I Malavoglia - Letteratura Italiana

I Malavoglia - Letteratura Italiana I Malavoglia - Letteratura Italiana

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02.06.2013 Views

Giovanni Verga - I Malavoglia – Voi tacete, ché non sapete nulla; gli gridava la moglie. I pasticci non mi piacciono! Andate a lavorare che non sono affari vostri – e lo mandava fuori dell’uscio colle braccia penzoloni e quella malabestia di dieci rotoli in mano. Barbara, seduta sul parapetto del terrazzo, a strappare le foglioline secche dei garofani, colla bocca stretta anche lei, faceva cascare nel discorso che «maritati e muli vogliono star soli» e che «fra suocera e nuora ci si sta in malora». – Quando Mena si sarà maritata, rispondeva ‘Ntoni, il nonno ci darà la camera di sopra. – Io non ci sono avvezza a star nella camera di sopra, come i colombi! tagliava corto la Barbara; tanto che suo padre, ch’era suo padre! diceva a ‘Ntoni, guardandosi attorno, mentre se ne andavano per la straduccia: – Verrà tutta sua madre, la Barbara; pensa a non farti mettere il basto da principio, se no ti succede come a me. Però comare Venera aveva dichiarato: – Prima che mia figlia vada a dormire nella stanza dei colombi bisogna sapere a chi resta la casa, e voglio stare a vedere dove finisce questo affare dei lupini. Andava a finire che Piedipapera stavolta voleva essere pagato, santo diavolone! San Giovanni era arrivato, e i Malavoglia tornavano a parlare di dare degli acconti, perché non avevano tutti i denari, e speravano di raggranellare la somma alla raccolta delle ulive. Lui se l’era levati di bocca quei soldi, e non aveva pane da mangiare, com’è vero Dio! non poteva campare di vento sino alla raccolta delle ulive. – A me mi dispiace, padron ‘Ntoni; gli aveva detto: ma che volete? Bisogna che pensi ai miei interessi. San Giuseppe prima fece la sua barba e poi quella di tutti gli altri. – Presto compie l’anno! aggiungeva lo zio Crocifisso, quand’era solo a brontolare con compare Tino – e non Letteratura italiana Einaudi 125

Giovanni Verga - I Malavoglia si è visto un grano d’interessi – quelle duecento lire basteranno appena per le spese. Vedrete che al tempo delle ulive vi diranno di aspettarli sino a Natale, e poi sino a Pasqua. Così vanno in rovina le case. Ma io la roba mia l’ho fatta col sudore della fronte. Adesso uno è in paradiso, l’altro vuole la Zuppidda; non possono menare innanzi quella barca rotta, e cercano di maritare la ragazza. Costoro non pensano ad altro che a maritarsi; hanno la rabbia, come mia nipote la Vespa. Adesso che Mena si marita, vedrete che compare Mosca torna qui, per chiapparsi la chiusa della Vespa. In conclusione se la prendevano coll’avvocato, il quale non finiva mai di scrivere le sue carte prima di mandare l’usciere. – Ci sarà stato padron ‘Ntoni a dirgli di andare adagio; soggiungeva Piedipapera; con un rotolo di pesce se ne comprano dieci di avvocati. Stavolta egli l’aveva rotta sul serio coi Malavoglia, perché la Zuppidda era andata a togliere la roba di comare Grazia dalla sponda del lavatoio, e ci aveva messa la sua: di quelle soperchierie che fanno montare la mosca al naso; la Zuppidda si fidava perché le dava di spalla quel cetriolo di ‘Ntoni Malavoglia, il quale faceva il bravaccio. Una manica di carogne, quei Malavoglia, e non voleva vederli più nel battesimo porco che quell’altro porco di don Giammaria gli aveva messo in fronte. Le carte bollate allora cominciarono a piovere, e Piedipapera diceva che l’avvocato non doveva esser rimasto contento del regalo di padron ‘Ntoni per lasciarsi comprare, e questo provava che razza di stitici essi fossero; se ci era da fidarsi quando promettevano che avrebbero pagato. Padron ‘Ntoni tornò a correre dal segretario e dall’avvocato Scipioni; ma questi gli rideva sul naso, e gli diceva che «chi è minchione se ne sta a casa», che non doveva lasciarvi mettere la mano alla nuora, e poiché aveva fatto il pasticcio se lo mangiasse. «Guai a chi casca per chiamare aiuto!». Letteratura italiana Einaudi 126

Giovanni Verga - I <strong>Malavoglia</strong><br />

– Voi tacete, ché non sapete nulla; gli gridava la moglie.<br />

I pasticci non mi piacciono! Andate a lavorare che<br />

non sono affari vostri – e lo mandava fuori dell’uscio<br />

colle braccia penzoloni e quella malabestia di dieci rotoli<br />

in mano.<br />

Barbara, seduta sul parapetto del terrazzo, a strappare<br />

le foglioline secche dei garofani, colla bocca stretta<br />

anche lei, faceva cascare nel discorso che «maritati e<br />

muli vogliono star soli» e che «fra suocera e nuora ci si<br />

sta in malora».<br />

– Quando Mena si sarà maritata, rispondeva ‘Ntoni, il<br />

nonno ci darà la camera di sopra.<br />

– Io non ci sono avvezza a star nella camera di sopra,<br />

come i colombi! tagliava corto la Barbara; tanto che suo<br />

padre, ch’era suo padre! diceva a ‘Ntoni, guardandosi<br />

attorno, mentre se ne andavano per la straduccia: –<br />

Verrà tutta sua madre, la Barbara; pensa a non farti mettere<br />

il basto da principio, se no ti succede come a me.<br />

Però comare Venera aveva dichiarato: – Prima che<br />

mia figlia vada a dormire nella stanza dei colombi bisogna<br />

sapere a chi resta la casa, e voglio stare a vedere dove<br />

finisce questo affare dei lupini.<br />

Andava a finire che Piedipapera stavolta voleva essere<br />

pagato, santo diavolone! San Giovanni era arrivato, e i<br />

<strong>Malavoglia</strong> tornavano a parlare di dare degli acconti,<br />

perché non avevano tutti i denari, e speravano di raggranellare<br />

la somma alla raccolta delle ulive. Lui se l’era levati<br />

di bocca quei soldi, e non aveva pane da mangiare,<br />

com’è vero Dio! non poteva campare di vento sino alla<br />

raccolta delle ulive.<br />

– A me mi dispiace, padron ‘Ntoni; gli aveva detto:<br />

ma che volete? Bisogna che pensi ai miei interessi. San<br />

Giuseppe prima fece la sua barba e poi quella di tutti gli<br />

altri.<br />

– Presto compie l’anno! aggiungeva lo zio Crocifisso,<br />

quand’era solo a brontolare con compare Tino – e non<br />

<strong>Letteratura</strong> italiana Einaudi<br />

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