Il Riposo del Guerriero Il Riposo del Guerriero - All Ferraris

pelata e gli occhiali da
intellettuale della gauche, mi dà
di gomito: “Sergio, è il tuo uomo”
dice. E in effetti è così.
Mohamed-Hechmi Djilani, questo
spilungone allampanato di 30
anni, è uno che lascia il segno.
Con il suo sorriso circondato da
una sottile barbetta, ispira
immediata simpatia.
È figlio del presidente della
Confindustria tunisina ed è
dotato di una cultura di qualità
superiore che è andato ad
affinare, dopo la laurea in
economia nel suo paese, al
prestigioso HEC di Parigi. Parla
correttamente quattro lingue,
ma è l’italiano che lo intriga di
più da quando, ragazzino,
seguiva i cartoon sulla nostra
televisione e, soprattutto, da
quando il famoso papà lo mise a
sedere sulla Dino 246 GTS di cui
sopra, che fu la prima Ferrari in
assoluto ad entrare in Tunisia.
Vuole sapere tutto sulla Casa di
Maranello e non lo fa da neofita
ma da competente. Ti incalza su
ogni argomento. Che so, dalle
sospensioni “sospese” della 312
B2 di Forghieri , tanto
contestate, alla forza fisica di
Ascari, alle qualità di tester di
Schumi. Per non parlare di
Villeneuve: fu vero mito?
Insomma, non abbiamo trovato il
tempo di interrompere il fitto
scambio di opinioni neanche
davanti ad un piatto di ottimo
pesce in un ristorante di Gamarth.
Proprio vicino a casa sua.
La giornata è fantastica: in
ottobre il sole africano, che
picchia ancora, è mitigato da
brezze mediterranee. Il profumo
dei gelsomini ti segue ovunque.
Il golfo di Sidi Bou Said, alle
porte di Tunisi, sembra un
lembo di Costa Azzurra
trapiantato da quelle parti.
La grande villa biancoazzurra
della famiglia di Hechmi è una
discreta reggia – ci scusiamo per
l’apparente contrasto in termini
– affacciata sul mare di
Cartagine. Come una terrazza
sospesa, con a lato le vestigia
romane che il sole che filtra fa
sembrare totem che si spengono
nel verde.
Ecco il box di casa. Ed il buon
Hechmi dilata ancora di più il
suo sorriso nel centellinare le
auto che, come dire, usa
regolarmente. Scopriremo più
avanti la collezione più
numerosa.
“Ecco la Porsche Boxter per
scorazzare sulla riviera, la BMW
M5 quando esco in compagnia e
poi loro, le Ferrari”
In verità, spunta anche una
Austin Healey 3000 e più sotto –
inteso come garage sotto la
piscina – una Lancia Thema
Ferrari…
Riecco la sofisticata
preparazione del “mio uomo”,
per dirla alla Bacchi che si gusta
la scena fotografando tutto e
muovendosi come una scimmia.
“La Dino 246 fu regalata da mio
nonno a papà Hedy – che
scoprirò più “ferrarizzato” del
figlio – il quale, unico
proprietario dal 1973, data di
acquisto della vettura a Parigi, ci
ha fatto, con la mia complicità,
32.000 km, senza mai toccare il
motore”.
“Era di colore blu ma fu fatta
ridipingere in rosso; con i cerchi
a stella e un bel cavallino sul
muso, ha perso un po’ di
originalità ma ne ha guadagnato
in look, più corsaiolo, tipo 206
SP, per intenderci”.
Lo spilungone ha colpito ancora
ma l’affondo arriva con
quest’altra: “La 575 Maranello,
invece, l’abbiamo voluta con
l’handling GTC: per noi, una
Ferrari deve avere un forte
legame con le corse”: Pura
filosofia maranelliana.
E per la manutenzione?
“Non ci sono problemi:
abbiamo allevato un
meccanico con frequenti
stage in Italia. E lui, a
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