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Veronica Franco, rime - Cristina Campo

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contenuto, sia nella forma dai modelli petrarchisti, utilizza metafore e stereotipi della poesia<br />

amorosa attribuendo loro il valore realistico della corporeità nella sua piacevolezza gaia e serena,<br />

che si tinge di nostalgia elegiaca e di tristezza quando l'amato è lontano.<br />

I 10 componimenti della seconda parte vedono, in genere, <strong>Veronica</strong> travagliata per l'assenza<br />

dell'amato; sentimenti contrastanti, gioia e dolore, eros e pathos si alternano attraverso immagini<br />

topiche, connotate anche in questa seconda parte ora dal realismo erotico, ora da accenti<br />

d'intonazione elegiaca “ai quali andrà associata la disposizione ad un periodare di tipo<br />

narrativo”, risoluzioni che “denotano sicuramente la necessità - secondo Bianchi (11) - di<br />

diversificare i registri psicologici di una poesia che alt<strong>rime</strong>nti avrebbe rischiato di uniformarsi su<br />

un'unica corda espressiva, smarrendo nel contempo la fluidità del dettato stilistico elettivo”.<br />

Di particolare interesse è il XIX capitolo in cui <strong>Veronica</strong> confessa il suo “amore impossibile” per<br />

un religioso, assicurando che ha tradotto quel sentimento in sincera amicizia: in primo piano in<br />

questi versi è il travaglio interiore di una donna innamorata, che soffre per l'intensità di<br />

quell'affetto e la consapevolezza dell'assurdità dello stesso.<br />

Altrettanto interessante è il XVI capitolo col quale <strong>Veronica</strong> si difende dalle volgari accuse di<br />

Maffio Venier, nipote del celebre Domenico, il quale, per invidia e per gelosia letteraria, aveva<br />

scritto contro di lei, in dialetto veneziano due capitoli intitolati “Franca, credème per San Maffio”<br />

e “An fia comodo? A che muodo zioghèmo?” ed il sonetto “ “<strong>Veronica</strong>, ver unica puttana”,<br />

offensivi e denigratori.<br />

Ella risponde con chiara pacatezza, non solo confutando le accuse, ma utilizzando a proprio<br />

vantaggio l'ambiguità verbale di Maffio al punto da tradurla in un complimento:<br />

“Ver unica” e 'l restante mi chiamaste,<br />

alludendo a <strong>Veronica</strong> mio nome,<br />

ed al vostro discorso mi biasmaste;<br />

ma al mio dizionario io non so come<br />

“unica” alcuna cosa propriamente<br />

in mala parte ed in biasmar si nome.<br />

…….<br />

Quella di cui la fama è gloriosa,<br />

e che in bellezza ed in valor eccelle,<br />

senza par di gran lunga virtuosa,<br />

“unica” a gran ragion vien che s'appelle<br />

……..<br />

L'”unico” in lode e in pregio vien esposto<br />

Da chi s'intende;………” ( XVI, vv. 140 - 156)<br />

<strong>Veronica</strong> fu autrice anche di 15 sonetti, dei quali, i primi due sono dedicati a Enrico III; il terzo è<br />

un elogio del giurista Giuseppe Spinelli; il tredicesimo ed il quattordicesimo sonetto sono dedicati<br />

al letterato Bartolomeo Zacco; il quindicesimo al poeta Muzio Manfredi. il quarto fino al<br />

dodicesimo sono dedicati a Estor Martinengo, morto prematuramente; questi 9 sonetti furono<br />

inclusi da <strong>Veronica</strong> nella raccolta “Rime di diversi eccellentissimi auttori nela morte dell'Illustre<br />

Sign. Estor Martinengo, Conte di Malpaga”, che ella curò nel 1575 per commemorare il giovane<br />

conte della famiglia patrizia bresciana, benemerita per aver militato a difesa di Venezia contro i<br />

Turchi.<br />

La raccolta, che contiene anche versi di Domenico Venier, Marco Venier, Orsetto Giustinian,<br />

Bartolomeo Zacco, Celio Magno, Andrea Manichini, Marco Stecchini, Orazio Toscanella, Giovanni<br />

Scrittore, Valerio Sali e Antonio Cavassico, è preceduta nell'edizione del 1575 da una dedica al<br />

fratello committente, il Colonnello Francesco Martinengo :<br />

“Sì come per avventura sarebbe stata temeraria impresa s'io tentassi d'aggiunger prudenza con le<br />

11 () Bianchi S., o.c., pag. 12<br />

9<br />

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