Veronica Franco, rime - Cristina Campo

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01.06.2013 Views

che sia di maggior vanto e maggior grido. Gioia non darsi altrove al mondo avezza in tal copia in Vinegia il ciel ripose, che chi non la conosce, non l'apprezza. Questo al vostro giudicio non s'ascose. che de le cose piú eccellenti ha gusto; ma poi la benda agli occhi Amor vi pose: dal costui foco il vostro cor combusto, vi mandò agli occhi de la mente il fumo, che vi fece veder falso e non giusto. Ned io di me tai menzogne presumo, quai voi spiegaste, ben con tai maniere, che dal modo del dir diletto assumo; ma non perciò conosco per non vere le trascendenti lodi che mi date, sí che mi son con noia di piacere. Ma se pur tal di me concetto fate, perch'al nido, ov'io nacqui, non si pensa da voi, e 'n ciò perch'ognor nol lodate? Perch'ad altr'opra il pensier si dispensa, se per voi deve un loco esser lodato, che dia al mio spirto posa e ricompensa? Ricercando del ciel per ogni lato, se ben discorre in molte parti il sole, però vien l'oriente piú stimato: perché quasi dal fonte Febo suole quindi spiegar il suo divino raggio, quando aprir ai mortali il giorno vuole; cosí anch'io 'n questo e in ogni altro viaggio, senza col sol però paragonarmi, per mio oriente, alma Venezia, t'aggio. Questa, se in piacer v'era dilettarmi, dovevate lodar, e con tal modo al mio usato soggiorno richiamarmi. Lunge da lei, di nullo altro ben godo, se non ch'io spero che la lontananza dal mio vi scioglia o leghi a l'altrui nodo. Continuando in cotal mia speranza, prolungherò piú ch'io potrò 'l ritorno: tal che m'amiate ha lo sdegno possanza! Cosí vuol chi nel cor mi fa soggiorno: amor di tal, che per vostra vendetta forse non meno il mio riceve a scorno; ma, come sia, non ritornerò in fretta. XIII DELLA SIGNORA VERONICA FRANCA 2 8

Non piú parole: ai fatti, in campo, a l'armi, ch'io voglio, risoluta di morire, da sí grave molestia liberarmi. Non so se 'l mio «cartel» si debba dire, in quanto do risposta provocata: ma perché in rissa de' nomi venire? Se vuoi, da te mi chiamo disfidata; e se non, ti disfido; o in ogni via la prendo, ed ogni occasion m'è grata. Il campo o l'armi elegger a te stia, ch'io prenderò quel che tu lascerai; anzi pur ambo nel tuo arbitrio sia. Tosto son certa che t'accorgerai quanto ingrato e di fede mancatore fosti, e quanto tradito a torto m'hai. E se non cede l'ira al troppo amore, con queste proprie mani, arditamente ti trarrò fuor del petto il vivo core. La falsa lingua, ch'in mio danno mente, sterperò da radice, pria ben morsa dentro 'l palato dal suo proprio dente; e se mia vita in ciò non fia soccorsa, pur disperata prenderò in diletto d'esser al sangue in vendetta ricorsa; poi col coltel medesmo il proprio petto, de la tua occision sazia e contenta, forse aprirò, pentita de l'effetto. Or, mentre sono al vendicarmi intenta, entra in steccato, amante empio e rubello, e qualunque armi vuoi tosto appresenta. Vuoi per campo il segreto albergo, quello che de l'amare mie dolcezze tante mi fu ministro insidioso e fello? Or mi si para il mio letto davante, ov'in grembo t'accolsi, e ch'ancor l'orme serba dei corpi in sen l'un l'altro stante. Per me in lui non si gode e non si dorme, ma 'l lagrimar de la notte e del giorno vien che in fiume di pianto mi trasforme. Ma pur questo medesimo soggiorno, che fu de le mie gioie amato nido, dov'or sola in tormento e 'n duol soggiorno, per campo eleggi, accioch'altrove il grido non giunga, ma qui teco resti spento, del tuo inganno ver' me, crudele infido: qui vieni, e pien di pessimo talento, accomodato al tristo officio porta ferro acuto e da man ch'abbia ardimento. Quell'arme, che da te mi sarà pòrta, prenderò volontier, ma piú, se molto tagli, e da offender sia ben salda e corta. 2 9

che sia di maggior vanto e maggior grido.<br />

Gioia non darsi altrove al mondo avezza<br />

in tal copia in Vinegia il ciel ripose,<br />

che chi non la conosce, non l'apprezza.<br />

Questo al vostro giudicio non s'ascose.<br />

che de le cose piú eccellenti ha gusto;<br />

ma poi la benda agli occhi Amor vi pose:<br />

dal costui foco il vostro cor combusto,<br />

vi mandò agli occhi de la mente il fumo,<br />

che vi fece veder falso e non giusto.<br />

Ned io di me tai menzogne presumo,<br />

quai voi spiegaste, ben con tai maniere,<br />

che dal modo del dir diletto assumo;<br />

ma non perciò conosco per non vere<br />

le trascendenti lodi che mi date,<br />

sí che mi son con noia di piacere.<br />

Ma se pur tal di me concetto fate,<br />

perch'al nido, ov'io nacqui, non si pensa<br />

da voi, e 'n ciò perch'ognor nol lodate?<br />

Perch'ad altr'opra il pensier si dispensa,<br />

se per voi deve un loco esser lodato,<br />

che dia al mio spirto posa e ricompensa?<br />

Ricercando del ciel per ogni lato,<br />

se ben discorre in molte parti il sole,<br />

però vien l'oriente piú stimato:<br />

perché quasi dal fonte Febo suole<br />

quindi spiegar il suo divino raggio,<br />

quando aprir ai mortali il giorno vuole;<br />

cosí anch'io 'n questo e in ogni altro viaggio,<br />

senza col sol però paragonarmi,<br />

per mio oriente, alma Venezia, t'aggio.<br />

Questa, se in piacer v'era dilettarmi,<br />

dovevate lodar, e con tal modo<br />

al mio usato soggiorno richiamarmi.<br />

Lunge da lei, di nullo altro ben godo,<br />

se non ch'io spero che la lontananza<br />

dal mio vi scioglia o leghi a l'altrui nodo.<br />

Continuando in cotal mia speranza,<br />

prolungherò piú ch'io potrò 'l ritorno:<br />

tal che m'amiate ha lo sdegno possanza!<br />

Cosí vuol chi nel cor mi fa soggiorno:<br />

amor di tal, che per vostra vendetta<br />

forse non meno il mio riceve a scorno;<br />

ma, come sia, non ritornerò in fretta.<br />

XIII<br />

DELLA SIGNORA VERONICA FRANCA<br />

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