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Veronica Franco, rime - Cristina Campo

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Note<br />

di Vittoria Caso<br />

“così dentro e di fuor chiara e splendente<br />

sarete d'ogni età vero ornamento<br />

non pur di questo secolo presente…”<br />

(vv. 25 - 28, I, terze <strong>rime</strong>)<br />

Questi versi di Domenico Venier risuonano come un presagio, infatti, preannunciano l'orma<br />

indelebile che nel mondo delle lettere lascerà <strong>Veronica</strong> <strong>Franco</strong>: voce femminile, a lungo ignorata<br />

ed ancora oggi poco nota, nonostante la spontaneità della vena ispiratrice e la genuinità dei suoi<br />

componimenti.<br />

È certamente innegabile che alla donna sia toccato il magico ruolo di musa ispiratrice, fonte di<br />

nobili emozioni e di elevati sentimenti, ma è anche vero che ella ha dovuto conquistare,<br />

dimostrando di esserne all'altezza, il diritto ad esp<strong>rime</strong>re il proprio sentire e la possibilità di essere<br />

considerata non oggetto letterario, ma soggetto pensante e narrante al pari di poeti e scrittori<br />

maschi.<br />

Saffo, i cui splendidi versi sono stati fonte di ispirazione finanche per Catullo, uno dei più grandi<br />

poeti d'amore di tutti i tempi, fu protagonista vera ed indiscussa, imponendosi all'attenzione del<br />

mondo della cultura e ai gusti del tempo non solo come soggetto, ma anche immortalando il suo<br />

pathos erotico in versi indimenticabili.<br />

La medesima intensità è nei versi di <strong>Veronica</strong> <strong>Franco</strong>.<br />

Veneziana, nata nel 1545, da Francesco e Paola Fracassa, visse appieno la stagione<br />

rinascimentale della poesia al femminile, celebrando senza falsi pudori eros e sensualità.<br />

Una donna, dunque, alunna di Venere e di Apollo, ispiratrice di forti e irripetibili sensazioni e<br />

sentimenti intensi, ma vivace ed attenta, abile e sagace nell'esp<strong>rime</strong>re le proprie emozioni.<br />

Madonna <strong>Veronica</strong> è si, cortigiana esperta, ma anche “onesta” cioè donna di cultura<br />

“e così 'l vanto avete tra le belle<br />

di dotta, e tra le dotte di bellezza,<br />

e d'ambo superate e queste e quelle…”<br />

(vv.133-136, I, terze <strong>rime</strong>)<br />

Nel caso di <strong>Veronica</strong>, il confine tra storia e leggenda, realtà e fantasia trascolora.<br />

Tuttavia, a testimonianza di questa personalità assertiva, abbiamo i suoi versi - scripta manent! - di<br />

là dal giudizio lusinghiero o meno che ella, siccome donna in primis, in quanto cortigiana<br />

secondariamente poteva ricevere:<br />

“la penna e 'l foglio in man prendete intanto,<br />

e scrivete soavi e grate <strong>rime</strong>,<br />

ch'ai poeti maggior tolgon il vanto …”<br />

(vv. 76-79, I, terze <strong>rime</strong>)<br />

è l'incoraggiamento realistico del suo patron Domenico Venier, il quale ne seppe apprezzare il<br />

talento e ne fu convinto sostenitore.<br />

Fra i dati certi che la riguardano, si tramanda che ella iniziasse la sua professione giovanissima,<br />

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