A P R I L E
ABITO MOD. 6F “NODO D’AMORE”, 1955 Abito da gran sera, realizzato in velluto <strong>di</strong> seta nero con intarsi <strong>di</strong> raso bianco su cui è ricamato un fiocco in velluto in nero impreziosito da ricami <strong>di</strong> perle, paillettes e fiori in cristalli. Questo modello, custo<strong>di</strong>to nell’Archivio Storico della Fondazione Micol Fontana con sede in Roma, Via San Sebastianello 6, è presente nel film del 1955 “Le amiche” <strong>di</strong> Michelangelo Antonioni, film che ha vinto il Leone d’Argento al Festival <strong>di</strong> Venezia <strong>di</strong> quell’anno. Nel 1995 il regista Mario Monicelli nel film “Facciamo Para<strong>di</strong>so” ha riproposto tale abito con l’attrice Aurore Clèment. L’abito ha partecipato a molte mostre sia in <strong>Italia</strong> che all’estero ed è presente nei relativi cataloghi. La signora Micol Fontana ha gentilmente concesso l’originale del modello per la realizzazione del Calendario <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> 2013. «… Ora la nostra notte polare era finita. Ma il giorno non si presentava anemico, sbia<strong>di</strong>to: erano cal<strong>di</strong>, invoglianti colpi <strong>di</strong> sole, quelli che guizzavano dell’<strong>Italia</strong> del dopoguerra. Portavano una voglia <strong>di</strong>rompente <strong>di</strong> vivere, <strong>di</strong> fare, <strong>di</strong> ricostruire, <strong>di</strong> recuperare il tempo annientato dal gioco <strong>di</strong>sumano della guerra. E soprattutto una gran voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare. A Roma riaprivano uno ad uno i night club, che finalmente non si chiamavano più “tabarini”, come aveva imposto Starace italianizzando le parole straniere. E i night erano quasi tutti in Via Veneto, a due passi dal nostro atelier, come pure i gran<strong>di</strong> Caffè, primo fra tutti il Cafè de Paris. Ma sì, atelier, anche questo alla francese. Facemmo incidere una targa, “Casa <strong>di</strong> Moda Sorelle Fontana”. E inventammo un monogramma, SF, che poi resterà sempre lo stesso. Non dovemmo aspettare a lungo: le clienti venivano, attirate dalla pro<strong>di</strong>giosa calamita del risveglio. Cinecittà aveva ricominciato a lavorare, con De Sica, Rossellini e Gassman, mentre il concorso <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> lanciava in orbita splen<strong>di</strong>de ragazze incantate dal miraggio della celluloide: Lucia Bosè, Gina Lollobrigida, Gianna Maria Canale, Eleonora Rossi Drago, Silvana Mangano. I saloni dei palazzi patrizi, le ville sull’Appia Antica, s’erano riscossi dal letargo, animandosi <strong>di</strong> scintille <strong>di</strong> mondanità. Nell’<strong>Italia</strong>, che si apprestava a vivere il suo secondo risorgimento, esplose il culto della femminilità, e fece rapidamente proseliti. Non il culto della bellezza, o almeno non sempre, poiché non tutte le donne potevano <strong>di</strong>rsi belle in senso classico, tra<strong>di</strong>zionale: ma della femminilità, appunto, il nuovo modo <strong>di</strong> essere donne, gioioso, spensierato, dopo anni <strong>di</strong> mortificazione…». Micol Fontana Tratto dal suo libro autobiografico “Specchio a tre luci” a cura <strong>di</strong> Dino Cimagalli, e<strong>di</strong>to da Nuova Eri Lucia, Silvana, Sofia: dalla passerella <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> al cinema d’autore «Che cosa vuoi fare? Sai cantare, vuoi ballare, vuoi fare teatro?». «Cinema!» risponde senza esitazioni quella ragazzina <strong>di</strong> Pozzuoli arrivata con la mamma che la spinge avanti tra tutte: «Mettete annanz’. Mettiti davanti, fatti vedere…». «E’ il 3 settembre 1950, nel salone Moresco del Grand Hotel des Thèrmes <strong>di</strong> Salsomaggiore e, anche se l’orchestra intona “funi-culì funì-culà” per Anna Maria Bugliari, 16 anni, <strong>Miss</strong> della provincia <strong>di</strong> Salerno, per Sofia nasce la fascia <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> Eleganza e il cinema, più della moda, le mette subito gli occhi addosso. Piangono e si abbracciamo le ragazze che sognano la corona più ambita d’<strong>Italia</strong>: l’ha già avuta ‘ad honorem’ Silvana Pampanini, la sogna, tra tutte, anche la signorina Ralli, Giovanna Ralli, romana, appena quin<strong>di</strong>cenne. <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>, da sempre una fabbrica <strong>di</strong> bellezza per il grande schermo, in quel 1950 che lascia il dopoguerra ha già lanciato Lucia Bosè, Eleonora Rossi Drago, Gina Lollobrigida, <strong>Miss</strong> Roma Silvana Mangano.... Bellezze acerbe ma già perfette per la moda e per il cinema. Una prova? Chi <strong>di</strong>mentica la straor<strong>di</strong>naria capacità <strong>di</strong> dare uno stile alla bellezza naturale <strong>di</strong> un concorso che ha dato al cinema oltre mezzo secolo <strong>di</strong> “scoperte”, pensi anche solo al bianco e nero del cinema d’autore che ha saputo trasformare in autentico <strong>di</strong>vismo il gusto estetico dei talent scout <strong>di</strong> allora. Un’immagine per tutte: Lucia Bosè in sottoveste, seduta sul letto, con una sigaretta accesa tra le labbra sensuali... Fece scandalo, allora, nel Paese che, in sala, scopriva il neorealismo rosa, ma <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> era già cinema. E per la piccola Lucia, in posa per il provino <strong>di</strong> Cronaca <strong>di</strong> un amore, la passerella era giù arrivata al cinema d’autore…». Laura Delli Colli Giornalista e scrittrice