I Malavoglia - Letteratura Italiana
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Giovanni Verga - I Malavoglia Massaro Filippo allora si faceva la bocca amara dalla collera, e andava a pregare don Michele come un santo, nel posto delle guardie, o nella bottega di Pizzuto, perché la finisse quella lite con la Santuzza, dopo che erano stati amici! ed ora avrebbero fatto chiacchierare la gente, – e lo abbracciava e lo tirava per la manica. Ma don Michele appuntava i piedi in terra come un mulo, e diceva di no. E chi era là presente, a godersi la scena, osservava che massaro Filippo faceva una bella figura com’è vero Dio! – Massaro Filippo ha bisogno d’aiuto, diceva Pizzuto. Non lo vedete? Quella Santuzza si mangerebbe anche il Crocifisso! La Santuzza allora un bel giorno si mise la mantellina e andò a confessarsi, sebbene fosse lunedì, e l’osteria fosse piena di gente. La Santuzza andava a confessarsi ogni domenica, e ci stava un’ora col naso alla graticola del confessionario, a risciacquarsi la coscienza, che amava tenerla pulita meglio dei suoi bicchieri. Ma quella volta donna Rosolina, che era gelosa di suo fratello il vicario, e si confessava spesso anche lei per tenerci gli occhi addosso, restò colla bocca aperta, là dov’era ad aspettare ginocchioni, che la Santuzza ci avesse tanta roba nello stomaco, e osservò che suo fratello vicario si soffiò il naso più di cinque volte. – Cosa aveva oggi Santuzza che non finiva più? domandò perciò a don Giammaria quando furono a tavola. – Niente, niente, – rispondeva suo fratello stendendo la mano verso il piatto. Ma ella che gli conosceva il debole lasciava il coperchio sulla zuppiera e lo tormentava a furia di domande, sicché infine il poveretto dovette dire che c’era il sigillo della confessione, e sinché fu a tavola rimase col naso sul piatto, e ingozzava i maccheroni come se non avesse visto grazia di Dio da due giorni, tanto che gli andarono in veleno, e borbottava fra di sé perché non lo lasciavano mai quieto. Dopo pranzo prese Letteratura italiana Einaudi 155
Giovanni Verga - I Malavoglia il cappello e il ferraiuolo, e andò a fare una visita alla Zuppidda. – Ci dev’essere sotto qualche cosa! borbottava dal canto suo donna Rosolina. Ci dev’essere qualche sudiceria fra suor Mariangela e la Zuppidda, sotto il sigillo della confessione. E si mise alla finestra per vedere quanto ci stava suo fratello, nella casa di comare Venera. La Zuppidda saltò su tutte le furie all’udire quello che le mandava a dire suor Mariangela con don Giammaria, e si mise sul ballatoio a gridare che lei non ne voleva roba degli altri, aprisse bene le orecchie la Santuzza! che se vedeva passare don Michele per la sua strada voleva cavargli gli occhi con la conocchia che teneva in mano, in barba alla pistola che portava sulla pancia, giacché ella non aveva paura né delle pistole né di nessuno, e sua figlia non l’avrebbe data a uno che si mangiava il pane del re e faceva lo sbirro, ed era nel peccato mortale colla Santuzza per giunta, glielo aveva detto don Giammaria sotto sigillo di confessione, ma ella se lo teneva nelle ciabatte, il sigillo della confessione, quando ci andava di mezzo la sua Barbara, – e ne disse tanti e tanti degli improperi, che la Longa e la cugina Anna dovettero chiudere la porta perché non udissero le ragazze; e mastro Turi suo marito, onde non restare indietro, sbraitava anche lui: – Se mi toccano la coda mi fanno fare qualche sproposito, benedetto Dio! Io non ho paura di don Michele, e di massaro Filippo, e di tutta la ciurma della Santuzza! – State zitto! gli dava sulla voce comare Venera; non avete inteso che massaro Filippo non c’entra più colla Santuzza? Gli altri invece continuavano a dire che la Santuzza ci aveva massaro Filippo per aiutarla a dire le orazioni, l’aveva visto Piedipapera. – Bravo! Massaro Filippo ha bisogno d’aiuto anche lui! ripeteva Pizzuto. Non l’avete visto che è venuto a pregare e strapregare don Michele per aiutarlo? Letteratura italiana Einaudi 156
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– e lo abbracciava e lo tirava per la manica. Ma don<br />
Michele appuntava i piedi in terra come un mulo, e diceva<br />
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diceva Pizzuto. Non lo vedete? Quella Santuzza si mangerebbe<br />
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La Santuzza allora un bel giorno si mise la mantellina<br />
e andò a confessarsi, sebbene fosse lunedì, e l’osteria<br />
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ogni domenica, e ci stava un’ora col naso alla graticola<br />
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tenerla pulita meglio dei suoi bicchieri. Ma quella<br />
volta donna Rosolina, che era gelosa di suo fratello il vicario,<br />
e si confessava spesso anche lei per tenerci gli occhi<br />
addosso, restò colla bocca aperta, là dov’era ad<br />
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– Cosa aveva oggi Santuzza che non finiva più? domandò<br />
perciò a don Giammaria quando furono a tavola.<br />
– Niente, niente, – rispondeva suo fratello stendendo<br />
la mano verso il piatto. Ma ella che gli conosceva il debole<br />
lasciava il coperchio sulla zuppiera e lo tormentava<br />
a furia di domande, sicché infine il poveretto dovette dire<br />
che c’era il sigillo della confessione, e sinché fu a tavola<br />
rimase col naso sul piatto, e ingozzava i maccheroni<br />
come se non avesse visto grazia di Dio da due giorni,<br />
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