I Malavoglia - Letteratura Italiana
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Giovanni Verga - I Malavoglia – A me l’ha detto lo zio Crocifisso; rispose la Vespa. Io non ne dico bugie! – Bugie! bugie! borbottò lo zio Crocifisso. Io non voglio dannarmi l’anima per coloro! L’ho sentito dire con queste orecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotale, e che sulla casa c’è il censo di cinque tarì all’anno. – Si vedrà! si vedrà! un giorno o l’altro si vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie, – seguitava la Vespa, dondolandosi appoggiata allo stipite, colle mani dietro la schiena, e intanto lo guardava cogli occhi ladri. – Voi altri uomini siete tutti di una pasta, e non c’è da fidarsi. Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentiva, e invece di abboccar l’esca seguitò a saltar di palo in frasca, e a parlare dei Malavoglia che badavano a maritarsi, ma a quel discorso delle quarant’onze non ci pensavano neppure. – Eh! saltò su infine la Vespa, perdendo la pazienza, se dassero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più nessuno! – A me non me ne importa che si maritino. Io voglio la roba mia. Ma del resto non me ne importa. – Se non ve ne importa a voi, c’è a chi gliene importa! sentite? Che non tutti pensano come voi, a rimandare le cose da oggi a domani! – E tu che fretta hai? – Pur troppo. Voi ci avete tempo, voi; ma se credete che gli altri vogliano far venire gli anni di San Giuseppe per maritarsi!… – L’annata è scarsa, diceva Campana di legno, e non è tempo di pensare a queste cose. La Vespa allora si appuntellò le mani sui fianchi, e sfoderò la lingua come un pungiglione. – Ora sentite, che questa voglio dirvela! Alla fin fine la mia roba ce l’ho, e grazie a Dio non sono in istato di dover mendicare un marito. O che credete? E se non fosse che mi avevate messo quella pulce nell’orecchio, Letteratura italiana Einaudi 49
Giovanni Verga - I Malavoglia colle vostre lusinghe, ne avrei trovato cento di mariti, e Vanni Pizzuto, e Alfio Mosca, e il cugino Cola, che mi stava cucito alla gonnella, prima di andar soldato, e non mi lasciava legare una calza. Tutti che friggevano d’impazienza, e non mi avrebbero menato tanto tempo pel naso, da Pasqua a Natale, come avete fatto voi! Lo zio Crocifisso stavolta si mise la mano dietro l’orecchio, per sentirci, e cominciò a lisciarla con buone parole. – Sì, lo so che sei una ragazza di giudizio, per questo ti voglio bene, e non sono come quelli che ti corrono dietro per acchiapparti la chiusa, che poi se la mangerebbero all’osteria della Santuzza. – Non è vero che mi volete bene, seguitava ella, respingendolo a gomitate, se fosse vero lo sapreste quel che dovete fare, e lo vedreste che non ci ho altro per il capo. Ella gli voltava le spalle corrucciata, e senza avvedersene andava stuzzicandolo coll’omero. – Ma di me a voi non ve ne importa! Lo zio si offese di quel sospetto ingiurioso. – Questo lo dici per farmi far peccato! cominciò a lamentarsi. Non gliene importava del sangue suo? perché infine ella era sangue suo, come la chiusa, che era stata sempre della famiglia, e ci sarebbe rimasta, se suo fratello, buon’anima non avesse pensato a maritarsi e a mettere al mondo la Vespa; e perciò ei l’aveva tenuta come la pupilla degli occhi suoi, e pensava sempre al suo bene. – Senti, le disse, ho pensato di darti il debito dei Malavoglia, in cambio della chiusa che sono quarant’onze, e colle spese e i frutti potrebbero arrivare a cinquanta, e c’è da papparsi la casa del nespolo, che per te ti giova meglio della chiusa. – La casa del nespolo tenetevela voi! saltò su la Vespa. Io mi tengo la mia chiusa, e so io cosa devo farne! Allora lo zio Crocifisso montò in bestia anche lui, e le disse che lo sapeva cosa voleva farne, che voleva farsela Letteratura italiana Einaudi 50
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Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentiva, e invece di<br />
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– Eh! saltò su infine la Vespa, perdendo la pazienza,<br />
se dassero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più<br />
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– A me non me ne importa che si maritino. Io voglio<br />
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sentite? Che non tutti pensano come voi, a rimandare le<br />
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– Pur troppo. Voi ci avete tempo, voi; ma se credete<br />
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La Vespa allora si appuntellò le mani sui fianchi, e<br />
sfoderò la lingua come un pungiglione.<br />
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