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Le donne e la Resistenza - Uil

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febbraio del 1945, mentre stava organizzando a Trieste i contatti con <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>,. Vi restò dieci<br />

giorni. Quando fu ri<strong>la</strong>sciata, ritornò a Udine. Il 23 aprile 1945 si arruolò nel<strong>la</strong> Brigata<br />

“Miglioranza”. Dopo <strong>la</strong> Liberazione fu attivissima monarchica e si prodigò molto nel<strong>la</strong> campagna<br />

referendaria del 1946.<br />

NEGRI INES<br />

Nata a Savona l’8 ottobre 1916. Uccisa dai fascisti a Savona il 19 agosto 1944.<br />

Ines fu una giovane antifascista che, subito dopo l’armistizio, entrò nei Gruppi di difesa del<strong>la</strong><br />

donna e divenne staffetta partigiana. Nell’agosto del 1944 in provincia di Savona arrivarono i<br />

primi contingenti del<strong>la</strong> Divisione del<strong>la</strong> fanteria di marina "San Marco", ma non tennero conto del<br />

fatto che non pochi degli arruo<strong>la</strong>ti accettarono l’ingaggio per sottrarsi al<strong>la</strong> prigionia in Germania.<br />

Lo compresero le organizzazioni del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> e, in partico<strong>la</strong>re, quelle delle <strong>donne</strong>. Fu così che<br />

anche tra quei soldati cominciarono le diserzioni. Il 16 agosto del 1944, ad Albiso<strong>la</strong> Mare, nei<br />

pressi di Vil<strong>la</strong> Faragiana, Ines Negri, che accompagnava in montagna militari del<strong>la</strong> "San Marco",<br />

fu arrestata. Dopo tre giorni di feroci torture, <strong>la</strong> giovane donna fu condannata a morte e subito<br />

fuci<strong>la</strong>ta. La stessa sorte toccò, una settimana dopo, a Clelia Corradini. La risposta delle <strong>donne</strong><br />

savonesi venne con un comunicato del bollettino "Noi Donne", nel quale si annunciò che, da quel<br />

momento, le <strong>donne</strong> sarebbero entrate nelle formazioni partigiane, partecipando direttamente alle<br />

azioni di guerriglia. Il nome di Ines fu dato ad una Brigata garibaldina<br />

NISSIM LUCIANA<br />

Nata a Torino nel 1919. Deceduta a Mi<strong>la</strong>no nel 1998, <strong>la</strong>ureata in medicina.<br />

Nonostante le leggi antiebraiche, Luciana Nissim riuscì a conseguire, nel 1943, poco prima del<strong>la</strong><br />

caduta del fascismo, <strong>la</strong> <strong>la</strong>urea in medicina. Dopo l’armistizio, Luciana decise di raggiungere in<br />

Valle d’Aosta un piccolo gruppo di partigiani di Giustizia e Libertà. Dopo pochi mesi Nissim<br />

venne arrestata con i compagni di lotta. Il 13 dicembre del 1943 fu rinchiusa nel carcere di Aosta.<br />

Poco dopo fu trasferita nel campo di Fossoli, da dove, il 22 febbraio del 1944, partì con un<br />

convoglio di circa cinquecento persone con destinazione Auschwitz. Luciana grazie al<strong>la</strong> sua <strong>la</strong>urea<br />

venne assegnata per qualche tempo all’infermeria del campo. Sopravvisse al <strong>la</strong>ger e tornò in Italia.<br />

OLIVA ELSA<br />

Nata a Piedimulera (Novara) l’11 aprile 1921. Deceduta a Domodosso<strong>la</strong> l’11 aprile 1994.<br />

Nacque in una famiglia antifascista. Frequentata soltanto <strong>la</strong> quarta elementare, a otto anni, fu<br />

messa "a servizio". Ragazzina irrequieta, aveva solo 14 anni quando, con il fratello Renato, si<br />

allontanò di casa e se ne andò in Valsesia. Poi si trasferì ad Ortisei. Elsa non nascose le sue idee,<br />

tanto che fu presa di mira dal<strong>la</strong> polizia. Fu così che ritenne più conveniente andarsene in un centro<br />

più grande. A Bolzano riuscì a farsi assumere all’Anagrafe del Comune, dove rimase fin dopo<br />

l’armistizio. Fu quello il momento dell’impegno totale nel<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>. Elsa partecipò al<strong>la</strong> difesa<br />

del<strong>la</strong> caserma di Bolzano contro i tedeschi, organizzò <strong>la</strong> fuga di militari internati dagli occupanti,<br />

procurò certificati falsi a molti soldati, perché potessero sottrarsi al<strong>la</strong> cattura, poi distrusse<br />

l’archivio dell’Anagrafe, perché non restassero tracce del suo operato. Sino al novembre del 1943,<br />

<strong>la</strong> ragazza partecipò coraggiosamente, con gli antifascisti locali, ad azioni di sabotaggio contro i<br />

tedeschi, ma finì per essere arrestata. Era in viaggio per Innsbruck, dove avrebbero dovuto<br />

processar<strong>la</strong>, quando riuscì a fuggire e a raggiungere, Domodosso<strong>la</strong> dove i suoi si erano nel<br />

frattempo trasferiti. Ricercata dalle SS, nel maggio del 1944 <strong>la</strong> ragazza si unì, come infermiera, ai<br />

partigiani del<strong>la</strong> 2a Brigata del<strong>la</strong> Divisione "Beltrami", ma presto divenne partigiana combattente.<br />

Nell’ottobre <strong>la</strong>sciò <strong>la</strong> "Beltrami", raggiungendo un altro fratello, Aldo, che militava nel<strong>la</strong> "Banda<br />

Libertà". Nuovamente cambiò formazione. Elsa entrò nel<strong>la</strong> Brigata partigiana "Franco Abrami"<br />

del<strong>la</strong> Divisione "Valtoce", che ebbe <strong>la</strong> sua base sul Mottarone. <strong>Le</strong> affidarono il comando di una<br />

squadra chiamata "Vo<strong>la</strong>nte di polizia" e che presto, dal nome di battaglia di Elsa, sarà chiamata<br />

"Vo<strong>la</strong>nte Elsinki”. L’8 dicembre 1944 fu catturata dai fascisti, che <strong>la</strong> portano in una loro caserma<br />

di Omegna. La ragazza era certa del<strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione e decise quindi di simu<strong>la</strong>re il suicidio, ingerendo

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