Gentleman driver I Mario Casoni Testo Alessandro Giudice Foto Archivio MC 24 Gentlemen driver Un bravo ragazzo. Un occhio all’azienda di famiglia e uno al contagiri. La fulminante storia sportiva di Mario Casoni, pilota.
E veloce. Q uello <strong>del</strong> gentleman driver è un destino - come dire? – forzato. La passione per le corse è tanto forte, potente, totalizzante che pensare di appendere il casco al chiodo la domenica sera per riprenderlo il sabato successivo è un esercizio puramente teorico che viene reso pratico solo per ragioni di opportunità: il lavoro, la famiglia, i doveri e tutto quel carico di responsabilità che la società, specie quella “buona”, mette sulle spalle dei suoi rampolli. Se si interrogassero i gentleman driver <strong>del</strong> passato – quelli veri, i così detti “privati” – su quelle che erano le loro reali pulsioni, la quasi totalità di loro ammetterebbe che, potendo, avrebbero scelto di diventare piloti professionisti. A tempo pieno e a tutti gli effetti. Mario Casoni potrebbe essere uno di questi. Glielo abbiamo letto nell’espressione degli occhi e nelle leggere sfumature <strong>del</strong>la voce mentre parla di Targa Florio e dintorni, di circuiti, di amici e nemici, che magari oggi non ci sono più, scomparsi “nella professione”, traditi da un pezzo d’asfalto che avevano percorso migliaia di volte. E dire che lui, Casoni, dalle cose terrene, cioè adatte a persone senza grilli per la testa, è stato sempre molto gratificato. È un industriale, di quelli tosti, Cavaliere <strong>del</strong> Lavoro, che non sono mica tanti e sono quelli che fanno l’Italia che lavora, appunto, e siede nella giunta di Confindustria, di cui è stato anche vice presidente dal ’96 al ’99. Ha una distilleria che produce 25 milioni di bottiglie tra Braulio, nocino, limoncello e altri spiriti ed è socio con un patito d’auto, Pagliarello il siciliano, stessa passione diverso liquore, l’Averna. Questo giovanotto, classe 1939, a 22 anni è già campione italiano <strong>del</strong>la Montagna, le gare per chi non teme né baratri né pareti di roccia, per chi non pensa cosa c’è oltre il guard-rail, chè altrimenti il piede si alza dal gas, magari poco ma si alza. La macchina, una Cooper Formula Junior, gliela presta il cugino Odoardo Govoni, pilota <strong>del</strong>la Maserati. Ma già l’anno prima, il 1962, ai campionati universitari di Bologna, che si correvano però all’aeroautodromo di Modena, si classifica al 4° posto con la sua Giulietta TI, una berlinona tutto pepe regalo di papà. La passione monta, probabilmente già da due lustri quando, appena decenne, guida una 500 C nei cortili <strong>del</strong>lo stabilimento, sotto gli occhi divertiti <strong>del</strong>le maestranze in pausa pranzo. Nel 1964, la svolta. Firma una tonnellata di cambiali e si compra una monoposto De Tomaso con la quale si piazza secondo nell’Italiano Velocità, dietro Geki Russo e davanti ad Andrea de Adamich, ma primo, ancora, nel Campionato <strong>del</strong>la Montagna. A fine d’anno lo incontra Nello Ugolini, il Maestro, talent scout di un’intera generazione di promesse piazzate poi tra Maranello e dintorni. Gli propone una Bizzarrini 5300 prototipo per correre il Trofeo Bettoja, a Monza. <strong>Il</strong> Casoni da Finale Emilia si presenta e vince, davanti alle Ferrari, compresa la 4 litri di Scarfiotti. È nata una stella che, subito dopo, vince Tre immagini <strong>del</strong> X Gran Premio <strong>del</strong>la Lotteria <strong>del</strong> 1968, a Monza. Dall’alto, il briefing dei piloti prima <strong>del</strong>la gara, uno scorcio dei box e, nella foto grande a sinistra, Mario Casoni in azione con la Dino 166 F2. Si classificherà settimo. In basso, Casoni in tuta da pilota a metà degli anni ’70. Gentlemen driver 25