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Foto di Claudio Porcarelli - Miss Italia

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<strong>Foto</strong> <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Porcarelli</strong>


G E N N A I O


«Dagli albori fino a questi anni contrad<strong>di</strong>ttori <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong><br />

scan<strong>di</strong>sce e fotografa l’evoluzione del costume. Scatto<br />

dopo scatto, giorno dopo giorno, un viaggio lungo tre<br />

quarti <strong>di</strong> secolo. Non fermiamoci all’apparenza, all’abito<br />

indossato, a ciò che andava <strong>di</strong> moda esattamente in<br />

quella stagione. Dietro c’è molto <strong>di</strong> più: ci sono aspirazioni,<br />

progetti, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere, sogni, anche conquiste. Una<br />

lunga marcia: c’è ancora tanta strada da fare, ma molta<br />

è già stata percorsa.<br />

Lontana anni luce appare oggi l’epoca in cui l’unica prospettiva<br />

riservata alla donna era <strong>di</strong>ventare al più presto<br />

moglie e madre, meglio se prolifica, segno <strong>di</strong> grande patriottismo.<br />

Nei cosiddetti anni del consenso, sotto il fascismo,<br />

un’italiana su quattro era analfabeta; non meraviglia<br />

che il mondo del lavoro fosse ermeticamente sbarrato<br />

all’universo femminile, confinato fra le pareti domestiche.<br />

Sulla rivista Gran<strong>di</strong> Firme trionfavano, maliziose, le signorine<br />

<strong>di</strong>segnate da Boccasile, italiche pin-up: vitino <strong>di</strong> vespa,<br />

seno straripante, fianco ad anfora. Guai ad andare<br />

controcorrente, essere troppo magre, portare i pantaloni,<br />

avere atteggiamenti vagamente autonomi. Il tipo ideale<br />

era la donna morbida e rassicurante, “<strong>di</strong> statura me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong><br />

buone proporzioni, un po’ rotonda e d’anca larga” come<br />

si legge testualmente in un manuale <strong>di</strong> igiene e psicologia<br />

<strong>di</strong>ffuso dal regime alla fine degli anni trenta. Ed è una<br />

bellezza quieta e nostrana quella che intende premiare<br />

la società farmaceutica che fa capo al conte Visconti <strong>di</strong><br />

Modrone quando nel ‘39 in<strong>di</strong>ce il concorso “Cinquemila<br />

lire per un sorriso”, antenato <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>.<br />

Bellezze più moderne, magari con un tocco sensualmente<br />

ambiguo come Marlene Dietrich e Greta Garbo, erano<br />

lontanissime dal modello corrente. Hollywood appariva<br />

un miraggio confuso quanto proibito e l’<strong>Italia</strong> restava un<br />

paese provinciale e soprattutto isolato nell’autarchia. Fioco<br />

o nullo arrivava il riverbero <strong>di</strong> ciò che Coco Chanel già<br />

molti anni prima aveva fatto per le donne, rivoluzionando<br />

il loro modo <strong>di</strong> vestire quando le liberò dalla schiavitù <strong>di</strong><br />

busti e corsetti.<br />

La stagione del dopoguerra e della ricostruzione portò<br />

una ventata <strong>di</strong> ottimismo: l’<strong>Italia</strong> si scopre povera ma bella.<br />

Le mo<strong>di</strong>ste copiano sui cartamodelli i sontuosi abiti <strong>di</strong><br />

Christian Dior e del suo New Look tutto francese: dopo<br />

tante privazioni finalmente l’abbondanza, metri e metri <strong>di</strong><br />

tessuti costosi, gonne gonfie, lunghe, ondeggianti. In <strong>Italia</strong><br />

tutto sembra più artigianale, improntato all’arte <strong>di</strong> arrangiarsi.<br />

Lucia Bosè si cuce da sola utilizzando la stoffa<br />

a fiori <strong>di</strong> un <strong>di</strong>vano il costume da bagno con cui sfila a<br />

Stresa, e anche Gina Lollobrigida, da Subiaco, e Sophia<br />

Scicolone (non ancora Loren), da Pozzuoli, si ingegneranno<br />

con abiti fatti in casa. Quello che conta è che la<br />

vita sia strizzata, i fianchi sottolineati, la scollatura bene in<br />

vista: l’apoteosi della maggiorata.<br />

“Roma? Venti minuti a San Pietro, venti minuti al Colosseo<br />

e almeno due giorni nell’atelier della Sorelle Fontana”,<br />

scrisse in pieni anni cinquanta un quoti<strong>di</strong>ano. Si avvicinavano<br />

i brivi<strong>di</strong> e le trasgressioni della Dolce Vita: le donne<br />

comuni seguivano sui rotocalchi e nei cinegiornali – come<br />

fosse un fotoromanzo a puntate - l’avvicendarsi, i capricci,<br />

gli amori <strong>di</strong> <strong>di</strong>ve e principesse che sembravano avere<br />

eletto Roma e via Veneto a passerella planetaria. L’alta<br />

moda italiana si consolidava grazie agli abiti sfoggiati da<br />

Linda Christian, da Ingrid Bergman, da Liz Taylor, da Anita<br />

Ekberg, dall’imperatrice Soraya sin dal primo dei suoi esilii.<br />

Che anni, alla vigilia del boom economico, e che firme sui<br />

giornali: Oriana Fallaci intervista su “Epoca” Walter Chiari<br />

che annuncia: non sposerò Ava Gardner. Camilla Cederna<br />

racconta sull’ “Europeo” la lunga fila <strong>di</strong> attricette che<br />

vengono a Roma sognando la gloria e decreta: una su<br />

cinquemila sarà una stella. Giorgio Bocca su “Tempo illustrato”<br />

fa una grande intervista a Fellini titolata “Sono un<br />

peccatore anch’io”.<br />

La moda rispecchia l’opulenza <strong>di</strong> quegli anni, <strong>di</strong> quelle feste,<br />

<strong>di</strong> quei set lussuosi, anche se il fossato fra la sfavillante<br />

vita delle star e la grigia quoti<strong>di</strong>anità delle ragazze qualunque<br />

appare incolmabile. Si fa per sognare, altrimenti<br />

“Epoca” non avrebbe riprodotto, numerandoli, i figurini<br />

dell’imponente guardaroba con cui la Lollo si presenta a<br />

Hollywood: da uno a 264.<br />

Nei sessanta, il decennio delle gran<strong>di</strong> illusioni e dei bruschi<br />

risvegli, tutto precipitosamente cambia. Sono anni<br />

tumultuosi e affannati, carichi <strong>di</strong> fervore. Nel ‘64 compare<br />

il primo topless, più o meno in contemporanea con la<br />

minigonna lanciata da Mary Quant e con il <strong>di</strong>lagare della<br />

moda dettata dalla strada. Se al cinema continua a<br />

imperare come para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> seduzione Brigitte Bardot,<br />

nuovi modelli <strong>di</strong> femminilità sono alle porte. Spirano venti<br />

<strong>di</strong> libertà e la bellezza si “democratizza” <strong>di</strong>ventando<br />

accessibile. Certo: belle si nasce, ma in certi casi si può<br />

anche <strong>di</strong>ventare. Migliorarsi, truccarsi, curarsi, depilarsi,<br />

combattere la cellulite è un’opzione se non alla portata<br />

<strong>di</strong> tutte, <strong>di</strong> molte. Le adolescenti non copiano più le madri,<br />

non vogliono più somigliare a delle signore ma essere<br />

se stesse: cioè delle ragazze. Saranno le mamme, semmai,<br />

a vestirsi come le figlie. Già da varie stagioni Audrey<br />

Hepburn è <strong>di</strong>ventata la nuova icona <strong>di</strong> fascino e <strong>di</strong> eleganza.<br />

Si affermano modelle filiformi come Twiggy, Donyale<br />

Luna, Verushka quando la parola anoressia è ancora<br />

un termine sconosciuto. Le figlie del boom economico<br />

hanno fatto in tempo a giocare con Barbie e vogliono,<br />

anche esteticamente, essere padrone del loro destino.<br />

La rivoluzione femminista decreta il tramonto della donna<br />

oggetto. Ma è solo una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti, una delle<br />

utopie degli anni settanta. Le ragazze che partecipano<br />

ai concorsi <strong>di</strong> bellezza riven<strong>di</strong>cano il <strong>di</strong>ritto a capitalizzare<br />

sul loro aspetto fisico. Nessuno le sfrutta, <strong>di</strong>chiarano,<br />

semmai sono loro a sfruttare i concorsi e i meccanismi <strong>di</strong><br />

selezione. L’ingenuità impacciata <strong>di</strong> un tempo, i balbettii,<br />

i rossori cedono il passo alla determinazione. E la moda?<br />

Rispecchia il gusto incerto <strong>di</strong> quegli anni. Va tutto e il contrario<br />

<strong>di</strong> tutto: la gonnellona a fiori e gli hot pants, i pantaloni<br />

a zampa d’elefante e la salopette <strong>di</strong> jeans, gli zatteroni<br />

e gli stivali, lo scialle post romantico e la casacca hippy.<br />

E’ negli anni ottanta, velocemente archiviati come la decade<br />

dell’edonismo rampante e del <strong>di</strong>simpegno in cui la<br />

forma vince sulla sostanza, che si impone il culto del corpo:<br />

la donna tonica, sportiva e vitaminizzata, ventre piatto,<br />

gambe snelle, ore <strong>di</strong> aerobica e <strong>di</strong> palestra. La femminilità<br />

morbida e prosperosa <strong>di</strong> un’<strong>Italia</strong> “povera ma bella”<br />

è un modello retrò, da modernariato.<br />

Il nuovo sogno delle concorrenti non è più il cinema bensì<br />

la moda: vogliono tutte <strong>di</strong>ventare topmodel. Un’aspirazione<br />

<strong>di</strong> massa che va <strong>di</strong> pari passo con i trionfi del made in<br />

Italy: oggi spalle troppo imbottite, tailleur troppo iperbolici,<br />

stampe troppo rutilanti e urlate, spacchi troppo inguinali,<br />

much too much. Ma indosso a loro sembrava tutto perfetto.<br />

Quella generazione ineguagliata <strong>di</strong> bellissime, quella<br />

falange <strong>di</strong> amazzoni della passerella - Cindy Crawford,<br />

Clau<strong>di</strong>a Schiffer, Naomi Campbell, Linda Evangelista – è<br />

l’immagine <strong>di</strong> un miraggio collettivo. Un’immagine <strong>di</strong> femminilità<br />

forte, <strong>di</strong> glamour, eleganza, lusso & assertività.<br />

Il successo dell’eccesso. Sarà probabilmente una reazione<br />

a tanta ridondanza non soltanto il minimalismo, già<br />

vecchio, ma soprattutto l’autonomia nei confronti <strong>di</strong> ciò<br />

che gli stilisti continuano a proporci quattro volte l’anno.<br />

La moda, finalmente, ci risparmia le sue imposizioni. O<br />

forse siamo noi che non ci lasciamo influenzare più <strong>di</strong><br />

tanto. Si può fare tranquillamente <strong>di</strong> testa propria. Si può<br />

giocare con il vintage, si può inventare liberamente. La<br />

creatività personale viene finalmente premiata: si può e<br />

si deve rifiutare ogni forma <strong>di</strong> omologazione. Puntiamo a<br />

selezionare non corpi ma personalità, ha spiegato il patron<br />

del concorso Enzo Mirigliani.<br />

E, sfiorando il pianeta omologazioni, attenti al bisturi.<br />

Ognuno, e soprattutto ognuna, è artefice del proprio destino.<br />

Sul finire del millennio esplode (e impazza tuttora)<br />

la mania della chirurgia plastica: che faccio mi rifaccio?<br />

Regalo per i 18 anni è un naso nuovo, è un seno più<br />

abbondante, è una liposuzione, è un rimodellamento dei<br />

glutei per somigliare alle fanciulle che hanno successo<br />

in televisione. Gli esempi negativi si moltiplicano: se sei<br />

bella, o se riesci a sembrarlo, farai strada, non solo nello<br />

show business ma anche in parlamento e magari al<br />

governo. Ma <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> è contraria alle contraffazioni e<br />

alle scorciatoie e Patrizia Mirigliani sente la necessità, due<br />

anni or sono, <strong>di</strong> stilare un decalogo in cui invita le concorrenti<br />

a evitare piercing, extensions, unghie ricostruite<br />

e soprattutto ritocchi – testualmente “rifacimenti fisici” -<br />

troppo vistosi. La bellezza è personalità e mal si concilia<br />

con gli eccessi e con gli artifici».<br />

Laura Laurenzi<br />

Giornalista e scrittrice


F E B B R A I O


«Semplicità, eleganza e il desiderio <strong>di</strong> tante ragazze <strong>di</strong><br />

‘fare il Cinema’: sono i primi aspetti che nella mia mente<br />

emergono quando ripenso agli anni ’40 e, in particolare,<br />

al periodo post bellico. Quando nel 1946 ho vinto il titolo<br />

<strong>di</strong> ‘<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> a furor <strong>di</strong> popolo’, lo stile, la classe dominavano<br />

la Sala delle Feste dell’Hotel ‘Isole Borromeo’ <strong>di</strong><br />

Stresa: dominavano lo smoking degli uomini e gli abiti alla<br />

moda delle donne. Una ‘cerimonia’ specchio dei tempi.<br />

L’elezione avvenne in un clima come se si stesse scegliendo<br />

il presidente della repubblica. D’incanto successe<br />

il finimondo e volarono le se<strong>di</strong>e poiché ai miei sostenitori<br />

non piacque il cambio <strong>di</strong> rotta della giuria. Che bellezza!<br />

Gli organizzatori furono costretti a chiamare la Polizia <strong>di</strong><br />

rinforzo ai due carabinieri presenti per il gala dell’elezione.<br />

Insomma, sobrietà e gran<strong>di</strong> passioni.<br />

Sono stati anni meravigliosi, non solo quelli del periodo <strong>di</strong><br />

cui parliamo, ma anche quelli successivi, fino a metà degli<br />

’80: ho nostalgia soltanto dell’eleganza che abbiamo perduto.<br />

Oggi la gente va all’Opera vestita come vuole. Naturalmente<br />

ognuno è libero, ma il rispetto degli ambienti<br />

che ci accolgono deve sempre essere al primo posto.<br />

Eravamo attratte dalla ricerca <strong>di</strong> notorietà. Tutte le donne<br />

volevano fare le attrici, <strong>di</strong> certo per il guadagno, ma<br />

essenzialmente per farsi vedere, conoscere, uscire finalmente<br />

alla ribalta dopo la paura e l’isolamento della guerra.<br />

Tutte volevano fare qualcosa nel Cinema, pur <strong>di</strong> fare.<br />

I nostri abiti erano semplici, ma chic, <strong>di</strong> grande qualità.<br />

La moda era favolosa. Il nudo? C’era eccome, ma era un<br />

fatto <strong>di</strong> seduzione, non <strong>di</strong> pelle scoperta: una sottoveste<br />

nera, una bretellina che scende … poi risale … tutto vero.<br />

Quando abbiamo girato ‘Bellezze in bicicletta’, uno dei<br />

miei tanti film <strong>di</strong> quell’epoca, le scene erano <strong>di</strong> un’innocenza<br />

esemplare, ma in grado ugualmente <strong>di</strong> attrarre e <strong>di</strong><br />

turbare.<br />

Questi, in poche parole, i miei anni. Ma non vivo <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>,<br />

se pur straor<strong>di</strong>nari. Avrei ancora tanto da <strong>di</strong>re.<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Silvana Pampanini<br />

‘<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> ad honorem’ nel 1946<br />

Nel clima della guerra, gli italiani sono confortati da un<br />

concorso, tutto foto e sorrisi, un’idea geniale <strong>di</strong> Dino Villani:<br />

‘Cinquemila per un sorriso’. Prima dell’interruzione<br />

causata dalla guerra si svolgono tre e<strong>di</strong>zioni: è un fenomeno<br />

straor<strong>di</strong>nario. La prima vincitrice è Isabella Verney.<br />

Dopo la guerra, il cinema si accorge subito del Concorso,<br />

che intanto è <strong>di</strong>ventato ‘<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>’. Il primo nome famoso<br />

è quello <strong>di</strong> Silvana Pampanini, ‘<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> ad Honorem’<br />

nel ’46. Poi, Gina Lollobrigida, Eleonora Rossi Drago,<br />

Gianna Maria Canale, Lucia Bosè, Fulvia Franco.


M A R Z O


«Eravamo piccole donne. Piene <strong>di</strong> sogni, miti e desideri.<br />

Eravamo come tutte le adolescenti del mondo. Con<br />

la certezza <strong>di</strong> cambiarlo il mondo, che tutto da allora in<br />

poi sarebbe stato migliore, con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita, idee politiche,<br />

benessere e progresso. Avevamo l’illusione che la<br />

vita fosse un’autostrada (come quelle che cominciavano,<br />

nei progetti, ad essere costruite) con un grande premio<br />

al casello finale…Ma come avevano potuto i nostri padri<br />

(che le madri, almeno in questo erano innocenti, avendo<br />

le donne avuto il voto in <strong>Italia</strong> solo pochi anni prima, in<br />

quel giugno del ’46 quando anche per il loro contributo,<br />

vinse la Repubblica) cascare nella facile trappola <strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatori<br />

cialtroni, ri<strong>di</strong>coli come tacchini imbolsiti? Di guerrafondai<br />

incoscienti? Di uomini legati ai “poteri forti” <strong>di</strong> ogni<br />

epoca?<br />

C’eravamo noi, ora, e certo non avremmo più sbagliato. Il<br />

mondo era nostro. Vivevano nel secolo, nel decennio giusto,<br />

a metà dei favolosi anni ’50, quelli che poi sarebbero<br />

stati definiti “anni del boom economico”. Anche se non<br />

per tutti. Anni <strong>di</strong> emigrazione in massa quelli, soprattutto<br />

dal meri<strong>di</strong>one verso Argentina e Stati Uniti. E tanti matrimoni<br />

per procura. Venivano, le giovani, chieste in moglie,<br />

spesso a uomini che conoscevano solo da una foto sbia<strong>di</strong>ta<br />

o contraffatta, a salutare mia nonna.<br />

“Vossignoria, so arrivate è CARTE!” – annunciavano con<br />

occhi umi<strong>di</strong> le madri che forse non avrebbero più visto le<br />

figlie – “E a picciridda se ne fuje a Bonossà”, che stava<br />

per Buenos Aires. E la generosità <strong>di</strong> nonna Carmela la<br />

dotava <strong>di</strong> una somma utile per abiti nuovi e <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong><br />

lire, riposte con cura nel fazzoletto usato da portamonete.<br />

Noi ragazze “borghesi” più privilegiate, avevamo altro tipo<br />

<strong>di</strong> ostacoli. Non avremmo fatto gli errori perbenisti delle<br />

nostri madri, grande o piccolo amore, matrimonio, figli.<br />

Noi non volevamo certezze, ma vivere la vita. Osare inventare.<br />

Diventare. Io volevo – dopo qualche tentazione<br />

– scartata la carriera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co che era lo scopo <strong>di</strong> vita <strong>di</strong><br />

mio padre, volevo fortemente <strong>di</strong>ventare giornalista. Capire<br />

al <strong>di</strong> là del quadro <strong>di</strong> apparenze e schemi, la realtà vera<br />

<strong>di</strong> avvenimenti, persone e cose. Guardare nel cuore delle<br />

cose e delle persone.<br />

E raccontarla, quella realtà che avrei cercato con onestà<br />

<strong>di</strong> decifrare. Sarebbe stato il mio contributo al sogno <strong>di</strong><br />

un mondo sempre più teso ai valori più alti, al <strong>di</strong> là delle<br />

apparenze e dei falsi miti.<br />

Ma come per molte mie coetanee, la realtà si rivelava meno<br />

eroica e più banale. Intanto dovevamo destreggiarci in un<br />

ottovolante a doppio binario, una scala mobile a due velocità,<br />

e rimanere in pie<strong>di</strong>. C’era la “velocità” della tra<strong>di</strong>zione<br />

delle donne delle altre generazioni, ma che, seppure da noi<br />

considerate inadeguate, erano state capaci <strong>di</strong> affrontare<br />

e superare sconvolgimenti traumatici. E c’era la “velocità”<br />

che urgeva, premeva, del lasciare spazio al nostro <strong>di</strong>venire.<br />

Sogni. Miti. “Pantera Bionda”, un fumetto che era una<br />

specie <strong>di</strong> Tarzan in gonnella, e madame Curie. Joyce<br />

Lussu e la grande Brunella Gasperini, che parlava con<br />

sensibilità e modernità dalle pagine gialline <strong>di</strong> un noto<br />

settimanale al cuore <strong>di</strong> noi ragazze. O, a me più vicina,<br />

la mitica nonna materna Elvira, che armata <strong>di</strong> una carabina,<br />

due cani, due muli fatti caricare <strong>di</strong> cibo, e <strong>di</strong> tanta<br />

autorevolezza, a quin<strong>di</strong>ci anni era riuscita a far allontanare<br />

senza danni dalla grande casa, in quel momento sguarnita<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fensori, una banda <strong>di</strong> briganti arrivati per uccidere<br />

e saccheggiare. E aveva poi vegliato con tenerezza<br />

e sapienza sulla mia adolescenza, prima <strong>di</strong> lasciarmi per<br />

sempre. Donne, e tanto gran<strong>di</strong>!<br />

E c’era poi, veicolato da stampa e cinema, il “sogno americano”<br />

<strong>di</strong> una gioventù sportiva, gioiosa e <strong>di</strong>sinibita. Intanto<br />

noi adolescenti, in giro con guantini bianchi, girovita<br />

da vespa, gonne lunghe plissé ampliate da sottogonne rigide,<br />

non potevamo portare i pantaloni, proibitissimo. Ma<br />

come arrampicarsi sugli alberi delle mie estati calabresi,<br />

montare a cavallo, andare in bicicletta senza…mostrare<br />

troppo, come essere libere che già non lo eravamo neppure<br />

in un “dettaglio” come quello?<br />

Avevo in parte ovviato facendo a mano una cucitura nel<br />

mezzo <strong>di</strong> una ampia gonna a godet, <strong>di</strong>ventata così gonna<br />

– pantalone. Eppoi rubando i pantaloni <strong>di</strong> mio fratello.<br />

Scandalo, reprimende. Ma avevo tenuto duro. In quella<br />

scelta ed anche in altre, come quella <strong>di</strong> non accettare uno<br />

dei “buoni partiti”. Non mi sposerò mai, affermavo. Avevo<br />

se<strong>di</strong>ci anni (e sposata, lo sono stata seppure più tar<strong>di</strong>,<br />

con un uomo straor<strong>di</strong>nario scomparso troppo presto).<br />

Poi, l’anno dopo arrivò l’avventura <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>. A Rimini,<br />

convinta da uno zio giornalista <strong>di</strong> fargli da cronista, mi<br />

trovai invece ad essere eletta <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>.<br />

Settembre 1955. Scappai via con mamma e zio, e in auto<br />

tornammo a Roma nella notte. Inseguita da tutta l’organizzazione<br />

(non era ancora quella del compianto Enzo Mirigliani)<br />

che temeva imboscate <strong>di</strong> concorrenti e altri guai.<br />

Ma giornalista alla fine lo <strong>di</strong>ventai, prima scrivendo per il<br />

giornalino “il Musichiere” <strong>di</strong>retto da Franco Moccagatta<br />

e frequentando, il sabato pomeriggio e sera, il <strong>di</strong>etro le<br />

quinte della celebre trasmissione condotta da Mario Riva:<br />

che poi, insieme con Garinei e Giovannini, i due autori, mi<br />

volle come “valletta”.<br />

Ancora? Bella presenza e…? Io che volevo descriverle<br />

le cosse, non essere sul palco. Sempre da giornalista<br />

partecipai alla “V degli Agricoltori”, in <strong>di</strong>retta la domenica<br />

mattina alle 10.15 prima della Messa.<br />

Perché appunto era successo questo, <strong>di</strong> grosso, nella<br />

seconda metà degli anni ’50: la nascita della televisione<br />

unica e <strong>di</strong> stato, un solo canale. Ufficialmente il primo vagito<br />

della RAI, “Ra<strong>di</strong>o Au<strong>di</strong>zioni <strong>Italia</strong>ne”, fu il 3 gennaio<br />

del ’54. Ma il boom venne nella seconda metà degli anni<br />

’50, con trasmissioni come “il Musichiere” e “Non è mai<br />

troppo tar<strong>di</strong>”, lezioni <strong>di</strong> italiano per adulti analfabeti del<br />

maestro Manzi; e si passò alle gambe velatissime delle<br />

gemelle Kessler alle mini <strong>di</strong> Sabina Ciuffini, valletta <strong>di</strong> Mike<br />

in “Lascia e Raddoppia”. Televisori pochi, avvenimento<br />

da non perdere le due trasmissioni del giovedì e del sabato<br />

sera, viste da clienti dei cinema o dei bar, dove si esponeva<br />

in alto come un trofeo, visibile anche alle vetrine, un<br />

panciuto grande televisore.<br />

Ma i gran<strong>di</strong> censori vegliavano nell’ombra. E nel ’59 a Jula<br />

de Palma fu decretato un lungo ostracismo per aver cantato<br />

con troppa partecipazione la canzone “Tua”… “tua<br />

nelle braccia tue…”. Stesso trattamento subìto tre anni<br />

dopo da Mina perché aspettava il figlio Massimiliano da<br />

Corrado Pani senza essere “regolarmente coniugata” .<br />

Da quegli anni, da noi le ragazze <strong>di</strong> allora, partì la miccia<br />

che, <strong>di</strong>vampata nel ’68 avrebbe portato ad una nuova<br />

coscienza femminile. E con la partecipazione sempre più<br />

attiva <strong>di</strong> tante giovani donne, nei primi anni ’70 alle leggi<br />

su <strong>di</strong>vorzio, aborto, parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti tra i coniugi (prima abbandono<br />

del tetto coniugale e tra<strong>di</strong>mento femminile facevano<br />

finire le donne in gattabuia!) e accesso a professioni<br />

fino allora negate.<br />

Dopo un decennio <strong>di</strong> caparbi tentativi, giornalista alla Rai<br />

lo <strong>di</strong>ventai appunto alla fine degli anni sessanta. Accendemmo<br />

noi quella miccia che nel decennio successivo<br />

aprì la strada alle prime donne Ministro (del Lavoro, Tina<br />

Anselmi) e Presidente della Camera (Nilde Lotti).<br />

La “TELEVISIONE” che pure ha avuto tanti meriti <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione<br />

e unificazione culturale, oltre a sollecitare ormai<br />

clamorose cadute <strong>di</strong> gusto, ha gettato un seme perverso<br />

che porta alla assurda situazione <strong>di</strong> oggi, dove apparenza<br />

e immagine hanno sostituito tutti gli altri “valori” e<br />

reso reale tutto quello “che appare dunque è”. Ed è così<br />

vero, purtroppo, se un cronista, come è accaduto recentemente,<br />

preferisce filmare (e mettere su WEB) lo strazio<br />

<strong>di</strong> un corpo d’uomo <strong>di</strong>laniato dalla metropolitana in arrivo<br />

che allungare un braccio e salvargli la vita!<br />

Infine sempre più patologiche frustrazioni maschili hanno<br />

prodotto quell’intollerabile e quoti<strong>di</strong>ano fenomeno della<br />

“mattanza” delle donne, per cui urge inasprire le pene e<br />

tutelare più efficientemente la metà femminile degli abitanti<br />

del nostro paese! Ma per fortuna – anche se ancora pochi<br />

– esistono quelli che io chiamo “uomini nuovi”. Uomini<br />

davvero forti che possono permettersi <strong>di</strong> superare ruoli<br />

e stupi<strong>di</strong> schemi e <strong>di</strong>ventare così veri “compagni”, esprimendo<br />

in tanti mo<strong>di</strong> tenerezza, rispetto e collaborazione».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Brunella Tocci<br />

Giornalista e Scrittrice<br />

Il concorso scopre Salsomaggiore Terme (1950), dove si<br />

presenta Sofia Loren. La sua mancata vittoria fa ancora<br />

oggi sensazione (merita però il titolo <strong>di</strong> “<strong>Miss</strong> Eleganza”<br />

fra i più prestigiosi del Concorso). Il secondo decennio <strong>di</strong><br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> rivela protagoniste come Anna Marisa Bugliari,<br />

preferita alla Loren, o Isabella Valdettaro (1951). Ma non<br />

si <strong>di</strong>menticano Marcella Mariani, vittima <strong>di</strong> un incidente<br />

aereo, e Marisa Jossa, la prima <strong>Miss</strong> <strong>di</strong> Enzo Mirigliani,<br />

che nel 1959 prese in mano la guida del Concorso.


A P R I L E


ABITO MOD. 6F “NODO D’AMORE”, 1955<br />

Abito da gran sera, realizzato in velluto <strong>di</strong> seta nero con intarsi <strong>di</strong> raso<br />

bianco su cui è ricamato un fiocco in velluto in nero impreziosito da ricami<br />

<strong>di</strong> perle, paillettes e fiori in cristalli. Questo modello, custo<strong>di</strong>to nell’Archivio<br />

Storico della Fondazione Micol Fontana con sede in Roma, Via San<br />

Sebastianello 6, è presente nel film del 1955 “Le amiche” <strong>di</strong> Michelangelo<br />

Antonioni, film che ha vinto il Leone d’Argento al Festival <strong>di</strong> Venezia <strong>di</strong><br />

quell’anno. Nel 1995 il regista Mario Monicelli nel film “Facciamo Para<strong>di</strong>so”<br />

ha riproposto tale abito con l’attrice Aurore Clèment. L’abito ha partecipato<br />

a molte mostre sia in <strong>Italia</strong> che all’estero ed è presente nei relativi cataloghi.<br />

La signora Micol Fontana ha gentilmente concesso l’originale del modello<br />

per la realizzazione del Calendario <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> 2013.<br />

«… Ora la nostra notte polare era finita. Ma il giorno non<br />

si presentava anemico, sbia<strong>di</strong>to: erano cal<strong>di</strong>, invoglianti<br />

colpi <strong>di</strong> sole, quelli che guizzavano dell’<strong>Italia</strong> del dopoguerra.<br />

Portavano una voglia <strong>di</strong>rompente <strong>di</strong> vivere, <strong>di</strong> fare,<br />

<strong>di</strong> ricostruire, <strong>di</strong> recuperare il tempo annientato dal gioco<br />

<strong>di</strong>sumano della guerra. E soprattutto una gran voglia <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>menticare.<br />

A Roma riaprivano uno ad uno i night club, che finalmente<br />

non si chiamavano più “tabarini”, come aveva imposto<br />

Starace italianizzando le parole straniere. E i night erano<br />

quasi tutti in Via Veneto, a due passi dal nostro atelier,<br />

come pure i gran<strong>di</strong> Caffè, primo fra tutti il Cafè de Paris.<br />

Ma sì, atelier, anche questo alla francese. Facemmo incidere<br />

una targa, “Casa <strong>di</strong> Moda Sorelle Fontana”. E inventammo<br />

un monogramma, SF, che poi resterà sempre<br />

lo stesso.<br />

Non dovemmo aspettare a lungo: le clienti venivano, attirate<br />

dalla pro<strong>di</strong>giosa calamita del risveglio. Cinecittà aveva<br />

ricominciato a lavorare, con De Sica, Rossellini e Gassman,<br />

mentre il concorso <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> lanciava in orbita<br />

splen<strong>di</strong>de ragazze incantate dal miraggio della celluloide:<br />

Lucia Bosè, Gina Lollobrigida, Gianna Maria Canale, Eleonora<br />

Rossi Drago, Silvana Mangano. I saloni dei palazzi<br />

patrizi, le ville sull’Appia Antica, s’erano riscossi dal letargo,<br />

animandosi <strong>di</strong> scintille <strong>di</strong> mondanità.<br />

Nell’<strong>Italia</strong>, che si apprestava a vivere il suo secondo risorgimento,<br />

esplose il culto della femminilità, e fece rapidamente<br />

proseliti. Non il culto della bellezza, o almeno non<br />

sempre, poiché non tutte le donne potevano <strong>di</strong>rsi belle in<br />

senso classico, tra<strong>di</strong>zionale: ma della femminilità, appunto,<br />

il nuovo modo <strong>di</strong> essere donne, gioioso, spensierato,<br />

dopo anni <strong>di</strong> mortificazione…».<br />

Micol Fontana<br />

Tratto dal suo libro autobiografico<br />

“Specchio a tre luci”<br />

a cura <strong>di</strong> Dino Cimagalli, e<strong>di</strong>to da Nuova Eri<br />

Lucia, Silvana, Sofia: dalla passerella <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> al<br />

cinema d’autore<br />

«Che cosa vuoi fare? Sai cantare, vuoi ballare, vuoi fare<br />

teatro?». «Cinema!» risponde senza esitazioni quella ragazzina<br />

<strong>di</strong> Pozzuoli arrivata con la mamma che la spinge<br />

avanti tra tutte: «Mettete annanz’. Mettiti davanti, fatti vedere…».<br />

«E’ il 3 settembre 1950, nel salone Moresco del Grand<br />

Hotel des Thèrmes <strong>di</strong> Salsomaggiore e, anche se l’orchestra<br />

intona “funi-culì funì-culà” per Anna Maria Bugliari,<br />

16 anni, <strong>Miss</strong> della provincia <strong>di</strong> Salerno, per Sofia nasce<br />

la fascia <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> Eleganza e il cinema, più della moda, le<br />

mette subito gli occhi addosso. Piangono e si abbracciamo<br />

le ragazze che sognano la corona più ambita d’<strong>Italia</strong>:<br />

l’ha già avuta ‘ad honorem’ Silvana Pampanini, la sogna,<br />

tra tutte, anche la signorina Ralli, Giovanna Ralli, romana,<br />

appena quin<strong>di</strong>cenne.<br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>, da sempre una fabbrica <strong>di</strong> bellezza per il grande<br />

schermo, in quel 1950 che lascia il dopoguerra ha già<br />

lanciato Lucia Bosè, Eleonora Rossi Drago, Gina Lollobrigida,<br />

<strong>Miss</strong> Roma Silvana Mangano.... Bellezze acerbe<br />

ma già perfette per la moda e per il cinema. Una prova?<br />

Chi <strong>di</strong>mentica la straor<strong>di</strong>naria capacità <strong>di</strong> dare uno stile<br />

alla bellezza naturale <strong>di</strong> un concorso che ha dato al cinema<br />

oltre mezzo secolo <strong>di</strong> “scoperte”, pensi anche solo<br />

al bianco e nero del cinema d’autore che ha saputo trasformare<br />

in autentico <strong>di</strong>vismo il gusto estetico dei talent<br />

scout <strong>di</strong> allora.<br />

Un’immagine per tutte: Lucia Bosè in sottoveste, seduta<br />

sul letto, con una sigaretta accesa tra le labbra sensuali...<br />

Fece scandalo, allora, nel Paese che, in sala, scopriva il<br />

neorealismo rosa, ma <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> era già cinema. E per la<br />

piccola Lucia, in posa per il provino <strong>di</strong> Cronaca <strong>di</strong> un amore,<br />

la passerella era giù arrivata al cinema d’autore…».<br />

Laura Delli Colli<br />

Giornalista e scrittrice


M A G G I O


«Lo stile non si inventa e non si compra. Con lo stile si<br />

nasce. Incontriamo tanti personaggi con abiti favolosi,<br />

però senza stile, ce ne accorgiamo subito. Lo stile fa la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra le donne eleganti e quelle che non lo sono.<br />

E’ come lo charme, la personalità, il modo <strong>di</strong> porsi».<br />

Elsa Martinelli, lo può <strong>di</strong>re: 70 film, fotomodella, prima<br />

donna italiana apparsa sulle copertine delle riviste <strong>di</strong> tutto<br />

il mondo proprio per il suo stile, lo stesso <strong>di</strong> Audrey<br />

Hepburn. Elsa, “l’irresistibile leggerezza dell’essere”, “il<br />

simbolo dell’anticonformismo formato cinemascope”, prima<br />

donna italiana a portare la minigonna. Senza scandali.<br />

«Il grande riconoscimento nel mondo della moda italiana<br />

– spiega - si deve ad un signore amante e conoscitore<br />

del ‘bello’ in tutte le sue espressioni, dall’architettura alla<br />

decorazione, fino a gettarsi a capofitto nel valorizzare i<br />

talenti della moda italiana, Emilio Pucci. Insieme alle sorelle<br />

Fontana, a Krizia e ad altri, dopo aver convinto gli<br />

americani dei gran<strong>di</strong> store a venire in <strong>Italia</strong>, nel ‘55 organizzò<br />

nella sala Bianca <strong>di</strong> Palazzo Pitti, a Firenze, la prima<br />

sfilata della nostra alta moda che entrò <strong>di</strong> forza in competizione<br />

con quella francese, fino ad allora senza rivali. Fu<br />

nel ‘60 che emersero due gran<strong>di</strong> talenti che ancora oggi,<br />

seppur con stili <strong>di</strong>fferenti, hanno raggiunto un successo<br />

mon<strong>di</strong>ale: Valentino e Roberto Capucci, artigiani e creatori<br />

<strong>di</strong>versi con un uguale obiettivo, quello <strong>di</strong> rendere la<br />

donna unica, bella, elegante. Capucci, il mio primo grande<br />

coutier, Saint Laurent, che mi ha vestita per 15 anni,<br />

Chanel: ecco com’era rappresentato lo stile delle donne.<br />

C’era un’altra <strong>Italia</strong> dove in tutti i ceti sociali venivano rispettate<br />

le regole dell’educazione e del reciproco rispetto.<br />

Trovavi l’alta società accanto al rispettabilissimo ceto<br />

me<strong>di</strong>o, me<strong>di</strong>ci ingegneri, avvocati, artisti. Le donne, <strong>di</strong><br />

qualsiasi età, erano vestite in modo giusto nel luogo giusto<br />

e da sempre, a Venezia, lo smoking e l’abito da sera<br />

erano obbligatori senza che nessuno soffrisse per aver<br />

un cravattino intorno al collo.<br />

A teatro si andava in abito scuro e le donne avevano<br />

piccoli abiti da sera. Dominavano i sempre famosi tubini,<br />

anche per le giovani ragazze, e nei ristoranti o nelle<br />

trattorie caratteristiche ci si presentava con una certa eleganza,<br />

con piccoli tailleur e tacchi alti. Era impensabile<br />

che, come oggi, qualcuno si presentasse in bermuda e<br />

scarpe da tennis, sia che fossimo a Trastevere o in Via<br />

Veneto. I capelli erano sempre a posto e, se si andava nei<br />

ristoranti con l’orchestra, o nei Piano bar, come Oliviero<br />

in Via Emilia, dove al caffè si poteva ballare con la famosa<br />

orchestra dell’Equipe 84, o all’Osteria dell’Orso, ex Cabala,<br />

si trovava la crème de la crème della società italiana.<br />

Fu certo l’influenza e il successo dell’alta moda e il<br />

pret-à- porter degli anni ’60, che ormai appariva su tutte<br />

le riviste <strong>di</strong> moda, ad aiutare un’intera generazione,<br />

con cifre poco <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>ose, a inventarsi il proprio stile.<br />

Oggi la globalizzazione ha portato all’appiattimento della<br />

personalità. Nella mia prima esperienza <strong>di</strong> fotomodella,<br />

anche se una ragazza faceva il boom con i capelli rossi,<br />

noi ci imponevamo ugualmente con i nostri capelli bion<strong>di</strong>,<br />

o bruni; nessuna <strong>di</strong> noi ha mai copiato un’altra nel trucco<br />

o cercando <strong>di</strong> imitarne la personalità.<br />

Oggi le strade sono incolori, ricoperte <strong>di</strong> un manto uniforme,<br />

quasi sempre scuro. Ragazzi e ragazze sono vestiti<br />

e pettinati tutti allo stesso modo, figli <strong>di</strong> una sola famiglia,<br />

quella che trova inutile guardarsi allo specchio prima <strong>di</strong><br />

uscire. Che orrore!».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Elsa Martinelli<br />

Attrice e modella<br />

Vincono in questi anni due sorelle, Layla e Alba Rigazzi,<br />

la prima nel 1960, la seconda a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> cinque e<strong>di</strong>zioni,<br />

mentre Marisa Jossa accompagnerà 27 anni dopo<br />

la figlia Roberta Capua a vincere lo stesso titolo. Il 1960<br />

è l’anno <strong>di</strong> Stefania Sandrelli, Ombretta Colli, Maria Grazia<br />

Buccella, <strong>di</strong>ventate poi famose. Nel 1968, in piena<br />

contestazione giovanile, che non toccherà comunque il<br />

concorso, anche se si farà sentire qualche anno dopo per<br />

mano delle femministe, si afferma una ragazza calabrese,<br />

Graziella Chiappalone, che <strong>di</strong>ce no a Visconti e a Fellini<br />

e sceglie la strada dello stu<strong>di</strong>o, dell’insegnamento e della<br />

famiglia. Anche questo è “<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>”. Tra la fine degli anni<br />

Cinquanta e in questi tempi sono <strong>di</strong> casa a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> le<br />

stiliste, anzi le sarte Biki, Germana Marucelli, Clara Centinaro<br />

e, in futuro, Renato Balestra e Sarli.


G I U G N O


«Tema. Come fabbricare una minigonna in casa, senza<br />

passare dalla Carnaby Street lon<strong>di</strong>nese dove Mary Quant<br />

stava cambiando la storia femminile del Novecento?<br />

Tutte le bambine, le adolescenti e le signore italiane<br />

iniziarono ad arrotolare le vesti, a tagliare tessuti e<br />

fare orli. Mini abiti, minigonne, mini pullover. Anche l’auto<br />

dei sogni era Mini.<br />

Mentre Caterina Caselli taglia il suo casco d’oro e fa <strong>di</strong>ventare<br />

i suoi capelli mini, le sue parole <strong>di</strong>ventano un inno:<br />

nessuno mi può giu<strong>di</strong>care! La lunga marcia inizia...la donna<br />

mini <strong>di</strong>venta superdonna. Superstar come la Barbàrella<br />

Jane Fonda o la mrs Robinson del Laureato rivoluzionano<br />

i ruoli al cinema, dove esplodono le Bond girls, vere<br />

icone dello schermo.<br />

La nuova italiana veste da bambina ma finalmente esce <strong>di</strong><br />

casa senza chiedere permessi, libera anche <strong>di</strong> sbattere la<br />

porta e <strong>di</strong> volare sulla Vespa, sulla Lambretta, sul motorino.<br />

Via reggicalze e giarrettiere! Il collant, la calza che sale<br />

fino alla vita, le permette <strong>di</strong> osare sempre <strong>di</strong> più.<br />

Cambia la moda, le donne si avvicinano alla politica e<br />

annusano i venti dell’in<strong>di</strong>pendenza sessuale. La pillola<br />

anticoncezionale, alla fine dei Sessanta, ancora non arriva<br />

a tutte. Se ne sussurra, se ne parla con un pizzico <strong>di</strong><br />

vergogna. La liberazione si avverte nell’aria, vicinissima.<br />

E allora, come non ringraziare una piccola inglese <strong>di</strong> nome<br />

Mary Quant?»<br />

Barbara Palombelli<br />

Giornalista e scrittrice


L U G L I O


«Volevo i pantaloni. Oggi sembra assurdo, eppure ce ne<br />

volle per convincere i padri ad accettare che le loro figlie<br />

<strong>di</strong>vorziassero dalle gonnelline. Avevano accettato le<br />

minigonne, ma vedere le femmine <strong>di</strong> casa con calzoni,<br />

camicia e a volte perfino la cravatta, fu un trauma da cui<br />

molti non si ripresero.<br />

Ci si vestiva a casa dell’amica <strong>di</strong> scuola, si fuggiva<br />

al bagno pubblico per cambiarsi prima <strong>di</strong> rientrare a<br />

casa. Che fatica, per conquistare la libertà <strong>di</strong> arma<strong>di</strong>o!<br />

Una vittoria sudata come le altre, più importanti. Nei Settanta<br />

arrivano il <strong>di</strong>vorzio, il voto a <strong>di</strong>ciott’anni, la legalizzazione<br />

dell’aborto. La mitica pillolina che evita le gravidanze<br />

indesiderate riduce il potere dei maschi sulle mogli e<br />

sulle fidanzate.<br />

L’<strong>Italia</strong> cresce e come sempre quando avviene troppo in<br />

fretta, qualcuno resta in<strong>di</strong>etro.<br />

Il malcontento si confonde con la violenza, la giusta protesta<br />

operaia e studentesca viene avvelenata dal terrorismo.<br />

La malavita sequestra e chiede riscatti miliardari,<br />

si spara per strada e la criminalità si prepara per fare il<br />

grande salto. Il petrolio vola e la crisi morde, ma niente<br />

riesce a frenare l’impeto del movimento femminista.<br />

Ci si ritrova nei collettivi, nelle case, nelle piazze. La nostra<br />

rivoluzione attraversa tutte le classi e tutta la penisola.<br />

Non siamo più sole, ci scopriamo fra noi e la moda ci<br />

aiuta. Diventa tutto maxi. Come noi!»<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Barbara Palombelli<br />

Giornalista e scrittrice<br />

Sono gli anni più inquieti della storia del Concorso, eletta<br />

fra le cariche della Polizia con contusi e arresti. Siamo <strong>di</strong><br />

fronte ad una dura contestazione che non riguarda però<br />

<strong>di</strong>rettamente il concorso, ma il suo sponsor, la Faini, ramo<br />

confezioni per donna: le operaie sono infatti da alcuni<br />

mesi senza lavoro.<br />

Sfilano in passerella bellissime miss: Paola Bresciano,<br />

centravanti della squadra della sua città; Anna Kanakis,<br />

che negli anni futuri sarà brava attrice e riuscirà ad affermarsi<br />

anche in altri campi, Cinzia De Ponti, miss nel<br />

1979, seconda a <strong>Miss</strong> Universo, attrice e, negli ultimi<br />

anni, conduttrice Tv.


A G O S T O


…una parentesi sulla storia del Bikini a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>!<br />

La nascita del bikini risale ai primissimi anni del ‘900. Nel<br />

1902 faceva fremere la notizia che giungeva dalle spiagge<br />

francesi, come spiega infatti Jean-Claude Kaufmann,<br />

sociologo che ha stu<strong>di</strong>ato sul campo la sociologia del<br />

seno nudo. L’epopea del denudamento balneare non è<br />

stata, non è, così semplice e lineare.<br />

«La <strong>di</strong>ffusione nazionale del bikini – spiega Michela De<br />

Giorgio, storica del movimento femminile della moda,<br />

docente all’università <strong>di</strong> Sassari - deve molto a “Poveri<br />

ma belli”, il film <strong>di</strong> Dino Risi che nel 1956 impose un<br />

triangolo <strong>di</strong> nuove bellezze - maschili e femminili - i fusti<br />

debuttanti, Renato Salvatori e Maurizio Arena, e la<br />

giovane Marisa Allasio. Fu lei l’iniziatrice dell’uso cinematografico<br />

<strong>di</strong> questo indumento che allora aveva una<br />

forte carica trasgressiva. Poco contavano le ascendenze<br />

cinematografiche, americane o francesi, visto<br />

che sugli schermi italiani è proprio il bikini della Allasio,<br />

bion<strong>di</strong>na poco nazionale, ad allargare i confini della visibilità<br />

del corpo femminile, la prima a mostrare con <strong>di</strong>sinvoltura<br />

e consapevole affermazione <strong>di</strong> sé, l’ombelico».<br />

Il bikini è legato inevitabilmente anche alla passerella <strong>di</strong><br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>. Il primo esemplare viene mostrato nel 1946,<br />

anno in cui – appena conclusa la Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale<br />

– “Cinquemila lire per un sorriso” assume la <strong>di</strong>citura<br />

<strong>di</strong> “<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>”. Le partecipanti sono in pratica modelle<br />

che presentano (e rappresentano) le nuove tendenze in<br />

voga. Non c’è tuttavia documentazione fotografica <strong>di</strong> archivio<br />

del primo bikini sulla passerella del Concorso.<br />

Parve audace, dati i tempi, l’indumento lanciato da Lucia<br />

Bosè (vincitrice nel 1947), forse il primo brivido da bikini,<br />

ma l’ironia dell’attrice ci riporta alla realtà: «Coprente e<br />

pu<strong>di</strong>co, il mio era fatto in casa, con un pezzo <strong>di</strong> stoffa da<br />

tappezzeria. Era a tutti gli effetti un cencio cucitomi addosso!<br />

Eppure piacque!».<br />

La moda del bikini scoppiò in breve tempo, mentre le donne<br />

in genere indossavano <strong>di</strong> rado il due pezzi. Poi, nel 1950,<br />

una seducente Sofia Loren in passerella a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> contribuì<br />

a sdoganare l’indumento, indossando un modello<br />

<strong>di</strong> raso che le consentì <strong>di</strong> vincere il titolo <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> Eleganza.<br />

Ma il bikini non è stato l’unica tipologia <strong>di</strong> costume con cui<br />

il Concorso ha presentato le ragazze. <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> ha infatti<br />

operato questa scelta a fasi alterne nel corso dei decenni,<br />

dando largo spazio al body, <strong>di</strong>ventato poi il capo istituzionale<br />

delle e<strong>di</strong>zioni più vicine ai giorni nostri. In particolar<br />

modo, nel decennio che va dal 2000 ad oggi, le miss<br />

hanno sfilato su Raiuno indossando in tutte le e<strong>di</strong>zioni<br />

prima il body poi il bikini. Raiuno, la cui prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> risale al 1988, ha sempre posto molta attenzione<br />

sul modo <strong>di</strong> presentare le miss: il primo canale televisivo,<br />

cioè il servizio pubblico, ha puntato dritto all’eleganza<br />

e alla qualità, senza mai rinunciare al classico due pezzi.<br />

Nel dettaglio:<br />

Anni ’40: il primo esemplare <strong>di</strong> “bikini” a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> viene<br />

mostrato nel 1946. Tuttavia non c’è documentazione fotografica<br />

<strong>di</strong> riferimento. Nel 1947è Lucia Bosè a far provare<br />

il primo brivido da bikini nel concorso. Le ragazze <strong>di</strong><br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> sfilano con i propri costumi.<br />

Anni ’50: In <strong>Italia</strong> scoppia il boom del due pezzi e nel concorso<br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> una seducente Sofia Loren (in gara nel<br />

1950) contribuì a sdoganare l’indumento, indossando un<br />

modello <strong>di</strong> raso che le consentì <strong>di</strong> vincere il titolo <strong>di</strong> <strong>Miss</strong><br />

Eleganza. Il costume del decennio si alterna tra un modello<br />

intero e un modello a due pezzi, sempre comunque<br />

morigerato, che rende però giustizia alla morbidezza delle<br />

forme femminili del tempo.<br />

Anni ’60: continua la moda del costume a due pezzi, alternato<br />

al modello intero per presentare le miss in gara.<br />

Non c’è ancora un’uniformità nei modelli indossati dalle<br />

ragazze. Ognuna sceglie il costume che le sembra più<br />

adatto a mettere in risalto la propria fisicità. I modelli sono<br />

ancora quelli in voga negli anni ’50: capi non troppo ‘scoprenti’<br />

ma comunque attillati, che seguono le forme del<br />

corpo femminile.<br />

Anni ’70: all’inizio del decennio esplode la moda del bikini<br />

come lo inten<strong>di</strong>amo noi oggi, un due pezzi non particolarmente<br />

coprente che mette in evidenza ancor <strong>di</strong> più le parti<br />

del corpo femminile precedentemente tenute “nascoste”.<br />

La parte inferiore del bikini si è ulteriormente ridotta negli<br />

anni settanta con l’introduzione del tanga brasiliano. In<br />

generale, in epoca recente i bikini sono <strong>di</strong>ventati più ridotti.<br />

Questo trend cominciò con il pezzo superiore finché<br />

l’attenzione degli stilisti si rivolse al pezzo inferiore. Anche<br />

i modelli indossati dalle miss cominciano a <strong>di</strong>ventare più<br />

variegati. Non c’è ancora una sorta <strong>di</strong> uniformità.<br />

Anni ’80: nel corso del decennio comincia ad alternarsi,<br />

ai modelli <strong>di</strong> bikini esplosi negli anni ’70, il body istituzionale<br />

per presentare le ragazze <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>. La passerella<br />

del concorso prevede due momenti de<strong>di</strong>cati alle<br />

sfilate: rispettivamente una de<strong>di</strong>cata al bikini ed una al<br />

body, quest’ultimo in un unico modello e colore per tutte<br />

le ragazze in gara. Il body <strong>di</strong>venta la <strong>di</strong>visa delle miss! Nel<br />

1988, prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> in <strong>di</strong>retta su Raiuno, le<br />

concorrenti vengono presentate solo con questo indumento.<br />

In tv non si assiste ancora alla sfilata in bikini.<br />

Anni ’90: in scena su Raiuno, dopo la prima metà degli<br />

anni ’90, al bikini si alterna il body istituzionale, dai modelli<br />

sempre <strong>di</strong>versi ed in linea con le mode del momento. Il<br />

periodo è caratterizzato dallo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> forme particolari <strong>di</strong><br />

questa “<strong>di</strong>visa delle miss” per metterne in risalto la bellezza<br />

sulla scia del trend in voga.<br />

Anni Duemila: accanto al body, rimasto nell’immaginario<br />

collettivo come la <strong>di</strong>visa istituzionale <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>, si alternano<br />

forme nuove <strong>di</strong> bikini. È in questi anni che le ragazze<br />

in concorso cominciano a sfilare anche in trikini (un bikini<br />

abbinato ad uno short, top o pareo). I modelli sono gli<br />

stessi per tutte ma ci si sbizzarrisce con i colori e con i<br />

particolari che arricchiscono il capo.


S E T T E M B R E


«La prima parola che mi viene in mente pensando agli<br />

anni Ottanta è <strong>di</strong>vertisment, ovvero il trionfo dei maxi pull<br />

colorati, dei fumetti che compaiono sui vestiti, dei fouseaux<br />

fluo, delle borchie e delle spalle esagerate.<br />

I loghi <strong>di</strong>ventano visibili e c’è l’ostentazione del marchio<br />

come affermazione dello stato sociale. Eravamo appena<br />

usciti dagli anni <strong>di</strong> piombo, gli anni del terrorismo e delle lotte<br />

politiche e c’ era voglia <strong>di</strong> allegria e leggerezza. Io iniziavo a<br />

lavorare nella moda, Milano era in pieno fermento creativo.<br />

Energia e adrenalina. Gli stilisti come Armani, Ferré, Krizia,<br />

Versace avevano conquistato il predominio del prêt a<br />

porter italiano nel mondo. La musica dettava legge: Madonna,<br />

Michael Jackson e Boy George <strong>di</strong>ventano icone<br />

assolute a livello planetario anche grazie alla potenza dei<br />

video clip.<br />

I Dolce e Gabbana conquistano lo star system dopo<br />

che la signora Ciccone indossa una loro inconfon<strong>di</strong>bile<br />

guêpière.<br />

Karl lagerfeld <strong>di</strong>venta il <strong>di</strong>rettore creativo <strong>di</strong> Chanel e reinterpreta<br />

in chiave ironica perle, camelie e il matelassé <strong>di</strong><br />

Coco rendendo immortale il senso della moda della grande<br />

couturier francese ma aggiungendo un tocco ‘rock’.<br />

Le donne si affermano nel mondo del lavoro. Giorgio Armani<br />

coglie lo spirito del tempo e crea blazer impeccabili,<br />

le <strong>di</strong>vise delle donne in carriera.<br />

Gianni Versace veste le dee...compaiono in passerella<br />

le top model che mostrano i loro fisici statuari fasciati dai<br />

jersey colorati che Gianni modella su <strong>di</strong> loro. Irrompe la<br />

donna sexy che non ha paura <strong>di</strong> mostrare il suo appeal<br />

osando, con oro, stampe eccessive, meduse e teste <strong>di</strong><br />

leone scolpite.<br />

In questo continuo citazionismo che la moda propone,<br />

stiamo rivedendo nelle collezioni attuali molti dei<br />

must have degli anni 80, rivisitati e reinterpretati dalle<br />

nuove generazioni.<br />

Oggi più che mai abbiamo bisogno <strong>di</strong> evasione e del sogno<br />

che il fashion system ci regala».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Monica Curetti<br />

Fashion Director<br />

Apre il decennio con un piccolo scandalo: la vincitrice<br />

Patrizia Nanetti rischia <strong>di</strong> perdere il titolo dopo che<br />

su alcuni quoti<strong>di</strong>ani appare la sua foto con il seno nudo.<br />

Vincono anche Federica Moro, la giovanissima Susanna<br />

Huckstep, Roberta Capua, Na<strong>di</strong>a Bengala, tutte ragazze<br />

<strong>di</strong>ventate protagoniste della quoti<strong>di</strong>ana scena televisiva,<br />

della pubblicità, o della moda. Ma il decennio è dominato<br />

dalla figura <strong>di</strong> Mirka Viola, la <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> per un giorno,<br />

squalificata perché sposata e mamma: fin da bambina<br />

- <strong>di</strong>rà - ho sognato <strong>di</strong> fare la miss. Interviene a suo favore<br />

anche Giulio Andreotti, ma Mirigliani, regolamento alla<br />

mano, se pur a malincuore, è inflessibile.


O T T O B R E


«Noi, con le giacche sagomate e le spalline enormi. Noi<br />

con i capelli cotonati, più truccate allora <strong>di</strong> adesso, nonostante<br />

la giovane età, con l’ombretto azzurrino ben visibile,<br />

un po’ spavalde e un po’ buffe. Noi, donne degli<br />

anni ’80, siamo andate alla conquista della nostra vita e<br />

del nostro lavoro, mettendoci in gioco ogni momento. E<br />

abbiamo fatto la nostra parte. Con stile.<br />

Come eravamo e, forse, come siamo. Eleganti a modo<br />

nostro: impegnate, pronte a cogliere l’attimo, ma sempre<br />

con de<strong>di</strong>zione e fatica, tra prove e provini, convinte che<br />

la nostra strada fosse quella <strong>di</strong> inseguire i propri sogni.<br />

Ognuna ha i suoi anni ’80 da ricordare e da rivivere.<br />

C’è chi come me ha cominciato il proprio percorso a<br />

15 anni. Poi, nell’arco <strong>di</strong> sette-otto stagioni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong><br />

apparizioni sul fondo <strong>di</strong> un palco, ha visto arrivare i primi<br />

“lavori” seri e poi il vero ‘boom”, il momento d’oro.<br />

Insomma, negli anni ’80 si poteva sognare anche durante<br />

le estenuanti sedute accanto alle altre timide ballerine <strong>di</strong><br />

fila e poi... prendere il volo!<br />

Mi verrebbe da scherzare e <strong>di</strong>re: certo, non tutte hanno<br />

la fortuna <strong>di</strong> incontrare sulla propria strada Pippo Baudo,<br />

che crede in te e ti fa danzare nella più popolare trasmissione<br />

del momento. Sto parlando delle due e<strong>di</strong>zioni più<br />

importanti <strong>di</strong> ‘Fantastico’, proprio a metà <strong>di</strong> quegli anni ’80.<br />

Quella è stata la mia rivoluzione. Privata e pacifica.<br />

Che mi ha permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare anche ‘la più amata<br />

dagli italiani’.<br />

Non c’è che <strong>di</strong>re: noi donne degli anni ‘80 abbiamo vissuto<br />

un periodo <strong>di</strong> grande fermento. E abbiamo raccolto<br />

gran<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni, ognuna nel proprio campo».<br />

Lorella Cuccarini<br />

Presentatrice e showgirl


N O V E M B R E


«Non inganni quel pantalone lungo e stretto indossato su<br />

una giacca maschile e accompagnato da una maxi cartella<br />

da lavoro.<br />

Per comprendere al meglio gli anni ’90 bisogna far scendere<br />

lo sguardo verso il basso, ai pie<strong>di</strong> della modella<br />

esile come un filo d’erba, per risalire poi vertiginosamente<br />

su quei tacchi a spillo, combattivi decisi e determinati<br />

a farsi strada nel lavoro come nella vita, creando una<br />

nuova femminilità.<br />

Lasciati alla spalle rivoluzioni anni ’70 ed edonismo degli<br />

’80, il nuovo decennio, l’ultimo del ventesimo secolo, regala<br />

alle donne una nuova consapevolezza: lavoro, politica,<br />

società, industria, informazione, nessun campo è estraneo<br />

o impossibile per quella “vague”, quell’onda femminile<br />

e tostissima decisa a sedersi nelle stanze dei bottoni.<br />

Per entrare nel nuovo mondo, bisogna però costruire<br />

una nuova immagine lasciando in<strong>di</strong>etro qualcosa <strong>di</strong> troppo<br />

corto, lungo o ingombrante che sia, soprattutto nella<br />

moda: scompaiono dagli arma<strong>di</strong> maxi gonne da raduni<br />

hippy e minigonne da piste da ballo, che tanto stanno<br />

più o meno male a tutte. Abbattute cotonature giganti e<br />

giacche con spalline da rugbista, entrambi terrificanti, le<br />

donne decidono che per far scoprire la propria dotazione<br />

<strong>di</strong> cervello bisogna coprire ogni centimetro <strong>di</strong> corpo, o<br />

quasi. Severamente abbigliate, spesso in tailleur maschile<br />

come ci ricorda la foto <strong>di</strong> quegli anni, l’in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> una<br />

nuova era o Eva è affidato al dettaglio, bisogna aguzzare<br />

la vista e guardare quel tacco che spunta dal pantalone,<br />

sbirciare dal collo della camicia maschile, leggermente<br />

sbottonato, scrutare il movimento <strong>di</strong> una mano che<br />

si posa sul collo, liberato grazie ad un sapiente colpo <strong>di</strong><br />

forbice, da copiose cascate <strong>di</strong> capelli.<br />

Sulle passerelle, inconfon<strong>di</strong>bili e più internazionali top model,<br />

contese dagli stilisti italiani celebri nel mondo, cominciano<br />

lentamente a cedere il passo a modelline androgine,<br />

evanescenti, filiformi, <strong>di</strong>menticabilissime. Sulla scena<br />

si impongono, invece, bellezze come Winona Ryder, in<br />

politica comincia l’ascesa <strong>di</strong> Bill Clinton ma ai più attenti<br />

non sfugge che <strong>di</strong>etro spinge Hillary e che, in definitiva,<br />

la musica sta cambiando: le spensierate note <strong>di</strong> Donna<br />

Summer sono volate via, decisamente sostituite dalla<br />

voce <strong>di</strong> Annie Lennox, intensa, consapevole, femminile e<br />

forte, proprio come le donne degli anni ’90».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Cinzia Malvini<br />

Giornalista<br />

Gli anni Novanta coincidono con l’abolizione delle misure<br />

delle ragazze (‘90), l’ammissione <strong>di</strong> can<strong>di</strong>date sposate e<br />

mamme (‘94). Se il 1991 è l’ anno <strong>di</strong> Martina Colombari, nel<br />

’96 una ragazza <strong>di</strong> colore, Denny Mendez, <strong>di</strong>vide l’<strong>Italia</strong>,<br />

ma vince il titolo con giusto merito: «È bellissima, ma non<br />

rappresenta l’<strong>Italia</strong>», <strong>di</strong>cono alcuni; «È l’emblema dell’<strong>Italia</strong><br />

che cambia, un Paese multietnico che guarda al futuro»<br />

rispondono altri. Denny riceve la fascia da Anna Valle,<br />

miss del 1995, destinata a <strong>di</strong>ventare dopo qualche anno<br />

regina della fiction televisiva. Nasce <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> nel Mondo,<br />

un’idea <strong>di</strong> Mirigliani, che dal ‘91 porta con successo il<br />

gioco delle miss anche nelle Comunità italiane all’ estero.


D I C E M B R E


«La moda è democratica e, grazie alle nuove tecnologie,<br />

va veloce, molto veloce. L'evoluzione si coglie nelle nuove<br />

figure che, tramite i networks, comunicano quello che accade<br />

nel “sistema”. Non più prerogativa degli addetti del<br />

settore, viene <strong>di</strong>vulgata, enfatizzata e recensita, da schiere<br />

<strong>di</strong> bloggers, coolhunters, influencers e aspiranti e<strong>di</strong>tors,<br />

grazie anche alla forte curiosità che li contrad<strong>di</strong>stingue.<br />

Termini ancora sconosciuti a molti ma <strong>di</strong> sicuro alcune<br />

delle chiavi d'accesso al futuro. Il <strong>di</strong>namismo viaggia<br />

nell'etere, la con<strong>di</strong>visione imme<strong>di</strong>ata, a suon <strong>di</strong> “tweet”,<br />

consente la visibilità dei designer emergenti e l'accrescere<br />

del desiderio <strong>di</strong> must haves.<br />

Apprezzata è la ricerca, l'unicità, l'in<strong>di</strong>vidualità e la molteplicità<br />

degli interessi. Soprattutto se annessi ad un valido<br />

background. Con un occhio <strong>di</strong> riguardo alla storia della<br />

moda e al vintage d'annata, la viva nostalgia dei gran<strong>di</strong><br />

couturier e una forte speranza nei nuovi. Una cultura che<br />

i più forbiti non omettono nei propri “post” e rendono visibile<br />

attraverso le immagini. Reflex e tablet a portata <strong>di</strong><br />

mano, Instagram e Pinterest sempre connessi.<br />

Icone <strong>di</strong> stile oramai, non solo modelle e attrici, ma ragazze<br />

“normali”, abili a mixare i capi e gli accessori più<br />

<strong>di</strong>sparati nei propri “outfits”. Spesso il risultato è superlativo,<br />

tanto da <strong>di</strong>venire spunto per migliaia <strong>di</strong> giovani, che<br />

a loro volta lo rielaborano e rivisitano. Un effetto domino<br />

in cui anche il made in Italy è rivalutato.<br />

Da una parte si migra e si viaggia alla velocità della luce,<br />

ma dall’altra si sente anche un forte bisogno <strong>di</strong> restare<br />

in qualche modo ancorati alle origini, al tepore <strong>di</strong> casa,<br />

all'arma<strong>di</strong>o della nonna ed alla pura e semplice sartorialità<br />

dei suoi capi.<br />

Le stesse nonne che si ispiravano al New Look <strong>di</strong> Christian<br />

Dior, sognavano il celeberrimo abito da sposa <strong>di</strong> Linda<br />

Christian, ideato dalle sorelle Fontana, e ammiravano<br />

la bellezza <strong>di</strong> Silvana Pampanini, ‘<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> ad Honorem’<br />

nel 1946».<br />

«Le fashion bloggers hanno ormai invaso i front row delle<br />

passerelle. Questo <strong>di</strong>mostra che il loro ruolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgatrici<br />

<strong>di</strong> tendenze ha un peso importante nel fashion business,<br />

non è più nelle mani delle potenti redattrici <strong>di</strong> moda.<br />

Il fenomeno è nato da pochissimi anni: Scott Schuman<br />

(l’autore del blog The Sartorialist) è stato tra i primi.<br />

Si è accorto che era molto più interessante fotografare<br />

gli addetti ai lavori fuori dalle sfilate che le algide modelle<br />

sulla catwalk!<br />

Il popolo fashion interpreta, riassembla con personalità<br />

le nuove tendenze proposte dagli stilisti e porta la<br />

moda in strada: le blogger <strong>di</strong>ventano così fashion icons.<br />

Seguono la moda come una religione, sono sempre connesse<br />

e il loro valore si misura in base al numero dei propri<br />

utenti/followers!<br />

Il web ha reso accessibile e democratico un ambiente,<br />

quello patinato della moda, che è sempre stato per definizione<br />

elitario».<br />

Succedeva a <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong>…<br />

Alessia Caliendo<br />

Fashion E<strong>di</strong>tor<br />

Amelianna Loiacono<br />

Fashion Stylist<br />

Torna Sofia Loren. Salsomaggiore Terme, dove iniziò la<br />

carriera nel ’50, saluta la grande attrice venuta all’inizio<br />

del secolo a incoronare l’ ultima miss minorenne del Concorso,<br />

Daniela Ferolla, 17 anni, salernitana. Il Duemila<br />

porta quattro serate televisive, una in più, per l’elezione<br />

della più bella del Paese: le prime due invitano le ragazze<br />

a farsi conoscere, a ‘raccontarsi’ con qualche rossore e<br />

molte emozioni.<br />

Proprio nel 2000 la più bella è Tania Zamparo, modella,<br />

attrice, giornalista; si fanno apprezzare le vincitrici<br />

degli anni successivi, tutte “miss <strong>di</strong> nuova generazione”.<br />

Tre anni dopo Enzo Mirigliani affida la guida <strong>di</strong> <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong><br />

alla figlia Patrizia che, con una conduzione rigorosa, mantiene<br />

al primo posto la correttezza, il rispetto delle regole,<br />

l’etica, la tutela della donna e della sua <strong>di</strong>gnità, la <strong>di</strong>fesa<br />

della tra<strong>di</strong>zione e, <strong>di</strong> pari passo, l’ammodernamento, anche<br />

tecnologico, del Concorso.<br />

Si apprezzano le novità introdotte: la taglia 44, i titoli <strong>Miss</strong><br />

Sport e <strong>Miss</strong> Fair Play; fa <strong>di</strong>scutere l’abolizione del bikini<br />

nelle serate televisive a favore del costume intero, anni ’50.


Stile <strong>di</strong> donne<br />

Stili <strong>di</strong> vita<br />

Da un’idea <strong>di</strong><br />

Patrizia Mirigliani<br />

Calendario <strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> 2013<br />

Prodotto da Miren Srl<br />

Starring<br />

Giusy Buscemi<br />

<strong>Miss</strong> <strong>Italia</strong> 2012<br />

Photo<br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>Porcarelli</strong><br />

Coor<strong>di</strong>namento e Direzione Immagine<br />

Massimo Serini<br />

Stylist<br />

Amelianna Loiacono<br />

Con la partecipazione <strong>di</strong>:<br />

Laura Laurenzi<br />

Silvana Pampanini<br />

Brunella Tocci<br />

Micol Fontana<br />

Laura Delli Colli<br />

Elsa Martinelli<br />

Barbara Palombelli<br />

Monica Curetti<br />

Lorella Cuccarini<br />

Cinzia Malvini<br />

Amelianna Loiacono<br />

Alessia Caliendo<br />

Si ringrazia:<br />

Make up - Deborah Milano<br />

Hair Styling - Wella Professionals<br />

Progetto Grafico<br />

Alessandra Ponzetta - Vittoria Di Natale<br />

<strong>Foto</strong> Backstage<br />

Luigi Saggese - Daniele La Malfa<br />

Video Backstage<br />

Simone Di Maria<br />

Ufficio Stampa<br />

Marcello Cambi<br />

Eleonora Di Prete<br />

Stampa<br />

Grafica <strong>di</strong> Marco Tullio Roma<br />

Nina (il cane nella foto) è stata adottata tramite<br />

l’Associazione “Le amiche <strong>di</strong> Lu”<br />

www.missitalia.it

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