Il Riposo del Guerriero Il Riposo del Guerriero - All Ferraris

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Stagione 1956. Al GP di Monaco, Fangio con la Lancia/Ferrari D50 prima di cederla a Castellotti, che si piazzerà al quarto posto finale. Nella pagina accanto, nella stessa gara, l’argentino mentre rientra in pista con la macchina che gli cede Collins. Arriverà secondo. 42 Campioni povertà giovanile. Ricordo ancora che, durante una animata discussione tra aficionados delle corse, quando tutti parlavano delle varie caratteristiche delle sospensioni lui, che pure era un buon pilota a livello locale, stava zitto, fino a che qualcuno lo interpellò direttamente quasi a chieder conto del suo silenzio. La sua risposta fu: “parlo poco per sbagliare meno”. Dunque un primo motivo di attrito si poteva trovare nel carattere e nella estrazione sociale dei due: Ferrari aveva alle spalle una lunga carriera di manager indiscusso e lo deve aver irritato il fatto che Fangio, nei primi contatti del 1949, lasciasse parlare il delegato dell’Automobile Club Argentino e rispondesse a monosillabi senza guardarlo negli occhi. Era sicuramente timidezza perché, in tanti anni di frequentazione e grazie al fatto che tra noi non c’erano rapporti di affari ma solo amicizia, Fangio mi ha sempre parlato chiaro e guardandomi ben fisso con quel suo sguardo che si addolciva nei ricordi. Erano ricordi della sua vita, un po’ diversa da quanto è stato raccontato, e commenti sulle vicende sportive con valutazioni anche dure di piloti, ma destinate all’amico e non al giornalista. Vale la pena di ricordarne uno, senza fare nomi, perché spiega la tecnica di Fangio pilota: “mi pare che Tizio sia stupido perché, quando è in testa con un gran vantaggio, continua a tirare come un forsennato rischiando di rompere e dimenticando che le corse si vincono con un metro di vantaggio sul secondo” Quando Fangio approdò alla corte di re Enzo come prima guida nel 1956, molte cose erano cambiate: era già tre volte campione del mondo con l’Alfa Romeo nel 1951 e con la Mercedes nel 1954 e ’55. Ricordiamo anche che le prime due gare del ’54 (Argentina e Belgio) le vinse con la Maserati perché la Mercedes non era ancora pronta. Erano squadre importanti, con una organizzazione formidabile ed è dunque probabile che Fangio trovasse qualche manchevolezza alla Ferrari. Ma quelle che per lui erano forse critiche costruttive, nella successiva elaborazione in seno alla squadra creavano una crescente ostilità. Il guaio però era un altro. Fangio fu uno dei primi piloti a dotarsi di un rappresentante per trattare gli affari e questo, agli occhi di Ferrari, deve essere stata una imperdonabile offesa. Il manager di Fangio si chiamava Marcello Giambertone, un personaggio che ha anticipato Bernie Ecclestone nell’idea di creare una organizzazione dotata di piloti, macchine e tutto l’occorrente per portare in giro le corse automobilistiche. Questa organizzazione si chiamò Orgranprix, con rappresentanti nei principali Paesi motorizzati. E, se non vado errato, la prima volta che qualcuno chiamò “circo” la Formula 1 fu proprio Eraldo Sculati, quando era direttore sportivo della Ferrari, nel 1956. Enzo Ferrari non lo cita per nome ma ne parla quando ricorda che Fangio “fece scrivere ad altri” le sue memorie in cui lamentava le difficoltà attraversate nella stagione 1956. Ed è vero: il libro “La mia vita a 300 all’ora” è firmato da Fangio e Giambertone insieme. In certe
parti non è tenero con Ferrari, ma d’altronde non è il solo libro critico scritto da un pilota appena uscito di squadra, salvo poi essere modificato dopo che è passato del tempo. Vedere il Protokoll di Lauda. Ferrari scrive, giustamente, che Fangio è stato favorito durante la sua permanenza in squadra, perché gli è stata data in più di una occasione la macchina di un compagno se la sua non andava (cosa contemplata dal regolamento in vigore che prevedeva anche la equa divisione dei punti tra i due). Ma, a guardare l’altra faccia della medaglia, è ovvio che si preferisse puntare sul pluricampione molto esperto sacrificando magari uno dei suoi giovani compagni (Castellotti, Musso e Collins) per avere la certezza di portare a casa il titolo mondiale come infatti è avvenuto. Caustico e mordace, Ferrari racconta anche episodi tragicomici come ad esempio durante la Mille Miglia del 1956, quando Fangio ebbe a lamentare l’inondazione dell’abitacolo a causa delle pioggia battente. In realtà se ne lamentarono tutti i piloti, come risulta dal resoconto interno, ma Ferrari cita solo Fangio che, a suo dire, sospettava di tutto, anche di Giove pluvio. La conclusione di questa stagione tribolata ma fruttuosa mi coinvolse direttamente: al ritorno in Argentina da trionfatore Fangio espresse il suo rammarico per il fatto che Ferrari non aveva voluto rinnovargli il contratto per il 1957 a condizioni migliori, visto il successo. Una mia intervista al campione pubblicata sulla Gazzetta dello Sport e in cui si criticava (blandamente, s’intende!) Ferrari per non aver rinnovato il contratto, veniva da questi prontamente ribattuta punto per punto con una lunga lettera, la prima di quello che sarebbe diventato il carteggio ed il rapporto personale con Enzo Ferrari che ha segnato la mia vita professionale. Anche nel mio piccolo il 1956 è un anniversario importante. Campioni 43
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