I Malavoglia - Letteratura Italiana

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02.06.2013 Views

Giovanni Verga - I Malavoglia stavano accatastando i suoi sarmenti: Io non so altro che devo esser pagato. Finalmente, per intromissione del vicario, Campana di legno si contentò di aspettare a Natale ad esser pagato, prendendosi per frutti quelle settantacinque lire che Maruzza aveva raccolto soldo a soldo in fondo alla calza nascosta sotto il materasso. – Ecco com’è la cosa! borbottava ‘Ntoni di padron ‘Ntoni; lavoriamo notte e giorno per lo zio Crocifisso. Quando abbiamo messo insieme una lira, se la prende Campana di legno. Il nonno, colla Maruzza, si consolavano a far castelli in aria per l’estate, quando ci sarebbero state le acciughe da salare, e i fichidindia a dieci un grano, e facevano dei grandi progetti d’andare alla tonnara, e per la pesca del pesce spada, dove si buscava una buona giornata, e intanto mastro Turi avrebbe messo in ordine la Provvidenza. I ragazzi stavano attenti, col mento in mano, a quei discorsi che si facevano sul ballatoio, o dopo cena; ma ‘Ntoni che veniva da lontano, e il mondo lo conosceva meglio degli altri, si annoiava a sentir quelle chiacchiere, e preferiva andarsene a girandolare attorno all’osteria, dove c’era tanta gente che non faceva nulla, e anche lo zio Santoro, il quale era il peggio che ci potesse essere, faceva quel mestiere leggiero di stendere la mano a chi passava, e biascicare avemarie; o se ne andava da compare Zuppiddu, col pretesto di vedere a che stato fosse la Provvidenza, per far quattro chiacchiere con Barbara, la quale veniva a metter frasche sotto il calderotto della pece, quando c’era compare ‘Ntoni. – Voi siete sempre in faccende, comare Barbara, le diceva ‘Ntoni, e siete il braccio destro della casa; per questo vostro padre non vi vuol maritare. – Non mi vuol maritare con quelli che non fanno per me, – rispondeva Barbara, «pari con pari e statti coi tuoi». Letteratura italiana Einaudi 65

Giovanni Verga - I Malavoglia – Io ci starei anch’io coi vostri, per la madonna! se voleste voi, comare Barbara… – Che discorsi mi fate, compare ‘Ntoni. La mamma è a filare nel cortile, e sta a sentirci. – Dicevo per quelle frasche che son verdi, e non vogliono accendere. Lasciate fare a me. – Che è vero che venite qui per vedere la Mangiacarrubbe, quando si affaccia alla finestra? – Io ci vengo qui per tutt’altro, comare Barbara. Ci vengo per vedere a che stato è la Provvidenza. – È a buon stato, e il babbo ha detto che per la vigilia di Natale la metterete in mare. Come s’avvicinava la novena di Natale i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche e d’arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci. Solo in casa dei Malavoglia la statua del Buon Pastore rimaneva all’oscuro, mentre ‘Ntoni di padron ‘Ntoni correva a fare il gallo di qua e di là, e Barbara Zuppidda gli diceva: – Almeno ci penserete che ho squagliata la pece per la Provvidenza, quando sarete in mare? Piedipapera predicava che tutte le ragazze se lo rubavano. – Chi è rubato son io! piagnucolava lo zio Crocifisso. Voglio un po’ vedere d’onde prenderanno i denari dei lupini, se ‘Ntoni si marita, e se devono anche dare la dote alla Mena, col censo che hanno sulla casa, e tutti quegli imbrogli dell’ipoteca che son saltati fuori all’ultimo. Il Natale eccolo qua, ma i Malavoglia ancora non li ho visti. Padron ‘Ntoni tornava a cercarlo in piazza, o sotto la tettoia, e gli diceva: – Cosa volete che si faccia se non ho denari? Spremete il sasso per cavarne sangue! Aspetta- Letteratura italiana Einaudi 66

Giovanni Verga - I <strong>Malavoglia</strong><br />

stavano accatastando i suoi sarmenti: Io non so altro che<br />

devo esser pagato.<br />

Finalmente, per intromissione del vicario, Campana<br />

di legno si contentò di aspettare a Natale ad esser pagato,<br />

prendendosi per frutti quelle settantacinque lire che<br />

Maruzza aveva raccolto soldo a soldo in fondo alla calza<br />

nascosta sotto il materasso.<br />

– Ecco com’è la cosa! borbottava ‘Ntoni di padron<br />

‘Ntoni; lavoriamo notte e giorno per lo zio Crocifisso.<br />

Quando abbiamo messo insieme una lira, se la prende<br />

Campana di legno.<br />

Il nonno, colla Maruzza, si consolavano a far castelli<br />

in aria per l’estate, quando ci sarebbero state le acciughe<br />

da salare, e i fichidindia a dieci un grano, e facevano dei<br />

grandi progetti d’andare alla tonnara, e per la pesca del<br />

pesce spada, dove si buscava una buona giornata, e intanto<br />

mastro Turi avrebbe messo in ordine la Provvidenza.<br />

I ragazzi stavano attenti, col mento in mano, a quei<br />

discorsi che si facevano sul ballatoio, o dopo cena; ma<br />

‘Ntoni che veniva da lontano, e il mondo lo conosceva<br />

meglio degli altri, si annoiava a sentir quelle chiacchiere,<br />

e preferiva andarsene a girandolare attorno all’osteria,<br />

dove c’era tanta gente che non faceva nulla, e anche lo<br />

zio Santoro, il quale era il peggio che ci potesse essere,<br />

faceva quel mestiere leggiero di stendere la mano a chi<br />

passava, e biascicare avemarie; o se ne andava da compare<br />

Zuppiddu, col pretesto di vedere a che stato fosse<br />

la Provvidenza, per far quattro chiacchiere con Barbara,<br />

la quale veniva a metter frasche sotto il calderotto della<br />

pece, quando c’era compare ‘Ntoni.<br />

– Voi siete sempre in faccende, comare Barbara, le diceva<br />

‘Ntoni, e siete il braccio destro della casa; per questo<br />

vostro padre non vi vuol maritare.<br />

– Non mi vuol maritare con quelli che non fanno per<br />

me, – rispondeva Barbara, «pari con pari e statti coi<br />

tuoi».<br />

<strong>Letteratura</strong> italiana Einaudi<br />

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