione al Comunale di Bologna nella stagione<br />

autunnale del '75. E’ tuttavia necessario dire della attiv<strong>it</strong>à librettistica bo<strong>it</strong>iana di questo periodo, che<br />

possiamo considerare come di addestramento poetico e scenico per il futuro collaboratore di Verdi.<br />

Caduto ilMefistofele, Bo<strong>it</strong>o si raccolse a lavorare in segreto, sia per rimaneggiare l'opera caduta, sia per<br />

iniziare studi d'ambiente per ilNerone e, infine, per fornire i libretti a compos<strong>it</strong>ori suoi amici, assumendo<br />

lo pseudonimo anagrammatico di Tobia Gorrio.<br />

Scriveva, così, un'egloga orientale in un atto, La falce, per Catalani, e il libretto di Ero e Leandro,<br />

traendolo da Museo Grammatico (V sec. d. Cr.), e prendeva a musicarlo; poi, lasciando il lavoro<br />

musicale, lo cedeva gratu<strong>it</strong>amente al Bottesini; infine, il libretto passò a Luigi Mancinelli, il nobilissimo<br />

compos<strong>it</strong>ore-direttore, destinato a divenire, dopo il Faccio, il suo interprete ideale. Scrisse anche altri<br />

libretti: l'Iram dallo Shakespeare, per il M.° Dominiceti, dimostrando felice disposizione anche al genere<br />

comico; la Gioconda per il Ponchielli, un Pier Luigi Farnese per Costantino Palumbo, una Semira per<br />

Luigi S. Germano; tradusse infine, r<strong>it</strong>micamente, lavori stranieri, qualiI figli delle Lande, musicati da A.<br />

G. Rubinstein (1830-1894), il Rienzi e ilTristano e Isotta di Wagner.<br />

Dopo essere risorto a Bologna, il Mefistofele cominciò a viaggiare trionfalmente prima in Italia, poi<br />

all'estero.<br />

Verdi ne seguiva con interesse le gloriose vicende sui giornali e in lettere di amici. Nel marzo del '79 volle<br />

ascoltarlo al Carlo Felice di Genova. Ne diede un giudizio piuttosto ironico, dichiarandosi fuori del


movimento... Ciononostante sentiva che l'arte volgeva a nuovi fini ed esigeva mezzi più evoluti e<br />

complessi. Le polemiche del Bo<strong>it</strong>o e de' suoi seguaci avevano mosse le acque, inducendolo a med<strong>it</strong>are<br />

sull'avvenire.<br />

Dolcezze e amarezze<br />

In maggio la contessa Maffei va a Sant'Agata, osp<strong>it</strong>e dei Verdi. II Maestro non la vede da gran tempo.<br />

Nei pochi giorni che ella vi si trattiene, l'osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à dei due coniugi ha modo di manifestarsi nella più<br />

serena e s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a familiar<strong>it</strong>à. Amabili conversazioni, punteggiate di festevoli arguzie da parte di<br />

Giuseppina; ricordi di persone care che giungono di lontano come ventate tiepide e odorose d'affetti;<br />

confidenze delicate e talora immalincon<strong>it</strong>e da realtà dolorose; passeggiate fra i boschetti di magnolie che<br />

il Maestro piantò di sua mano. Solo un'amicizia di anime superiori può dare di tali beni ineffabili.<br />

E un bene di particolare dolcezza seguirà alla vis<strong>it</strong>a della Maffei. Ne hanno già parlato fra loro, e Verdi vi<br />

si va preparando con timida aspettazione. L'uomo rude, franco, deciso nelle proprie risoluzioni, che s'è<br />

trovato a fronte alta dinanzi a sovrani, che ha ricevuto onori da tante parti, ora trepida come un ragazzo<br />

alla prospettiva di un onore, il più amb<strong>it</strong>o, che lo attende...<br />

L'incontro fra il Manzoni e Verdi, procurato dalla Maffei, avvenne il 30 giugno a Milano. L'emozione<br />

provata da Verdi appare dalla lettera con cui egli, non appena tornato a S. Agata, ringraziava la gentile<br />

mediatrice: «Come spiegarvi la sensazione dolcissima, indefinibile, nuova, prodotta in me, alla presenza di<br />

quel Santo, come voi lo chiamate? Io mi gli sarei posto in ginocchio dinanzi, se si potessero adorare gli<br />

uomini... Quando lo vedete, baciategli la mano per me e d<strong>it</strong>egli tutta la mia venerazione...».<br />

Ma non sempre si può vivere fra le altezze e bisogna purtroppo, dopo le grandi scalate, ridiscendere a<br />

valle fra le miserie dei piccoli uomini rissosi. La v<strong>it</strong>a si regge su questi contrasti.<br />

A Busseto stava per inaugurarsi il Teatro Nuovo. Con quel Comune il Maestro aveva rotto ogni relazione<br />

sino dal '56, quando, cioè, essendo rimasto vacante il posto di maestro di musica della c<strong>it</strong>tà, egli aveva<br />

chiesto che esso venisse dato al suo ex discepolo Muzio e il Sindaco ne aveva rifiutato la proposta per<br />

favorire un altro aspirante; donde dispetti, rappresaglie, lettere Anonime di malevoli. Verdi allora,<br />

indispett<strong>it</strong>o dal rifiuto e dal resto, s'era deciso, benchè con dolore, a vendere la sua casa in Busseto e il<br />

palchetto in teatro, e a non metter più piede in c<strong>it</strong>tà. Finalmente, dopo 12 anni, le sue ire parvero essersi<br />

placate, se, per interposizione di amici, si degnò di permettere che al Teatro fosse dato il suo nome.<br />

Ed ecco la grande serata dell'apertura, col Rigoletto (15 agosto). Tutti, in omaggio al Maestro, vi si erano<br />

recati in ab<strong>it</strong>o «verde». La Gazzetta di Parma, dando conto della serata, notò comicamente: «Il verde era<br />

all'ordine del giorno o, meglio, della sera. Mancava soltanto G. Verdi».<br />

Egli, infatti, era lontano e pensava di comporre un'opera nuova chiestagli da Pietroburgo...<br />

Il 13 di novembre muore Rossini a Passy. «Un gran nome è scomparso dal mondo!» esclama il Nostro; e<br />

poco dopo pensa ad unaMessa da re<strong>qui</strong>em che ne onori la memoria nel primo anniversario della morte: i<br />

maestri più celebrati del tempo dovranno scriverne un pezzo per ciascuno, da sorteggiarsi e da<br />

consegnarsi per la metà di settembre del '69. La Messa, così composta, dovrà eseguirsi a Bologna nella<br />

chiesa di S. Petronio; a Verdi tocca l'ultimo pezzo:Libera me.<br />

Intanto, spinto dal Ricordi che vuol salvare le sorti pericolanti della Scala, si propone di modificare il<br />

finale della Forza del destino, il cui scioglimento, così com'è ora, non va. Ricordi gli propone come poeta<br />

Antonio Ghislanzoni, autore di parecchi altri libretti, che gli scriverà poi quello dell'Aida. Verdi si è<br />

venuto evolvendo anche nella estetica del teatro. Pensa che l'opera debba destare interesse con una<br />

successione di quadri scenici svariati ed efficaci, atti a cost<strong>it</strong>uire il vero dramma scenico-musicale.<br />

La Forza del destino (febbraio 1869) va in iscena alla Scala con ottimo es<strong>it</strong>o. Dopo ciò il Maestro si reca a<br />

Genova. Il suo gran cuore pensa alla figlia del Piave che, mentre il padre si spegne lentamente, stenta la<br />

v<strong>it</strong>a. Si propone perciò di scrivere un album di sei romanze, per sollevarla col ricavato della vend<strong>it</strong>a.<br />

Verdi e Mariani<br />

A Vicenza si dà laForza del destino, diretta dal Mariani. L'amicizia dei due comincia a raffreddarsi, per<br />

motivi d'arte. Occorre parlarne e risalire ai primi tempi, quando essa non aveva ancora ombra alcuna.<br />

Verdi nutriva per il Mariani un'amicizia profonda che durò molti anni, nonostante il carattere difficile<br />

del ravennate, orgoglioso, ombroso, impulsivo. Verdi pertanto si mostrava con lui remissivo, tenero,<br />

pieno di sopportazione. Gli scriveva spessissimo da S. Agata, per chiedergli informazioni su artisti, ma<br />

specialmente, quand'era all'estero, sulle cose pol<strong>it</strong>iche dell'Italia, chiamandolo scherzosamente ora «la<br />

testa più giusta» e ora «la testa più falsa del mondo» secondochè il Mariani gli rispondeva, o taceva<br />

troppo a lungo, senza motivo. Verdi molto gli perdonava perchè molto lo stimava come artista e non<br />

dub<strong>it</strong>ava della sua devozione.<br />

Poi il Mariani aveva cominciato a farla da padrone nelle sue interpretazioni direttoriali.


Verdi non tollerava quegli artisti (specialmente cantanti e direttori d'orchestra) che, invece di lim<strong>it</strong>arsi<br />

ad essere degli esecutori ed interpreti mer<strong>it</strong>evoli d'ogni stima e riguardo, volevano strafare, divenire<br />

insomma quasi dei creatori. A tale propos<strong>it</strong>o, scrivendo al Ricordi che gli si mostrava entusiasta del<br />

Mariani, diceva: «tutti siamo d'accordo sul suo mer<strong>it</strong>o, ma <strong>qui</strong> si tratta non di un individuo, per quanto sia<br />

grande, ma di arte. Io non ammetto né ai cantanti né ai Direttori la facoltà di creare, che, come dissi, è un<br />

principio che conduce all'abisso...».<br />

Nel Mariani dunque Verdi vedeva uno che se la pretendeva a «creatore» e il Mariani a sua volta vedeva<br />

in Verdi un despota intransigente. Il romagnolo aveva in sé la generos<strong>it</strong>à impulsiva della sua terra, ma<br />

anche una sensibil<strong>it</strong>à ombrosa e una baldanza che gli veniva dalla consapevolezza tipi suo valore.<br />

Sentiva forse che un direttore, per quanto grande, è sempre inferiore a colui che crea e la coscienza di<br />

questa inferior<strong>it</strong>à lo turbava. Poi, una malattia spietata cominciava ad affliggerlo precocemente,<br />

turbandone col corpo anche lo spir<strong>it</strong>o.<br />

Era bello, bruno; aveva capelli lunghi e una barba folta e nerissima che gli dava l'aspetto di un<br />

cospiratore, ma un cospiratore romantico, a cui la finezza dei lineamenti aggiungeva un che di delicato e<br />

gentile.<br />

Era senza dubbio un mago della bacchetta. Ricreava le opere che dirigeva, plasmandone<br />

l'interpretazione secondo l'anima sua propria. Non si sottoponeva all'autore ma l'autore sottoponeva a se<br />

stesso. Aveva la stoffa del trionfatore; perciò non tollerava superior<strong>it</strong>à di alcuno.<br />

Nei rapporti con Verdi c'era stato anche un precedente di lontana origine, che aveva contribu<strong>it</strong>o a creare<br />

fra i due un'atmosfera di risentimento. Il Mariani già nel '60, a Bologna, dopo avere diretto Un ballo in<br />

maschera, aveva messo in iscena il Profeta di Meyerbeer e si era infatuato della musica di codesto<br />

maestro, che allora teneva il primato nel campo operistico francese.<br />

Anche di Wagner il Mariani era divenuto apostolo fervente e, senza dub<strong>it</strong>are della sincer<strong>it</strong>à de' suoi<br />

entusiasmi, bisogna pur credere che in lui fosse l'intenzione di contrapporre il genio musicale straniero a<br />

quello di Verdi. Infine, a tutto ciò si aggiunsero, pare, gelosie da parte del Mariani per la Stolz, con cui<br />

s'era fidanzato e della quale era amante appassionatissimo; mentre fra lei e Verdi non ci furori mai se non<br />

rapporti di un'amicizia fatta di ammirazione e di stima reciproche, condivisa anche dalla Strepponi, che<br />

pur era rigidissima scolta della fedeltà coniugale.<br />

Il Mariani temeva di perdere la Stolz e mentre sempre più di lei si accendeva, veniva in realtà<br />

perdendola, non perché Verdi gliela distogliesse, com'egli ingiustamente sospettava, ma perché ella non<br />

poteva ormai più tollerare il suo carattere irascibile e violento, che spesso prorompeva verso di lei in<br />

scenate che offendevano la sua dign<strong>it</strong>à di donna e di artista.<br />

Non indugiamo su particolari che saprebbero di pettegolezzo. Il Mariani era senza dubbio un gran<br />

direttore; ma anche i grandi uomini hanno le loro debolezze e vanno compat<strong>it</strong>i in grazia della luce di cui<br />

ci compensano.<br />

Per tutte queste ragioni, al tempo di cui parliamo (1870) i rapporti fra il Mariani e Verdi erano assai tesi.<br />

Poco sarebbe occorso a spezzarli. E l'occasione non tardò.<br />

Mentre Verdi veniva eserc<strong>it</strong>andosi alla rigorosa disciplina della musica sacra, dovendo comporre ilLibera<br />

me per la Messa da re<strong>qui</strong>em in memoria di Rossini, il Mariani, che si era impegnato a dirigerla a Bologna,<br />

cominciava a es<strong>it</strong>are. Si era intanto recato a Pesaro per le onoranze rossiniane. Verdi gli aveva sugger<strong>it</strong>o<br />

all'uopo laMessa del Rossini stesso, e quegli, invece, diresse la Messa del Cherubini insieme con altra<br />

musica del Pesarese. Il rifiuto urtò la suscettibil<strong>it</strong>à del Nostro. Si aggiunga che proprio allora la Stolz<br />

cominciava a mostrarsi insofferente del carattere del Mariani, al punto di allontanarsene; e questi,<br />

accecato dalla gelosia contro Verdi, cui attribuiva la cagione del distacco, med<strong>it</strong>ava di vendicarsene. Il<br />

dissidio fra i due Maestri era ormai insanabile. Si scambiarono lettere amare, prendendo a pretesto<br />

laMessa di cui il Mariani condannava la struttura conte un «mosaico» che offendeva l'arte, mentre Verdi<br />

la difendeva come un «fatto storico» più che artistico.<br />

A questo punto i rapporti fra i due si ruppero del tutto. Né valse al Mariani tentare poi, anche per mezzo<br />

di amici comuni, di riallacciarli. Verdi fu irremovibile.<br />

L'«Aida»<br />

Dalla Francia intanto l'Escudier, a nome del Perrin, direttore dell'Opera, sollec<strong>it</strong>ava da Verdi un nuovo<br />

spart<strong>it</strong>o per quel teatro; ma il Maestro non ne voleva sapere.<br />

Il Du Locle, poeta drammatico, già proposto a Verdi per ridurre ilDon Carlos per quelle scene, era stato,<br />

nel frattempo, in Eg<strong>it</strong>to, ove si era legato d'amicizia col Mariette, capo della missione archeologica<br />

francese. Tornato dal viaggio, aveva proposto a Verdi di scrivere un'opera per «un paese molto lontano».<br />

Divenuto poi direttore dell'Opera Comique, gli mandava l'abbozzo di un'azione, costru<strong>it</strong>a su di un<br />

racconto inventato dal Mariette.


Verdi fu sub<strong>it</strong>o preso e dalla trama appassionata e dall'ambiente in cui si svolgeva. L'Eg<strong>it</strong>to è infatti un<br />

paese quanto mai suggestivo.<br />

I suoi templi grandiosi, gli ipogei istoriati, i colossi di pietra, le mummie disseccate sono testimoni muti<br />

ma eloquenti di una civiltà millenaria paradossale, disseminati tra sfingi e palmizi in un paesaggio solare,<br />

cui le acque del Nilo donano verdezza perenne: abbastanza per muovere la fantasia di Verdi e creare<br />

intorno ad essa un mondo nuovo, del tutto diverso da quello de' suoi lavori precedenti.<br />

Per quanto dichiarasse di non voler fare più musica, egli med<strong>it</strong>ava invece nel suo intima di combattere<br />

ancora e di vincere una nuova battaglia. Egli solo avrebbe potuto competere con Wagner, che in<br />

Germania era giunto al culmine della sua ascesa, e di cui, intanto, veniva leggendo gli scr<strong>it</strong>ti teorici ed<br />

estetici. Lentamente il suo spir<strong>it</strong>o si trasformava, i suoi ideali si evolvevano. ColDon Carlo aveva fatto<br />

un passo innanzi; conl'Aida ne avrebbe fatti due, e avrebbe dato finalmente il nuovo dramma musicale.<br />

L'idea di rappresentare un'opera nuova al Cairo per l'apertura dell'Istmo di Suez era stata in massimi<br />

approvata da Ismail Pascià, vicerè dell'Eg<strong>it</strong>to, spir<strong>it</strong>o illuminato, amico dell'arte e ammiratore della<br />

civiltà europea.<br />

Egli aveva approvato anche il soggetto del Mariette e la scelta del Du Locle come riduttore scenico,<br />

lasciando a quest'ultimo libertà di scegliere a sua volta, per la musica, uno fra i tre più celebri<br />

compos<strong>it</strong>ori del tempo: Verdi, Gounod e Wagner.<br />

Il Du Locle aveva scelto Verdi, come s'è visto. Ebbero <strong>qui</strong>ndi luogo le trattative, e il contratto fu<br />

stipulato. Si stabilì che il Du Locle avrebbe scr<strong>it</strong>to il libretto in francese e che Antonio Ghislanzoni lo<br />

avrebbe ridotto in versi <strong>it</strong>aliani. Viceversa poi quest'ultimo scrisse per intero il libretto <strong>it</strong>aliano e il Du<br />

Locle lo tradusse in segu<strong>it</strong>o in francese.<br />

Fra il 15 luglio di quell'anno (1870) e la metà di novembre l'opera fu prodigiosamente composta. Verdi vi<br />

lavorò febbrilmente come sempre faceva allorchè lo infiammava l'estro, non perdendo mai di vista le<br />

esigenze del teatro, e chiedendo al poeta della«parole sceniche»: tali, cioè, che dessero spicco alla<br />

s<strong>it</strong>uazione e ai contrasti della passione. E vi lavorò malgrado eventi pol<strong>it</strong>ici che fortemente lo turbavano,<br />

chiedendo all'arte, se non un impossibile oblio, almeno una temporanea distrazione in zone inaccessibili<br />

alle sciagure del mondo.<br />

Era scoppiata la guerra tra la Francia e la Prussia e la giornata di Sedan (2 settembre) che segnò la<br />

sconf<strong>it</strong>ta di Napoleone III, si ripercosse dolorosamente nel suo spir<strong>it</strong>o. Con un altro dei tanti suoi gesti di<br />

bontà, pregò il Du Locle di devolvere 2000 delle 50.000 lire che gli spettavano come anticipo sull'onorario<br />

pattu<strong>it</strong>o perl'Aida, in soccorso dei «valorosi e poveri fer<strong>it</strong>i... di Francia».<br />

L'Aida, sempre a cagione della guerra che, con l'assedio di Parigi, impedisce la spedizione dei vestiari e<br />

degli scenari al Cairo, non potrà ivi essere rappresentata nel gennaio del '71, com'era pattu<strong>it</strong>o, ma solo<br />

nel carnevale '71-'72.<br />

Alla fine del '70 muore Mercadante. Il posto da lui tenuto per molti anni di direttore del Conservatorio<br />

napoletano viene offerto a Verdi che, pur con rammarico, lo declina, adducendo ragioni di coscienza:<br />

affari lo trattengono a S. Agata, mentre, se accettasse il posto di Napoli, dovrebbe risiedere colà in<br />

permanenza per potersi attendere ad una indispensabile riforma dell'ist<strong>it</strong>uto. Anche in ciò egli dimostra<br />

l'onestà scrupolosa de' suoi sentimenti. Non ripeteremo la frase famosa scr<strong>it</strong>ta al Flòrimo in tale<br />

circostanza a propos<strong>it</strong>o della musica <strong>it</strong>aliana e della necess<strong>it</strong>à di tornare all'antico; ci piace pertanto porre<br />

in rilievo come, di fronte al dilagare della musica sinfonica tedesca e del teatro wagneriano, egli si levi<br />

fieramente alla difesa dell'arte <strong>it</strong>aliana, che, secondo lui, è naturalmente e tradizionalmente «vocale e<br />

melodrammatica».<br />

Quanto all'Aida, perdurando l'assedio di Parigi, l'esecuzione al Cairo è ancora sospesa; tuttavia Draneth,<br />

bey, sovrintendente dei Teatri del Kedivè d'Eg<strong>it</strong>to, pensa ai cantanti e al direttore che dovranno<br />

eseguirla appena possibile. Vorrebbe il Mariani e la Stolz; ma questa si è già distaccata da quello; e quello<br />

accampa per sé pretese inaccettabili. Frattanto, alleatosi con la ed<strong>it</strong>rice Giovannina Lucca, che ha<br />

ac<strong>qui</strong>stato le opere di Wagner per l'Italia, cerca di introdurle e divulgarle in odio a Verdi. Ma questi si<br />

mantiene sereno: tanto che, eseguendosi il Lohengrin a Bologna (novembre '71) fra diatribe pro e contro<br />

da parte di avveniristi e di tradizionalisti, egli va ad ascoltare l'opera in un palchetto di terza fila,<br />

seguendone lo svolgimento con lo spart<strong>it</strong>o alla mano, e segnando a margine le sue imparziali<br />

osservazioni.<br />

Finalmente il 24 dicembre, vigilia di Natale, l'Aida è varata al Cairo. Il successo, delineatosi fino dalla<br />

prova generale, è pieno e concorde. Applausi, ovazioni, entusiasmo. Il Kedivè vuole si telegrafi sub<strong>it</strong>o a<br />

Verdi per felic<strong>it</strong>arsi con lui e ringraziarlo.<br />

L'anno seguente (8 febbraio '72) l'opera si rappresenta alla Scala di Milano. Le polemiche fra chi accusa<br />

Verdi di wagnerismo e chi ne lo difende, non valgono a diminuire l'ent<strong>it</strong>à del trionfo. Trentadue chiamate<br />

lo consacrano: una commissione di c<strong>it</strong>tadini offre al Maestro uno scettro d'avorio e d'oro.


L'Aida ha sorpreso i più per il «color locale», raggiunto non per cognizione diretta ma per intuizione. A<br />

propos<strong>it</strong>o del quale, aveva scr<strong>it</strong>to a G. Gallignani, che ne lo aveva interpellato: «Copiare il vero può essere<br />

una buona cosa; ma inventare il vero è meglio, molto meglio». Ma l'evoluzione del compos<strong>it</strong>ore si manifesta<br />

specialmente nei riguardi della melodia che in quell'opera è divenuta ormai tutt'uno con il rec<strong>it</strong>ativo.<br />

Verdi ne ha rotto lo stampo stereòtipo e ne ha dilatato i confini. «Nella musica — egli ha detto — vi è<br />

qualcosa di più della melodia, qualcosa di più dell'armonia. Vi è la musica».<br />

Qui dunque egli ha liricizzato il rec<strong>it</strong>ativo, mirando costantemente al dramma nella sua più schietta<br />

espressione.<br />

L'Aida segu<strong>it</strong>ava a trionfare, nonostante le diatribe della stampa. «Cr<strong>it</strong>iche stupide ed elogi anche più<br />

stupidi»: così il Maestro, malcontento.<br />

Un episodio comico<br />

A Parma, ove la dirigeva il Faccio (20 aprile) fra l'entusiasmo generale, avvenne un curioso episodio,<br />

narrato dal Pougin.<br />

Certo Prospero Bertani«melòmane e melòfobo », come lo chiama il cr<strong>it</strong>ico francese, si era recato da<br />

Reggio Emilia a Parma per sentir l'opera. Il 7 maggio scriveva da Reggio all'autore questa lettera:<br />

«Signor Verdi gentilissimo, Il giorno due del corrente mi recavo a Parma, chiamatovi dall'opera rumorosa,<br />

l'Aida; mezz'ora prima che si alzasse la tela, io era nella mia sedia n. 120, la prevenzione era grande per parte<br />

mia. Ammirai la messa in scena, sentii con piacere quei grandi artisti e cercai di non perdere nulla. In fine<br />

dell'opera domandai a me stesso se mi trovavo contento e ne ebbi un responso negativo, r<strong>it</strong>ornai a Reggio e<br />

stando nella mia carrozza ferroviaria stetti a sentire i giudizi che se ne facevano; quasi tutti erano d'accordo nel<br />

dire che era una grande opera. In allora mi venne il ticchio di novellamente udirla ed il giorno quattro ripartii<br />

alla volta di Parma, feci il diavolo per entrare senza aver bisogno del posto riservato, ma la calca essendo<br />

immensa mi convenne gettare L. 5 e sentii la replica con comod<strong>it</strong>à; dopo convenni così: che è un'opera che non<br />

vi si trova alcun pezzo che strappi l'entusiasmo, che vi elettrizzi, e che senza quel grande apparato... non si<br />

potrebbe durare sino alla fine; e che quando avrà fatto due o tre teatri finirà per essere posta nei polverosi<br />

archivi. Ora, caro Verdi, non potete idearvi come mi trovi malcontento di aver speso in due volte L. 32,<br />

ammessa anche la circostanza aggravante che sono figlio di famiglia e questi danari a guisa di orribili spettri<br />

vengono a disturbare la mia pace. E a voi che mi rivolgo risolutamente onde vogliate rimettermi tale somma e<br />

voi dovete rest<strong>it</strong>uirmela tosto. Eccovi il conto:<br />

Ferrovia: andata, L. 2,60; id., r<strong>it</strong>orno, 3,30; Teatro, 8; Cena scellerata alla stazione, 2; L. 15,9o; bis: 15,9o;<br />

Totale, L. 31,80.<br />

Da un tale dispiacere io penso che voi vorrete levarmi, ed in questa speranza, vi saluto di cuore. Bertani.<br />

Indirizzo: Bertani Prospero, Via S. Domenico, n. 5».<br />

Verdi prese la cosa allegramente. Incaricò il Ricordi di rimborsare a nome suo la somma, diminu<strong>it</strong>a<br />

dell'importo della cena («poteva ben cenare a casa sua!!!»). Ne esigeva però la ricevuta e una piccola<br />

obbligazione: «... prometta di non andare più a sentire mie opere nuove per ev<strong>it</strong>are a lui il pericolo di altri<br />

spettri, ed a me la burletta di pagargli un altro viaggio».<br />

Il Bertani in data 15 maggio rilasciava l'obbligazione richiesta: non sarebbe andato più a sentire opere<br />

nuove di Verdi, a meno che questi non assumesse «totalmente a suo carico la spesa relativa, qualunque<br />

potesse essere il suo giudizio in mer<strong>it</strong>o delle stesse».<br />

E già che siamo nel comico, restiamovi ancora per breve con un aneddoto riguardante il Ghislanzoni che,<br />

come si è detto, aveva scr<strong>it</strong>to il libretto dell'Aida.<br />

Un giorno che passeggiava con Verdi nel parco di Sant'Agata, notò poco lontano dalla villa un mucchio<br />

maleolente di concime; per cui, voltosi al Maestro: «Come mai, — gli disse — tu tieni quel letame così<br />

vicino all'ab<strong>it</strong>ato?». E Verdi: «Si vede che non ti intendi affatto di agricoltura. Non sai che quel mucchio di<br />

letame vale almeno cinquemila lire?»<br />

«Cinquemila lire?! — esclamò il Ghislanzoni. - Beato lui! Vale dunque duemila lire più delle tremila che mi<br />

furon date per il libretto dell'Aida».<br />

Il Maestro sorrise e tacque; ma tosto scrisse all'ed<strong>it</strong>ore perchè in aggiunta al contratto assegnasse al<br />

Ghislanzoni una percentuale sui proventi arretrati e futuri dell'opera.<br />

Così, quel mucchio di concime, grazie all'arguzia del poeta e alla coscienza del Musico, servì a fecondare<br />

anche il portafoglio del primo; e c'è da scommettere che nessuno de' suoi 87 libretti gli portasse miglior<br />

fortuna.<br />

Mentrel'Aida, richiesta da varie c<strong>it</strong>tà nostre e da Parigi, continuava il suo lieto cammino, si iniziava per<br />

Verdi un periodo di tristezze.<br />

Inondazioni del Po e conseguenti miserie: l'aggravarsi della malattia del Mariani (di fronte al dolore degli<br />

avversari il gran cuore dell'uomo dimenticava ogni offesa), la notizia di una certa depressione nervosa in<br />

cui era caduta l'amica Maffei, aggiungevano malessere morale alla sua salute fisica, allora non buona.


Anche il Manzoni, il suo«Santo», declinava. Tutto si tingeva di grigio intorno a lui; né a risollevarlo<br />

valsero viaggi in Francia e a Napoli, ove l'Aida conseguiva un successo memorando (5 marzo '73),<br />

segu<strong>it</strong>o da fiaccolate e dimostrazioni di entusiasmo collettivo. Un incontro, forse, gli toccò<br />

particolarmente il cuore: e fu un incontro d'arte. Un giovinetto, misero lacero sparuto, si fe' strada, un<br />

giorno, tra la folla per giungere fino a lui. Era Vincenzo Gem<strong>it</strong>o, lo scultore che doveva divenire celebre e<br />

che, per contraccambiare la generos<strong>it</strong>à con cui Verdi gli aveva ottenuto a spese proprie l'esenzione dagli<br />

obblighi di leva, plasmò di getto in terracotta il busto di lui e quello di sua moglie, rimasti famosi.<br />

III<br />

LA GLORIA<br />

La « Messa da re<strong>qui</strong>em»<br />

Poco tempo dopo che i coniugi Verdi erano tornati a S. Agata, il 22 maggio moriva a Milano Alessandro<br />

Manzoni, al quale, circa un mese prima, era mancato il figlio Pietro, lasciandolo mentalmente come<br />

smarr<strong>it</strong>o. I Verdi ne furono costernati, e il Maestro, a dare sfogo al suo immenso dolore, rendendosi a un<br />

tempo interprete del cordoglio della Nazione, decideva di scrivere unaMessa da re<strong>qui</strong>em per onorarne la<br />

memoria nel primo anniversario della morte e comunicava tale suo propos<strong>it</strong>o al Sindaco di Milano.<br />

Ai funerali imponenti del Manzoni Verdi non si sentì di partecipare: andò bensì il 2 giugno a vis<strong>it</strong>arne la<br />

tomba al Cim<strong>it</strong>ero Monumentale. Aveva voluto essere solo a quel collo<strong>qui</strong>o intimo e segreto. Nella<br />

corrispondenza fra i viventi e i trapassati lo spazio più non esiste e la morte non è che un'ombra di<br />

malinconia. Quali cose si saranno dette quei due grandi spir<strong>it</strong>i nel silenzio solenne? Iddio solo può<br />

saperlo, che tutto intende e comprende e che dal dolore fa nascere le grandi idee, come dal pianto delle<br />

nuvole trae a germoglio i semi della terra.<br />

A Genova, il 13 giugno, si spegneva pure Angelo Mariani, fra spasimi atroci, solo, in miseria,<br />

abbandonato da tutti. Destino crudele. «Quale sventura per l'arte!» esclamò Verdi, tosto che apprese la<br />

notizia a S. Agata. E non aggiunse parola. Ma certo ne compianse la fine, non dimenticando il passato.<br />

Dileguava ora dal suo spir<strong>it</strong>o ogni ombra di risentimento per lasciarvi splendere soltanto la grat<strong>it</strong>udine<br />

verso il compagno delle più dure battaglie, che lo aveva tratto alla luce di trionfi memorandi.<br />

Il 10 aprile del '74 laMessa era compiuta, e il 22 maggio se ne faceva la prima esecuzione nella chiesa di S.<br />

Marco a Milano, sotto la direzione dell'autore, interpreti la Stolz, la Waldmann, il Caponi e il Maini, alla<br />

presenza di un pubblico di inv<strong>it</strong>ati elettissimi, fra cui figuravano i cr<strong>it</strong>ici più insigni d'Italia e di tutta<br />

Europa. Alla esecuzione eccezionale seguì un es<strong>it</strong>o clamoroso, che si rinnovò per tre sere consecutive alla<br />

Scala (25, 26, 27) e, nel mese di giugno, per sette sere, all'Opera Comique di Parigi.<br />

***<br />

Il resto dell'anno Verdi lo passa in gran parte a S. Agata. Ma i campi questa volta non riescono a<br />

ristorarne lo spir<strong>it</strong>o. Egli è triste; forse le emozioni provate e le fatiche sopportate a Parigi durante<br />

l'esecuzione dellaMessa lo hanno alquanto esaur<strong>it</strong>o. Il suo stato d'animo si risolve in una specie di inerzia<br />

fisica e intellettuale, per cui egli non compone, non legge, ma si aggira per le sue terre quasi senza scopo.<br />

Egli ora rimpiange i tempi della povertà, quando poco bastava alla sua fame e al suo vestire. Né a<br />

rialzarlo giova la nomina a senatore che lo raggiunge a fin d'anno.<br />

Nel '75 riprende a viaggiare, sempre per nuove esecuzioni dellaMessa: né mancano amarezze e disgusti a<br />

turbarne i successi.<br />

Frattanto i Verdi hanno preso in aff<strong>it</strong>to a Genova un nuovo appartamento a Palazzo Doria, in magnifica<br />

posizione prospiciente il mare.<br />

IlMefistofele di Bo<strong>it</strong>o è risorto trionfalmente a Bologna (4 ottobre).<br />

L'anno '76 trova i Verdi a Genova; anno di lutti e di successi. La v<strong>it</strong>a alterna doni e sventure per il<br />

Maestro come per tutti i mortali. Il 5 marzo è morto Piave, a Milano. A Verdi è parso che con la sua fine<br />

se ne sia andata parte della sua v<strong>it</strong>a. Il buono e paziente collaboratore ha recato con sé nella fossa le<br />

pagine più belle de' suoi ricordi artistici.<br />

L'Aida a Parigi in 26 rappresentazioni consecutive ha segnato una piena, trionfale v<strong>it</strong>toria dell'arte<br />

<strong>it</strong>aliana: parentesi luminosa fra oscure tristezze.<br />

Anche l'amico Vincenzo Luccardi è morto a Genazzano. Oh, che pena, questi amici che se ne vanno,<br />

portandosi via qualcosa della v<strong>it</strong>a di chi resta! Verdi è sfiduciato; non valgono a distrarlo e a sollevarlo<br />

né i viaggi né i successi che, nel '77, si susseguono in Germania, in Olanda, a Parigi. Che cosa sono gli<br />

onori, gli scettri d'avorio, le corone d'oro e d'argento che vengono offerti a quel sovrano della musica: Che<br />

valgono i frequenti soggiorni a Genova nel palazzo principesco dei Doria, che giù osp<strong>it</strong>ò imperatori<br />

famosi, e cui giunge, col profumo dei giardini, lo sciac<strong>qui</strong>o delle onde marine ad avvivarne con le voci<br />

della natura la mole sontuosa?


Passano per il Maestro anni tristi e vuoti: e morti seguono morti. Gennaio, febbraio '78: V<strong>it</strong>torio<br />

Emanuele II e Pio IX se ne vanno. E se ne va Solera, reduce stanco, avvil<strong>it</strong>o, distrutto dalla v<strong>it</strong>a fastosa<br />

di Spagna.<br />

In tanto rammarico l'amicizia della Stolz lo conforta. Ha lasciato il teatro e, delusa anch'essa e bisognosa<br />

di pace, viene accolta familiarmente dai coniugi Verdi, che la osp<strong>it</strong>ano sempre più spesso.<br />

L'«Otello»<br />

Il '79 segna il riavvicinamento di Verdi a Bo<strong>it</strong>o. Dal '74, da quando cioè aveva composta laMessa da<br />

re<strong>qui</strong>em per il primo anniversario della morte del Manzoni sino al tempo di cui parliamo, Verdi era stato<br />

effettivamente inoperoso. Non aveva, cioè, scr<strong>it</strong>to una nota. Tuttavia era vissuto e viveva di una v<strong>it</strong>a<br />

interiore, a cui l'esperienza d'ogni giorno aggiungeva qualche elemento sostanziale. Anche il dolore può<br />

essere un utile fermento per le anime forti.<br />

Voci nuove giungevano da fuori. Verdi era troppo attento per non avvertirle e troppo sicuro per temerle.<br />

Sentì la necess<strong>it</strong>à di trasformarsi, di rinnovarsi, senza rinnegare se stesso nè contraddirsi. In<br />

considerazione di tutto ciò, la Strepponi e il Ricordi, complice anche il Faccio per il quale Verdi nutriva<br />

grande stima, si strinsero in una specie di generosa congiura per indurlo coi mezzi più blandi ed accorti a<br />

scrivere un'altra opera.<br />

Nel luglio di quell'anno il Maestro era a Milano per dirigere alla Scala laMessa da re<strong>qui</strong>em a beneficio dei<br />

danneggiati dalle inondazioni. Una sera all'albergo «Milano», egli stava pranzando coi... congiurati<br />

suddetti, quando il discorso cadde sul'Otello di Rossini e sul disgraziato libretto che il Bèrio aveva tratto<br />

da Shakespeare.<br />

Ad arte, o per caso, qualcuno nominò Bo<strong>it</strong>o, come il solo poeta capace di trattare degnamente tale<br />

soggetto. Verdi parve interessarsi a quei discorsi. Fatto sta che la mattina seguente Faccio condusse<br />

Bo<strong>it</strong>o da Verdi all'albergo. Fu stabil<strong>it</strong>o fra i due che Bo<strong>it</strong>o gli avrebbe fatto uno schema del libretto.<br />

«Tre giorni dopo — scrisse poi Verdi al Ricordi —Bo<strong>it</strong>o mi portò lo schizzo dell'Otello, che lessi e trovai<br />

buono. "Fatene -- gli dissi — la poesia; sarà sempre buona per voi, per me, per un altro"».<br />

Il poeta, manco a dirlo, si mise sub<strong>it</strong>o all'opera. L'ed<strong>it</strong>ore propose a Verdi di accompagnarglielo a S.<br />

Agata non appena avesse compiuto il libretto; ma Verdi con la consueta franchezza gli rispose che una<br />

tal vis<strong>it</strong>a lo avrebbe troppo impegnato. Finisse Bo<strong>it</strong>o il lavoro e glielo mandasse: egli lo avrebbe letto con<br />

calma e gliene avrebbe manifestata la propria impressione, senza che questa impegnasse alcuna delle<br />

parti.<br />

Verso la fine di novembre Verdi riceveva il «cioccolatte » (così era ormai convenuto di chiamare l'Otello),<br />

ed è a credere che in massima gli piacesse, o, comunque, che l'idea lo avesse già con<strong>qui</strong>stato, se nel<br />

gennaio seguente (188o) chiedeva al p<strong>it</strong>tore Morelli un bozzetto del personaggio di Jago, che in particolar<br />

modo lo interessava. E’ certo, pertanto, che la corrispondenza del musicista con il poeta e con l'ed<strong>it</strong>ore<br />

intorno all'opera era già iniziata: ma con l'intesa, convenuta fra questi ultimi e la Strepponi, di<br />

mantenere il «più gran silenzio possibile» intorno al «moro».<br />

Verdi intanto, accingendosi a rivedere il Simon Boccanegra, incaricava dei r<strong>it</strong>occhi letterari il Bo<strong>it</strong>o; e<br />

questi si sobbarcava al lavoro paziente di raddrizzare quel «tavolo zoppo». Cominciava con ciò<br />

veramente la sua «serv<strong>it</strong>ù volontaria» verso il Maestro; ché se quanto all'Otello doveva, sì, fare e disfare<br />

secondo le esigenze di lui, ma pur sempre entro il quadro di un'azione da lui, Bo<strong>it</strong>o, sceneggiata e<br />

verseggiata, quanto al Boccanegra doveva rimettere a fondo le mani in un pasticcio combinato da altri.<br />

Dedizione appassionata e devota di un alto intelletto, già pervenuto a nobile fama, il quale, anziché<br />

preoccuparsi egoisticamente di custodire o di accrescere la propria gloria, si r<strong>it</strong>raeva invece nell'ombra e<br />

dava il meglio di sé perché pura e sola splendesse la luce del Genio.<br />

Ai 24 di marzo del 1881 il Simon Boccanegra nella nuova veste andava in iscena alla Scala diretto dal<br />

Faccio, con Tamagno e Maurel. In quest'ultimo Verdi vide già il suo «Jago» e glielo disse. Da ciò sorsero<br />

mille dicerie che indispettirono il Maestro. Il quale frattanto, recatosi a Genova, vi passò qualche tempo,<br />

conducendovi una v<strong>it</strong>a silenziosa e semplice, avendo seco la cugina Maria, e frequentando i pochi e intimi<br />

amici di colà.<br />

Tornato l'estate a S. Agata, riprendeva le cure campestri, sollec<strong>it</strong>o delle condizioni dei coloni più che non<br />

delle sue rend<strong>it</strong>e. Il suo gran cuore gli suggeriva di costruire un ospedale a Villanova per gli ammalati<br />

poveri. Quanto alla musica, si lim<strong>it</strong>ava a r<strong>it</strong>occare il Don Carlos, che ora gli sembrava farraginoso e<br />

prolisso a cagione del libretto. Ma l'estro creatore taceva, come soffocato da eventi dolorosi e improvvisi.<br />

IL terremoto di Casamicciola lo addolorò profondamente. Morti, morti, sempre morti: umili e grandi.<br />

Destino comune, inev<strong>it</strong>abile. Anche Wagner moriva a Venezia il 13 febbraio dell"83; ne provò<br />

un'impressione fortissima, tanto da scrivere: «Triste. Triste. Triste. Wagner morto. Leggendone ieri il<br />

dispaccio, ne fui, sto per dire, atterr<strong>it</strong>o. Non discutiamo. E una grande individual<strong>it</strong>à che sparisce! Un nome<br />

che lascia un'impronta potentissima nella Storia dell'Arte».


E muore anche il 4 settembre dell'anno stesso Carlo Tenca, l'amico della Maffei, lasciando mestissimi<br />

tutti i patrioti che in lui avevano salutato uno degli astri del Risorgimento. Poi l'anno seguente, moriva<br />

a Milano Giulio Carcano, il romanziere e traduttore di Shakespeare... Tali perd<strong>it</strong>e di amici lo inducevano<br />

a tristi pensieri, a med<strong>it</strong>azioni deprimenti. Aveva già passato i settant'anni, e sebbene la sua salute,<br />

r<strong>it</strong>emprata da cure varie e frequenti, fosse ancora abbastanza valida, tuttavia egli si credeva ormai<br />

spento alla v<strong>it</strong>a e all'arte...<br />

E non solo per questo era sfiduciato, ma anche per l'arte musicale in sé, la cui decadenza egli attribuiva<br />

al dilettantismo ed alla esterofilia, troppo favor<strong>it</strong>a ed esaltata dalla cr<strong>it</strong>ica giornalistica.<br />

Così, anche l'Otello languiva. In quello stesso anno accadeva un incidente spiacevolissimo che per poco<br />

non faceva naufragare quella collaborazione ideale.<br />

Nel marzo dell"84 Bo<strong>it</strong>o era a Napoli, dove il Mefistofele raccoglieva nuovi allori. I professori di quel<br />

Conservatorio gli offrirono un banchetto. Un giornalista, Martino Cafiero, parlando con lui, girò il<br />

discorso sull'Otello e gli domandò se non avesse mai pensato a tale soggetto per musicarlo egli stesso.<br />

Bo<strong>it</strong>o rispose negativamente: non avrebbe mai creduto possibile trarre dalla tragedia dello Shakespeare<br />

un libretto se non per Verdi. Le sue parole vennero ud<strong>it</strong>e e mal interpretate da un altro giornalista, il<br />

quale si affrettò a scrivere sul Roma che Bo<strong>it</strong>o aveva trattato l'argomento dell'Otello quasi contro voglia;<br />

ma che poi, terminato il libretto, si era rammaricato di non poterlo musicare lui.<br />

La cosa dal Roma passò al Piccolo di Napoli, indi al Pungolo di Milano, e finì per cadere sotto gli occhi di<br />

Verdi. Questi non se ne mostrò sdegnato, ma pensò di rest<strong>it</strong>uire a Bo<strong>it</strong>o il libretto. E in data 27 marzo<br />

scriveva a Franco Faccio una lettera nobilissima in cui era detto, fra l'altro: «Il peggio si è che Bo<strong>it</strong>o,<br />

rammaricandosi di non poterlo musicare lui stesso, fa naturalmente supporre, com'egli non isperasse vederlo<br />

da me musicato com'egli vorrebbe. Ammetto perfettamente questo, lo ammetto completamente, ed è perciò che io<br />

mi rivolgo a voi, al più antico, al più saldo amico di Bo<strong>it</strong>o, affinché quando r<strong>it</strong>ornerà a Milano gli diciate a<br />

voce, non in iscr<strong>it</strong>to, che io senz'ombra di risentimento, senza rancore di sorta gli rendo il suo manoscr<strong>it</strong>to.<br />

Più, essendo quel libretto di mia proprietà, glielo offro in dono qualora egli intenda musicarlo. S'egli lo<br />

accetta, io ne sarò lieto nella speranza di avere con questo contribu<strong>it</strong>o e giovato all'arte che noi tutti amiamo…»<br />

Bo<strong>it</strong>o, informato poi dal Faccio delle intenzioni del Maestro, ne fu profondamente amareggiato e si<br />

affrettò a dissipare l'e<strong>qui</strong>voco indirizzando a quest'ultimo una lettera che rivelava il suo stato d'animo e<br />

la purezza del suo carattere.<br />

«... Lei solo può musicare l'Otello, tutto il Teatro ch'Ella ci ha dato afferma questa ver<strong>it</strong>à; se io ho saputo<br />

intuire la possente musical<strong>it</strong>à della tragedia shakespeariana che prima non sentivo, se l'ho potuta dimostrare<br />

coi fatti nel mio libretto, gli è perché mi sono messo dal punto di vista dell'arte verdiana, gli è perché ho sent<strong>it</strong>o<br />

scrivendo quei versi ciò ch'Ella avrebbe sent<strong>it</strong>o illustrandoli con quell'altro linguaggio mille volte più intimo e<br />

più possente, il suono.<br />

... E se ho fatto ciò gli è perché ho voluto cogliere un'occasione, nella matur<strong>it</strong>à della mia v<strong>it</strong>a, quella età che<br />

non muta più fede, un'occasione per dimostrare, meglio che con le lodi lanciate al viso, quanto amavo e quanto<br />

sentivo l'arte ch'Ella ci ha dato».<br />

A propos<strong>it</strong>o poi della offerta «benigna e generosa» di rest<strong>it</strong>uirgli il libretto, Bo<strong>it</strong>o aggiungeva: «Maestro,<br />

ciò che Lei non può sospettare è l'ironia che per me pareva contenuta in quest'offerta senza sua colpa. Veda:<br />

già da sette od otto anni forse lavoro al Nerone... Vivo sotto quell'incubo; nei giorni che non lavoro passo le ore<br />

a darmi del pigro, nei giorni che lavoro mi dò dell'asino, e così scorre la v<strong>it</strong>a e continuo a campare, lentamente<br />

asfissiato da un ideale troppo alto per me... terminerò il Nerone o non lo terminerò, ma è certo che non lo<br />

abbandonerò mai per un altro lavoro e se non avrò la forza di finirlo, non mi lagnerò per questo e passerò la<br />

mia v<strong>it</strong>a né triste né lieta, con quel sogno nel pensiero. Giudichi ora Lei se con questa ostinazione potevo<br />

accettare l'offerta sua. Ma per car<strong>it</strong>à Lei non abbandoni l'Otello! non lo abbandoni. Le è predestinato, lo<br />

faccia, aveva già incominciato a lavorarci ed io ero già tutto confortato e speravo già di vederlo, in un giorno<br />

non lontano, fin<strong>it</strong>o. Lei è più sano di me, più forte di me... la sua v<strong>it</strong>a è tran<strong>qui</strong>lla e serena, ripigli la penna e<br />

mi scriva presto: Caro Bo<strong>it</strong>o, fatemi il piacere di mutare questi versi, ecc. ecc. ed io li muterò sub<strong>it</strong>o con gioia e<br />

saprò lavorare per Lei, io che non so lavorare per me, perchè Lei vive nella v<strong>it</strong>a reale dell'Arte, io nel mondo<br />

delle allucinazioni...».<br />

Mirabile atto di fede nel genio verdiano e di dolente umiltà nel reputare se stesso incapace di raggiungere<br />

il proprio ideale.<br />

Solo i grandi spir<strong>it</strong>i possono corrispondersi così e sollevarsi dalla banale realtà di un incidente<br />

giornalistico ad una schietta, luminosa comprensione, nel comune amore dell'Arte.<br />

L'e<strong>qui</strong>voco fu, alla fine, spiegato. Si direbbe anzi che servisse a qualcosa. Certi temporali o anche solo<br />

annuvolamenti minacciosi sogliono risolversi in benefiche schiar<strong>it</strong>e, che lasciano il cielo più terso di<br />

prima.<br />

La collaborazione dei due artisti si fece più intima ed intensa; e l'Otello che prima, come s'è detto,<br />

languiva, ora riprendeva più franco i suoi passi verso il compimento.


A ciò contribuì certo anche una vis<strong>it</strong>a di Bo<strong>it</strong>o e di Giacosa a S. Agata. Essa r<strong>it</strong>emprò gli spir<strong>it</strong>i del<br />

Maestro. Le conversazioni di lui con il suo collaboratore lo rianimarono. Infatti, dall'inverno dell"84. sino<br />

all'estate dell"85, Verdi andò componendo; sicchè nell'ottobre di tale anno l'opera era quasi compiuta.<br />

Bo<strong>it</strong>o a S. Agata ne sentì la musica e ne riportò profonde emozioni.<br />

***<br />

Morto Wagner, Verdi resta sovrano del genio musicale. In lui si appuntano tutti gli sguardi nell'attesa<br />

febbrile della sua nuova opera. I conservatori, in odio al cosiddetto «avvenirismo» wagneriano, fanno<br />

girare sui giornali la voce che Verdi sta per dare una buona lezione ai giovani musicisti dell'avvenire...<br />

E Verdi, disgustato di tante inutili chiacchiere, dichiara al Ricordi che non fu mai né mai sarà nelle sue<br />

intenzioni dare ammaestramenti a chicchessia. «Io — scrive — ammiro senza pregiudizi di scuola tutto<br />

quello che mi piace: faccio come sento; e lascio fare a tutti quello che vogliono. Del resto, finora non ho scr<strong>it</strong>to<br />

nulla di questo Jago, o meglio Otello, e non so cosa farò in segu<strong>it</strong>o».<br />

Ma le chiacchiere non cessano; e da Parigi gli si chiede l'opera per la prima rappresentazione. Ma Verdi,<br />

<strong>it</strong>alianissimo sempre, risponde: «L'opera è in <strong>it</strong>aliano... e per la prima volta si deve eseguire in <strong>it</strong>aliano».<br />

***<br />

Siamo all"86. Dovrà passare un altr'anno prima che l'opera venga rappresentata alla Scala; ma l'autore<br />

pensa già agli artisti che dovranno eseguirla e pone gli occhi su Tamagno e Maurel. Ne stabilisce anche il<br />

t<strong>it</strong>olo, dopo lunga incertezza. «Cominciamo dunque scrive a Bo<strong>it</strong>o —a battezzarlo Otello... Preferisco si<br />

dica: " Ha voluto lottare col gigante (si riferiva a Rossini, autore dell'opera omonima)ed è rimasto<br />

schiacciato " piuttosto che" si è voluto nascondere sotto il t<strong>it</strong>olo di jago"».<br />

Schiettezza, anche <strong>qui</strong>. Andar sempre dir<strong>it</strong>to e in fondo alle cose, a viso scoperto.<br />

Il 16 gennaio muore improvvisamente a Milano Ponchielli. Nuovo dolore per l'amicizia e per l'arte; ma<br />

un dolore anche più intimo colpirà fra poco il cuore dei coniugi Verdi. Mentre d'estate si trovano a<br />

Montecatini per la sol<strong>it</strong>a cura, con angoscia indicibile apprendono che la Maffei è stata colta da<br />

mening<strong>it</strong>e. Bisogna andarla a trovare. Verdi accorre: pietosa vista! L'amica dolce non lo riconosce. Il suo<br />

sguardo vaga smarr<strong>it</strong>o.<br />

«Sono Verdi... lo sposo di Giuseppina, che vi saluta». Le sue parole cadono miseramente nel vuoto,<br />

traendosi dietro un singhiozzo. Non c'è più rimedio. Il 13 di luglio Clara Maffei muore. Tutto un mondo<br />

se ne va con lei. R<strong>it</strong>ornano alla memoria dei coniugi desolati, anni trascorsi e figure scomparse. Quale<br />

tristezza queste tombe che si aprono di continuo e fanno della terra un sol cim<strong>it</strong>ero! Passano i brividi<br />

dell'ignoto sulle cose incerte e caduche. Soltanto la fede può rischiarare la notte che incombe sui nostri<br />

passi dubbiosi, e scoprir loro la via della Ver<strong>it</strong>à.<br />

Ancora una volta l'arte risolleva lo spir<strong>it</strong>o del Maestro. Tornato a S. Agata, egli si rimette al lavoro. Il 1°<br />

novembre annuncia a Bo<strong>it</strong>o con un laconismo efficacissimo: «E’ fin<strong>it</strong>o! Salute a noi... (ed anche a lui).<br />

Addio».<br />

Quando a Genova, dove si è recato come al sol<strong>it</strong>o per svernare, consegnerà ad un messo di Ricordi<br />

l'ultima pagina della part<strong>it</strong>ura, esclamerà: «Povero Otello! Non tornerà più <strong>qui</strong>!!!».<br />

Dolore, rimpianto. Quando l'artista crea, dà l'anima tutta alla sua creazione. E il momento di «grazia»<br />

che lega l'uomo al divino. L'artista è un essere privilegiato che Iddio elegge a consolare gli uomini e a far<br />

prova della Sua onnipotenza.<br />

Nemmeno la più fondata speranza del successo basta ad attenuare la tristezza dell'autore nel separarsi<br />

dall'opera sua; nemmeno l'es<strong>it</strong>o più clamoroso ne lo compensa.<br />

Una volta che la creazione è data comunque al pubblico, essa non appartiene più a colui che l'ha creata.<br />

Il tormento e la gioia del creare superano di gran lunga la soddisfazione del trionfo. Perciò l'opera d'arte,<br />

quand'esce o per le stampe o per le scene o per adornare di sé gallerie o sale private, per dare, insomma,<br />

godimento ad altri, è come un figlio che si stacchi dalla madre e se ne vada per il proprio destino.<br />

In gennaio dell"87 i coniugi Verdi sono a Milano per le prove dell'Otello. L'aspettativa è enorme. I<br />

giornali si sbizzarriscono in previsioni e congetture. I «si dice», i «pare che» si alternano con le più sicure<br />

affermazioni. «Manderei al diavolo palchi e Otello» esclama l'orso di Busseto. Ma è un fatto che forestieri<br />

cr<strong>it</strong>ici ed<strong>it</strong>ori impresari compos<strong>it</strong>ori affluiscono a Milano da tutto il mondo. Sono i più bei nomi dell'arte<br />

e della cr<strong>it</strong>ica internazionali.<br />

Il 5 febbraio (1887) alla Scala, in una esecuzione stupenda, diretta dal Faccio, e alla presenza di un<br />

pubblico imponente per quant<strong>it</strong>à e qual<strong>it</strong>à, l'Otello va in iscena, accolto trionfalmente. Tutti sono<br />

soggiogati dal miracolo di quel fiore superbo, nato da una pianta ancor sì vigorosa nonostante gli anni.<br />

La cr<strong>it</strong>ica scopre un Verdi nuovo. La stessa qualifica di «dramma lirico» data all'opera dal musica e dal<br />

poeta, ne esprime chiaramente la natura.


La grande serata viene chiusa da dimostrazioni acclamanti di popolo dinanzi l'albergo «Milano». Il<br />

Maestro è costretto ad affacciarsi al balcone per ringraziare. Rientrato, non nasconde agli intimi che lo<br />

circondano un senso di disagio: rimpiange la sol<strong>it</strong>udine di S. Agata, ch'egli popolava di fantasmi, quando<br />

componeva l'opera e viveva in compagnia ideale di Otello e di Desdemona. D'ora innanzi le creature del<br />

suo sogno non saranno più sue; andranno per il mondo: e la lieta fortuna che le accompagnerà, non<br />

compenserà certo la tristezza dell'abbandono. E’ fatale, e forse necessario, che i grandi artisti soffrano, e<br />

che anche nella gloria vedano il segno di un'esaltazione effimera e caduca. Ciò li serba umili dinanzi al<br />

grande privilegio concesso loro da Dio.<br />

E modesto e addir<strong>it</strong>tura r<strong>it</strong>roso si conservò Verdi anche in segu<strong>it</strong>o, opponendosi a che venisse dato il suo<br />

nome all'ospedale di Villanova, da lui creato e curato in tutti i particolari, come il suo gran cuore gli<br />

aveva sugger<strong>it</strong>o; ma non potè non rassegnarsi all'omaggio di un numero unico che la Gazzetta musicale<br />

di Milano volle dedicargli, a festeggiare nell"89° il cinquantesimo anniversario della prima sua opera,<br />

l'Oberto: omaggio non clamoroso, ma altamente significativo, di tutti i più illustri Italiani al Genio<br />

musicale della Nazione.<br />

Tale fascicolo, compilato da Ugo Pesci, raccolse firme cospicue in ogni campo. Vi collaborarono artisti<br />

d'ogni arte e scienziati e uomini pol<strong>it</strong>ici d'ogni colore. Giosue Carducci in una lettera al Pesci scriveva:<br />

«G. Verdi, co' primi palp<strong>it</strong>i de l'arte giovine presentò e annunziò la patria risorgente. Oh canti indimenticabili<br />

e sacri a chi nacque avanti il 1848! G. Verdi con la gloria della grande arte superst<strong>it</strong>e adorna ed esalta nel<br />

cospetto delle genti la patria risorta. Gloria a Lui, immortale, sereno e trionfante, come l'idea della patria e<br />

dell'arte. Caro signor Pesci, io sono religioso. Davanti ai Numi adoro e taccio».<br />

Lettere e telegrammi piovvero da più parti dell'Italia e dell'Europa a consacrare con un plebisc<strong>it</strong>o<br />

commovente la solenn<strong>it</strong>à del Giubileo e a salutare l'Uomo, il patriota e l'artista, fusi nell'armonia di una<br />

mirabile v<strong>it</strong>a.<br />

Il «Falstaff»<br />

La filantropia di Verdi si volge ora ad attuare un progetto che gli scalda l'animo da anni: la costruzione<br />

di una Casa di riposo per musicisti. Egli vuole beneficare i vecchi che hanno serv<strong>it</strong>o l'Arte con devozione<br />

e che ora non hanno mezzi sufficienti per vivere, offrendo ad essi non un asilo umiliante, ma un albergo<br />

bello comodo spazioso, ove abbiano a sentirsi osp<strong>it</strong>i, non ricoverati. Ac<strong>qui</strong>sta pertanto fuori di Porta<br />

Magenta l'area ove la Casa dovrà sorgere e incarica del progetto Camillo Bo<strong>it</strong>o, il caro fratello di Arrigo.<br />

Mentre quegli ne med<strong>it</strong>a l'arch<strong>it</strong>ettura, questi con opera abile cauta delicatissima persuade il Maestro a<br />

tornare sull'idea di scrivere un'opera buffa. E’ la risata di Falstaff che torna a crosciar di lontano nella<br />

mente di lui. Bo<strong>it</strong>o ne rinfresca l'antico desiderio e durante l'estate di quello stesso anno (1889) fa uno<br />

schema del libretto e glielo manda. Verdi lo apprezza, lo loda, vorrebbe lavorare ancora, ma... e l'età? Gli<br />

anni son molti, ed egli dub<strong>it</strong>a delle sue forze; inoltre, nella sua intemerata coscienza teme di distogliere<br />

Bo<strong>it</strong>o dal Nerone, che sa essere il dramma intimo ed assillante del suo prezioso collaboratore.<br />

E Bo<strong>it</strong>o, con quella signoril<strong>it</strong>à di forma e di animo che era una delle sue più spiccate virtù morali, gli<br />

rispondeva tran<strong>qui</strong>llizzandolo nei riguardi delNerone e inc<strong>it</strong>andolo ancora al Falstaff: «Lo scrivere<br />

un'opera comica non credo che l'affaticherebbe. La tragedia fa realmente soffrire chi la scrive... Ma lo scherzo e<br />

il riso della commedia esilarano la mente e il corpo. Un sorriso aggiunge un filo alla trama della v<strong>it</strong>a». E, da<br />

buon psicologo, incalzava più oltre: «Lei ha una gran voglia di lavorare; questa è una prova indubbia di<br />

salute e di potenza... Lei ha desiderato tutta la v<strong>it</strong>a un bel tema d'opera comica; questo è un indizio che la vena<br />

dell'arte nobilmente gaia esiste virtualmente nel suo cervello: l'istinto è un buon consigliere. C'è un modo solo<br />

di finir meglio che con l'Otello: si è quello di finire v<strong>it</strong>toriosamente col Falstaff. Dopo aver fatto risuonare tutte<br />

le grida e i lamenti del cuore umano, finire con uno scoppio immenso d'ilar<strong>it</strong>à! C'è da far strabiliare!».<br />

Come resistere a così garbata e insinuante seduzione? Verdi era a Montecatini per la sol<strong>it</strong>a cura e intanto<br />

si rileggeva il teatro del Goldoni, disponendo così lo spir<strong>it</strong>o a immagini bonariamente serene. La<br />

corrispon denza di questo tempo fra i due artisti è fresca e viva, ed ha tratti di particolare bellezza<br />

morale, come questo che segue. Verdi musicherà il libretto di Bo<strong>it</strong>o, ma, da quel galantuomo che è, vuol<br />

stabilire prima i patti col suo collaboratore. Un compenso immediato, e garanzia per il futuro. Se egli<br />

morirà, prima di finire l'opera, la proprietà del libretto verrà resa al poeta. Al che Bo<strong>it</strong>o risponde<br />

degnamente: «Il compenso ch'Ella mi dà é troppo; per poterlo accettare e per sentire di mer<strong>it</strong>arlo bisogna ch'io<br />

pensi che ho lavorato per Lei spinto solo dall'affetto ch'io le porto e che lo splendido compenso ch'Ella mi dona<br />

deriva dall'aver Lei riconosciuto questo affetto. Ora, Maestro, ancora nel nome di Shakespeare, dia all'arte e<br />

alla patria un'altra nuovissima v<strong>it</strong>toria».<br />

***<br />

Verdi è ora ripreso dalla foga del comporre, non ostante che gravi preoccupazioni vengano a turbare la<br />

seren<strong>it</strong>à del suo lavoro. Faccio si è ammalato di esaurimento, e deve abbandonare la direzione della Scala


per cederla a Gaetano Coronaro. A nulla vale l'ottenergli il posto di Direttore del Conservatorio di Parma<br />

allo scopo di consentirgli un'esistenza più calma; a nulla vale la sollec<strong>it</strong>udine fraterna con cui Bo<strong>it</strong>o,<br />

affinchè al suo povero amico venga continuato lo stipendio, si addossa il cómp<strong>it</strong>o di farne le veci, con<br />

tutte le cure e le responsabil<strong>it</strong>à connesse. La salute di lui peggiora irrimediabilmente...<br />

Nell'autunno di quell'anno 1890 il Maestro ha già composta la musica del 1° e del 3° atto del Falstaff,<br />

quando un nuovo dolore sopraggiunge a velare di pianto la risata del protagonista.<br />

A Parigi il 27 novembre muore Muzio, il fedele discepolo d'un tempo. Tutto un passato di sacrifici e di<br />

lotte, di ricordi e tristi e lieti, di speranze deluse e di v<strong>it</strong>torie consegu<strong>it</strong>e, si riaffaccia al pensiero del<br />

Maestro, che s'incammina verso gli ottanta... Prima di morire il brav'uomo gli aveva scr<strong>it</strong>to parole<br />

commoventi: «Me ne partirò presto per l'altro mondo, pieno di affetto e di amicizia per Voi e per la buona e<br />

cara Vostra moglie... Ricordatevi di me e a rivederci il più tardi all'altro mondo».<br />

Verdi è triste. Alla Waldmann, la famosa interprete dell'Aida e della Messa da re<strong>qui</strong>em, scrive: «Tutto<br />

finisce! Triste cosa la v<strong>it</strong>a!». E a Bo<strong>it</strong>o, nel marzo del '91: «II Pancione non va avanti». Contrasto penoso<br />

e pur fatale di pianto e riso, l'umana vicenda!<br />

L'opera nuova di Verdi languiva. Languiva Faccio in una casa di cura, mentre la magnanim<strong>it</strong>à di Bo<strong>it</strong>o<br />

si eserc<strong>it</strong>ava nella sost<strong>it</strong>uzione di lui a Parma. Tutto vano. Faccio moriva il 21 luglio in una casa di cura,<br />

presso Monza. E alla direzione del Conservatorio parmense veniva chiamato Giuseppe Gallignani.<br />

Il Falstaff ha subìto un abbandono di alcuni mesi; ora viene ripreso.<br />

«Il Pancione — scrive Verdi a Bo<strong>it</strong>o —è sulla strada che conduce alla pazzia. Vi sono dei giorni che non si<br />

muove; dorme ed è di cattivo umore; altre volte grida, corre, salta, fa il diavolo a quattro... Io lo lascio un po'<br />

sbizzarire; ma se continua gli metterà la museruola e la camicia di forza».<br />

E Bo<strong>it</strong>o di rimando: «Evviva! Lo lasci fare, lo lasci correre, poco importa... vada tutto a soqquadro, ma la<br />

gran scena sarà fatta! Evviva!... lo so già quel che farà Lei. Evviva!».<br />

Delizioso scambio di lettere e di celie fra i due artisti: pirotecnica verbale, a base di scoppi innocui, gioco<br />

variopinto di immagini lepide e fresche; primavere del genio, fiorenti spontanee da anime tuttora<br />

infantili.<br />

Verdi aveva voluto che fino con Ricordi fosse tenuto il segreto; ma venne il momento delle rivelazioni; e<br />

ciò accadde in modo curioso, durante un pranzo intimo al sol<strong>it</strong>o albergo «Milano». Bo<strong>it</strong>o leva il bicchiere,<br />

stringendo l'occhio a Verdi e dice: «Bevo al Pancione»; e Verdi non ribatte: tace, ma non mostra alcun<br />

disappunto. E al cr<strong>it</strong>ico musicale Gino Monaldi che, trapelata fuori la notizia, gliene chiede conferma,<br />

risponde: «... Io mi diverto a farne la musica, senza progetti di sorta, e non so nemmeno se finirò... Ripeto,<br />

mi diverto».<br />

Il divertimento durò fino a tutto il '92, alla fine del quale anno si cominciò a prendere le disposizioni per<br />

la rappresentazione.<br />

Ed ecco uni scena interessante di quella grande vigilia.<br />

Verdi a Sant'Agata fa sentire all'ed<strong>it</strong>ore Ricordi lo spart<strong>it</strong>o dell'opera compiuta, le cui prove dovranno<br />

cominciare a Milano il 4 gennaio.<br />

A un tratto Ricordi avverte la presenza di qualcuno: si volta e, sulla porta, vede Giuseppina che sta<br />

ascoltando, sorridente e commossa. «L'è anca mo bravo cl me Verdi!».<br />

La frase è candida e dolce. Il Maestro ha quasi ottant'anni, e quelle parole sembrano una carezza a un<br />

bambino. Non è forse il vegliardo infantilmente fresco in quello scroscio di note usc<strong>it</strong>e dalla sua mente<br />

prodigiosa?<br />

Il trionfo<br />

La sera del 9 febbraio si ebbe la prima rappresentazione, diretta dal Mascheroni ed esegu<strong>it</strong>a da grandi<br />

artisti, quali il Maurel e il Garbin.<br />

Verdi alle prove si era prodigato da sei ad otto ore al giorno, meravigliando tutti per quell'energia<br />

veramente straordinaria in un uomo dell'età sua.<br />

il pubblico imponente tributò acclamazioni innumerevoli al Maestro che appariva sereno e sorridente,<br />

benché un po' pallido per l'emozione. Ma più che l'entusiasmo della massa, determinato più da fattori<br />

ovvii di simpatia e di stima che non da consapevoli comprensioni, fu significativo il giudizio della cr<strong>it</strong>ica<br />

internazionale, che fu unanime nel riscontrare nel Falstaff un prodigio di sapienza e di ispirazione in un<br />

clima di nov<strong>it</strong>à audace e inaspettata.<br />

Tutto il mondo musicale fu messo a rumore. Quella notte furono sped<strong>it</strong>i circa duemila telegrammi.<br />

C<strong>it</strong>iamo due fra i giudizi più autorevoli, l'uno di un Italiano, l'altro di un Francese. Enrico Panzacchi, sul<br />

bolognese Resto del Carlino, scriveva: «Il Falstaff rappresenta nella sua struttura e nella sua forma<br />

dominante un passo audace e una tanto arrischiata nov<strong>it</strong>à, che non so davvero quale esempio si possa trovare<br />

nella storia del melodramma che mer<strong>it</strong>i stargli vicino».


E Camillo Bellaigue, grande amico di Bo<strong>it</strong>o e fervido ammiratore di Verdi, sullaRevue des Deux Mondes:<br />

«Falstaff è la gaiezza, la v<strong>it</strong>a. Spettatori felici, applaud<strong>it</strong>e, e voi, piccole fioraie d'Italia, poiché l'aprile è alle<br />

porte, andate a cogliere freschi germogli di lauro e intrecciate teneri seni per incoronare quei bianchi capelli».<br />

Un aneddoto garbatissimo di quella storica serata.<br />

Dopo il secondo atto, Ferdinando Martini, allora Ministro della Pubblica Istruzione, salì in palcoscenico<br />

a salutare il Maestro. Questi, che aveva appena ricevuto un telegramma di felic<strong>it</strong>azioni da re Umberto, si<br />

affrettò a mostrarlo al Ministro, non nascondendogli il proprio compiacimento.<br />

Ambedue tenevano il cappello in mano. Il Ministro inv<strong>it</strong>ò il Maestro a coprirsi, e questi, accennando:<br />

— Ma... e lei?<br />

— Io sono davanti a Giuseppe Verdi.<br />

- E io davanti al Ministro dell'Istruzione.<br />

- C'è qualche differenza; che cosa le sembra preferibile: stare alla e «Minerva» o scrivere il Falstaff?<br />

Verdi sorrise e si coprì.<br />

Il Falstaff agi come un farmaco salutare nei confronti del teatro <strong>it</strong>aliano. Molte c<strong>it</strong>tà nostre vollero<br />

ascoltarlo; e, dopo l'Italia, c<strong>it</strong>tà straniere importantissime, come Berlino, Vienna, Parigi.<br />

Ormai la via dei trionfi era segnata: e l'autore, licenziata non senza tristezza la sua creatura, prendeva<br />

defin<strong>it</strong>ivo commiato dal teatro.<br />

La musica sacra<br />

Verdi ha ottantatrè anni... Triste cosa è invecchiare, eppure inev<strong>it</strong>abile anche se si è grandi come lui.<br />

Bisogna piegare il capo alla legge e levare l'anima a Dio. Ora l'arte sua o, meglio, la sua ispirazione tende<br />

a spaziare in atmosfere più pure. Rilegge e med<strong>it</strong>a con sempre crescente ammirazione l'opera del<br />

Palestrina, che gli sembra «un miracolo non mai eguagliato in nessun tempo!»; e prende egli pure a<br />

comporre pezzi sacri. Già dopo l'Otello, aveva musicato le Laudi alla Vergine Maria (a quattro voci<br />

bianche) secondo l'ultimo canto del Paradiso dantesco: ora (1896) attende a un Te Deum; fin<strong>it</strong>o il quale si<br />

applicherà all'inno del dolore, loStabat Mater di Jacopone.<br />

Ma la salute non l'assiste. A Genova ha un deli<strong>qui</strong>o; ma è male passeggero. Peggio sta la Strepponi che,<br />

dopo una operazione chirurgica allo stomaco già da tempo sub<strong>it</strong>a, non si è ancora potuta ristabilire. Cari<br />

vecchi, su cui irremissibilmente il gravare degli anni va distendendo le sue tragiche ombre.<br />

Essi sono immalincon<strong>it</strong>i: presentono l'ora del distacco. Quale dei due se ne andrà per primo? Quale dei<br />

due resterà orfano dell'altro?<br />

Triste cosa dover morire senza figliuoli, cui affidare la continuazione della propria esistenza! «Ma --si<br />

dirà—uomini come Verdi non muoiono mai». D'accordo; le creature dell'arte, spir<strong>it</strong>ualmente immortali,<br />

sono opera del Genio, per un privilegio d'eccezione; ma quelle della v<strong>it</strong>a corporea, nella loro mortal<strong>it</strong>à,<br />

sono di tutti, secondo una legge universale ed eterna.<br />

Un figlio, in simili sventure, può essere un conforto, un sostegno per il coniuge superst<strong>it</strong>e: può<br />

accompagnarlo lungo il cammino restante ed ev<strong>it</strong>argli la squallida sol<strong>it</strong>udine. Sono queste, forse, le<br />

considerazioni che i due vecchi fanno rispettivamente e tac<strong>it</strong>amente, come le fanno tutti coloro che, dopo<br />

una lunga v<strong>it</strong>a di mutua assistenza e di dolce, perfetta comprensione, sentono avvicinarsi l'ora suprema.<br />

Il Maestro è ancora abbastanza forte del corpo, ma moralmente depresso: la sua donna purtroppo è<br />

malata, senza rimedio. Soffre di bronch<strong>it</strong>e, deperisce a vista d'occhio. Egli vede tutto questo e piange.<br />

Piange perché la sua sposa gli muore un poco ogni giorno; piange in silenzio, di nascosto, perché la sua<br />

sposa non si accorga della sua intima, profondissima pena...<br />

Una polmon<strong>it</strong>e improvvisa la coglie la sera dell’11 novembre, e al pomeriggio del 14 la spegne.<br />

***<br />

Verdi ora è solo. Che cosa sono mai al suo immenso dolore le attestazioni di schietto cordoglio che<br />

giungono a S. Agata da ogni parte? A che giovano le vis<strong>it</strong>e premurose di amici devoti come Ricordi, la<br />

Stolz, venuti da Milano, e di Bo<strong>it</strong>o che accorre da Parigi? Il Maestro è inconsolabile. La sua Giuseppina,<br />

la donna che ebbe condivise le sue ansie e le sue gioie, illuminando la sua creazione d'ogni tempo col<br />

sorriso dell'anima, colei che ebbe sollevate le sue tristezze e temprate le sue fedi, ora giace immota, col<br />

Rosario fra le mani, vest<strong>it</strong>a di nero, sul letto di morte.<br />

In omaggio alle sue disposizioni testamentarie, il trasporto della sua salma si farà «alle prime luci<br />

dell'alba e del giorno i6, senza fiori, né rappresentanze, né discorsi. o “Sono venuta al mondo povera e senza<br />

pompa, e senza pompa voglio scendere nel sepolcro”»<br />

Triste mattina; fredda, umida, nebbiosa.<br />

Amici e autor<strong>it</strong>à, venuti da Busseto e da fuori, accompagnano la salma alla chiesa parrocchiale. Dopo i<br />

funebri di r<strong>it</strong>o, questa viene trasportata a Fiorenzuola d'Arda; di là, in ferrovia, sino a Milano e collocata


provvisoriamente nel Cim<strong>it</strong>ero Monumentale, in attesa di essere defin<strong>it</strong>ivamente tumulata nella Casa di<br />

riposo, quando sarà costru<strong>it</strong>a, per dormirvi un giorno vicino al suo Caro.<br />

Verdi, a Sant'Agata, è confortato dalla cugina Maria Carrara, e dalla figliuola di questa, Giuseppina,<br />

nonché dalla Stolz.<br />

Ricordi, Bo<strong>it</strong>o e altri lo esortano a trasferirsi a Milano, ma egli è indeciso. Bo<strong>it</strong>o si reca spesso a trovarlo,<br />

o gli scrive lettere teneramente devote, cui il Maestro si mostra sensibilissimo. Rispondendo ad una di<br />

queste, chiude con una frase oltremodo significativa: «Vi stringo con molto cuore la mano, e so di stringerla<br />

ad un brav'uomo, in tutta l'estensione del termine»<br />

Frase giusta, pienamente mer<strong>it</strong>ata. Arrigo Bo<strong>it</strong>o fu proprio come lo giudicò Verdi. Gran cuore e mente<br />

luminosa; prob<strong>it</strong>à nella v<strong>it</strong>a e nell'arte, sino allo scrupolo. E signoril<strong>it</strong>à s<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>a di modi e di sentimenti; e<br />

un tale affetto per il Maestro, che quando, a distanza di anni dalla morte di lui, aveva occasione di<br />

parlarne, si commoveva fino a doversi asciugare gli occhi per le lagrime che vi spuntavano.<br />

***<br />

Verdi ora cerca sollievo nell'assistenza della cugina e di alcuni amici fedelissimi. Da Milano, da Genova,<br />

da Sant'Agata, ov'egli via via si trasferisce, segue con interesse, pur senza potervi partecipare di persona<br />

a cagione della salute malferma, l'esecuzione de' suoi Pezzi Sacri, che ha luogo prima a Parigi, a cura di<br />

Bo<strong>it</strong>o, poi a Torino, e infine a Milano, alla Scala, sotto la direzione del Toscanini il 16 aprile del '99. Essi<br />

verranno poi esegu<strong>it</strong>i anche a Gloucestcr, Vienna, Londra, Berlino, Norwich, Monaco di Baviera,<br />

Amburgo...<br />

A questo punto vien fatto di chiedersi se Verdi fu credente convinto. Molto si è discusso sul sentimento<br />

religioso di Lui. L'indole di questo rapido profilo non ci consente un'indagine particolare in argomento<br />

così delicato, e tanto meno un atteggiamento polemico di fronte a coloro che misero in dubbio la sua<br />

fede, se pure non gliela negarono addir<strong>it</strong>tura.<br />

L'ordine che Verdi poneva nella pratica del vivere era una conseguenza dell'ordine morale della sua<br />

coscienza, che egli misurava sul metro di Dio, posto al gradino più alto della sua scala ideale.<br />

La sua fede traeva origine da un sentimento nativo, da educazione familiare e dall'ambiente paesano<br />

schiettamente religioso in cui visse i primi anni.<br />

E se è vero che a un certo momento della sua giovinezza -- quando, cioè, il destino parve accanirglisi<br />

contro, togliendogli in brevissimo tempo la moglie adorata e i due figlioletti, e seminando di triboli d'ogni<br />

specie la sua strada all'inizio -- la luce della sua fede parve subire un'eclissi, è anche vero che quella luce<br />

tornò gradatamente a brillare nel suo spir<strong>it</strong>o, come è dimostrato nella sua v<strong>it</strong>a privata dall'essersi egli<br />

adeguato ai precetti del Cristianesimo con atti di solidarietà umana e, nella sua v<strong>it</strong>a artistica, dall'aver<br />

composto opere nelle quali l'elemento religioso o penetrò, aprendovi come delle finestre sul cielo, o<br />

divenne germe essenziale di un'arte ispirata unicamente a final<strong>it</strong>à sacra.<br />

Come avrebbe egli, infatti, potuto, con quel suo temperamento schietto e immediato che gli faceva porre<br />

la sincer<strong>it</strong>à a cànone e base della propria estetica e dell'arte in genere, scrivere musica religiosa, se non ne<br />

avesse sent<strong>it</strong>a spontanea la ispirazione e quasi la necess<strong>it</strong>à imperiosa di tradurla in note? Come avrebbe<br />

potuto disseminare in molte delle sue opere orme ed accenti di pietà religiosa ed umana in cori, arie,<br />

preghiere, divenuti famosi, se non avesse avuta la fede e se non avesse sent<strong>it</strong>o possente il richiamo di Dio<br />

e della Vergine, secondo le circostanze e i casi delle azioni drammatiche?<br />

Chi non ricorda, ad esempio, nei Lombardi, come il fervore crociato, in armi per il Santo Sepolcro, spiri<br />

un'atmosfera di speranza celeste intorno all'infelice idillio di Giselda e di Oronte ? Chi non ricorda come<br />

nell'Attila l'ira barbarica si plachi nella pietà cristiana e Roma trionfi sullo straniero? Non ascolta forse<br />

Leonora nella triste vicenda delTrovatore — il coro del Miserere, l'invocazione misericorde per il suo<br />

Manrico mor<strong>it</strong>uro? E nel Don Carlos, dominando il tumulto di tutta una folla d'in<strong>qui</strong>s<strong>it</strong>ori fanatici, di<br />

eretici imploranti, di re furibondi, non si leva infine un coro di Angeli a invocare la pietà divina sui<br />

miseri che stanno per lasciare la terra?<br />

Molti altri esempi si potrebbero c<strong>it</strong>are di tali interpolazioni religiose nelle opere verdiane: come il coro<br />

famoso dei rom<strong>it</strong>i di Ornachuelos nellaForza del destino — implorante la protezione della Vergine degli<br />

Angeli sovra una povera fanciulla persegu<strong>it</strong>ata dal fratello a scopo di vendetta; e l'Ave Maria di<br />

Desdemona nell'Otello, così dolce è mesta e piena di grave presagio...<br />

Ma dove tale elemento domina assoluto, come fine a se stesso, si è nella musica propriamente sacra. A<br />

voler dire di questa, si deve convenire che nel comporla, più che non allo stile e ai cr<strong>it</strong>eri di una musica<br />

rigidamente l<strong>it</strong>urgica, egli seguì l'impulso creatore, abbandonandosi al libero volo dell'ispirazione: segno,<br />

codesto, che la sua religios<strong>it</strong>à, per esprimersi totalmente e sinceramente, aveva d'uopo d'una effusione<br />

lirica che sconfinasse dalle regole e dalle convenzioni stilistiche proprie del genere sacro.<br />

Verdi, insomma, fu artista nella pienezza del termine, e un artista Dio lo sente ad ogni istante della sua<br />

creazione o, almeno, in quegli istanti di essa in cui appaiono veramente il miracolo e la grazia, discesi in


lui per dono divino. Nel caso particolare, Dio rappresentò per Verdi la perfezione morale e spir<strong>it</strong>uale. In<br />

lui la religios<strong>it</strong>à fu libera evasione dello spir<strong>it</strong>o dagli interessi materiali e transeunti del mondo verso<br />

l'Assoluto disinteressato ed eterno, fu libero volo dell'anima verso l'Infin<strong>it</strong>o, fu avvicinamento a Dio,<br />

comunione trascendente con Dio.<br />

Già si e detto che, negli ultimi tempi della sua v<strong>it</strong>a, il glorioso compos<strong>it</strong>ore si era venuto riaccostando al<br />

Palestrina.<br />

Via via che gli anni passavano e l'esperienza della v<strong>it</strong>a lo ammaestrava intorno alla van<strong>it</strong>à dei beni<br />

terreni, compresa quella gloria a cui egli pure non era stato umanamente insensibile, Verdi si r<strong>it</strong>raeva<br />

sempre più nella sol<strong>it</strong>udine, e si abbandonava a studi e med<strong>it</strong>azioni che lo riportavano al clima spir<strong>it</strong>uale<br />

della sua lontana adolescenza.<br />

Il ricordo della pura fede di un tempo e de' suoi primi saggi di musica sacra composti per Busseto, lo<br />

sospingeva ad una lettura attenta e pensosa dei canti antichi della Chiesa cattolica, col propos<strong>it</strong>o di<br />

ricavarne temi d'ispirazione per grandi, ariose polifonie.<br />

Egli, insomma, si riavvicinava sempre più a Dio, e veniva preparando a se medesimo, con musiche alate,<br />

il tram<strong>it</strong>e ideale per cui il suo spir<strong>it</strong>o potesse, nella grande ora, salire, oltre i cieli, al suo Fine Supremo.<br />

La Messa da re<strong>qui</strong>em - già ricordata per la potenza tragica e impetuosa del Re<strong>qui</strong>em, per l'ansia<br />

smarr<strong>it</strong>a del Libera me, Domina, per la forza paurosa del Dies irae, per la sublimazione alata del Kyrie e<br />

infine per la elegiaca dolcezza dell'Ingemisco — resterà esempio stupendo non solo della versatil<strong>it</strong>à del<br />

genio verdiano ma altresì della sua fede.<br />

Ma sorvolando, per dovuti lim<strong>it</strong>i di misura, sulle altre composizioni sacre di Lui come le Laudi alla<br />

Vergine, loStabat Mater e ilTe Deum, che il Bo<strong>it</strong>o paragonò a «tre cupole del Correggio» destinate a<br />

rimanere nella storia, accennerò solo, a conclusione di questa breve rassegna, al Te Deum, che fu come il<br />

suggello della sua v<strong>it</strong>a di uomo e di artista, la sosta ultima del suo corso mortale per un atto di grazie.<br />

Era l'addio alla piccola terra prima del volo a l'illim<strong>it</strong>e spazio. Era il ringraziamento a Dio per il dono<br />

ineffabile dell'arte. Era la supplicazione misericorde, al pensiero della Morte: Dignare Domina die isto.<br />

Gli Angeli invisibili, con le loro ali, fugavano le nubi paurose addensate intorno alla sua grande fronte. E<br />

già i suoi occhi vedevano il Cielo.<br />

La fine<br />

Verdi passò gli ultimi suoi anni fra Sant'Agata, Genova e Milano, sempre confortato dall'assistenza filiale<br />

della cugina Maria Carrara-Verdi, e serv<strong>it</strong>o in devota fedeltà da una cameriera romagnola, Teresa<br />

Gentilini, da Tossignano. Riceveva poi vis<strong>it</strong>e frequenti di amici fidatissimi, primo fra i quali Arrigo<br />

Bo<strong>it</strong>o che davanti al Maestro, nel presentimento di una fine che non poteva tardare, cercava di<br />

nascondere l'intima pena sotto l'apparente sorriso del volto e nello scintillio di una conversazione<br />

piacevole e arguta.<br />

Verdi intanto affrettava la defin<strong>it</strong>iva sistemazione della Casa di riposo con il disbrigo di tutte le pratiche<br />

legali ad essa inerenti; infatti, nel dicembre del 1899 tutto era compiuto. Si apprestava così a suggellare<br />

con quel munifico atto di amore il libro della sua esistenza terrena.<br />

Schivo, come sempre, di onori, si opponeva garbatamente al propos<strong>it</strong>o del Ministro Baccelli di dare il suo<br />

nome al Conservatorio di Milano, e a quello di re Umberto (espressogli confidenzialmente dallo stesso<br />

Ministro) di conferirgli il Collare dell'Annunziata.<br />

Il suo fisico, purtroppo, andava affievolendosi, e anche il morale ne pativa. Pur quando era in<br />

compagnia di altri, si sentiva squallidamente solo. Non c'era più la sua Cara e tutto ormai gli sembrava<br />

deserto. Sol<strong>it</strong>udine angosciosa dello spir<strong>it</strong>o, che solo può trarre conforto dalla speranza di congiungersi al<br />

più presto nella luce di Dio con gli esseri amati quaggiù.<br />

Nel dicembre del 1900 era a Milano, nel sol<strong>it</strong>o albergo. Usciva di rado, perchè il freddo gli nuoceva. Passò<br />

le feste di Natale in compagnia della cugina, di Bo<strong>it</strong>o, della Stolz e della famiglia Ricordi.<br />

Ma la grande ora incalzava.<br />

Trascrivo <strong>qui</strong> le parole della buona, semplice cameriera che servì ed assistette il Maestro sino all'ultimo:<br />

umile testimonianza che io stesso raccolsi dalle sue labbra pochi anni prima che anch'ella morisse.<br />

«Era la mattina del 21... Alle dieci, vado, secondo l'ab<strong>it</strong>udine, in camera sua per aiutarlo a vestirsi.<br />

Egli era già seduto sul letto, e io, come sempre, gli faccio indossare la maglia. "Un bottone solo" mi dice. Fatto<br />

ciò, mi dispongo a infilargli la camicia, cominciando dal braccio destro che egli spinge in avanti, come per<br />

agevolarmi la cosa. Riesco a fargli introdurre nella manica anche il braccio sinistro. In quell'attimo viene<br />

colp<strong>it</strong>o da malore. Si abbandona rantolando sul letto. Chiamo la signora Maria che tosto accorre e pone dei<br />

cuscini sotto la testa del Maestro».<br />

«Purtroppo era colp<strong>it</strong>o senza rimedio. Tralascio tutto il resto: medici, vis<strong>it</strong>e, lacrime, voti, preghiere. Si passò<br />

così quasi una settimana, sino alle prime ore del 27. Negli ultimi istanti si trovavano presso il morente la<br />

cugina, tre medici, di cui ricordo solo il dottor Caporali, medico curante, e il prof. Tarocco: i fratelli Bo<strong>it</strong>o, i


Ricordi, la Stolz, il cameriere, e altri intimi. Ma d'uno specialmente non mi dimenticherò mai fino a che Dio<br />

mi darà v<strong>it</strong>a: di Demetrio Barezzi, vecchio, vecchio anche lui. Era il fratello superst<strong>it</strong>e di Margher<strong>it</strong>a, la<br />

prima moglie del Maestro. Lo crede? Quel poverino non lasciò mai il cognato, durante la lunghissima agonia.<br />

Gli s'accostava fin sul volto e respirava in un modo e con certi movimenti della bocca, che pareva volesse dargli<br />

il fiato e prolungargli la v<strong>it</strong>a. Oh, era una pietà!».<br />

I biografi del Maestro aggiungono che i familiari chiamarono Mons. Adalberto Catena, parroco di S.<br />

Fedele, perchè somministrasse l'Estrema Unzione al morente. Il Bellaigue, a questo propos<strong>it</strong>o, c<strong>it</strong>a nel<br />

suo libro la testimonianza preziosa di una gentildonna che aveva vegliato il Maestro durante i pochi<br />

giorni della sua malattia:<br />

«Egli aveva interamente perduta la conoscenza. Un solo istante egli parve comprendere il suo stato. Allorchè<br />

Mons. Catena, uno dei nostri più degni prelati, il medesimo che aveva chiusi gli occhi a Manzoni, gli offrì la<br />

mano, il grande moribondo gliela strinse, lo guardò sorridendo, poi chiuse i suoi begli occhi per non più aprirli<br />

qua giù. Mons. Catena crede che quell'intelligente sorriso avrà bastato per salvare quella grande anima».<br />

Ciò fu poi confermato dal sacerdote medesimo, cui Dio aveva concesso l'altissimo privilegio di confortare<br />

in extremis due fra i geni più luminosi del secolo XIX.<br />

***<br />

Verdi s'era spento alle ore 2,5o del 27 gennaio 1901. Semplicemente com'era vissuto volle essere sepolto.<br />

In un foglio da lui consegnato alla cugina, che doveva succedergli come erede universale, aveva scr<strong>it</strong>to:<br />

«Ordino che i miei funerali siano modestissimi e si facciano allo spuntar del giorno od all'Ave Maria di sera,<br />

senza canti e suoni. Basteranno due preti, due candele e una croce».<br />

Tale disposizione comprova la sua fede cattolica e il suo osse<strong>qui</strong>o ai r<strong>it</strong>i prescr<strong>it</strong>ti.<br />

Alle prime ore del 30 gennaio la salma, in mezzo al silenzio d'una folla immensa che si accalcava al<br />

passaggio, veniva trasportata al Cim<strong>it</strong>ero Monumentale e tumulata provvisoriamente accanto a quella di<br />

Giuseppina Strepponi; e il 6 febbraio con ese<strong>qui</strong>e solenni, venivano tutt'e due trasportate dal<br />

Monumentale alla Casa di riposo, compiendosi così il voto di quelle anime elette.<br />

***<br />

Riassumendo quanto si è scr<strong>it</strong>to nelle pagine precedenti, si può concludere che Giuseppe Verdi, per la sua<br />

natura e per la sua attiv<strong>it</strong>à prodigiosa, fu una delle figure più rappresentative della nostra gente in quel<br />

periodo dell'ottocento che fu eminentemente rivoluzionario e pieno di fato per la storia e per l'arte.<br />

Egli fu un grande Italiano prima ancora di essere un grande musico; esempio stupendo agli uomini di<br />

ogni tempo, per quella inscindibile armonia che della sua uman<strong>it</strong>à e della sua arte fece una cosa sola nel<br />

miracolo di un temperamento istintivo e pratico insieme e in una fusione perfetta delle sue molte virtù.<br />

L'uomo ebbe indole appassionata e romantica, pudicamente celata sotto una certa scontros<strong>it</strong>à selvatica,<br />

atta a preservarlo da lusinghe o abbandoni compromettenti.<br />

Generoso senza ostentazione, operava il bene per se stesso, in silenzio ed all'ombra, per non umiliare il<br />

beneficato; come quando per c<strong>it</strong>are uno dei tanti esempi della sua pudica pietà, — avendo visto a<br />

Busseto, di pieno inverno, alcuni uomini e molti bimbi che camminavano scalzi sulla neve, tanto se ne<br />

turbò da mandare un suo servo a Parma ad ac<strong>qui</strong>stare parecchie paia di scarpe di varia misura per<br />

quei disgraziati. Il servo obbedì e ficcò la merce alla rinfusa dentro un sacco. Al suo r<strong>it</strong>orno, il Maestro<br />

pazientemente si die' ad appaiarle legandole a coppie con uno spago; poi le rimise dentro il sacco e le<br />

consegnò al parroco di Busseto dicendo: « Le dia a coloro che sono scalzi, ma non si sappia che vengono da<br />

me»<br />

«Ah, le buone azioni fanno tanto bene!» scriveva poi alla contessa Giuseppina Negroni-Prato, per lodarne<br />

un gesto inteso a migliorare le condizioni economiche de' suoi dipendenti; lode che gli sgorgava schietta<br />

dal cuore, poiché era un fiore della sua esperta coscienza.<br />

Giusto con gli altri e severo con se stesso, riuscì a dominare le proprie passioni, serbandosi tuttavia fiero e<br />

dign<strong>it</strong>oso in ogni tempo e in ogni circostanza. Corretto nell'adempiere i propri obblighi, era altrettanto<br />

rigoroso nell'esigere dagli altri rispetto ai propri dir<strong>it</strong>ti. Uomo tutto di un pezzo; riflessivo, ma<br />

irremovibile quando avesse presa una decisione.<br />

Avveduto amministratore de' suoi interessi, sapeva tutelarli di fronte a chiunque — librettisti, ed<strong>it</strong>ori,<br />

impresari, secondo giustizia.<br />

Innamorato della terra nel senso più alto della parola, ne sentì e ne visse la poesia eterna, e seppe<br />

scorgere, dietro le ragioni util<strong>it</strong>arie del prodotto, l'insegnamento perenne della san<strong>it</strong>à materiale e morale<br />

nella semplic<strong>it</strong>à del costume.<br />

Considerò la v<strong>it</strong>a come una milizia da servire per il bene comune della solidarietà umana; e dopo<br />

l'uman<strong>it</strong>à, amò la Patria con passione ardentissima, offrendo ad essa quanto poteva per alleviarne coi<br />

mezzi materiali le sofferenze, per esaltarne, con l'arte, le fedi e le glorie. Egli scriveva in musica la nuova


storia d'Italia, e la portava in fiera ambasceria di <strong>it</strong>alian<strong>it</strong>à anche fra popoli stranieri, richiamando sulla<br />

nostra buona causa l'interesse e la simpatia di quasi tutta l'Europa.<br />

Compiutasi l'un<strong>it</strong>à nazionale, Verdi premiò il sacrificio degli Italiani porgendo loro il godimento<br />

ineffabile di sempre più nuove e spir<strong>it</strong>uali armonie.<br />

L'artista rispecchiò fedelmente l'uomo. La sincer<strong>it</strong>à che egli soleva porre in ogni suo atto o rapporto<br />

sociale, — una sincer<strong>it</strong>à dapprima impetuosa, e poscia, col tempo, più controllata, ma sempre schietta —<br />

appare anche nell'arte sua; sicchè questa può dirsi la confessione di lui stesso e il racconto della sua v<strong>it</strong>a.<br />

Le sue opere ci parlano sempre di lui, c<strong>it</strong>tadino amante sposo padre. Nella sua musica c'è lo s<strong>qui</strong>llo<br />

eroico, il frem<strong>it</strong>o della passione, la dolcezza dell'idillio, l’elegia del dolore, il riso della beffa. L'arte sua<br />

ebbe il volto della sua anima non solo, ma anche quello dell'uman<strong>it</strong>à, di cui si rese interprete universale.<br />

Onde bene cantò di lui il D'Annunzio: «Pianse ed amò per tutti».<br />

Quando un popolo ha la fortuna di possedere nomi simili da venerare e simili esempi da seguire, non<br />

potrà mai dub<strong>it</strong>are de' propri destini, anche se la sventura si abbatta sulle sue case. La storia della sua<br />

grandezza non perirà.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!