STORIE DI MARE - Sub
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<strong>STORIE</strong> <strong>DI</strong> <strong>MARE</strong><br />
SCAMPATO ALLA GUERRA CIVILE, IL SOMMERGIBILE ANDÒ INCONTRO<br />
A UNA DRAMMATICA FINE A 13 MIGLIA DA PORT SOLLER DURANTE<br />
UNA MANOVRA NAVALE. UNA TORPE<strong>DI</strong>NIERA LO SPERONÒ MENTRE<br />
STAVA RIEMERGENDO E IL BATTELLO AFFONDÒ TRASCINANDO NEGLI<br />
ABISSI TUTTO L’EQUIPAGGIO. ANCORA SCONOSCIUTE, A <strong>DI</strong>STANZA <strong>DI</strong><br />
TANTI ANNI, LE CAUSE DELLA SCIAGURA, CHE COMUNQUE VIENE IM-<br />
PUTATA A UNA TRAGICA FATALITÀ. IL RACCONTO DELLE RICERCHE E<br />
DELLA RICOSTRUZIONE STORICA, CON UNA CONCLUSIONE A SORPRESA...<br />
AL LARGO <strong>DI</strong> MAIORCA SULLE TRACCE <strong>DI</strong> UN SOTTOMARINO<br />
D’ASSALTO SPAGNOLO AFFONDATO NEL 1946<br />
Testo e foto di<br />
GUIDO PFEIFFER,<br />
FLORY CALO’,<br />
PIETRO FAGGIOLI,<br />
ALEJANDRO FERNANDEZ<br />
Illustrazione di<br />
GIOVANNI PAULLI
L’ individuazione di un relitto<br />
non sempre si conclude<br />
con un periodo di immersioni,<br />
come ci si potrebbe ragionevolmente<br />
aspettare dopo<br />
mesi e mesi di accurate<br />
ed estenuanti ricerche. A<br />
volte, può persino capitare di<br />
trovare i resti di una nave<br />
ben piantati sulla terraferma<br />
e sepolti sotto metri e metri<br />
di terra e asfalto, come è<br />
successo, anni fa, a un celebre<br />
cercatore di relitti americano,<br />
lo scrittore Clive<br />
Cussler, il quale scoprì la goletta<br />
armata della Marina da<br />
guerra texana “Zavala” nientemeno<br />
che in mezzo a un<br />
parcheggio di automobili. Dal<br />
giorno dell’affondamento,<br />
avvenuto nel 1856, l’acqua si<br />
era piano piano ritirata e lo<br />
scafo si era ritrovato dapprima<br />
in secca e poi completamente<br />
sepolto da cumuli e<br />
cumuli di detriti. Invece delle<br />
attrezzature subacquee,<br />
Cussler ebbe bisogno di una<br />
scavatrice e di una montagna<br />
di permessi per poter gettare<br />
tutto all’aria.<br />
Oppure può accadere che il<br />
relitto venga sì trovato nel<br />
suo elemento più congeniale,<br />
che è appunto il fondo del<br />
mare, ma a profondità diverse<br />
da quelle che ci si sarebbe<br />
aspettati. E questo è proprio<br />
quanto è capitato a noi<br />
del PDD (Pfeiffer’s Deep Divers),<br />
il gruppo di subacquei<br />
specializzato nelle immersioni<br />
profonde di SUB.<br />
Protagonista di questa avventura<br />
è una unità della Marina<br />
Militare spagnola, il sottomarino<br />
d’assalto C4, diventato<br />
famoso<br />
nel 1946<br />
per essere<br />
stato speronatonelle<br />
acque di Maiorca, alle Baleari,<br />
nel corso di una manovra<br />
navale a cui partecipavano<br />
anche unità di superficie.<br />
Il sottomarino, centrato in<br />
pieno dalla torpediniera “Lepanto”,<br />
colò a picco in pochi<br />
minuti trascinando con sé<br />
tutto l’equipaggio: quarantaquattro<br />
uomini compreso il<br />
comandante.<br />
La commozione e il cordoglio<br />
in tutta la Spagna furono<br />
enormi, tanto che se ne discute<br />
ancora adesso, e non<br />
solo negli ambienti della Marina.<br />
I pescatori di P ort Soller,<br />
la cittadina della dirupata<br />
costa settentrionale dell’isola<br />
dove avvenne la tragedia, ne<br />
parlano come se il disastro<br />
fosse successo ieri. E lo stesso<br />
fanno parecchi subacquei<br />
spagnoli, che in cima ai loro<br />
desideri hanno quello di riuscire<br />
a scendere sui resti del<br />
sommergibile, un po’ per<br />
rendere omaggio alla memoria<br />
dei caduti e un po’ per la<br />
soddisfazione di essere i primi<br />
a farlo, dato che, nonostante<br />
la sua posizione ufficiale<br />
sia conosciuta e lo ponga<br />
a una profondità di circa<br />
300 metri, c’è la diffusa convinzione<br />
che esso si trovi<br />
molto più su, tra i 70 e i 120<br />
metri, e che la Marina non lo<br />
voglia confermare per evitare<br />
che i parenti delle vittime<br />
possano chiederne il recupero.<br />
Come è accaduto per un<br />
altro sottomarino spagnolo,<br />
il C3, finito sul fondo del mare<br />
di Malaga il 12 dicembre<br />
1936 con quasi tutti i suoi uomini<br />
per essere stato colpito<br />
da un siluro tedesco mentre<br />
era di pattuglia in superficie.<br />
Si salvò soltanto la vedetta,<br />
che venne sbalzata in acqua<br />
e in seguito recuperata da<br />
una barca di pescatori.<br />
Qualche anno fa, lo scafo del<br />
C3 venne individuato per caso<br />
da un privato che stava<br />
scandagliando la zona con un<br />
sonar a scansione laterale: è<br />
spezzato in due su un fondale<br />
fangoso di 75 metri. Dentro<br />
ci sono ancora i corpi dei<br />
suoi marinai. Visto che la<br />
profondità non è proibitiva, i<br />
figli e i genitori degli scomparsi<br />
hanno chiesto di riavere<br />
ciò che rimane dei loro cari<br />
per poterli seppellire in un<br />
cimitero. Ma la Marina, che<br />
ha ben presente le difficoltà<br />
e i costi di un’operazione del<br />
genere e sa che sarebbe impossibile<br />
riconoscere quei<br />
poveri corpi, si rifiuta di farlo,<br />
asserendo che la miglior<br />
Alcune immagini<br />
del sottomarino<br />
d’assalto spagnolo<br />
C4. A sinistra, in<br />
cantiere per lavori<br />
di riparazione<br />
durante la Guerra<br />
Civile. A destra, il<br />
suo comandante in<br />
seconda e la sala<br />
ufficiali. Sotto, la<br />
base navale di Port<br />
Soller, a Maiorca.<br />
tomba per un marinaio è<br />
sempre stato il mare. E’ in<br />
corso una causa complicata<br />
che non si sa quando finirà e<br />
di cui ogni tanto i quotidiani<br />
nazionali si occupano.<br />
A metterci sulle tracce del<br />
C4 è stato, come sempre, il<br />
caso. Partendo dalla nostra<br />
base di Minorca, all’inizio dello<br />
scorso anno eravamo impegnati<br />
a cercare un altro<br />
sottomarino di cui avevamo<br />
notizie imprecise, ma tali da<br />
farci ritenere che ci fosse<br />
davvero il suo relitto da qualche<br />
parte nel canale che di-<br />
vide l’isola da<br />
Maiorca. Ne<br />
parlavano alcuni<br />
pescatori,<br />
un paio di corallari,<br />
qualche<br />
vecchio pieno<br />
di ricordi che<br />
succhiava una<br />
pipa bruciacchiata<br />
e che all’epoca della<br />
Seconda Guerra Mondiale<br />
era un giovane pieno di speranze.<br />
Certe erano vaghe reminiscenze,<br />
altre più fresche<br />
e consistenti. Riuscimmo an-<br />
che a identificare un possibile<br />
nome e a ricostruire una<br />
possibile storia grazie allo<br />
straordinario aiuto del nostro<br />
collaboratore Pietro Faggioli,<br />
che i lettori ormai conoscono<br />
bene per i suoi articoli<br />
che pubblichiamo quasi ogni<br />
mese. Faggioli, fra le tante<br />
notizie che ci diede per incrementare<br />
le ricerche, mise<br />
anche quella relativa alla<br />
perdita del C4, dato che era<br />
avvenuta abbastanza vicino<br />
alla nostra zona di operazioni,<br />
cioé al largo della costa<br />
nord di Maiorca. Ma il C4<br />
non poteva essere il sommergibile<br />
che stavamo cercando,<br />
in quanto il punto del<br />
suo affondamento, sebbene<br />
approssimativo, era comunque<br />
localizzato. Appuntandolo<br />
sulla carta nautica, vedemmo<br />
che era praticamente<br />
quasi davanti a Port Soller,<br />
distante dal nostro porto di<br />
partenza circa ottanta miglia.<br />
Non avrebbe mai potuto finire<br />
nel Canale di Minorca,<br />
tanto più che del suo repentino<br />
affondamento c’erano<br />
stati moltissimi testimoni. Il<br />
sommergibile era sparito in<br />
un attimo sotto le onde con<br />
tutto il suo carico umano e<br />
nessuna corrente avrebbe<br />
mai potuto trascinarlo così a<br />
est e poi così a sud. Osservammo<br />
le batimetriche e ci<br />
rendemmo conto che in<br />
quell’area le profondità abissali<br />
si spingevano molto vicino<br />
alla costa. Le probabilità<br />
che il relitto potesse essere<br />
alla portata dei nostri sommozzatori<br />
sembravano molto<br />
scarse, per cui ce ne dimenticammo,<br />
almeno momentaneamente.<br />
In quel periodo, i nostri compressori<br />
andavano a mille, di<br />
conseguenza sentimmo il bisogno<br />
di farli revisionare da<br />
un tecnico competente. A<br />
Ciudadela, presso la nostra<br />
base operativa, arrivò Jacques,<br />
un allampanato francese<br />
che vive da tantissimi anni<br />
a Palma e si occupa dei compressori<br />
di quasi tutti i diving<br />
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center delle Baleari. Jacques<br />
conosceva, per sentito dire,<br />
la nostra attività di cercatori<br />
di relitti e, parlando del più e<br />
del meno mentre svitava e<br />
avvitava bulloni e controllava<br />
il livello dell’olio, accennò al<br />
C4. Sapevamo della sua esistenza?<br />
Sì, grazie a Faggioli,<br />
lo sapevamo, ma il relitto, secondo<br />
lui, era a una profondità<br />
raggiungibile? Sembrava<br />
di sì, che lo fosse. Ne aveva<br />
sentito parlare spesso da alcuni<br />
subacquei che lo stavano<br />
cercando. Ma non si ricordava<br />
se l’avessero trovato<br />
o meno. E no, non si ricordava<br />
nemmeno chi glielo<br />
avesse detto. Però qualcuno<br />
gliene aveva sicuramente<br />
parlato. Quel sommergibile,<br />
a Maiorca, era famosissimo<br />
nonostante i tanti anni passati<br />
dal giorno della tragedia.<br />
A questo punto il C4, sottomarino<br />
d’assalto perduto in<br />
tempo di pace, era entrato a<br />
far parte anche dei nostri<br />
pensieri. Dovevamo saperne<br />
di più per decidere se fosse<br />
il caso di mettersi a cercarlo<br />
per mare o di lasciarlo nella<br />
pace degli abissi inviolati. Innanzi<br />
tutto, la sua posizione<br />
reale era nota, oppure no?<br />
Qualcuno che non facesse<br />
parte della Marina lo aveva<br />
trovato, oppure no?<br />
Alejandro Fernandez e Jordi<br />
Moya, entrambi specializzati<br />
in medicina iperbarica, titolari<br />
del Centro di Medicina<br />
<strong>Sub</strong>acquea di Minorca che ha<br />
sede a Mahon ed essi stessi<br />
esperti tech diver, sono i due<br />
pilastri portanti del PDD. Sono<br />
stati loro, date le numerose<br />
conoscenze, a occuparsi<br />
delle indagini preliminari.<br />
Le prime ricerche, condotte<br />
per lo più per telefono, diedero<br />
scarsi risultati. Sì, a<br />
Maiorca avevano sentito parlare<br />
di quel sottomarino.<br />
Forse qualcuno lo aveva trovato,<br />
forse no, forse qualcuno<br />
lo aveva addirittura visitato.<br />
Sì, era fondo, ma non fondissimo,<br />
perché si era inabissato<br />
vicino alla costa, le posizioni<br />
ufficiali si sa che non sono<br />
mai vere. Ma qualcuno sapeva<br />
dove fosse? Sì, qualcuno<br />
lo sapeva, qualcuno era<br />
arrivato addirittura da Barcellona<br />
per immergersi sul<br />
C4, ma poi ci aveva rinunciato.<br />
Erano successe delle cose...<br />
Non si sa bene che cosa,<br />
ma un fatto era certo: quel<br />
sottomarino portava sfortuna.<br />
Sì, sfortuna! Una iella nera.<br />
Come quella che era capitata<br />
a quel povero equipaggio,<br />
rimasto vittima della<br />
sfortuna più tremenda. Quarantaquattro<br />
vittime! Non<br />
una, o cinque. No, quarantaquattro!<br />
Una intera nave!<br />
Tutti morti per colpa della<br />
sfortuna.<br />
Alla fine della primavera dell’anno<br />
scorso, visto che non<br />
si riusciva a ottenere niente<br />
di definitivo, Alejandro partì<br />
in aereo per P alma con la<br />
moglie, Carmen, nel tentativo<br />
di saperne di più. Se qualcuno<br />
aveva un’idea di dove<br />
fosse il sottomarino, quell’i-<br />
In questa questa<br />
pagina, pagina, il<br />
sottomarino<br />
sottomarino<br />
spagnolo spagnolo C3, C3,<br />
affondato affondato dai dai<br />
tedeschi tedeschi<br />
davanti davanti a<br />
Malaga.<br />
Malaga.<br />
dea, seppur vaga, sarebbe diventata<br />
nostra. Alejandro e<br />
Carmen visitarono tutti i centri<br />
d’immersione della zona, i<br />
medici della camera iperbarica,<br />
le redazioni dei giornali locali,<br />
la Capitaneria di P orto, i<br />
circoli subacquei. Niente, nessuno<br />
sapeva, ma tutti avevano<br />
sentito parlare del C4. Un<br />
particolare non ci fece desistere:<br />
mai nessuno ci consigliò<br />
di lasciar perdere. Voleva dire<br />
che il sottomarino era, tutto<br />
sommato, a portata di mano?<br />
Dopo aver invano setacciato<br />
Palma, i coniugi Fernandez decisero<br />
di noleggiare un’automobile<br />
e di recarsi direttamente<br />
a Port Soller, il porto da<br />
cui il sottomarino lasciò l’ormeggio<br />
prima della disgrazia.<br />
Port Soller è un’ampia baia<br />
I SOMMERGIBILI<br />
DELLA CLASSE C<br />
sottomarini della classe C<br />
I(nella foto a destra) furono<br />
costruiti in sei esemplari, tutti<br />
nel periodo compreso tra il<br />
1928 e il 1930. Tranne il C1, a<br />
cui venne dato il nome di<br />
“Isaac Peral”, tutti gli altri vennero<br />
identificati solo con la sigla<br />
e un numero progressivo<br />
dipinto in grande sui lati della<br />
torretta. Di questi, solo due<br />
arrivarono alla fine della loro<br />
carriera e vennero smantellati.<br />
Tutti gli altri affondarono.<br />
● C1, alias “Isaac P eral”.<br />
Quando, nel 1939, Barcellona<br />
cadde sotto le truppe di Franco,<br />
il sommergibile era in avaria nell’arsenale navale.<br />
Venne rimesso in mare nel 1941 e rimase in servizio<br />
fino al mese di gennaio del 1951, quando venne<br />
smantellato.<br />
● C2. Il sottomarino si consegnò ai nazionalisti nel<br />
mese di marzo del 1939, nel porto di P alma di<br />
Maiorca, dove rimase in servizio fino al 1947. Nel<br />
1948 venne definito battello di superficie e venne<br />
assegnato alla Scuola di Meccanica di El Ferrol per<br />
far fare pratica agli allievi.<br />
● C3. Fu affondato di fronte a Malaga il 12 dicembre<br />
1936 dal sommergibile tedesco U-34, comandato<br />
dal tenente di vascello Harald Grosse.<br />
● C4 (foto sotto). Dopo aver superato indenne la<br />
Guerra Civile, venne affondato il 27 giugno 1946,<br />
nel corso di una manovra militare davanti a Port Soller,<br />
dalla torpediniera “Lepanto”, che lo speronò.<br />
● C5. Affondò per cause sconosciute il 31 dicembre<br />
1936 nelle acque di Ribadesella.<br />
● C6. Fu affondato il 20 ottobre 1937 dal suo<br />
equipaggio repubblicano fuori dal porto di El Musel.<br />
Recuperato nel 1947 dal guardacoste “Alhucemas”,<br />
appositamente attrezzato per i lavori subacquei,<br />
affondò di nuovo mentre veniva rimorchiato al<br />
cantiere di smantellamento.<br />
naturale a metà della costa<br />
settentrionale di Maiorca, alta<br />
e scoscesa, con le montagne<br />
tormentate e levigate dal vento<br />
che precipitano direttamente<br />
in mare. Uno scenario<br />
grandioso, veramente spettacolare.<br />
Nella baia, a ridosso di<br />
un imponente sperone roccioso<br />
che la protegge dalla<br />
tramontana e dal maestrale,<br />
c’è la base navale della Marina<br />
Militare spagnola: da lì, assieme<br />
ad altre unità, partì per le<br />
sue ultime esercitazioni il C4.<br />
E lì, ancora una volta, Alejandro<br />
ebbe l’impressione che la<br />
tragedia fosse accaduta il giorno<br />
prima, e non cinquantanove<br />
anni fa. La commozione,<br />
tra la gente di mare, era ancora<br />
palpabile, tanto che le<br />
nostre domande insospettivano<br />
i pescatori. Perché volevamo<br />
sapere il punto in cui riposa<br />
il C4? Semplicemente<br />
per immergerci sul suo scafo<br />
e fare fotografie senza mancare<br />
di rispetto ad alcuno, ripeteva<br />
Alejandro, spalleggiato<br />
da Carmen, ciarliera e sorridente.<br />
Finché, nel comando<br />
della polizia locale, un funzionario<br />
che non aveva tempo<br />
da perdere per toglierci di<br />
torno ci consigliò di rivolgerci<br />
all’unica persona che poteva<br />
sapere tutto: Maria Vazquez,<br />
corrispondente del quotidiano<br />
Ultima Ora delle Baleari e<br />
memoria storica della cittadina.<br />
Se non lo avesse saputo<br />
lei, non lo avrebbe saputo<br />
nessuno, ci disse. Parola di<br />
commissario.<br />
E Maria Vazquez, dopo che fu<br />
faticosamente rintracciata,<br />
non smentì, ma confermò.<br />
Era proprio così, come diceva<br />
il poliziotto: lei sapeva tutto,<br />
storia, miracoli, curiosità,<br />
aneddoti, nomi delle vittime<br />
e nomi dei superstiti. Già, dei<br />
superstiti, perché cinque per-<br />
72 73
sone che facevano parte dell’equipaggio<br />
non morirono,<br />
in quanto quel giorno rimasero<br />
a terra, chi per un motivo<br />
chi per un altro. E sapeva<br />
anche dove si trova il sommergibile?<br />
Certo, Maria lo<br />
sapeva, ma perché noi eravamo<br />
così interessati? Per<br />
immergerci e per fare fotografie,<br />
non toccheremo niente,<br />
è il nostro mestiere, spiegavamo<br />
ormai come automi.<br />
No, non eravamo della prestigiosissima<br />
rivista internazionale<br />
National Geographic,<br />
ma della rivista SUB, dotata<br />
di mezzi più limitati ma non<br />
meno motivata. Bene, allora,<br />
non solo Maria Vazquez ci<br />
avrebbe dato le coordinate<br />
giuste, ma ci avrebbe fatto<br />
accompagnare sul posto dall’unico<br />
uomo che sapeva veramente<br />
dove si trova il sottomarino,<br />
che non è esattamente<br />
nella posizione indicata<br />
dai documenti ufficiali. Per<br />
raccogliere tutto quel materiale,<br />
però, occorreva tempo,<br />
non si poteva fare in<br />
mezz’ora. Dovevamo stare<br />
Il cacciatorpediniere<br />
cacciatorpediniere<br />
Lepanto, Lepanto, che che per per una una<br />
tragica tragica fatalità fatalità<br />
speronò speronò il C4.<br />
C4.<br />
tranquilli, comunque, perché<br />
Maria Vazquez ce lo avrebbe<br />
spedito a Minorca appena<br />
fosse stato pronto, e poi<br />
avremmo preso accordi per<br />
le immersioni. Già, ma, a<br />
proposito di immersioni, Maria<br />
sapeva a quale profondità<br />
si trova il relitto? Non se lo<br />
ricordava, ma doveva comunque<br />
essere fondo. Anni<br />
fa, raccontava, una équipe di<br />
subacquei era venuta apposta<br />
da Barcellona per scendere<br />
sul C4, ma non ci riuscì.<br />
Come mai? Perché l’acqua<br />
era molto scura e a un certo<br />
punto, quando già i sub erano<br />
molto lontani dalla superficie,<br />
cominciarono a sentire<br />
dei colpi, sempre più forti,<br />
sempre più forti, come boati<br />
che presto divennero di<br />
una intensità insostenibile. I<br />
sommozzatori si fermarono<br />
spaventati perché non capivano<br />
da dove provenissero<br />
quei rumori insopportabili, e<br />
poi, di comune accordo, decisero<br />
di risalire. Tornarono<br />
a Barcellona e non si fecero<br />
più vedere. Del resto, quei<br />
colpi misteriosi non erano<br />
una novità nel mare di Soller.<br />
Ogni tanto i pescatori li sentivano<br />
anche da fuori, in barca,<br />
mentre lavoravano con le<br />
reti: cupi rimbombi che provenivano<br />
dagli abissi. I più superstiziosi<br />
dicevano che si<br />
trattava delle anime dei marinai<br />
morti che picchiavano<br />
contro le lamiere del sommergibile<br />
in una estrema, disperata<br />
richiesta di soccorso,<br />
mentre i più ragionevoli pensavano<br />
che dipendessero da<br />
fenomeni vulcanici sottoma-<br />
rini nel braccio di mare che<br />
separa l’isola dalla terraferma.<br />
Alejandro e Carmen Fernandez<br />
tornarono a Minorca<br />
soddisfatti. Finalmente erano<br />
state gettate le basi per una<br />
seria campagna di ricerca. A<br />
incuriosirci era anche la storia<br />
degli inquietanti boati che<br />
salivano dalle grandi profondità:<br />
tra le varie ipotesi raccolte<br />
sul posto c’era persino<br />
quella di una base segreta<br />
americana di sommergibili<br />
atomici dove si sarebbero<br />
svolti chissà quali esperimenti.<br />
L’aspetto singolare della vi-<br />
cenda era che non era mai<br />
stato visto un sottomarino<br />
americano da quelle parti, né<br />
convenzionale né nucleare. E<br />
allora? Be’, non si poteva mai<br />
dire. Del resto, i rumori c’erano...<br />
Passavano i giorni, ma il materiale<br />
che stavamo aspettando<br />
non arrivava. Maria<br />
Vazquez non rispondeva al<br />
telefono e noi non sapevamo<br />
che cosa fare. Al principio di<br />
agosto, Alejandro ristabilì il<br />
contatto e per non perdere<br />
altro tempo fissò un appuntamento<br />
a breve termine:<br />
una parte del PDD avrebbe<br />
IL CACCIATORPE<strong>DI</strong>NIERE LEPANTO<br />
Cacciatorpediniere “Lepanto”, classe “Churruca” prima<br />
serie, costruito dai Cantieri Secn di Cartagena tra il 1930<br />
e il 1932;<br />
Dislocamento: 1.536 t. standard, 1.800 t. a pieno carico;<br />
Dimensioni: lunghezza 101,98 metri; larghezza 9,67 metri;<br />
immersione 3 metri;<br />
Propulsione: 4 caldaie, turbine Parsons, 2 eliche, 42.000 cv;<br />
Velocità: 36 nodi;<br />
Armamento (mm): 5 cannoni da 120/50; uno da 76; 4 mitragliatrici;<br />
2 tubi lanciasiluri tripli da 533 mm; 2 lancia bombe<br />
antisommergibile;<br />
Equipaggio: 160 uomini;<br />
Il cacciatorpediniere “Lepanto” venne demolito alla fine<br />
degli anni ‘50. Era una buone nave, sia per la velocità sia per<br />
l’armamento, anche se era un po’ debole nella difesa antiaerea.<br />
Durante la Guerra Civile spagnola rimase in servizio<br />
nella Marina Repubblicana.<br />
raggiunto Port Soller a bordo<br />
del “Pegaso 3”, la nostra<br />
barca, per andare sulla verticale<br />
del C4, mentre un’altra<br />
parte si sarebbe recata in<br />
missione speciale ad Alcudia,<br />
sempre nell’isola di Maiorca,<br />
per imbarcarsi su una pilotina<br />
di corallari con il segreto scopo<br />
di carpire qualche informazione<br />
utile per l’individuazione<br />
dell’altro sommergibile<br />
che stavamo cercando ormai<br />
da tempo e che si ostinava a<br />
non farsi trovare.<br />
Il piano era ben congeniato,<br />
ma il giorno dell’appuntamento,<br />
nonostante il favore<br />
dei bollettini meteo che assicuravano<br />
mare calmo su tutta<br />
la rotta, fummo messi in<br />
allarme da alcuni cumulonembi<br />
neri come la pece che<br />
si vedevano all’orizzonte. Salpare<br />
o non salpare? L’eterno<br />
dilemma del marinaio ci fece<br />
perdere alcune ore, tanto<br />
che telefonammo a Soller<br />
per avvertire del ritardo. E<br />
da Soller ci risposero con<br />
grandi sospiri di sollievo: meno<br />
male, eravamo ancora vivi!<br />
Be’, era solo un piccolo ritardo,<br />
tentammo di minimizzare.<br />
Ma... Non sapevamo<br />
che cosa era successo? A Sol-<br />
ler era scoppiato il finimondo:<br />
poche ore prima una<br />
tromba d’aria era entrata<br />
nella baia e per quindici minuti<br />
era apparso l’inferno.<br />
Venti rotanti a centottanta<br />
chilometri all’ora, grosse barche<br />
a vela finite sulla spiaggia,<br />
motoscafi rovesciati, ancore<br />
che aravano, gente in preda<br />
al panico. Maria V azquez<br />
aveva temuto che fossimo<br />
stati sorpresi dall’uragano in<br />
navigazione e fossimo andati<br />
a fondo. Che fosse la maledizione<br />
del C4?<br />
Non ci scoraggiammo e dopo<br />
qualche giorno, l’8 di agosto,<br />
partimmo, questa volta<br />
davvero. Con noi, sul “Pegaso<br />
3”, c’era Alejandro, mentre<br />
in missione segreta sulla<br />
barca dei corallari andò Jordi<br />
Moya, il quale, nella veste di<br />
medico iperbarico, ufficialmente<br />
avrebbe dovuto monitorare<br />
l’attività di quegli uomini<br />
avvezzi alle immersioni<br />
più dure, mentre in realtà<br />
avrebbe dovuto impossessarsi<br />
delle coordinate del secondo<br />
sottomarino, ammettendo<br />
che quegli uomini ce<br />
le avessero, come sostenevano.<br />
Scoprimmo, più tardi,<br />
che non era vero, ma questo<br />
Il 6 ottobre vi fu l’assalto da parte di cacciatorpediniere<br />
repubblicani all’incrociatore nazionalista “Baleares”. Il<br />
“Sànchez Barcàiztegui” lanciò quattro siluri, cinque ne<br />
lanciò l’”Antequera” e tre il “Lepanto”, che attaccò per<br />
ultimo. Un minuto dopo quest’ultimo lancio, si vide un’alta<br />
colonna d’acqua alzarsi sul fianco del “Baleares”, colpito<br />
da un siluro. F urono salvati, da due cacciatorpediniere<br />
inglesi che incrociavano nella zona, quattrocentosessantanove<br />
uomini. Il “Baleares” scomparve alle 05,08,<br />
portando con sé settecentoottantotto uomini: un contrammiraglio,<br />
trentasei ufficiali, sessantadue sottufficiali e<br />
seicentocinquantasette marinai. Fu il<br />
maggior disastro della Marina da<br />
guerra spagnola degli ultimi duecento<br />
anni.<br />
Il “Baleares” era un nuovo incrociatore<br />
pesante, terminato nel 1936.<br />
Aveva un dislocamento a pieno carico<br />
di 13.200 tonnellate e un equipaggio<br />
di circa milleduecento uomini.<br />
Pietro Faggioli<br />
fa parte di un’altra storia.<br />
La traversata del canale si dimostrò<br />
più dura del previsto,<br />
ma intorno a mezzogiorno<br />
eravamo a Port Soller, dopo<br />
aver navigato lungo la stupenda<br />
costa nord di Maiorca.<br />
Gettammo l’ancora nella<br />
rada. Le tracce della tromba<br />
marina erano state cancellate<br />
e faceva un caldo opprimente.<br />
Maria Vazquez per l’ennesima<br />
volta non rispondeva<br />
al telefono. Aspettammo. Poi<br />
aspettammo ancora e infine<br />
aspettammo. Non ne potevamo<br />
più. Le ore passavano<br />
e cominciavamo a innervosirci.<br />
Verso le cinque del pomeriggio,<br />
Alejandro, che credevamo<br />
più insofferente, riuscì<br />
a parlare amabilmente<br />
con il marito di Maria, la quale,<br />
venimmo a sapere, era in<br />
difficoltà perché non riusciva<br />
a trovare il nostro uomo,<br />
quello che conosceva la posizione<br />
del C4. E sì che lo aveva<br />
avvisato che saremmo arrivati!<br />
Comunque, ci avrebbero<br />
telefonato presto, non<br />
dovevamo muoverci. Ci apprestammo,<br />
pertanto, a fare<br />
qualcosa di diverso: aspettare,<br />
ma con calma.<br />
Di fronte alla prua del “Pegaso<br />
3”, che dondolava sull’ancora,<br />
c’era la Stazione Navale<br />
Militare, con le sue banchine<br />
vuote e solo due grossi<br />
cani da guardia che cercavano<br />
di ripararsi in qualche<br />
modo dal sole. Il 27 giugno<br />
1946, a quelle stesse banchine<br />
erano attraccati tre sottomarini<br />
d’assalto: il C2, che<br />
inalberava l’insegna del caposquadriglia,<br />
il capitano di vascello<br />
Rafael Fernandez de<br />
Bobadilla, il C4, comandato<br />
dal capitano di corvetta Francisco<br />
R eyna Carvajal, e il<br />
“General Sanjurjo”, costruito<br />
in Italia con il nome “ Archimede”<br />
e comprato dal<br />
governo di Franco nel 1937,<br />
in piena Guerra Civile, per<br />
controbilanciare il fatto che<br />
quasi tutti i mezzi subacquei<br />
spagnoli combattevano dalla<br />
parte della Repubblica.<br />
Alle 8,30, i tre battelli lasciarono<br />
uno dopo l’altro gli ormeggi<br />
per partecipare a una<br />
esercitazione. Dopo alcune<br />
evoluzioni in superficie e in<br />
immersione, avrebbero dovuto<br />
intercettare una formazione,<br />
composta dalle torpediniere<br />
“ Alcalà Galiano”,<br />
“Churruca” e “Lepanto”,<br />
proveniente dalla base di Alcudia.<br />
Sul C4 mancavano all’appello<br />
il comandante in seconda,<br />
tenente di vascello<br />
Enrique Rolandi Gaite, rimasto<br />
a terra in seguito a una fastidiosa<br />
forma di influenza, il<br />
marinaio specialista di seconda<br />
José Gutiérrez Menéndez,<br />
il quale, essendo il furiere di<br />
bordo, doveva espletare alcune<br />
pratiche presso il comando<br />
della base, e due addetti<br />
alle torpedini, il sottufficiale<br />
Manuel Nieto Fernandez<br />
e il capo di seconda<br />
Matìas Pegna, che dovevano<br />
preparare i siluri per il giorno<br />
dopo. Rimase in porto anche<br />
una quinta persona che<br />
fino a quel momento era imbarcata<br />
come osservatore,<br />
l’ufficiale dello Stato Maggiore<br />
don José Llamas Espìn.<br />
Quel giorno, i cinque uomini<br />
lo seppero più tardi, avrebbe<br />
segnato per sempre la loro<br />
vita.<br />
Raggiunto il mare aperto, i<br />
sottomarini si allargarono<br />
a triangolo, come un<br />
branco di lupi in cerca di<br />
preda. F u il C2, alle<br />
11,59, il primo ad avvistare<br />
i pennacchi di fumo<br />
del convoglio avversario.<br />
Le tre torpediniere<br />
procedevano in fila indiana.<br />
Il C2 lanciò l’allarme<br />
e si immerse, sce-<br />
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IL SOTTOMARINO D’ASSALTO C4<br />
Lunghezza: 73,3 metri;<br />
Larghezza: 6,33 metri;<br />
Altezza: 5,74 metri;<br />
Dislocamento in superficie: 925 tonnellate;<br />
Dislocamento in immersione: 1.144 tonnellate;<br />
Propulsione in superficie: 2 motori diesel Vickers da<br />
1.000 Cv;<br />
Propulsione elettrica: 2 motori da 375 Cv;<br />
Eliche: 2;<br />
Capacità combustibile: 42 tonnellate di gasolio;<br />
Velocità massima in superficie: 16,5 nodi;<br />
Velocità massima in immersione: 8,5 nodi;<br />
Autonomia: 6.800 miglia a 10 nodi; 3.200 miglia a 16<br />
nodi in superficie; 150 miglia in immersione;<br />
Profondità massima: 90 metri;<br />
Equipaggio: 40 uomini;<br />
Armamento: un cannone Bonifaz da 75 mm antiaereo,<br />
6 tubi lanciasiluri da 533 mm (4 a prua, 2 a poppa), quattro<br />
siluri di riserva.<br />
Il sottomarino C4 fu costruito dalla Società Spagnola di<br />
Costruzioni Navali Militari di Cartagena e varato il 6 luglio<br />
1929. Prese servizio il 21 settembre dello stesso<br />
anno al comando del capitano di corvetta Manuel P asquìn<br />
de Florez e solo due mesi dopo partecipò alle più<br />
grandi manovre navali dell’epoca. Allo scoppiare della<br />
Guerra Civile, come quasi tutti i sommergibili della Marina<br />
Militare spagnola, passò dalla parte repubblicana e<br />
partecipò ad azioni difensive e di scorta a convogli prevalentemente<br />
in Mediterraneo, facendo la spola tra Malaga,<br />
Cartagena e Valencia, anche se più volte si recò in<br />
Atlantico, spingendosi sino alla costa cantabrica. Nel<br />
1937 gli venne dato espressamente l’ordine di intercettare<br />
le navi che provenivano dall’Italia e portavano<br />
truppe di rinforzo all’esercito nazionale, quello di Franco,<br />
ma non ingaggiò mai battaglia perché non ne avvistò.<br />
Successivamente, nel mare di Bilbao, venne individuato<br />
dall’incrociatore nazionale “Almirante Cervera” mentre<br />
stava cercando di attaccarlo e riuscì a sfuggire per<br />
miracolo a una pioggia di bombe di profondità, che comunque<br />
gli provocarono alcuni danni. Nel 1938, il C4<br />
portò a termine il primo servizio di posta sottomarina<br />
della storia collegando il repubblicano porto di Mahon,<br />
a Minorca, con quello amico di Barcellona. L ’impresa<br />
ebbe più che altro una funzione propagandistica per tener<br />
alto il morale degli isolani e fu persino ricordata da<br />
una emissione di francobolli. Dopo la fine della Guerra<br />
Civile, avvenuta nel 1939, la Marina spagnola si ricostituì<br />
sotto un unico comando e ridusse molto l’attività<br />
delle sue navi, compresa quella dei sottomarini, che<br />
uscirono in mare solo per brevi crociere giornaliere con<br />
lo scopo di mantenere in efficienza sia gli uomini sia i<br />
mezzi. E la situazione si accentuò ancora di più durante<br />
la Seconda Guerra Mondiale. P er farli riconoscere<br />
come non belligeranti, gli scafi dei sommergibili spagnoli<br />
vennero pitturati di bianco, al posto del tradizionale grigio<br />
chiaro, e le torrette con i colori della bandiera nazionale,<br />
rosso e giallo G.P. & F.C.<br />
gliendo come bersaglio l’”Alcalà<br />
Galiano”. <strong>Sub</strong>ito dopo si<br />
immerse anche il “General<br />
Sanjurjo”, il cui comandante,<br />
prima di abbassare il periscopio,<br />
vide il C4 fare la stessa<br />
manovra. Sembrava, dirà dopo,<br />
che seguisse la medesima<br />
rotta, invece cambiò direzione<br />
mentre si inabissava.<br />
Erano le 12,50. Un’ora e cinque<br />
minuti dopo, alle 13,55<br />
esatte, sul ponte di comando<br />
del “Lepanto”, l’ultima nave<br />
della squadriglia che navigava<br />
a quattordici nodi di velocità,<br />
gli ufficiali e le vedette<br />
videro con raccapriccio un<br />
sottomarino che emergeva a<br />
pochi metri di distanza dalla<br />
prua della loro nave. L’impatto<br />
fu tremendo. Il tagliamare<br />
del “Lepanto” si avventò<br />
contro il fianco sinistro del<br />
C4 e lo colpì con tutto il suo<br />
peso tra il cannone e la torretta,<br />
spaccandolo quasi in<br />
due. Il battello, ferito a morte,<br />
si rovesciò e scomparve<br />
immediatamente sotto le onde<br />
con il suo carico umano.<br />
La torpediniera, pur con gravi<br />
danni alle strutture, rimase<br />
a galla e riuscì a raggiungere<br />
lentamente il porto. Nessuno<br />
voleva credere a quello<br />
che era successo, ma la<br />
realtà era ineluttabile.<br />
Alle 7 del pomeriggio dell’8<br />
agosto, Alejandro Fernandez<br />
riuscì a parlare con Maria<br />
Vazquez. Ci saremmo visti in<br />
un bar della passeggiata a<br />
mare dopo mezz’ora. Non<br />
aveva trovato l’uomo che ci<br />
avrebbe accompagnato sul<br />
punto del disastro, ma ci<br />
avrebbe fatto conoscere<br />
nientemeno che il comandante<br />
della Stazione Navale<br />
di Soller, il capitano di fregata<br />
Miguel Bosch.<br />
Alle 21,30 stavamo ancora<br />
aspettando. Finalmente, alle<br />
22,30, si materializzarono vicino<br />
al nostro tavolo tre persone:<br />
Maria Vazquez, il marito<br />
e il comandante Bosch, il<br />
quale si dimostrò di una gentilezza<br />
e di una disponibilità<br />
sorprendenti per un uomo<br />
nella sua posizione. Naturalmente<br />
ne approfittammo subito<br />
e cominciammo a fare<br />
domande. L’ufficiale ci assicurò<br />
che ci avrebbe dato tut-<br />
ti i documenti necessari per<br />
la ricostruzione della tragedia,<br />
cosa che poi fece la mattina<br />
dopo. Ma noi, stanchi di<br />
attendere, eravamo incontentabili<br />
e forse anche un po’<br />
aggressivi. Non ci bastava un<br />
semplice, e poco impegnativo,<br />
“ci vediamo domani”. Ci<br />
voleva qualcosa di più, qualcosa<br />
che per lo meno calmasse<br />
un po’ la nostra ansia<br />
di sapere, magari andando al<br />
di là delle notizie ufficiali che<br />
avevamo letto fino a quel<br />
momento. Per esempio, quali<br />
furono le cause del disastro?<br />
Erano state accertate? In effetti,<br />
nessuno ne aveva fatto<br />
cenno in tutti i documenti<br />
che avevamo esaminato.<br />
Il capitano di vascello Miguel<br />
Bosch divenne pensieroso,<br />
In alto a sinistra, la<br />
base navale di Soller<br />
con il C4 e come si<br />
presenta oggi. Qui, il<br />
capitano di fregata<br />
Miguel Bosch,<br />
comandante della<br />
Stazione Navale di<br />
Soller, con il nostro<br />
Alejandro Fernandez.<br />
bevve un generoso sorso di<br />
birra e poi ci disse con aria<br />
grave, soppesando le parole:<br />
la sfortuna! Era stata proprio<br />
la malasorte a provocare l’incidente.<br />
Non c’erano altre<br />
spiegazioni, perché gli uomini<br />
erano di prim’ordine, il capitano<br />
di corvetta F rancisco<br />
Reyna Carvajal era al comando<br />
del sottomarino da poco<br />
più di due mesi, ma era un<br />
lupo di mare, con tantissima<br />
esperienza. E il C4 non aveva<br />
mai avuto un comandante<br />
duraturo. Carvajal era il decimo<br />
dalla data di entrata in<br />
servizio dell’unità, il 21 settembre<br />
del 1929. Certo, gli<br />
strumenti di bordo, all’epoca,<br />
non erano quelli di adesso,<br />
ci può essere stato un inconveniente<br />
tecnico, oppure<br />
un errore umano, chissà,<br />
nessuno lo saprà mai. Ma si<br />
è trattato comunque di sfortuna,<br />
una sfortuna tremenda.<br />
Perché eravamo così interessati<br />
a questo sottomarino?<br />
Per immergerci, fare fotografie,<br />
raccontare una storia<br />
di mare, anche se le storie di<br />
mare sono spesso drammatiche.<br />
Il comandante assentiva,<br />
non c’erano problemi.<br />
Eravamo, per caso, del National<br />
Geographic? No, no,<br />
eravamo di SUB. Be’, bastava<br />
essere rispettosi del fatto che<br />
per la Marina il punto in cui<br />
giacciono i resti del C4 con il<br />
suo equipaggio è diventato<br />
un mausoleo sommerso.<br />
La mattina dopo, di buon ’ora,<br />
ci incontrammo finalmente<br />
con colui che ci avrebbe<br />
condotto sul punto che ormai<br />
stavamo cercando da<br />
mesi. Era un uomo di mare,<br />
taciturno e riflessivo. Era a<br />
nostra disposizione, ma voleva<br />
mantenere l’incognito.<br />
Sicuro che sapeva dov’era il<br />
sommergibile? Sicurissimo! Il<br />
C4 si trovava esattamente a<br />
tredici miglia dal Morro de la<br />
Vaca, rotta tredici gradi. Salpammo<br />
e ci accorgemmo<br />
che le batimetriche, sotto la<br />
chiglia del “Pegaso 3”, scendevano<br />
velocemente. Così<br />
ripetemmo per l’ennesima<br />
volta la domanda che ci stava<br />
a cuore e ci aveva accompagnato<br />
fino a quel momento: a<br />
quale profondità si trova il<br />
relitto? Ah, non arriva a mille,<br />
rispose senza enfasi la nostra<br />
guida. Mille? Voleva dire mille<br />
metri? Sì, dovevano essere<br />
950, o 980, non ricordava<br />
con precisione, ma di una cosa<br />
era certo: non arrivava a<br />
mille metri!<br />
Ci guardammo negli occhi in<br />
silenzio. E i subacquei venuti<br />
da Barcellona? E le paure scatenate<br />
dai rumori sul fondo?<br />
Sì, era vero, almeno in parte:<br />
una équipe era effettivamente<br />
arrivata da Barcellona e si<br />
era spaventata per i sordi<br />
boati che provenivano dagli<br />
abissi, ma quei sub si stavano<br />
immergendo su una secca vicino<br />
alla costa e non sul C4.<br />
Che fare a questo punto?<br />
Qualcuno, alludendo ai mille<br />
metri di profondità, si lasciò<br />
scappare una battuta sul fatto<br />
che saremmo stati costretti<br />
a cambiare le miscele<br />
e a rivedere il piano d’immersione,<br />
ma il nostro accompagnatore<br />
non la colse e<br />
continuò imperturbabile: con<br />
un buon robot teleguidato<br />
non avremmo avuto alcuna<br />
difficoltà per andare sul sottomarino.<br />
Non eravamo del<br />
National Geographic?<br />
Guido Pfeiffer & Flory Calò<br />
Le foto storiche e i profili del sommergibile C4 e del cacciatorpediniere Lepanto<br />
ci sono state messe a disposizione dalla Biblioteca Mai - Fondo Occhini di<br />
Bergamo grazie alla cortesia di Mario Piovano e da Jaime Munoz Delgado Diaz<br />
del Rio, comandante dell’Arma Sottomarina della Base Navale di Cartagena.<br />
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