Veronica Franco, rime - Cristina Campo
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avviatavi dalla madre (1) , anch'ella cortigiana rinomata (2) e sua maestra d'arte erotica.<br />
Sposò il dottore Paolo Panizza, da cui si separò a 18 anni. Fu anche madre, pare di sei figli. Altre<br />
notizie certe riguardano il processo che subì da parte dell'Inquisizione, nel 1580, con l'accusa di<br />
avere avvinto a sé i propri amanti e di averli sottratti ai rispettivi doveri coniugali e civili,<br />
stregandoli con sortilegi e magie.<br />
È documentato che <strong>Veronica</strong> si autodifese brillantemente in dialetto veneto con accenti intensi e<br />
vibranti, che certamente colpirono l'uditorio, infatti ella fu prosciolta dall'accusa.<br />
Certamente se oggi è possibile leggere i versi della <strong>Franco</strong>, gran parte del merito spetta a<br />
Domenico Venier, stimato dai più illustri letterati del suo tempo, il quale aveva costituito nel suo<br />
salotto un vero e proprio cenacolo letterario di grande prestigio. Frequentato tra gli altri, da<br />
Giorgio Grandenigo, Celio Magno, Bernardo Tasso, Sperone Speroni.<br />
Tra il Venier e la <strong>Franco</strong> vi fu una fitta corrispondenza; l'epistolario fu pubblicato nel 1580 e<br />
ripubblicato dal Croce.<br />
Destò sicuramente grande invidia l'interesse che per <strong>Veronica</strong> mostrò Enrico III di Valois, quando<br />
nel 1574, al ritorno dalla Polonia, si trattenne a Venezia per ben 11 giorni e la prescelse per una<br />
visita. Per tener vivo il ricordo di quell'incontro, <strong>Veronica</strong> (a lui sono dedicati i primi due sonetti<br />
della raccolta) gli inviò successivamente il proprio ritratto, dipinto dal Tintoretto, accompagnato<br />
da alcuni versi (3)<br />
“ Come talor dal ciel sotto umil tetto<br />
Giove tra noi qua giù benigno scende,<br />
e perché occhio terren dall'alt'oggetto<br />
non resti vinto, umana forma prende;<br />
così venne al mio povero ricetto,<br />
senza pompa real ch'abbaglia e splende,<br />
dal fato Enrico a tal dominio eletto,<br />
ch'un sol mondo nol cape e nol comprende<br />
………………………………………….<br />
l'immagin mia di smalto e di colore<br />
prese al partir con grato animo aperto.” (Sonetto I)<br />
Nel 1575 furono pubblicate le TERZE RIME di <strong>Veronica</strong> <strong>Franco</strong>, unica e rarissima edizione<br />
“elegante in formato di quarto e con bei caratteri corsivi” (4) .<br />
La data si evince dalla dedica formulata al (5) Duca di Mantova e Monferrato, Guglielmo Gonzaga<br />
“AL SERENISSIMO PRENCIPE SIGNOR E PADRON MIO COLENDISSIMO IL SIGNOR<br />
DUCA DI MANTOVA E MONFERRATO<br />
VERONICA FRANCA<br />
Se ben lontanissima corrispondenza e quasi disproporzionata proporzione si trova tra le chiarissime<br />
virtù dell'Altezza Vostra e 'l mio desiderio d'onorarla e degnamente servirla, sì che tutto quello,<br />
ch'io potessi fare in questa impresa, sarebbe men ch'ombra a paragonn del vero; nondimeno in<br />
quello, dove mi sono mancate le forze e i convenevoli concetti di celebrarla ed essaltarla, m'è<br />
1 () A. Graf, Una cortigiana fra mille: <strong>Veronica</strong> <strong>Franco</strong> in Attraverso il Cinquecento, Torino, Loescher, 1888, pag.293<br />
“pare che la buona mamma fosse stata a' suoi tempi cortigiana ancora essa e, prima che mallevadrice, maestra alla<br />
figliuola”<br />
2 () Il Salza in Scrittori d'Italia, Rime, a cura di A. Salza, Bari, Laterza, 1913, afferma che nel CATALOGO DELLE<br />
CORTIGIANE, composto intorno al 1565 era indicato il nome, l'indirizzo e la tariffa sia di <strong>Veronica</strong> <strong>Franco</strong> “<strong>Veronica</strong><br />
<strong>Franco</strong>, a Santa Maria Formosa, pieza so mare, scudi 2”, sia della madre “Paula franco, a Santa Maria Formosa, pieza<br />
lei medema, scudi 2”<br />
3 () Il Salza considera questo citato il primo sonetto, incluso nella lettera a Enrico III completa di indirizzo, tratta dalla<br />
seguente raccolta “Lettere familiari a diversi della S. <strong>Veronica</strong> Franca”<br />
4 () Salza, a cura di, o.c., pag.380<br />
5 () Salza, a cura di, o.c., pag. 380 - 381<br />
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