01.06.2013 Views

Foto di Claudio Porcarelli - Miss Italia

Foto di Claudio Porcarelli - Miss Italia

Foto di Claudio Porcarelli - Miss Italia

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

«Eravamo piccole donne. Piene <strong>di</strong> sogni, miti e desideri.<br />

Eravamo come tutte le adolescenti del mondo. Con<br />

la certezza <strong>di</strong> cambiarlo il mondo, che tutto da allora in<br />

poi sarebbe stato migliore, con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita, idee politiche,<br />

benessere e progresso. Avevamo l’illusione che la<br />

vita fosse un’autostrada (come quelle che cominciavano,<br />

nei progetti, ad essere costruite) con un grande premio<br />

al casello finale…Ma come avevano potuto i nostri padri<br />

(che le madri, almeno in questo erano innocenti, avendo<br />

le donne avuto il voto in <strong>Italia</strong> solo pochi anni prima, in<br />

quel giugno del ’46 quando anche per il loro contributo,<br />

vinse la Repubblica) cascare nella facile trappola <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatori<br />

cialtroni, ri<strong>di</strong>coli come tacchini imbolsiti? Di guerrafondai<br />

incoscienti? Di uomini legati ai “poteri forti” <strong>di</strong> ogni<br />

epoca?<br />

C’eravamo noi, ora, e certo non avremmo più sbagliato. Il<br />

mondo era nostro. Vivevano nel secolo, nel decennio giusto,<br />

a metà dei favolosi anni ’50, quelli che poi sarebbero<br />

stati definiti “anni del boom economico”. Anche se non<br />

per tutti. Anni <strong>di</strong> emigrazione in massa quelli, soprattutto<br />

dal meri<strong>di</strong>one verso Argentina e Stati Uniti. E tanti matrimoni<br />

per procura. Venivano, le giovani, chieste in moglie,<br />

spesso a uomini che conoscevano solo da una foto sbia<strong>di</strong>ta<br />

o contraffatta, a salutare mia nonna.<br />

“Vossignoria, so arrivate è CARTE!” – annunciavano con<br />

occhi umi<strong>di</strong> le madri che forse non avrebbero più visto le<br />

figlie – “E a picciridda se ne fuje a Bonossà”, che stava<br />

per Buenos Aires. E la generosità <strong>di</strong> nonna Carmela la<br />

dotava <strong>di</strong> una somma utile per abiti nuovi e <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong><br />

lire, riposte con cura nel fazzoletto usato da portamonete.<br />

Noi ragazze “borghesi” più privilegiate, avevamo altro tipo<br />

<strong>di</strong> ostacoli. Non avremmo fatto gli errori perbenisti delle<br />

nostri madri, grande o piccolo amore, matrimonio, figli.<br />

Noi non volevamo certezze, ma vivere la vita. Osare inventare.<br />

Diventare. Io volevo – dopo qualche tentazione<br />

– scartata la carriera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co che era lo scopo <strong>di</strong> vita <strong>di</strong><br />

mio padre, volevo fortemente <strong>di</strong>ventare giornalista. Capire<br />

al <strong>di</strong> là del quadro <strong>di</strong> apparenze e schemi, la realtà vera<br />

<strong>di</strong> avvenimenti, persone e cose. Guardare nel cuore delle<br />

cose e delle persone.<br />

E raccontarla, quella realtà che avrei cercato con onestà<br />

<strong>di</strong> decifrare. Sarebbe stato il mio contributo al sogno <strong>di</strong><br />

un mondo sempre più teso ai valori più alti, al <strong>di</strong> là delle<br />

apparenze e dei falsi miti.<br />

Ma come per molte mie coetanee, la realtà si rivelava meno<br />

eroica e più banale. Intanto dovevamo destreggiarci in un<br />

ottovolante a doppio binario, una scala mobile a due velocità,<br />

e rimanere in pie<strong>di</strong>. C’era la “velocità” della tra<strong>di</strong>zione<br />

delle donne delle altre generazioni, ma che, seppure da noi<br />

considerate inadeguate, erano state capaci <strong>di</strong> affrontare<br />

e superare sconvolgimenti traumatici. E c’era la “velocità”<br />

che urgeva, premeva, del lasciare spazio al nostro <strong>di</strong>venire.<br />

Sogni. Miti. “Pantera Bionda”, un fumetto che era una<br />

specie <strong>di</strong> Tarzan in gonnella, e madame Curie. Joyce<br />

Lussu e la grande Brunella Gasperini, che parlava con<br />

sensibilità e modernità dalle pagine gialline <strong>di</strong> un noto<br />

settimanale al cuore <strong>di</strong> noi ragazze. O, a me più vicina,<br />

la mitica nonna materna Elvira, che armata <strong>di</strong> una carabina,<br />

due cani, due muli fatti caricare <strong>di</strong> cibo, e <strong>di</strong> tanta<br />

autorevolezza, a quin<strong>di</strong>ci anni era riuscita a far allontanare<br />

senza danni dalla grande casa, in quel momento sguarnita<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fensori, una banda <strong>di</strong> briganti arrivati per uccidere<br />

e saccheggiare. E aveva poi vegliato con tenerezza<br />

e sapienza sulla mia adolescenza, prima <strong>di</strong> lasciarmi per<br />

sempre. Donne, e tanto gran<strong>di</strong>!<br />

E c’era poi, veicolato da stampa e cinema, il “sogno americano”<br />

<strong>di</strong> una gioventù sportiva, gioiosa e <strong>di</strong>sinibita. Intanto<br />

noi adolescenti, in giro con guantini bianchi, girovita<br />

da vespa, gonne lunghe plissé ampliate da sottogonne rigide,<br />

non potevamo portare i pantaloni, proibitissimo. Ma<br />

come arrampicarsi sugli alberi delle mie estati calabresi,<br />

montare a cavallo, andare in bicicletta senza…mostrare<br />

troppo, come essere libere che già non lo eravamo neppure<br />

in un “dettaglio” come quello?<br />

Avevo in parte ovviato facendo a mano una cucitura nel<br />

mezzo <strong>di</strong> una ampia gonna a godet, <strong>di</strong>ventata così gonna<br />

– pantalone. Eppoi rubando i pantaloni <strong>di</strong> mio fratello.<br />

Scandalo, reprimende. Ma avevo tenuto duro. In quella<br />

scelta ed anche in altre, come quella <strong>di</strong> non accettare uno<br />

dei “buoni partiti”. Non mi sposerò mai, affermavo. Avevo<br />

se<strong>di</strong>ci anni (e sposata, lo sono stata seppure più tar<strong>di</strong>,<br />

con un uomo straor<strong>di</strong>nario scomparso troppo presto).<br />

Poi, l’anno dopo arrivò l’avventura <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>. A Rimini,<br />

convinta da uno zio giornalista <strong>di</strong> fargli da cronista, mi<br />

trovai invece ad essere eletta <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>.<br />

Settembre 1955. Scappai via con mamma e zio, e in auto<br />

tornammo a Roma nella notte. Inseguita da tutta l’organizzazione<br />

(non era ancora quella del compianto Enzo Mirigliani)<br />

che temeva imboscate <strong>di</strong> concorrenti e altri guai.<br />

Ma giornalista alla fine lo <strong>di</strong>ventai, prima scrivendo per il<br />

giornalino “il Musichiere” <strong>di</strong>retto da Franco Moccagatta<br />

e frequentando, il sabato pomeriggio e sera, il <strong>di</strong>etro le<br />

quinte della celebre trasmissione condotta da Mario Riva:<br />

che poi, insieme con Garinei e Giovannini, i due autori, mi<br />

volle come “valletta”.<br />

Ancora? Bella presenza e…? Io che volevo descriverle<br />

le cosse, non essere sul palco. Sempre da giornalista<br />

partecipai alla “V degli Agricoltori”, in <strong>di</strong>retta la domenica<br />

mattina alle 10.15 prima della Messa.<br />

Perché appunto era successo questo, <strong>di</strong> grosso, nella<br />

seconda metà degli anni ’50: la nascita della televisione<br />

unica e <strong>di</strong> stato, un solo canale. Ufficialmente il primo vagito<br />

della RAI, “Ra<strong>di</strong>o Au<strong>di</strong>zioni <strong>Italia</strong>ne”, fu il 3 gennaio<br />

del ’54. Ma il boom venne nella seconda metà degli anni<br />

’50, con trasmissioni come “il Musichiere” e “Non è mai<br />

troppo tar<strong>di</strong>”, lezioni <strong>di</strong> italiano per adulti analfabeti del<br />

maestro Manzi; e si passò alle gambe velatissime delle<br />

gemelle Kessler alle mini <strong>di</strong> Sabina Ciuffini, valletta <strong>di</strong> Mike<br />

in “Lascia e Raddoppia”. Televisori pochi, avvenimento<br />

da non perdere le due trasmissioni del giovedì e del sabato<br />

sera, viste da clienti dei cinema o dei bar, dove si esponeva<br />

in alto come un trofeo, visibile anche alle vetrine, un<br />

panciuto grande televisore.<br />

Ma i gran<strong>di</strong> censori vegliavano nell’ombra. E nel ’59 a Jula<br />

de Palma fu decretato un lungo ostracismo per aver cantato<br />

con troppa partecipazione la canzone “Tua”… “tua<br />

nelle braccia tue…”. Stesso trattamento subìto tre anni<br />

dopo da Mina perché aspettava il figlio Massimiliano da<br />

Corrado Pani senza essere “regolarmente coniugata” .<br />

Da quegli anni, da noi le ragazze <strong>di</strong> allora, partì la miccia<br />

che, <strong>di</strong>vampata nel ’68 avrebbe portato ad una nuova<br />

coscienza femminile. E con la partecipazione sempre più<br />

attiva <strong>di</strong> tante giovani donne, nei primi anni ’70 alle leggi<br />

su <strong>di</strong>vorzio, aborto, parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti tra i coniugi (prima abbandono<br />

del tetto coniugale e tra<strong>di</strong>mento femminile facevano<br />

finire le donne in gattabuia!) e accesso a professioni<br />

fino allora negate.<br />

Dopo un decennio <strong>di</strong> caparbi tentativi, giornalista alla Rai<br />

lo <strong>di</strong>ventai appunto alla fine degli anni sessanta. Accendemmo<br />

noi quella miccia che nel decennio successivo<br />

aprì la strada alle prime donne Ministro (del Lavoro, Tina<br />

Anselmi) e Presidente della Camera (Nilde Lotti).<br />

La “TELEVISIONE” che pure ha avuto tanti meriti <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione<br />

e unificazione culturale, oltre a sollecitare ormai<br />

clamorose cadute <strong>di</strong> gusto, ha gettato un seme perverso<br />

che porta alla assurda situazione <strong>di</strong> oggi, dove apparenza<br />

e immagine hanno sostituito tutti gli altri “valori” e<br />

reso reale tutto quello “che appare dunque è”. Ed è così<br />

vero, purtroppo, se un cronista, come è accaduto recentemente,<br />

preferisce filmare (e mettere su WEB) lo strazio<br />

<strong>di</strong> un corpo d’uomo <strong>di</strong>laniato dalla metropolitana in arrivo<br />

che allungare un braccio e salvargli la vita!<br />

Infine sempre più patologiche frustrazioni maschili hanno<br />

prodotto quell’intollerabile e quoti<strong>di</strong>ano fenomeno della<br />

“mattanza” delle donne, per cui urge inasprire le pene e<br />

tutelare più efficientemente la metà femminile degli abitanti<br />

del nostro paese! Ma per fortuna – anche se ancora pochi<br />

– esistono quelli che io chiamo “uomini nuovi”. Uomini<br />

davvero forti che possono permettersi <strong>di</strong> superare ruoli<br />

e stupi<strong>di</strong> schemi e <strong>di</strong>ventare così veri “compagni”, esprimendo<br />

in tanti mo<strong>di</strong> tenerezza, rispetto e collaborazione».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Brunella Tocci<br />

Giornalista e Scrittrice<br />

Il concorso scopre Salsomaggiore Terme (1950), dove si<br />

presenta Sofia Loren. La sua mancata vittoria fa ancora<br />

oggi sensazione (merita però il titolo <strong>di</strong> “<strong>Miss</strong> Eleganza”<br />

fra i più prestigiosi del Concorso). Il secondo decennio <strong>di</strong><br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> rivela protagoniste come Anna Marisa Bugliari,<br />

preferita alla Loren, o Isabella Valdettaro (1951). Ma non<br />

si <strong>di</strong>menticano Marcella Mariani, vittima <strong>di</strong> un incidente<br />

aereo, e Marisa Jossa, la prima <strong>Miss</strong> <strong>di</strong> Enzo Mirigliani,<br />

che nel 1959 prese in mano la guida del Concorso.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!