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consumatori<br />

giugno-luglio 2012<br />

Di fronte alla drammatica crisi economica che colpisce l'Europa si discute sulle<br />

cause e le ricette per affrontare la situazione. Contro la linea dominante che<br />

vuole un ridimensionamento della sfera pubblica, il premio Nobel Amartya Sen<br />

ammonisce: “Ricordiamo che tutto è nato da un fallimento del mercato”<br />

diverse nazioni, si sentono privati del potere di discutere<br />

e di interloquire. Ed è paradossale che ciò<br />

accada in paesi come la Grecia, che sono stati la culla<br />

della democrazia”.<br />

Ovviamente Sen, non nasconde la necessità, da parte<br />

di tutti i governi, di avere massima responsabilità<br />

nella gestione dei bilanci e nel portare avanti riforme<br />

che migliorino i conti pubblici. “Ma - aggiunge<br />

- è da evitare il cadere dalla padella di una cattiva<br />

gestione dei conti, nella brace di politiche di tagli<br />

indiscriminati, che non aiutano a uscire dalla crisi e<br />

anzi rischiano di determinare una spirale catastrofica<br />

che fa vacillare la sostenibilità dell’Euroclub”.<br />

di chi è la colpa?<br />

E qui emerge quel che è un punto decisivo, che è bene<br />

aver sempre presente, anche in settimane convulse<br />

come queste. E cioè ricordare l’origine di questa crisi,<br />

che ormai si trascina dal 2008, prima di decidere che<br />

strada imboccare per uscirne. Infatti Amartya Sen lo<br />

dice con estrema chiarezza: “Le difficoltà che specie<br />

l’Europa vive, derivano più dall’inadeguatezza delle<br />

risposte politiche che non dalle conseguenze della<br />

crisi stessa. E questa debolezza di risposte ha colpito<br />

e vanificato gli stessi tentativi di ripresa”. E aggiunge:<br />

“Questa è una crisi iniziata come un fallimento del<br />

mercato e non dello Stato. E se poi lo Stato ha visto<br />

aumentare il suo debito, è perchè ha salvato le banche<br />

dal fallimento. Quindi è un errore intellettuale<br />

far sembrare che l’origine della crisi derivi dal versante<br />

pubblico. Certo riformare la spesa dello Stato è necessario,<br />

ma la crisi non è nata lì. E oggi imporre come<br />

priorità quella dell’austerità e dei tagli è un limite”.<br />

Servono crescita, sostegno allo sviluppo e un ruolo<br />

attivo dello Stato per far decollare questi processi<br />

economici. Ma soprattutto servono risorse. E qui<br />

sta il nodo: la vittoria socialista in Francia, le necessità<br />

urgenti specie della Spagna, l'insistenza dello stesso<br />

presidente Usa Obama riusciranno a scalfire l’intransigenza<br />

tedesca sull'aprire i cordoni della borsa?<br />

Il dibattito è in corso (attivazione di bond europei,<br />

ruolo della Bce, possibilità di non conteggiare gli investimenti<br />

nelle stime sul deficit) con qualche spiraglio<br />

in più ma ancora senza una soluzione certa.<br />

Con in più l’incognita delle elezioni bis in Grecia,<br />

dove i cittadini stanno ritirando i soldi dalle banche<br />

(come anche in Spagna succede) temendo il crollo.<br />

Dunque si cammina sull'orlo del baratro...<br />

Ma il professor Sen ribadisce che la storia del XX<br />

secolo è piena di esempi che indicano come la crescita<br />

sia il modo migliore per creare risorse e poi riuscire<br />

a tagliare i disavanzi degli Stati. E su questa<br />

strada occorre muoversi, andando oltre il pensiero<br />

di un economista come Keynes.<br />

13<br />

continua a pagina 14 >

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