I Malavoglia - Letteratura Italiana

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02.06.2013 Views

Giovanni Verga - I Malavoglia roba mia, che l’ho fatta col sangue mio come il sangue di Gesù Cristo che c’è nel calice della messa, e par roba rubata, che tutti fanno a chi piglia piglia, compare Alfio, la Vespa e i Malavoglia. Ora incomincio la lite e mi piglio la casa. – Voi siete il padrone. Se dite di far la lite la faccio subito. – Ancora no. Aspettiamo a Pasqua; «l’uomo per la parola e il bue per le corna»; ma voglio esser pagato sino all’ultimo centesimo, e non darò più retta a nessuno per accordare dilazioni. La Pasqua infatti era vicina. Le colline erano tornate a vestirsi di verde, e i fichidindia erano di nuovo in fiore. Le ragazze avevano seminato il basilico alla finestra, e ci si venivano a posare le farfalle bianche; fin le povere ginestre della sciara avevano il loro fiorellino pallido. La mattina, sui tetti, fumavano le tegole verdi e gialle, e i passeri vi facevano gazzarra sino al tramonto. Anche la casa del nespolo sembrava avesse un’aria di festa; il cortile era spazzato, gli arnesi in bell’ordine lungo il muricciuolo e appesi ai piuoli, l’orto tutto verde di cavoli e di lattughe, e la camera aperta e piena di sole che sembrava contenta anch’essa, e ogni cosa diceva che la Pasqua si avvicinava. I vecchi si mettevano sull’uscio verso mezzogiorno, e le ragazze cantavano al lavatoio. I carri tornavano a passare nella notte, e la sera si udiva un’altra volta il brusio della gente che chiacchierava nella stradicciuola. – Comare Mena la fanno sposa, si diceva. Sua madre ha tutta la roba del corredo per le mani. Era passato del tempo, e il tempo si porta via le cose brutte come le cose buone. Adesso comare Maruzza era tutta in faccende a tagliare e cucire della roba, e Mena non domandava nemmeno per chi servisse; e una sera le avevano condotto in casa Brasi Cipolla, con padron Fortunato suo padre, e tutto il parentado. – Qui ci è compa- Letteratura italiana Einaudi 107

Giovanni Verga - I Malavoglia re Cipolla che è venuto a farvi una visita; disse padron ‘Ntoni, facendoli entrare, come se nessuno ne sapesse niente, mentre nella cucina c’era preparato il vino ed i ceci abbrustoliti, e i ragazzi e le donne avevano i vestiti della festa. Mena sembrava davvero Sant’Agata, con quella veste nuova e quel fazzoletto nero in testa, talché Brasi non le levava gli occhi d’addosso, come il basilisco, e stava appollaiato sulla scranna, colle mani fra le gambe, che se le fregava di tanto in tanto di nascosto dalla contentezza. – È venuto con suo figlio Brasi, il quale adesso si è fatto grande – seguitava padron ‘Ntoni. – Sicuro, i ragazzi crescono, e ci spingono per le spalle nella fossa, rispose padron Fortunato. – Ora bevete un bicchier di vino che è di quello buono, aggiunse la Longa, e questi ceci qui li ha abbrustoliti mia figlia. Mi dispiace che non sapevo niente, e non vi ho fatto trovare cose degne del vostro merito. – Eravamo qui vicino di passaggio, rispose padron Cipolla, ed abbiamo detto: andiamo a vedere comare Maruzza. Brasi si riempì le tasche di ceci, guardando la ragazza, e dopo i monelli diedero il sacco al tondo, che invano la Nunziata colla bambina in collo cercava di trattenerli, parlando basso come se fosse in chiesa. I vecchi in questo tempo si erano messi a discorrer fra di loro, sotto il nespolo, colle comari che facevano cerchio e cantavano le lodi della ragazza, com’era brava massaia, che teneva quella casa meglio di uno specchio. «La figliuola com’è avvezzata, e la stoppa com’è filata». – Anche la vostra nipote è cresciuta, osservò padron Fortunato – e sarebbe tempo di maritarla. – Se il Signore le manda un buon partito noi non vogliamo altro, rispose padron ‘Ntoni. – «Matrimonii e vescovadi dal cielo sono destinati» aggiunse comare la Longa. – «A buon cavallo non gli manca sella» – conchiuse Letteratura italiana Einaudi 108

Giovanni Verga - I <strong>Malavoglia</strong><br />

re Cipolla che è venuto a farvi una visita; disse padron<br />

‘Ntoni, facendoli entrare, come se nessuno ne sapesse<br />

niente, mentre nella cucina c’era preparato il vino ed i<br />

ceci abbrustoliti, e i ragazzi e le donne avevano i vestiti<br />

della festa. Mena sembrava davvero Sant’Agata, con<br />

quella veste nuova e quel fazzoletto nero in testa, talché<br />

Brasi non le levava gli occhi d’addosso, come il basilisco,<br />

e stava appollaiato sulla scranna, colle mani fra le gambe,<br />

che se le fregava di tanto in tanto di nascosto dalla<br />

contentezza. – È venuto con suo figlio Brasi, il quale<br />

adesso si è fatto grande – seguitava padron ‘Ntoni.<br />

– Sicuro, i ragazzi crescono, e ci spingono per le spalle<br />

nella fossa, rispose padron Fortunato.<br />

– Ora bevete un bicchier di vino che è di quello buono,<br />

aggiunse la Longa, e questi ceci qui li ha abbrustoliti<br />

mia figlia. Mi dispiace che non sapevo niente, e non vi<br />

ho fatto trovare cose degne del vostro merito.<br />

– Eravamo qui vicino di passaggio, rispose padron Cipolla,<br />

ed abbiamo detto: andiamo a vedere comare Maruzza.<br />

Brasi si riempì le tasche di ceci, guardando la ragazza,<br />

e dopo i monelli diedero il sacco al tondo, che invano la<br />

Nunziata colla bambina in collo cercava di trattenerli,<br />

parlando basso come se fosse in chiesa. I vecchi in questo<br />

tempo si erano messi a discorrer fra di loro, sotto il<br />

nespolo, colle comari che facevano cerchio e cantavano<br />

le lodi della ragazza, com’era brava massaia, che teneva<br />

quella casa meglio di uno specchio. «La figliuola com’è<br />

avvezzata, e la stoppa com’è filata».<br />

– Anche la vostra nipote è cresciuta, osservò padron<br />

Fortunato – e sarebbe tempo di maritarla.<br />

– Se il Signore le manda un buon partito noi non vogliamo<br />

altro, rispose padron ‘Ntoni.<br />

– «Matrimonii e vescovadi dal cielo sono destinati»<br />

aggiunse comare la Longa.<br />

– «A buon cavallo non gli manca sella» – conchiuse<br />

<strong>Letteratura</strong> italiana Einaudi<br />

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