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14 primo piano economia<br />
aMaRtya sen<br />
economista e premio nobel<br />
diagnosi e la cura unica<br />
Un'impostazione simile viene<br />
espressa anche da un economista<br />
e banchiere come pietro<br />
Modiano, presidente del prestigioso<br />
centro studi di Nomisma<br />
(fu lui, che nel settembre scorso<br />
lanciò la proposta di introdurre<br />
una tassa patrimoniale nel nostro<br />
paese): “Oggi il punto è che c’è un<br />
pensiero economico dominante<br />
che diagnostica la malattia solo<br />
in funzione del fatto che si adatti<br />
all’unica cura che si conosce e che<br />
si vuole imporre. E cioè quella dei<br />
tagli, della riduzione del ruolo<br />
dello Stato e di una maggiore flessibilità<br />
del mercato del lavoro. Ma<br />
questa è pura ideologia, così si cura<br />
una malattia che non c’è”.<br />
in una crisi mondiale che è esplosa nel lontano 2008,<br />
si può ben dire che, per alcuni soggetti, non sia<br />
cambiato nulla. o meglio, questi soggetti non vogliono<br />
che nulla cambi, per continuare a speculare e intascare<br />
profitti, sulla pelle di interi paesi e di chi ci abita.<br />
parliamo ovviamente delle più grandi banche mondiali<br />
e dei fondi d'investimento. per ricordarcelo basta la<br />
notizia della perdita di 2 miliardi di dollari causata a Jp<br />
Morgan da operazioni speculative in derivati nel giro<br />
di sei sole settimane. i derivati sono quei prodotti<br />
finanziari, in larghissima parte trattati al di fuori dei<br />
mercati regolamentati e quindi del controllo delle<br />
autorità. Jp Morgan sopravviverà a questo colpo (si è<br />
provveduto a "tagliare" qualche testa), per poi<br />
riprendere tutto come prima. la logica è che tanto, se<br />
poi le cose vanno male, e si rischia il fallimento, arriva<br />
lo stato (come avvenuto nel 2008) e ci salva...<br />
Qui è bene ricordare alcune cifre: il mercato dei derivati,<br />
secondo le stime del dicembre 2011 della banca<br />
internazionale dei regolamenti, ammontano a 647.000<br />
miliardi di dollari, cioè 9 volte il pil mondiale e 14 volte la<br />
capitalizzazione di tutte le borse mondiali messe<br />
assieme. un enorme fiume di scommesse, fatto al solo<br />
Modiano, sulla base dei dati di<br />
aprile 2012 del Fondo monetario<br />
internazionale (quindi<br />
un’arbitro più che affidabile), spiega<br />
come il vero grande problema<br />
dell’Italia sia l’enorme stock di debito<br />
pubblico accumulato (120%<br />
del Pil, pari a quasi 2.000 miliardi).<br />
Per questo l’andamento dei<br />
tassi (il temuto spread) è decisivo<br />
per tenere i conti in equilibrio.<br />
Ma, ben consapevoli di questo, se<br />
si guarda al raggiungimento degli<br />
obiettivi di riduzione del debito<br />
imposti dal Fiscal compact europeo<br />
(cioè portare il debito al 60%<br />
sul Pil entro il 2030), si scopre<br />
come (secondo l’Fmi) l’Italia, tenendo<br />
conto di diversi fattori (inclusa<br />
la spesa per pensioni e sanità<br />
su cui va a incidere la recente<br />
riforma Monti), è uno dei paesi<br />
messi meglio a livello europeo,<br />
superata solo dalla Germania.<br />
Infatti il tasso a noi necessario per<br />
arrivare a conseguire l’obiettivo<br />
60%, è di un rientro annuo pari<br />
a 3,4 punti di Pil, contro i 2,3<br />
punti della Germania, i 6,6 della<br />
jp morgan “scommette” e perde dUe miLiardi<br />
La specULazione continUa come se niente fosse<br />
Francia, i 10 della Spagna, i 10,3<br />
dell’Olanda, gli 11,3 della Gran<br />
Bretagna, i 10,7 della Grecia. È<br />
chiaro che un 3,4% del Pil significa<br />
comunque 45/50 miliardi<br />
all’anno (che sono tanti), ma come<br />
spiega Modiano “il punto è capire<br />
perché la speculazione debba<br />
colpire più l’Italia di altri paesi, se<br />
le cifre del Fmi dicono che siamo<br />
messi meglio di altri”.<br />
Redistribuire il reddito<br />
Certo la credibilità di governo e<br />
classe politica nel portare avanti<br />
impegni e riforme è fondamentale,<br />
come decisivo è il contesto europeo<br />
in cui ci si muove (in questi<br />
giorni lo spread dipende più<br />
da Grecia e Spagna che da noi<br />
stessi), ma dunque qualche elemento<br />
positivo c’è.<br />
In più spiega sempre Modiano, è<br />
da ricordare che questa litania sulla<br />
mancanza di competitività del paese<br />
(per cui la cura richiesta dal solito<br />
“medico” è l'aumento della flessibilità),<br />
non risponde a verità. Nel<br />
senso che “dove c’è da competere,<br />
scopo di guadagnare (tanto e subito) e senza alcun<br />
legame con l'economia reale.<br />
o meglio un legame c'è, nel senso che questo fiume di<br />
denaro influenza quotazioni e andamenti dei tassi, in<br />
sostanza lo spread che tanto ci preoccupa. un esempio:<br />
uno degli strumenti più diffusi nel mercato dei derivati<br />
sono i Cds (Credit default swap), cioè una sorta di<br />
polizza assicurativa sui rischi di un determinato<br />
prodotto finanziario o azienda. ebbene un conto è<br />
"assicurarsi" se davvero si è investito in quel prodotto o<br />
settore. altro, come spesso avviene, è semplicemente<br />
acquistare Cds come pura scommessa speculativa,<br />
magari puntando proprio sul fallimento di qualcuno.<br />
di regolamentare i mercati finanzari si parla dall'inizio<br />
della crisi. sin qui poco e nulla è cambiato.<br />
l'europa è presa dai suoi debiti (ma la spagna ha, di<br />
fatto, appena nazionalizzato bankia, quarta banca del<br />
paese), mentre negli usa, le complesse norme volute dal<br />
presidente obama, pur importanti e approvate dopo una<br />
lunga battaglia, non sono ancora entrate in vigore<br />
perchè, per l'azione della lobby di Wall street, non si<br />
riescono a varare i regolamenti applicativi. e se obama<br />
non viene rieletto...