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Canto siculo per Ducezio-3 - Catania per te

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il pre<strong>te</strong>sto <strong>per</strong> s<strong>te</strong>rminarci tutti,<br />

non pat<strong>te</strong>ggiare accordi,<br />

ma toglierci le <strong>te</strong>rre <strong>per</strong> darle ai loro nulla<strong>te</strong>nenti?».<br />

D.: «A che una vita nella penombra<br />

di un cielo sempre co<strong>per</strong>to da nubi?<br />

Accendiamola noi una fiaccola<br />

quand’anche un vento furioso ce la spenga subito!<br />

La decisione è presa, padre.<br />

Ci occorron vere città <strong>per</strong> farci liberi<br />

e in grado di compe<strong>te</strong>re davvero con i Greci.<br />

Sparpagliati come siamo in questa <strong>te</strong>rra<br />

non potremmo mai popolarla abbastanza.<br />

Senza città siamo come ulivi cresciuti<br />

solo dove c’è roccia che ci sostiene.<br />

Per far fiorire davvero la campagna<br />

occorre met<strong>te</strong>r su vere città<br />

e lì portarci gli abitanti dei villaggi<br />

che non reggerebbero all’urto<br />

di una vera aggressione dei Greci».<br />

C.: «E Leporin, tuo padre: “Parli di costringere i Siculi<br />

a lasciare villaggi antichissimi<br />

<strong>per</strong> spostarci in città che non esistono?».<br />

D.: «Le costruiremo, padre, le met<strong>te</strong>remo su!<br />

Non siamo loro inferiori <strong>per</strong> in<strong>te</strong>lletto<br />

né <strong>per</strong> capacità in ogni campo.<br />

Molto possiamo apprendere da noi medesimi<br />

nonché rubar loro la scienza<br />

che fu generata dalla schiavitù altrui».<br />

C.: «E Leporin, tuo padre: “<strong>Ducezio</strong>,<br />

quale visione si accampa nella tua men<strong>te</strong>?<br />

Un sogno non riconosciuto ma creduto realtà<br />

<strong>per</strong> sos<strong>te</strong>ntarsi ha bisogno di sangue,<br />

di crimini, di orrori!”».<br />

D.: «Combat<strong>te</strong>remo, padre, non avremo timore del sangue<br />

Né del nostro, che doneremo alla causa,<br />

né dell’altrui: ma non lo spargeremo vanamen<strong>te</strong>».<br />

αC.: «In<strong>te</strong>rvenne allora zia Pania, che da sempre<br />

ti chiamava suo pensiero, pensiero di libertà.<br />

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