01.06.2013 Views

download - Consumatori - Coop

download - Consumatori - Coop

download - Consumatori - Coop

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

consumatori<br />

giugno-luglio 2012 primo piano economia<br />

L’Italia è leader anche nella produzione<br />

con 3,2 milioni di tonnellate<br />

superiore a quella degli<br />

Stati Uniti (2 milioni di tonnellate),<br />

del Brasile (1,3 milione di<br />

tonnellate) e della Russia (858<br />

mila tonnellate).<br />

In altre parole un piatto di pasta<br />

su quattro consumato nel mondo<br />

è fatto in Italia. Nel corso del<br />

2011 sono aumentate dell’8<br />

per cento le esportazioni in valore<br />

di pasta italiana nel mondo,<br />

ma un aumento record del<br />

60 per cento si è verificato in<br />

Cina dove comunque la domanda<br />

resta contenuta. La pasta<br />

italiana è entrata nelle abitudini<br />

alimentari in tutti i continenti<br />

con 2 miliardi di valore dell’export<br />

anche se i consumatori più<br />

appassionati di pasta italiana sono<br />

i tedeschi, seguiti nell’ordine<br />

dai francesi, dagli inglesi, dagli<br />

statunitensi e dai giapponesi.<br />

La riscossa della pasta ha trainato<br />

anche le semine di grano duro<br />

in Italia che avrebbero fatto<br />

segnare nel 2012 un incremento<br />

di circa 150 mila ettari (+13% su<br />

base annua), ammontando complessivamente<br />

a 1,35 milioni di<br />

ettari, sulla base di una indagine<br />

Ismea. A livello regionale si<br />

stimano aumenti consistenti in<br />

Puglia e nelle Marche (+15 per<br />

cento circa) e in Sicilia (+20 per<br />

cento) mentre in controtendenza<br />

sarebbe invece la Basilicata<br />

dove gli ettari avrebbero subito<br />

una contrazione di circa il 10 per<br />

cento.<br />

L’italianità della pasta è considerata<br />

il vero valore aggiunto<br />

del prodotto secondo un sondaggio<br />

online condotto dal sito<br />

www.coldiretti.it. Nella scelta<br />

della pasta il 56 per cento considera<br />

infatti fondamentale l’italianità,<br />

il 26 per cento il formato,<br />

l’11 per cento il prezzo più basso<br />

e solo il 7 per cento la marca<br />

famosa. ●<br />

cibo è cultura<br />

di Massimo Montanari<br />

docente di storia medievale e di storia<br />

dell’alimentazione, università di bologna<br />

Pellegrino<br />

e Marietta<br />

23<br />

Casa Artusi di Forlimpopoli, mentre si accinge a varare<br />

la sedicesima edizione della Festa Artusiana, tira le somme di un<br />

“anno artusiano” (il 2011, centenario della morte) che coincidendo con il<br />

150° dell’unità italiana è stato occasione di approfondite riflessioni sul<br />

ruolo di Pellegrino Artusi e del suo celebre ricettario (La scienza in cucina<br />

e l’arte di mangiar bene, 1891) nella costruzione dell’identità nazionale.<br />

L’importanza di quest’opera sta nel metodo: raccogliere le tradizioni<br />

gastronomiche del paese rispettando le varianti locali, valorizzando le<br />

differenze come dato originale e ineliminabile della nostra cucina. Poco<br />

importa che Artusi abbia privilegiato i territori che conosceva meglio: la<br />

Romagna, l’Emilia, la Toscana. È il principio che conta, è l’idea che essere<br />

italiani vuol dire condividere una cultura, scambiarsi esperienze, costruire<br />

una rete di saperi e di pratiche comuni.<br />

Ma Artusi è importante anche per un’altra ragione. La prospettiva, per<br />

così dire, “orizzontale” che unisce città, territori e regioni nel nome della<br />

cucina e dei saperi gastronomici si combina con una prospettiva<br />

“verticale” che mette insieme le esperienze di mondi sociali<br />

diversi, delle classi alte ma anche del popolo, dando origine a un<br />

ricettario che proprio per questo è ampiamente rappresentativo della<br />

cultura “nazionale” (della nazione tutta). Il libro di Artusi in realtà esprimeva<br />

la cultura di una ristretta élite sociale, la borghesia cittadina,<br />

quella che in fin dei conti aveva fatto l’Italia.<br />

Ma questa cultura borghese a sua volta esprimeva saperi e pratiche del<br />

mondo contadino: molte ricette della Scienza in cucina sono la rielaborazione<br />

borghese di tradizioni rurali. Tradizioni che Artusi in parte raccolse<br />

di persona, viaggiando l’Italia in treno e in carrozza, in parte conobbe<br />

indirettamente, grazie alle segnalazioni che lettori e lettrici gli inviavano<br />

per posta, consentendogli di aggiornare progressivamente il suo manuale<br />

(quindici edizioni, ogni volta accresciute, tra il 1891 e il 1911).<br />

Del resto, il mondo contadino Artusi ce l’aveva in casa. Nella bella casa<br />

di piazza D’Azeglio a Firenze, in cucina lavorava Marietta, la giovane<br />

contadina toscana che collaborò assiduamente con Artusi a studiare e<br />

realizzare le ricette che poi finivano nelle pagine del manuale. Questa<br />

collaborazione è il simbolo vivente dell’intreccio di saperi che caratterizzò<br />

La scienza in cucina, e che spiega il suo strepitoso successo: perché<br />

non solo i cittadini, ma anche i contadini cominciarono ad acquistarlo,<br />

riconoscendolo come un prodotto, sia pure indiretto, della<br />

propria cultura. Senza Marietta, Pellegrino non avrebbe avuto la stessa<br />

fortuna e fu lui stesso a riconoscerlo, lasciando a lei, in eredità, i diritti<br />

d’autore del suo libro.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!