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di Letizia Chilelli - Campo de'fiori

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Per sfuggire alla noia il Marchese Onofrio<br />

del Grillo, quasi sempre seguito dal fedele<br />

Ricciotto, si mescola spesso al popolo, frequentando<br />

bettole ed osterie e, proprio al<br />

termine <strong>di</strong> una <strong>di</strong> queste stravaganti serate,<br />

trova un ubriaco, certo Gasperino, carbonaro<br />

<strong>di</strong> professione, un suo sosia; tutto<br />

ciò non sembra vero al Marchese Onofrio<br />

che, detto fatto, lo raccoglie, lo trasporta a<br />

casa, lo fa lavare e profumare e, quin<strong>di</strong>,<br />

mette su una geniale farsa, tanto da far<br />

passare il malcapitato Gasperino per il<br />

Marchese del Grillo anche agli occhi dei<br />

suoi stessi parenti che non si accorgono<br />

della sostituzione, mentre Gasperino si<br />

adatta benissimo al personaggio.<br />

Siamo in piena occupazione francese e<br />

allorquando il Papa viene privato del potere<br />

temporale, il Marchese Onofrio del Grillo<br />

decide <strong>di</strong> lasciare Roma per raggiungere<br />

Parigi, ma durante il viaggio viene a conoscenza<br />

della caduta <strong>di</strong> Napoleone quin<strong>di</strong><br />

decide <strong>di</strong> fare ritorno, ma ecco la sorpresa,<br />

il Papa lo ha condannato a morte per<br />

<strong>di</strong>serzione e tra<strong>di</strong>mento avendo egli<br />

abbandonato il posto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Al suo<br />

posto viene arrestato il povero Gasperino<br />

che, ancora una volta, felice per essere<br />

stato scambiato per il Marchese del Grillo,<br />

ubriaco fra<strong>di</strong>cio si avvia verso il patibolo;<br />

“… la sera, dopo er lavoro, vado sempre<br />

all’osteria a famme un goccetto, ma finisce<br />

che invece <strong>di</strong> quarche bicchiere me ne<br />

bevo na botte; è allora comincio a volare e<br />

volo sempre più in arto e, dall’arto, vi vedo<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori 19<br />

tutti piccoli, piccoli e vi piscio a tutti in<br />

testa…”. Il Marchese Onofrio, intanto,<br />

mescolato tra la folla, si trova ad assistere<br />

ai preliminari dell’esecuzione, non riesce a<br />

darsi pace all’idea che un innocente possa<br />

morire al suo posto, ma proprio quando<br />

decide <strong>di</strong> intervenire in favore del carbonaio<br />

l’esecuzione viene sospesa poiché si<br />

apprende che il Papa ha concesso la grazia.<br />

Questa la reazione del Pontefice che aveva<br />

voluto rispondere con uno scherzo a colui<br />

che dello scherzo ad ogni costo ne aveva<br />

fatto un’arte.<br />

Al medesimo tempo e nella medesima<br />

piazza, però, il Marchese Onofrio deve<br />

assistere alla esecuzione, questa volta<br />

vera, del caro Don Bastiano catturato dalle<br />

truppe pontificie ed è in questo frangente<br />

che il regista Mario Monicelli, complice la<br />

straor<strong>di</strong>naria bravura <strong>di</strong> Flavio Bucci, confeziona<br />

una delle pagine più <strong>di</strong>vertenti ed<br />

allo stesso tempo più patetiche dell’intera<br />

trasposizione cinematografica. Don<br />

Bastiano, prima <strong>di</strong> essere giustiziato, interrompe<br />

i preparativi del boia, prende la<br />

parola dal patibolo e, rivolgendosi ai romani,<br />

comunica che egli, nel momento in cui<br />

affronta la morte, vuole perdonare tutti:<br />

“…perdono il Papa che si crede il padrone<br />

dei cieli; perdono Napolione che si crede il<br />

padrone della terra; perdono il Boia che si<br />

crede il padrone della morte; ma soprattutto<br />

perdono voi tutti, figli miei, perchè<br />

non siete padroni <strong>di</strong> un c…”. In questa<br />

Roma Papalina, seriosa e bigotta il<br />

Marchese Onofrio del Grillo, il cui motto è:<br />

“Il grillo del Marchese sempre zompa, chi<br />

zompa allegramente bene campa”, proprio<br />

non si rassegna alla vita lugubre della sua<br />

casta e, così, consuma la sua esistenza in<br />

mezzo agli scherzi ed alle avventure senza<br />

risparmiare nessuno, nemmeno il Papa<br />

rischiando, come si è visto, persino la<br />

testa.<br />

Naturalmente i privilegiati sono sempre li<br />

giudei anche per il loro spiccato senso<br />

degli affari ed è su tale aspetto che il<br />

Marchese Onofrio molto spesso riesce a far<br />

leva, come nell’occasione in cui riesce a<br />

raggirare un ricco mercante ebreo facendogli<br />

credere che in una grotta abbandonata<br />

situata in uno dei suoi posse<strong>di</strong>menti<br />

sono stati rinvenuti alcuni grossi forzieri<br />

molto antichi pieni, integri e ancora sigillati.<br />

Si rende necessario, però, fissare il prezzo<br />

<strong>di</strong> acquisto che lo stesso Marchese fissa in<br />

un baiocco per ogni oggetto contenuto<br />

dentro i forzieri; il mercante ebreo accetta<br />

senza indugio alcuno la proposta, non<br />

solo, ma vuole garantirsi con un patto<br />

scritto che rappresenta la sua rovina, infatti,<br />

aperti i forieri, questi sono ricolmi <strong>di</strong><br />

spille; il mercante dove pagare una somma<br />

enorme anche se il Marchese la riduce<br />

notevolmente.<br />

Il Marchese Onofrio del Grillo ama si<br />

mischiarsi al popolo ma, allorquando le circostanze<br />

lo impongono, non <strong>di</strong>sdegna <strong>di</strong><br />

avvalersi della sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> nobile e<br />

dei privilegi che questa comporta come<br />

quando, allontanandosi dall’Osteria dove<br />

si trova camuffato da popolano, in compagnia<br />

del fido servitore Ricciotto, fattosi<br />

riconoscere dalle guar<strong>di</strong>e e dal Bargello,<br />

costì intervenuti per sedare una lite, rivolto<br />

agli altri avventori che vengono regolarm<br />

e n t e<br />

arrestati,<br />

così li conforta:<br />

“scusatemi<br />

tanto, ma<br />

io so io e<br />

voialtri<br />

non siete<br />

un c…”.

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