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Priapo: il dio dei bordelli -versione p. T - santoro rupert

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PAOLO<br />

RUPERT<br />

SANTORO<br />

PRIAPO: IL<br />

DIO DEI<br />

BORDELLI


<strong>Priapo</strong>: <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong><br />

Ovvero<br />

L’Olimpo a Monacazzo<br />

di<br />

Paolo Rupert Santoro


Dedicato a….<br />

…a chi patto o parola o debito non mantene..<br />

.. se omo è , un doloroso canchero gli pigli nel pene..<br />

...se femmina invece fussi la maliritta issa<br />

.. un canchero doloroso le pigli nella fissa ..<br />

...accussì la semenza maliritta non avrà discendenza..<br />

... e se già c’è, un canchero anche per codesta mal semenza….<br />

Ruperto da Munipuzos<br />

Ad me respice, fur, et aestimato,<br />

quot pondo est tibi mentula cacanda..<br />

Guardami , ladro, e pensa<br />

quanto grosso è <strong>il</strong> cazzo che dovrai cagare..<br />

Carmina Priapea<br />

La vita è una, come la minchia,<br />

e se non è un piacere vivere e avere una minchia,<br />

a che minchia serve vivere e avere una minchia?<br />

Socratino da Munipuzos, secondo l’Autore<br />

Creati e creatori si confondono e non si capisce se i creati hanno<br />

creato i creatori o i creatori hanno creato i creati....<br />

Zeus, secondo l’Autore<br />

Odyssesthai significa “ odiare “, e tu sarai odiato e odierai.<br />

Autolico, secondo l’Autore


Gallo turpius est nih<strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>.<br />

Nulla è più orrendo di un <strong>Priapo</strong> senza orpelli.<br />

Marziale<br />

Chi compie imprese grandi ha molto da soffrire…<br />

Esch<strong>il</strong>o<br />

Scribimus indoctis doctisque poemata nostra:<br />

doctus et indoctus quod legat inde leget.<br />

Scriviamo questo nostro poema per dotti e non dotti:<br />

<strong>il</strong> dotto e <strong>il</strong> non dotto ciò che sceglie leggerà…<br />

Stolcius de Stolcenberg<br />

Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono sempre<br />

molto sicuri mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.<br />

B. Russell<br />

E diu dissi “Fiat p<strong>il</strong>u”.<br />

E p<strong>il</strong>u fu…<br />

L’ Autore<br />

Zeus è la mente, Eracle <strong>il</strong> corpo, <strong>Priapo</strong> <strong>il</strong> fallo..<br />

Mhassymylyano da Munipuzos<br />

Già prima di Elena la fica fu causa orrenda di guerra.<br />

Orazio<br />

Adesso <strong>il</strong> mio debito è saldato… ho mantenuto la mia<br />

parola…io sono un uomo.. non un mezzuomo, un<br />

uminicchio, un piglianculo o un quaquaraquà…chi<br />

mantiene i patti, rispetta i regolamenti, onora i bandi è un<br />

uomo.. gli altri, per favore, si mettano in una delle altre<br />

quattro categorie…<br />

Dioniso, secondo l’Autore<br />

Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius…<br />

Sib<strong>il</strong>la Priaprica, secondo l’Autore


Priapeum<br />

In quel sentiero, dove son le querce, o capraio, svoltando,<br />

troverai un simulacro di fico, appena sbozzato,<br />

a tre gambe, con la scorza, senza orecchi, ma col membro<br />

vitale capace di compier l'opre di Cipride.<br />

Un sacro recinto vi corre, ed un perenne<br />

rivo, dalle rocce, dovunque s'adorna<br />

d'allori e di mirti e di cipresso odoroso,<br />

e là si distende, datrice di grappoli, con le spire<br />

una vite, e primaver<strong>il</strong>i, con acute voci,<br />

i merli emettono canti variegati.<br />

E i canterini usignoli rispondono con cinguettii,<br />

cantando dai becchi la voce di miele.<br />

Fermati là, ed al grazioso <strong>Priapo</strong><br />

chiedi ch'io smetta <strong>il</strong> desiderio di Dafni,<br />

e subito immolerò un bel capretto. Se però rifiuta,<br />

ottenendo lui voglio compier triplice sacrificio:<br />

darò infatti una giovenca, un peloso capro, un agnello che tengo<br />

chiuso. Ascolti benevolo <strong>il</strong> <strong>dio</strong>!<br />

Teocrito<br />

Pubblico mio, suvvia non deplorare questa poesia trovandola volgare, anche se<br />

non la potrebbe declamare un maestro di scuola alle scolare;ma queste mie<br />

rimette da sollazzo, così come un marito ad una moglie non possono piacere<br />

senza <strong>il</strong> cazzo. D’altronde non si può dir cose audaci senza citare dove le donne<br />

danno i baci. Questa e' la legge del poeta smaliziato: non può piacere se non e'<br />

un po' sboccato. Perciò la serietà or deponete e questi versi sciolti orsù assolvete.<br />

Se poi qualche parola e' impertinente non osate castrar le mie canzoni, che<br />

sarebbe l'esatto equivalente di chi tagli ad un pene i suoi coglioni.<br />

Marziale


A MUNIPUZOS<br />

B BOSCO DI MYNKYALONYA<br />

C LAGO DI MUNIPUZOS<br />

D PURCEDDOPOLIS


-A-<br />

L’antefatto<br />

Giove, a cui era in aria lu carru<br />

Comu ‘ntra mari la varchitta, o scarmu,<br />

Era a ‘ddi tempi lu primu futtarru,<br />

E avia la minchia chiù dura d’un marmu.<br />

Cuntava di diametro, si non sgarru,<br />

Triccento ottanta canni e mezzu parmu;<br />

Ed a Giunoni, ccu ddu cazzu santu,<br />

cci l’avia fattu addivintari tantu!<br />

Futteva a longu, e pertichi e bubbuni<br />

Pigghiava spissu alla diavulina:<br />

E intantu ccu ddu grossu so minchiuni<br />

Arruzzulava figghi a minchia cina:<br />

Mircuriu, chi nasciu mentri Giununi<br />

Cci avia ‘mmiscatu camurria divina:<br />

E in diversi occurrenzi e varii parti<br />

Fici a Baccu, Vulcanu , Apollu e Marti…<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

Non si sapi quannu fu , ma fu. E fu tanto tempo fa. Il fatto successe e Esiodo<br />

Fhallocriso da Munipuzos ne parla e sparla nella sua “ Teogonia Sicula .” Esiodo,<br />

grande poeta tragico ma poco serio, storico inventore molto poco credib<strong>il</strong>e, teologo<br />

sparapalle ma ateo convinto e altro , scrive:<br />


I greci facevano riferimento alle troppe incursione tra le cosce delle femmine<br />

terrestri da parte di Zeus e di altre divinità. Ma , masch<strong>il</strong>isticamente parlando,<br />

ignoravano volutamente le fortunate ciolle terrestri che incollavano le divinità. Per<br />

quanto riguarda i loro culi facevano riferimento al ratto di Ganimede. Il picciotto<br />

bello dal culo ancora più bello aveva ispirato <strong>il</strong> theophallus di Zeus. Il capo<strong>dio</strong> se<br />

l’era portato nell’Olimpo per farlo suo “ amato” coppiere in tutti sensi.<br />

Qualcuno accettata la cosa , qualcuno la condannava.<br />

“ Pur di fare la bella vita darei <strong>il</strong> culo pure all’ultimo degli <strong>dei</strong> dell’Olimpo.”<br />

“Manco a Zeus darei <strong>il</strong> culus.. sono uomo castus e purus.” Dicevano i puri di cuore<br />

e di spirito ma soprattutto di carne.<br />

Preoccupati pertanto per <strong>il</strong> futuro <strong>dei</strong> loro culi intanto si preoccupavano per i<br />

cunni delle loro donne. Perché Zeus si pigliava sempre <strong>il</strong> meglio. E spesso <strong>il</strong> meglio<br />

delle vergini. Se lo pigliava d’autorità. Sempre.<br />

“Stupro divino” lo chiamava qualcuno. E stupro era a tutti gli effetti.<br />

Zeus tonante e trombante tuonava e trombava sia in cielo che in terra , e siccome era<br />

un po’ assai permaloso, appena seppe che i greci gradivano poco le sue divinissime<br />

corna, colto da improvviso eroico ed erotico furore decise di trasferire la sua corte<br />

divina. E tanto per non andare lontano, per non tradire la sua terra, decise di<br />

passare dalla Grecia alla Magna Grecia. Convocato <strong>il</strong> Consiglio <strong>dei</strong> Tredici diede<br />

loro la notizia. Poi la decisione fu comunicata alla corte Olimpica e infine al<br />

popolo greco. Alla corte per conoscenza, al popola per sfregio. Con <strong>il</strong> suo solito<br />

incipit <strong>il</strong> <strong>dio</strong> degli <strong>dei</strong> e degli uomini disse ai colleghi:<br />

“ Io , Zeus, mi consento, se voi mi consentite, altrimenti mi autoconsento di<br />

trasferirmi nella nuova sede…. di trasferirmi e trasferirvi.. io e tutto l’Olimpo<br />

intero… dall’Olimpo di Olimpia al Munipuzosolimpo….detto anche<br />

Olimpazzo…l’Olimpo di Monacazzo…di adottare <strong>il</strong> sic<strong>il</strong>iano come lingua<br />

dell’Olimpazzo e di aggiungere al nostro abituale abbigliamento la coppola… se<br />

consentite, alzate le mani.. se non consentite fate lo stesso i bagagli perchè io mi<br />

autoconsento codesto trasferimento.. pertanto vasamu li manu e muviti lu culu..”<br />

Al popolo disse: “ Iti a farvi fottere, io mi trasferisco Popolo ingrato...”<br />

“ Dove, sommo Zeus? “ chiesero i greci.<br />

“ Cazzi miei. “ fu la risposta.<br />

“ Ma se vogliamo farti una visita.. una preghiera.. se vogliamo venire in<br />

pellegrinaggio , dove andiamo? “<br />

“ A fari in culo, che fate meglio”.<br />

“ Zeus, perdonaci...se puoi..”<br />

“ Io non perdono.. condanno.. sono uomo di parola e non un andropattuallopolis..”<br />

“ Theopattuallopolis eventualmente..”<br />

“ Non ha importanza.. andros o theos bisogna rispettare la parola data... io sono un<br />

uomo e un <strong>dio</strong>.. o se preferite un <strong>dio</strong> e un uomo.. e non un uminicchio, un mezzuomo,<br />

un piglianculo o un quaquaraquà..”<br />

“ Ragione tieni..”<br />

“ Affanculo.” rispose Zeus.


E dal monte Olimpo, in un lampo, Zeus trasferì tutto sul monte Munipuzos. Attirato<br />

dalla bellezza del posto ma soprattutto dal nome che prometteva bene. “Muni”<br />

uguale fica, “ puzos” uguale cazzo. E poi anche perché ai piedi del monte<br />

Munipuzos si estendeva la cittadina omonima.<br />

Munipuzos, la città ermafrodita. Città bella assai, patrimonio dell’umanità della<br />

Grecia e della Magna Grecia , ma soprattutto abitata da femmine bellissime, gioiose<br />

e sensuali… le famose donne munimorfe e phallof<strong>il</strong>e. Mentre gli uomini erano<br />

phallomorfi e cunnof<strong>il</strong>i. E come fu e come non fu, anche se non si sa come fu, <strong>il</strong> fatto<br />

fu. In un lampo, Zeus e la sua corte, si trasferirono sul monte Munipuzos. Parola di<br />

Esiodo Fhallocriso da Munipuzos.>><br />

Altri personaggi del mondo delal cultura hanno dato ampie testimonianze sulle<br />

vicende dell’Olimpazzo e di Munipuzos.<br />

In particolare <strong>il</strong> sommo letterato di lingua greca Homerino da Munipuzos , <strong>il</strong> poeta di<br />

lingua, diciamo latina, Mhassymylyano da Munipuzos, e lo scrittore dialettale<br />

Santhokriso. Oltre al contributo f<strong>il</strong>osofico di domande senza risposta del f<strong>il</strong>osofo<br />

Socratino da Munipuzos.<br />

Il miserab<strong>il</strong>e cazzo di Ottone,<br />

le gambe sporche e rozze d'Erio, <strong>il</strong> peto<br />

sinistramente lieve di Libone,<br />

a te e a Sufficio, quel vecchio rifatto,<br />

almeno questo dovrebbe spiacere.<br />

E torna pure ad incazzarti Cesare<br />

generalissimo, contro i miei versi<br />

innocenti.<br />

Catullo


I . Zeus, <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong><br />

- B -<br />

Il fatto<br />

Senza purtari a Giove ubbidienza<br />

Picciotti privi di boni cunsigghi<br />

Pinzaru un ghiornu senza la licenza<br />

Iri a mangiari ‘n campagna sti figghi:<br />

Subitu fu accurdata la dispenza:<br />

si affirraru nna pocu di buttigghi;<br />

Ed arrivati a lu locu signatu<br />

‘Ntra nenti fu lu pranzu priparatu.<br />

Cuminciaru a manciari, e ‘tra un mumentu<br />

Li buttigghi si vittiru agghiurnari;<br />

Già dritti in pedi mi mettunu a stentu;<br />

Già li testi cuminciunu a fumari;<br />

Intantu di luntanu a passu lentu<br />

La bellissima Veniri cumpari.<br />

Ca nuda e sula pri li larghi strati<br />

Va cugghiennu lu friscu pri la stati.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

Bello e imponente Zeus stava stinnicchiatu sul letto tutto d’oro ma cu nu matrazzuni<br />

cinu di p<strong>il</strong>u di cunnu di fimmina. Era <strong>il</strong> letto l’unica cosa che si era portato<br />

trasferendosi dalla Grecia alla Magna Grecia. Perchè quella matrazza a tre piazze<br />

l’aveva riempita a picca a picca. Scippannu un pelo dal pacchio delle femmine con le<br />

quali avia avuto una storia p<strong>il</strong>usa. Un pelo per ogni fottuta. Quella matrazza era la<br />

summa teologica e f<strong>il</strong>ologica di tutte le sue divine fottute . L’opera omnia della sua<br />

minchia. L’alfa e l’omega della sua ciolla.<br />

> diceva loro al momento della sp<strong>il</strong>atura.<br />

Adesso stava sul letto e cu na punta di lenzuolo si antuppava li parti intime, degne di<br />

un <strong>dio</strong>. Era nudo, a parte la coppola che portava in testa. Ma soprattutto si copriva la<br />

panza di diu cinquantinu nell’aspetto. Pirchì chista era l’età ca si era stab<strong>il</strong>izzata pi lu<br />

capo supremo di li dia in generali. In realtà era vecchio di m<strong>il</strong>l’anni e m<strong>il</strong>l’anni<br />

ancora più altri m<strong>il</strong>le e altri m<strong>il</strong>le e altri m<strong>il</strong>le ancora… E poi ancora m<strong>il</strong>le e m<strong>il</strong>le e<br />

m<strong>il</strong>le e altri m<strong>il</strong>le... Lu diu di li dia era multim<strong>il</strong>lenario… come altri suoi colleghi


passati e futuri… e anche contemporanei, naturalmente…. E Zeus era anche <strong>il</strong> <strong>dio</strong> di<br />

l’ommini.. nel bene e nel male…. Naturalmente. Dio degli <strong>dei</strong> e degli uomini.<br />

Come dicevo Zeus si antuppava la panza e si grattava li cugghiuna. Questo era <strong>il</strong> suo<br />

modo di fare quannu stava pinsannu.<br />

E Zeus pinsava spesso. Chiddu ca era bello è ca pinsava sempre a fatti e fattazzi di<br />

p<strong>il</strong>u. A chiddi cumminati nei secoli ca furunu in Grecia. E a chiddi ca stava<br />

cumminannu adesso nella Magna Grecia. Pinsava anche a chiddi ca s’avia fari in<br />

futuro. Avia sempre in testa un elenco di femmine da fottere.<br />

“ Il catalogo delle donne “ lo chiamavano gli <strong>dei</strong> dell’Olimpazzo.<br />

“ U catalugu di li sticchia..” lo chiamava lui.<br />

E tra una pinsata e una ripinsata taliava <strong>il</strong> culo bello e sorridente di soddisfazione e<br />

piaciri della persona che gli stava accanto. Persona bella, giovane e nuda, a parte la<br />

coppola. E grattannisi li palli la sua minchia tisa stava stinnicchiata lungo <strong>il</strong> braccio.<br />

Come un picciriddu in braccio alla mamma. Questo sembrava Zeus: un uomo che<br />

tiene in braccio la sua ciolla ….e ci canta na bella ninna nanna.<br />

><br />

Pinsava Zeus… Pinsava al trasloco fatto in un momento di divina incazzatura e del<br />

quale non si era pentito affatto. I sic<strong>il</strong>iani erano ospitali. Gente di rispetto, di parola e<br />

di minchia. In generale.. Poi c’erano quelli che non rispettavano i patti , i<br />

regolamenti e i bandi.. e c’erano quelli che non saldavano i debiti..<br />

Ma a parte questo era gente allegra. Genti ca amava i fatti di p<strong>il</strong>o. Che viveva per <strong>il</strong><br />

p<strong>il</strong>o. Vestivano come i greci a parte <strong>il</strong> copricapo locale: la coppola. Che piaceva<br />

molto anche a Zeus che sempre la usava. E poi l’Olimpo a Munipuzos era stata una<br />

bella trovata. La città ermafrodita era la sede ideale <strong>dei</strong> giochi di p<strong>il</strong>o. Dei fatti di<br />

p<strong>il</strong>o. Delle trame di p<strong>il</strong>o. Tanto che Zeus pensava di istituire per decreto divino le<br />

P<strong>il</strong>iadi, le olimpiadi del p<strong>il</strong>o.<br />

E come gli piaceva parlare <strong>il</strong> sic<strong>il</strong>iano. Com’era bella questa lingua dalle infinite<br />

sfaccettature. Come si riempiva la bocca quannu diceva:<br />

><br />

Quella che lo faceva pazziare era: .


Altro che latino e greco.<br />

><br />

E poi quel saluto referenziale tanto in voga nella Magna Grecia..<br />

><br />

Frase bella che era addiventata ancora più bella con l’arrivo degli <strong>dei</strong>.<br />

><br />

Qualche ateo l’aveva un po’ cambiata.<br />

><br />

Che poi, volendo, era una bella frase. Na cosa era vasare <strong>il</strong> culo di Zeus, na cosa era<br />

vasare <strong>il</strong> culo di Afrodite Callipigia. Ragionando al masch<strong>il</strong>e, sarebbe sicuramente<br />

stato un piacere vasare <strong>il</strong> culo bello di Apollo.<br />

P<strong>il</strong>o. Pinsava a questo Zeus. Pinsava anche alla sua minchia tisa e a quel culo da cui<br />

si la sarebbe fatta scassare per davvero. Sorrideva quel culo bianco e giovane. Al<br />

ritmo del respiro quelle natiche si allontanavano e si riavvicinavano. Un sorriso<br />

naticale. O anale. Parevano veramente due cassate sic<strong>il</strong>iane allegre. E allegro era<br />

anche Zeus. Che di quel culo aveva goduto poco prima. Adesso la persona<br />

proprietaria di quelle natiche dormiva. E lui pensava . Pensava taliannu. Pensava a<br />

quanti culi e a quanti cunni avia visitato dacché lui era stato lui, dacché Zeus era stato<br />

Zeus. O meglio, da quannu <strong>il</strong> phallo divino si era messo a funzionare. Che a dire <strong>il</strong><br />

vero vero veramente assai presto aveva incominciato. Era stato nu picciriddu<br />

fottitore… fors’anche un neonato fottitore…<br />

Ma <strong>il</strong> suo dolce andare di pensiero in pensiero, di cunnu in cunnu, di culo in culo, di<br />

ucca in ucca , intanto che si taliava l’ameno paesaggio bicollinare, fu interrotto da<br />

una voce antipatica. Di quelle che trasunu dalle orecchie, vanno al ciriveddu, si fanno<br />

un giro veloce dintra la scatola cranica, e non la potendo scassare perchè d’osso è,<br />

scinninu al core facennulu incazzare, quindi vanno alla panza e all’intistinu facennuli<br />

mettere in movimento , e pi finiri vannu a li cugghiuna ca automaticamente uncinu<br />

come du muluna di ciauru. Mentre l’aceddu , se gonfio era, si svunciava in un amen.<br />

> disse la voce maliritta di una<br />

fimmina tutta allicchittiata e con tanto di coppola di seta in testa.<br />

> rispose serio serio Zeus.<br />

> rispose la donna che amava <strong>il</strong> parlare fino.<br />

E ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> diminutivo che usava nei momenti di abbandono al piacere.<br />

><br />

> precisò Era.


><br />

><br />

disse Era.<br />

><br />

Poi si rese conto che la suocera era anche sua madre.<br />

> disse Era.<br />

><br />

rispose Zeus.<br />

> rispose Era, ferma come<br />

una statua di marmoro accanto al letto.<br />

><br />

rispose Zeus sentendosi sempre più sgonfiare l’aceddu e gonfiare li baddi.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse Era incazzata.


><br />

> puntualizzò Zeus.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Era scoppiò a piangere.<br />

><br />

aggiunse la donna.<br />

><br />

><br />

<br />

> gridò Era.<br />

> disse Zeus ridendo.<br />

><br />

> puntualizzò Zeus.<br />

><br />

> aggiunse <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong>.<br />

><br />

><br />

E si scoperchiò mettendo in evidenza lo zeussino in fase di rinascita. Presa da una<br />

crisi isterica dovuta a mancanza di cazzo Era si buttò su quel culo dormiente e lo<br />

prese a pugni e a mozziconi.<br />

> gridò Ganimede che ne era <strong>il</strong> proprietario. E girandosi mise in<br />

evidenza un cicetto ch’era un giocattolino nel vero senso della parola.<br />

Era e <strong>il</strong> coppiere di Zeus litigarono alla grande. Le prime cose che abbularono furono<br />

le coppole. Poi si acchiapparono per i capelli e rotolarono a terra. Il caruso ci strappò<br />

la vistina e la misi col paparaciannu di fora. Lei lo acchiappò per <strong>il</strong> ciollino gridano<br />

che glielo scippava e glielo ficcava in quel posto . Intanto Zeus rideva. Una risata<br />

divina. Ma nelle mani di Era <strong>il</strong> giocattolino fece <strong>il</strong> suo dovere e diventò uno<br />

strumento niente male. Ganimede era bello sia di darreri che di davanti.


disse Era che da parecchio stava all’asciutto.<br />

Ganimede gridava ed Era str<strong>il</strong>lava. Alla fine intervenne Zeus.<br />

><br />

Piangendo Era fu costretta a taliare con dolore e pititto. Addossata alla parete fredda,<br />

nuda com’era, vide <strong>il</strong> ciollo divino trasiri tra quelle chiappe sorridenti.<br />

A cose fatte Era implorò una dose di sasizza maritale anche per lei.<br />

> rispose Zeus.<br />

><br />

Era si buttò sul letto e attese l’arrivo del marito-fratello. Ma invece arrivò Ganimede<br />

con la sua giovan<strong>il</strong>e ciolla.<br />

><br />

><br />

Col permesso di Zeus Ganimede si trombò la signora Era intanto che veniva<br />

trombato dal capo<strong>dio</strong>. Era godette col cunnus ma pianse col cuore. Poi andò via<br />

lasciando Ganimede tra le braccia del suo Zeus.<br />

> chiese <strong>il</strong> picciotto.<br />

><br />

><br />

> riprese Zeus ><br />

><br />

><br />

> chiese Ganimede.<br />

>


E Zeus attaccò a raccontare tutti i particolari .<br />

><br />

> chiese Ganimede.<br />

><br />

Ma proprio allora sentirono una bella voce cantare.<br />

> dissero in coro Zeus e Ganimede.<br />

< < Fottiam nei lieti calici<br />

che la bellezza c’infiora..<br />

E la fuggevol ora<br />

s’inebri a voluttà..<br />

Fottiam coi dolci fremiti<br />

che suscita <strong>il</strong> cunnus a tutte l’ore..<br />

poiché questa minchia in amore<br />

onnipotente al purtuso va….>><br />

La voce potente del picciotto , potente come la sua minchia, si sentiva in tutto<br />

l’Olimpazzo quando iddu attaccava a cantare. E ne sapeva di canzoni. Tutte a senso<br />

unico, ma ne sapeva a iosa. Adesso la sua voce risuonava nei sacri palazzi. Il<br />

picciotto stava andando dalla mamma. Per una visita lampo. Da Afrodite<br />

Anadyomene e Callipigia.<br />

Brutto di nascita, brutto era cresciuto e brutto era rimasto. P<strong>il</strong>uso come una scimmia<br />

già da quannu sciu dal buco materno, chiù p<strong>il</strong>uso ancora era diventato quando era<br />

cresciuto. P<strong>il</strong>uso tutto tranne che nel culo. Quello sp<strong>il</strong>ato era e sp<strong>il</strong>ato era rimasto. Ed<br />

era nato talmente brutto che la bella mamma , dopo <strong>il</strong> parto, l’aveva rifiutato. Era<br />

stato cresciuto da altri. Ma da grande aveva riallacciato i rapporti. La bella mamma<br />

adesso andava d’amore e d’accordo col figlio brutto, lario e racchio ma minchiuto più<br />

di qualsiasi altro uomo terrestre e no . Lo amava più degli altri figli. Perchè era<br />

brutto. E forse anche per altri motivi.<br />

> ci diceva Afrodite.<br />

La sua bellezza stava altrove. Era bello d’aceddu e di culo. Se <strong>il</strong> primo era<br />

spropositato, <strong>il</strong> secondo l’aveva pigliato sano sano dalla madre. Era sia itifallico che<br />

callipigio. E la sua biddizza facia paura a tutti. Alle femmine, che pure la<br />

desideravano, e ai maschi, che invece lo invidiavano.<br />

Lui, <strong>Priapo</strong> itifallico, era stato costretto da sempre a portare una tunica un po’ più<br />

lunga degli altri. Questo dai sei anni in poi, prima stava nudo. Anche se la cosa era<br />

già spropositata e sempre tisa. Poi, per nascondere la ingombrante protuberanza<br />

eretta , aveva dovuto portare tuniche più lunghe. Ma la cosa, sempre tisa sotto la<br />

tunica, sporgeva in avanti. Così come le donne incinte compaiono prima con la


pancia allo stesso modo <strong>Priapo</strong> compariva con la sua famosa protuberanza che<br />

faceva pressione contro la stoffa della tunica. Da grande si era dovuto abituare a<br />

convivere con la sua specialità fallica. Sotto la tunica, cortissima per scelta e moda,<br />

portava una sorta di imbracatura, detta “ cingifhallus” , che gli bloccava la minchia<br />

in verticale. Issa passava sopra l’ombelico, poi tra le tette e infine arrivava sotto <strong>il</strong><br />

mento. Tanto che <strong>Priapo</strong> portava sempre una sorta di sciarpa, una primitiva gorgiera<br />

detta “ Priapera “. Sia col caldo che col freddo. Per antuppare la coppola dell’aceddu,<br />

che spesso si affacciava. Tanto che questo accessorio era diventato alla moda. Stava<br />

a significare “ Tengo n’aceddu ca è na bestia.. tale e quale quello del <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>..” In<br />

testa poi portava sempre due coppole. La coppola era una invenzione di Munipuzos..<br />

ma la doppia coppola era una trovata di <strong>Priapo</strong>. A chi gli chiedeva <strong>il</strong> perchè <strong>Priapo</strong><br />

rispondeva:<br />

><br />

Infatti, quannu la ciolla, al massimo della potenza, si affacciava e mittia la testa<br />

accanto all’autra testa, lui si livava una coppola e la mittia sopra la coppola della<br />

minchia.<br />

“ Uomo bicefalo” lo chiamava qualcuno. “ Doppia testa di minchia “ qualcun altro.<br />

Ma a parte tutto <strong>Priapo</strong> si sentiva castrato dagli abiti. Se le statue a lui dedicate lo<br />

raffiguravano nudo, c’era un motivo. E lui avrebbe voluto stare sempre nudo.<br />

Appena poteva, si denudava. Nudo si sentiva libero. Libero di essere sé stesso e di<br />

esibire la sua arma . La sua clava di carne . Ma quando andava <strong>il</strong> giro si vestiva. Per<br />

buona creanza, per non scandalizzare, per la cosiddetta educazione, la cosiddetta<br />

morale, per ordine della mamma, del papà e di altri rompibaddi . Ma soprattutto per<br />

comodità. Il “ cingiphallus “ gli teneva la minchia in ordine.<br />

> si chiedeva spesso.<br />

Poi si dava la risposta. Quello aveva una minchietta, lui era più cazzo che altro.<br />

Ma appena poteva si metteva minchia all’aria e palle al vento.<br />

Arrivato davanti alle stanze della mamma trasiu senza bussare.<br />

> disse trasennu poi<br />

nella camera da letto di Afrodite.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />


anche a li scecchi…. o per lo meno, a uno scecco appitittò….minchia che scantazzu<br />

quella volta ca lu sciccazzu mi vulia sunari in culu lu so cazzu… >><br />

Afrodite, conoscendo la storia, rise. E per la gioia si mise a saltare . La coppola volò<br />

via, mentre la corta tunica, svolazzando, mise in evidenza <strong>il</strong> culetto bellissimo e <strong>il</strong><br />

paparaciannu senza p<strong>il</strong>a. Senza p<strong>il</strong>a di natura, e no sp<strong>il</strong>ato come facevano tante per<br />

moda. Per avere <strong>il</strong> “ pacchio all’Afrodite.” Poi abbracciò <strong>il</strong> figlio. <strong>Priapo</strong> la sollevò<br />

da terra e ci fici fari na decina di giri a velocità elevatissima.<br />

> chiese ridendo la mamma.<br />

><br />

> rispose la mamma.<br />

><br />

><br />

E ci desi una manata nella panza ma acchiappò n’autra cosa. <strong>Priapo</strong> la rimise a terra e<br />

si mise a fare l’addolorato d’aceddu.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


ispose la mamma.<br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Afrodite, che nella Magna<br />

Grecia chiamavano anche Venere.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> chiese la mamma fingendo di non capire.<br />

><br />

> rispose una voce .<br />

><br />

> rispose Dioniso affacciannisi nella<br />

stanza nudo come si attruvava.<br />

Nudo, a parte la coppola in testa e la consueta coppa di vino buono in mano.<br />

Dioniso era sempre br<strong>il</strong>lo, tanto che qualcuno lo considerava pazzo. Ma la sua pazzia<br />

di chiamava e si chiama ebbrezza.. ebbrezza di ciriveddu e d’aceddu… ebbrezza di<br />

pititto di sticchiareddu.. e di altro.. ebbrezza di piacere sessuale.. o meglio, come lo<br />

chiamano tutti, “ spirito <strong>dio</strong>nisiaco..”. Lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco alla fin fine è solo un<br />

ciriveddu e una ciolla tisa ca vanu a vinu. Lu vini addiventa <strong>il</strong> carburante dell’uno e<br />

dell’altro strumento. Del ciriveddu fallico e del fallo ciriveddu.<br />

><br />

rispose <strong>Priapo</strong>.


><br />

><br />

><br />

> rispose Dioniso che era sempre<br />

allegro.<br />

> rispose <strong>il</strong><br />

<strong>dio</strong> dal rosso palo sempre eretto.<br />

Papà Dioniso era sempre un bell’uomo. Ben dotato e atletico ma soprattutto sempre<br />

allegro. Posseduto da quello che è passato alla storia come “ spirito <strong>dio</strong>nisiaco”, era<br />

sempre felice e pronto a celebrare qualche rito orgiastico. Nelle vene aveva più vino<br />

che sangue . E anche la sua ciolla andava a vino. Era in perenne stato di ebbrezza.<br />

Sempre pronta a fare <strong>il</strong> gioco del ficca ficca.<br />

Figlio di Zeus e di Semele, la donna che <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> con la sua potenza incenerì, dopo<br />

una infanzia travagliata Dioniso si era poi dato alla bella vita. Maritato per un po’ ad<br />

Arianna, la figlia di Minosse e Pasife oltre che moglie abbandonata di Teseo,<br />

essendo , come detto, gran viaggiatore, passava da una avventura a n’autra. E una di<br />

queste avventure era stata con la bella Afrodite. Il primo incontro, <strong>il</strong> primo ficca<br />

ficca, quello che aveva generato <strong>Priapo</strong>, era avvenuto nella valle di Pantalica. Nel<br />

punto in cui due fiumi fottono da tempo immemorab<strong>il</strong>e….<br />

“ Vino, sesso e policunniecioll..” era <strong>il</strong> motto di Dioniso.<br />

Vino per l’ebbrezza, sesso per <strong>il</strong> piacere, e policunniecioll i falli e i cunni impegnati<br />

in riti orgiastici… Accompagnato com’era sempre da Satiri assatirati, Seleni<br />

inseleniti e Menadi pronte a menarsi e a menarlo e a darsi e a riceverlo.<br />

Anche <strong>il</strong> rapporto di <strong>Priapo</strong> col padre era stato riallacciato da grande. Successe<br />

quando <strong>Priapo</strong> si unì alle Menadi col desiderio di farsele tutte. E ci riuscì. In una sola<br />

notte, nel bosco di Mynkyalonya Iblea, non solo se le passò tutte, ma se le ripassò e<br />

riripassò. Dioniso saputo dell’espluà del picciotto lo volle conoscere. E saputo della<br />

particolarità anatomica di <strong>Priapo</strong>, ci vinni un sospettò. E pinsò al figlio mai<br />

conosciuto . <strong>Priapo</strong> invece sapeva che Dioniso era suo padre.


disse <strong>Priapo</strong> scoppolandosi la<br />

coppola dalla testa.<br />

> chiese Dioniso.<br />

> rispose <strong>Priapo</strong>.<br />

A <strong>Priapo</strong> ci piacia parlare <strong>il</strong> dialetto di Munipuzos. Era chiù bello dire Monacazzo, <strong>il</strong><br />

nome dialettale del paese. Ma anche dire minchia, coppola di minchia e altro.<br />

> riprese Dioniso.<br />

> rispose <strong>Priapo</strong> che in realtà aveva capito.<br />

><br />

> disse <strong>il</strong> picciotto.<br />

><br />

><br />

E <strong>Priapo</strong> si scupirciò per far vedere a Dioniso <strong>il</strong> grande pititto che si sv<strong>il</strong>uppava sulle<br />

sue grosse palle. Se c’era da mettersi nudo, se c’era da esibire <strong>il</strong> suo capitale, lo<br />

faceva in un amen.<br />

> disse Dioniso.<br />

><br />

E si ittau a terra e allargau li cosci.<br />

> ci scappau a Dioniso. E lu abbrazzau.<br />

><br />

Dioniso fece vedere al figlio <strong>il</strong> suo capitale, molto più modesto, ma cu lu pititto di<br />

racina pure quello. Per festeggiare brindanu alla grande. Poi fecero, tanto per fare,<br />

una bella orgetta . Padre, figlio e le Menadi tutte.<br />

Quindi, discorrendo discorrendo, decisero di perfezionare la lingua di Monacazzo,<br />

che era già tanto bella, e di farla diventare la lingua ufficiale della polis e<br />

dell’Olimpazzo, l’Olimpo di Monacazzo. E di chiamarla non lingua sic<strong>il</strong>iana o di<br />

trinacria ma monacazzese. Lingua di Monacazzo. Di Munipuzos. Alla faccia del<br />

greco e del latino… e anche del sic<strong>il</strong>iano in genere. Questa sarebbe stata la lingua<br />

ufficiale di Munipuzos, delle polis alleate e dell’Olimpazzo.<br />

Da allora padre e figlio si erano visti spesso.


Adesso si erano incontrati casualmente a casa di Afrodite. Perché per Dioniso, ogni<br />

tanto, dare un colpetto ad Afrodite dalle belle natiche era un piacere. E poi , in<br />

fondo, avevano generato insieme un figlio.<br />

><br />

> propose Dioniso.<br />

> aggiunse Afrodite.<br />

Bevvero una bella coppa di “Fhallonero d’Avolum ”.<br />

> dissero i due uomini.<br />

> aggiunse la dea.<br />

> replicarono quelli.<br />

> precisò Afrodite.<br />

Brindarono alla sanfasò. Poi <strong>Priapo</strong> andò via cantando come al solito.<br />

><br />

> disse Dioniso accostandosi , da dietro, alla bella<br />

Afrodite e facennici sentire la rinascita del suo fallo tra quelle belle natiche.<br />

> chiese la dea girannisi e acchiappandolo per<br />

<strong>il</strong> manico.<br />

> chiese l’uomo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse offesa Afrodite che in realtà sapeva tutto del<br />

titolo in questione.<br />

>


ispose la dea acchiappando<br />

Dioniso per la ciolla e stringendo la coppola della stessa con una certa forza.<br />

><br />

><br />

E ci desi na bella stringiuta pure ai coglioni.<br />

><br />

> rispose la dea della<br />

bellezza ammuccandosi <strong>il</strong> citrolo di Dioniso.<br />

E rise la bella Afrodite. A bocca piena ma rise. Rise pure Dioniso. E ridendo ridendo<br />

attaccarono a inciollare. Era un verbo che sapevano coniugare bene la buttana<br />

universale e lu ‘nbriacu universale.<br />

> recitò la dea.<br />

><br />

E risero. A bocche spalancate, a cunno aperto e a minchia allegra.<br />

A <strong>Priapo</strong> non ci poteva pace per <strong>il</strong> fatto che doveva andare in giro vestito. Vedeva la<br />

cosa come una imposizione. Lo aveva scritto chiaramente <strong>il</strong> sommo poeta<br />

Mhassymylyano da Munipuzos, l’autore <strong>dei</strong> Carmina Priapea. L’opera dedicata al <strong>dio</strong><br />

dal palo rosso e sempre eretto. E <strong>Priapo</strong> si vantava di questa opera. Voleva farne <strong>il</strong><br />

testo base del Priaprismo. La religione del <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong> .<br />


se metto in bella mostra i miei genitali,<br />

sono la mia arma, altrimenti sono inerme.>><br />

Il suo sommo autore preferito aveva ragione. Lui, per essere <strong>Priapo</strong>, per essere<br />

riconosciuto ed adorato, doveva stare con la ciolla al vento.<br />

> poteva chiedere qualcuno.<br />

Ma la risposta era semplice.<br />

> avrebbe risposto lui.<br />

In forma d'aqu<strong>il</strong>a Zeus venne a Ganimede,<br />

in forma di cigno alla bionda madre di Elena.<br />

Sono cose inconfrontab<strong>il</strong>i;<br />

c'è a chi sembra migliore<br />

l'una, a chi l'altra, e quanto a me, tutt' e due.<br />

Antologia Palatina<br />

Zeus si trovava benissimo nella nuova sede dell’Olimpo. In questa polis si inciollava<br />

che era una meraviglia. Si coniugavano benissimo i verbi inciollare, incunnare,<br />

inf<strong>il</strong>zare, fottere, ficcare, trummiare, scopare e altro. Si coniugavano e si praticavano.<br />

E pensare che la scelta non era stata sua . Lui conosceva appena di nome Munipuzos.<br />

Era solo incazzato quannu convocò <strong>il</strong> Consiglio <strong>dei</strong> Tredici. Una volta detto <strong>dei</strong><br />

Dodici da poco avia avuto <strong>il</strong> tredicesimo membro. E che membro. Era entrato a far<br />

parte del sommo consesso <strong>Priapo</strong> con <strong>il</strong> suo mostruoso ma invidiato accessorio.<br />


sorella Demetra è sempre in Sic<strong>il</strong>ia.. a cercare la figlia persa.. e ci sta Prometeo che<br />

io incatenai a Pantalica.. adesso è liberò, ma è rimasto a vivere da quelle parti…e poi<br />

ancora ci stava Ciane, amica del cuore di Persefone, che per <strong>il</strong> dolore si fece fonte.. e<br />

adesso piscia acqua bona.. e ci stava Anapo, che innamorato di Ciane, per farsela in<br />

eterno, si trasformò nel fiume che accoglie l’amata fonte.. e da allora fottono in<br />

eterno e a tempo pieno.. e poi ancora ci stanno Aretusetta ed Alfiuzzo… e Dafni che<br />

disperato si buttò nell’Anapo.. e ancora ci stanno Aci e Galatea con Polifemo come<br />

terzo incomodo scassacoglioni.. e pure quelle due mostruose fichesse di Sc<strong>il</strong>la e<br />

Cariddi .. una volta belle donne ma adesso mostri con cento bocche e m<strong>il</strong>le<br />

fiche…..sempre assetate di minchia.. si contendono ogni mascolo che attraversi lo<br />

stretto….o l’una o l’altra si lo spurpano vivo…quindi come vedete la Sic<strong>il</strong>ia è<br />

frequentata….per questo ho pensato alla mia amata Magna Grecia .. o Sic<strong>il</strong>ia.. o<br />

Trinacria…ma in generale…non a un posto preciso… e voi amici , cosa mi<br />

consigliate? Consigliatemi un posto bello e felice, un posto non minchifobo né<br />

cunnofobo. Altrimenti mi consento di trasferire <strong>il</strong> tutto nel primo posto che capita.. lo<br />

scelgo a “ minchia e tocca”.. e io questo posso consentirmelo e autoconsentirmelo…<br />

A voi la parola comunque , anche se so che ci saranno almeno dodici proposte<br />

diverse .. più la mia che sarà la tredicesima e diventerà quella effettiva.. >><br />

Il “ Minchia e tocca” era un gioco molto in voga tra <strong>dei</strong> e mortali. In questo caso ,<br />

usando una mappa della Trinacria, Zeus, a occhi bendati, avrebbe scelto a caso una<br />

località toccandola con <strong>il</strong> suo divino augello.<br />

Ogni membro del sacro consesso disse la sua. Furono proposte Ortigia, Henna, Erice,<br />

l’Etna, le Eolie… Alla fine prese la parola <strong>il</strong> nuovo membro.<br />

><br />

Si fermò un attimo poi riprese.


La proposta piaciu a tanti. E tanti applaudirono. Soprattutto piaciu a Zeus e ad<br />

Afrodite. Che abbandonò la sponsorizzazione della sua Erice a favore della città tanto<br />

amata dal figlio. Si opposero Artemide e Atena.<br />

> risposero in<br />

tanti.<br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

Quelle in effetti erano vergine antipiselliche.<br />

“ No alla minchia in tutte le sue espressioni...” era <strong>il</strong> loro motto.<br />

Alla fine Zeus pronunciò la sentenza inappellab<strong>il</strong>e.<br />

><br />

Nessuno disse niente. Perchè se si inacidiva <strong>il</strong> latte di brigghiu di Zeus quello si<br />

lasciava pigliare una crisi isterica e cumminava un macello. Nu iocu focu di chiddi<br />

mai visti. Lampi unni acchiappa acchiappa. Lampi a minchia cina e trona a culo<br />

aperto . Pertanto nessuno disse niente. E in un attimo tutto fu. Tutto l’Olimpo<br />

diventò l’Olimpazzo. L’Olimpo di Munipuzos… L’Olimpo di Monacazzo…<br />

conservò comunque la sua natura di grande diamante dalla caratteristica struttura di<br />

sfera cubica a forma di piramide infinitocircoliedrica con dentro <strong>il</strong> tutto e <strong>il</strong> contrario<br />

di tutto…con case di turchese, mob<strong>il</strong>i di topazio, letti d’ambra, tavoli di cristallo,<br />

sedie di giada, divani di palissandro con cuscini di seta ripieni di piume d’oca vergine<br />

del Peloponneso…e poi, oggetti in oro, argento e platino… tra l’altro non bisogna<br />

dimenticare che gli <strong>dei</strong> pisciavano oro liquido e cacavano diamanti e altre pietre<br />

preziose.. e che qualcuna di queste cose ogni tanto finiva sulla terra… e diventava<br />

simbolo di ricchezza. I fondo i ricchi erano ricchi .. solo di merda e piscio divino.<br />

Zeus e colleghi si trovavano bene anche dal punto di vista alimentare.<br />


sono m<strong>il</strong>le piatti e alcuni sono afrodisiaci.. stimolano <strong>il</strong> pititto... e poi ci sta <strong>il</strong> Divino<br />

Oinos...lo stesso gusto della bevanda usata nell’Olimpazzo.. ma fatta in modo diverso<br />

dall’Olimpazzo.. un regalo mio a Dioniso per poi regalarlo agli uomini.. ma<br />

insomma, che vi devo dire, qua si mangia da <strong>dio</strong>.. parola di capo<strong>dio</strong>... Uomini, sucate<br />

Divino Oinos e fativ<strong>il</strong>lu sucari.. fimmini, sucativi nu cannolu e incannulativi quello<br />

del mascolo.. addivertitevi di ciriveddu, cunnu e aceddu...>> diceva Zeus.<br />

Lui personalmente scia pazzu pi la pasta cu li sardi, la sasizza di porcu arrostita e la<br />

cassata sic<strong>il</strong>iana. Il tutto annaffiato cu qualche abbondante bevuta del buon vino che<br />

gli consigliava Dioniso. Il Divino Oinos... E mangiava assai Zeus... Mangiava quanto<br />

un porco. Poi consumava l’energia ficcando a destra e sinistra.<br />

> gli diceva la cammarera olimpocazzica.<br />

><br />

><br />

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><br />

Ma c’erano tanti altri piatti che imperversavano. L’arancini fatti a misura di li palli di<br />

<strong>Priapo</strong>, li cannola di ricotta fatti a misura dell’aceddu di <strong>Priapo</strong>.. ma anche altro. E la<br />

ricotta Zeus la usava anche per giocare <strong>il</strong> suo gioco preferito. Se capitava che <strong>il</strong><br />

ricottaro avia fatto la ricotta da poco iddu si ittava cu la commare di turno su chidda<br />

cosa bianca e si facia na fottuta in mezzo alla ricotta. Ci piacia pure futtiri in un letto<br />

di ficu. Vinia n’impastu melo<strong>dio</strong>so e <strong>il</strong> suo corpo s’incollava a quello della fortunata.<br />

> gridava Zeus.<br />

E alliccava ficu e fica. O fica alla ficu.<br />

Munipuzos, la città regina della Magna Grecia… la regine delle polis…quella dove<br />

Dioniso, <strong>il</strong> tiranno di Siracusa, vinni un giorno a riposarsi.. quella dove anche Platone<br />

vinni a passare un fine settimana.. quannu vinni in Sic<strong>il</strong>ia…e si visti nu bello<br />

spettacolo al teatro greco…la messa in scena da parte degli studenti del locale Liceo<br />

di “ Edipo a Munipuzos”.. teatro greco dove si assettavano normalmente i culi più<br />

intellettuali dell’epoca.. culi di scrittori, poeti, f<strong>il</strong>osofi.. ma a Munipuzos ci veniva<br />

anche tanta altra gente.. non solo intellettuali.. venivano politici.. plutocrati..<br />

sparapalle di regime… tutti a passarisi le ferie a Munipuzos.. la polis del piacere… e<br />

c’erano sempre conferenze e altro… si poteva accoppiare la cultura con <strong>il</strong> p<strong>il</strong>o…<br />

Sparare minchiate con la bocca di giorno, fare minchiate con la minchia di notte..<br />

conferenziare di giorno e inciollare di notte… l’ultimo convegno era stato un<br />

successo. Titolo “ Pacchio imp<strong>il</strong>ato o sp<strong>il</strong>ato?”


Era diventata una moda farsi sp<strong>il</strong>are <strong>il</strong> pacchio per averlo come Afrodite. E a dire <strong>il</strong><br />

vero si facevano sp<strong>il</strong>are pure gli uomini. Dalla testa ai piedi. Munipuzos quindi era<br />

anche questo.. arte.. cultura.. sesso.. tutto alla sanfasò… Munipuzos…la prima delle<br />

prime della Magna Grecia .. sempre in lotta con la rivale e frontaliera Purceddopolis..<br />

Bella in modo esagerato, austera nella forma, ricca nella sostanza, lussuriosa al<br />

massimo, religiosa quanto basta, carnale allo spasimo, gemellata con Olimpia,<br />

famosa per la bellezza delle sue donne e per la vir<strong>il</strong>ità <strong>dei</strong> suoi uomini, città alla<br />

moda… Questa era Munipuzos….<br />

A Munipuzos nascenu <strong>il</strong> tipico cappello sic<strong>il</strong>iano detto Coppola .. portato tanto dagli<br />

uomini quanto dalle femmine… e da quando era arrivato l’Olimpo pure dagli <strong>dei</strong>…<br />

perchè come disse Zeus “ La coppola rende più coppuluti a tutti i livelli..”<br />

La zona alta, ma veramente alta di Munipuzos era 1’Akropolis, un complesso<br />

monumentale ispirato a quello di Atene. E contenente le sette meraviglie della<br />

Trinacria. O Sic<strong>il</strong>ia. Dall’Akropolis si vedeva in basso <strong>il</strong> lago di Munipuzos<br />

circondato dal bosco di Mynkyalonya Iblea. Si vedeva poi mezza Sic<strong>il</strong>ia da lassù. Si<br />

vedevano Siracusa, l’Etna, Henna, le isole di Eolo, <strong>il</strong> monte Erice. Soprattutto si<br />

vedeva benissimo la vicina Purceddopolis. E altro, tanto altro si vedeva. Si<br />

vedevano soprattutto le polis che erano alleate o sottomesse a Munipuzos.. in quanto<br />

vittime volontarie o involontarie della sua egemonia politica, m<strong>il</strong>itare, culturale e<br />

soprattutto economica.. perchè <strong>il</strong> vero potere lo danno i soldi.. i piccioli, in dialetto…<br />

Si vedevano la nob<strong>il</strong>e Akraj, la rivoluzionaria Buscemopolis, la ribelle<br />

Buccheropolis, la dolce Ferlopolis, la cerimoniosa Kassaropolis e la gaudente<br />

Kanicattinopolis .. e ancora Ciollopolis, Munipolis, Kunnopolis, Minkiapolis,<br />

Kazzopolis , Sticchiopolis, F<strong>il</strong>azzopolis, Monapolis, Clitoridopolis , Belinopolis,<br />

Brigghiopolis, Ciciopolis, Pacchiopolis.. e altre ancora… Tutte suddite di<br />

Munipuzos.. Nel Bene e nel male.. ma soprattutto nell’esercitare <strong>il</strong> diritto al piacere..<br />

> era la domanda per cui era<br />

famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

A dominare l’Akropolis era <strong>il</strong> tempio di Zeus Munipuzico o Partenonino . All’interno<br />

del quale si trovava una statua bellissima del capo<strong>dio</strong> . Una statua criselefantina che<br />

vedeva Zeus assittatu in trono con le parti nude in avorio e <strong>il</strong> resto d’oro… ma<br />

soprattutto con la coppola in testa.. un coppola d’oro…un coppolone a dire <strong>il</strong> vero..<br />

Con una mano teneva lo scettro sormontato da un’aqu<strong>il</strong>a con tanto di coppola e<br />

pronta a spiccare <strong>il</strong> volo, e nell’altra, distesa in avanti, portava la Munipuzosnike.. la<br />

vittoria alata di Munipuzos.. una statuetta ermafrodita nuda ma alata… Molto bella la<br />

Nike con le tette , <strong>il</strong> pisello e la coppola in testa.<br />

Il tempio di Zeus stava al centro di una enorme agorà che a sua volta era circondata<br />

da una serie di edifici pubblici di primo piano. Tra questi, la biblioteca col<br />

criptoportico di Eratostene, <strong>il</strong> palazzo reale con la sala del trono di diamante, quello<br />

del collegio sacerdotale, <strong>il</strong> ginnasio e <strong>il</strong> liceo. Del palazzo reale facevano parte i<br />

giardini pens<strong>il</strong>i di Teseo Mynkyalonya col suo elegante Labirinto del Piacere<br />

costruito da Dedalo. Questi giardini erano una vera e propria meraviglia della natura<br />

canalizzata dall’uomo. Ai margini dello sperone roccioso dell’Akropolis si trovavano


<strong>il</strong> tempio di <strong>Priapo</strong> Krisomentula, <strong>il</strong> protettore della città, e <strong>il</strong> teatro greco con sullo<br />

sfondo l’Etna, la sede dell’officina dove <strong>il</strong> <strong>dio</strong> Efesto costruiva, tra l’altro,<br />

meravigliose armi e armature per vari tipi di eroi. Nel tempio di <strong>Priapo</strong> Krisomentula<br />

c’era una statua crisoelefantina del <strong>dio</strong> come al solito nudo ma con la coppola.<br />

D’avorio <strong>il</strong> corpo, d’oro i genitali. Davanti al tempio c’era la famosa fontana di<br />

<strong>Priapo</strong> Polimentula. Una statua con cento mentule che buttavano fuori acqua, cento<br />

zamp<strong>il</strong>li che erano uno spettacolo. E i visitatori, fedeli o turisti, buttavano nella<br />

fontana una monetina. Era un gesto che stava significare “ Che la mia mentula possa<br />

fare per cerno..”<br />

Accanto al tempio si ergeva, tiso come una minchia che volesse fottersi <strong>il</strong> cielo, <strong>il</strong><br />

faro di Alessandro. Il faro, falliforme soprattutto nella sua parte finale, <strong>il</strong>luminava la<br />

notte di Munipuzos e dintorni. Non doveva guidare i naviganti del mare che non c’era<br />

ma i naviganti del piacere. Era un simbolo fallico che doveva indirizzare le minchie<br />

appiattate alla ricerca della fonte del pititto. Ma anche i cunni alla ricerca del proprio<br />

strumento. Era stato costruito per volontà del ricchissimo Alessandro Liborio<br />

Castronunzio Trimalcazzone . Per questo era chiamato <strong>il</strong> faro di Alessandro. Era<br />

bello salire sul faro per godersi <strong>il</strong> panorama. Intorno al faro e al tempio di <strong>Priapo</strong><br />

Krisomentula si trovava la zona <strong>dei</strong> lupanari. Lupanari di tutti i tipi e per tutte le<br />

tasche. Prostitute e prostituti per tutti i gusti. E davanti a ogni bordello una statuetta di<br />

<strong>Priapo</strong>. I clienti entrando gli accarezzavano <strong>il</strong> fallo, uscendo <strong>il</strong> culo. Da tutti <strong>Priapo</strong><br />

era riconosciuto come <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong>.. ma questo era solo un titolo ufficioso<br />

anche se dovuto . A parte <strong>il</strong> fatto che spesso <strong>Priapo</strong> i <strong>bordelli</strong> li frequentava di<br />

persona, passandosi e ripassandosi l’intera forza lavoro. E i <strong>bordelli</strong> da lui visitati<br />

mettevano nell’insegna un fallo.. un fallo per ogni visita… un fallo d’oro se <strong>il</strong> <strong>dio</strong> era<br />

andato via contentissimo e soddisfattissimo.. un fallo d’argento se era andato via<br />

contento e soddisfatto.. un fallo di bronzo se era andato via solo felice di aver<br />

scaricato… i falli d’oro erano i più ambiti.. se le puttane di un bordello riuscivano ad<br />

accontentare <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dalla grande minchia era chiaro che potevano far felice qualsiasi<br />

mortale. E per rispetto del piacere in genere, in quella zona tutto era permesso e<br />

concesso.. ogni prostituto o prostituta era libera di specializzarsi in quello che<br />

voleva.. tutte le tecniche amatorie erano concesse. Non solo gli uomini<br />

frequentavano i lupanari, ma pure le femmine.<br />

Il diritto alla “Voluttà, al piacere e all’estasi da minchia o da cunno a pagamento”<br />

valeva per tutti.<br />

> dicevano in tanti.<br />

A parte che , annessa al tempio di <strong>Priapo</strong>, c’era la scuola Paneros. Si poteva studiare<br />

fino alla “ Licenza elementare”, che dava le nozioni sessuali di base. Oppure fino<br />

alla “ Licenza media”. O arrivare al “ Diploma “ , che dava la maturità sessuale. Ma<br />

c’erano anche la “ Laurea “ e la “ Specializzazione”.<br />

Per entrare nell’Akropolis bisognava passare sotto le cosce del Colosso di <strong>Priapo</strong><br />

Ro<strong>dio</strong>. Costruito da Apollonio Fidia Ro<strong>dio</strong> stava a simboleggiare la grandezza di<br />

Munipuzos. Era un omone gigantesco, nudo e con tanto di fallo tiso. E naturalmente<br />

con la coppola in testa. Era alto cinquanta priapometri. Il priapometro era l’unità di<br />

misura della lunghezza adottata a Munipuzos e zone limitrofe e si basava sulla reale


lunghezza dell’aceddu del <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong> che era un omone alto con la minchia che era la<br />

sua esatta metà . La ciolla del Colosso era una sorta di ammonimento ai forestieri, ai<br />

nemici, ai ladri, alla gente dotata di mala volontà. Ma anche un monito ai potenti che<br />

venivano a Munipuzos.<br />

><br />

Alla base del colosso era riportato <strong>il</strong> Carmen X di Mhassymylyano da Munipuzos, <strong>il</strong><br />

cantore ufficiale delle gesta terrestri e olimpiche di <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

Sempre sull’Akropolis c’erano: <strong>il</strong> tempio di Artemide Adiabatica Munipuzica , la<br />

vergine delle vergini, raffigurata nuda ma con l’elmo in testa e l’ago in mano mentre<br />

si cuce la f<strong>il</strong>azza che nessuno avrebbe dovuto mai e poi mai penetrare; la piramide di<br />

Kakkio Kazzeope, dov’era sepolto <strong>il</strong> faraone Kazzeope, venuto qui in es<strong>il</strong>io per<br />

dedicarsi al sesso in tutte le sue forme nel pieno rispetto del suo motto “ Fottere è<br />

meglio che comandare ” ; e infine <strong>il</strong> Mausoleo di Teseo Alicarnazza , <strong>il</strong> mitico<br />

fondatore di Munipuzos.<br />

A dire <strong>il</strong> vero c’era una quasi ottava meraviglia.. non considerata tale ufficialmente lo<br />

era nella realtà.. erano le possenti mura in pietra lavica costruite da Polifemo e dai<br />

suoi compagni. I Ciclopi, mascoloni enormi con un solo occhio rotondo sulla fronte.<br />

Ma con due minchie enormi sutta lu biddicu anche se con una sola enorme palla.<br />

Uomini sì, ma senza Ciclopesse. Non potevano riprodursi, ma solo minarsela. Per<br />

ripagare la locale maga Circella, che ci avia creato le Ciclopesse , Polifemo e<br />

compagni costruirono un tempo queste mastodontiche mura. Le Ciclopesse erano<br />

femmine enormi con un solo occhio e una sola tetta ma in compenso avevano una<br />

fica con due buchi. Oramai Polifemo e compagni fottevano allegri e contenti.. nella<br />

ciclopica fica con due purtusa delle Ciclopesse ci stava posto per <strong>il</strong> loro doppio<br />

ciclopico aceddu. Ma queste mura avevano n’autra caratteristica. Lungo <strong>il</strong> suo<br />

perimetro erano dislocate sessantanove torri falliformi. Un altro omaggio alla famosa<br />

appendice di <strong>Priapo</strong>. Costruite anche queste da Polifemo e compagni.. per questo<br />

Munipuzos era nota anche come la polis ciclominchiuta, la polis dalle sessantanove<br />

minchie in pietra lavica.


Ma ci sta una cosa da dire. Se in Grecia le colonne erano in st<strong>il</strong>e corinzio, ionico o<br />

dorico, qua avevano inventato lo st<strong>il</strong>e fallico. Per la precisione “ Mincico”. Le<br />

colonne terminavano tutte a coppola di minchia. Per non parlare poi del Minchialisco.<br />

L’obelisco a forma di minchia che si trovava al centro di molte piazze.<br />

Questa era quindi l’Akropolis di Munipuzos…. Questo e anche altro..<br />

E a Munipuzos <strong>il</strong> re maggiore Agaminkione e <strong>il</strong> re minore Minkialao e la loro corte<br />

facevano <strong>il</strong> bello e <strong>il</strong> cattivo tempo.. soprattutto si facevano i cazzi e cazzetti loro ..e<br />

lasciavano le cazzate al popolo ..e anche i cazzoni li lasciavano in culo alle masse.<br />

> diceva<br />

Agaminkione.<br />

Il temine “ pruli “ sta ad indicare una polverina magica, non si sa se frutto di fantasia<br />

o realtà ,che buttata per aria, davanti agli occhi di una persona, ci faci abbidiri a<br />

questa quello che non c’era come se c’era o ci fosse . O se ci sarà.<br />

Ma in realtà non c’era. Non c’era mai stato. E forse non ci sarebbe mai stato.<br />

> diceva <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos, quello delle domande.<br />

> era una delle tante domande per cui era famoso<br />

f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Questo e nient'altro è la vita: la vita è piacere.<br />

Alla malora le angosce. È breve <strong>il</strong> tempo per vivere.<br />

Presto, <strong>il</strong> vino, le danze, le corone di fiori, le donne.<br />

Voglio star bene oggi, giacché è oscuro <strong>il</strong> domani.<br />

Antologia Palatina<br />

A Munipuzos avevano ideato un sistema di pesi e misure che faceva riferimento al<br />

<strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>. O meglio, alla sua specialità. Dicono che <strong>il</strong> tutto fosse stato ispirato dal<br />

<strong>dio</strong> in persona a una sua Sib<strong>il</strong>la molto amata.<br />

Questo sistema comprendeva <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>metro, detto anche Minkiometro, come unità<br />

di misura di base. Un <strong>Priapo</strong>metro corrispondeva alla lunghezza dell’aceddu di<br />

<strong>Priapo</strong>. Suppergiù novanta <strong>dei</strong> nostri centimetri. Per i volumi, oltre al <strong>Priapo</strong>metro<br />

cubo, c’era anche <strong>il</strong> Koglionometro… la capacità di un testicolo del <strong>dio</strong>… pare fosse<br />

di circa un litro.


Anche la moneta corrente era stata dedicata al <strong>dio</strong> dal rosso palo.<br />

L’Erosminkia, divisa in cento Minkiesimi. Aveva sostituita la vecchia Minkiadracma<br />

o Minkialira.<br />

Sull’agorà principale ci stava una struttura particolare detta Homo Priapicus<br />

Vitruvianus… Costruita , o meglio ideata, dal grande architetto scultore e stu<strong>dio</strong>so<br />

delle proporzioni umane e divine, Marcus Vitruvianus. L’Homo Priapicus<br />

Vitruvianus consisteva in un uomo nudo con le gambe divaricate , le braccia volte<br />

verso l’alto e la ciolla tisa. In tutto inserito perfettamente dentro una sfera… la ciolla<br />

tisa pertanto era <strong>il</strong> raggio di questa “ sfera delle giuste proporzione divine” .<br />

Secondo Marcus Vitruvianus, che si occupava anche di biologia, è infatti l’autore del<br />

“ De rerum naturae “, in futuro l’uomo si sarebbe evoluto verso quella forma.. la sua<br />

ciolla si sarebbe allungata sempre più.. fino a raggiungere la lunghezza di un<br />

<strong>Priapo</strong>metro.. la minchiazza, attualmente specialità di <strong>Priapo</strong>, un giorno sarebbe stata<br />

di tutti. Quando , naturalmente non si sa.<br />

> diceva la Sib<strong>il</strong>la Priapica.<br />

> era<br />

un'altra delle domande per cui era famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Dall’Akropolis, come detto, si vedeva benissimo l’altra polis. Quella che sorgeva sul<br />

monte gemello a quello di Munipuzos. Si trattava della bella Purceddopolis.. <strong>il</strong> regno<br />

di Priamo Scopantassai e di sua moglie Ekuba Kallifiketta . La coppia reale aveva<br />

generato cinquanta figli e cinquanta figlie… tra cui <strong>il</strong> bellissimo Paride detto<br />

Vogliounaficabella , Ettore detto Minkiaresistente e Cassandra nota come la<br />

Sparaminchiate. Ma c’erano anche Eleno, Deifobo, Tro<strong>il</strong>o, Polite, Polissena , Creusa<br />

e tanti altri. Una grande famiglia, numericamente parlando.<br />

Protettore della polis era <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>, una enorme minchia con un sola palla. Città<br />

antica e lussuosa la bella Purceddopolis, detta la superba, che si affidava direttamente<br />

al potere della minchia.. visto che come protettore aveva scelto <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>.. In realtà<br />

<strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> era la personificazione dell’uccello di <strong>Priapo</strong>… e visto che questo <strong>dio</strong><br />

aveva concentrato tutta la sua potenza e sapienza nell’organo sessuale.. loro si erano<br />

affidati direttamente a quello. Il Palla<strong>dio</strong> sorgeva sull’agorà principale ed era<br />

veramente monumentale. In realtà <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> era semplicemente un contenitore.. <strong>il</strong><br />

vero Palla<strong>dio</strong> era una piccola Minchia “ Acheropita “ , non fatta da mano umana ma<br />

caduta dal cielo, detta anche Minchia Pantocrator…<br />

D’altra parte Priamo e la sua signora sapevano ben usare la ciolla e <strong>il</strong> pacchio<br />

maritale .. cento figli erano stati senz’altro un bella impresa… Eppure Priamo andava<br />

a ficcare pure altrove… e pure Ekuba.<br />

> diceva Priamo.<br />

> diceva Ekuba.<br />

Paride ,<strong>il</strong> più grande <strong>dei</strong> figli di Priamo, e quindi l’erede al trono, dopo varie<br />

vicissitudini era stato riconosciuto dalla sorella Cassandra ed era rientrato in<br />

famiglia. Paride era stato abbandonato dopo la nascita perchè la mamma nel darlo


alla luce si era sentita bruciare.. <strong>il</strong> fuoco , partito da quel picciriddu che stava venendo<br />

al mondo, si era esteso al pacchio regale e poi all’intero corpo della regina che per <strong>il</strong><br />

dolore chiuse gli occhi un attimo ed ebbe l’impressione che l’incen<strong>dio</strong> si estendesse<br />

all’intera Purceddopolis. Un oracolo interpretò <strong>il</strong> sogno:<br />

><br />

Per amore fu abbandonato e non fatto morire , ma <strong>il</strong> destino riportò Paride in<br />

famiglia. Sposato alla ninfa Enone, gli piaceva passare <strong>il</strong> suo tempo nel bosco di<br />

Mynkyalonya a minkiolare nel minkialiere della moglie… e tra una minkiolata e<br />

l’altra dava una taliata agli armenti del padre che custodiva.. gli animali taliavano <strong>il</strong><br />

padrone minkiolare e minkiolavano pure loro.. pertanto gli armenti crescevano assai<br />

assai numericamente parlando.. e tutti esaltavano la bravura di Paride nel suo lavoro.<br />

><br />

> chiedeva qualcuno.<br />

><br />

Ma un giorno Paride, intanto che si stava facendo una bella pecorina con Enone, sentì<br />

una cosa nel culo.<br />

><br />

Per <strong>il</strong> contraccolpo le coppole di Paride e Enone abbularono via. Paride sciu la sua<br />

cosa dalla cosa di Enone e poi si sciu la cosa misteriosa dal culo.<br />

> disse ,<br />

La sciu e la taliau. Br<strong>il</strong>lava quella cosa sotto i raggi del sole. Era un “crisofhallo”, un<br />

fallo d’oro di buone e grandi proporzioni.<br />

> puntualizzò Enone che era di Buccheropolis.<br />

Era uso comune per le femmine senza citrolu consolarsi con falli lignei.. ma questo<br />

era d’oro.. questi falli artificiali venivano chiamati olisbos .. venivano usati dalle<br />

vedove che non riuscivano a trovare un sostituto del defunto.. dalla maritate a cui la<br />

dose maritale non bastava e non avevano <strong>il</strong> coraggio di farsi <strong>il</strong> ganzo… dalle<br />

signorine che aspettavano <strong>il</strong> buon partito che non arrivava e intanto per non diventare<br />

zitelle dal cunno acido usavano l’aggeggio in questione… dalle ragazze in caldo che<br />

prima di arrivare a fare esperienza col vero facevano esperienza col finto.. e poi dai<br />

finocchi in pectore.. ma soprattutto era usato dalle sacerdotesse condannate alla<br />

verginità.. sapendo che per loro non ci sarebbe mai stato un fallo di carme si<br />

accontentavano di quello… che tra l’altro era inconsumab<strong>il</strong>e, instancab<strong>il</strong>e e sempre<br />

pronto all’uso.<br />

><br />

sentenziò Paride.<br />

Generalmente erano di cuoio o legno e prima dell’uso venivano unti d’olio.<br />

>


rispose ridendo Paride.<br />

Si lo mise accanto al suo e parevano gimelli. Quello di carne e quello d’oro.<br />

> chiese Enone.<br />

“Sosia “ era <strong>il</strong> nome con cui fam<strong>il</strong>iarmente le femmine chiamavano <strong>il</strong> fallo artificiale.<br />

><br />

><br />

> chiese Paride.<br />

><br />

Paride avvicinò lo strumento alla f<strong>il</strong>azza di Enone e ci inf<strong>il</strong>au piano piano la cappella<br />

del Sosia. Ma quannu stava pi catafutt<strong>il</strong>lu tuttu dintra qualcuno lo chiamò.<br />

><br />

Paride si bloccò. Il Sosia restò mezzo dintra e mezzo fora la cosa di Enone.<br />

> chiese Paride un po’ spaventato.<br />

><br />

><br />

> disse Enone.<br />

><br />

> rispose Paride che pi lu scantu vide afflosciarsi l’aceddu<br />

suo di botto.<br />

> aggiunse Enone che era felice di aver assaggiato <strong>il</strong><br />

Sosia di Zeus.<br />

>


ispose Paride<br />

temendo che dopo la visita del Sosia arrivasse pure l’originale.<br />

><br />

> rispose<br />

Paride , temendo anche che Zeus si inzeussasse la sua Enone.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

Non avendo alternative Paride si avviò verso la zona del litigio. Naturalmente dopo<br />

aver recuperato la coppola che si piazzò sui riccioli biondi di picciuttazzu in amore.<br />

chiese.<br />

> rispose burbero Zeus.<br />

Partì cantando , per farsi coraggio.<br />

>


Tenendo <strong>il</strong> Sosia in una mano e annacandosi <strong>il</strong> pisello con l’altra, tanto girò e rigirò,<br />

che trovò le tre femmine impegnate a litigare. Nude e belle ma con la coppola.<br />

Litigavano solo a parole e gesti. Ma appena lo videro, smisero. Lui si scantò e si coprì<br />

<strong>il</strong> pisello col Sosia divino.<br />

> pinsò Paride.<br />

> pinsò <strong>il</strong><br />

suo aceddu.<br />

Le tre belle lo guardarono con lo sguardo incazzato. Paride, per lo spaventò, alzò le<br />

mani al cielo lasciando libera la ciolla . Il Sosia br<strong>il</strong>lò sotto i raggi del sole. Vedendo<br />

cosa aveva in mano <strong>il</strong> picciotto, le donne dissero all’unisono:<br />

><br />

Come stordito Paride rispose: ><br />

><br />

> richiese <strong>il</strong> giovane che era nu tanticchia confuso da cotanta bellezza.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Intanto la ciolla del picciotto, a vedere quei tre pacchi, s’era messa sull’attenti e<br />

taliava ora l’una ora l’altra.<br />

> risposero le tre donne.<br />

><br />

><br />

><br />

Nella sua testa aggiunse : ><br />

Poi concluse: ><br />

> disse la prima ><br />

Era allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio onesto. Era un<br />

pacchio assai peloso ma rideva .. purtroppo la risata era rovinata da quel pelame<br />

esagerato.<br />

> pinsò Paride.


Paride comunque taliava Era. O meglio, <strong>il</strong> pacchio di Era. E la sua ciolla pure.<br />

Infatti puntava verso Era. O meglio, verso <strong>il</strong> pacchio di Era. E vinni, in quella<br />

direzione. Ma la simenta non raggiunse Era.<br />

> disse la seconda ><br />

Atena allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio vergine.<br />

Era un pacchio poco p<strong>il</strong>uso e piccolo piccolo.. più che ridere sorrideva.. ma in<br />

compenso tinia nu clitoride ca paria na ciolla di picciriddu…<br />

> pinsò lu<br />

carusu.<br />

Paride taliava Atena. O meglio, <strong>il</strong> pacchio di Atena. E la sua ciolla pure. Infatti<br />

puntava verso Atena. O meglio, verso <strong>il</strong> pacchio di Atena. E vinni in quella direzione.<br />

Ma la simenta non raggiunse Atena.<br />

> disse la terza


professionale…è un pacchio a trecentosessanta gradi… un pacchio che adora fare <strong>il</strong><br />

pacchio.. e tu devi sapere che ficcare rende sempre più belli.. la mia fica ficca<br />

sempre.. pertanto è sempre più bella…ride per la troppa bellezza…>><br />

Afrodite allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio bello.<br />

Era un pacchio senza p<strong>il</strong>a… che rideva libero e felice… a labbra spalancate.. sia le<br />

piccole che le grandi.. era un pacchio che invitava ad essere visitato.. e teneva un<br />

clitoride che era un terzo capezzolo.. lu capicciu nascosto.. e come quelli delle tette<br />

invitava ad essere alliccato, sucato, mozzicato.<br />

Paride taliava Afrodite. O meglio, <strong>il</strong> pacchio di Afrodite. E la sua ciolla pure. Infatti<br />

puntava verso Afrodite. O meglio, verso <strong>il</strong> pacchio di Afrodite. E vinni in quella<br />

direzione. E la simenta raggiunse Afrodite. La raggiunse là. Ma anche altrove.<br />

La dea dell’amore si avvicinò al picciotto e piano piano ci disse:<br />

><br />

E prima di allontanarsi si levò la coppola e gliela appese alla ciolla che era di nuovo<br />

tisa.<br />

> pinsò Paride.<br />

> dissero le tre donne.<br />

Paride non sapeva cosa fare. Taliava ora l’una ora l’altra. Lo stesso faceva <strong>il</strong> suo<br />

aceddu tiso. Puntava ora una, ora l’altra. Poi Paride si consultò col suo Pariduccio.<br />

Una taliata profonda ed esaustiva. Due occhi contro uno. E la decisione fu presa<br />

insieme. Paride, seduta stante, prese <strong>il</strong> Sosia e lo consegnò alla più bella..<br />

><br />

Atena e Era scapparono minacciando vendetta.<br />

> disse Era che<br />

come moglie del capo, anche se plurimulticornuta, spirava di essere scelta.<br />

> disse invece Pallade Atena.<br />

> chiese Afrodite.<br />


quando ci la farò”. Perciò , Afrodite bella, la tua conoscenza sia benedetta..<br />

toscenzasabbinirica e vasamu li manu, li peri e..>><br />

disse la dea.<br />

< .. e la fica…>> concluse <strong>Priapo</strong>.<br />

> rispose la dea inginocchiandosi davanti al picciotto. Nella bocca<br />

divina iniziò la notte divina di Paride e della sua ciolla.<br />

Era quasi l’alba e i due ficcavano ancora.<br />

> disse Afrodite.<br />

><br />

><br />

> rispose Paride.<br />

E si fece l’ultima e la post-ultima e la post -post- ultima. Incunnava Afrodite<br />

pinsannu a Elena. Poi fece una riflessione e disse:<br />

><br />

><br />

A quelle parole Paride si fece l’ultima, l’ultimissima e l’ultimissimissima.<br />

Avevano finito l’ultimissimissima quando arrivò <strong>Priapo</strong> cantando:<br />

<br />

A quelle parole Paride tremò di paura.<br />

><br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong> arrivando.<br />

><br />

><br />

><br />

Paride per lo spavento stava per cacarsi sotto.<br />

> disse Afrodite.<br />

><br />

aggiunse <strong>Priapo</strong> tenendosi <strong>il</strong> palo rosso con entrambi le mani.<br />

Paride si allontanò tenendo una mano davanti e l’altra dietro. Per salvarsi <strong>il</strong> culo.<br />

> pinsò Paride<br />

allontanandosi.


Madre e figlio parlarono assai. Lei col Sosia in mano e lui col suo capitale tra le<br />

mani. Pensieri lussuriosi circolavano in quelle menti sessualizzate al massimo.<br />

><br />

><br />

><br />

E si accarezzava con sempre più ardore . Afrodite invece stava in s<strong>il</strong>enzio e si<br />

strofinava <strong>il</strong> Sosia contro la f<strong>il</strong>azza. <strong>Priapo</strong>, per spezzare quella strana tensione, cercò<br />

nella sua memoria un motivetto adatto. Lo trovò.<br />

><br />

E continuava a maneggiare l’aggeggio. Con una smania manuale da manuale del<br />

perfetto minatore. Afrodite rise e ci resi una mano.<br />

> disse ridendo di bocca e di pacchio.<br />

Poi ci desi l’altra. Lui non parlò. Ma cantò ancora piano piano:<br />

><br />

La mamma capì e disse:<br />

><br />

Senza dir niente si distese sull’erba . E sempre senza dire niente allargò le gambe. Lui<br />

taliò quel pacchio sp<strong>il</strong>ato e cantò ancora.<br />

><br />

E così fece. L’incesto, uno <strong>dei</strong> tanti dell’Olimpazzo, fu consumato quella notte. Fu la<br />

prima volta tra madre e figlio. Tra la madre dal pacchio sp<strong>il</strong>ato e <strong>il</strong> figlio dalla<br />

minchia spropositata. Tra la mamma bella e <strong>il</strong> figlio laitu e bruttu tranne che di


minchia e di culo. L’orgasmo tra quei due simboli viventi e divini della lussuria fu<br />

quasi una reazione termonucleare. Uno scontro di atomi, di neuroni, di<br />

neurotrasmettitori che per poco non annich<strong>il</strong>ì pure loro. Perchè <strong>il</strong> sesso, quello vero.<br />

sapiente e cosciente, è a tutti i livelli la cosa più dirompente che ci sia nell’universo<br />

intero. Come dice anche un detto popolare.<br />

“ Tira chiù un p<strong>il</strong>o di cunnu ca l’oro di tuttu lu munnu..”.<br />

Ma ci sta anche la <strong>versione</strong> masch<strong>il</strong>e.<br />

“ Tira chiù assai un p<strong>il</strong>o di cazzu ca tuttu l’oro di stu munnu pazzu..”<br />

E salvi i naufraghi in mare, Afrodite benigna,<br />

salva anche me che sto morendo, naufrago in terra.<br />

Antologia Palatina<br />

La prima volta che <strong>Priapo</strong> e Dioniso vennero a Munipuzos successe un casino. Fu<br />

dopo essersi incontrati nel bosco di Mynkyalonya. Briachi sia loro che le Menadi,<br />

scatenarono una “ follia erotica” in tutte le femmine della città. Fino ad allora le<br />

donne di Munipuzos era famose per la loro castità e fedeltà. Almeno ufficialmente.<br />

Ma quel giorno, sentendo un spirito strano ma divino che penetrava nella loro muni<br />

per poi impadronirsi del cervello, corsero felici dietro i due sconosciuti e <strong>il</strong> loro<br />

seguito. Corsero verso <strong>il</strong> bosco di Mynkyalonya e qui iniziarono a strofinarsi contro<br />

qualsiasi cosa avesse un aspetto falliforme. Tra le donne c’erano anche la madre, la<br />

moglie e le cinque figlie del re Pentes<strong>il</strong>eo.. <strong>il</strong> re di allora…<br />

Il re, non riuscendo a riportare a casa le sue e le altrui femmine, fece imprigionare<br />

Dioniso e <strong>Priapo</strong>, non sapendo chi fossero. Durante la notte passata nella regia galera,<br />

sotto stretta osservanza, <strong>Priapo</strong> e suo padre decisero, per non farsi capire dagli altri,<br />

di parlare una nuova lingua. Che chiamarono Monacazzese. Perchè Munipuzos per<br />

loro era solo e soltanto Monacazzo. Quella notte praticamente non nasciu la lingua<br />

Sic<strong>il</strong>iana e neanche quella Trinacrica. Nasciu la lingua Monacazzese.<br />

L’indomani mattina <strong>il</strong> re si recò a visitare i prigionieri. E assistette subito a un<br />

miracolo. Le catene di ferro <strong>dei</strong> due prigionieri si sciolsero e si ricomposero intorno<br />

ai polsi e alle caviglie del re. Poi loro lo convinsero a vestirsi da donna e ad unirsi al<br />

gruppo per capire le reali esigenze delle donne. Pentes<strong>il</strong>eo, non avendo alternative,<br />

accettò. Fece un bel discorso alle femmine. Da finta femmina a vere femmine. Ma<br />

queste sembravano non capire. Nude ballavano e si strofinavano tra di loro.<br />

> diceva <strong>il</strong> re.<br />

Lo disse sia in greco che in latino. Ma le donne non sentirono. O meglio , non<br />

capirono. Dioniso e <strong>Priapo</strong> avevano loro trasmesso la lingua Monacazzese.<br />

> gridavano in sic<strong>il</strong>iano le donne<br />

scoperchiando <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>.<br />

Pentas<strong>il</strong>eo capì. E arrossì.


Proprio allora arrivano i Satiri e i S<strong>il</strong>eni e iniziò l’orgia. Orgia spaventosa fu.<br />

Pentes<strong>il</strong>eo fu costretto ad assistere ai focosi amplessi tra <strong>Priapo</strong> e le sue donne.<br />

Voleva gridare o intervenire. Ma una forza misteriosa lo rendeva muto e lo bloccava.<br />

L’unica cosa che sentiva era <strong>il</strong> suo fallo che stava attisando. Con la mente in<br />

angoscia e <strong>il</strong> cuore dolorante assistette muto al trionfo della carne. Poi vide <strong>il</strong><br />

misterioso megantrofallo avvicinarsi a lui. <strong>Priapo</strong>, con violenza , lo sodomizzò,<br />

trasmettendogli un pititto incommensurab<strong>il</strong>e. Pentas<strong>il</strong>eo si spogliò e si vide anche lui<br />

un fallo enorme… Paria gimello di quello che gli era andato in culo. Ma era solo una<br />

allucinazione. Intanto tutte le donne lo taliavano.<br />

> gridò la moglie non riconoscendolo.<br />

> risposero le figlie.<br />

> disse la madre.<br />

> aggiunsero le altre.<br />

> gridò lui.<br />

E si fici le figlie , poi la moglie e infine la madre… E venendo dentro <strong>il</strong> pacchio che<br />

ci avia dato la vita spirò.<br />

Questa è la storia che poi Euripide da Munipuzos mise in scena nelle sue<br />

Monacazzobaccanti, le Baccanti di Monacazzo.<br />

Grazie all’appoggio determinante delle femmine poi Munipuzos si innamorò di<br />

<strong>Priapo</strong> e <strong>Priapo</strong> di Munipuzos. <strong>Priapo</strong> fu nominato protettore della città e i mascoli<br />

concordarono. <strong>Priapo</strong> aveva reso le donne di Munipuzos ab<strong>il</strong>e nell’ars amandi. Da<br />

protettore per scelta politica si era ritrovato protettore per scelta popolare.<br />

I mascoli felici ringraziavano e onoravano <strong>il</strong> maestro di pacchio e minchia.<br />

<strong>Priapo</strong>, Dioniso, le Menadi, i Satiri e i S<strong>il</strong>eni avevano fatto diventare esperte nell’arte<br />

del “ dare piacere” le loro femmine.. da minchiofobe erano diventate minchiof<strong>il</strong>e. E<br />

adesso loro godevano che era una meraviglia.<br />

Da allora Munipuzos divenne la polis più liberarle e moderna della Sic<strong>il</strong>ia. La città<br />

dove tutte le unioni erano ammesse. Mascolo cu mascolo, fimmina cu fimmina, e<br />

naturalmente la tradizionale mascolo cu fimmina. La polis dove <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o conduttore era<br />

<strong>il</strong> piacere. E divenne anche la patria del sic<strong>il</strong>iano. O meglio , del Monacazzese.<br />

“ Minchia… non mi scassare la coppola della minchia..” divenne la frase più famosa<br />

dell’orbe di allora. E pure dell’Olimpazzo.<br />

Celio, la mia Lesbia, quella Lesbia,<br />

quella sola Lesbia che amavo<br />

più di ogni cosa e di me stesso,<br />

ora all'angolo <strong>dei</strong> vicoli spreme<br />

questa gioventù dorata di Remo.<br />

Catullo<br />

Tra Purceddopolis e Munipuzos si trovava <strong>il</strong> lago che portava <strong>il</strong> nome di quest’ultima<br />

città. E tutt’intorno <strong>il</strong> bosco di Mynkyalonya . Un bosco particolare. Un bosco<br />

formato al cento per cento da piante di fico. Ma non <strong>il</strong> solito fico.. bensì una variante<br />

particolare… non <strong>il</strong> comune Ficus carica.. con un solo frutto carnoso con tanto di


purtusiddu…ma una varietà, oramai estinta, che cresceva solo qua.. la ficu di<br />

Monacazzo oggi.. allora Ficus mentulacunnus… una pianta con due frutti diversi..<br />

ovvero ficu masculi e ficu fimmini.. li ficu fimmini come quelle che conosciamo<br />

tutti.. piriformi con purtusiddu.. e li ficu masculi con piccola escrescenza che andava<br />

a ficcarsi nel portuso di li ficu fimmini……da cui i nomi popolari di ficazza e<br />

ficazzu…<br />

In questo bosco dove ficcavano anche li ficu, di storie d’amore se ne sono sempre<br />

viste… allora come oggi…ma allora erano gli <strong>dei</strong> i protagonisti…. Zeus in primo<br />

luogo.. <strong>il</strong> theophallus era sempre alla ricerca di un cunnus terrestre.<br />

In questo bosco caro a <strong>Priapo</strong> Zeus si fece la bella Leto che poi fu costretta a vagare<br />

per mari e monti alla ricerca di un posto dove sfornare i gemelli che abballavano nella<br />

sua panza. Perchè c’era una profezia che diceva che i nascituri non dovevano<br />

nascere in alcuna terra ferma…ma dovevano nascere in una terra ballerina. E Leto<br />

questo posto lo trovò nel posto dove li aveva concepiti… nel bosco di Mynkyalonya.<br />

Si narra infatti che la Trinacria , famosa per l’intensa attività sismica , fosse un isola<br />

vagante nel Mediterraneo .. praticamente se la giocavano, tra un terremoto e l’altro,<br />

l’africa e l’europa…ma in quell’occasione Zeus l’ancorò al fondo con tre colonne.<br />

Per dare una terra natale fissa ai suoi figli… per dare loro una patria.<br />

Ma per uno sbaglio involontario una colonna fu sistemata sotto l’Etna… ed è quella<br />

che si sta infracicando…consumando.. carbonizzando.. ma allora tutto f<strong>il</strong>ava liscio.<br />

Zeus scendeva spesso nel bosco d Mynkyalonya per farsi la bella Leto e vedere i suoi<br />

figli.. ma anche per cercare altro pacchio. E fu correndo appresso a Leto che conobbe<br />

Leda e ci appitittò.. e incominciò a pinsare a come fare per incunnarsela .<br />

In questo suo firriari alla ricerca di p<strong>il</strong>o Zeus spesso incontrava la sua cara capra<br />

Amaltea.. la capra che l’aveva nutrito da picciriddu a forza di pisciari dalle sue corna<br />

ambrosia e nettare…mentre dalle tette pisciava un latte che faceva crescere in fretta..<br />

ma in realtà la capra Amaltea in mezzo al pelo folto nascondeva una bella sorpresa,<br />

era una capra ermafrodita.. tinia na bella ciolla e pisciava pure abbondante latti di<br />

brigghiu.. e a chi riusciva a berselo in un amen ci si sv<strong>il</strong>uppava l’aceddu.<br />

E se a causa di un corno rotto riempito di frutta nasciu <strong>il</strong> nome “ cornucopia “, da una<br />

minchia nascosta che molti ignoravano nasciu <strong>il</strong> termine “ phallocopia” .<br />

<strong>Priapo</strong> andava spesso nel suo tempio. Gli piaceva vedere le femmine e gli uomini che<br />

lo adoravano… e se c’era qualche femmina che lo ispirava cercava fargli assaggiare<br />

la sua ispirazione. Gli piaceva vedere le sue sacerdotesse pregare e scatenarsi in riti<br />

orgiastici a cui lui partecipava con piacere. Ma soprattutto non mancava mai, nella<br />

ricorrenza della sua nascita, quindi una volta l’anno , di assistere alla liquefazione del<br />

suo “ Sangue potente”. Il cosiddetto “Risveglio del sangue”.<br />

Si racconta che Pallade Atena, la dea vergine per scelta, odiasse <strong>Priapo</strong> e tutti i<br />

masculi portatori di ciolla sana. Lei si sentiva più vir<strong>il</strong>e di tutti. Aveva le palle nel<br />

cervello. Per <strong>il</strong> resto era una bella donna con due piccole tettine, una boccuccia<br />

piccola e un cunnus piccolissimo. In compenso aveva un grosso clitoride.<br />

La vir<strong>il</strong>ità era per lei una condizione mentale, non fisica. Una volta ci mancò poco<br />

che Efesto la inf<strong>il</strong>zasse. Proprio all’ultimo lei riuscì a sfuggire alla violenta


penetrazione. Diciamo che si salvò per un p<strong>il</strong>o. Almeno in quell’occasione. Non si sa<br />

se p<strong>il</strong>o di cazzo o di fica. Forse per la difficoltà di Efesto di trasiri in quel portuso<br />

stretto la simenta divina cadde accussì per terra generando Erittonio. Dopo che per<br />

un pelo era sfuggita alla dolorosa penetrazione da parte di un aggeggio di mascolo, <strong>il</strong><br />

suo o<strong>dio</strong> per l’uomo in generale, ma soprattutto per la sua appendice, si incrementò. E<br />

decise di colpire <strong>il</strong> simbolo <strong>dei</strong> simboli della vir<strong>il</strong>ità. Il palo rosso ed eretto di <strong>Priapo</strong>.<br />

Si allicchittiò come una zoccola di lusso e partì alla ricerca di <strong>Priapo</strong>. Lo trovò subito.<br />

Lui viveva quasi sempre nei <strong>bordelli</strong>. Dormiva stanco e affaticato per le cento e passa<br />

trummiate della notte prima . Stanco lui ma non <strong>il</strong> suo palo rosso sempre eretto.<br />

> disse Atena a sé stessa.<br />

Si avvicinò a bocca spalancata, ma si accorse che la cappella era troppo grande per<br />

staccarla con un mozzicone. Come facia facia, come si mittia mittia , la coppola della<br />

minchia di <strong>Priapo</strong> non entrava nella sua boccuccia in miniatura. Atena si rese conto<br />

che quella estremità rossa non sarebbe mai trasuta nella sua bocca. <strong>Priapo</strong>, che<br />

sentiva odore di femmine già a distanza, rispose a quella falsa fellatio venendo in<br />

bocca alla dea. O meglio, indirizzando lo schizzo potente verso la gola della dea che<br />

continuava a fare <strong>dei</strong> tentativi per ammuccarisi la coppola. Venne dormendo a causa<br />

di quella che tutto era tranne che una fellatio. E la dea, per la rabbia di aver dovuto<br />

assaggiare <strong>il</strong> latte di brigghiu, lu muzzicau e scappau… un bel mozzicone dato con<br />

tutta la forza della sua dentatura divina sulla divina cappella.<br />

La coppola iniziò a sanguinare. <strong>Priapo</strong> per <strong>il</strong> dolore si svegliò e attaccau a gridare e a<br />

santiari ca paria lu scrittore Santhokriso quannu s’incazza col mondo intero.<br />

><br />

E continuava. Ma fu interrotto da una voce fimminina.<br />

><br />

> disse <strong>il</strong> picciotto.<br />

><br />

> scherzò <strong>Priapo</strong>, che era un esibizionista nato.<br />

La mamma la taliò da vicino.


> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> cantava <strong>Priapo</strong>, tra l’addolorato e l’ironico.<br />

Afrodite raccolse quelle poche gocce di sangue in un ampolla di vetro e poi ci<br />

cummigghiau la coppola dell’aceddu e tutto <strong>il</strong> resto con una fascia di lino bianco.<br />

Alla fine la ciolla di <strong>Priapo</strong> paria una mummia.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>.<br />

><br />

><br />

> addumannò <strong>Priapo</strong> che invece aveva capito benissimo<br />

> rispose la mamma.


><br />

> riprese a cantare <strong>Priapo</strong>, tra l’addolorato e l’ironico.<br />

> concluse la mamma.<br />

Afrodite donò al tempio di Munipuzos l’ampolla e la benda. E ogni anno, intanto che<br />

i fedeli recitavano la litania di <strong>Priapo</strong>, intanto che la Sib<strong>il</strong>la Priapica annacava<br />

l’ampolla, <strong>il</strong> sangue si scioglieva lentamente.<br />

Anche quell’anno <strong>Priapo</strong> partecipò. Come gli piaceva cantare la sua litania.<br />

><br />

Come gli piaceva pregare per sé stesso. Intanto che la Sib<strong>il</strong>la Priapica alzava per aria<br />

l’ampolla e ci la annacava. In attesa del risveglio.<br />

>


Gli ultimi tre appellativi erano quelli più amati da <strong>Priapo</strong>. E venivano ripetuti fino al<br />

“ Risveglio del sangue”. Erano una sorta di droga sonora, parole quasi allucinogene,<br />

che mandavano i fedeli, per la maggior parte donne, in estasi da orgasmo metaforico.<br />

Una cacofonia che stimolava <strong>il</strong> cunno e le altre parti erogene. Alla fine, quando <strong>il</strong><br />

sangue si scioglieva, tutti gridavano al miracolo.<br />

><br />

E lui felice, dopo <strong>il</strong> miracolo che avveniva sempre a mezzodì, quando <strong>il</strong> sole<br />

culminava sul meridiano munipuzico, correva nel bosco di Mynkyalonya e si faceva<br />

tutte le Menadi. La sera invece si faceva <strong>il</strong> giro di tutti o quasi tutti i lupanari di<br />

Munipuzos. E all’alba andava a fottere , senza limiti di tempo e di atti, la sua Sib<strong>il</strong>la.<br />

Anche quell’anno si recò nel bosco di Mynkyalonya. E si fece tutte le Menadi. Poi si<br />

fece <strong>il</strong> giro <strong>dei</strong> postriboli e quindi partì per andare dalla sua Sib<strong>il</strong>la. Invece incontrò,<br />

per caso , Cassandra , che andava vaticinando sventure su sventure. Diceva <strong>il</strong> vero<br />

ma non era creduta. Per maledizione divina di Apollo che era stato rifiutato<br />

carnalmente. Doppia era la maledizione. Con la bocca sparava profezie che venivano<br />

ignorate, col cunno desidera cazzi che non poteva avere. A Cassandra, appena visti a<br />

<strong>Priapo</strong>, ci mangiò lu paparaciannu. Veniva da Purceddopolis unni avia profetizzato<br />

sventure ranni. Ed era di Purceddopolis.. era figlia di Priamo.<br />

> gridava come una forsennata.<br />

><br />

><br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong>, essendo <strong>dio</strong>, non doveva rispettare le maledizioni divine. E siccome aveva<br />

ancora pititto di ficcare, ficcò. Una volta tanto <strong>il</strong> cunno di Cassandra rise. E rise alla<br />

grande. Lui di meno.<br />

> pensò <strong>Priapo</strong>.<br />

Rimasto solo e ancora pieno di desiderio <strong>Priapo</strong> cantò. Com’era solito fare.<br />


Solo ai nomi di cunnus o di sticchio<br />

Mi si turba e s’alza <strong>il</strong> piripicchio<br />

E a trombare mi porta con amore<br />

E’ un desio che so ben spiegar<br />

Voglio scopar vegliando<br />

Voglio fottere sognando<br />

Nell’acqua, all’ombra, sui monti<br />

Tra i fiori, nell’erba, nelle fonti<br />

All’eco, nell’aria, nel vento..<br />

Che <strong>il</strong> suon della mia minchia potente<br />

Portano via con sé..<br />

E se non c’è chi si piglia la mia coda<br />

Faccio l’amore con me…>><br />

E attaccò a minaris<strong>il</strong>la.<br />

><br />

> disse una voce femminina.<br />

Taliò. Era una bella ragazza. Tutta nuda e bagnata.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

In un amen la pigliò e si l’impalò sul suo rosso palo. E con la sua possanza l’aiutava<br />

anche a fare su giù. Stava quasi vinennu quannu si intisi una vuci.<br />

><br />

Era Alfiuzzo che arrivava sotto forma di fiume.<br />

><br />

Aretusetta invece, proprio nel momento che <strong>Priapo</strong> la stava annaciando di simenta, si<br />

sciolse in un mare di acqua…<strong>Priapo</strong> vide solo la sua ciolla emergere dal liquido e<br />

sputare verso <strong>il</strong> cielo la sua simenta. Nasciu accussì la via lattea.. lattea perchè<br />

formata dal latte di brigghiu di lu diu ciollaranni.<br />

Aretusetta invece addivintau una sorgente di acqua dal sapore di fica.. acqua che si<br />

ammiscava col fiume Alfiuzzo… che a sua volta alimentava <strong>il</strong> lago di Munipuzos. E<br />

divenne usanza andare a bere a quella fonte.. tutti andavano a bere... bevevano anche<br />

quando non avevano sete.. bevevano tanto per bere.. per gustare <strong>il</strong> sapore particolare<br />

di quell’acqua...<br />

>


E si alliccavanu lu mussu.<br />

Comunque era giorno fatto quannu <strong>Priapo</strong> raggiunse la sua Sib<strong>il</strong>la. Cassandra prima e<br />

Aretusetta poi erano state solo e soltanto due diversivi.<br />

Cassandra, bella ma inut<strong>il</strong>e figlia di Priamo, aveva avuto <strong>il</strong> dono della profezia e la<br />

maledizione di non essere creduta. Questo perchè la prima volta che profetizzò si<br />

incasinò nu tanticchia.<br />

> ci disse un pezzo grosso della<br />

nomenclatura di Purceddopolis, tale Asterione.<br />

Idda ci arrispunniu in latino:<br />

><br />

Quello capì e felice partì. Ma crepò. Il padre, più intellettuale del figlio, curriu da<br />

Cassandra per diriccini quattro e forse anche cinque.<br />

><br />

> rispose Cassandra.<br />

Il padre capì come <strong>il</strong> figlio.<br />

><br />

><br />

precisò <strong>il</strong> padre.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Cassandra.<br />

E così fu. Cassandra parlava ma nessuno le credeva. Per volere di Apollo.<br />

Adesso Munipuzos era una monarchia plutocratica. O meglio, una diarchia<br />

plutocratica. Da secoli i cento capifamiglia più ricchi governavano la polis<br />

effettivamente anche se a rappresentarli c’era un re vero e proprio. O meglio due. Un<br />

re maggiore e un re minore. E a comandare era <strong>il</strong> maggiore. Attualmente <strong>il</strong> re<br />

maggiore era Agaminkione. Uomo forte e potente. Devoto a Zeus e a tutti gli <strong>dei</strong><br />

dell’Olimpazzo, ovvero dell’Olimpo di Monacazzo, si sentiva <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> terreno. E<br />

pinsava di fare di Munipuzos la nuova caput mundi. Facia progetti eccezionali per<br />

r<strong>il</strong>anciare la polis e spirava accussì di entrare nella storia.<br />

Sposatosi d’autorità alla superba Fikennestra aveva generato tre figlie e un figlio:<br />

Ifigania, Elettracunnus , Cunnotemi e Minkioreste…<br />

Ifigania era una bella figa sempre corteggiata ma che automaticamente ripudiava i<br />

corteggiatori. Diceva che voleva diventare sacerdotessa di Artemide Adiabatica.<br />

Artemide l’impenetrab<strong>il</strong>e. Elettracunnus era bella ma emanava scariche elettriche<br />

che facevano spaventare l’aceddi e li faceunu naturalmente arrimuddari. Cunnotemi


mittia timore. Pertanto le due ultime sorelle erano gelose di Ifigania… e la<br />

maledicevano in continuazione..<br />

><br />

Minkioreste invece si ni futtia delle sue sorelle e di tutto <strong>il</strong> resto.. e pinsava al suo<br />

caro cugino P<strong>il</strong>ade con cui spesso s’imp<strong>il</strong>adava.<br />

Agaminkione teneva pure un fratello, <strong>il</strong> re minore Minkialao, che era <strong>il</strong> promesso<br />

sposo della bella Elena, la sorelle di Fikennestra. Agaminkione, non avendola potuta<br />

ottenere in moglie, aveva ottenuto di darla al fratello. Tutto questo sperando di farne<br />

poi la sua amante, perché Elena era <strong>il</strong> più bel pacchio terrestre così come Afrodite lo<br />

era dell’Olimpazzo.<br />

Ma c’era un imbroglio nascosto. E che imbroglio. Nascosto e incestuoso. Minkialao<br />

infatti era innamorato perso di sua nipote Ifigania che lo ricambiava. E non di amore<br />

platonico, bensì carnale assai assai. E <strong>il</strong> bello è che nessuno lo sapeva. Quelli<br />

fottevano alla sanfasò ma nessuno se ne rendeva conto.<br />

Comunque Agaminkione governava benino. A parte la megalomania. Facia bene<br />

soprattutto i suoi interessi ma pure quelli <strong>dei</strong> plutocrati in genere. Qualcosa faceva<br />

anche per <strong>il</strong> popolo. Che con grande savuarfer sapia <strong>il</strong>ludere. Il popolo era convinto<br />

che in fondo in fondo si la passava benissimo. A dire <strong>il</strong> vero <strong>il</strong> popolo bene si la<br />

passava veramente. E se non bene, benino senz’altro.<br />

Il motto di Agaminkione era “ Panemmi e circensemmi”.<br />

Proprietario di tre teatri, <strong>il</strong> Penta, <strong>il</strong> Mono e <strong>il</strong> Tetra, gestiva anche i tre teatri pubblici.<br />

E la gente si divertiva.<br />

> dicevano<br />

tutti.<br />

Il re maggiore adesso era impegnato nella costruzione dell’anfiteatro Agaminkione .<br />

Grande e capiente e con accanto una sua megastatua crisoelefantina , detta <strong>il</strong><br />

Colosso. Tutto questo accanto alla sua lussuosissima v<strong>il</strong>la fuori la mura che aveva<br />

chiamato la Domus aurea. Sull’esempio di Zeus usava sempre l’espressione “ Mi<br />

consento…” Anzi, andava oltre:<br />

><br />

L’ultima trovata era stata quella di costruire un ponte tra Munipuzos e la sua<br />

dirimpettaia Purceddopolis . Il ponte doveva passare sul bosco di Mynkyalonya e sul<br />

lago di Munipuzos. I tecnici erano al lavoro da tempo. Ma i lavori non erano ancora<br />

iniziati. La progettazione era stata diffic<strong>il</strong>e. L’architetto Dedalo, ateniese di origine<br />

ma monacazzese di adozione e adesso libero cittadino di questa polis, si era<br />

impegnato assai assai nella faccenda che progettualmente parlando era stata<br />

veramente molto ma molto complicata. Si trattava di un ponte in pietra lavica con<br />

sette ordini di archi che così grandi non se n’erano mai visti prima. E alle due<br />

estremità due megastatue di <strong>Priapo</strong> rivolte l’una contro l’altra e con le minchie che si


toccavano nel cielo, a formare una sorta di arco della pace del tutto particolare. O di<br />

arco della minchia.. o dell’amore.. un arco particolare insomma…Le statue erano<br />

previste in pietra, i falli in legno e praticab<strong>il</strong>i. Ovvero, si poteva entrare nelle statue ,<br />

percorrere la galleria che stava dentro <strong>il</strong> pene e poi affacciarsi dalla terrazza<br />

panoramica che stava nel punto in cui le due coppole si toccavano. Cappella contro<br />

cappella.. coppola contro coppola…Comunque ci mancava poco per l’inizio <strong>dei</strong><br />

lavori..… Il ponte doveva avere una duplice funzione. Secondo Agaminkione doveva<br />

diventare l’ottava meraviglia della Sic<strong>il</strong>ia e celebrare <strong>il</strong> matrimonio tra suo figlio<br />

Minkioreste e una figlia qualsiasi di Priamo. Una qualsiasi della cinquanta .. non<br />

contava <strong>il</strong> pacchio e <strong>il</strong> contorno.. contava solo chi era <strong>il</strong> papà del pacchio…. E<br />

Agaminkione per suo figlio voleva una figlia di Priamo. In quel modo lui avrebbe<br />

messo una mano o un piede sul trono di Purceddopolis. Era un modo per conquistare<br />

pacificamente la superba polis vicina. Senza guerra, senza morti. Solo con la minchia<br />

di suo figlio come arma conquista cunni. E la prima pietra sarebbe stata “ posata” in<br />

occasione del matrimonio tra suo fratello Minkialao e la bella Elena. Sarebbe poi<br />

stato inaugurato in occasione del matrimonio tra suo figlio e una principessa nata<br />

dalla simenta di Priamo.<br />

<br />

Questo scrisse <strong>il</strong> sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos per celebrare <strong>il</strong> futuro<br />

ponte. Quando la lingua latina lu facia incazzare lui scriveva direttamente in italiano.<br />

> diceva chiaro e tondo.<br />

Poi pensava all’importanza di quella lingua, <strong>il</strong> latino, come d’altra parte era<br />

importantissimo <strong>il</strong> greco, lingua parlata e scritta correttissimamente dal sommo


Homerino da Munipuzos. E allora si correggeva. Tornava al suo amatissimo e<br />

straamatissimo latino. Perchè lui ufficialmente viveva, studiava e lavorava solo e<br />

soltanto per <strong>il</strong> latino. Ufficialmente però.<br />

Ufficiosamente lo mandava amorosamente a farsi fottere, catafottere e strafottere da<br />

quando si svegliava a quando andava a dormire.<br />

><br />

Per Agaminkione Dedalo aveva già costruito molte cose. La più amata dal re e dalla<br />

corte era <strong>il</strong> Labirinto del Piacere.. una struttura a più piani con un solo accesso e poi<br />

corridoi su corridoi e tante stanze dove si faceva sesso a lu scuru… qui le femmine<br />

traseunu per prime e poi andavano a chiudersi in qualche stanza buia.. poi<br />

arrivavamo li mascoli e s’inf<strong>il</strong>avano nella prima stanza che capitava.. e la coppia di<br />

sconosciuti facia sesso alla sanfasò.. la disgrazia, matematicamente possib<strong>il</strong>e , era<br />

quella di finire tra le cosce di una sconosciuta che poi altri non era che la moglie..<br />

Questo ed altro aveva costruito Dedalo. Quest’uomo era l’ingegno fatta pirsuna.<br />

Orami era vecchio assai ma ancora impegnassimo. Molte costruzioni di Munipuzos<br />

portavano, come detto, la sua firma. Scultore, poeta, pittore, architetto, inventore e<br />

tante altre cose… Dedalo era di tutto e di più.<br />

Si era fatto pure un autobassor<strong>il</strong>ievo. Paria lu papà del futuro Leonardo. Stissa faccia,<br />

stissu nasu, stissa barba. Nato ad Atene avia ittatu giù dall’Acropoli <strong>il</strong> nipote che<br />

prometteva di superarlo in tutto e per tutto. Giudicato colpevole dalla corte<br />

dell’Areopago si nu iu a Creta. E Minosse l’accolse a braccia e portafoglio aperto, la<br />

sua signora Pasife a braccia e a cosce aperte.<br />

> dicevano i cretesi.<br />

La prima opera la fece per lei. Costruì una vacca di legno accussì bella che quella<br />

riuscì a soddisfare <strong>il</strong> suo desiderio di congiungersi al Torobianco. Nasciu na cosa<br />

strana. Mezzo uomo e mezzo animale. Da picciriddu <strong>il</strong> Minotauro era stato cresciuto<br />

all’interno del palazzo reale; e l’unica che giocava con lui era Arianna. C’era del<br />

f<strong>il</strong>inghi tra i due. Minosse invece se ne vergognava assai : pertanto appena quello fu<br />

cresciuto diede ordine a Dedalo di costruire <strong>il</strong> Labirinto.<br />

Arianna cianciu siccia e siccia di lacrimi amari.<br />

Una struttura così complessa che una volta trasuti non si riusciva più ad uscire.<br />

Arianna pianse assai per la perdita del compagno di giochi. Dedalo , per non vederla<br />

soffrire, costruì allora <strong>il</strong> F<strong>il</strong>o di Arianna, un f<strong>il</strong>o magico che la riportava all’uscita.<br />

Quando Dedalo litigò con Minosse, questi lo rinchiuse nel Labirinto, insieme al figlio<br />

Icaro. Sapendo che non c’erano vie di fuga, Dedalo costruì delle ali artificiali, con<br />

penne e cera, per sé e per <strong>il</strong> suo caruso. E prendendo <strong>il</strong> volo scapparono da Creta.<br />

Come uccelli in fuga.<br />

><br />

gridò Dedalo in fase di decollo.<br />

> consigliò al figlio.


Icaro volò in alto assai.. voleva scoprire la sede dell’Olimpazzo.. invece precipitò<br />

cripannu seduta stante. Il padre atterrò in Sic<strong>il</strong>ia, a Kassaropolis, dove re Cocalo lo<br />

ospitò volentieri.<br />

Ma Minosse , accompagnato da Pasife, si mise a cercarlo ipso facto.<br />

> gridava come un ossesso<br />

Minosse.<br />

A <strong>Priapo</strong> piaceva anche andare nella grotta dove profetizzava la sua Sib<strong>il</strong>la. La<br />

Sib<strong>il</strong>la Priapica. Creduta e onorata da tutti. Nella grotta, accanto alla statua di <strong>Priapo</strong><br />

Acheropita , era riportato <strong>il</strong> suo quadrato magico. Il quadrato palindromo di <strong>Priapo</strong>.<br />

Quello che poteva essere letto in tutti i sensi e aveva lo stesso significato. Quello<br />

dove veniva ricordato l’altro suo nome : Arepo . E questo nome lo conoscevano solo<br />

Afrodite, Dioniso, e naturalmente <strong>Priapo</strong>. Neanche la Sib<strong>il</strong>la sapeva <strong>il</strong> vero<br />

significato di quelle parole.<br />

S A T O R<br />

A R E P O<br />

T E N E T<br />

O P E R A<br />

R O T A S<br />

Letta in originale dice: “ S A T O R A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S. “<br />

La traduzione letterale della frase è la seguente “ Il seminatore Arepo adopera le<br />

ruote”.<br />

> si chiedevano tutti.<br />

<strong>Priapo</strong> invece sapeva <strong>il</strong> vero significato di quelle parole. Erano una profezia. Solo una<br />

profezia che lo riguardava personalmente. D’altra parte anche <strong>il</strong> motto della Sib<strong>il</strong>la<br />

Priapica, quello con cui iniziava le sue divinazioni, lasciava poco alla conoscenza.<br />

> diceva sempre la<br />

Sib<strong>il</strong>la.<br />

Quando quella profetizzava era invasa dal <strong>dio</strong>. Ed essere invase dal <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong><br />

significava solo una cosa : essere possedute dalla sua ciolla. In spirito generalmente..<br />

ma delle volte la possessione era reale. <strong>Priapo</strong> si divertiva a farsi la sua Sib<strong>il</strong>la, più la<br />

incunnava più quella profetizzava. Il <strong>dio</strong> si piazzava alle spalle della donna e le<br />

metteva la ciolla in mezzo alle cosce. Poi puntava al portuoso e l’inf<strong>il</strong>zava.<br />

> facia lei.<br />

E vaticinava. E lui la inciuciava.<br />

> continuava lei.<br />

E profetizzava. E lui la trapanava.<br />

>


E lui l’incunnava.<br />

><br />

E <strong>Priapo</strong> ficcava.<br />

><br />

> pinsò <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto scopava.<br />

><br />

E lui insiringava.<br />

><br />

> disse a sé stesso <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto chiavava.<br />

><br />

><br />

E intanto zummiava.<br />

><br />

> pinsò <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto scampaniava.<br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto insasizzava.<br />

><br />

> pinsò <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto infornava.<br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

E intanto vinia.<br />

> pinsò <strong>Priapo</strong> ><br />

disse <strong>Priapo</strong> sciennu la cosa soddisfatta dall’altra cosa altrettanto soddisfatta.<br />

> disse infine.<br />

A cose fatte si fici la sua consueta cantata. Generalmente <strong>Priapo</strong> cantava arie tratte<br />

dalle opere di un certo Amazeus Volfangum Mozarteum Falloph<strong>il</strong>us . Ogni tanto ne<br />

cantava anche qualcuna di Jiosepha Verdorum. Ma Amazeus era <strong>il</strong> suo preferito.<br />


Gli dirò tondo<br />

La fica è la cosa<br />

più bella del mondo..>><br />

> era una delle domande per cui era famoso f<strong>il</strong>osofo<br />

Socratino da Munipuzos<br />

Mhassymylyano da Munipuzos aveva dedicato a <strong>Priapo</strong> i suoi Carmina Priapea.<br />

Rigorosamente in latino.<br />

> dicevano le<br />

persone di cultura.<br />

E Mhassymylyano lo era.<br />

E <strong>Priapo</strong>, di questa raccolta poetica, ne era contentissimo. Recitava spesso <strong>il</strong> Carmen<br />

XVII.<br />

><br />

Non avia quindici anni: la frischizza<br />

Di ddi carnuzzi aggraziati e ghianchi<br />

Accumpagnava la d<strong>il</strong>icatezza<br />

Tuttu era in idda grazia e biddizza;<br />

Di lu morbidu pettu e di li cianchi;<br />

Beddi l’occhi, la vucca, e beddi l’anchi.<br />

Beddi ddi labbra, comu dui girasi.<br />

Bedda dda cosa unni si nesci e trasi…<br />

Tinti a pinneddu parianu li natichi,<br />

Tunni, duri, citrigni e sapuriti;<br />

Stavano tutti a taliarla estatichi ,<br />

Ca muveva l’arrittu a li rimiti;<br />

Aveva l’occhi viv<strong>il</strong>i e simpatichi,<br />

Dd’occhi unn’era d’amuri la riti;<br />

Dd’occhi capaci, ccu na taliata,<br />

Di squagghiari la nivi e la <strong>il</strong>ata.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>.


II. Lu matrimonio di Elena, la prima buttana di Munipuzos<br />

Lu nasiddu paria cira chi adduma;<br />

La vucca, si la guardi, tu nni spinni,<br />

Li masciddi chiù ghianchi di la scuma;<br />

Drittu lu coddu aggrazziatu scinni;<br />

‘Ntra lu pittuzzu poi, comu dui puma,<br />

Ianchi e tunni spurgevanu dui minni:<br />

Li cosci su, di lu chiù espertu mastru,<br />

Dui colonni perfetti di alabastru.<br />

Dda cosa poi ‘ntra ddi culonni amati,<br />

La vidi , in forma r<strong>il</strong>evata e tunna,<br />

E ghianca ‘mmezzu a dui fardi spaccati,<br />

Ca su cuperti di nna manta biunna;<br />

Dui culunneddi surgiunu a li lati<br />

‘ntra lu mezzu di vadda si profunna;<br />

Tennira irvuzza intornu s’agghiummira<br />

Intatta di l’aratu e di vummira<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

A Munipuzos era giorno di mercato. Nell’agorà accanto al teatro greco ci stavano un<br />

sacco di venditori. E la gente firriava felice. Munipuzos era una polis ricca. Ci stava<br />

gente assai benestante. Pertanto gli affari andavano bene. Spesso i mascoli maritati,<br />

dopo una girata al mercato, con la scusa di pisciare, andavano al lupanare a scaricare<br />

altro. A scaricare una porzione o anche più di latte di brigghiu.<br />

dicevano alle mogli.<br />

Mentre le loro femmine continuavano ad accattare.<br />

I giovanotti passeggiavano e si taliavano li sticchiaredda ca eunu crisciennu. In<br />

particolare <strong>il</strong> pacchio più ammirato era quello di Elena. Elena la bella, promessa<br />

sposa di Minkialao. La ragazza aveva <strong>il</strong> vizio dello scioppinghi e al mercato cercava<br />

sempre qualche tunichetta nova, <strong>dei</strong> sandali, delle collane o altro ancora. E a debita<br />

distanza da lei c’era sempre un gruppo di giovani che estasiati si la mangiavano con<br />

gli occhi.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Questo era <strong>il</strong> pensare mascolino nel vedere la bella Elena. E pare che quannu Elena<br />

stava in giro si incrementava l’incasso <strong>dei</strong> lupanari. In ogni lupanare ci stava sempre<br />

qualche buttana che si facia chiamare Elena. La picciotta, con la sua bellezza e la sua<br />

sensualità, accendeva <strong>il</strong> meccio a tutti; e tutti quelli che potevano andavano a ficcare.


Chi non poteva si la minava.. e infatti, quando lei era in giro, un odore di simenta si<br />

aggirava per l’aria di Munipuzos.<br />

Pi na fimmina passare dall’agorà principale era come sottoporsi a una ispezione<br />

generale da parte <strong>dei</strong> mascoli del Plutocircolo di Munipuzos. Situato all’angolo tra<br />

l’agorà e la via principale, era la sede ufficiale del pettegolezzo.<br />

> diceva<br />

uno tanto per scherzare.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispondeva un altro.<br />

><br />

aggiungeva un altro.<br />

><br />

><br />

><br />

facia sempre lo scemo di turno.<br />

>


chiedeva lo stesso scemo di prima.<br />

><br />

> rispondeva lu babbu. E scappava.<br />

> diceva l’intellettuale del gruppo.<br />

><br />

> disse un<br />

picciotto che passava per molto assai ironico.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />


sempre farsi un amante.. o anche più di uno.. perchè un pacchio sp<strong>il</strong>ato come quello<br />

di Afrodite è insaziab<strong>il</strong>e…>><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> diceva Prudenzio.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> diceva F<strong>il</strong>ostrato.<br />

E in tanti partivano per <strong>il</strong> lupanare. Arrapati dal pensiero di Elena, cunno mezzo<br />

umano e mezzo divino. Cunnu forse sfunnatu da Teseo… cunnu forse già madre..<br />

cunnu destinato a Minkialao.. desiderato da Agaminkione.. ma anche da tutti gli altri<br />

maschi in attività.. cunno destinato a fare dannu.<br />

“ La fimmina ca si fa cunnu porta sulu vai na lu munnu” diceva un detto popolare<br />

d’allora. Forse ancora valido.<br />

> era una della tante varianti della domanda base per cui era famoso<br />

f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos, uno <strong>dei</strong> frequentatori chiù assidui del Plutocircolo.<br />

C'era una volta l'età dell'oro, poi quella d'argento, di bronzo:<br />

al giorno d'oggi Afrodite è tutto questo insieme: venera<br />

l'uomo dell'oro, bacia l'uomo del bronzo,<br />

non scappa mai via dagli uomini che hanno argento.<br />

È come Nestore. E credo che Zeus scese da Danae


non come pioggia d'oro, bensì portando cento monete.<br />

Antologia Palatina<br />

Elena infatti era una picciotta bellissima dell’aristocrazia di Munipuzos. Sorella di<br />

Fikennestra e già causa di liti tra mascoli arrapati in cerca di un cunno bello, nob<strong>il</strong>e e<br />

ricco. Agaminkione stesso aveva cercato di farne sua moglie. Poi aveva dovuto<br />

ripiegare sulla sorella di Elena. Ma adesso la vedeva come futura cognata in quanto<br />

promessa sposa di Minkialao.. e da cognata poteva riprovarci….<br />

Un cunnu in casa è più fac<strong>il</strong>mente acchiappab<strong>il</strong>e di uno di fora… a parte <strong>il</strong> fatto che<br />

Minkialao era anche chiamato Babbalao.. perchè era si bello e cazzuto ma era anche<br />

babbo assai… insomma, Agaminkione si la sentiva già sul suo aceddu impalata. La<br />

regina minore sulla minchia del re maggiore. Il re minore cornuto causa del re<br />

maggiore. In ogni caso corna di famiglia.<br />

Comunque, al di là della presenza o meno di Elena, tutti i picciotti, nel giorno del<br />

mercato, attaccavano a corteggiare. Con la speranza di scopare presto. Speranza<br />

possib<strong>il</strong>e. Perchè le femmine la davano con fac<strong>il</strong>ità. Se non proprio <strong>il</strong> pacchio,<br />

davano <strong>il</strong> retropacchio. In ogni caso poi c’era sempre <strong>il</strong> postribolo. Solo che per<br />

spitittarsi ci volevano i soldi. Pertanto , se non avevano i piccioli, si facevano<br />

accalappiare da qualche finocchio. Un pompino e una messa in culo erano meglio che<br />

farsela a mano. E poi, a dire <strong>il</strong> vero, <strong>il</strong> finocchio faceva sempre un regalino al<br />

picciotto che gli passava una bella dote di sasizza. E <strong>il</strong> regalino era l’ideale per andare<br />

al casino.<br />

L’altro passatempo <strong>dei</strong> portatori di ciolla locale era <strong>il</strong> corteggiamento delle donne<br />

sposate. Il portone era già aperto. E sperimentare nuova sasizza era sempre piacevole.<br />

Tra i picciotti che si aggiravano al mercato c’erano spesso Castore e Polluce, i fratelli<br />

di Elena, che assetati di pacchio corteggiavano tutto quello che respirava. Purché<br />

fosse femmina. Rigorosamente femmina. Corteggiavano sempre la stessa femmina<br />

insieme perchè insieme la volevano. Era <strong>il</strong> loro vizio non tanto segreto. Legati sin da<br />

piccoli si amavano tantissimo ma non lo avevano mai fatto fisicamente. Non si erano<br />

mai reciprocamente posseduti. Il loro amore si manifestava solo nel possedere<br />

contemporaneamente la stessa donna. Nello stesso portuoso possib<strong>il</strong>mente. Godevano<br />

nello strofinarsi l’aceddu l’uno contro l’altro dentro uno sticchio femminino..<br />

> diceva<br />

Castore.<br />

><br />

rispondeva Polluce.<br />

Figli di Zeus e Leda, fratelli di Elena e fratellastri di Fikennestra, avevano litigato già<br />

prima di nascere dintra la panza materna. Ognuno voleva uscire per primo… poi<br />

erano usciti insieme.. forse per questo volevano ficcare insieme e nello stesso buco.<br />

Al mercato andavano spesso “ i due finocchi”, Adone e Narciso. Erano due amici<br />

bellissimi, , che amavano andare sempre in giro. Erano uno chiù bello dell’altro.


Questi corteggiavano con successo, ma poi facevano sempre c<strong>il</strong>ecca. Alla fine si<br />

consolavano tra loro.<br />

Adone, frutto dell’amore incestuoso di Mirra per <strong>il</strong> padre Cinira, era uno splendore<br />

nel vero senso della parola. Da neonato era tanto bello che aveva fatto impazzire di<br />

desiderio anche la dea della bellezza Afrodite che l’aveva nascosto in una cascia.<br />

> pinsava la dea.<br />

L’aveva affidato a Persefone , ma pure questa si era innamorata del bel neonato.<br />

Tanto da non volerlo ridare alla prima.<br />

><br />

Ci funu insomma questioni. Risolti con l’intervento di Zeus.<br />

Na vota crisciutu, lu caruso era tanto e talmente bello che a tutti ci facia veniri <strong>il</strong><br />

pititto. I masculi gli pizzicavano spesso <strong>il</strong> culo. Le femmine lo tastavano altrove. La<br />

stessa Afrodite pazziava per lui. Ma lui niente. Accettava le coccole e coccolava con<br />

arte. Ma al dunque tutto si ammosciava. Nonostante tutto lei lo bramava. Quello che<br />

non sapeva fare con la ciolla Adone però lo faceva con le mani. E con la lingua.<br />

Toccava che era una meraviglia. Cunnidigitus. Leccava che era un paradiso.<br />

Cunn<strong>il</strong>ingus. Comunque Afrodite sperava di riuscire a farselo prima o poi. La<br />

bellissima e <strong>il</strong> bellissimo. Per adesso si accontentava di lavorarlo di bocca. Il picciotto<br />

gradiva <strong>il</strong> pompino. La fellatio.<br />

> pensava Afrodite.<br />

Intanto si accontentava di questi furiosi e soddisfacenti amplessi in cui Adone usava<br />

le mani e la lingua. La lingua, grazie alla sua flessib<strong>il</strong>ità, facia veramente miracoli.<br />

Anche Narciso appitittava a tutti. E respinse pure l’amorosa follia di Eco.<br />

Condannato ad amare se stesso andò avanti con l’autoerotismo fino a quando non<br />

conobbe Adone. Tra i due fu subito amore.<br />

Quel giorno tra i tanti che si aggiravano per <strong>il</strong> mercato c’era anche <strong>Priapo</strong>. Cercava,<br />

come al solito, minchiateddi da accattari. Ma soprattutto cercava un incontro un po’<br />

ravvicinato con Alcmhona, una delle più belle donne di Munipuzos. E forse anche<br />

l’unica vergine certificata rimasta sulla piazza. Vergine ma maritata. Sposata al<br />

generale Anfistronzone che aveva rispettato <strong>il</strong> suo desiderio di arrivare col portone<br />

sano al matrimonio, tale era rimasta perchè nel pomeriggio del giorno delle nozze <strong>il</strong><br />

marito era dovuto partire per una missione segretissima , una missione m<strong>il</strong>itare,<br />

nientepopodimeno che ad Atene. Neanche <strong>il</strong> tempo di consumare con una sveltina.<br />

Tanto per…consumare. Per spalancare o socchiudere <strong>il</strong> portone.<br />

> ci avia detto lei.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Anfistronzone si toccò le palle in segno di scongiuro e non rispose.<br />

> ripeté la donna.


> ridisse la donna.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Così lui era partito. E non le aveva lasciato neanche un Sosia. Adesso erano passati<br />

tre mesi.<br />

<strong>Priapo</strong> s’era addeciso che doveva essere lui ad aprire quel portone. In incognito, ma<br />

lui. Pertanto cercava l’occasione per attaccare discorso. In attesa di attaccari<br />

qualcos’altro . Da una settimana ia a pisciare davanti alla casa di Alcmhona. Si scia la<br />

pompa e pisciava per un tempo lunghissimo contro la finestra della signora vergine.<br />

> si chiesa Alcmhona vedendo arrivare quello spruzzo.<br />

E da una feritoria, non vista, taliau fora. Ma <strong>Priapo</strong>, occhio fino, capì d’essere<br />

guardato.<br />

><br />

E sospirau. Aveva rifiutato la minchia del marito fino al matrimonio. Poi quello era<br />

dovuto partire e lei era rimasta col pitittu dell’aceddu maritale. Ma chidda del marito<br />

si l’arricordava piccola. L’avia sulu vista e na vota tuccata. Chista era eccezionale,<br />

Nun taliò manco <strong>il</strong> piscione in faccia. Tutta la sua attenzione fu pigliata dallo<br />

strumento. E sospirau, arrussiau, si intisi pigliare da una smania e corse al cesso<br />

perché per l’emozione si era pisciata. Si sentiva tutta bagnata. Ma in realtà non si<br />

l’era fatta addosso. Capì che s’era pisciata di piacere.<br />

Adesso era al mercato pi pigghiari una boccata d’aria. La notte non dormiva. Pinsava<br />

all’uomo che da una settimana pisciava contro la sua finestra. Si sentiva anche taliata.<br />

Tutti sapevano della sua condizione di femmina maritata e vergine. Le femmine la<br />

commiseravano mentre i mascoli la desideravano; ed erano tutti pronti a far le veci di<br />

Anfistronzone. Ma lei era fedele. Stava accattando degli orecchini quannu si<br />

avvicinau nu masculu.<br />

> disse l’uomo.


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Alcmhona.<br />

><br />

><br />

><br />

Alcmhona non rispose.<br />

><br />

> rispose la donna.<br />

> pinsau l’uomo.<br />

La donna tornò verso casa e attruvau lo sconosciuto che l’aveva infastidita al mercato<br />

davanti <strong>il</strong> suo portone. Stava pisciannu.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose la donna.<br />

Nel dire quelle parole si pisciò per <strong>il</strong> piacere.<br />

><br />

E andò via cantando.<br />

><br />

Un altro mascolo si era appitittato di Alcmhona. Si trattava di Zeus in persona. Che<br />

stava studiando come faris<strong>il</strong>la prima del marito. Non Anfistronzone doveva<br />

consumare, ma lui. E Zeus, che dall’Olimpazzo avia visto le manovre di <strong>Priapo</strong>, non<br />

temeva la concorrenza di quel suo nipote.. era sì la minchia più potente dell’orbe..<br />

ma lui era chiù furbo del picciotto… e <strong>il</strong> portone l’avrebbe sfondato lui…<br />

Lui avrebbe aggiunto al suo elenco di fimmini fottute <strong>il</strong> nome di Alcmhona.. e dintra<br />

la matrazza avrebbe inf<strong>il</strong>ato uno o più p<strong>il</strong>a del desiderato cunnu.


canticchiava <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> tuccannisi con<br />

una mano la coppola ca tinia in testa e con l’altra la coppola della minchia.<br />

Alcmhona la notte non dormiva. Pinsava all’aceddu dello sconosciuto e lo<br />

desiderava.<br />

Non sapeva chi fosse quell’uomo cazzuto ma era uno spettacolo della natura. Certo,<br />

era lariu e p<strong>il</strong>usu come una scimmia p<strong>il</strong>usa ma tinia na mazza pi mazzuliari fimmini e<br />

non solo che era uno spettacolo.<br />

Poi si scantava e piangeva. Pinsava allora al marito lontano e desiderava la sua<br />

ciolletta. Poi si la allisciava nu tanticchia e si addormentava sospirando. Nel sonno<br />

veniva lo sconosciuto dalla grande spada di carne e la inf<strong>il</strong>zava alla sanfasò. E lei<br />

godeva fino allo svenimento.<br />

Allora si svegliava tutta sudata, ansimante, in preda allo spavento e al piacere ma<br />

anche tutta pisciata. E capiva che era stato solo un sogno. Per fortuna.. O forse, per<br />

sfortuna…..<br />

L'appendice <strong>dei</strong> ragazzi può avere una triplice forma,<br />

Diodoro: te ne dirò tutti i nomi.<br />

Quando non l'ha ancora toccata nessuno si chiama cosino,<br />

pisello quando comincia ad essere florida,<br />

quando vibra nella mano lucertola,<br />

quando è adulta, sai bene come si chiama.<br />

Antologia Palatina<br />

Adone e Narciso si erano conosciuti nel bosco di Mynkyalonya. Narciso scappava<br />

dalle offerte amorose di Eco.<br />

><br />

Quando scappava andava ad inf<strong>il</strong>arsi in una f<strong>il</strong>azza della roccia che immetteva in un<br />

piccolo laghetto. Qui si levava la tunica e si contemplava nello specchio d’acqua.<br />

><br />

E nel dire questo si impegnava con fervore nelle pratiche autoerotiche. Insomma, si la<br />

minava. Ma un giorno, intanto che faceva tutto questo, visti sciri un picciotto bello<br />

come <strong>il</strong> sole dall’acqua. Paria la sua immagine, paria un suo gimello. Il picciotto si<br />

avvicinò a Narciso e ci desi na mano. Narciso lassau fari. Anzi ricambiò. Era<br />

cummintu di fari lu mina mina con sé stesso. Per ua magia si era materializzato un<br />

secondo io. Una bella <strong>il</strong>lusione ottica.


disse vinennu.<br />

><br />

Accussì iniziò la storia omo tra i due.<br />

Corteggiavano sempre li fimmini ma poi si futteunu a vicenda. Dopo aver però<br />

discusso a lungo sul tema “ io prima la ficco a tia o tu prima la ficchi a mia”. E<br />

siccome non arrivavano mai alla soluzione iniziavano a lottare. Era una lotta<br />

amorosa, ideologica, morale, intellettuale , erotica, sentimentale e soprattutto fisica.<br />

Perchè prima o poi uno <strong>dei</strong> due riusciva a mettere l’altro sotto e a piazzargliela nel<br />

culo. Era tutto un guizzare di muscoli, un strofinio di corpi, un darsi baci, muzzicuna<br />

e alliccati. Ma anche un darsi manate e carezze. Era una corpomachia, una<br />

manimachia, ma soprattutto un bicazzomachia.<br />

Una sorta di “ Jus primae inculatorum..” . Perchè poi, democraticamente, toccava<br />

all’altro ricambiare <strong>il</strong> favore e l’onore . Purtroppo in contemporanea non potevano<br />

farlo. Era possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> simultaneo coitus manualis e la fellatio ma l’analis no .<br />

Neanche ricorrendo a tutte le tecniche acrobatiche di questo mondo. Bisognava<br />

procedere uno alla volta. Pertanto doveva sempre esserci uno <strong>dei</strong> due che doveva<br />

essere inchiappettato per primo. Neanche nel Munipuzosutra ci stava una pratica<br />

democratica per quella forma di sessualità.<br />

Nello stesso laghetto veniva, dopo ogni avventura amorosa, <strong>Priapo</strong>. Veniva a farsi un<br />

bel bagno nelle chiare freschi e dolci acque.. ma soprattutto a lavarsi <strong>il</strong> rosso palo<br />

sempre tiso. Ma non aveva mai incontrato Narciso e Adone. Per i casi del caso. Li<br />

conosceva soltanto di vista.. Se quelli erano i due finocchi belli, lui era <strong>il</strong> <strong>dio</strong> cazzuto<br />

e lariu. Ma una mattina , dopo aver fatto una bella nuotata sott’acqua, appena sciu si<br />

attruvò i due che amoreggiavano. Si vasavano e si tenevano in mano l’uno <strong>il</strong> coso<br />

dell’altro. Taliò con interesse lo spettacolo. Una bedda bimentulamachia manuale.<br />

I due belli erano tanto presi dal loro gioco amoroso che non notarono l’uomo cazzuto<br />

che li osservava. <strong>Priapo</strong> non aveva mai avuto esperienze omo. O meglio, l’aveva<br />

messo in culo ai ladri ma solo per dovere. Non piacere ma dovere. Quindi con<br />

violenza . In tanti l’avevano stuzzicato a causa del suo bel culetto, che era tale e<br />

quale quello di mamma Afrodite. Lui delle volte era stato al gioco.<br />

><br />

> rispondevano quelli.<br />

A questo punto lui tirava fuori la consistente sorpresa. E i masculi, vedendo quello<br />

che c’era davanti, si spaventavano e fuggivano. Una cosa era andare in culo a <strong>Priapo</strong>,<br />

ma se <strong>Priapo</strong> voleva andare in culo a loro erano cazzi amari.<br />

Se per caso accettavano era <strong>Priapo</strong> che si tirava indietro. Lui era etero. Rispettava<br />

tutti ma personalmente era etero. Almeno fino a prova contraria. Anche se ogni tanto<br />

ci vinia <strong>il</strong> pititto di una avventura omo. Non da amante ad amato. O viceversa. Ma da<br />

amante ad amante. Pari diritti e pari dignità. Attualmente lui inculava per dovere solo<br />

i ladri. Li stuprava e basta. Veniva nei loro culi ma non provava piacere. Poteva<br />

anche finire in bocca ma non provava neanche in questo caso piacere. Solo e sempre<br />

stupro. Inculare un ladro o tappargli la bocca era solo una pratica d’ufficio. Lavoro e<br />

basta.


pinsava democraticamente taliando quei due. Belli e senza un p<strong>il</strong>o.<br />

Mentre lui di p<strong>il</strong>a era pieno. Eppure suo padre ne aveva pochissimi di riccioli sul<br />

pene e sua madre addirittura era pacchio sp<strong>il</strong>ato di madre natura. Lui invece era una<br />

quasi scimmia , a parte <strong>il</strong> culo. Ci vinni pititto in quel momento di vivere una storia<br />

omo per passione e non dovere. E ci vinni anche <strong>il</strong> desiderio di scipparisi li p<strong>il</strong>a. Di<br />

sp<strong>il</strong>arsi tutto. Ci vinni <strong>il</strong> pititto da fare presto l’una e l’autra cosa. Anche i riccioloni<br />

che decoravano l’aceddazzu voleva scipparsi.<br />

Quello spettacolo lo stava eccitando e turbando.<br />

> pinsava <strong>il</strong> <strong>dio</strong> minandosela.<br />

E senza dire niente si mise a minarsela pure lui. Puntò l’arma contro quei giovani in<br />

amore e si concentrò al punto tale che in quattro e quattrotto vinni. La sua simenta<br />

arrivò addossò ai picciotti. Che si scantanu vedendo <strong>Priapo</strong>. Poi videro l’arma di<br />

carne e si scantanu chiù assai.<br />

> disse Adone.<br />

> rispose Narciso.<br />

><br />

><br />

E fecero per scappare. Nudi e con l’aceddi tisi. <strong>Priapo</strong> visti due culetti che lo<br />

mandarono in visib<strong>il</strong>io. Come scappavano quei culetti. Quattro natiche quattro che<br />

fuggivano. Che spettacolo.<br />

><br />

> E si bloccarono di botto. L’aceddi già sgonfi per lo<br />

scantazzo.<br />

><br />

> dissero i ragazzi .<br />

> propose <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

> dissero i ragazzi.<br />

Poi tornarono indietro e raggiunsero <strong>il</strong> <strong>dio</strong>. Parranu assai. Addivintanu amici.<br />

><br />

><br />

><br />

> disse Adone.<br />

> disse Narciso<br />

Risero. Adone e Narciso si talianu in faccia e sparanu la dumanna.<br />

>


Adone e Narciso ci la minanu e poi si bivenu nu tanticchia di latti di brigghiu.<br />

Quel giorno nasciu una bella amicizia basata sul fallo.<br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

> risposero i ragazzi.<br />

> rispose <strong>Priapo</strong>.<br />

Risero. A <strong>Priapo</strong> per la prima volta ci pruriu lu culu.<br />

> pinsò nella sua testa divina.<br />

> chiese poi <strong>Priapo</strong>.<br />

> si chiesero i ragazzi.<br />

> dissero.<br />

> E si bloccò. E cangiò idea.<br />

> pinsanu li carusi.<br />

> chiese infine.<br />

> si dissero<br />

mentalmente.<br />

Adone e Narciso si talianu in faccia. Si fecero un dialogo muto ma esaustivo.<br />

> risposero. E si esibirono dopo la solita querelle .<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> taliò incuriosito ed estasiato. La discussione erotica, <strong>il</strong> maneggio del manico,<br />

la lotta per vedere chi finia sotto l’altro .<br />

> pensò <strong>Priapo</strong>.<br />

Poi disse: ><br />

Adone e Narciso si talianu in facci.<br />

><br />

><br />

Adone e Narciso si talianu. Lo desideravano ma si scantavano.<br />

><br />

precisò Adone.<br />

> aggiunse Narciso.<br />

> disse<br />

<strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

dissero i ragazzi.<br />

><br />

> dissero in coro.<br />

Adone prima e Narciso poi trasenu in quel culo. Dopo la solita litigata. Gudienu assai<br />

pinsannu a chiddu ca li aspettava. A <strong>Priapo</strong> ci parse appena un solletichio. E<br />

rimpianse quella volta che aveva detto “ no” a lu sceccu. Comunque decise che <strong>il</strong>


sesso è sesso e basta. Etero o omo, mono, bi e pluri, sono solo distinzioni<br />

morfologiche stupide e bigotte.<br />

Poi fu <strong>Priapo</strong> che ricambiò <strong>il</strong> favore a Narciso prima e ad Adone poi. Solo la punta.<br />

Ma quelli dicevano :><br />

><br />

> gridavano quelli.<br />

><br />

> dissero i ragazzi.<br />

Alla fine, assittato in mezzo ai due picciotti, intanto che Adone e Narciso si taliavano<br />

negli occhi ma con le mani gli tenevano l’aceddazzu, <strong>Priapo</strong> , che a sua volta teneva<br />

in mano gli acidduzzi <strong>dei</strong> carusi, cantò com’era solito fare. Ma intanto ci vinni una<br />

bella idea.<br />

><br />

Alla fine della cantata palesò la pinsata che aveva partorito.<br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

> dissero all’unisono i due ragazzi che<br />

oramai avevano perso lu scantu e si aspettavano solo piaceri infiniti.<br />

><br />

><br />

<strong>Priapo</strong> li fici mettiri distesi per terra, peri contro peri. Poi li fici scivolare l’uno contro<br />

l’altro. Le gambe alla fine formavano la lettera X. Le palle dell’uno toccavano quelle<br />

dell’altro e le ciolle tise pareunu due colonne accostate. <strong>Priapo</strong> ci si assittò di sopra e<br />

si li sucau col culo. Con difficoltà all’inizio per <strong>il</strong> coordino <strong>dei</strong> movimenti, Adone e<br />

Narciso poi pigliano <strong>il</strong> ritmo e gudenu alla sanfasò.<br />

> disse<br />

Adone.<br />

<strong>Priapo</strong> da parte sua decise che <strong>il</strong> sesso andava vissuto in tutte le direzioni possib<strong>il</strong>i.<br />

> chiese Narciso..


dobbiamo sempre litigare amorevolmente per stab<strong>il</strong>ire chi incomincia. A noi farebbe<br />

piacere sunaricc<strong>il</strong>la reciprocamente in culo sì, ma contemporaneamente>><br />

> rispose Adone.<br />

<strong>Priapo</strong> ci pinsò un attimo.<br />

><br />

> chiesero all’unisono.<br />

><br />

><br />

Adone e Narciso eseguirono gli ordini con deontologia professionale, tutto come<br />

ordinato. Era bella la sensazione di quelle due minchia incrociate .. ma <strong>il</strong> bello è che<br />

riuscivano ad autocontrollarsi.. a non eccitarsi come ordinava <strong>Priapo</strong>. La sensazione<br />

chiù bella era stata quella della coppola che puntava al culo dell’amico mentre quella<br />

dell’amico puntava al proprio.<br />

><br />

Adone e Narciso eseguirono gli ordini e accussì si ficiru la prima inculata simultanea.<br />

><br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

Adone e Narciso risero. Loro erano glabri. Si sp<strong>il</strong>avano pure l’aceddu . e lo facevano<br />

fare alla sorella gimella di Narciso, ca di nome facia Narcisa e di mestiere la<br />

sp<strong>il</strong>atrice.<br />

><br />

>chiese <strong>il</strong> <strong>dio</strong> ridendo.<br />

> disse Adone tirannici l’aceddu e ridendo alla sanfasò.<br />

> disse Narciso scippannici di botto un p<strong>il</strong>o dalla minchia e ridendo<br />

anche lui alla sanfasò.<br />

> disse <strong>il</strong> <strong>dio</strong><br />

ridendo ancora chiù assai e sempre alla sanfasò.<br />

Adone e Narciso scappanu. Lui li inseguì. Iucanu assai in quelle chiare e fresche e<br />

dolci acque. Iucanu di manu, bocca e culo. Protagonisti soprattutto li tri aceddi.


<strong>Priapo</strong>, grazie ad Adone e Narciso, scopri ufficialmente l’amore omo. Quella volta fu<br />

la sua prima “ presa in culo.” La sua verginità culare fu presa da quei due giovani<br />

bellissimi. Ed uno era minchia partaimmi cu la mamma. Anche se madre e figlio ne<br />

facevano un uso diverso. <strong>Priapo</strong> l’aveva avita, mamma Afrodite no .<br />

> ci chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

> rispose Adone.<br />

A taliare tutti le storie di p<strong>il</strong>u ci stava sempre lui. Bimentulamachie, bicunnomachie,<br />

cunnomentulamachia, policunnomentulamachie… lui osservava tutto. Anche quannu<br />

erano in tri o più lui taliava tutto. Dall’assolo all’orgia. Perchè lui era la causa di<br />

tutto. Eros era <strong>il</strong> suo nome….ed era fratasciu di <strong>Priapo</strong>.<br />

Eros, <strong>il</strong> figlio di Afrodite e di Ares, appena sciutu dal pacchio materno si misi a<br />

volare casa casa. Perchè lu picciriddu era dotato di ali. Abbulava per andare a sucarisi<br />

<strong>il</strong> latte dalle belle minne della mamma.. volava per giocare.. volava per passione e<br />

piacere.. Ma era anche un pericolo, quannu vulannu vulannu, ci scappava di pisciare<br />

o cacari.. perché la lassava cadere unni capitava capitava . Con la ciolletta divina o<br />

col culetto bellu, lu iarruseddu paria pigghiari la direzione giusta. Perché ogni volta<br />

che si liberava del liquido o del solido beccava qualcuno.<br />

Neonato ma già teneva un bel vizio. Oltre a quello di beccare con la cacca o la pipì<br />

qualcuno dell’Olimpazzo, al picciriddu ci piacia taliari la gente impegnata nell’ars<br />

amandi. Ci piacia assai assai..<br />

Poi un giorno attruvau un arco e delle frecce. Le frecce non avevano la solita punta.<br />

La punta era o una minciaredda o nu sticciareddu. Ed erano d’oro o di piombo. Eros<br />

ne tirò qualcuna a caso. E capì che quelle frecce potevano far scoppiare l’amore di<br />

una persona verso n’autra. Ma anche farlo finire. E non aveva importanza <strong>il</strong> sesso. Se<br />

colpiva un mascolo con una fallofreccia quello si innamorava di n’autru mascolo. Se<br />

colpiva una femmina con una cunnofreccia quella si innamorava di una femmina.<br />

Non era amore amore quello che scoppiava. Era amore passione, amore fuoco, amore<br />

carnale divorante , incendiante, consumante.. ma dava l’estasi.. <strong>il</strong> paradiso..<br />

maturamente Eros colpiva generalmente i mascoli con una cunnofreccia e le femmine<br />

con una fallofreccia.. ma ogni tanto facia confusione.. oppure si sbagliava.. oppure lo<br />

faceva apposta.. a volte addirittura colpiva le persone sbagliate.. ma orami <strong>il</strong> danno<br />

era fatto… e quel che doveva accadere accadeva…<br />

Aveva sbagliato con Eco e Narciso… e con tanti altri… e continuava a sbagliare….<br />

Crescendo continuò a fare quel lavoro.. Bello e sempre nudo, a parte la coppola ,<br />

l’arco e la faretra sempre piena di frecce, si passava <strong>il</strong> tempo a frecciare. E unni<br />

acchiappava acchiappava.. poi si godeva lo spettacolo.<br />

Un giorno la mamma lo pregò di punire una puttanella che s’era montata la testa.<br />

Tanto che si sentiva chiù bella di Afrodite.<br />

><br />

Eros, pi accontentare mammina e farici pure uno scherzo, pinsò al suo caro<br />

fratellastro <strong>Priapo</strong>.


E partì pi realizzare l’impresa. La ragazza tutti li iorna , a mezzodì, si facia lu bagnu<br />

nel lago di Munipuzos. Poi tornava a casa . Era la figlia piccola di un nob<strong>il</strong>e di<br />

Purceddopolis, <strong>il</strong> paese che fronteggiava Munipuzos.<br />

Eros arrivò che la picciotta si stava spogliando. Preparò l’arco con la freccia e si<br />

posizionò per frecciare. Ma poi addecise di godersi lo spettacolo. Era bona assai<br />

veramente la picciotta. Avia un culo che per circumnavigarlo ci vulia arte ed<br />

esperienza. E due minne che per scalarle ci vulia l’esperienza di la gente di<br />

montagna. Taliò con gioia e piacere. E con gioia e piacere taliò <strong>il</strong> suo aceddu.<br />

> si disse.<br />

> gli suggerì l’aceddu.<br />

E tutto preso dallo spogliarello attacco a minaris<strong>il</strong>la. Solo che per sbaglio, preso<br />

com’era dalla foga minatoria, desi na pidata all’arco con la freccia. L’arco<br />

naturalmente lassau partire la freccia che aveva pronta. Accussì Eros si acchiappò in<br />

pieno <strong>il</strong> piede sinistro. E fu preso da amore improvviso per la picciotta . L’amore si<br />

manifesto nella sede adeguata. Era nudo e non sapeva come cummigghiarisi. Si la<br />

riminò ma lo strumento restò tiso. Alla fine pigliò la faretra e si la piazzò sulla<br />

sciabola di carne.<br />

><br />

Senza dire niente alla mamma sull’errore commesso si astrummintau su come<br />

consumare l’unione. Pinsau di fare tutto al buio. Psifica, questo <strong>il</strong> nome della ragazza,<br />

accettò le condizioni di quell’uomo che nel buio della notte la mandava in estasi con<br />

le sole parole,<br />

> si<br />

addomandava Psifica.<br />

I due scoparono alla grande per parecchio tempo. Purtroppo, parenti serpenti, le<br />

sorelle zitelle incominciarono, per pura e semplice gelosia, a tormentarla con dubbi<br />

sempre più grossi.<br />

><br />

Alla fine la convinsero a fare na minchiata rossa. Di notte, quando lui si<br />

addormentava spossato dalla troppa fica di Psifica, lei doveva accendere <strong>il</strong> lume e<br />

taliallu. Tanto per accertarsi di come stavano le cose.<br />

Psifica fece come concordato. E vide <strong>il</strong> picciotto chiù bello che i suoi occhi nob<strong>il</strong>i<br />

avessero mai visto. Dormiva a pancia in giù ma con la faccia girata verso di lei. Era<br />

bello di facci e pure di culo. Vidi pure l’arco e la faretra e capì chi era l’uomo<br />

misterioso. Si lu taliò tutta la notte, sperando che si girasse pi taliari anche l’altra<br />

freccia, quella che le dava tanto piacere. Ma <strong>il</strong> picciotto non si firriava. Allora ci si<br />

misi accanto e ancuminciau a tuccallu piano piano. Spirannu ca si firriassi. A un certo<br />

punto Eros si firriò. E nel vedere la freccia di carne dell’amore tisa e splendente ittau<br />

na uci e fici cariri nu tanticchia di olio caldo proprio sulla ciolla… O meglio, sulla<br />

striscia di carne che circonda la coppola della ciolla .. <strong>il</strong> prepuzio…<br />

Eros si svegliò gridando..


Capendo di essere stato scoperto nella sua vera identità, acchiappò la coppola, la<br />

faretra e l’arco e fuggì. Con la cima della minchia che gli faceva male.<br />

><br />

Siccome <strong>il</strong> dolore gli era passato iu a casa delle mancate cognate.<br />

><br />

Nudo ma con la faretra davanti alla ciolla pendente si presentò alle donne.<br />

> disse ><br />

> riposero quelle.<br />

>chiese Eros liberando la ciolla che penzolava come nu<br />

battagghiu di campana.<br />

><br />

><br />

> chiesero le donne.<br />

> rispose ironico Eros.<br />

> domandarono le sorelle.<br />

Eros si distese e le donne attaccanu a tuccaric<strong>il</strong>la. La minchia vunciau in un amen. La<br />

coppola si scoppolò. Ma nel prepuzio ci stava la bruciatura.<br />

><br />

><br />

><br />

> disse Cunnetta.<br />

> disse Fiketta.<br />

><br />

> risposero le donne.<br />

><br />

Le ragazze alliccanu.. la cosa ci sappi tanto bella ca ci scienu li siensi per <strong>il</strong> troppo<br />

piacere. Eros osò di più. Vinni in faccia a quelle , che si alliccanu la simenta.<br />

L’effetto fu pari a certe sostanze allucinogene. Volevano la ciolla ad ogni costo e ci la<br />

staunu scippannu. Eros scappò e loro l’inseguirono. Scappò verso l’Etna, salì sul<br />

cratere e si distese sul bordo. E attese l’arrivo della prima con tanto di ciolla tisa.<br />

> disse Kunnetta.<br />

E si lanciò verso la preda. Invece perse l’equ<strong>il</strong>ibrio e cariu dintra l’Etna. La stessa<br />

cosa successe a Fiketta.<br />

Dopo, intanto che c’era, fici una visita a Efesto, <strong>il</strong> marito di sua madre, che con<br />

l’aiuto <strong>dei</strong> ciclopi, travagghiava dintra l’Etna.


chiese vedendo Efesto..<br />

><br />

Eros gli raccontò l’accaduto. Efesto rise. Era lariu, tuttu arrustutu pi lu troppu cauru,<br />

sudato come nu cani e la ciolla, laria puru idda, paria nu tizzuni ardente. Se futtia cu<br />

qualcuno ci ustionava <strong>il</strong> pacchio, come minimo.<br />

> chiese Efesto.<br />

Eros ci la fici abbidiri.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Efesto.<br />

Eros iu a circari Asclepio, <strong>il</strong> figlio di Apollo. E ci contò la faccenda.<br />

> chiese <strong>il</strong> dottore.<br />

Taliata la cosa sparò la sentenza.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


ispose Eros.<br />

Asclepio lo accontentò. Ed Eros si portò pure <strong>il</strong> pezzettino di pelle come ricordo.<br />

><br />

><br />

><br />

> puntualizzò Eros.<br />

><br />

Intanto Psifica lu cercava come na ugghia persa. Soffrì come una cagna in calore.<br />

Pinsava e ripensava alla ciolla persa.. pinsava e ripensava al mascolo perso.. ma poi <strong>il</strong><br />

pinsero tornava alla ciolla.. e si sentiva vuota.. vuoto lu ciriveddu.. vuote le mani.. la<br />

bocca… e soprattutto la vanedda.. ah, come gli mancava la ciolla di Eros.<br />

Ma alla fine lo riebbe. Il matrimonio fu celebrato nell’Olimpazzo e dalle loro gloriose<br />

fottute nasciu la bella Voluttà.<br />

Sulu che a forza di ficcari e rificcari ad Eros, sempre bellissimo, ci si indebolì la<br />

vista. Risultato: facia chiù confusione di prima… sparava frecci a casaccio.. e unni<br />

minchia colpiva colpiva.. era sempre beddu, la sua minchia era bellissima ed<br />

efficiente ma la vista ci calau assai assai. L’ultima minchiata l’avia cumminata di<br />

recente. Quattro frecce avevano colpito contemporaneamente Anfistronzone,<br />

Alcmhona, Zeus e <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse Eros a sé stesso.<br />

> concluse<br />

autoassolvendosi.<br />

Nel tempio di Eros, a Munipuzos, in tanti onoravano la reliquia del <strong>dio</strong>. Portava bene<br />

a chi voleva aver successo nel campo dell’eros. Stava messa dentro una teca d’oro<br />

che i fedeli accarezzavano. Poi passavano dall’oracolo e ascoltavano la sentenza.<br />

> diceva l’oracolo.<br />

Tra i visitatori ci fu Alcmhona. Che sperava nel rientro del marito al più presto.<br />

Perchè <strong>il</strong> pititto la stava divorando.<br />

><br />


sarà pi tia la ciolla divina…>> profetizzò l’oracolo.<br />

Alcmhona non ci capì una minchia frisca.<br />

Venne pure Elena, che stava si per maritarsi con Minkialao ma intanto si era<br />

innamorata di Paride, figlio del re di Purceddopolis. Il picciotto da poco era ospite,<br />

per motivi di stu<strong>dio</strong>, di Minkialao.<br />

><br />

L’oracolo rispose:<br />

><br />

Vinni puru Ermafrodito, fratellastro di Eros e <strong>Priapo</strong>, in quanto figlio di Afrodite ed<br />

Ermete, quest’ultimo noto anche come Mercurio ma chiamato dagli amici Accagi.<br />

Ermafrodito era corteggiato e desiderato da tutti. Mascoli e fimmini. E lui andava<br />

con tutti.. sia mascoli che fimmini. In fondo era una delle tante vittime di Eros. Per<br />

una freccia sbagliata la naiade Salmacide si innamorò, non ricambiata, di<br />

Ermafrodito. Che poverino, sempre scappava. E fin qui tutto normale. Un giorno la<br />

femmina innamorata vide <strong>il</strong> giovane bellissimo che si bagnava nel lago di<br />

Munipuzos. Di corsa, prima che quello potesse scappare, lu abbrazzau. E i due corpi<br />

si fusero. Ermafrodito si truvau un corpo da donna con la ciolla.. <strong>il</strong> corpo della sua<br />

innamorata più la sua ciolla.. l’unica cosa che le era rimasto di suo… a parte <strong>il</strong><br />

cervello.<br />

> andava dicendo.<br />

Adesso pregava la reliquia del fratellastro perchè non sapeva mai addecidersi.. se<br />

andare solo con donne o solo con uomini..<br />

> fu la risposta dell’oracolo di Eros.<br />

Venne Minkialao a chieder lumi sulla riuscita del suo matrimonio.<br />

><br />


stai attento a non pigliarla in culo..>> rispose l’oracolo.<br />

Venne pure Paride.<br />

><br />

> rispose l’oracolo.<br />

Venne anche Edipo che si trovava a Munipuzos per le nozze di Elena e Minkialao .<br />

Edipo avia scannato <strong>il</strong> papà biologico senza saperlo e senza saperlo si era maritato<br />

con la mammina Giocasta… accussì era nata Antigone la bella.. oltre ad altri tre<br />

figli. Ed Edipo s’era trovato marito di sua madre.. e adesso, che orbo era, andava in<br />

giro con sua figlia Antigone, che innamoratissima cotta e scotta del padre la sera lo<br />

faceva bere e poi si congiungeva carnalmente con esso. Come le figlie di Loth. Le<br />

sue vicende ispirarono grandi trage<strong>dio</strong>grafi come Esch<strong>il</strong>etto che scrisse la bellissima<br />

Edipo a Munipuzos.<br />

> chiese Edipo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Vinni pure Pasife, la moglie di Minosse, che adesso s’era invaghita di un elefante.<br />

Pasife era a Munipuzos, ospite di Agaminkione, perché <strong>il</strong> marito stava firriando la<br />

zona alla ricerca di Dedalo.<br />

><br />


Fai na elefantessa finta e ti ci metti di dintra sana sana..<br />

prima o poi iddu ti la ficcherà na la to tana..>><br />

<br />

><br />

> chiese la mamma del Minotauro.<br />

><br />

Venne Ach<strong>il</strong>le che gli chiese dell’amore suo.<br />

><br />

Vinni Odisseo. Chiese del futuro e dell’amore in generale.<br />

><br />

Venne pure <strong>Priapo</strong>, a vedere la strana reliquia, e ci vinni l’idea di fare altrettanto. Ma<br />

poi si rese conto che la sua sarebbe stata una reliquona. In incognito chiese<br />

dell’amore. S’era vistuto ma mendicante iarruso per non farsi riconoscere<br />

dall’oracolo del fratellastro.<br />

><br />

><br />

> rispose l’oracolo.<br />

><br />


Ma ni sta cadendo uno.. proprio ora dal tuo sesso..>><br />

><br />

><br />

<strong>Priapo</strong> rise e s’avvicinau alla reliquia .<br />

><br />

La reliquia non rispose. <strong>Priapo</strong> felice andò via e poi cantò forte:<br />

><br />

Quindi si tuccau la sua ciolla e continuò:<br />

><br />

Poi nella sua testa si arricordò che aveva deciso di sp<strong>il</strong>arsi tutto. Quindi i pennacchini<br />

erano a scadenza. Aveva già un appuntamento con Adone e Narciso per andare da<br />

Narcisa. A farsi levare tutti li p<strong>il</strong>a da tutti i posti possib<strong>il</strong>i e impossib<strong>il</strong>i.<br />

Venne lo scrittore Santhokriso e chiese della serietà del Pattuallopolis.<br />

><br />

><br />

><br />

Lo scrittore Santhokriso, tanto per fare gli scongiuri, ti tuccau li baddi assai assai. Per<br />

la precisione si li tuccau, e la cosa è documentata dalla parola santa dell’oracolo ,<br />

novecentonovantanovem<strong>il</strong>ioninovecentonovantanovem<strong>il</strong>anovecentonovantanove<br />

volte.<br />

> pinsò lo scrittore.<br />

> pinsò l’oracolo.


Che centra <strong>il</strong> Santhokriso col p<strong>il</strong>o? Ci trasi. Perché lui scriveva solo di p<strong>il</strong>o.<br />

Venne anche l’autore <strong>dei</strong> Carmina Priapea, Mhassymylyano da Munipuzos. Uno a cui<br />

piaceva tanto parlare e scrivere in latino.<br />

Non diceva mai “ Testa di cazzo” ma “ Cefalomentula”. Non diceva mai “ Coglione”<br />

ma “ Testiculos”. Non diceva mai al suo parrino che era “ Obeso “ ma “ Obesus “.<br />

Però facia confusione tra credito e debito.<br />

><br />

Invece era lui che teneva un debito nei confronti del latino.<br />

> diceva.<br />

Invece era lui che tinia un debito, come detto, nei confronti del latino. All’oracolo<br />

chiese:<br />

><br />

><br />

><br />

Chi minchia ci trasi questo col p<strong>il</strong>o? Ci trasi. Per <strong>il</strong> sommo poeta Mhassymylyano<br />

avere <strong>il</strong> megaduerotorum voleva dire correre chiù assai e arrivare più presto a fare<br />

li cosi di p<strong>il</strong>o.<br />

Ma che cos’è <strong>il</strong> megaduerotorum? Diffic<strong>il</strong>e da spiegare, E pura tecnologia.<br />

Attualmente lui aveva <strong>il</strong> microdueruotarum. La differenza?<br />

> diceva lui ><br />

Venne anche Socratino da Munipuzos.<br />

> chiese.<br />

><br />

Socratino s’incazzo un casino.<br />

> era una delle varianti della domanda per cui era famoso <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Ma ci trasi Socratino col p<strong>il</strong>o. Ci trasi. Perchè nelle sue domande f<strong>il</strong>osofiche ci stava<br />

sempre la parola “ Minchia “.<br />

Intanto morì Minosse. Nel suo girovagare di corte in corte finalmente l’avia trovato.<br />

Quel cornutazzo dell’architetto e altro Dedalo era da Cocalo. Anche se non l’avia<br />

visto era là. Perché Minosse a tutti addomandava la stessa cosa. A tutti poneva lo<br />

stesso problema. Un problema che solo Dedalo poteva arrisolvere.<br />

><br />

E dava a tutti la conchiglia e <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o. Ma Cocalo fu l’unico che gli restituì la conchiglia<br />

con dentro <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o.


Infatti era in quella corte. Occasionalmente. Di solito viveva alla corte di<br />

Agaminkione. Pare che Dedalo, per risolvere <strong>il</strong> quesito, avesse fatto un piccolo<br />

purtusiddu all’estremità della conchiglia spiralizzata e poi, legando <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o a una<br />

formica, avia concluso l’impresa.<br />

><br />

><br />

La città fu posta in stato d’asse<strong>dio</strong>. Cocalo capì di essere in uno stato di inferiorità. E<br />

giocò a suo modo. Giocò d’astuzia.<br />

><br />

> rispose laconico Minosse contento per aver finalmente<br />

trovato Dedalo.<br />

><br />

> rispose laconico Minosse pensando di essere<br />

massaggiato da sei mani, sei tette, sei natiche… ma soprattutto pinsannu a tre bocche<br />

e tre lingue pronte a contendersi la sua ciolla regale un po’ vecchietta ma ancora<br />

capace i fare bella figura a letto.<br />

E s’immerse nella speciale vasca costruita da Dedalo. Poi fu massaggiato a tutti i<br />

livelli dalle tre ragazze che prima di immergersi si erano strofinate sul corpo una<br />

crema detta “Atermica”. Infatti dalle condutture iniziò ad uscire acqua sempre più<br />

calda.<br />

> disse Minosse.<br />

><br />

Minosse sentiva sei mani che lo arriminavano. Vedeva sei seni superbi ballare<br />

davanti ai suoi occhi Vedeva tre lingue dare segnali inequivocab<strong>il</strong>i. Si sentiva in<br />

paradiso. Anche se l’acqua era troppa caura e in realtà ci paria di stare all’inferno.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Una delle figlie di Cocalo la staccò e si la mangiò. Minosse oramai ci vedeva poco.<br />

Anche <strong>il</strong> cervello bolliva. A vapore, ma stava cucennu puru iddu. L’autra figlia<br />

invece stacco le palle. Se ne mangiò una e desi l’autra a quella che ancora non aveva


assaggiato niente. Così, conversando conversando, Minosse cripò bollito. E<br />

naturalmente , conversando conversando. Fu mangiato dalle tre figlie di re Cocalo. .<br />

Nella grotta accanto a quella dell’oracolo di Munipuzos abitava, oramai in pensione,<br />

<strong>il</strong> vecchio Tiresia. Profeta dalla vita avventurosa come pochi. E non avendo una<br />

minchia da fare pensava sempre alla sua vita stran’assai.<br />

Nato mascolo si era goduto alla grande la sua mascolitudine. Era profeta ma ci piacia<br />

<strong>il</strong> pacchio in tutte le salse e varianti. O meglio, gli era piaciuto. Adesso anche la<br />

minchia era in pensione. A parte qualche espluà si riposava l’aceddu mentre <strong>il</strong><br />

ciriveddu dell’oracolo impazziva. Tiresia non aveva mai amato <strong>il</strong> piatto fisso a cui<br />

erano obbligati gli uomini che pigliavano moglie.<br />

><br />

Tiresia era poi addivintatu femmina per sette anni; e poi di nuovo mascolo. La prima<br />

metamorfosi era avvenuta quannu attruvati due serpenti in amore ammazzau la<br />

fimmina con un colpo di bastone. Ammentri ca la serpentessa spirava iddu si intisi<br />

siccari l’aggeggio e crisciri du minnazzi. Praticamente si trasformau in femmina bona<br />

assai. Pianse la perdita del citrolo ma poi scoprì i piaceri della f<strong>il</strong>azza. Se con <strong>il</strong><br />

citrolo doveva darsi da fare per trovare una nuova citroliera con la f<strong>il</strong>azza di aceddi<br />

che volevano inf<strong>il</strong>azzarsi ne trovava a iosa. E poi, se <strong>il</strong> citrolo aveva <strong>dei</strong> limiti, la<br />

f<strong>il</strong>azza non si stancava mai.<br />

><br />

Passati sette anni attruvò di nuovo una coppia di serpenti che fottevano.<br />

> si chiese.<br />

Essendo indovino si desi la risposta in automatico. Ammazzò <strong>il</strong> mascolo; e in un<br />

amen ci svuncianu li minni e ci crisciu l’aceddu. Adesso era lì che pinsava :<br />

<br />

Pinsava sti cosi quannu visti nu messaggero arrivare di corsa.<br />

><br />

><br />

><br />

Na vota ca si attruvau al cospetto del padre padrone e relativa consorte ascoltò con<br />

deferenza sommissima.<br />


meccio e la femmina colla f<strong>il</strong>azza, di dirmi papale papale se quannu si futti ci prova<br />

chiù piaciri <strong>il</strong> mascolo o la femmina… La mia signora sostiene che <strong>il</strong> piacere<br />

mascolino è più grande di quello femminino.. io sostengo all’incontrario. .ma tu dicci<br />

chi è che teni ragione… io mi consento e autoconsento di accettare <strong>il</strong> tuo verdetto<br />

qualunque esso sia.. perché è giustificato dall’esperienza di essere stato masculu con<br />

la ciolla e femmina con la f<strong>il</strong>azza.. >><br />

><br />

> risposero Zeus e signora.<br />

> aggiunse Tiresia ><br />

> rispose Zeus che come <strong>dio</strong> nun avia problemi di minchia impotente.<br />

><br />

Arrivò <strong>il</strong> giorno del matrimonio.<br />

“ Il matrimonio del secolo” dissero tutti. Qualcuno addirittura del m<strong>il</strong>lennio. Tra<br />

mortali e immortali nun si capia na minchia. C’erano in passato stati i sontuosi<br />

matrimoni di Teti e Peleo e quello di Cadmo e Armonia. Questo comunque era un<br />

evento. Elena, figlia del capo<strong>dio</strong> Zeus, si maritava. Tutto si svolse nel palazzo reale di<br />

Munipuzos e nei suoi giardini pens<strong>il</strong>i. Celebrò Zeus in persona. Tutto allicchittiato in<br />

pompa magna e assistito da Eros e da <strong>Priapo</strong>.. <strong>il</strong> desiderio dell’amore <strong>il</strong> primo, la sua<br />

concretizzazione <strong>il</strong> secondo.<br />

Elena, bell’assai nella sua vistina trasparenti, fu addichiarata moglie di Minkialao, ca<br />

mischinu, pi la prescia di ficcari, tinia nu vunciazzuni sutta la corta tunica.


Quannu idda ci dissi “ sì “ pi la gioia Minkialao vinni automaticamente. Nessuno visti<br />

la macchia umana, ma in tanti intisiru <strong>il</strong> ciauro di simenta masculina diffondersi<br />

nell’aria. A dire <strong>il</strong> vero si pisciò pure Elena. Ma non per <strong>il</strong> pititto dell’aceddu<br />

maritale bensì per la gioia che alle femmine duna <strong>il</strong> matrimonio.<br />

><br />

dissero alcuni.<br />

E tutti a dire che si trattava di una recita. Che quel matrimonio era un teatro, una<br />

recita, una sceneggiala, fors’anche una commedia che però putia trasformarsi in una<br />

colossale tragedia che storici, poeti e scrittori avrebbero tramandato ai posteri. Non<br />

per niente al matrimonio erano presenti Homerino e Mhassymylyano da Munipuzos.<br />

L’uno scrivia in greco, l’autro in latino. Ma la gente capia picca sia l’uno che l’autro.<br />

E ci stava pure quel curtigghiaru dello scrittore Santhokriso, lu scrittore di cosi di<br />

p<strong>il</strong>o, che nun sapennu né le grecu né lu latino e a dire in vero ignorando magari<br />

l’italiano, si era misu a scrivere in dialetto…ma sulu su fatti di p<strong>il</strong>u.<br />

E non poteva mancare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino con le sue domande a cazzo di cane.<br />

><br />

Ma si chiese anche:<br />

><br />

Ma la più bella sul matrimonio o sulla stupidità del matrimonio fu questa.<br />

><br />

E un matrimonio era anche l’occasione per parlare di fatti di p<strong>il</strong>o.<br />

><br />

sosteneva lo scrittore Santhokriso.<br />

E siccome a un matrimonio nun si poli fare a meno di curtigghiari anche in questo si<br />

curtigghiò. Si curtigghiò su Elena e sui suoi amori, su Minkialao e la casa regnante di<br />

Munipuzos. Si curtigghiò dell’amicizia intensa nata tra la sposina e <strong>il</strong> bel Paride. Si<br />

curtigghiò sugli <strong>dei</strong> in genere e naturalmente anche e molto sui mortali. E<br />

naturalmente si curtigghiò molto assai assai su <strong>Priapo</strong> che per l’occasione sfoggiava<br />

per la prima volta <strong>il</strong> suo nuovo lukki. E se un matrimonio è fonte naturale di<br />

pettegolezzi spettegoliamo nu tanticchia anche noi.<br />

Elena indossava un legante Armani molto ma molto sensuale.. Minkialao un<br />

trasgressivo Versace da cerimonia… Afrodite un focoso rosso da sera di Valentino<br />

che metteva in evidenza <strong>il</strong> suo essere callipigia, minnapigia e cunnopigia... Paride era<br />

tutto allicchittiato da uno stupendo Dolce & Gabbana che evidenziava la sua carica


erotica di picciotto in piena tempesta ormonale.. Alcmhona indossava un<br />

sensazionale Cavalli che la rendeva chiù bella di quello che era.. Zeus addirittura era<br />

in Paciotti e al collo portava <strong>il</strong> famoso rosario col suo pendente… Era aveva scelto<br />

un abito nero anonimo in segno di lutto.. in fondo quella che si sposava era la figlia<br />

dell’amante di suo marito.. Leda, la bella amante di Zeus, sfoggiava un sofisticato<br />

Gattinoni… Pallade Atena e Artemide indossavano una semplice tunica bianca come<br />

segno della loro purezza e verginità.. Ares esibiva un lussuoso Ferrè…. Dioniso,<br />

amante <strong>dei</strong> viaggi, aveva scelto un abito con le carte geografiche di Martini… Efesto,<br />

tanto per non dimenticare <strong>il</strong> rosso fuoco dell’Etna, era tutto in rosso... Eros si era<br />

inf<strong>il</strong>ato in un coloratissimo Coveri.. Castore e Polluce si erano vestiti allo stesso<br />

modo.. indossavano un marchio giovan<strong>il</strong>e.. Odisseo sfoggiava un meraviglioso<br />

Moschino…<br />

Agaminkione indossava <strong>il</strong> costume reale, accussì anche la bella Fikennestra.. Ifigania<br />

invece mostrava tutta la sua bellezza con una tunica trasparente ma eroticissima che<br />

esibiva una curiosa scritta, “ Grazie zio”. Trasgressivo Minkioreste in compagnia<br />

del suo P<strong>il</strong>ade. Trasgressivi anche Patroclo e Ach<strong>il</strong>le. Serio e anonimo era invece <strong>il</strong><br />

vestiario di Elettracunnus e Cunnotemi. Tradizionale st<strong>il</strong>e Purceddopolis per Priamo ,<br />

Ekuba e i loro figli. Ma quello che fece più scalpore fu <strong>Priapo</strong>… indossava un<br />

completo di Gaultier che metteva <strong>il</strong> evidenza la sua struttura anatomica con una sorta<br />

di c<strong>il</strong>indro piazzato davanti al pistone di carne e due c<strong>il</strong>indretti piazzati davanti al<br />

seno. Nello stesso tempo l’abito elegante e curioso lasciva scoperte le cosce e le<br />

braccia. E tutti taliavano quelle cosce e quelle braccia.<br />

> dissero i soliti<br />

pettegoli. Che intanto taliavano cosce e braccia del <strong>dio</strong> minchiuto.<br />

Homerino indossava un tradizionale abito di st<strong>il</strong>e greco corto assai, Mhassymylyano<br />

<strong>il</strong> tipico abito latino e Santhokriso <strong>il</strong> completo tipico di Munipuzos. Socratino si era<br />

vestito in modo f<strong>il</strong>osofico. Cioè, a minchia.<br />

Ma se questo lo vedevano tutti non tutti sentivano le frasi acide che commentavano <strong>il</strong><br />

tutto.<br />

> dissero in tanti.<br />

> disse piano<br />

piano un misterioso invitato.<br />

> disse <strong>Priapo</strong><br />

chiacchierando con Narciso e Adone che erano vestiti come lui. Solo che <strong>il</strong> c<strong>il</strong>indro<br />

minchiolesco era molto ma molto più piccolo.<br />

In effetti tutti lu taliavano a <strong>Priapo</strong>. A parte la mise stravagante, a parte quattro<br />

Menadi bone e chiù nuri ca vestite che lo accompagnavano, a parte la caratteristica<br />

anatomica che lo rendeva celebre, a parte <strong>il</strong> desiderio inconfessato di tutti, al di là del


sesso, di sbirciare almeno una volta la protuberanza delle protuberanza, <strong>il</strong> fatto vero,<br />

reale e concreto, per cui tutti lo taliavano era che <strong>Priapo</strong> da brutto e racchio qual’era<br />

.. era diventato bello. E questa era la prima occasione pubblica in cui <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dal palo<br />

rosso e sempre eretto si ammusciava pubblicamente. Neanche <strong>il</strong> padre Dioniso e la<br />

madre Afrodite lo avevano visto. Solo Adone e Narciso sapevano la verità.<br />

Pochi giorni prima del matrimonio <strong>Priapo</strong> era andato , con i suoi amici , nel centro di<br />

bellezza gestito da Narcisa. E lì si era fatto sp<strong>il</strong>are p<strong>il</strong>o per p<strong>il</strong>o. Narcisa a vid<strong>il</strong>lu si<br />

era messa le mani nei capelli.<br />

> aveva chiesto taliando le<br />

gambe dello sconosciuto accompagnato da suo fratello.<br />

> aveva confermato <strong>Priapo</strong>.<br />

> avevano aggiunto<br />

Narciso e Adone.<br />

Scoperta poi l’identità del cliente Narcisa e le sue assistenti erano andate in brodo di<br />

giuggiole. Non vedevano l’ora di vederlo nudo per contemplare <strong>il</strong> sacro palo rosso<br />

sempre eretto.<br />

><br />

pinsarono tutte nel vederlo.<br />

<strong>Priapo</strong> si era disteso su una sorta di lettino nudo e con l’aggeggio disteso sulla pancia<br />

e oltre.<br />

> pinsò Taide che amava la fellatio.<br />

P<strong>il</strong>o dopo p<strong>il</strong>o l’operazione era durata una giornata intera e aveva coinvolto Narcisa e<br />

quattro sue assistenti. Una si era dedicata alle gambe, una alle braccia mentre Narcisa<br />

ci scippava li p<strong>il</strong>a di davanti. Acuminciau da lu pettu per poi arrivare al biddico e<br />

quindi all’area circumcazzica.<br />

> si chiederà qualcuno.<br />

vi racconto io.<br />

Comunque l’operazione iu avanti fac<strong>il</strong>mente e tranqu<strong>il</strong>lamente anche se <strong>Priapo</strong>, ogni<br />

tanto, facia “ Ahi “ più per gioco che per altro. Ma la cosa più strana fu che<br />

procedendo la sp<strong>il</strong>atura successe <strong>il</strong> miracolo. <strong>Priapo</strong> incominciò <strong>il</strong> tutto che era lario e<br />

alla fine vinni fora un picciotto bello. N’autro Narciso . N’autro Adone. Solo con una<br />

minchia più grande. L’unica cosa mostruosa, ma di un mostruoso piacevole , era<br />

pertanto la sua ciolla eretta. Ma quella era già sp<strong>il</strong>ata di suo come <strong>il</strong> culo.<br />

> dissero le assistenti.<br />

> disse Narcisa,<br />

dissero Adone e Narciso.<br />

> chiese <strong>Priapo</strong> taliannisi na lu specchiu d’argento.<br />

> ci dissero gli altri.<br />

><br />

> risposero tutti in coro.


Manco in tempo di finire la frase che <strong>il</strong> rosso palo eretto iu in eruzione, e annaciau<br />

tutti i presenti. Che risero e si ittanu sulla sacra fontana<br />

> disse Narcisa.<br />

> dissero le assistenti,<br />

> aggiunsero Narciso e Adone.<br />

E ci la alliccanu ca na stizza di simenta non arristò.<br />

<strong>Priapo</strong> era contentissimo. Si susiu e si mise a sautare stanza stanza. Iddu abballava<br />

ma la sua ciolla facia un balletto che era uno spettacolo. E cantava.<br />

><br />

E ballava davanti allo specchio d’argento. Anche gli altri si misero a ballare. E<br />

ballannu ballannu si spugghianu. Orgetta fu. Tutti ingignanu <strong>il</strong> nuovo <strong>Priapo</strong>, e<br />

<strong>Priapo</strong> fece <strong>il</strong> suo primo sesso da masculazzu beddu.<br />

Uscito dalla locale non fu riconosciuto da nessuno. Passiava ma nessuno lo<br />

riconosceva.<br />

> diceva la gente.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong>, nella sua testa, si ripeteva mnemonicamente fino all’ossessione la solita<br />

identica frase “ Minchia chi sugnu beddu .. e non solo di culu e d’aceddu.“.<br />

Quella notte la passò davanti allo specchio a taliarsi e contemplarsi. A minaris<strong>il</strong>la e a<br />

ricontemplarsi e poi a riminaris<strong>il</strong>la e poi ancora a ricontemplarsi.. era talmente beddu<br />

ca si eccitava in continuazione.. .. anzi si autoeccitava .<br />

Voleva correre dalle Menadi ma poi decise che doveva aspettare l’occasione ufficiale<br />

per manifestarsi.<br />

> pinsava.<br />

Intanto voleva ficcare. Aveva pititto di fare sesso. Ma non poteva uscire. Voleva<br />

aspettare l’occasione ufficiale. Poteva correre in qualche lupanare ma una volta<br />

arriconosciuto la voce si sarebbe sparsa. Maledisse se stesso perchè non aveva<br />

permesso a Narciso e a Adone, che volevano restare, di fagli compagnia. Ma lui non<br />

aveva voluto. Adesso erano cazzi suoi. Poteva avere due culi e due bocche e invece<br />

aveva solo le sue mani e la sua bocca. Si la minava alla sanfasò e si la sucava a tutta<br />

forza, ma la minchia era sempre al massimo dell’eccitazione. Ma lui voleva un buco.<br />

Alla fine trovò la soluzione. Forzò la sua ciolla che aveva una certa elasticità a fare<br />

un curva strana ma alla fine ci riuscì. E puntata la coppola contro <strong>il</strong> suo culo si<br />

autosodomizzò. Era quasi l’alba quannu si addormentò. Quello era <strong>il</strong> giorno del<br />

matrimonio di Elena con Minkialao. Ed era anche l’occasione ufficiale per sfoggiare<br />

<strong>il</strong> nuovo <strong>Priapo</strong>. Addormentandosi cantò piano piano.<br />


E io lo posso ichiavardar..<br />

Perché alfin, se si parla del cazzo mio divino,<br />

quel che mio io lo posso far scopar..>><br />

Mhassymylyano da Munipuzos celebrò la cosa nel Carmen XXXIII, dedicato a<br />

quella notte di autopassione di <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

Arrivò, come detto, <strong>il</strong> giorno del matrimonio. Al palazzo reale affluivano gli invitati.<br />

I curiosi e i pettegoli, lungo <strong>il</strong> percorso, taliavano come babbi allucinati, scemi<br />

specializzati , ciolle e fiche appitittate.<br />

Il matrimonio fu celebrato secondo <strong>il</strong> rito Priapico-Munipuzico. Momento cruciale<br />

della cerimonia era la domanda fatta dallo ierofante, in questo caso <strong>il</strong> Theos Maximus<br />

Zeus in persona, che chiedeva agli sposi:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Lo “ scambio delle coppole” era <strong>il</strong> momento cruciale della cerimonia .<br />

Dopo <strong>il</strong> ‘Sì” papà Zeus chiagniu di felicità, mamma Leda si commosse a livello di<br />

cunno, Castore e Polluce pinsanu di fare festa cu qualche pacchio disponib<strong>il</strong>e alla<br />

doppia penetrazione, Paride pianse di rabbia e gelosia, Fikennestra pinsau al marito<br />

che spasimava per la cognata ma si consolò pinsannu all’amante, Agaminkione si<br />

senti già amante in carica della cognata e si la immaginò sul suo ’aceddu , Cunnotemi<br />

e Elettracunnus piansero per lo zio oramai maritato, la finta vergine Ifigania rise<br />

pensando che lo zio in fondo in fondo sarebbe stato solo e sempre suo, <strong>Priapo</strong> gioì sia<br />

per <strong>il</strong> successo personale sia perchè Elena era poliminchiof<strong>il</strong>a e iddu si l’avissa fatta<br />

volentieri, Odisseo avia grande pititto di fare ficca ficca e non vedeva l’ora di<br />

acchiappare <strong>il</strong> primo cunno di serva disponib<strong>il</strong>e, , Ermafrodito taliava tutti e sceglieva<br />

ora un mascolo ora una femmina, Eros vulia tirare un po’di frecce a caso per fare un<br />

po’ più di casino di quello che già c’era, Alcmhona taliava la sposa e pinsava che tra<br />

poco quella fotteva e lei no perchè Anfistronzone non era ancora tornato, Efesto si<br />

facia in conto <strong>dei</strong> mascoli lì presenti che s’erano fatti sua moglie, Eolo si stava<br />

annoiando e ogni tanto ciusciava, Dioniso era br<strong>il</strong>lo più che mai e pinsava<br />

d’incunnare <strong>il</strong> suo “ spirito <strong>dio</strong>nisiaco” nel cunno sp<strong>il</strong>ato di Afrodite, Adone e<br />

Narciso non vedevano l’ora di andare a fottersi reciprocamente come aveva loro<br />

insegnato <strong>il</strong> maestro dell’erotismo <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> desiderio di incularsi era anche nelle<br />

menti e nelle ciolle Ach<strong>il</strong>le e Patroclo, idem Antigone col padre Edipo, Ganimede<br />

invece spirava che Zeus ci facissi visita presto , Pallade Atene e Artemide si


annoiavano e spiravano presto di potersi leccare la fica reciprocamente e<br />

strusciarsela, Era si facia <strong>il</strong> conto di quante di quelle femmine aveva stuprato Zeus,<br />

Priamo pinsava di festeggiare con la sua signora, tutte le sue figlie ancora zitelle<br />

pensavano di trovare una ciolla per la nottata e intanto speravano di essersi fatte<br />

notare da Minkioreste, Minkioreste si era taliato tutte le figlie di Priamo cercando di<br />

capire chi era la meno rompicoglioni per sceglierla come moglie e intanto sperava di<br />

poter concludere la nottata con P<strong>il</strong>ade, anche i figli di Priamo pensavano a come<br />

procurarsi un portuso per la notte, la fresca vedova di Minosse Pasife pinsava di<br />

attrovarsi una bella ciolla consolatoria per la notte….e così anche gli altri… ognuno<br />

avia i suoi pinseri.. o di cunno.. o di minchia.. o di altro… ma tutti avevano<br />

comunque pensieri lussuriosi.<br />

Tutti, tranne gli intellettuali; Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso .<br />

Iddi pensavano solo e soltanto a quello che dovevano scrivere, rispettivamente in<br />

greco, latino e sic<strong>il</strong>iano.<br />

Ma questo è vero solo in parte. In realtà, tra una pinsata e l’autra , anche loro<br />

pensavano che dovevano festeggiare.<br />

Al matrimonio era presente anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo p<strong>il</strong>uso Socratino da Munipuzos che<br />

sichiese:<br />

><br />

Gli invitati curtigghiano alla grande.<br />

> sosteneva lo scrittore<br />

p<strong>il</strong>uso Santhokriso.<br />

><br />

diceva Homerino.<br />

><br />

> disse un<br />

intellettuale .<br />

Per <strong>Priapo</strong> si sprecarono le parole.<br />

<br />

Ma soprattutto si discusse sull’acquisita bellezza del <strong>dio</strong>.<br />

>


Ma ad animare la festa furono gli amici di Dioniso: Satiri, S<strong>il</strong>eni e Menadi. Briachi<br />

fracidi com’erano scatenarono un bella orgia nei giardini pens<strong>il</strong>i del palazzo reale.<br />

Ma prima di scatenare l’orgia iucanu a cottabo. Un gioco bello dalle connotazioni<br />

esplicitamente erotiche.<br />

Uno <strong>dei</strong> banchettanti si sucava una coppa di vino e poi lanciava le ultime gocce<br />

verso un piatto o un bicchiere pronunciando <strong>il</strong> none del persona con cui voleva avere<br />

un dialogo fallico o cunnico.. tutto dipendeva dalle tentazioni, dalle voglie , dai<br />

desideri del momento.. da come lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco s’impossessava di ciolla e<br />

ciriveddu… Intanto le suonatrici di flauto diffondevano nell’aria dolci note musicali<br />

… ma chi li taliava pinsava solo a mettere qualcos’altro al posto del flauto. Intanto i<br />

cinedi ballavano.. i pantomimi mimeggiavano.. alcuni ballavano <strong>il</strong> kordax… un ballo<br />

originario della Lidia che mimava i rapporti sessuali..<br />

Qualcuno cantava, o meglio improvvisava, licenziosi scolii.. canzoni di tavola.. doppi<br />

sensi a iosa.. allusioni sessuali alla sanfasò.<br />

Si partiva cantannu in coro : ><br />

“ Lì” era <strong>il</strong> pacchio, “là” <strong>il</strong> culo e “ su” la bocca.<br />

Inizio Dioniso: ><br />

Continuò Afrodite : ><br />

Odisseo: ><br />

Zeus: ><br />

Agaminkione: ><br />

Dioniso: ><br />

Ach<strong>il</strong>le: ><br />

Patroclo:><br />

Il finale spettava agli sposi.<br />

Minkialao: ><br />

Elena: ><br />

Ma <strong>Priapo</strong> stavolta finì lui.<br />

><br />

E <strong>il</strong> coro: ><br />

Intanto la festa proseguiva. Minchiate a destra e minchiate a sinistra. Solo <strong>Priapo</strong> si<br />

unì ai ballerini. Gli altri talianu e basta. Ma a dire <strong>il</strong> vero tutte le femmine taliavano<br />

a <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> ballava e ballava pure la sua ciolla. Sotto i vestiti naturalmente.<br />

> gridava la folla.<br />

Al matrimonio, oltre all’aristocrazia e alla divinocrazia, ci stava pure mezza<br />

Munipuzos.. l’amico, l’amico dell’amico, l’amico dell’amico dell’amico e altro. Ma<br />

l’invito femminino era rivolto soprattutto a <strong>Priapo</strong>. Qualcuno lo gridò senza<br />

vergogna:


Una voce di fimmina ingrifata, dallo scuro di un angolo, grido:<br />

><br />

Un mascolo , che si trovava in zona protetta dal buio, gridò:<br />

><br />

<strong>Priapo</strong>, travolto dall’ebbrezza alcolica, oppure dallo spirito <strong>dio</strong>nisiaco di origine<br />

paterna, si scippau li robbi a picca a picca. A vedere quel culo bello, quelle cosce<br />

muscolose, quelle spalle imponenti, quegli addominali saettanti.. la folla iu in estasi.<br />

E ancora mancava <strong>il</strong> meglio.. mancavano le palle.. e soprattutto la ciolla. Quel giorno<br />

<strong>Priapo</strong> si era messo un erotica modello di cingiphallus.<br />

> pinsò Zeus incazzatissimo.<br />

<strong>Priapo</strong> da parte sua completò lo spogliarello. E quannu la ciolla fu esposta alla<br />

pubblica successe la fine del mondo. Ma <strong>Priapo</strong> non ci faceva manco caso. Era in<br />

estasi, ma non per motivi sessuali. Semplicemente ci tinia a dimostrare a tutti che<br />

adesso era bello… Saltava ma pinsava a sé stesso.<br />

><br />

Girò, sauto, ballò, trippò.. Poi successe quel che successe. E orgia fui.<br />

Fu vedendo quella esibizione che lo scrittore Santhokriso decise di scrivere Cent’anni<br />

da Priapazzu. E di dedicarlo a <strong>Priapo</strong>.<br />

Gli sposi invece si inf<strong>il</strong>anu nel labirinto per farsi la prima ficcata da marito e moglie.<br />

Fu una ficcata lampo, con tutto <strong>il</strong> sottofondo sonoro di Menadi, Satiri e S<strong>il</strong>eni che<br />

fottevano alla sanfasò. Si ni ficiru sulu una . Poi Minkialao si addormentò. Elena<br />

invece ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> “f<strong>il</strong>o magico” fici trasiri a Paride e si ni ficiru setti senza sciri lu<br />

battagghiu da la campana.<br />

Dioniso e <strong>Priapo</strong> videro i misteriosi travagli di erezione del corname reale ma si<br />

fecero i cazzi loro. E cazzulianu unni capitava capitava.<br />

> gridava <strong>Priapo</strong>. E Dioniso curria.<br />

> gridava Dioniso. E <strong>Priapo</strong> correva.<br />

Gli altri invece erano tutti e soltanto eccitati ma si preparavano spiritualmente e<br />

carnalmente alla nottata. Una nottata a base di sesso. Sesso e basta. Sesso alla<br />

sanfasò.<br />

Agaminkione da parte sua si sentì padrone dell’universo per un giorno. Nel suo<br />

palazzo aveva ospitato l’Olimpazzo al completo. Aveva mangiato allo stesso tavolo<br />

di Zeus e di tanti altri <strong>dei</strong>…. Homerino da Munipuzos, presente al matrimonio del<br />

m<strong>il</strong>lennio lo avrebbe sicuramente raccontato in un suo poema.... ne aveva anche<br />

accennato <strong>il</strong> titolo . L’Eleneide.<br />

Agaminkione era contento anche perché si sentiva già nel cunno di Elena. Era<br />

convinto di farsela in quella che era la notte di nozze di Elena stessa e Minkialao.


In mattinata aveva deposto la prima pietra della futura ottava meraviglia della Magna<br />

Grecia: <strong>il</strong> ponte Munipuzos Purceddopolis… Zeus aveva benedetto la posa della<br />

prima pietra.<br />

Eratostene Mercallone da Munipuzos, <strong>il</strong>lustre scienziato locale, aveva fatto un<br />

discorso scientifico. Punto per punto, da tutti i punti di vista. L’opera doveva essere<br />

antisismica. E pertanto lui aveva ideato una scala per misurare l’intensità <strong>dei</strong><br />

terremoti… la scala Mercallorum .<br />

> aveva detto lo scienziato .<br />

Dedalo aveva <strong>il</strong>lustrato <strong>il</strong> progetto architettonicamente parlando. Aveva fatto un<br />

discorso così serio, complicato e scientifico che tutti erano stati presi dalle sue parole<br />

e anche se nun ci avevano capito un cazzo alla fine ci avevano abbattuto li mani assai<br />

assai.<br />

Anche Agaminkione aveva fatto <strong>il</strong> suo discorsetto alla presenza di Priamo.<br />

><br />

Tutti avevano applaudito pensando a quel “ come voglio io”. Perché tutti sapevano<br />

che Agaminkione voleva <strong>il</strong> cunno di Elena al più presto. Magari quella notte stessa.<br />

Ma a tutti la cosa paria strana. Anche a Homerino da Munipuzos paria strana.<br />

><br />

Al Plutocircolo di Munipuzos si cazzeggiò alla grande. O meglio si sminciuliò.<br />

<br />

<br />

><br />

><br />

>l<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

< < Minchia.. lu diu di la minchia…ca era p<strong>il</strong>usu come unna scimmia .. >><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Così al Plutocircolo di Munipuzos.<br />

Elena era da tempo la promessa sposa di Minkialao. Si lu stava maritannu per ordini<br />

superiori. Allora i matrimoni venivano combinati. A forza di frequentarlo si era nu<br />

tanticchia affezionata. Era bello ma poco interessante. Ed aveva poca passione per <strong>il</strong>


pacchio. Lei ci facia capire di essere disponib<strong>il</strong>e ma lui faceva finta di non capire.<br />

Fino a quannu Elena esasperata , come si dice in Sic<strong>il</strong>ia, ci lu scippau da li causi.<br />

Minkialao si ni facia una di fottuta e poi basta. E le cose andavano avanti così.<br />

Diceva di essere sempre stanco.<br />

> pinsava Elena che era stata deflorata a dodici anni appena da un eroe<br />

come Teseo.<br />

><br />

Minkialao da tempo si la facia con sua nipote Ifigania. Si l’era cresciuta poco a poco,<br />

Si l’era curata e contemplata e quannu la picciotta fu pronta si la pussiriu con tutta la<br />

possib<strong>il</strong>e compartecipazione di idda. La tresca pelosa andava avanti da tempo e non<br />

era mai stata scoperta. I due si incontravano nel bosco di Mynkyalonya.. in una<br />

grotta tutta attrezzata ad alcova…. Adesso ci stava l’imprevisto previsto del<br />

matrimonio per lui. Ma Minkialao aveva detto alla nipote che quello sarebbe stato<br />

solo un dovere.. e avrebbe ridotto le prestazioni sessuali con la moglie al minimo<br />

garantito dalle legge sui matrimoni.. tre tra una luna piena e l’altra.. una ogni dieci<br />

giorni. Finu a quannu idda non ci avissa cacato l’erede . Poi putia magari tin<strong>il</strong>la solo e<br />

soltanto come soprammob<strong>il</strong>e. Ifigania da parte sua rifiutava tutti i pretendenti che gli<br />

venivano offerti.<br />

> diceva.<br />

A causa degli amplessi furiosi di Ifigania con lo zio questo era sempre stanco quannu<br />

si incontrava con Elena.<br />

> diceva lui.<br />

> pinsava lei e si chiedeva perchè corressero certi<br />

numeri in giro.<br />

><br />

><br />

A questo pensava Elena la bella. Elena in effetti veniva taliata e controtaliata da tutti<br />

per la sua bellezza. Tutti la taliavano con occhio indagatore, quasi quasi ci volevano<br />

cuntari li p<strong>il</strong>a di lu paparaciannu.. ma questo è solo un modo di dire. Tutti sapevano<br />

che <strong>il</strong> suo pacchio era sp<strong>il</strong>ato di madre natura.. <strong>il</strong> suo era come quello di Afrodite ..<br />

Ma Elena, questi guardoni che scopavano con gli occhi, manco li cacava.<br />

><br />

Un giorno, un picciotto tutto elegante stava andando da Purceddopolis a Munipuzos.<br />

Non era una grande distanza ma prima si doveva scendere verso <strong>il</strong> lago e poi risalire.<br />

Tra tornanti e altro una bella camminata. Mezza giornata e passa. Una faticaccia.


pinsò <strong>il</strong> picciotto che tinia già<br />

diciannove anni.<br />

Arrivato al lago si riposò nu tanticchia all’ombra. Ma intisi <strong>dei</strong> lamenti e andò a<br />

vedere curioso. Erano lamenti di un certo tipo e provenivano da una grotta. Lui li<br />

conosceva bene i gemiti d’amore. Lui e la sua signora Enone ne facevano alla<br />

sanfasò. Sapevano minkiolare alla grande.<br />

><br />

Si avvicinò piano piano e taliò dentro.<br />

><br />

Guardò nu tanticchia e gli venne pititto. Decise di farsi un bel bagno per calmarsi i<br />

bollori minchioleschi . Poi si addormentò nudo.<br />

Minkialao e Ifigania uscendo dalla grotta lo videro.<br />

> disse lei.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Paride si svegliò ma fici finta di dormire. Quelli parlarono tranqu<strong>il</strong>li <strong>dei</strong> cazzi loro.<br />

><br />

><br />

> aggiunse Minkialao.<br />

><br />

><br />

><br />

E andarono via. Paride rise. Della finta verginella e del futuro cornuto. Elena sarebbe<br />

stata sua prestissimo. Quella scoperta anticipava la promessa fatta da Afrodite. Si<br />

vestì e decise di farsi un pisolino prima di salire verso Munipuzos.<br />

Dormiva alla grande quannu si trovò a passare Elena.<br />

Che meditava su chi poteva scegliere come amante dopo <strong>il</strong> matrimonio. La ragazza<br />

vide all’improvviso <strong>il</strong> picciotto che dormiva. Lo taliò in faccia. Era bellissimo.<br />

Muscoloso. Biondo e riccioluto. V<strong>il</strong>loso. Maschio al cento per cento. Potenti erano<br />

anche le cosce che la corta tunica lasciava scoperte. Dalla sacca che aveva con sé si<br />

capiva che era nob<strong>il</strong>e. Intanto che lu taliava una folata di venticello ci susiu la tunica.<br />

Ed Elena, non volendo ma desiderandolo, si attruvò a taliare l’aceddu del picciotto.<br />

Era tiso ed ebbe l’impressione ca ci sorridesse.


Continuò la sua passeggiata avendo in testa l’immagine della “ minchia che sorride”,<br />

della “ gioconda “, come la chiamò nel suo linguaggio segreto<br />

La sera venne a pigliarla lo zito per la cena.<br />

><br />

><br />

><br />

Minkialao aveva <strong>il</strong> vizio di rinviare. D’altra parte era reduce da ravvicinatissimi<br />

incontri pelosi con Ifigania. Che se lo spurpava sempre più per farlo rendere al<br />

minino con Elena.<br />

><br />

> chiese sorridendo Elena.<br />

><br />

Portata a palazzo si trovò davanti <strong>il</strong> picciotto del lago, quello la cui minchia gli aveva<br />

sorriso. Il proprietario della “ gioconda”.<br />

><br />

> disse Paride.<br />

> rispose la donna.<br />

Paride resto ammammaluccuto da cotanta bellezza che sua doveva essere per<br />

promessa divina. La taliava in faccia ma vedeva <strong>il</strong> suo cunno in primo piano. Elena<br />

per la sorpresa lo taliò con lo sguardo perso. Non vedeva la faccia di Paride ma la sua<br />

ciolla che le sorrideva . La “ gioconda.”<br />

>aggiunse Minkialao.<br />

> dissero i due.<br />

Non solo erano coetanei ma erano nati lo stesso giorno.<br />

> propose Minkialao.<br />

><br />

I due ragazzi diventarono amici. E si raccontarono le cose intime. Lui gli parlò<br />

dell’arte di minkiolare che applicava con sommo piacere con la moglie Enone, lei <strong>dei</strong><br />

rapporti scadenti col futuro marito.<br />

><br />

precisò lei.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> sparò Paride.<br />

> puntualizzò<br />

Elena che aveva in testa l’immagine della ciolla sorridente.


><br />

> sparò Paride.<br />

><br />

><br />

Lei le raccontò la facenna. Paride restò come uno stronzo allampato da un fulmine di<br />

Zeus. E Paride, figlio di zoccola per modo di dire, attaccò a corteggiare la femmina<br />

con costanza. La voleva prima del matrimonio. E non dopo come da promessa divina.<br />

Pertanto giocò sporco. E ci disse:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

<br />

><br />

><br />

> disse ridendo Elena.<br />

><br />

E ci cuntò quello che sapeva.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E Paride ammusciò ad Elena come Minkialao si incunnava la bella vergine Ifigania.<br />

Videro la prima, la seconda, la terza e la quarta . All’inizio della quinta Elena disse :<br />

><br />

><br />

> disse lei.<br />

><br />

><br />

><br />

> precisò lei.<br />

Elena si lo portò in mezzo al bosco di Mynkyalonya e si lu pussiriu alla diavolina.<br />

Paride era contentissimo. Aveva accorciato i tempi. Elena era stata sua prima del<br />

tempo. Non una ma otto volte la “ gioconda “ aveva reso giocondo <strong>il</strong> portuso di lei.<br />

Così si erano acconosciuti Paride ed Elena. E accussì <strong>il</strong> picciotto aveva accorciato i<br />

tempi per arrivare al dunque.


Nel mezzo della notte ho lasciato <strong>il</strong> mio compagno di letto,<br />

e vengo qui tutta bagnata da una pioggia battente.<br />

E poi restiamo senza far niente, senza parlare o dormire<br />

(s'intende come è legge degli amanti dormire)?<br />

Antologia Palatina<br />

La notte di nozze finiu mali. La prestazione di Minkialao fu scadente. Trasiu con<br />

difficoltà e si pisciau in un amen. Elena restò insoddisfatta. Ma Minkialao , poco<br />

prima della cerimonia, era stato spurpato vivo dalla nipote. Intanto che lo aiutava a<br />

vestirsi lo aveva sottoposta a sette fellatio. Quello pertanto aveva esaurito la durezza<br />

dell’aceddu e consumato tuttu lu latti di brigghiu disponib<strong>il</strong>e. E al talamo nuziale si<br />

presentò che era una fitinzia. Esaurito com’era di minchia e di ciriveddu.<br />

> pinsò nella sua testa la bella Elena.<br />

Poi pensò per un attimo a Teseo che l’aveva fatta femmina a forza, ma subito dopo<br />

pinsò a Paride. Allora desi al marito na sostanza strana pi fallu dormire assai.<br />

><br />

Lui si calò tutto in un attimo. E si addormentò profondamente.<br />

><br />

E curriu nella stanza di Eros. Interruppe la trummiata del <strong>dio</strong> dell’amore con la<br />

legittima consorte Psifica.<br />

> scherzò Elena.<br />

> rispose Eros.<br />

> aggiunse Psifica.<br />

> chiese al <strong>dio</strong><br />

dell’amore. Eros la consolò ipso facto. Sotto gli occhi della bella moglie Psifica<br />

consenziente. Poi disse:<br />

><br />

><br />

> dissero<br />

Eros e Psifica. E ci ficiro <strong>il</strong> segno di lu crignu.<br />

Non convinta totalmente corse nella camera del padre. Anche lui stava trummiannu.<br />

Cu Leda. Ca era la madre di Elena.<br />

> disse trasennu,<br />

> disse Zeus.<br />

><br />

><br />

><br />

> replicò Zeus.<br />

>


Non disse altro Elena. Zeus capì. E la consolò seduta stante. Sotto gli occhi<br />

consenzienti di Leda. Poi Zeus disse:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Uscì e andò da <strong>Priapo</strong>. Era a letto con otto Menadi.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Manco <strong>il</strong> tempo di dirlo che Elena ci acchianau di supra e s’impalau.<br />

><br />

Senza misu no cuntu <strong>Priapo</strong> si futtiu la novella sposa proprio la notte del<br />

matrimonio… dopo la sasizzedda di Minkialao idda assaggiò <strong>il</strong> sasizzuni di <strong>Priapo</strong>..<br />

ma Elena in cuore, in ciriveddu e in cunnu vulia sulu chidda di Paride.. non era<br />

pititto di minchia in genere .. era pititto di un certo proprietario di minchia.<br />

> chiese <strong>il</strong> <strong>dio</strong> itifallico.<br />

><br />

> fece <strong>Priapo</strong>.


><br />

Sciu in corridoio e incontrò Ach<strong>il</strong>le. Bello e nudo, l’eroe stava andando a pisciare. E<br />

cantava.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Elena lo seguì. . E pigliata in mano la mortal ciolla lo aiutò a pisciare . Ma la ciolla<br />

unciò.<br />

><br />

><br />

><br />

> rispose l’eroe liberando la sua ciolla<br />

e rientrando nella sua stanza. Lei ci iu appriessu. E lo riacchiappò per <strong>il</strong> mortal<br />

manico. Nel letto c’era Patroclo bello e nudo.<br />

><br />

><br />

><br />

E ci la misero tutti e due nel pacchio, in contemporanea.<br />

> addumannò Elena a cose concluse.<br />

><br />

Curriu dal furbo Odisseo che solo soletto stava pinsando ai cazzi suoi.<br />

><br />

> rispose<br />

Odisseo.<br />

><br />

Odisseo fece in quattro e quattrotto. La futtiu e rifuttiu col botto.<br />

> si chiese .<br />

Elena curriu allora nella stanza di Paride. Ma chiddu non c’era. S’affacciau e lu visti<br />

Si guardò <strong>il</strong> dito e guardò Paride che si allontanava. Stava andando verso <strong>il</strong> faro di<br />

Alessandro.


E corse dietro Paride.<br />

> si chiese.<br />

Ci curriu appriessu in s<strong>il</strong>enzio. Senza farsi vedere. Ma pronta a correre e a<br />

raggiungerlo se vedeva le cose mettersi male. Paride entrò nel faro.<br />

><br />

Acchianò le scale piano piano per non disturbare. E quando arrivò quasi in cima<br />

sentì le sue parole.<br />

><br />

Elena salì ancora e taliau. Paride ci dava le spalle. Anzi, lu culu. Pirchì era nuru a<br />

parte la coppola. Ma si capia chiddu ca stava faciennu. Si la stava minannu in suo<br />

onore. Si la stava minannu al vento. Per affidare la sua simenta a Eolo.<br />

><br />

Elena taliava esterrefatta. Ci vinni pititto infinito della “ gioconda”.<br />

Intanto Paride si la minava in modo sempre piu forsennato. E delirava..<br />

><br />

Intanto continuava a minaris<strong>il</strong>la.<br />

Elena salì ancora.. lasciò cadere la tunica e nura si avvicinò all’amato portatore<br />

dell’amata “gioconda”. In s<strong>il</strong>enzio. Fu alle sue spalle in un fiat ma Paride non se ne<br />

accorse. Invece senti un certo odore.<br />


per venire.. e tu Eolo bello.. portaci la simenta mia in quel pacchio.. porticc<strong>il</strong>la per<br />

carità.. ma se proprio mi vuoi fare un piacere, stocchim<strong>il</strong>la e porticc<strong>il</strong>la sana e tisa …<br />

e ficchicc<strong>il</strong>la con tutto l’amore di chistu munnu.. perchè merita quel cunno ..<br />

stocchim<strong>il</strong>la e fammi morire pure a mia.. ma portaci <strong>il</strong> mio aceddu… là dintra voglio<br />

andare e stare nei secoli <strong>dei</strong> secoli…uno stuppagghio eterno per <strong>il</strong> suo eterno piacere..<br />

sempre nei secoli <strong>dei</strong> secoli..>><br />

Stava veramente per venire Paride quannu lei parlò.<br />

><br />

Paride si girò.<br />

><br />

><br />

E stuccanu e controstuccanu pi tutta la notti. Lì, sul faro di Alessandro, sotto lo<br />

sguardo del cielo intero. Minkialao fu fatto cornuto una sacco di volte nell’arco della<br />

nottata. Ogni volta che Paride vinia idda si mittia al lavoro oralmente per risollevare<br />

la questione. Poi diceva:<br />

><br />

> rispondeva lui.<br />

E tra na stuccata e l’autra stava quasi albeggiando quando si sentirono chiamare.<br />

><br />

> disse Paride. Recuperò la coppola e si la mise sulla<br />

ciolla.<br />

><br />

><br />

><br />

<strong>Priapo</strong> sciu sul terrazzo. Nudo e di minchia armato ma con la coppola in testa.<br />

><br />

> dissero gli amanti che si rivestirono e corsero a palazzo che Elio si<br />

stava già addumannu.<br />

<strong>Priapo</strong> restò solo soletto. Si fici una discussione cu Eolo ca stava alle Eolie. Poi<br />

n’autra cu Efesto ca stava dintra l’Etna. Iddu mannava signali col faro. Eolo ci<br />

arrispunnia cu lu vento. Ed Efesto cu lu fumu ca scia dal vulcano. Fu na bella


discussione. Chiara, limpida ed esaustiva. Per loro almeno. Ma tutto questo non<br />

l’acquietò. Scinniu e curriu al primo lupanare. Si fici tutte le lavoratici ancora<br />

disponib<strong>il</strong>i. Poi cantò felice.<br />

><br />

Quella notte comunque fu seminata Erminestrone , detta semplicemente Ermione, la<br />

figlia di Elena e non si sa di chi. Ufficialmente fu attribuita al legittimo marito, ma<br />

Paride ne rivendicò la paternità. Ma siccome la notte delle nozze Elena si era<br />

trummiata tanta gente e nel suo pacchio si era formato un minestrone .. è diffic<strong>il</strong>e dire<br />

chi sia stato <strong>il</strong> padre biologico di Erminestrone.<br />

L’indomani tutta Munipuzos e dintorni sapevano delle corna di Minkialao Tutti<br />

tranne <strong>il</strong> cornuto. Uno <strong>dei</strong> primi ad essere informato fu Agaminkione.<br />

> pinsò lu re.<br />

><br />

Minkioreste , che era innamorato della zia, pinsò:<br />

><br />

> dissero le tre figlie di<br />

Agaminkione. Che erano tutte e tre innamorate dello zio. Ma Ifigania sorrideva col<br />

cunno. Lei lo zio si lo faceva davvero.<br />

Tanti altri pinsanu ca Elena era na buttana ranni.<br />


aceddi a misura del suo pacchio infuocato? Purtroppo Elena è buttanissima..<br />

buttanissima e basta..>><br />

La notte successiva i due amanti scapparono. Fecero la classica fuitina. Direzione<br />

Purceddopolis. Ma non subito. Prima ienu a casa d’amici in un'altra polis della zona.<br />

E se Paride si purtau a Elena , Elena si purtau parte del tesoro…<br />

Solo allora Minkialao capì che sua moglie ci preferiva un altro marrugghiu. E si<br />

chiese perché?<br />

><br />

Poi si desi la risposa.<br />

><br />

Fu allora che si mise davanti a uno specchio di bronzo e si la minò in onore di sua<br />

moglie. Così lo trovò la nipote Ifigania venuta a consolarlo. E lo seppe ben consolare.<br />

Ma ufficialmente la sua vita sessuale fu quella del “ re minatore” in onore della<br />

moglie.<br />

><br />

Minkialismo: la nuova parola fu coniata da Homerino e sta ad indicare uno che si la<br />

minava e versava <strong>il</strong> suo sacro seme pi terra. Anche se in seguito la parola della<br />

concorrenza “ Onanismo” avrà più successo questa nasciu prima.<br />

E per Minkialao addivintò una vera abitudine ufficiale. Si chiudeva in casa per<br />

praticare ufficialmente <strong>il</strong> minkialismo. In realtà ficcava con Ifigania. Una la mattina,<br />

dopo colazione; una a mezzogiorno, dopo pranzo; una la sera , dopo la cena… e<br />

infine l’ultima prima di addormentarsi.. e se una non bastava si facia la seconda e se<br />

necessario la terza.. continuava così fino a quando <strong>il</strong> sonno lo vinceva.. e lo faceva<br />

crollava nelle braccia di Morfeo.. o meglio, di Ifigania…stanco di corpo ed esaurito<br />

d’aceddu. Le pluriminata era in realtà una plurificcata. ; ma quello che conta è la<br />

verità ufficiale.<br />

<br />

Invece rendeva omaggio al pacchio della nipote, la vergine Ifigania.<br />

<strong>Priapo</strong> a vedere tutto quel casino rise. Rise come un ossesso. Dal faro di Alessandro<br />

s’era taliato la fuitina. Non era Paride che tirava Elena pi la manina, era Elena che<br />

trascinava Paride tirannulu pi l’aceddu. Elena era caura di puntiddu.. come suo padre<br />

Zeus. .come Afrodite.. solo lui forse, ci l’avrebbe potuta sfamare la fame di minchia<br />

che quella possedeva.. forse.<br />

><br />

Rise alla sanfasò. E poi si fici nu tanticchia di sveltine cu la bedda pacchiaredda che<br />

s’era portato per compagnia.<br />

Si trattava di Pandora, la prima femmina creata da Zeus.. Impastata col fango da<br />

Efesto, fatta bedda assai da Afrodite mentre Atena con un soffiu ci desi la vita e la<br />

vistiu a suo modo… con una armatura di ferro per nascondere tutte quelle bellezze.


Ma Ermete la fici furba e ci insegnau l’arte dell’inganno. Ovvero “ Come usari lu<br />

cunnu pi siri padrona di lu munnu..”.<br />

Pi fatti e accordi vari fu fatta maritari a Epimeteo, fratello di Prometeo. Lu babbu non<br />

la sapia accontentare e idda si promise di cornificarlo.. e lo cornificava alla grande..<br />

in occasione del matrimonio di Elena e Minkialao canusciu a <strong>Priapo</strong> e ci s’amicò.<br />

Quella sera <strong>il</strong> potente <strong>dio</strong> l’aveva convinta a salire sul faro.. per farle taliare un altro<br />

faro… Gli amplessi furono accussì furiosi ca <strong>Priapo</strong>, sciennu l’aceddu da lu purtusu<br />

di davanti pi mitt<strong>il</strong>lu na chiddu di darrerri, diede involontariamente una botta di<br />

minchia alla quattara che la femmina portava sempre con sé. La quattara di Pandora.<br />

Il vaso di Pandora purtroppo abbulò.. e si ruppe cadendo sul tetto di un lupanare.<br />

Accussì li mali scienu e si diffusero pi lu munnu…tanto che un giorno un poeta<br />

scriverà.<br />

><br />

Ma allora <strong>Priapo</strong> non ci fece quasi caso. Disse solo :<br />

><br />

Pandora ci pinsò un attimo.<br />

. Decise di futtirisinni.<br />

><br />

Per una ficcata l’umanità si attruvò fottuta e alla grande.<br />

<strong>Priapo</strong> , finiti li lavori di minchia, cantò placido.<br />

><br />

Quella notte, vedendo <strong>il</strong> casino che può succedere per un pacchio, Zeus si la minò<br />

con pititto grande e gioia influita. Disse solo:<br />


Cu la minata non mi ritrovo figli ca mi rumpunu lu cazzu...<br />

Cu la minato non corro appresso a nessun vivente..<br />

Cu la minata, pi gudii, abbasto io solamente...<br />

Cu la minata non serve darsi appuntamento..<br />

Cu la minata basta na manu p’acchiappare lo strumento..<br />

Cu la minata fazzu comu minchia mi pari a mia..<br />

Cu la minata godo assai e.. e cosi sia...>><br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si chiese:<br />

><br />

Homerino mise in cantiere <strong>il</strong> poema Corna sostegno del mondo.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Corona cornu felix.<br />

Lo scrittore Santhokriso iniziò la stesura di Cent’anni da Priapazzu. Un omaggio<br />

all’unico <strong>dio</strong> che parla chiaru e tunnu. Anzi, non parla.. si esibisce.. Al vero e unico<br />

<strong>dio</strong> ca avissa siri <strong>il</strong> capo di li dia e degli uomini... perchè dotatati del vero scettro del<br />

comando... La minchia.<br />

Aviti vistu un cavaddu di razza<br />

Vidennu la jumenta ‘ntra lu chianu<br />

Sbrugghiari dda terrib<strong>il</strong>i minchiazza,<br />

E poi currirci supra a manu a manu?<br />

Ccussì viditi la lussuria pazza,<br />

La turba di li <strong>dei</strong>, ca di luntanu<br />

In vidiri la dia ccu faccia accisa,<br />

Subitu a tutti la minchia ci attisa.<br />

Cci vannu tostu tutti cinqu in f<strong>il</strong>a<br />

Cu l’occhi russi e li cazzi arrittati;<br />

Saziu ognuno non è, si non la ‘nf<strong>il</strong>a<br />

Si non po’ tutta, almeno nna mitati;<br />

Cui cci afferra lu culu , cui li p<strong>il</strong>a,<br />

Cui procura di darci minchiati;<br />

Cui ci afferra li minni e lu capicchiu;<br />

Cui cci appunta la minchia ‘ntra lu sticchiu.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>


III . <strong>Priapo</strong>genesi ed altre nascite … Munipuzos compresa<br />

Chi c’è, picciotti? Chi su sti cusazzi.<br />

Ad unu ad unu idda cci dicia:<br />

Ma chiddi peju assai di li crastazzi,<br />

Assai di chiui truzzavanu la Dia:<br />

Diu nni scanza di furia di cazzi!<br />

Veniri unni guardari non sapia;<br />

Cci arrinesci alla fini di scappari<br />

E si metti in disparti a taliari.<br />

Marti, ch’era smargiazzu e ‘nghirriusu,<br />

Non suleva suffriri musca a nasu;<br />

Vaia , dicia, cc’è cca qualchi garrusu,<br />

Ca pritenni ‘nf<strong>il</strong>ari unni iu trasu?<br />

Niscissi fora, ca cc’è lu rifusu;<br />

Niscissi, ca lu fazzu pirsuasu;<br />

A futtirivi tutti bastu iu sulu,<br />

Non sugnu Marti, si non vaju ‘nculo.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>.<br />

Zeus, <strong>il</strong> capo degli <strong>dei</strong> e degli uomini ma anche <strong>il</strong> grande buttaniere.<br />

In principio era <strong>il</strong> caos. Oggi si nasce in un certo modo. Almeno a livello di uomini.<br />

Ma in passato si nasceva in tanti modi. Venire al mondo non voleva solo dire uscire<br />

dal portuoso di una femmina unni qualche minchia di mascolo avia depositato, per<br />

suo piacere e godimento , nu tanticchia di spacchiu. E chiaro quindi che all’inizio ci<br />

fu l’inizio.<br />

> dicevano Democritino e<br />

altri uomini di scienza.<br />

> si chiedevano i<br />

curiosi antidogmatici per natura.<br />

><br />

> diceva qualcuno.<br />

> precisò qualche altro stu<strong>dio</strong>so.<br />

Ma questo per la scienza. E per la religione? Per la religione niente e dovuto al caso.<br />

Per la religione ci sta sempre un <strong>dio</strong>, magari poco sapiente di quello che ha creato,


che si mette a fare <strong>il</strong> creatore, e con criteri scientifici che non conosce, crea e ordina<br />

tutto come un ragioniere.<br />

> si chiese qualcuno curioso.<br />

> rispondono sempre gli adepti.<br />

“ Ognuno tira l’acqua a li so mulina…. Anche se poi la farina è sempre farina..” dice<br />

un detto popolare.<br />

Ancora oggi, certi scienziati locali, della moderna Munipuzos, cioè Monacazzo,<br />

parlando del bum e bignhi e benghi e banghi dicunu :<br />

><br />

Ma ogni religione l’inizio lo inizia come minchia gli pare e conviene.<br />

Ma come incominciò ? Ogni religione ci ha raccontato le sue minchiate. L’uomo<br />

impastato cu lu fangu è minchiata comune. E pure <strong>il</strong> d<strong>il</strong>uvio universale, la<br />

partenogenesi.. e altro… cu nasci accussì e cu nasci accuddi.. <strong>il</strong> primo uomo fu<br />

chiddu, la prima fimmina fu chidda..<br />

Balle. Baddi. Minchiati ranni e grossi. Ma siccome siamo in democrazia ognuno è<br />

libero di credere a qualsiasi minchiata.. o di non credere.. libertà insomma di passari<br />

pi fissa specializzato o pi sperto stu<strong>dio</strong>so.. pi adepto o pi ateo.<br />

Ma vediamo le minchiate relative all’Olimpazzo….alla religione detta pagana. Allo<br />

Zeussismo o Zeuzzesimo..<br />

All’inizio c’era solo <strong>il</strong> Caos. Ovvero <strong>il</strong> nulla. E come <strong>il</strong> nulla possa dare <strong>il</strong> tutto non si<br />

capisci, su cazzi amari. Tutte le religione partono dal nulla pi dari <strong>il</strong> tutto e mitt<strong>il</strong>la in<br />

culo a tutti. Così fece pure lo Zeussismo o Olimpismo o Olimpocazzismo.<br />

Comunque, nun si sapi comu fu e come nun fu, ma <strong>il</strong> Caos generau, motu proprio,<br />

Gea, Tartaro, Erebo e la Notte. Motu proprio vuol dire semplicemente che si<br />

masturbò. Una sorta di partenogenesi al masch<strong>il</strong>e. Non si sapi mancu chi forma avia<br />

Caos, sicuramente era informe, <strong>il</strong> caos totale, <strong>il</strong> massimo dell’entalpia. Si ignora la<br />

forma del suo organo sessuale : ciolla o spaccazza o altro. Magari un misto delle due<br />

cose o qualche cosa di completamente diverso, oppure era tutto un sesso caotico,<br />

informe mostruoso, indefinib<strong>il</strong>e, onnipotente e onnipresente e soprattutto arrapato.<br />

Comunque Caos si masturbò.. se uno è solo nell’universo la masturbazione è la sola<br />

forma di sessualità sostenib<strong>il</strong>e e possib<strong>il</strong>e…<br />

Gea, per partenogenesi vera e propria, fici a Urano , e siccome ci vinni beddu, si lu<br />

maritò. Idda tinia nu purtusu, iddu nu stuppagghiu. E si misero a fari lu travagghiu di<br />

mettere <strong>il</strong> tappo nel buco. Mamma e figlio inventarono <strong>il</strong> sesso. Incestuoso ma sesso.<br />

E anche l’incesto è comune ad altre religioni. Ma siccome Gea e Urano erano<br />

inesperti nell’arte del ficca ficca, ficcanu mali e ficinu figghi nu tanticchia strani. Il<br />

meccanismo della riproduzione sessuale andava perfezionato…..<br />

Infatti nascenu Titani e Titanesse , i ciclopi Bronte, Sterope e Arge e i giganti<br />

centimani Cotto , Briareo e Gige. Titani e Titanesse erano rannazzi ma normali.<br />

L’autri erano strani assai. I giganti centimani avevano cento mani, cinquanta teste e<br />

cento aceddi. I ciclopi erano enormi e tenevano un occhio rotondo sulla testa e una<br />

minchia doppia. Urano a vid<strong>il</strong>li si scantò. E li rifuttiu dintra la panza di la madre.<br />

Urano comunque era un tipo assai assai autoritario e Gea non lo sopportava chiù. Si<br />

era rotta le ovaie. Pertanto desi un falcetto al figlio Crono dicennici:


Crono evirò <strong>il</strong> padre e buttò i genitali per aria. Dalle gocce di sangue cadute sulla<br />

terra nascenu Melie , Erinni e altri Giganti. Dalla ciolla, l’organo dell’amore, caduta<br />

in mare , nasciu già bella grande Afrodite, la dea dell’amore…. Bella, grande , bona e<br />

pronta per ficcare…<br />

Questo gesto è ricordato come “ La deminchiazione e la detesticolazione primaria”.<br />

Afrodite comunque pigghiau la ciolla e la mise sott’aceto, tanto per conservarla. Nun<br />

sapennu di chi cazzo era figlia la chiamava ora “ mamma” ora “ papà.” Da una<br />

minchia assassinata era nata una assassina di minchie. Afrodite l’aceddi mascolini si<br />

li spurpava alla sanfasò ma in cambio facia godere <strong>il</strong> proprietario dell’aceddu<br />

spurpato. Ma la cosa non si accapa qua. Questo è solo l’inizio di questa religione. Ma<br />

anche le altre hanno le loro amorevoli minchiate.<br />

Crono, <strong>il</strong> tagliaminchia dell’Olimpo, si dimostrò chiù testa di cazzo del padre.<br />

Autoritario assai e cumannero ancora chiù assai. Intanto pi fari ficca ficca si scelse la<br />

sorella Rea. E quannu due titani ficcaunu era na titaniata. Solo che qualcuno disse a<br />

Crono che prima o poi un suo figlio amatissimo lo avrebbe detronizzato.<br />

><br />

> pinsò<br />

Crono.<br />

Pertanto, via via che Rea partoriva, lui si li ammuccava. Si ammuccò <strong>il</strong> primo, <strong>il</strong><br />

secondo, <strong>il</strong> terzo, <strong>il</strong> quarto e <strong>il</strong> quinto.. ma col sesto la pigliò in culo. Il sesto nato fu<br />

Zeus. La madre lu ammucciò e al padre antrofago , o meglio teofago, diede un sasso<br />

tutto bello infasciato come un neonato. Crono tranqu<strong>il</strong>lo si l’ammuccò.<br />

Zeus crebbe ammucchiato , all’ummira come si usa dire; ma una volta grande decise<br />

di prendere <strong>dei</strong> provvedimenti draconiani.<br />

><br />

disse a sé stesso.<br />

Si mise d’accordo con parte <strong>dei</strong> Titani e <strong>dei</strong> Ciclopi. Ma prima convinse la smorfiosa<br />

e sfuggente Meti a dare un emetico a Crono. A Zeus piaceva sta iarusedda dalla testa<br />

montata. E piaceva pure a Crono. Meti era una che voleva usare <strong>il</strong> pacchio per fare<br />

carriera. Gli sfuggiva perchè Zeus al momento non era nessuno. Si smurfiava ma non<br />

gliela dava.<br />

><br />

Meti per <strong>il</strong> potere si addecise. E collaborò. La cosa però non gliela diede subito.<br />

Prima <strong>il</strong> potere, poi <strong>il</strong> piacere. Meti, con le sue smorfie che pigliavano per <strong>il</strong> culo<br />

chiunque, convinse Crono a bersi quello che lei ci dava.<br />

> diceva Crono.<br />

>


precisò <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

Crono arrovesciò l’anima e tutti li figli. I sei figli, o meglio, i cinque in carne e ossa e<br />

<strong>il</strong> sesto di pietra. Questa pietra oggi si trova nel Tempio di Zeus a Munipuzos. E <strong>il</strong><br />

cosiddetto Omphalos. L’ombelico del mondo. Dopo, intanto che Crono giaceva a<br />

letto tutto sminchiato, fu detronizzato, e con i parenti a lui favorevoli, rinchiuso<br />

nell’Oltretomba. Che comprendeva tre parti, come altre religioni. La Piana degli<br />

Asfodeli, <strong>il</strong> Tartaro e i Campi Elisi. Come dire Purgatorio, Inferno e Paradiso.<br />

Zeus divenne <strong>il</strong> <strong>dio</strong> degli <strong>dei</strong> e degli uomini. Si maritò cu Meti e la fici quasi morire<br />

dal piacere. Tutte le ficcate che quella gli aveva negato ci li fici fari in una notte. La<br />

mannò in overdose di sasizza. Tanto che poi a Meti , appena ci parraunu di sesso, ci<br />

vinia <strong>il</strong> voltastomaco. Avia fatto <strong>il</strong> pieno e nun ni putia chiù.<br />

Ma Zeus, vendicativo come pochi, ci la passava e ripassava a forza. La vulia fare<br />

morire pi troppo aceddu.. ma quella non moriva perché non poteva morire.. restò<br />

invece incinta.. e siccome le profezie annunciavano sempre e solo sciagure, venne<br />

fuori che un figlio nato da quel congiungimento carnale prima o poi doveva futtiri a<br />

Zeus.. Per evitare complicazione lu capudiu si ammuccò la moglie e quello che stava<br />

dintra la sua panza.<br />

Zeus aveva avuto problemi anche con la mamma. La mammina Rea era stata una<br />

tipica esponente del potere matriarcale. E quannu Zeus avia espresso l’intenzione di<br />

pigliare moglie ci l’avia sconsigliato.<br />

> ci disse Rea.<br />

Zeus visti in queste parole una offesa al suo essere masculo e <strong>dio</strong>.<br />

><br />

La mamma rise.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

rispose Zeus ammusciannici la minchia.<br />

> rispose la donna ridendo.<br />

><br />

Fu così che Zeus stuprò la madre. Quello stupro segna <strong>il</strong> passaggio ideale dal potere<br />

matriarcale a quello patriarcale. Prima della violenza Zeus aveva meditato per un<br />

secondo e mezzo. Poi aveva sciolto <strong>il</strong> suo atroce d<strong>il</strong>emma .<br />

><br />

Una delle tante varianti della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da<br />

Munipuzos riguardò questa storia.


Al momento dell’intronizzazione Zeus fici un bel discorso a tutto l’Olimpo. Discorso,<br />

che nun si sapi come fu e come non fu, vinni a conoscenza di Esiodo da Munipuzos,<br />

che lo riportò nella sua Teogonia .<br />

><br />

Si fermò un attimo e sospirò. Poi riprese calmo e tranqu<strong>il</strong>lo come un capo<strong>dio</strong> che sa<br />

quello che deve fare e dire. Si allisciò la barba e si toccò i santissimi come semplice<br />

gesto scaramantico.<br />

><br />

> risposero tutti.


è l’uomo che s’é creato gli <strong>dei</strong> a sua immagine e somiglianza… non so.. io adesso<br />

sono al potere ma ho dovuto lottare dieci anni.. e so che in futuro dovrò sostenere<br />

n’autra furiosa battaglia.. <strong>il</strong> pericolo più grosso lo tengo in famiglia.. parenti<br />

serpenti… questo vale per gli uomini e per gli <strong>dei</strong>… ma so anche come batterlo… e<br />

che devo trovare la donna giusta per avere <strong>il</strong> figlio giusto che mi darà la vittoria<br />

finale.. ma questo non è l’oggi e neanche <strong>il</strong> domani.. la nostra avventura sta solo<br />

iniziando.. vi dico che l’uomo bestia non riuscirà a mettersi d’accordo neanche sul<br />

posto dove sono nato.. per i fedeli di rito arcadico io sarei nato in una grotta del<br />

monte Licia.. secondo quelli di rito cretese o sul monte Ida o Ditte.. sempre in una<br />

grotta.. e non sarò l’unico a nascere in una grotta.. e non chiedo neanche a mammina<br />

dove mi fece nascere e dove mi generò… non m’interessa la verità.. m’interessa<br />

quello che crede <strong>il</strong> popolo.. a mia personalmente mi piace <strong>il</strong> rito Munipuzico.. deve<br />

ancora venire.. ma è quello che mi farà nascere in una grotta del monte Munipuzos..<br />

non so cosa succederà ma noi avremo a che fare con questo monte.. con la città<br />

omonima e con la gente del posto….ma di tutto questo non dite parola alcuna.. la<br />

verità meno si conosce meglio è…lasciamo che ad estrinsecare <strong>il</strong> pensiero divino<br />

siano gli oracoli.. che con <strong>il</strong> loro linguaggio astruso sono quasi sempre<br />

incomprensib<strong>il</strong>i.. o forse sono incomprensib<strong>il</strong>i per noi che comprendiamo troppo e<br />

sappiamo troppo... ma gli uomini magari ci vedono del comprensib<strong>il</strong>e in<br />

quell’incomprensib<strong>il</strong>e.. a volte non si capisce neanche se dicono che bisogna andare a<br />

destra o a sinistra.. ma a parte questo sappiate, colleghi cari, che a noi liberof<strong>il</strong>i<br />

succederanno <strong>dei</strong> liberticidi.. tutti regole e niente arrosto.. vi dico solo che<br />

cercheranno di regolamentare <strong>il</strong> cunnus e l’aceddu.. questo vi basti per capire che<br />

gente sarà.. poveri noi abitanti di questo Olimpo… in particolare penso alla cara<br />

Afrodite.. la dea dell’amore carnale.. a lei tapperanno <strong>il</strong> portuoso.. a suo figlio <strong>Priapo</strong><br />

dalla lunga ciolla taglieranno tutto.. come a Urano.. a Eros leveranno le frecce…<br />

Ermafrodito e sim<strong>il</strong>i saranno solo peccatori. .. a mia mi daranno del buttaniere<br />

fimminaru e altro.. ma adesso lasciamo perdere di pensare al futuro.. pinsamu al<br />

presente e divertiamoci.. che inizi la festa… avanti con la musica.. falli e cunni<br />

suonate la musica del piacere .. suonate la musica dell’amore…fatelo senza<br />

restrizioni o limitazioni.. fatelo fin quando lo potete fare.. fatelo.. habemus phallus..<br />

habemus cunnus.. travagliamo… e tu, Era, vieni qua che dobbiamo maritarci subito e<br />

consumare subitissimo… anzi riconsumare.. perché a dire <strong>il</strong> vero tutti lo sanno che io<br />

e te è da m<strong>il</strong>lenni che facciamo <strong>il</strong> ficca ficca insieme.. tu sei stato <strong>il</strong> mio primo<br />

pacchio.. e io la tua prima ciolla … poi io ho avuto altri interessi , ma adesso intendo<br />

farti diventare la capadia.. la moglie del capo<strong>dio</strong>.. pertanto vieni che te la ficco come<br />

segno del nostro matrimonio.. io Zeus, mi consento di autosposarmi con la qui<br />

presente Era… e di essergli infedele nella buona e nella cattiva sorte.. perchè quando<br />

mi piglia <strong>il</strong> firticchio nell’aceddu che addesidera qualche altro sticchio non mi so<br />

trattenere.. e se tu non consenti , cara Era, io mi autoconsento di obbligarti a<br />

consentire.. consenti pertanto con le buone o con le cattive..>><br />

> rispose Era che era felicissima. Finalmente<br />

diventava la moglie ufficiale del capo<strong>dio</strong>.


Tutti applaudirono ed ebbero un brividino per le amare previsioni... Ma quella sera di<br />

addivertirono tutti.. anche Urano.. seppure in catene, per una sera riebbe la ciolla e i<br />

testicoli . Che ritornarono nel suo sottopanza…<br />

In fondo <strong>il</strong> regno di Zeus era solo all’inizio… perché pensare alla fine. Anche se la<br />

nascita è l’inizio della morte <strong>il</strong> detto “ Ricordati che devi morire” non era ancora<br />

molto ut<strong>il</strong>izzato.<br />

Quella notte Zeus festeggiò l’intronizzazione e consumò centocinquanta m<strong>il</strong>iardi di<br />

volte <strong>il</strong> matrimonio…. Anche perchè quella notte duro trecento anni…<br />

> era la variante, dedicata a Zeus, della<br />

domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos<br />

Homerino da Munipuzos, in greco , scrisse <strong>il</strong> poema Zeusseide, <strong>il</strong> poeta<br />

Mhassymylyano , in latino, <strong>il</strong> Carmen Zeus aves felix e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong><br />

romanzo Cent’anni con Zeus.<br />

Canterò la bella, veneranda Afrodite dalla corona<br />

d'oro, che protegge le mura dell'intera Cipro<br />

circondata dal mare, dove l'umido soffio di Zefiro<br />

la portò sopra l'onda del mare risonante,<br />

nella morbida spuma. Le Ore dall'aureo diadema<br />

la accolsero con gioia e le fecero indossare vesti divine;<br />

sul capo immortale le posero una bella corona<br />

d'oro, ben lavorata, e ai lobi forati appesero<br />

fiori d'oricalco e d'oro prezioso;<br />

le ornarono <strong>il</strong> collo delicato e <strong>il</strong> petto bianchissimo<br />

con collane d'oro, che le stesse Ore<br />

dall'aureo diadema indossano quando si uniscono<br />

all'amab<strong>il</strong>e danza degli dèi, nella casa del padre.<br />

Quando terminarono di ornare le sue membra,<br />

la presentarono agli immortali: vedendola, essi<br />

le davano <strong>il</strong> benvenuto, le tendevano le mani, e ciascuno<br />

desiderava portarla a casa sua come legittima sposa,<br />

poiché ammiravano l'aspetto di Citerea coronata di viole.<br />

Salve, dea dolcissima dagli occhi br<strong>il</strong>lanti: concedimi<br />

la vittoria in questo concorso, e ispira <strong>il</strong> mio canto.<br />

E io canterò te e anche un'altra canzone.<br />

Inno ad Afrodite, Inni omerici<br />

Afrodite, dea della bellezza e buttana universale<br />

La dea dell’amore a cui tanto piace fare all’amore nasciu senza un gesto d’amore.<br />

Semmai di violenza fu l’atto che la fere nascere. La famosa “ Deminchiazione “ di


Crono nei confronti del padre. La minchia divina cariu nel mare ca era ancora tisa e si<br />

muvia come un serpente d’acqua. Come un pisci incazzato. Vulia farsi l’ultima<br />

fottuta prima di esalare l’ultimo respiro. Era pronta ad andare pure in culo a una<br />

balena pur di ficcare. Ma non trovò niente e si futtiu lu mari…. Ma lu mari non<br />

poteva sciri incinto.. e allora fu la spumazza ca si misi a pazziari sutta lu stimulu di<br />

la ciolla divina e pigghiau forma di una fimmina bona.. la fimmina chiù bona che si<br />

fosse mai vista sull’orbe terracqueo e non solo…la spumazza fici prima due colonne<br />

perfette che poi la ciolla modellò a dovere.. funu li cosci.. due cosce che a vid<strong>il</strong>li<br />

vinia <strong>il</strong> pititto di scalarle ..se non altro per vedere cosa c’era in cima.. cosa c’era in<br />

mezzo.. poi ci fici li natichi e qua lu brigghiu divino lavorò d’artista… perchè un<br />

culo come quello non s’era mai visto….Callipigia doveva essere.. natiche belle, culo<br />

bello, chiappe dorate.. culo etereo.. culo culiforme , cioè a forma di culo.. Callipigia<br />

in fondo voleva solo dire dalle belle natiche… ma quella era bella tutta.. davanti la<br />

spumazza ci fici una panza ca lu marrugghiu di carni rifinì alla bella… e poi, cu la<br />

punta, la ciolla di Urano ci fici nu putusiddu che si addimostrò veramente l’ombelico<br />

della gioia.. quel purtusiddu chiamato ombelico era la forma esatta della coppola<br />

della minchia di Urano…e chiù supra la spumazza ingrifata dalla divina sasizza ci<br />

piazzò due minne grandi che stavano su da sole.. che sfidavano la forza di gravità…<br />

che puntavano al cielo con due capiccia che facevano venire <strong>il</strong> desiderio di sucari a<br />

tutti.. ai picciriddi per <strong>il</strong> latte e ai ranni tanto per sucare e alliccari cosi belli.. i<br />

capiccia non erano capiccia .. erano due cazzetti in miniatura.. poi lu citrolu divino ci<br />

fici na testa perfetta di nasu , aricchi, ucca e occhi.. la ucca era perfetta e facia venire<br />

<strong>il</strong> pititto di vasalla, divoralla e altro.. chiddi labbra appena si muvevano mitteuno lu<br />

pititto a tutte le ciolle del mondo.. ciolle divine e umane.. lo stesso Zeus quannu viria<br />

ad Afrodite avia una erezione istantanea micidiale ca se non trovava un purtuso<br />

disponib<strong>il</strong>e nel giro di trenta secondi si la doveva minare…ma tutti li avrebbero<br />

voluto vasare.. a parte che Afrodite maritava di essere vasata comunque e ovunque..<br />

gli occhi invece erano di un colore ca non si sapia come chiamare… ci sono occhi<br />

azzurri, verdi, accussì e accuddì.. ma questo era particolare, particolarissimo.. colore<br />

di minchia forse.. o colore di cazzo.. colore di mentula.. colore di fallo.. colore di<br />

fottere sempre e comunque alla sanfasò.. pirchì bastava talialli ca uno si pirdia<br />

nell’estasi della carne…là dentro c’era l’inferno e <strong>il</strong> paradiso.. ma solo del sesso..<br />

piaceri e piaceri la dintra ci stavano.. m<strong>il</strong>le posizioni.. e altro.. tutto perso o immerso<br />

nella spumazza del piacere in tempesta.. ma la cosa chiù bella lu piripicchio divinu ci<br />

la fici in mezzo alle cosce.. lo sticchio più bello del mondo.. una spaccazza speciale ..<br />

rifinita che manco Fidia o altro artista ci avissa rinisciuto… una f<strong>il</strong>azza circondata da<br />

quattro piegoline di carne che vibravano in automatico appena sinteunu cianuro di<br />

ciolla.. e a sovrastare chista struttura ci stava nu buttuneddu ca quannu attrintava<br />

mittia lu focu alla proprietaria e all’amico di la proprietaria… ma come se non<br />

abbastasse la minciazza divina ci desi na spruzzata di acqua di mari e simenta divina<br />

na lu purtusiddu.. pi dari lu giustu sapuri.. lu giustu sali allo sticchio.. pi fallu na cosa<br />

saporita assai e no scipita.. e tutti sanu chi sapuri avi chidda cosa bella.. ma lu sapuri<br />

di chidda di Afrodite era davvero speciale… l’avia salatu nu diu.. o meglio, la<br />

minchia di un <strong>dio</strong>… era <strong>il</strong> giusto sapore del pacchio… perchè penso che un <strong>dio</strong> sappia


come salare le cose… ma altre alla sapore ci stava pure la forma .. perfetta.<br />

sticchiforme al cento per cento.. e poi una particolarità veramente particolare… lo<br />

sticchio di Afrodite aveva <strong>il</strong> dono della risata.. una risata soddisfatta e soddisfacente...<br />

E quella risata non era nascosta da p<strong>il</strong>o alcuno. Perché <strong>il</strong> pacchio di Afrodite era<br />

sp<strong>il</strong>ato al cento per cento.. al m<strong>il</strong>le per m<strong>il</strong>le.. neanche un p<strong>il</strong>o c’era.. era tutto a vista<br />

..e quannu quelle quattro labbra, due piccole e due grandi , sorridevano, si poteva<br />

pure taliare <strong>il</strong> fondo di quel pozzo del piacere.. era <strong>il</strong> pacchio di Afrodite un pacchio a<br />

vista.. era uno sticchio che non aveva nulla da nascondere.. vulia na minchia e lo<br />

faceva capire.. vulia na lingua e la chiedeva … vulia nu itu e lo addomandava.. in<br />

genere vulia tutti sti tri cosi.. lingue.. ita.. cazzi.... ma soprattutto vulia cazzi.. cazzi..<br />

solo potendo si avissa fatto tutti li cazzi dell’orbe terracqueo.<br />

Zeus la trovò accussì bella che, come detto, l’avrebbe voluta come gioiello per <strong>il</strong> suo<br />

aceddu. Non potendo, ma pur pensandoci in base al detto” mai dire mai “, pinsau che<br />

ci avissa piaciuto avere una figlia così. Ma non potendola più generare perché un<br />

altro l’aveva generata, Zeus la nominò sua figlia adottiva. Ma senza escludere un<br />

eventuale incesto.. perché Afrodite era la quintessenza della minchia.. era la dea della<br />

minchia.. era la dea buttana per eccellenza e lui, Zeus, era si <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> ma era anche<br />

<strong>il</strong> capo <strong>dei</strong> capi <strong>dei</strong> buttaniere.<br />

> diceva sempre nella sua testa.<br />

Ma unni nasciu la dea buttana?<br />

Cipro, hanno detto. Hanno detto! Per questo era chiamata “ Ciprigna”.<br />

In realtà “ Ciprigna” è una deformazione di “ Citrigna “. Perché Afrodite era citrigna<br />

in tutto e per tutto. Citrigna di manu, di minni, di natichi e anche di pacchio.<br />

Citrigna perché la sua fica era citrigna. Si contraeva spasmodicamente e quelle<br />

contrazioni si trasmettevano all’aceddu. Con conseguenze assai felice per idda e per<br />

iddu. Quel pacchio spremeva gli aceddi. E come li spremeva. Lo sapeva bene<br />

Anchise che della cosa vantannu si ia.<br />

><br />

A parte questo, ripeto: Ma unni nasciu allora la dea buttana?<br />

Nasciu nella zona di Eloro , vicino all’attuale Noto. Ci sta lì ancora oggi uno<br />

scoglione falliforme che da sempre i sic<strong>il</strong>iani chiamano la “ minciazza di petra”.<br />

Lì, davanti a quella struttura litologica, cariu l’aceddu di Crono. E nasciu accussì<br />

Afrodite. Ca la sira stissi incominciò a fottere.. Tutti li dia si la ficinu, a parte Zeus…<br />

poi si la ficinu tutti li masculi di la zona.. alla fine si maritò con Efesto ma si fici<br />

come amante fisso <strong>il</strong> bellimbusto di Ares. Ma tra una fottuta maritale fatta per dovere<br />

e nu tanticchia di passione e tante fottute fatte con Ares solo e soltanto per piacere,<br />

Afrodite attruvava lu tempo pi faris<strong>il</strong>la ficcare da questo o da quello.. con Dioniso <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>inghi era perfetto…ma si la fici ficcari anche da Poseidone e da Ermete..<br />

Con Adone , non potendo avere la ciolla dentro si sé, si accuntintava di manu e<br />

lingua.. perchè a dire <strong>il</strong> vero la lingua di Adone era chiù esperta di una minchia<br />

specializzata in sofisticati cunni di alta classe.<br />

Ma Afrodite, tra una fottuta e l’autra , trovava anche <strong>il</strong> tempo di fare le minnitta.<br />

E minchia se ne fece.


Per esempio, a Pasife la fici innamorare di un toro… alle donne di Lemno che non<br />

l’onoravano li puniu in modo originale,<br />

><br />

> gridarono quelle,<br />

><br />

A Ippolito, che disdegnava le cose erotiche, lo fece cadere nelle mire sessuali della<br />

matrigna Ippolita. Con tutto quel che successe.<br />

Ma era anche molto assai protettiva con chi la amava. Protesse Paride, fici si che<br />

Didone s’addumassi di pacchio per suo figlio Enea.. aiuto Giasone a fare cicchiti e<br />

ciacchiti con Medea…<br />

A proposito, con l’amante Ares, figlio di Zeus, la figlia adottiva di Zeus, fici tra<br />

l’altro Armonia.. Armonia si maritò con Cadmo.. e a Cadmo ci cacò tra l’autru<br />

Semele… Semele la bella e ritrosa ca nun si capia chi minchia vulia…. e Semele poi<br />

a Zeus ci cacò Dioniso.. e Dioniso addivintò amante di Afrodite... la simenta si ricicla<br />

e riincontra.<br />

> era la variante , dedicata ad Afrodite, della domanda per cui era<br />

famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos<br />

Omerino scrisse <strong>il</strong> poema Afroditiade, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Afrodite cunnus<br />

felix e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni con Afrodite.<br />

Figlio di Zeus, <strong>dio</strong> dall'aspetto di toro: alcuni dicono<br />

che a Dracano Semele ti concepì e ti partorì a Zeus<br />

signore del fulmine, altri a Icaro battuta dai venti,<br />

altri a Nasso, altri lungo <strong>il</strong> fiume Alfeo dai gorghi profondi;<br />

altri affermano che tu sei nato a Tebe, signore.<br />

Mentono tutti: <strong>il</strong> padre degli uomini e degli dèi ti generò<br />

lontano dalla gente, nascondendoti a Era dalle bianche braccia.<br />

C'è un altissimo monte chiamato Nisa, fiorente di boschi,<br />

al di là della Fenicia, vicino alle correnti dell'Egitto ..<br />

a lei offriranno molte statue nei templi.<br />

E poiché ti tagliarono in tre parti, ogni tre anni<br />

gli uomini ti sacrificheranno perfette ecatombi, per sempre".<br />

Così dicendo, <strong>il</strong> Cronide accennò con le sopracciglia<br />

scure: i capelli divini ondeggiarono sul capo immortale<br />

del sovrano, che fece tremare <strong>il</strong> vasto Olimpo.<br />

Così parlò <strong>il</strong> saggio Zeus, e diede un ordine con <strong>il</strong> capo.<br />

Siimi propizio, <strong>dio</strong> dall'aspetto di toro, che dai la follia<br />

alle donne: noi aedi ti cantiamo all'inizio e alla fine,<br />

e chi ti dimentica non può intonare una sacra canzone.


Così ti saluto, Dioniso dall'aspetto di toro,<br />

e saluto tua madre Semele, che è chiamata Thyone.<br />

Inno a Dioniso, Inno omerico<br />

Dioniso, spirito e minchia <strong>dio</strong>nisiaca<br />

Zeus appena viria nu bellu pacchiu si facia pigliare <strong>il</strong> firticchio nel piripicchio. E non<br />

si calmava se non a missione compiuta. Un giorno ci appitittò Semele detta la ritrosa.<br />

Bona , bella ma cu nu tanticchia di puzza sotto <strong>il</strong> naso. Mirava in alto. Mirava a<br />

qualche cazzo con la corona sulla coppola della minchia..<br />

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Zeus, vecchio marpione cunnof<strong>il</strong>o, la ubriacò cu na bevanda divina e poi si la fici. Fu<br />

quasi uno stupro. O meglio, fu <strong>il</strong> solito stupro. Ma Zeus operava accussì. La sua<br />

simenta fecondò un uovo br<strong>il</strong>lo. Poi la lassò incinta. Ma ogni volta che si la voleva<br />

fare prima la faceva ubriacare. Pertanto <strong>il</strong> picciriddu si nutriu di chista cosa. Una cosa<br />

che s’usava nell’Olimpazzo.. oltre al nettare e all’ambrosia, alla minchiosia e alla<br />

sticchiosia si usava <strong>il</strong> “ Divino Oinos. “ . Il nettare e l’ambrosia erano in nutrimento<br />

corporeo, la minchiosia e la sticchiosia <strong>il</strong> nutrimento per gli organi sessuali, infine <strong>il</strong><br />

“ Divino Oinos” era lo stimolante cerebrale,<br />

Era una bevanda a contenuto alcolico di colore generalmente rosso che produceva<br />

Estia per i suoi misteri. Ed era un mistero come la faceva, ma tutti gli <strong>dei</strong> si la<br />

sucavano alla sanfasò e diventavano allegri.<br />

> diceva<br />

Zeus.<br />

Semele era incinta ed era anche contenta. Aveva fatto la preziosa ma quel signore di<br />

mezza età si era assai incazzato . A un certo punto ci aveva fatto bere una bevanda<br />

misteriosa, poi ci avia dato da bere lu latti di brigghiu e infine ci l’avia ficcata<br />

d’autorità. E ci avia addimostrato di essere Zeus.


ci avia dittu.<br />

Su quella coppola stava la Z di Zeus. E quella “ zeta “ al fosforo , cu lu scuru,<br />

addivintata fosforescente. Tutti conoscevano questa caratteristica di Zeus. Adesso la<br />

conosceva anche Semele, la figlia di Cadmo e Armonia, la nipote di Afrodite…<br />

><br />

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><br />

Allora la ritrosa Semele era iuta in brodo di giuggiole; a avissa vulutu gridare al<br />

mondo interro che quell’uomo che si abbandonava tra le sue cosce era Zeus in<br />

persona. E che quel figlio che portava nella panza era figlio di Zeus.. simenta divina<br />

stava criscennu dintra la sua panza.<br />

> ci disse Zeus a Semele.<br />

La moglie di Zeus, sospettosa e gelosa delle avventure ciollesche del marito, nelle<br />

vesti della nutrice della picciotta , si fici confessare <strong>il</strong> nome dell’amante.<br />

> pinsò Era.<br />

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<br />

Semele lo fece. Zeus cercò di evitare la manifestazione della suo potenza. Ma quella<br />

insistette.<br />

><br />

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E l’accontentò. Ma la femmina , a causa di quella luminosità spendente e radiante , si<br />

ridusse in cenere. Allora Zeus, per salvare suo figlio , prese <strong>il</strong> feto e, fattosi un taglio<br />

nella coscia, ci lu ficcau dintra. In questo nuovo ambiente Dioniso completò lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo corporeo . Accussì nasciu <strong>il</strong> piccolo cornuto e anguicrinito Dioniso. E<br />

Dioniso vuol dire “ nato due volte. Qualcuno dice “ nato tre volte”.


Dioniso. Nato due o tre volte? Nato dalla panza della madre. E una. Nato dalla coscia<br />

di Zeus. E fu la secunna. Ma la terza qual è?<br />

In realtà ci sta la protoprima nasciuta.<br />

Ma qual è ? Dioniso s’era gia chiamato Zagreo. Ed era <strong>il</strong> figlio che Zeus aveva fatto<br />

fare a sua figlia Persefone , figlia fatta con la sorella Demetra. E quel figlio fatto con<br />

la figlia doveva essere anche l’erede riconosciuto di Zeus, <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> di un futuro<br />

lontanissimo.. Ma Era lo odiava questo diuzzo futuro capo<strong>dio</strong>.<br />

><br />

E per un suo ordine perentorio i Titani lo fecero a pezzi.<br />

><br />

Si salvarono solo <strong>il</strong> cuore e la ciolla. Che Pallade Atena recuperò e portò a suo padre<br />

Zeus. Questi due pezzi furono poi riut<strong>il</strong>izzati per generare Dioniso. Prima della<br />

prima fottuta Zeus pigliò la ciolla e <strong>il</strong> cuore di Zagreo e li catafuttiu dintra la f<strong>il</strong>azza<br />

di Semele… e poi a forza di spingere con la minchia, ci li ficcau dintra assai assai.. e<br />

quei due pezzi unici furono usati per assembrare Dioniso. In nuovo figlio di Zeus<br />

aveva la ciolla e <strong>il</strong> cuore di Zagreo.<br />

Pertanto Zagreo fu la prima nascita, la sciuta dalla panza di Semele la seconda, e<br />

infine la sciuta dalla coscia divina la terza e definitiva.<br />

Ma <strong>il</strong> picciriddu avia assunto troppo alcol. Nelle sue vene aveva poco sangue ma<br />

assai “ Divino Oinos”. E quannu sciu dalla coscia del padre anziché ciangiri riria.. la<br />

tipica risata <strong>dei</strong> br<strong>il</strong>li, la specifica risata dello “ spirito <strong>dio</strong>nisiaco”.<br />

> disse Zeus.<br />

Ma lu picciriddu nun lu vosi.<br />

><br />

Ma Dioniso non la volle.<br />

> si chiese Zeus.<br />

> rideva Dioniso.<br />

><br />

Dioniso rifiutò anche quel cibo. Mise solo una manina nella minchiosia e si la<br />

inc<strong>il</strong>ippiò alla grande. Poi, anziché sulla bocca, si stricau la sostanza sulla ciollina.<br />

> si chiese Zeus, nu tanticchia disperato.<br />

E col ditino indicò la coppa che Zeus teneva in mano per brindare.<br />

><br />

Lu picciriddu fu nutrito con questa che era la quinta fonte alimentare dell’Olimpazzo.<br />

Pertanto era sempre br<strong>il</strong>lo e sautava come nu pazzarieddu. Ma ci stava na fimminazza<br />

ca nun lu putia viriri.<br />

><br />

Per evitare complicazione <strong>il</strong> nuovo nato fu affidato ai parenti della moglie affinché<br />

lo crescessero. Queste, per proteggerlo meglio da Era, le vestirono a fimminedda. Per


nutrirlo questi, piuttosto che “ latte” , che <strong>il</strong> picciriddu rifiutava, gli davano “ tragos”<br />

e miele… ovvero birra e miele..<br />

><br />

Ma in realtà <strong>il</strong> picciriddu ricercava <strong>il</strong> sapore perduto del “ Divino Oinos”.<br />

Ma Era, non trovando <strong>il</strong> piccolo Dioniso, fece impazzire i parenti.<br />

><br />

In seguito, sempre per proteggerlo dai nemici, Dioniso fu trasformato in capretto.. un<br />

capretto strano .. e <strong>il</strong> capretto si facia tutte le caprette possib<strong>il</strong>i.. le prime esperienze<br />

amorose di Dioniso furono esperienze zoof<strong>il</strong>e… e anche da capretto vulia non latte<br />

ma tragos e miele… era pertanto sempre br<strong>il</strong>lo e dolce assai assai. Ma in realtà<br />

l’armaruzzu ricercava ancora una volta <strong>il</strong> sapore perduto del “ Divino Oinos”.<br />

Ma Era fece impazzire tutti i pastori di capre… a Dioniso lo salvò S<strong>il</strong>eno.. per ordine<br />

di Zeus.<br />

Tornato caruseddu Dioniso fu vestito da femminuccia e cresciuto con le ragazze.<br />

Sotto lo sguardo finto severo di S<strong>il</strong>eno. E sucava sempre meli e tragos. Sperannu di<br />

ritrovare <strong>il</strong> sapore perduto del “ Divino Oinos”.<br />

Dioniso era dunque sempre più dolce e sempre più br<strong>il</strong>lo. Sia di ciriveddu che<br />

d’aceddu. Il caruseddu criscia molliccio.. come una ragazzina.. sempre più<br />

effeminato addiventava.. più duci… ma anche chiù bello o bella dir si voglia.. e<br />

Dioniso, nelle sue vesti femmin<strong>il</strong>i, fece innamorare tutte le compagne.<br />

> proponeva Teofrasta.<br />

Giocavano un po’. Poi cambiavamo gioco.<br />

> proponeva Lesbia.<br />

E giocavano pi nu tanticchia. E la benda gira e rigira vinia messa sempre a Dioniso<br />

che vestito da fimminedda facia la sua bella cumparsa.<br />

Ma in realtà tutte le compagne sapevano che quello era un mascolo… l’avevano<br />

scoperto a suo tempo.. quannu avevano notato <strong>il</strong> diverso modo di pisciare.. e<br />

giocando giocando ne avevano fatto un gioco…<br />

> diceva una delle ragazze.<br />

E mente le femmine si mettevamo culo a ponte per lanciare lo schizzo <strong>il</strong> più lontano<br />

possib<strong>il</strong>e Dioniso si la scia , la mittia in posizione, e pisciava a suo modo . Con le<br />

sue capacità e le sue ab<strong>il</strong>ità.<br />

La ragazzine avevano anche notato che <strong>il</strong> minchiolino non era sempre lo stesso. A<br />

volte era nicu, a volte più grande, a volte siccu, a volte più grosso, a volte mollo e a<br />

volte duro…<br />

Ma <strong>il</strong> gioco che amavano di più era la Caccia Cieca al Tesoro Nascosto. Le ragazze<br />

erano le cacciatrici, Dioniso <strong>il</strong> cacciatore e <strong>il</strong> tesoro era la ciolletta.<br />

Giocavano nelle campagne, in mezzo all’erba verde, in mezzo al grano, e se c’era<br />

caldo, nelle piscine del Palazzicchio Realicchio. A volte nei giardini, tra fiori e<br />

arbusti delicati, col solo ciauru tutti andavano in estasi. Se invece c’era freddo


giocavano negli appartamenti <strong>dei</strong> bambini. Le ragazzine bendate cercavano Dioniso<br />

bendato, e una volta che lo acchiappavano, per capire se era lui o una ragazzina,<br />

andavano a controllare. Naturalmente , con tempi diversi, Dioniso veniva intercettato<br />

da tutti. E allora era uno scorrere alla ricerca del tesoro. Che poi, una volta trovato,<br />

sottoposto a tutte quelle manipolazione, finia per versare <strong>il</strong> latte di brigghiu. Con<br />

quelle compagne Dioniso sperimentò <strong>il</strong> sesso etero in tutte le sue forme . Sotto<br />

l’estasi birresca era bello trasiri <strong>il</strong> suo spirito <strong>dio</strong>nisiaco nell‘antro del piacere. Che<br />

avia un bel sapore… una sapore a cui però mancava qualche cosa. Iddu<br />

personalmente l’avrebbe condito con un po’ di “ Divino Oinos..<br />

Quella bevanda si la sunnava notte e giorno , giorno e notte; e avissa vulutu<br />

addivintari iddu stissu una sorgente di “ Divino Oinos.”<br />

Anziché pisciare latti di brigghiu o cangiarici l’acqua alle olive avrebbe voluto<br />

diventare una fontana vivente di “ Divino Oinos..”<br />

Sicuro e convinto com’era che quella bevanda divina sarebbe diventata quella<br />

preferita dagli uomini. Ma intanto non sapeva dove reperirla. E andava avanti a tragos<br />

e miele. Era si br<strong>il</strong>lo ma anche dolce, dolce, dolce.. anzi, dolcissimo...<br />

Dioniso, sotto forma di ragazzina , fece innamorare perdutamente Ampelo… o<br />

s’innamorò di Ampelo.. un mascolo con un altro mascolo ma con Dioniso vestito da<br />

femminuccia...<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire quel che passò nelle teste <strong>dei</strong> due mentre sucavano “ tragos “ e meli<br />

alla sanfasò.. la birra ci mittia allegria in testa, nel cori e nell’augello…<strong>il</strong> miele<br />

addolciva tutto…<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Ampelo, nel momento in cui perse testa, core a aceddu per<br />

Dioniso, sapeva che quello era senza f<strong>il</strong>azza ma con una bella ciolla come la sua.<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Ampelo quannu allungau la mano era cosciente o era sotto<br />

l’ebbrezza data dal tragos<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Dioniso quannu lassau ca la manu dell’amicu scinnissi verso <strong>il</strong><br />

basso era cosciente o sotto l’effetto del tragos.<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Ampelo circava un mascolo o una fimmina..<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Ampelo quannu attruvò una ciolla si l’aspettava o s’aspettava<br />

altro…<br />

Sta di fatto ca quannu cu la manu scinniu a circari la fonti della verità si attruvò na<br />

bedda corda di sasizza. Ma non disse un cazzo. Come dire “ chistu attruvai e chistu<br />

mi sucu”.<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se era contento oppure no.. sta di fatto che continua ad operare con<br />

quel citrolo carnoso… e si dissetò a quella fonte come già facevano le ragazze…<br />

Impossib<strong>il</strong>e dire se Ampelo lo fece per scelta o per convinzione o perchè tanto che<br />

c’era era meglio pigliarsi quello che passava <strong>il</strong> convento…<br />

E tra una sucata di birra e l’altra, tra una sucata di meli e l’autra, Ampelo che faceva<br />

<strong>il</strong> mascolo della situazione ci la sucò all’amico e poi ci la piazzò nel culo.<br />

Toccò a Dioniso fare altrettanto.. e qui successe <strong>il</strong> miracolo.. minchia chi miracolo…


Impossib<strong>il</strong>e sapere la verità ma secondo tanti mitologi ci trasi Zeus in persona che<br />

astrummintò questo espediente per fare un regalo a suo figlio pur sapendo che quello<br />

era generoso e l’avissa dato in regalo agli uomini…<br />

Impossib<strong>il</strong>e sapere perchè <strong>il</strong> maschiò Ampelo sucò per primo e <strong>il</strong> femmineo Dioniso<br />

per secondo..<br />

Impossib<strong>il</strong>e sapere se Ampelo circava una f<strong>il</strong>azza da alliccate e trovò ua fontana che<br />

pisciava latte di brigghiu.<br />

Dioniso era timido e Ampelo ci disse:<br />

><br />

Dioniso fece.. con calma e passione.. e intanto che la passione cresceva la calma<br />

vinni meno, <strong>il</strong> ritmo divenne ossessivo.. pare che da quella fontana si aspettasse la<br />

vita.. <strong>il</strong> miracolo, la sorpresa, la felicità.. E così fu. Quannu la simenta impetuosa da<br />

testiculos di Ampelo si riversò nella bocca di Dioniso quello sucò fino all’ultimo.. e<br />

poi, quannu non ne usciva più una stizza, si mise a sautare…a sautare come un<br />

pazzo..<br />

><br />

E in preda allo spirito <strong>dio</strong>nisiaco si ittau addosso al caruso e ci la sbattiu con impeto<br />

nel culo. Né timidezza né paura era rimasta in Dioniso , ma solo voglia di dimostrare,<br />

di esibire , di fare…e Dioniso fece, dimostrò, esibì..<br />

Ampelo non disse niente. Lasciò fare, aveva conosciuto un altro Dioniso, ma quello<br />

dopo aver assaggiato <strong>il</strong> suo latte di brigghiu, era come sciutu pazzo. Altro che<br />

effetto del tragos .. quello era in uno stato di ebbrezza allucinante.. tanto che lui si<br />

chiese:<br />

><br />

Dagli effetti paria di si. Poi, con calma , Dioniso ci spiegò che <strong>il</strong> suo latte personale<br />

avia lo stesso sapore e colore del Divino Oinos dell’Olimpazzo..<br />

><br />

> rispose Dioniso.<br />

Nessuno si rese conto che quello era un miracolo.. un miracolo fatto da Zeus…<br />

> si dicevano spesso i due amanti.<br />

Il latte di brigghiu di Ampelo era diverso.. era rossastro e dava euforia… era diverso<br />

dal suo… riceverlo nel protostoma o nel deuterostoma gli dava euforia.. ebbrezza,.<br />

gioia.. felicità.. E quest’amore sucante e sucato andava a gonfie vele…ma era anche<br />

inchiappettante… Poi l’amichetto di cervello e uccello morì.. scaraventato a terra da<br />

un toro.. Tutto successe nel bosco di Mynkyalonya per i soliti casi del cazzo . Per le<br />

solite gelosie sessuali.. amorose.. pelose ... e robba del genere.<br />

> gridò Dioniso.<br />

E voleva morire anche lui. Ma non c’era niente da fare. Ampelo era un mortale.<br />

Dioniso lo seppellì e basta. Lo seppellì ai piedi del monte Munipuzos.<br />

Per <strong>il</strong> resto Dioniso era un <strong>dio</strong> e non poteva piangere. Ma si sforzò tanto che pianse.<br />

Non le solite lacrime. Erano rossastre e quannu ci arrivanu na la ucca si accorse che<br />

avevano lo stesso sapore del latte di brigghiu di Ampelo. Da quella sera Dioniso


piangeva spesso.. piangeva pei <strong>il</strong> dolore , piangeva per bersi le sue lacrime.. i suoi<br />

occhi pisciavano lacrime di Divino Oinos..<br />

Zeus per consolarlo gli assegnò un precettore molto simpatico. Quel S<strong>il</strong>eno che già<br />

aveva avuto a che fare con Dioniso. Ma <strong>il</strong> <strong>dio</strong> non se lo ricordava più. Piccolo, obeso,<br />

ciolluto e che girava sempre su un asino. Ma soprattutto metteva allegria a tutti.<br />

S<strong>il</strong>eno, come detto, <strong>il</strong> suo nome. E S<strong>il</strong>eno tinia appresso sempre una grande quantità<br />

di picciriddi, i S<strong>il</strong>eni.. i suoi figli che lui facia solo con donne grasse come lui.. Al<br />

solo vederlo Dioniso rise. Stava piangendo come una femminuccia sulla tomba del<br />

suo amato Ampelo, quannu intisi risate di picciriddi. Si girò e vide l’insolito corte. E<br />

passò dal pianto al riso. S<strong>il</strong>eno lo fece sorridere subito all’addolorato Dioniso con la<br />

sua semplice apparizione. Un uomo obeso, nudo, con una panza spaventosa, una<br />

ciolla eretta, a cavallo di nu sciccareddu che forse ragliava di dolore per <strong>il</strong> troppo<br />

peso che portava...e l’asino trasportava pure due grossi otri.. e intorno tanti picciriddi<br />

nudi, obesi e col loro piccolo otre..<br />

< Chi sei?>> gli chiese Dioniso ridendo.<br />

><br />

><br />

><br />

> gridarono i picciriddi.<br />

Dioniso rise. S<strong>il</strong>eno scese dallo scecco e muovendosi come si muovono gli obesi<br />

iniziò a gridare:<br />

><br />

><br />

> rispose S<strong>il</strong>eno che ad ogni passo ci abballava la panza ><br />

><br />

Dioniso rise ancora nel vedersi addosso tutti quei piccoli S<strong>il</strong>eni. Quella notte dormi<br />

tranqu<strong>il</strong>lo. E fece un bel sogno.


Dioniso ogni giorno lo passava accanto alla tomba. Poco distante, senza perderlo di<br />

vista ci stava S<strong>il</strong>eno. Gli era stato dato come precettore. Seguito dai suoi picciriddi , i<br />

S<strong>il</strong>eni, S<strong>il</strong>eno cummattia con somma pazienza pure col <strong>dio</strong>. Ca era chiù casinista e<br />

rumpibaddi di tutti i S<strong>il</strong>eni mesi insieme.<br />

Dioniso vide nascere e crescere la pianta. Vide i grappoli di testicoli.. li raccolse e li<br />

schiacciò.. <strong>il</strong> succo fermentato aveva qual sapore mai dimenticato… e dava la stessa<br />

ebbrezza..<br />

> disse Dioniso.<br />

Lo spirito ampelico era diventato lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco.<br />

> gridava S<strong>il</strong>eno<br />

> gridavano i s<strong>il</strong>eni.<br />

> ragliava lu sceccu di S<strong>il</strong>eno.<br />

Anche lui voleva dire “ sculo di vino..”<br />

Dioniso perfezionò l’arte della viticoltura e <strong>il</strong> meccanismo della vinificazione… sulle<br />

sponde del monte Munipuzos, con l’aiuto di S<strong>il</strong>eno e <strong>dei</strong> suoi figli.. e delle donne <strong>dei</strong><br />

suoi figli, che erano diventate sue seguaci e si facevano chiamare Menadi…col loro<br />

aiuto nasciu la coltivazione dell’uva… <strong>dei</strong> grappoli di testicoli di Ampelo… e nasciu<br />

pure la fermentazione de lu “ sculu di vino “ per attenere <strong>il</strong> vino.. e Dioniso, nella sua<br />

somma e incommensurab<strong>il</strong>e bontà, fici chistu regalo agli uomini…<br />

Ma soprattutto scoprì che <strong>il</strong> vino aiuta a fare sesso… che <strong>il</strong> vino abbassa la soglia<br />

dell’inibizione .. che libera la ciolla e <strong>il</strong> cunno che è in noi.. li fa operare meglio e con<br />

libertà infinita… la prova la ebbe dalle sue compagne più ritrose.. quelle che mai<br />

avevano giocato alla Caccia al Tesoro con lui.. quelle che si erano limitate a guardare<br />

e che adesso, sotto l’ebbrezza delle spirito <strong>dio</strong>nisiaco, si erano scatenate al m<strong>il</strong>le per<br />

m<strong>il</strong>le.. Menadi di nome e di fatto.. donne invasare di nome e di fatto.. invasate di<br />

vino.. di minchia.. di tutto.. ma invasate e belle proprio per quell’invasamento..<br />

><br />

Dioniso si convinse che <strong>il</strong> sesso era la cosa più divertente del mondo.. che bisognava<br />

farlo a iosa, alla sanfasò ..e sempre allegro com’era facia amicizia con tutti.. restò<br />

legatissimo a suo precettore S<strong>il</strong>eno che con i suoi figli, i S<strong>il</strong>eni, fu tra i primi suoi<br />

seguaci.. poi arrivarono i Satiri.. e soprattutto la materia prima per fare ficca ficca


diventò abbondante.. numerosissima… le prime Menadi, le sue compagne di giochi,<br />

fecero discepole alla sanfasò.. le donne invasate suonavano, bevevano e ficcavano….<br />

Il corteo che seguiva Dioniso era uno spettacolo.. vestiti di pelle lacerata..<br />

truccatissimi… ma anche mezzi nudi.. si vedeva e non si vedeva.. da quelle pelli<br />

lacerate uscivano braccia.. cosce .. seni.. natiche.. ciolle e pacchi… e intanto che<br />

ballavano invasati dallo spirito <strong>dio</strong>nisiaco agitavano <strong>il</strong> tirso.. Un bastone con stralci<br />

d’edera e di vite e con una pigna falliforme in cima.<br />

La gente taliava <strong>il</strong> corteo aspettando di vedere qualcosa… soprattutto volevano<br />

vedere la sede dello spirito <strong>dio</strong>nisiaco che stava tra le cosce <strong>dei</strong> mascoli e delle<br />

femmine.. la gente purtroppo era materiale assai e non capiva che lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco<br />

stava nella testa.. tutti loro avevano una ciolla o un pacchio come i seguaci di Dioniso<br />

ma non li sapevamo usare come loro , avevano gi strumenti di Dioniso ma non <strong>il</strong> suo<br />

spirito.. pertanto i libertari applaudivano sia Dioniso che i suoi seguaci, i moralisti<br />

invece lo volevano bloccare, distruggere, eliminare. Che spettacolo comunque le<br />

processioni <strong>dio</strong>nisiache, che finivano sempre con una bella orgia.<br />

><br />

Era , gelosa di Dioniso come di tanti altri figli di Zeus, lo fece pure impazzire. Ma lui,<br />

che capì la cosa, fece <strong>il</strong> finto pazzo. La sua pazzia era lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco, era<br />

l’ebbrezza del suo divino vino, era <strong>il</strong> suo ciriveddu br<strong>il</strong>lo e la sua ciolla briaca. Girò <strong>il</strong><br />

mondo da “ pazzo” e visse tante avventure sempre da “ pazzo”. E da “pazzo”<br />

cantava insieme ai Satiri , ai S<strong>il</strong>eni e alle Menadi..<br />

><br />

Le Menadi rispondevano: ><br />

La pazzia alcolica di Dioniso e la follia erotica della sua ciolla non furono accettati da<br />

tanti. Licurgo, re degli Edoglioni, cercò di ammazzare <strong>il</strong> <strong>dio</strong> ma lui riuscì a scappare ,<br />

trovando rifugio tra le accoglienti cosce di Teti. Licurgo poco dopo impazzì e poi<br />

fece una malissima fine.<br />

Si scontrò col cugino re Penteo, re di Tebicchio. Non riconosciuto come <strong>dio</strong>, Dioniso<br />

arrivò nella polis sotto forma di un bel fanciullo alla guida di invasate , assatanate e<br />

minchiadesideranti Menadi e di sticchiocercanti Satiri e S<strong>il</strong>eni. E tutte le donne della<br />

polis, invasate dalla ciolla divina, corsero sul monte Citerocazzone per una divertente<br />

orgia. Poi Agave , in preda alla possessione alcolica, scambiò <strong>il</strong> figlio Penteo per un<br />

leone e si lu mangiau.<br />

Dioniso fu anche fatto prigioniero da alcuni marinai che prima volevano violentarlo<br />

ma poi decisero di venderlo come schiavo.<br />

> si erano detti.<br />

E lo tenevano nudo. legato a un albero della nave. Ma Dioniso fece un miracolo. Il<br />

mare divento vino, la nave si ubriacò, le vele si strapparono, gli alberi misero<br />

grappoli su grappoli d’uva e i marinai , pazzi, si buttarono a mare. Pure Dioniso si<br />

buttò a mare e salvò <strong>il</strong> timoniere Acoete, l’unico che si era opposto sia all’idea delle<br />

violenze che a quella della vendita come schiavo.


ci disse. E a nuoto lo portò in salvo fino alla prima<br />

isola. Acoete divenne sacerdote <strong>dei</strong> riti <strong>dio</strong>nisiaci.<br />

Se lui era pazzo per volere di Era, poteva pazziare. Invece era solo br<strong>il</strong>lo per sua<br />

spontanea volontà. Quindi poteva fare minchiate alla sanfasò.<br />

Le figlie di Minia non vollero partecipare all’orgia. Dioniso le fece impazzire; e<br />

quelle divorarono i propri figli iniziando dalla ciolla.<br />

Le figli di re Preto non vollero festeggiare in suo onore. Persero la ragione e<br />

credendosi vacche carnivore mangiarono i loro figli incominciando dalla minchia.<br />

In Etolia Dioniso fu accolto benissimo da re Eneo che gli offrì anche la propria<br />

moglie Altea per dare un po’ di ristoro al suo divino augello. E quella gli sfigò<br />

Deianira. Sposò Arianna e ci fece cagare tanti figli.<br />

Andò in Egitto, in Siria, in Frigia.. arrivo sul fiume Eufrate e con un ponte di edera e<br />

viti passò in India; arrivò fino al sacro Gange.. Dovunque fu onorato e incontrò i<br />

colleghi.. democraticamente.. da <strong>dio</strong> a <strong>dio</strong>.. e intanto ficcava… con donne terresti e<br />

con divinità. Una delle più belle avventure fu con Afrodite che gli cacò <strong>Priapo</strong>.<br />

Era comunque sempre allegro Dioniso . E si facia fimmini a iosa… alla sanfasò…li<br />

ubriacava e poi si li trummiava, generalmente.. ma con Afrodite fu amore…<br />

passione.. come con Arianna... come con altre .. ma se amore non fu sempre, lo<br />

spirito <strong>dio</strong>nisiaco sempre lui fu. .<br />

><br />

Dioniso aveva regalato all’umanità <strong>il</strong> “ Divino Oinos”.<br />

Ma nella sua testa ebbra Dioniso decise di fare un figlio speciale con una femmina<br />

speciale… magari cu na dia… l’unica dia degna di ricevere <strong>il</strong> suo spirito <strong>dio</strong>nisiaco<br />

era Afrodite.. decise che con lei prima o poi doveva fare un figlio… un figlio<br />

speciale.. con la dea dal pacchio sp<strong>il</strong>ato .. un figlio che doveva essere la quintessenza<br />

dello spirito <strong>dio</strong>nisiaco. Doveva non solo possederlo ma anche dimostrarlo al<br />

mondo... e per dimostrarlo doveva avere un grande aceddu. Una grande minchia. In<br />

fondo lui era <strong>il</strong> figlio di Zeus.. probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> suo erede al trono dell’Olimpazzo..<br />

solo che Zeus censurava le sue troppe ebbrezze .. anzi, la sua ebbrezza continua..<br />

forse fare un figlio con certe caratteristiche poteva essere positivo.. lui poteva restare<br />

libero di dedicarsi alla sua ebbrezza e pertanto continuare a mitt<strong>il</strong>la in culo al potere<br />

reale… e <strong>il</strong> potere reale, a cui lui non aspirava, per non essere prigioniero del ruolo,<br />

sarebbe passato dal nonno al nipote. E fare quel figlio con Afrodite, che era la figlia<br />

adottiva di Zeus e la sua musafica ispiratrice, era la migliore delle soluzioni<br />

possib<strong>il</strong>i…<br />

L’erede al trono dell’Olimpazzo sarebbe stato figlio del figlio di Zeus e della sua<br />

figlia adottiva… un nipote biologico e adottivo… un quasi incesto per farlo.. ma<br />

nell’Olimpazzo l’incesto era la norma… anche perchè Zeus, qual pacchione sp<strong>il</strong>ato di<br />

Afrodite, si lo sarebbe fatto da sempre.. minchia, se se lo sarebbe fatto. Alla sanfasò e<br />

tempo pieno .. Potenza dell’aceddu divino permettendo...<br />

Un giorno Dioniso convocò la sua corte allegra e ebbra e diede loro la notizia.


Brindarono tutti alla sanfasò<br />

> era la variante,<br />

dedicata a Dioniso, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da<br />

Munipuzos<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Dionisiade, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Dyonysyus aves<br />

ebrius e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni con Dioniso.<br />

<strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> campi, <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong> e degli uccelli minchiformi<br />

Musa, cantami <strong>il</strong> caro figlio di Dioniso, minchiuto,<br />

dal cervello di minchia , amante del frastuono, che vaga<br />

per le valli boscose in compagnia delle ninfe danzatrici:<br />

esse amano percorrere le cime delle rupi scoscese,<br />

invocando <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> pascoli, dai capelli lucenti,<br />

cazzuto, che frequenta tutte le alture pelose<br />

e le cime <strong>dei</strong> seni e i sentieri cunnosi.<br />

Si aggira in su e in giù per le fitte macchie ficaiole:<br />

ora è attratto dall'acqua di tranqu<strong>il</strong>li ruscelli,<br />

ora si arrampica su rocce inaccessib<strong>il</strong>i,<br />

salendo sulla cima più alta, per sorvegliare le greggi di cunni.<br />

Spesso corre per le grandi montagne biancastre,<br />

spesso attraversa le valli, facendo strage di selvaggina ficale<br />

grazie alla ciolla potentissima. Solo al tramonto,<br />

tornando dalla caccia al cunnus, intona sulla fregna una dolce<br />

melodia: non lo vincerebbe nel canto<br />

l'uccello che a primavera effonde un lamento<br />

con voce di miele, fra i fiori e le foglie.<br />

Allora si uniscono al suo canto le ninfe montane<br />

dalla limpida voce, danzando con passi rapidi presso la fonte<br />

profonda, e l'eco risuona dalla vetta del monte.<br />

Il <strong>dio</strong> ora danza in tondo, ora entra nel mezzo,<br />

con rapidi passi - porta sul dorso una fulva pelle<br />

di lince - e si esalta in cuore a quel canto ritmato,<br />

sul tenero prato dove <strong>il</strong> croco e <strong>il</strong> giacinto<br />

odoroso si mescolano all'erba, fiorendo in gran copia.<br />

Cantano gli dèi beati e <strong>il</strong> vasto Olimpo;<br />

per esempio, più di ogni altro esaltano <strong>il</strong> padre Dioniso,<br />

dicendo cos'è lo spirito <strong>dio</strong>nisiaco per tutti gli dèi,


e come arrivò nella Trinacria ricca di fonti, madre<br />

di greggi, dove c'è un tempio per lui.<br />

Lì pur essendo un <strong>dio</strong> pascolava le greggi lanose<br />

di un mortale: infatti ardeva in lui <strong>il</strong> desiderio struggente<br />

di unirsi in amore con la bella Afrodite.<br />

Ottenne la fica fiorente, ed esse gli partorì<br />

un figlio, già subito strano a vedersi:<br />

minchiuto, palluto, rumoroso, dal dolce sorriso.<br />

La madre balzò in piedi e fuggì, lasciando <strong>il</strong> bambino:<br />

ebbe paura infatti, quando vide <strong>il</strong> viso ferino e barbuto.<br />

Ma <strong>il</strong> rapido Zeus lo prese subito in braccio<br />

e l'accolse: la gioia traboccava dal cuore del capo<strong>dio</strong>.<br />

Salì in fretta alle sedi degli immortali, con <strong>il</strong> nipote<br />

avvolto nella folta pelliccia di una lepre montana;<br />

si sedette vicino a Era e agli altri immortali<br />

e mostrò suo nipote: tutti gli dèi si rallegrarono<br />

in cuore, e più di tutti <strong>il</strong> delirante Dioniso.<br />

Lo chiamarono <strong>Priapo</strong>, perché a tutti aveva rallegrato <strong>il</strong> cuore.<br />

Così ti saluto, signore, e ti placo col mio canto;<br />

e io canterò te e anche un'altra canzone.<br />

Inno a <strong>Priapo</strong>, Inno omerico<br />

Comu nasciu <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong>? Nasciu come nascono l’autri picciriddi. La mamma<br />

bona si stava facennu nu bagnu nella valle di Pantalica, proprio nel punto dove due<br />

fiumi si incontrano. Sotto lo sperone roccioso al quale per lungo tempo era stato<br />

incatenato quel povero aiutauomini di Prometeo. L’Anapo e <strong>il</strong> Calcinara oggi. Allora<br />

come minchia si chiamavano non si sa… anche se un documento anticu parla di<br />

Kunnydro e Kazzydro.. Ma ne esiste n’autro di documento, successivo a questa<br />

storia, che li chiama Afrodytydro e Dyonosydro… L’acqua di Afrodite e l’acqua di<br />

Dioniso…<br />

Comunque stavano le cose per quanto riguarda la toponomastica, la facenna iu<br />

accussì… si pensa almeno ca iu accussì…<br />

Afrodite natiche belle stava distesa nell’acqua.. Stava là, distesa, a pancia in giù, e<br />

con le cosce divaricate una verso una vallata e l’altra verso l’altra. L’acqua di un<br />

fiume le massaggiava una coscia e una chiappa e a dire <strong>il</strong> vero, da sotto, anche una<br />

minna , l’altra acqua l’altra coscia e l’altra chiappa e a dire sempre <strong>il</strong> vero, da sotto,<br />

anche l’altra minna. Così la dea si manteneva callipigia, callicoscica e calliminnica..<br />

insomma, era calli tutta. Soprattutto era callisticchio.. sticchio bello al m<strong>il</strong>le per<br />

m<strong>il</strong>le… Perché a dire <strong>il</strong> vero vero veramente l’acqua ia a sbattere anche contro <strong>il</strong><br />

cunno della dea… era bello quell’idrocunnimassaggio alla porta del piacere.. mussu<br />

nicu e mussu ranni vibravano all’unisono… lu buttuneddu attrintava.. e lu pacchiu<br />

facia rapi e ciuri.. e ogni volta ca si rapia l’acqua trasia … e ogni volta ca si ciuria<br />

l’acqua scia… era come fare trasi e nesci cu na minchia d’acqua… e lei godeva alla<br />

sanfasò.. si pisciava dal piacere.. e quella venuta divina rendeva particolari le acque


del fiume.. le rendeva fert<strong>il</strong>i.. per le cose .. le piante.. gli animali.. e naturalmente<br />

anche gli uomini e le donne…<br />

Stava là la bella Afrodite e pinsava ai sui amori… pinsava al marito cornutone Efesto<br />

e a l’amante fisso Ares… ma anche alle tante avventure…anche a quelle tipo “ una<br />

botta di ciolla e via.. affinché lo sticchio si arrigria..” .. e intanto si lasciava fottere e<br />

fotteva con l’acqua….<br />

Na vota, intanto che era là, dallo sperone roccioso si affacciò Dioniso. Nudo tutto a<br />

parte la coppola e mezzo br<strong>il</strong>lo . Forse più di mezzo. E tinia la solita coppa in mano.<br />

> diceva a sé stesso sbandando sia a destra che a sinistra.<br />

E taliava ora <strong>il</strong> cielo ora l’acqua <strong>dei</strong> due fiumi che s’incontravano.<br />

<br />

La sera prima aveva partecipato a una bella orgia nel bosco di Mynkyalonya e poi<br />

aveva passato la notte in una grotta… con tanti pacchi a disposizione…si era<br />

svegliato tardi e tanto per rimettersi in sesto si era fatto una bella bevuta di vino…<br />

Oramai lui e <strong>il</strong> “ Divino Oinos” erano una accoppiata vincente.<br />

La coltivazione della vite si era diffusa in tutta la Sic<strong>il</strong>ia prima e poi in tutto <strong>il</strong> bacino<br />

del mediterraneo. In tutte le case si sucava vino.. vino a tutte le ore.. vino la<br />

mattina…a mezzodì.. e vino soprattutto la sera .. per prepararsi ad affrontare la notte<br />

e tutti i suoi problemi.. aiutava <strong>il</strong> vino a non soffrire la solitudine .. agli uomini soli<br />

dava una mano a darsi una mano e se necessario anche due.. ma aiutava anche le<br />

donne sole a pigliare <strong>il</strong> Sosia e a farne tutti gli usi possib<strong>il</strong>i e impossib<strong>il</strong>e, tanto <strong>il</strong> Soia<br />

non era un esibizionista e pertanto non avrebbe raccontato le sue imprese notturne..<br />

ma aiutava anche chi era in coppia .. legittima o <strong>il</strong>legittima.. omo o etero.. a vincere le<br />

ritrosie e a lavorare meglio in campo erotico.. era <strong>il</strong> vino una sorta di introduzione<br />

alla scoperta <strong>dei</strong> piaceri più sott<strong>il</strong>i.. e tutto questo grazie a Dioniso e al suo grande<br />

amore per Ampelo.<br />

><br />

E sucava Divino Oinos.<br />

Dioniso , zigzagando, in cima allo sperone roccioso, parlava di p<strong>il</strong>o. Ma nessuno lo<br />

ascoltava. Satiri, S<strong>il</strong>eni e Menadi la mattina si alzavano nel tardo pomeriggio.. erano<br />

animali notturni. L’unico ascoltatore era <strong>il</strong> suo ciollo. Che sentendo parlare di<br />

pacchio attisò. E Dioniso ci parlò con maggiore interesse. . Da uomo a uomo. O da<br />

uomo a ciolla d’uomo. Insieme avevano sv<strong>il</strong>uppato una particolare forma di<br />

linguaggio. Dioniso faceva domande semplici, perchè come si sa la minchia non<br />

vuole pensieri, e lei rispondeva orientandosi in certo modo. Soprattutto rispondeva a<br />

monos<strong>il</strong>labi. “ Sì “ e “ No “ erano le parole più usate. Ma conferivano a quel dialogo<br />

una esaustività che aveva del fantastico. Un linguaggio che tutti dovrebbero imparare<br />

perché molto spesso l’uomo non comprende le reali esigenze della sua minchia e<br />

viceversa. Il cervello che sta nella scatola cranica e <strong>il</strong> cervellino che sta nella coppola<br />

della minchia ragionano biologicamente in termini diversi. Figuriamoci poi se<br />

l’uomo, con cervello e cervellino, riesce ad andare d’accordo col cunno. Quello è<br />

solo uterino, carnale, sessuale , non tiene cervello ma solo la rete neuronica del


piacere.. che spesso non collabora col cervello della fimmina, che , checche ne<br />

dicano certi signori affetti da misoginia grave , acuta e cronica, è lo stesso della<br />

dell’uomo.. fatto dello stesso materiale e senza nessuna differenza.. o forse la<br />

differenza ci sta, la donna spesso lo usa meglio dell’uomo.. sia <strong>il</strong> cervello che <strong>il</strong> sesso.<br />

A parte questo, Dioniso per primo inventò <strong>il</strong> “ linguaggio della minchia.”<br />

Vedendo la sua ciolla pazziare, nonostante l’abbuffata della notte precedente, ci<br />

disse:<br />

><br />

La minchia s’inclinò a destra. Voleva dire “ No” .<br />

><br />

La minchia s’inchinò a sinistra. Voleva dire “ Sì”<br />

><br />

La risposta fu “ Sì “.<br />

Dioniso si rimise a taliare e all’improvviso vide due belle natiche bagnate che<br />

br<strong>il</strong>lavano sotto i raggi del sole.<br />

><br />

La minchia s’inclinò a sinistra e vibrò. Voleva dire “ sì e sono anche contenta..”<br />

><br />

La minchia s’inclinò ancora a sinistra. Ma descrisse un cerchio.<br />

Voleva dire “ Sì, ma voglio prima andare nel pacchio..”<br />

Dioniso e la sua ciolla avevano da tempo sv<strong>il</strong>uppato una forma di linguaggio<br />

chiarissimo. Si capivano subito.<br />

<br />

La minchia ci desi un colpo sulla panza. Voleva dire “ Quannu si br<strong>il</strong>lo non capisci<br />

un cazzo<br />

proposito: chi sono io?>> addumannò Dioniso.<br />

La minchia rispose in modo esaustivo. Voleva dire “ Una testa di minchia”.<br />

> rispose <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

La minchia ci desi tri colpi nell’ombelico. Proprio nel biddicu. Tre colpi diversi.<br />

Voleva dire “ Affanculo vacci tu, io voglio andare almeno due volte nel pacchio di<br />

Afrodite..”<br />

><br />

La minchia s’inchinò a sinistra. E poi si sporse in avanti.<br />

Voleva dire “ Tuffati..” . Dioniso la scutò tuffandosi in un amen.


S’inf<strong>il</strong>ò nell’acqua proprio davanti agli occhi di Afrodite.<br />

> pensò la dea.<br />

Dioniso restò sott’acqua. Solo la sua ciolla emergeva.<br />

> pinsò la dea r<strong>il</strong>eggendosi mentalmente <strong>il</strong><br />

suo personale “ Catalogo delle mie minchie”.<br />

Si misi additta e acchiappò <strong>il</strong> periscopio di carne. E venne fuori <strong>il</strong> seguito. Un<br />

bell’esemplare di mascolo..<br />

><br />

Afrodite capì di chi trattava.<br />

><br />

><br />

><br />

> fece <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

E nuotando ci piazzò la ciolla tra le tette. Dioniso aveva inventato quella tecnica del<br />

mettere l’uccello tra le tette e poi coprire <strong>il</strong> tutto con le stesse.. e fare tra quelle<br />

montagne avanti e indietro.. l’avia fatto per la prima volta con la ninfa Spagna da cui<br />

<strong>il</strong> nome di “spagnola” rimasta alla fottuta tra le minne.<br />

> rispose Afrodite,<br />

E rise. Rise come una matta. Rise pure Dioniso che ci si buttò addosso e l’acchiappò<br />

per le minne. Lei rispose acchiappandolo per l’aceddu. Iniziò così una lotta d’amore<br />

che finì con una tripletta. Lotta a tutti i livelli.. futtenu tra loro ma futtenu cu l’acqua<br />

ca futtia cu idda.. si stricavano l’uno contro l’altra e l’acqua ci si ficcava nel mezzo…


iddu ci toccava na natica e l’acqua l’altra … iddu ci toccava lu pacchiu e l’acqua<br />

puru.... futtenu praticamente in letto d’acqua… la ciolla divina si faceva largo<br />

nell’acqua e s’incunnava felice.. da un’apnea all’autra.. e così pure quannu iu nel<br />

retropacchio.. e pure tra li minni iu.. non poteva mancare la sua specialità.. tra quelle<br />

tette scorrevano sia l’acqua che <strong>il</strong> pene… e pure in bocca alla dea finiu come pure lei<br />

finì in bocca a lui… Dioniso alliccava <strong>il</strong> pacchio e l’acqua scorreva su quello<br />

sticchio.. Afrodite sucava <strong>il</strong> fallo e l’acqua scorreva su quella minchia…<br />

Alla fine Dioniso cantò all’aricchia della dea.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> sparò Dioniso.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> precisò Afrodite.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Risero alla grande. Lui rise pure con la ciolla, lei col suo cunno che a dire <strong>il</strong> vero era<br />

sorridente sempre. Non si sa se fu la prima simenta, la seconda o la terza depositata<br />

nel canonico posto ma si sa che Afrodite sciu incinta. Nessuno si scandalizzò.<br />

Neanche <strong>il</strong> legittimo marito Efesto.<br />

><br />

L’unica che si incazzò, ma d’altra parte era sempre incazzata, fu Era.<br />


quattro parole , ci mannu tri salamelecchi, ci fazzu la fattura e la controfattura , e ci<br />

lu fazzu abbidiri iu chi minchia ci nasci.. Beddu? Sta minchia? Nu masculu scimmia<br />

deve nascere. Ciolluto. Certamente ciolluto , ma chiù assai di nu sceccu ciolluto deve<br />

nascere.. ca magari a un certo punto deve dire: unni minchia la mettu sta cazzu di<br />

minchia.. io. Era, moglie tradita, ci lu sistemu pi li festi e li simani lu figghiu di<br />

buttana di quella buttanessa buttanazza buttanuna di Afrodite e di quello iarruso<br />

iarrusissimu iarrusazzo di Dioniso ca nun capisci una minchia ma sapi sulu sucari<br />

vino.. e chiddu babbu scimunitu cacacazzi di mio marito Zeus ca lu vulia fari suo<br />

erede universale.. sta minchia.. nu briacu a capu du lu munnu.. sta minchia.. anche se<br />

è vero che ci sono stati, ci sono e ci saranno re pazzi e imperatori pazzi.. ma lu<br />

capo<strong>dio</strong> pazzu nun va.. e Dioniso , furbo, ci voli cagari l’erede.. ma l’erede sarà laitu<br />

e racchiu che la gente dirà “ che schifo “ ... e avrà una ciolla tale che dovrà girare con<br />

una coffa come portaminchia.. oppure, se si lo poli permettere, si fa due servi porta<br />

minchia, oppure si accatta una carrozzella e ci la metti di sopra e ammutta.. ma<br />

essendo un <strong>dio</strong> si poli fari pure l’ali all’aceddu.. accussì la minchia si autosostiene..<br />

Minnitta.. minnitta.. minnitta.. <strong>Priapo</strong> sarà lariu e tuttu minchia…>><br />

Trascorso <strong>il</strong> giusto tempo arrivò l’ora del parto.<br />

><br />

dicevano a palazzo.<br />

Ancumincianu le doglie. E ad un certo punto si affacciò la testa.<br />

> si chiese la levatrice F<strong>il</strong>omena<br />

Stuppapurtusa.<br />

La testa ristò bloccata. Né scia né trasia. Afrodite non si lamentava.<br />

> disse la levatrice. E si misinu a tirari..<br />

Intanto la testa nu tanticchia scia e nu tanticchia trasia.<br />

> si chiese la levatrice.<br />

Alla fine la testa, a forza di fari trasi e nesci, ittau fora del materiale.<br />

> disse l’assistente della levatrice.<br />

rispose la levatrice.<br />

Afrodite da parte sua stava godendo. Quella cosa che facia avanti e indietro la<br />

mannava in estasi. Questo figlio che stava per partorire facia godere anche la<br />

mamma. Questo non era un parto. Questo era un parto fottuta. Una ficcata tra <strong>il</strong> figlio<br />

nascente e la madre partoriente. Finalmente sciu n’autru tanticchia di testa.<br />

> disse la levatrice. La stessa cosa disse la sua aiutante.<br />

> chiese la dea.<br />

><br />

> chiese la dea.<br />

><br />

<br />

> rispose la levatrice.<br />

Afrodite pinsò al concepimento del picciriddu e alle parole di Dioniso.<br />

“ Are pe.. Are penis.. mi sento tutto una minchia…”


Forse stava generando un mostro.. nu picciriddu a forma di minchia… un bambino<br />

che avrebbe corso ruotando sulle palle… cercò di immaginarselo ma non ci riuscì.<br />

Intanto la levatrice e l’assistente acchiappanu lu mecciu e incomincianu a tirare . E<br />

finalmente lu caruso sciu. Era chiù aceddu che altro. E poi era lariu e p<strong>il</strong>uso come una<br />

scimmia, a parte <strong>il</strong> culetto. La mamma appena lo vide si girau dall’altra parte e disse.<br />

> E svinni.<br />

> disse la lavatrice.<br />

><br />

<br />

><br />

Afrodite si svegliò.<br />

><br />

E svenne di nuovo.<br />

L’unica che rise in tutto l’Olimpazzo fu Era,<br />

><br />

Zeus ci arristò assai assaissimo male. Per nipote aveva una uomo-minchia. Anzi, una<br />

scimmia- minchia.<br />

Comunque fu fatta sua volontà di Afrodite. <strong>Priapo</strong> Arepo crebbe coi pastori che gli<br />

facevano fare da guardiano a scecchi e vigne .. ma anche di campi.. case.. e lui a dire<br />

<strong>il</strong> vero faceva <strong>il</strong> guardiano anche alle mogli <strong>dei</strong> pastori.. e delle loro figlie.. già da<br />

piccolo, all’insaputa <strong>dei</strong> mariti, consolava le loro consorti.. e anche le figlie. E le<br />

pastore e le pastorelle che l’avevano cresciuto si erano divertite un mondo. Lu<br />

picciriddu non parlava e non capiva ancora ma loro sempre a giocare col piripicchio<br />

tiso. Per tutti comunque fu solo e soltanto <strong>Priapo</strong>….<br />


Cannolo cannolone<br />

Me lo mangio in un boccone..<br />

Suca suchello<br />

Me lo ciuccio, tanto è bello..<br />

Annaca annacazzu<br />

Ci l’annacu a stu cazzu..<br />

Ci l’annacu a destra e a manca a sta cosa biddizza<br />

Finu a quannu nun si piscia pi la cuntintizza…>><br />

Pastore e pastorelle facevano anche quello che cantavano. E <strong>Priapo</strong> si addivertiva.<br />

Soprattutto quannu si pisciava pi la cuntintizza. Fino a quando incominciò a parlare..<br />

La prima parola che disse fu “ Sticchio..” E lo indicò pure. La seconda “ Minciazza..”<br />

E si autoindicò la sua. La prima frase fu “ Io mettere la minciazza mia nello sticchio<br />

tuo..” E la prima cantata, secondo Esiodo, fu questa:<br />

><br />

Lo accontentavano tutte. E lui, piccolo ma grande d’aceddu, accontentava le femmine<br />

alla sanfasò… ma si rifiutò di accontentare i mascoli . Sia quelli amanti dell’altrui<br />

aceddu che quelli appitittati al suo culo bellissimo..<br />

><br />

Si rifiutò di dare <strong>il</strong> bel sederino ai mascoli che lo desideravano..<br />

><br />

><br />

><br />

Tutti gli appitittati capenu ca era un gara impossib<strong>il</strong>e. Non ci sarebbe mai stato un<br />

vincitore. Quella ciolla era immensa ed era un esemplare unico.<br />

Appena fu in grado di camminare <strong>Priapo</strong> curria di campagna in campagna.<br />

> lo chiamavano.<br />

I picciriddi lo invidiavano per quel giocattolo bello grande, le picciridde ci avrebbero<br />

sempre voluto giocare. I picciotti e i mascoli in genere lo ammiravano.<br />

><br />

Le signorine taliavano e sospiravano.<br />

>


Ma in generale tutti gli uomini lo invidiavano, e le femmine lo ammiravano.<br />

Le femmine e le ragazze di città. Perchè quelle di campagna si lo possedevano.<br />

Era o non era anche <strong>il</strong> guardiano <strong>dei</strong> loro cunni? E per evitare che una ciolla estranea<br />

trasissi nei loro cunni, la migliore cosa era farseli occupare dalla ciolla di <strong>Priapo</strong>.<br />

Un giorno successe na cosa strana. Un ladro da strapazzo trasì nella casa dove lui si<br />

trovava. E incominciò a rubare . <strong>Priapo</strong> era a letto con la padrona di casa e sentendo<br />

rumori smise <strong>il</strong> bel travaglio per andare a vedere.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E con un salto si lu misi sutta. Ci strazzau la tunica e lu attaccau comu nu pupu cu li<br />

manu darreri alla schiena.<br />

> gridava <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse la donna, che nuda era<br />

accorsa a taliare. Per paura che non ci succirissi nenti al picciriddu.<br />

> addumannò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

> gridava <strong>il</strong><br />

ladro.<br />

> aggiunse <strong>Priapo</strong>.<br />

> chiese la fimmina.<br />

><br />


inf<strong>il</strong>i.. sempre piano piano piano e con delicatezza.. e la fimmina presa dall’eros si<br />

apre tutta. .e tu preso del pititto ci lu inf<strong>il</strong>i tutto.. ed è una cosa bellissima ..chiù crisci<br />

lu pitittu chiù si allarga <strong>il</strong> pacchio chiù trasi la minchia tua.. ma ai ladri tu ci la devi<br />

sbattere in culo di botto... ci devi fare <strong>il</strong> buco del culo quanto lu lago di Munipuzos..<br />

devono diventare <strong>dei</strong> caca caca a tempo pieno.. e questo rompere i culi, per te, caro<br />

<strong>Priapo</strong>, questo deve invece essere solo <strong>il</strong> dovere.. tu proteggi tutti dai ladri<br />

inculandoli.. al di là del sesso, dell’età o altro, tu ci rompi <strong>il</strong> culo...e vedrai che se si<br />

sparge la voce la frequenza <strong>dei</strong> furti addiminuirà.. perchè se a uno tu ci sfondi <strong>il</strong> culo<br />

con violenza quello non si ripiglia più.. diventerà un caca caca a tempo pieno.. andrà<br />

in giro con la coffa sotto <strong>il</strong> culo ….>><br />

> disse<br />

<strong>Priapo</strong>.<br />

> gridò <strong>il</strong> ladro.<br />

><br />

><br />

><br />

Per l’incazzatura lo girò e ci mise la minchia, anzi la coppola della minchia in bocca.<br />

><br />

Il ladro era paonazzo. Stava soffocando ma <strong>Priapo</strong> era tutto preso da un attacco di<br />

logorrea.<br />

><br />

E detto fatto. Dopo avere sciuto fora l’arma della giustizia da dove si trovava , lo<br />

mise nella giusta posizione. E di botto l’inculò. Veramente di botto. Quello gridò e<br />

svenne. <strong>Priapo</strong> invece, presa una bella cocuzza, ci la mise nel culo. Come<br />

stuppagghiu. Il ladro si arrispigliò gridando per <strong>il</strong> dolore e taliò lu diuzzu.<br />

><br />

E fici segnali cu li manu.<br />

><br />

><br />

Il ladro andò via ma non raccontò a nessuno la brutta storia che gli era capitata.<br />

Pertanto altri ladri ebbero lo stesso destino. E successe così che <strong>il</strong> giro c’era troppa<br />

gente che cacava all’improvviso.. era un continuo correre per i campi , per liberarsi..<br />

uno scendere in campo continuo.. molti addirittura trovarono lavoro come<br />

concimatori professionisti… mangiavano e cacavano... Troppa gente col culo<br />

sd<strong>il</strong>labbriato. E la voce di <strong>Priapo</strong> giustiziere iniziò a circolare ufficialmente. Pertanto


ci fu qualche fimmina che pur di ricevere la bella punizione si mise a fare la ladra. E<br />

pure i mascoli che volevano una bella mazza in culo si misero a fare i ladri. Ma la<br />

minchia delal giustizia era devastante. Finalmente ci fu un ladro che decise di<br />

rivolgersi al dottore. Si trattava di Aristide Meganos.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> chiese <strong>il</strong> medico.<br />

><br />

><br />

><br />

> chiese <strong>il</strong> dottore.<br />

><br />

> disse <strong>il</strong> medico.<br />

Aristide si mise col culo per aria.<br />

><br />

> chiese Aristide.<br />

> puntualizzò <strong>il</strong> medico<br />

>.<br />

<br />

><br />

E <strong>il</strong> dottore ci cusiu lu culu. Trenta punti ci desi..<br />

Dopo Aristide furono in tanti quelli che si fecero cusiri <strong>il</strong> portuso del culo. E alla fine<br />

venne fuori che <strong>il</strong> colpevole di tutti quei culi rotti era <strong>Priapo</strong>. Sfondava i culi <strong>dei</strong> ladri<br />

con la sua ciolla e poi tappava la falla con una cocuzza. <strong>Priapo</strong> prima inculava, poi<br />

incocuzzava . Nella zona cessarono i furti di cose e bestiame. La storiella fici <strong>il</strong> giro<br />

della trinacria e alla fine venne fuori la moda di mettere una statuetta di legno di<br />

<strong>Priapo</strong> a protezione delle case, <strong>dei</strong> campi, della mandrie.. <strong>Priapo</strong> divenne pertanto <strong>il</strong>


<strong>dio</strong> protettore <strong>dei</strong> campi… <strong>dei</strong> greggi.. delle case.. e di quello che nelle case c’era...<br />

compresi i cunna di fimmineddi ranni e nichi.. a parte i mariti, quei cunni li poteva<br />

usare solo lui.. Ed era ancora un picciriddu ma la sua ciolla addivintò ufficialmente la<br />

ciolla della giustizia.. la ciolla dell’ordine e della disciplina..<br />

Pare che dopo ogni uso della ciolla come arma della giustizia <strong>il</strong> grande e sommo <strong>dio</strong><br />

<strong>Priapo</strong> cantasse:<br />

><br />

Il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos la celebrò nel Carmen XIV.<br />

><br />

E infatti tutti sapevano che i culi rotti che c’erano in giro erano opera di <strong>Priapo</strong>. Tutti<br />

gli onesti lo osannavano.<br />

><br />

La frase più bella la disse Agaminkione:<br />

><br />

I disonesti lo temevano .<br />

> dicevano tra loro.<br />

Oramai culorotto era sinonimo di ladro, malommino, delinquente, disonesto e sim<strong>il</strong>i.<br />

Ancora una volta Mhassymylyano da Munipuzos celebrò l’evento. Nel Carmen<br />

XXXV.<br />


Che se tramerai altri furti per la terza volta,<br />

perché tu non venga meno né a questa né all’altra pena,<br />

non solo ti inculerò, ma anche te lo metterò in bocca..>><br />

Tutti pregavano e onoravano <strong>Priapo</strong>. Tutti lo invocavano.<br />

> era la frase più usata.<br />

Tra i suoi epiteti più belli kerykeionphallus e nomioscunnus, la “ minchia bastone” e<br />

<strong>il</strong> “ pascolatore del pacchio”.<br />

Accussì incominciò la carriera del <strong>dio</strong> minchiuto. Da presunto erede di Zeus si<br />

attruvò a fare l’inculatore <strong>dei</strong> ladri oltre all’antifurto di case , giardini e .. cunni...<br />

Quest’ultima funzione era particolarmente gradita dalle donne...<br />

> era la variante, dedicata a<br />

<strong>Priapo</strong>, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Theophallus, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Priapeum est e<br />

lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni cu la minchia di <strong>Priapo</strong>. .<br />

Elena , la prima buttana di lu munnu ma anche lu più bellu cunnu<br />

E fu correndo appresso a Leto nel bosco di Mynkyalonya che Zeus conobbe Leda e ci<br />

appitittò..<br />

La vide nuda nel lago di Munipuzos che giocava con i suoi animali preferiti .. i<br />

cigni… cigni bianchi e col collo lunghissimo ci firriavano attorno e ci si strusciavano<br />

contro…soprattutto ci piazzavano <strong>il</strong> lungo collo tra le minne o tra le cosce.. e lei<br />

godeva di quell’intimità tra <strong>il</strong> suo corpo e <strong>il</strong> collo <strong>dei</strong> cigni.. <strong>il</strong> collo del cigno<br />

diventava ua sorta di fallo elastico , capace di arrampicarsi e circumnavigare quel<br />

corpo bellissimo.. un fallo acrobata.. un fallo contorsionista era quel collo.. un fallo<br />

dalle molteplici e infinite possib<strong>il</strong>ità espressive, funzionale e altro..<br />

E Zeus in un attimo mannau a fari in culo a Leto e si trasformau in un Cigno con<br />

intenzione fottitorie… e sbarazzatosi degli altri cigni si ingegnau in un duetto<br />

d’amore come mai se n’erano visti….<br />

Ci mittia <strong>il</strong> collo tra le tette ma ci pizzicava li capiccia.. ci circondava ora na mina ora<br />

n’autra.. si ci ficcava tra li cosci da dietro e cu lu beccu ci arriminava li p<strong>il</strong>a mentre<br />

col collo ci allisciava <strong>il</strong> cunno.. ma poi ritraendosi col becco ci lu pizzicava.. prima lu<br />

mussu nicu, poi chiddu ranni e infine na beccata a lu clitoride e poi di nuovo la<br />

storia incominciava e lei godeva alla sanfasò.. intanto al Cigno, in mezzo alle penne ,<br />

la minchia ci avia addivintata na bestia.. Leda a forza di godere arretrava verso la<br />

spiaggia.. è là si distese e diede via libera a questo Cigno che tanto la faceva godere..<br />

pinsava Leda che quello ci avissa prima o poi ficcato testa e coddu dintra <strong>il</strong> pacchio.<br />

Chiuse gli occhi e aspettò.. ma non trasiu <strong>il</strong> collo.. trasiu l’aceddu di Zeus ca fatto<br />

Cigno s’era.. e la inseminò di simenta divina a iosa.. alla sanfasò…<br />

Leda infatti non partorì nu picciriddu ma un uovo.. Zeus nel sogno ci ordinò di<br />

curarlo fino alla fine, perchè quell’uovo conteneva la sua bella figlia Elena..


><br />

disse Leda.<br />

La donna curò l’uovo. Lo vide crescere e infine sentì che qualcuno tuppuliava…<br />

> diceva una vocina di picciridda.<br />

Leda desi na manata all’uovo e pigliò quella sua picciridda bellissima in braccio.<br />

> disse felice e contenta per quella nascita eccezionale.<br />

La picciridda per tutta risposta allargò le coscette e fici pipì.<br />

> disse Leda.<br />

Il pacchietto di Elena emanava una strana luce. Abbagliava .. paria una sorgente<br />

luminosa.. certo, era figlia di Zeus.. a la figlia del capo<strong>dio</strong> non poteva avere un<br />

pacchio normale.. lo taliò a lungo e ci vide la storia.. una storia erica.. tragica.. epica..<br />

poetica.. ma ci vide la storia e fors’anche <strong>il</strong> mito.. la fica di Elena sarebbe stata<br />

celebrata da sommi poeti e per lei ne sarebbero successe di tutti colori..<br />

> disse la mamma continuando a taliare<br />

quel pacchietto che ancora pisciava.<br />

><br />

> era la variante,<br />

dedicata ad Elena, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da<br />

Munipuzos<br />

Homerino scrisse Kalli Elena, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Meretrix magna e lo<br />

scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni con la buttana di Elena.<br />

Efesto, <strong>il</strong> grande cornuto al forno<br />

Era, sentendosi bella e bona e brava mentre giudicava <strong>il</strong> marito lario, brutto e<br />

delinquentello oltre che buttaniere specializzato, addecise di farsi un figlio da sola.<br />

Per partenogenesi praticamente. Rifiutò sia la collaborazione di Zeus che di altri<br />

mascoli olimpici e terrestri che si offrivano di collaborare col corpo e con lo spirito.<br />

Ma soprattutto con la minchia<br />

> precisò Era.<br />

Disse na formuletta magica e restò incinta in automatico. Passato <strong>il</strong> tempo canonico<br />

partorì Efesto. Lo partorì nel modo tradizionale. Ma quello in ogni caso era un figlio<br />

suo. Solo suo.. Anche se a dire <strong>il</strong> vero circolarono voci assai strane…<br />

>


Tutti volevano dare un padre a Efesto. In fondo una volta Zeus, per metterla alla<br />

prova, aveva autorizzato personalmente <strong>il</strong> gigante Porfirione Mentulamagna a cercare<br />

di sedurla. E quannu quello , approfittando del fatto che la capadia si era<br />

addormentata ,ci la stava sunannu, Zeus lo folgorò. Pure Efialte circò di sedurre Era,<br />

ma nel tentativo erotico ed eroico cripò.<br />

Ma quello che è rimasto un mistero sono le parole che Era una volta confidò alla<br />

sorella Estia. Questo <strong>il</strong> dialogo secondo Esiodo da Munipuzos.<br />

Estia chiese alla sorella;<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse la casta dea.<br />

><br />

> chiese Estia.<br />

rise quella.<br />

><br />

><br />

><br />

> chiese Estia.<br />

><br />

> ci scappò a Estia. Era la prima volta che diceva la parola “ Minchia.”<br />

E ci pigliò gusto. Alla minchia come parola e non come intuppapurtusu e<br />

sfunnapurtuni.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Estia pinsò a lungo a quelle parole.<br />

<br />

E un giorno tornò alla carica.<br />

><br />

><br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> chiese Estia , la casta dal cunno sano.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse Estia.<br />

><br />

Pinsannu alla partenogenesi Estia si ricordò di uno scandalo successo<br />

nell’Olimpazzo. Si ricordo di Issione che aveva corteggiato alla grande Era con un<br />

solo scopo. Fare cornuto Zeus. Perchè Era manco gli piaceva , ma siccome <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong><br />

si era insasizzato sua moglie Dia lui voleva insasizzare Era.<br />

Issione si era maritato con Dia in quattro e quattrotto. Il padre di Dia, Dioneo, si rese<br />

conto che la picciotta era incinta.. e circau di darla al primo pezzo grosso che circava


moglie. E siccome Issione circava moglie, gliela diede, garantendo personalmente<br />

sulla sua vita, sulla verginità della figlia..<br />

Ed Dia era vergine.. vergine ma incinta di Zeus. E dopo solo sette mesi ci cagò a<br />

Issione un figlio, Piritoo, che in realtà era figlio di Zeus.. ma la carusa però era stata<br />

sverginata dal marito..<br />

Saputa la facenna Issione invitò <strong>il</strong> suocero Dioneo per la minnitta numero uno.<br />

Lo portò nella sala del trono e lo fece assittari su un trono accanto al suo. Poi, tirando<br />

una leva , lo fece precipitare in un pozzo cinu di carboni ardenti e lo ridusse in<br />

cenere.. E intanto che quello bruciava ci disse:<br />

><br />

Poi passò alla minnitta numero due.<br />

Mettere le corna a Zeus. Corteggiò a lungo Era, e tanto fici e sfici, che quella , che in<br />

testa portava un corname unico nell’universo, ci dissi “ Sì “.<br />

E ci desi appuntamento per una certa sera , nella sua camera da letto matrimoniale,<br />

visto che Zeus quella particolare sera tinia un appuntamento con Danae dintra una<br />

torre. Ma Zeus, da buon capo<strong>dio</strong> , sapia tutto e <strong>il</strong> contrario di tutto. Pertanto ritardo la<br />

partenza pi la terra e decise di taliarsi lu spettacolo. Con l’intenzione di fermarlo al<br />

punto giusto.<br />

Era si abbandonò a Issione. Ci contò che <strong>il</strong> maritò la tradiva alla sanfasò.. che<br />

addirittura la tradiva con un mascolo.. preferiva <strong>il</strong> culo di Ganimede al suo..<br />

><br />

> disse quello levando la tunica alla dea.<br />

><br />

> rispose Issione mittennisi a nura.<br />

><br />

> disse Issione attaccannu<br />

a sucare li capiccia.<br />

> rispose la dea ricambiando <strong>il</strong> favore.<br />

Issione scinniu al pacchio con la sua lingua saettante come non mai. Doveva fare<br />

bella figura. E infatti la dia gudiu assai<br />

> diceva.<br />

Ma Issione voleva concludere. E mittiricc<strong>il</strong>la nel pacchio per seminare la sua simenta<br />

nell’orto personale di Zeus.<br />

> disse Era.<br />

La dia si ammuccò la ciolla di Issione e ci la stava scippannu a morsi. Si la stava<br />

spurpannu tutta, proprio come una cagna fa con l’osso. Era era in crisi di astinenza.<br />

Ma lui doveva ficcargliela là. Là doveva venire <strong>il</strong> più assai possib<strong>il</strong>e, per portare a<br />

termine la sua minnitta numero due. Si la mise di sutta e partiu al massimo. Ma<br />

proprio quannu ci la stava per ficcare successe qualcosa. La cappella si attruvava già<br />

davanti alla porta del piacere che era caldissima. La coppola della minchia trasmise<br />

una sensazione inspiegab<strong>il</strong>e a tutto <strong>il</strong> corpo di Issione.<br />

> pinsò l’uomo.


E si preparau a trasiri quannu invece dalla finestra trasiu all’improvviso tanta nebbia.<br />

Per un attimo Issione non vide Era e la dia non vide l’amante.<br />

Per un attimo nun si capiu nenti.<br />

Per un attimo Issione si intisi perso nel vuoto.<br />

Per un attimo non sentì la femmina sotto di lui.. non senti i capiccia di lei contro <strong>il</strong><br />

suo petto, e soprattutto non sentì più con la coppola della sua minchia la f<strong>il</strong>azza che<br />

prima toccava. F<strong>il</strong>azza calda e smaniosa ma adesso la sua coppola della minchia non<br />

la sentiva più.. ma la sua minchia restava però calda e smaniosa di trasiri.<br />

Per una attimo ci parse di abbracciare <strong>il</strong> vuoto e di stare per fottere <strong>il</strong> nulla.<br />

Per un attimo.. per un attimo solamente.. perché la nebbia si dissolse e Era stava<br />

sempre sotto di lui, più bella e disponib<strong>il</strong>e che mai.<br />

Fu allora che Issione diede la botta definitiva e la sua ciolla inciollò la dea.<br />

Durò assai quel focoso amplesso e <strong>il</strong> pacchio della dea fu innaffiato e<br />

controinnaffiato alla sanfasò. Proprio allora entrò Zeus, tutto risolente.<br />

> pinsò Issione. E si intisi perso. Restò come paralizzato, con la ciolla<br />

tisa dintra <strong>il</strong> pacchio della capadia. E lo stesso successe a Era.<br />

><br />

A quelle parole la Era che stava sotto di lui si d<strong>il</strong>eguò.. si dissolse in una nuvola di<br />

nebbia.. e Issione restò con la minchia tisa che fotteva.. che fotteva <strong>il</strong> nulla..<br />

><br />

Issione era muto e paralizzato. Di ciriveddu d’aceddu. La nuvola invece si riformò,<br />

poi iniziò a ridissolvesi e alla fine lassò su letto <strong>il</strong> nascituro. Solo che questo non era<br />

né uomo né armaro Era mezzo uomo e mezzo cavallo. Uomo dal biddicu in su e<br />

cavallo dal biddicu in giù, Issione si intisi perso. Capì che era la fine.<br />

><br />

> chiese Issione.<br />

><br />

><br />

><br />

Estia penso a quello scandalo e si convinse che forse Era si l’era fatta insasizzare<br />

veramente, e che la storia della nuvola era tutta una messa in scena per salvare<br />

l’onore del capo<strong>dio</strong>.. Per lei Zeus era cornuto ed Era buttana era.<br />

Ma la <strong>versione</strong> ufficiale diceva altro. L’onore di Zeus e di Era era salvo.<br />

Ma la storiella si diffuse sia nell’Olimpazzo che sulla terra ed Era fu costretta a<br />

spiegare a tutti cos’era la partenogenesi.


E lo spiegò a tutti cos’era . Incazzata ma lo spiegò.<br />

><br />

Fu così che smisero di curtigghiari. Pubblicamente. Mentre in privato curtigghiano a<br />

iosa. Tutti volevano dare un padre al picciriddu, tutti erano convinti che Zeus tinia li<br />

corna .. ma tutti volevano sapere chi è che ci li avia fatto veramente.<br />

Comunque stu carusu a cui fu dato <strong>il</strong> nome di Efesto ci vinni lario e zoppo . E dopo<br />

un po’ Era, visto che <strong>il</strong> caruso non migliorava d’aspetto, gli diede un calcio e lo buttò<br />

a mare. Qualcuno lo salvò e <strong>il</strong> picciotto imparò l’arte del firraro. Fu al servizio di<br />

Ciccio Ferruzzo che apprese la capacità di lavorare i metalli. E poi, essendo<br />

intelligente, perfezionò la tecnica. Era si lario, bruttu e sciancatu ma anche<br />

intelligente e sensib<strong>il</strong>e.. Ci mancava la mamma.<br />

> la chiamava<br />

affettuosamente.<br />

Era ancora picciuttazzu scassacazzu quannu costruì un trono d’oro per quella<br />

buttanazza della madre e ci lo spedì in regalo. Quella ci si assettò subito ma non<br />

riuscì più ad alzarsi. Il culo s’avia incollato alla sedia.<br />

><br />

Si sv<strong>il</strong>uppò allora una fitta rette diplomatica per convincere Efesto a scollare <strong>il</strong> culo<br />

della madre dal trono d’oro.<br />

> rispondeva sempre<br />

Efesto.<br />

Ma una mattina disse “ Sì “ prima ancora che i messaggeri olimpici parlassero.<br />

> risposero quelli.<br />

><br />

><br />

><br />

> dissero all’unisono Apollo e Artemide che erano i<br />

mediatori.<br />

><br />

><br />

dissero fratello e sorella.


Zeus accettò subito le prime due condizioni. Le altre due non dipendevano da lui. Lui<br />

poteva impegnarsi come “ convincitore ufficiale “, ma non poteva fare di più. Su<br />

certe cose non ci piacia dire “ mi consento o mi autoconsento” . Pertanto Zeus faticò<br />

a convincere Afrodite. Quella era <strong>il</strong> piacere fatto carne e non voleva marito ma<br />

amanti dalla bella ciolla. E possib<strong>il</strong>mente belli anche nel resto. Alla fine comunque<br />

Zeus ci riuscì dicendole:<br />

><br />

><br />

> pensò Zeus.<br />

Zeus sapeva che un giorno Afrodite avrebbe avuto <strong>il</strong> suo Sosia, e che lo avrebbe<br />

usato nel modo canonico.. lui avrebbe preferito darle l’originale.. in fondo non era<br />

sua figlia… lo era solo adottiva.. a parte <strong>il</strong> fatto che nell’Olimpazzo la parentela non<br />

contava niente… e dal Sosia prima o poi si poteva sempre passare in un fiat<br />

all’originale…<br />

> disse Afrodite ><br />

La quarta condizione era nelle mani di Era.<br />

> disse la capadia.<br />

Intanto la bella Afrodite, che era la più bella dell’Olimpazzo, si maritò lo sciancato<br />

Efesto. Ma Efesto non raccolse le primizie d’amore. Non esistevano da tempo<br />

immemorab<strong>il</strong>e.. a parte che Afrodite avia un amico fisso.. <strong>il</strong> <strong>dio</strong> Ares, nel suo piccolo<br />

itifallico anche lui..… per <strong>il</strong> resto, quando c’era da cunnomentulamachiare lei<br />

cunnomentulamachiava con grande , immenso e infinito piacere della sua muni e del<br />

fallo altrui.. Comunque, con lo sciancato ci fece delle belle ficcate.<br />

Ma Ares era Ares ..unico figlio ufficiale di Zeus e di Era.. bello e sempre armato per<br />

fare la guerra .. armato di armi ferrose per scannare gli uomini.. armato di minchia<br />

tisa per fare stragi di cunna..<br />

Ed era da quannu era picciotto che si l’intendeva con Afrodite… ma tra una ficcata e<br />

l’altra ognuno ficcava con chi voleva o capitava.. se l’intendevano bene ma in piena<br />

libertà potevano intendersela con altri…<br />

Ares , per esempio, ebbe una figlia di nome Alcippa dalla bella mortale Cecrope, ma<br />

la bella ingrifava <strong>il</strong> figlio di Poseidone Alirrozio che sull’acropoli la violentò.. Ares,<br />

ipso facto, uccise <strong>il</strong> cugino.. e lì, sul posto del cuginici<strong>dio</strong>, Ares fu processato e<br />

assolto.. quel posto addivintò L’Areopago.<br />

Ma Afrodite era e restava <strong>il</strong> suo pacchio preferito.<br />

> disse<br />

intanto che cavalcava l’amato.<br />

><br />

><br />

> chiese <strong>il</strong> <strong>dio</strong> fermandosi.


Ares rise e riprese <strong>il</strong> lavoro d’inciullazione. Quella notte incollarono Armonia.<br />

Perchè l’armonia fottitoria di quella notte fu meravigliosa…<br />

> disse Ares.<br />

><br />

La notte del matrimonio Efesto e Afrodite si addivertirono .. e lei per fare un piacere<br />

al marito si bagnò nella magica fonte che ridava la verginità.. non si sa che numero<br />

portasse questa verginità ritrovata.. sta di fatto che Efesto sverginau la moglie…<br />

Finalmente Efesto, dopo <strong>il</strong> matrimonio, fu riammesso nell’Olimpazzo e portato<br />

davanti alla mamma.<br />

> chiese lei.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E ci la spiegau in tanti modi ma quello non recepì <strong>il</strong> discorso.<br />

><br />

Alla fine Era capi che doveva dare un nome. Magari falso. Ma daricc<strong>il</strong>lo. Altrimenti<br />

restava col culo attaccato a quel trono.<br />

><br />

><br />

E in un fiat la liberò. Zeus rise alla sfasò. Anche altri <strong>dei</strong> risero. La stessa Era rise.<br />

Solo Efesto non rise e non capì niente. Era solo e soltanto contento perché suo padre<br />

aveva un nome.<br />


e soltanto partaimmi?>> era la variante, dedicata a Efesto, della domanda per cui era<br />

famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Il megacornuto, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Efesto cornu<br />

e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di corna col cornuto di Efesto. .<br />

Pallade, la vergine acida<br />

Zeus s’avia mangiato la prima moglie incinta. Ma non l’avia digerita bene. O meglio,<br />

digiriu la moglie ma non quello che la signora teneva nella panza . Perchè Meti,<br />

stanca della minchia del marito, dintra <strong>il</strong> pacchio s’era messa un capsula di metallo.<br />

E Zeus, pigliato dal raptus erotico, senza accorgersene, futtia in una fica non di carne<br />

ma di metallo. E con quel metallo la picciridda ca iu criscennu si fici una bella<br />

armatura tutta completa, da la testa a li peri.<br />

Pertanto Zeus nun riuscì a completarne la digestione. Anzi, ci vinni un forte mal di<br />

testa, così forte che si ia sbattennu la cocuzza mura mura..<br />

><br />

Quannu ci avia un piccolo malessere a Zeus ci pigghiava un firticchio grosso assai e<br />

minacciava sempre di ammazzarsi.. ma non poteva, essendo immortale. E allora<br />

santiava contro sé stesso e contro quella zoccola della sacerdotessa più<br />

zoccoleggiante di tutte le zoccole, Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum<br />

Poi Zeus si rendeva conto dell’impossib<strong>il</strong>ità della cosa. Era immortale.<br />

><br />

Il dottore curriu. Col suo carro di pronto soccorso guidato da 118 cavalli di prima<br />

qualità. Tutti bianchi, come <strong>il</strong> camice <strong>dei</strong> dottori del futuro.. vi potrei dire i nome <strong>dei</strong><br />

cavalli.. di tutti e centodiciotto..<br />

Car<strong>dio</strong>logia, Biologia, Neurologia, Sessuologia, Immunologia, Endocrinologia,<br />

Istologia, Andrologia, Farmacologia, Ematologia, Epidemiologia, Urologia,<br />

Osteologia, Tossicologia, Ginecologia, Coglionologia, Cazzologia, Minchiologia….<br />

E siamo a diciotto… Ma penso di averti, o lettore bello, già scassato i coglioni se<br />

mascolo sei, oppure le ovaie se femmina.. Quindi vado avanti per la mia storia… e<br />

lascio stare gli altri cento nomi..<br />

Arrivò dunque Asclepio.


disse Asclepio in tono ironico e si<br />

scoppolò la coppola dalla testa.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Asclepio osservò <strong>il</strong> capo del capo<strong>dio</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

> chiese Zeus.<br />

><br />

Il <strong>dio</strong> Efesto curriu subito. Si mise in direzione del cratere centrale , fece andare sotto<br />

pressione l’Etna e in un amen fu scaraventato nell’Olimpazzo…con le conseguenze<br />

tipiche di questa chiamate d’emergenza.. una bella e catastrofica eruzione … la colata<br />

raggiunse <strong>il</strong> mare... la cenere copri molti paesini... su Munipuzos e Purceddopolis ni<br />

cariu mezzo priapometro... sui paesi del futuro Pattuallopolis un priapometro sano<br />

sano sano..<br />

Efesto fu subito nell’Olimpazzo . E visto che doveva a Zeus la bella moglie, e<br />

naturalmente anche le corna, pigliau subitu l’accetta e ci desi un colpo micidiale . Un<br />

colpo dato con amore e con o<strong>dio</strong>...E dalla capa del capo<strong>dio</strong> sciu, tutta bell’e armata di<br />

tutto punto, Pallade Atena.<br />

><br />

> dissero Asclepio e Efesto tuccannisi i<br />

santissimi.<br />

> disse Zeus alla moglie annacandosi la bella figlia. In realtà<br />

sapeva che erano cinque a uno. Nessuno <strong>dei</strong> figli di Era era suo. Naturalmente non<br />

erano neanche di altri uomini. Si trattava <strong>dei</strong> soliti misteri religiosi.<br />

><br />

> si chiese Zeus.<br />

> rispose Era incazzata.<br />

><br />

> dissero Era, Asclepio ed Efesto<br />

tuccannisi li palli.


O per lo meno, Asclepio e Efesto si tuccanu li loro, Era ci li toccò al marito.<br />

La picciridda intanto ciancia.<br />

> disse Zeus.<br />

><br />

><br />

Comunque non c’erano alternative, lui non aveva latte di minna e pertanto ci desi latti<br />

di brigghiu.. Non poteva daricc<strong>il</strong>lu direttamente. Lu capicciu della minna era diverso<br />

dalla funtana del latti di brigghiu.. non restava che minarsela. E Zeus , per sfamare la<br />

picciridda e per non sentirla chiù chiagniri, che già i coglioni ci staunu addivintannu<br />

due meloni, si la minau davanti a Era, Asclepio e Efesto. Solo che Era l’avia fatto<br />

inacazzare e <strong>il</strong> latte era diventato acido.. ma la picciridda sucò lo stesso.<br />

> disse <strong>il</strong> dottor Asclepio.<br />

> disse Zeus.<br />

> era la<br />

variante, dedicata a Pallade Atena, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

Socratino da Munipuzos .<br />

Homerino scrisse l’opera Palla<strong>dei</strong>de, <strong>il</strong> poeta Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Pallade<br />

Atena cunnus casto e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni con Pallade<br />

Atena.<br />

Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum<br />

Chi era la sacerdotessa vergine Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Codesta sacerdotessa, nata da una<br />

vergine e che doveva a sua volta mantenersi vergine, si era invece sacrificata,<br />

accogliendo tutti in una volta i Sette Campioni che stavano partendo per la conquista<br />

di Tebe di Sic<strong>il</strong>ia.<br />

<br />

Adrasto, Polinice, Tideo, Partenopeo, Capaneo , Ippomedonte e in poco convinto<br />

Anfiarao la talianu in faccia.<br />

><br />

La smorfiosa sacerdotessa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum si li fici tutti e sette in una volta… due<br />

cu li manu, due cu li peri, unu cu la ucca , unu cu lu culu e unu col pacchio.. e <strong>il</strong><br />

pacchio fu dato per libera decisione della sacerdotessa e degli altri al poco convinto<br />

Anfiarao. Che accettò <strong>il</strong> dono di quella verginità.<br />

> ci chiesero i compagni.


Il pacchio fu dato per primo a lui, perché poi, a rotazione, tutti e sette si ficiro <strong>il</strong> giro<br />

delle sette posizioni.. tutti insomma fecero piangere la loro ciolla dentro <strong>il</strong> pacchio<br />

della sacerdotessa.. che nove mesi dopo diede alla luce sette gemelli…. Sette gemelli<br />

falsi.. perché se una era la madre sette erano i padri… sette cicie e un portacicia per<br />

sette cicetti...<br />

Poi tutti , tranne uno, i sette protagonisti della eptamentulamachia morirono<br />

nell’impresa. Tutti tranne Adrasto che divenne <strong>il</strong> ganzo permanente semiufficiale o<br />

seminascosto o ufficioso di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum.<br />

Solo che ogni volta si la doveva fare sette volte .. come la prima volta , quando in<br />

sette lei li aveva accontentati.. adesso era lui, con la sua unica ciolla, che doveva fare<br />

<strong>il</strong> lavoro fatto a suo tempo dai sette.<br />

><br />

L’impresa era aspettare la crescita <strong>dei</strong> figli <strong>dei</strong> sette e ridare l’assalto a Tebe di<br />

Sic<strong>il</strong>ia. Passarono oltre dieci anni . Quasi venti forse.<br />

E prima di partire Adrasto e i Sette figli <strong>dei</strong> Sette della prima impresa, i cosiddetti<br />

Epigoni, si ficiro la sacerdotessa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum.<br />

Solo che stavolta erano otto. I Sette Epigoni più Adrasto, <strong>il</strong> capo spedizione.<br />

Ad Adrasto tocco la posizione di timoniere della ottominchiomachia…<br />

Si mise col culo sulla pancia della sacerdotessa e ci piazzò la ciolla nella vallata<br />

Intramminale.. e da quella posizione, manovrando li minni della sacerdotessa con le<br />

mani, intanto che la sua ciolla facia avanti e annareri nella bella vallata, iddu dirigia<br />

la ottomentulamachia…<br />

Egialao , <strong>il</strong> suo caro e amata figliolo , iu in cunno per primo. Taliava <strong>il</strong> culo del padre<br />

e incunnava. E a turno tutti si scambiarono le posizioni iniziali.. solo Adrasto restò<br />

nella situazione di partenza, al posto di comando… Lui dava gli ordini..<br />

><br />

Gli Epigoni conquistarono Tebe.<br />

Intanto dopo nove mesi nascenu n’autri sette carusi…<br />

Di questa donna, di questa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum dalle tempra eccezionale, si narra che<br />

ancora da vecchia fosse sessualmente attiva. Tanto che una volta, che era venuta a<br />

Monacazzo, attirò l’attenzione del <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong> in persona.<br />

Era già vecchia ma non si sa di quanto. Si vestiva come una signora e si truccava<br />

come una carusa, ma soprattutto avia parlantina , forza, figutu e coraggio di fare delle<br />

avance ai masculi. Sulla faccia portava sempre la veletta in segno di pudicizia .


Pare che pagasse i mascoli per farsi dare una dose di sasizza, ma quelli contenti del<br />

trattamento tornavano a cercarla gratis. Le sue prestazioni, i suoi congiungimenti,<br />

avvenivano sempre al buio. Andava sempre a pregare nel tempio di <strong>Priapo</strong> e si<br />

metteva proprio sotto la ciolla tisa.<br />

> diceva a chi le chiedeva del perché<br />

occupava quella postazione.<br />

E attirò l’attenzione di <strong>Priapo</strong> stesso. Che pur di congiungersi con la misteriosa donna<br />

con la veletta accettò le sue condizioni.<br />

><br />

> rispose <strong>il</strong> <strong>dio</strong> che era curiosone e aperto a tutte le trovate.<br />

Si narra che la donna non solo rese felice <strong>il</strong> <strong>dio</strong> ma fu anche la prima che ne prese le<br />

misure. Fino ad allora sulla lunghezza della ciolla del <strong>dio</strong> se ne erano dette tante.<br />

><br />

><br />

> dicevano i michiomatematici.<br />

><br />

Ognuno diceva la sua.<br />

Adesso , per la prima volta, ci stava la misura ufficiale effettata dal vivo, nel pieno<br />

del suo splendore erettivo, da Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum.<br />

Questa donna passò alla storia come la protomisuratrice della minchia del <strong>dio</strong> dal<br />

rosso palo sempre eretto.<br />

Ma oltre al <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>, Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum riuscì a farsi incunnare da altri <strong>dei</strong>...<br />

compreso lo stesso Zeus.. sempre al buio.. solo che gli <strong>dei</strong>, dopo la ficcata, riuscivano<br />

per attimo a vedere anche al buio.. pertanto tutti si resero conto che s’erano<br />

trummiati una vecchia sfatta.. derelitta.. tutta rughe... una quasi mummia...<br />

> era la variante , dedicata alla<br />

sacerdotessa vergine e buttana Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum , della domanda per cui era famoso <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.


Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum vergine e puttana.<br />

Il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos scrisse <strong>il</strong> solito e consueto Carmen in<br />

dialetto latino intitolato Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum meretrix casta o casta meretrix .<br />

Lo scrittore dialettale Santhokriso scrisse <strong>il</strong> solito romanzo in dialetto e pieno di p<strong>il</strong>o<br />

intitolato Cent’anni con Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum .<br />

Cibele, la figlia della minata<br />

La prima volta che Zeus si la minò successe un quarantotto elevato alla<br />

quarantottesima. Era nicu <strong>il</strong> futuro capo<strong>dio</strong> ma tinia pruritu all’aceddu. Stava del<br />

bosco di Mynkyalonya e si disperava. Pertanto si rattava in continuazione la ciolla.<br />

Spesso si scordava di posare i fulmini e si addumava <strong>il</strong> pisello. E <strong>il</strong> prurito<br />

aumentava. Allora s’incazzava , santiava, ittava fulmini a destra e a manca.<br />

Una volta si accorse che se ci facia un po’ di coccole al divin pisello quello si<br />

arrigriava.. e più lo coccolava più quello si arrigriava… e coccola e ricoccola quello<br />

sputò quello che aveva da sputare… sputò in faccia al suo proprietario.. Zeus si<br />

scantò e ci scappanu nu casinu di fulmini… fu na catastrofe come mai se n’erano<br />

visti..<br />

><br />

Ma una goccia di simenta cariu a terra.. e da questa goccia nasciu Cibele..<br />

Nasciu cu f<strong>il</strong>azza e battagghiu e li <strong>dei</strong> scantati non potendo cucirici la f<strong>il</strong>azza ci<br />

tagghianu l’aceddu. Finito a terra fici nasciti na maccia di minnulicchiu.. <strong>il</strong> mandorlo.<br />

Nu iornu Nana dal pacchio bello si stava riposando a cosce spalancate sotto quel<br />

mandorlo quannu un minnulicchiu cariu propinò là. E trasiu fecondandola. Nasciu<br />

accussì Attis.. che divenne bello di cervello e d’uccello. Senza saperlo Cibele si<br />

innamorò del proprio discendente ma chiddu si ni futtia una amata minchia.. preferiva<br />

altro. Allora Cibele lo fece impazzire e Attis, non sapendo quello che faceva, si taglio<br />

l’aceddu e morì.<br />

Cibele pianse e ne ricompose <strong>il</strong> corpo in una grotte di Montecazzone .. e chiese a<br />

tutti gli <strong>dei</strong> di fargli una grazia..<br />

Che <strong>il</strong> corpo di Attis non s’infracirissi mai.. che i capelli e la ciolla crescessero<br />

all’infinito.. e quella grotta diventò un santuario.. un corpo intatto con capelli<br />

ch<strong>il</strong>ometrici. E accanto una ciolla che misurava allora già decine di<br />

ch<strong>il</strong>opriapometri…


A vig<strong>il</strong>are sul santuario <strong>dei</strong> sacerdoti masculi ma eunuchi… la dentro di ciolla ci<br />

doveva stare solo quella di Attis.. che secondo una profezia un giorno sarebbe<br />

abbastata al mondo intero..<br />

> era la variante, dedicata ad Attis, della<br />

domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Homerino scrisse l’opera Cibele e <strong>il</strong> phallus di Attis, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Attis<br />

longa mentula pro Cibele e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di p<strong>il</strong>o tra<br />

la dea Cibele e la lunga minchia di Attis.<br />

Ach<strong>il</strong>le, l’immortale dalla minchia mortale<br />

Putia siri figlio di Zeus o di Poseidone ma quelli si scantanu quannu sappunu chiddu<br />

ca <strong>il</strong> figlio avrebbe fatto a lu papà.<br />

><br />

Pertanto la bella e bona Teti fu data in moglie a Peleo.<br />

> gridava la donna che in realtà teneva già un amante ed era anche incinta.<br />

Ma Zeus aveva deciso. Teti scappau ma Peleo l’assicutò Quella si trasformò in m<strong>il</strong>le<br />

e più cose, ma Peleo non si diede per perso. Alla fine Teti si fici a seppia e al povero<br />

minchia tisa di Peleo lu annaciau dalla testa a li peri. Da uomo bianco lu fici uomo<br />

nero. Ma quello non si arrese. Si stuiau cu la manu la coppola della minchia e partiu<br />

all’assalto. Teti viria solo na cosa russa ca pazziava.<br />

><br />

Acchiappò la donna e ci la chiantau in un amen. Quella appena la cosa ci tuccò la<br />

cosa arrimuddò. E si concesse. O meglio, Peleo si la fottè. E quella cosa russa<br />

l’impacchiò di botto. Quella stessa notte Zeus, pigliate le sembianze di Peleo, si<br />

trummiò la bedda, ma lo fece col prof<strong>il</strong>attico. Quella notte, sulla spiaggia di Eloro, fu<br />

siminato ufficialmente Ach<strong>il</strong>le, figlio legale di Peleo ma cu nu tanticchia di ciauru<br />

biologico di Zeus…sulu ciauru di diu..<br />

> dicia Teti.<br />

E pinsò di farlo immortale immergendolo nelle acque della fonte Biothesmophoros.<br />

Ma nell’operazione di immortalizzazione lu carusu muriu. Solo dopo cinque tentativi<br />

Teti riuscì a rendere immortale Ach<strong>il</strong>le. L’Ach<strong>il</strong>le che tutti conosciamo in realtà<br />

dovrebbe chiamarsi Ach<strong>il</strong>le quinto o pentach<strong>il</strong>le...<br />

Ma tutto nun putia immergerlo . Da qualche parte lo doveva tenere. Pensa e ripensa lo<br />

immerse tenendolo per la ciolla. Ach<strong>il</strong>le diventò immortale. Tranne che la morte non<br />

arrivasse dalla ciolla… Sapendo <strong>il</strong> destino del figlio la madre lo inviò da re Licomede<br />

che lo ribattezzò Pirra, lo vestì da femminuccia e lo mise tra le ragazze della corte, a<br />

crescere con loro.


disse <strong>il</strong> re.<br />

Le ragazzine notarono subito la differenza. Pirra pisciava in piedi. Guardarono<br />

meglio. Quello aveva un cornetto di carne in mezzo alle cosce e con quello pisciava.<br />

> si dissero bambine.<br />

Pirra li intisi e protestò.<br />

><br />

><br />

><br />

Le ragazzine , in seguito all’arrivo di Pirra, volevano giocare sempre e soltanto al<br />

gioco di Asclepio. Loro erano i medici e Pirra <strong>il</strong> malato. E <strong>il</strong> malato era malato<br />

sempre nel cornetto di carne. Le ragazzine si divertivano a toccare quel cosetto che<br />

diventava duro . E naturalmente toccavano anche le palline.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

chiesero le ragazzine.<br />

Ach<strong>il</strong>le , con pazienza infinita, addimostrò ad ognuna dove avevano la giusta<br />

apertura..<br />

Teti aveva fatto questo perché sapeva <strong>il</strong> futuro del figlio. Ach<strong>il</strong>le poteva vivere in<br />

eterno da uomo qualunque o vivere poco ma diventare un eroe universale. Teti<br />

sapeva anche cosa avrebbe fatto <strong>il</strong> figlio. Intanto lo sapeva femminuccia tra le<br />

femminucce. E giocando giocando giocò con Deianira, la figlia del re. Da questo<br />

nuovo gioco a due nasciu Neottolemo, detto anche Pirro figlio di Pirra. Sia Pirra che<br />

la ragazza erano giovanissimi. Ma poi, all’improvviso, nel suo cuore immortale e<br />

nella sua ciolla mortale scoppiarono l’amore per Patroclo. Amanti e amici per<br />

sempre…<br />

Patroclo avia notato quella ragazzina dai lungi capelli biondi.. Non sapeva chi<br />

era…ma era bella e poi tinia un carattere da masculazzu..<br />

> pinsava Patroclo. E iniziò a<br />

corteggiarla.<br />

> pinsava.<br />

Poi venne fuori la gravidanza di Deianira ma non <strong>il</strong> nome dell’ingravidatore.<br />

> pinsava <strong>il</strong> povero Patroclo.<br />

Che in passato aveva avuto una infelice e felice esperienza omo. Si era innamorato di<br />

Clitomino . Ed ogni volta si giocavano le parti a dadi. Poi accidentalmente, Patroclo<br />

uccise l’amico. Pertanto fu un amore felice in vita ma infelice per come finì.


si era autopromesso.<br />

Puntò tutto su Pirra. La taliava e Pirra ricambiava la taliata. Patroclo fremeva . Pirra<br />

pure. Un giorno Patroclo seguì Pirra e altre ragazze che andavano alla fonte<br />

Hidropartenos.. l’acqua vergine…<br />

Patroclo taliava <strong>il</strong> culetto di Pirra che si dimenava sotto la tunichetta. E si eccitava<br />

come un satiro arrapato. Pirra da parte sua ogni tanto si girava e sorrideva al suo<br />

inseguitore. Una volta alla fonte, una cascata imponente, le altre ragazze andarono al<br />

tempietto di Afrodite Callipigia mentre Pirra si tuffò. Nuotando sotto la cascata andò<br />

dietro alla stessa. Patroclo si sentì invitato e fece la stessa cosa. Una volta emerso<br />

dall’acqua non vide niente.<br />

> pinsò.<br />

Po la vide . Distesa a terra, sotto la cascata. Con la tunica che le aderiva perfettamente<br />

al corpo. Il culo era coperto ma sembrava nudo.<br />

> pinsò Patroclo. Si avvicinò e si distese al suo<br />

fianco.<br />

><br />

><br />

Ach<strong>il</strong>le capì che si trattava del cugino mai conosciuto. Capì anche che quello lo<br />

credeva una ragazza. Ma sapeva anche che aveva avuto una bella storia d’amore con<br />

Clitomino. Senza dire altre parole si baciarono. Un semplice bacio labbra contro<br />

labbra. Patroclo allungo una mano per toccare <strong>il</strong> sedere delal carusa. Pirra non disse<br />

niente. Patroclo lo scoprì. Pirra non protestò. Intanto l’acqua cadeva felice sui loro<br />

corpi.<br />

><br />

><br />

><br />

Pirra non rispose. Patroclo cercò di girarlo ma Pirra si oppose. Allora Patroclo ci<br />

acchianò sopra e lentamente lo stunicò. Gli levò la tunica.<br />

><br />

La pelle bagnata br<strong>il</strong>lava sotto i raggi del sole che attraversavano l’acqua della<br />

cascata.. i capelli biondi lunghi parevano f<strong>il</strong>i d’oro. Ma <strong>il</strong> culo.. quello invitava a fare<br />

pazzie.. lo accarezzava e poi saliva verso le spalle, quindi scendeva di nuovo al culo e<br />

poi alle cosce. Accarezzava queste e cercava di scostarle, voleva andare alla porta<br />

dell’amore. Ma Pirra si opponeva.<br />

> chiese Patroclo.<br />

><br />

Intendevano due cose diverse ma ognuno ragionava dal suo punto di vista. Patroclo<br />

pinsava al pacchio, Pirra si riferiva al culo. Intatto la ciolla di Patroclo puntava al<br />

cielo. Le mani continuavano a massaggiare le belle natiche, le scostavano e poi le<br />

riavvicinavano. E quando le allontanavano si vedeva br<strong>il</strong>lare quel fiorellino che da<br />

tutti è amato. Che sia di mascolo o di fimmina.<br />

Patroclo ci mise la ciolla tra le chiappe. Pirra non disse niente. E lui puntò al portuso<br />

E fece quello che doveva fare. Non parlarono. Intanto che si annacava, Patroclo, con<br />

le mani cercò le tette ma non c’erano..


Scese verso <strong>il</strong> pacchio. Non si poteva entrare ma toccare sì. Piano piano scese ma si<br />

trovo con un uccello nelle mani. Ma si eccitò di più e venne.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Si giurarono eterno amore.<br />

> disse Ach<strong>il</strong>le.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Così andò <strong>il</strong> primo incontro amoroso tra Ach<strong>il</strong>le e Patroclo. Un amore che duro fino<br />

ala morte di Patroclo.<br />

> era la variante, dedicata ad<br />

Ach<strong>il</strong>le , della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Homerino scrisse l’opera L’amore immortale di Ach<strong>il</strong>le e Patroclo.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Mentula Ach<strong>il</strong>le et culum di Patroclo.<br />

Lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni d‘inculate tra Ach<strong>il</strong>le e Patroclo.<br />

Ermete, la minchia alata<br />

Chistu diu era beddu. Era figlio di Zeus e di Maia, la figlia di Atlante. Nasciu in una<br />

grotta. Come successe per altri dii e per altri ancora succederà. Nasciu na mattina<br />

presto, all’alba; ma a mezzogiorno già camminava . Ammazzò una tartaruga e con lo<br />

scudo, mittennici sette corde, si fici la prima lira. Prima di sera arrubbò cinquanta<br />

vacche al vaccaro Apollo, suo fratellastro, che allora era a servizio da Imeneo per<br />

divina punizione. Poi tornò nella culla a farsi <strong>il</strong> suo sonnellino di neonato terrib<strong>il</strong>e.<br />

Stava sempre nudo anche perchè <strong>il</strong> suo normopisello non faceva impressione. Lo<br />

chiamavano anche Ephebos. Nudo sempre ma con le ali ai piedi e al pisello e in testa<br />

l’elmo. In mano teneva sempre <strong>il</strong> caduceo, un bastone al quale stavano attaccati due


serpenti che sempre fottevano. Ermete aveva cercato di separali ma quelli si era<br />

attaccati al bastone. Era considerato <strong>il</strong> <strong>dio</strong> della fert<strong>il</strong>ità e i suoi altari venivano<br />

adornati con falli di terracotta.<br />

Faceva pure <strong>il</strong> messaggero degli <strong>dei</strong>, come <strong>il</strong> collega Angelo Gabriele.<br />

> gridava . E dava <strong>il</strong> messaggio.<br />

E se la comunicazione era di tipo p<strong>il</strong>uso gridava ancora più forte per farsi sentire da<br />

tutto l’Olimpazzo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Anche lui comunque si dava fare. E na vota persi la testa per Afrodite.<br />

> gli diceva la dea callipigia, callicunnus e calliminni.<br />

><br />

chiarì lui.<br />

< No… lo sticchio è mio e lo do solo a chi voglio io..>><br />

Ermete chiagniu, stava sempre ingrifato e si la minava in continuazione.<br />

Infine, con l’aiuto di Zeus, si fici la bella Afrodite. Il capo <strong>dio</strong> fici arrubbari alla sua<br />

aqu<strong>il</strong>a un sandalo d’oro della dea, intanto che quella si faceva <strong>il</strong> bagno, e lo spedì a<br />

Ermete. Afrodite si pigghiau na collera. Pianse e si disperò.<br />

><br />

<br />

><br />

><br />

La dea lu iu a truvari. Effettivamente quello giocarellava col sandalo di Afrodite. Si<br />

lu ciaurava e poi si lu stricava sulla minchietta tisa.<br />

><br />

><br />

><br />

<br />

>


Afrodite era bella e amoreggiante ma anche fac<strong>il</strong>e all’incazzatura. Pertanto ci si ittau<br />

di supra pi scipparici lu sannulu da li manu. Ermete era efebico ma forzuto. E dopo<br />

aver fatto finta di lottare e aver dato alla bella la sensazione di vincere arrovesciò la<br />

situazione.<br />

Afrodite, bella di forme ma debole di muscoli, l’avia misu sutta e ci stava assittata<br />

supra lu pettu.<br />

> ci chiese a Ermete.<br />

Ermete non rispose. Aveva gli occhi a poca distanza dal pacchio sp<strong>il</strong>ato e vedeva la<br />

f<strong>il</strong>azza fare rapi e ciuri.<br />

> pinsava Ermete.<br />

Afrodite intanto ,con <strong>il</strong> sandalo recuperato in mano, lo sandaliava in faccia .Ma<br />

Ermete non diceva niente. Fotteva con gli occhi. E godeva col cuore, con la testa e<br />

anche con l’aceddu. Infatti la ciolleta tisa vinni e la simenta finiu sulle spalle della<br />

dea dell’amore. Afrodite rise di quell’omaggio.<br />

><br />

A quelle parole Ermete la rovesciò di botto, la mise a pancia in giù e la bloccò come<br />

una salama mittennisicci di supra. La dea si dimenò ma non riuscì a liberarsi.<br />

><br />

E senza chiù parlare fici. Ci la ficcava nel culo ma poi la scia e ci la mittia nell’altro<br />

posto e poi ancora nel primo e quindi di nuovo nell’altro e intanto vinia e facia trasi e<br />

nesci una volta in un sito e una volta nell’altro anche pirchì la ciolla non si sgonfiava<br />

e continuava pertanto a fare un colpo lì e un colpo là e intanto le alette ci ciusciavano<br />

li natichi belli e ci stuzzicavano lu mussu ranni e lu mussu nicu del pacchio e a volte<br />

invece ia a cozzare con la coppolella della sua minchia contro <strong>il</strong> clitoride e poi di<br />

nuovo in un portuso e poi nell’altro e lei sempre sotto a dimenarsi ma passando dalla<br />

rabbia al piacere e facendo continuamente “ ihhhh.. ahhhh.. uhhhh...ehhhh ..<br />

ohhhh…” e questo per un tempo che parse infinito.<br />

> disse Afrodite alla fine.<br />

><br />

Ermete ci misi <strong>il</strong> piede nel sandalo pensando gia di rificcare la sua cosa nella cosa<br />

della dea..<br />

> chiese Ermete.<br />

> precisò la dea.<br />

><br />

><br />

Futtenu per tre giorni di seguito. E da quella multificcata fatta di sciuti e trasuti alla<br />

sanfasò nasciu Ermafrodito.<br />

> era la


variante, dedicata a Ermete, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da<br />

Munipuzos.<br />

Homerino scrisse l’opera Phallus alalà, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Mentula, avex<br />

alatus e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> solito romanzo. Titolo Cent’anni di minchia<br />

volante.<br />

Munipuzos, la futura Monacazzo<br />

Cumu nasciunu li dia e li mortale e chiddi a metà.. accussì nasciunu li città…<br />

Ci sta la partenogenesi, la minata partenogenetica, la fottuta.. e in questi modi nasce<br />

pure la polis… La crea nu diu, n’omminu, n’eroe… nu architetto, nu re, nu<br />

imperatore… e beni o mali ca va, pure na testa di cazzo. Costantino creerà<br />

Costantinopoli, Alessandro tante Alessandrie.. e così via..<br />

Ma una testa di minchia fonderà Minkiapolis, una buttana Buttanopoli, un arricchione<br />

Frocioburgo, uno stronzo Scatapolis…. E così via….<br />

Allo stesso modo Teseo Krisobifallomagno creò Munipuzos.<br />

Teseo era figlio di Egeo, grande re e grande fallo… Questi non avendo avuto figli pur<br />

avendo avuto due mogli, Melite e Calciope, avvicinandosi l’età che la minchia<br />

piglia la calata, consultò l’oracolo.<br />

><br />

Durante <strong>il</strong> viaggio incontrò Medea che in cambio di protezione futura, se si fosse<br />

rifugiata ad Atene di Trinacria, ci profetizzò che sarebbe diventato padre per magia..<br />

><br />

Contento Egeo promise protezione assoluta alla maga. Ma Medea , sperannu di siri la<br />

madre dell’eroe profetizzato, fece ubriacare Egeo e si lu futtiu. Ma la simenta non<br />

ingranò.<br />

Egeo non capì la prima profezia e ci parse una balla la seconda. E contò la cosa<br />

all’amico Pitteo che era nu tanticchia scienziato di cazzi e cazzacci vari.<br />

> pinsò l’amico.<br />

Poi ci desi da bere lu so vinu stissu e lu rese br<strong>il</strong>lo. Quindi lu catafuttiu nel letto della<br />

figlia Etra. Dopo aver ubriacato anche lei. La figlia Etra era innamorata e devota di<br />

<strong>Priapo</strong>. Andava sempre nel suo tempo a pregare. A volte addirittura ci ia di notte,


s’arrampicava sulla ciolla enorme e si addormentava sul rosso palo sempre tiso. E<br />

<strong>Priapo</strong>, una volta, intanto ca si fici un giro veloce <strong>dei</strong> suoi santuari, la visti. E intanto<br />

che c’era si la futtiu. E ci promise che se avissa avuto un figlio, non suo naturalmente,<br />

quello sarebbe stato un eroe, un doppio eroe. Eroe di spada e eroe di minchia.<br />

Adesso <strong>il</strong> padre, per convincerla ad andare a letto con Egeo, l’aveva dovuta ubriacare.<br />

Altrimenti col cazzo che la picciotta si la facia ficcare dal primo venuto. Lei<br />

periodicamente ricivia la ciolla del <strong>dio</strong>. E una di quelle visite la saziava per tanto<br />

tempo. Una dose di sasizza divina ne valeva m<strong>il</strong>le di quella umana. Etra pertanto<br />

viveva per quelle visite. Ma adesso era br<strong>il</strong>la e non capiva una minchia.<br />

> ci disse <strong>il</strong> padre.<br />

Quando Egeo, stanco e br<strong>il</strong>lo, e naturalmente con i coglioni vacanti, si addormentò.<br />

Poseidone, ingrifato come un priapone marino, si incunnò la già incunnata Etra.<br />

Al risveglio, Egeo, con le palle vuote e la testa ancora offuscata dal vino, si rese<br />

conto di quello che era successo. E capì che la donna era incinta. Aveva già i primi<br />

pititta e la nausea. Il figlio era figlio di Egeo ma con qualche cosa di Poseidone..<br />

Ma ha dire <strong>il</strong> vero, dopo che Poseidone smontò dal bel buco, <strong>Priapo</strong> in persona ci<br />

trasiu. E siminau alla sanfasò. Se lu picciriddu doveva essere figlio di Egeo con<br />

qualche cosa di Poseidone, tutto bene. Ma lui ci avia promesso qualche cosa di suo. E<br />

pertanto era corso a fare <strong>il</strong> suo dovere. Lu picciriddu doveva essere ciolluto, non<br />

quanto <strong>il</strong> <strong>dio</strong>, ma fornito di una bella minchia. Un gioiello di famiglia di prestigio.<br />

Quando Egeo si svegliò disse alla donna.<br />

><br />

Masculu nasciu e bonu crisciu . Era forte come un gigante e delicato e bello come una<br />

femmina. Portava i capelli lunghi e una corta tunichetta, e paria veramente una<br />

fimmina senza minni. Ma in realtà era cazzuto e forzuto. Fece sedici anni ma la<br />

mamma non ci disse niente. A sedici anni e un mese Teseo seppe la verità da <strong>Priapo</strong> .<br />

Il <strong>dio</strong> ciolluto ci appariu in sogno e ci disse.<br />


apriranno varchi e passaggi inaspettati.. a anche altro ti apriranno.. altro a non<br />

finire… ma prima devi trovare la spada e poi andare a fottere nel tempio unni ci sunu<br />

le buttane sacre… Minchia, quella notte dovrai perdere la verginità della ciolla e<br />

quella della spada.. la prima sarà fac<strong>il</strong>e.. basta ficcaricc<strong>il</strong>la a una peripatetica.. o<br />

eventualmente a una femmina disponib<strong>il</strong>e…la seconda fai tu.. sacrificami un armaro<br />

a tua scelta…>><br />

> arrispunniu Teseo nel sogno. Ma era tutto scantato . L’apparizione di<br />

quell’uomo con una spada di carne micidiale lo aveva spaventato. Sapeva per<br />

esperienza che ci stavano uomini con armi molto più piccole che cercavano di trasiri<br />

nei culi <strong>dei</strong> ragazzi . A lui era successo, ma per sua fortuna aveva saputo sfuggire <strong>il</strong><br />

pericolo. Un pericolo che andava molto di moda, ma a lui non interessava diventare<br />

l’amato di qualche vecchio amante. Ma questo adesso non aveva un’arma nella<br />

norma o giù di lì, questo aveva una bestia. Comunque non gli aveva fatto profferte<br />

amorose. Anzi, gli parlava di suo padre e della spadazza di quel personaggio famoso<br />

che l’aveva seminato. Gli diceva che era <strong>il</strong> momento di raggiungerlo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> chiese <strong>il</strong> picciotto.<br />

><br />

Teseo giurò automaticamente. Nel sogno toccò la megacoppola della megaminchia.<br />

Poi chiese:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Teseo la ritoccò e quella entrò in eruzione. Una quantità enorme di latte di brigghiu<br />

sciu da quella minchia divina.<br />

Teseo si svegliò tutto scantato e sudato. Non era tutto inc<strong>il</strong>ippiato da quel latte di<br />

brigghiu del sogno.. era solo inc<strong>il</strong>ippiato dal suo latte di brigghiu.. era venuto nel<br />

sonno intanto che sognava.. forse per l’imminente piacere della partenza.. o per<br />

l’imminente piacere della prima ficcata.. o per l’imminente ritrovamento della<br />

spadazza crisoferrica del padre… o forse per tutte queste cose insieme .. o forse per lo<br />

scantazzo di ritrovarsi quella cosa in culo..<br />

Nudo e ancora insementato curriu dalla madre..<br />

>


disse la mamma.<br />

> disse Teseo alla mamma.<br />

Quella per tutta risposta si mise a piangere. Teseo, mammolino assai, ci si avvicinò<br />

per consolarla. Si mise nel letto accanto alla donna, e ci asciugò le lacrime .<br />

><br />

La mamma intanto aveva appoggiato la testa sul petto del figlio e continuava a<br />

piangere. Le lacrime materne sciddicavano sulla panza e si mescolavano alla simenta<br />

di Teseo.<br />

><br />

La mamma per tutta risposta prese ad asciugare sia le sue lacrime che le lacrime di<br />

minchia di suo figlio.<br />

><br />

Lo asciugò tutto. Poi gli asciugò l’aggeggio. Ma l’aggeggio nelle mani della mamma<br />

rinasciu in tutto <strong>il</strong> suo pieno splendore..<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E giù lacrime calde.. alcune direttamente sulla cappella scoppolata della sua minchia,<br />

quella minchia con cui la mamma giocava amorevolissimamente quel gioco a lui<br />

tanto caro.. quel gioco detto <strong>dei</strong> “ Cinque o dieci soldati e un prigioniero” a secondo<br />

se si usava una mano o due. Adesso quel gioco lo stava facendo la sua mamma per<br />

lui.. Teseo era rosso e con la faccia in fiamme.. così come in fiamme era la sua<br />

ciolla…<br />

> implorò <strong>il</strong> ragazzo.<br />

La mamma riprese la parola.<br />

><br />

> rispose <strong>il</strong> ragazzo sempre più imbarazzato.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


E così andarono le cose. Poi Teseo parti.<br />

A sedici anni e un mese Teseo seppe la verità , prese la spadazza crisoferrica e<br />

ingignò la sua ciolla nel pacchio materno. Ciolluto di madre natura e cu lu spaduni<br />

ranni partiu pi circari lu papà. Ma pi strada ci ni successero a minchia cina di fatti e<br />

fattazzi.<br />

Per esempio, incontrò Perirete, detto Corunete, “ uomo dalla mazza”. Sto signore<br />

voleva farla assaggiare a tutti la sua mazza, ma con Teseo fallì.<br />

Incontrò Sini, detto Piziocante , “colui che piega i pini”.. veramente piegava ciolle<br />

per l’eternità… ma Teseo piegò lui. E intanto che c’era si fici la figlia di Sini, la<br />

bella e selvaggia Perigine, ca ci cacau un figlio, tale Melanippo.<br />

Poi ammazzò <strong>il</strong> bandito Scirone. Il delinquente costringeva i passanti a lavargli i<br />

piedi e poi li catafuttia a mare.<br />

> disse Teseo con falsa um<strong>il</strong>tà.<br />

><br />

Il forzuto Teseo acchiappò <strong>il</strong> delinquente per <strong>il</strong> marrugghiu e lo strafuttio a mare dove<br />

annegò.<br />

Incontro quindi Polipemone, padre di Sini, detto l’Inculatore universale. Questo<br />

mostro aveva una casa con due letti. Uno piccolo per le donne e uno grande per gli<br />

uomini. Se passava qualcuno lo acchiappava , lo legava al suo letto in base al sesso,<br />

lo sodomizzava e alla fine lo squartava e spargeva i pezzi nei campi. Teseo fece tutto<br />

questo al mostro.<br />

In tutte queste avventure Teseo ebbe l’aiuto discreto e invisib<strong>il</strong>e di <strong>Priapo</strong> e della sua<br />

santa propaggine.<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Finalmente Teseo arrivò ad Atene. Entrò in città l’ottavo giorno del mese di<br />

Ecatombeone e trovò <strong>dei</strong> muratori con fisicacci alla maciste che lavoravano al tempio<br />

di Apollo.<br />

><br />

Per tutta risposta Teseo prese un toro e lo tirò in aria. Per lo scanto quelli caddero<br />

dalle impalcature. E Teseo li impalò. Ovvero, ci piazzo <strong>dei</strong> pali la dove loro volevano<br />

piazzarci n’autra cosa a lui.<br />

Nel frattempo la maga Medea si era rifugiata ad Atene e con le sue arti avia fatto<br />

perdere la testa ad Egeo. Il re si l’era maritata. E lei ci avia dato l’erede con la ciolla.<br />

L’erede mascolo. Medo, <strong>il</strong> futuro re di Atene.<br />

Medea riconobbe Teseo e incominciò a preoccuparsi.. giustamente. Convinse <strong>il</strong> re<br />

che quello era una spia, un delinquente, un possib<strong>il</strong>e assassino, forse un probab<strong>il</strong>e<br />

regicida.<br />

> disse Medea a Egeo.<br />

>


La minchiomanzia Medea l’aveva sempre applicata ai suoi mascoli. Nelle pieghe del<br />

prepuzio o in quelle del glande lei leggeva <strong>il</strong> futuro. E se proprio non bastava c’era<br />

la coglionomanzia e la culomazia. Interpretare le m<strong>il</strong>le pieghe del buco del culo, per<br />

esempio, è diffic<strong>il</strong>issimo.<br />

><br />

Così si organizzò la facenna. Egeo personalmente offrì la coppa al suo ospite.<br />

><br />

Ma pi mangiarisi la carni, Teseo, che era assai educato , tirau fora la spadazza per<br />

staccare un bel tocco di carne. Teseo non amava <strong>il</strong> fare barbaro del mangiare con le<br />

mani. Appena Egeo la vide grido:<br />

><br />

E desi una manata alla coppa rovesciandola.<br />

> chiese <strong>il</strong> popolo.<br />

><br />

> gridò <strong>il</strong> popolo.<br />

> disse <strong>il</strong> re.<br />

> gridò <strong>il</strong> popolo.<br />

Medea scappò in un fiat con Medo. In realtà <strong>il</strong> deus ex machina di tutta la vicenda fu<br />

<strong>Priapo</strong>. Fu lui che fece abbulare con un colpo di minchia la coppa avvelenata. Ma lo<br />

fece servendosi dell’invisib<strong>il</strong>ità. Perchè gli <strong>dei</strong>, quando non volevano fare gli<br />

esibizionisti, operavano senza farsi vedere. E quelle che erano le loro imprese,<br />

venivano affibbiate a qualcun’altro.<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Teseo fici altre mirab<strong>il</strong>i imprese.<br />

Pallade e i sui cinquanta figli marciarono alla conquista di Atene. Lui li scannò tutti e<br />

li deminchiò.<br />

> disse tornando<br />

dalla vittoriosa campagna m<strong>il</strong>itare con una cesta piena di cazzi e palle.<br />

Catturò poi <strong>il</strong> Toro bianco.. <strong>il</strong> Toro per eccellenza.. <strong>il</strong> Toro caro a Poseidone.. <strong>il</strong> Toro<br />

che <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dell’accadueo avia mannau a Creta per farselo sacrificare.. ma a Minosse ci<br />

parse un reato scannare quel bel Toro.. e Poseidone con la collaborazione di altre<br />

divinità , pi minnitta, fici si ca Pasife si invaghisse dell’animale.. e si lu facissi<br />

stannu ficcata dentro una vacca di legno ..<strong>il</strong> papà del Minotauro era quel Toro.. un<br />

Toro possente che faceva vittime a iosa.. girava per la piana di Maratona e si


mangiava la genti come bruscolini.. s’era mangiato pure Androgeo, un figlio di<br />

Minosse.. E per questo ogni nove anni veniva pagato a Minosse un tributo di sette<br />

ragazze belle e vergini e di sette ragazzi bellissimi e si sperava pure vergini..<br />

Teseo lo catturò acchiappannulu per le corna e come una picuredda lu portò ad Atene<br />

per <strong>il</strong> sacrificio finale. Dopo decise di scannare <strong>il</strong> Minotauro e di liberare Atene dal<br />

pagamento di quel tributo umano doloroso. Si autocandidò come vittima sacrificale,<br />

anche se vergine non era ma bello sicuramente sì; e partì per Creta con sei altri<br />

masculiddi e sette femminucce.. Così credevano tutti.. in realtà partì con solo cinque<br />

femmine.. due erano state sostituite da masculiddi effeminati ma chini di forza e furbi<br />

e sperti assai assai. Una volta a Creta <strong>il</strong> re Minosse si invaghì di una delle vergini e si<br />

la vulia fare seduta stante. Teseo la difese.<br />

><br />

> rispose Minosse.<br />

><br />

> rispose Minosse che era figlio di Zeus e Europa.<br />

><br />

><br />

Zeus sparò du trona e setti lampi bestiali.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Minosse.<br />

><br />

><br />

><br />

> cantò Minosse.<br />

><br />

> si chiese Minosse.<br />

><br />

> sparò Minosse.<br />

>


E lu appulicau. A forma di caruseddu Teseo lu stava strangolannu. Intervennero gli<br />

altri per porre fine al diverbio manesco e non solo.<br />

< < Dimostrami la tua discendenza da Poseidone..>> disse Minosse.<br />

> chiese Teseo.<br />

><br />

E livatisi un prezioso anello lo buttò a mare. Teseo, vestito com’era, si buttò<br />

appresso all’anello. Passò tempo , pirchì intanto che c’era si fici na discussioni<br />

amorosa prima con le Nereidi tutte e poi con Anfitrite in particolare..… cioè con la<br />

matrigna, essendo Anfitrite la moglie di suo padre Poseidone.. le prime gli<br />

riconsegnarono l’anello, la seconda ci arrigalò una bella corona preziosa…. Preziosa<br />

come <strong>il</strong> suo cunno marino che gent<strong>il</strong>mente ospitò la gloriosa ciolla dell’eroe.. gliela<br />

mise proprio sulla minchia eretta quella preziosa corona.<br />

> ci disse Anfitrite.<br />

Nudo come un <strong>dio</strong> nudo Teseo, che nella discussione amorosa aveva perso gli abiti ,<br />

ritorno sulla terra. Bagnato com’era splendeva sotto i raggi del sole. I suoi capelli<br />

biondi facevano concorrenza ad Elio. Il suo fisico appitittava a tutti. Il suo culo<br />

splendeva, ma la sua grande ciolla, eccitata dall’impresa appena fatta, minacciava i<br />

presenti come a dire “ Zitti, o vi rompo <strong>il</strong> culo a tutti..”..<br />

A parte <strong>il</strong> fatto che una grande minchia incoronata è una cosa ancora chiù preziosa di<br />

una normale minchia scoronata.<br />

Le femmine restarono allibite da cotanta bellezza generale e penica in particola.<br />

><br />

Tutte si fecero i calcoli in centipriapometri . E a tutte ci risultava chiù longa di quella<br />

di mariti, amanti, ziti, amici o altro.<br />

Anche a certi mascoli ci prurì <strong>il</strong> buco del culo.<br />

A Pasife ci vinni un pititto infame. Ad Arianna , che di minchia inesperta era , per la<br />

prima volta ci vinni <strong>il</strong> desiderio di usarne una in tutti modo possib<strong>il</strong>i e impossib<strong>il</strong>i.<br />

Peribea e Feribea , due delle vergini ateniesi, pensarono di faris<strong>il</strong>lu quella notte.<br />

><br />

Arianna invece si innamorò, o meglio, si imminchiò. E si imminchiò ancora di più<br />

quannu Teseo, nella sua nudità appagante, si avvicinò alla figlia del re e ci piazzò la<br />

corona in testa. Si la levò dalla coppola della minchia e ci la mise sulla testa. Idda<br />

pinsau ca presto ci doveva piazzare la sua corona intatta e mai ingignata sulla coppola<br />

della minchia.<br />

> disse Minosse.<br />

> rispose Teseo.<br />

> aggiunse Minosse incazzato.<br />

><br />

><br />

>


Le cinque ragazze che accompagnavano Teseo per essere sacrificate si erano tutte<br />

innamorate dell’eroe già durante <strong>il</strong> viaggio. Adesso lo erano di più. E innamorata<br />

assai ardentemente era pure Arianna, la figlia di Minosse. Se chiudeva gli occhi<br />

vedeva solo Teseo, anzi la sua ciolla incoronata.<br />

><br />

pensava e ripensava Arianna.<br />

Ma la querelle tra Teseo e Minosse non era ancora finita.<br />

> chiese Teseo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Tutte le femmine presenti sospirarono. Molti masculi pure.<br />

> disse Teseo che in quel momento sentiva di avere accanto a<br />

sé <strong>Priapo</strong> pronto a inciciare al posto suo. Quella frase infatti gli era stata<br />

cerebralmente e minchialmente consigliata da <strong>Priapo</strong>.<br />

Pasife alzò la mano per prima. Tutte le femmine l’alzarono appresso. Anche Arianna<br />

l’alzò leggermente. Molti mascoli l’alzarono idealmente e solo qualcuno realmente.<br />

Ma Teseo li sorprese . Aveva capito male <strong>il</strong> suggerimento di <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse.<br />

Ci fu un “ Ohhhh..” di delusione generale.<br />

><br />

Ci fu qualcuno che gridò un sonoro “Vaffanculo “.<br />

><br />

Ci fu un grido di stupore.<br />

> disse Minosse.<br />

Con l’aiuto di <strong>Priapo</strong>, sulla pubblica piazza, sotto <strong>il</strong> sole cocente, Teseo incunnò<br />

Pasife m<strong>il</strong>lenovecentonovantanove volte.<br />

Tutto questo intanto che <strong>il</strong> pubblico gridava:<br />

><br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?


Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Quella notte Peribea e Feribea ienu a truvari l’eroe. E si lu trummianu. E intanto che<br />

<strong>il</strong> terzetto lavorava di pacchio e minchia e altro arrivò, inattesa, Arianna.<br />

> chiese la bella cretese. Era nuda.<br />

><br />

> disse Arianna.<br />

> rispose l’uomo.<br />

><br />

><br />

<br />

><br />

Col f<strong>il</strong>o di Arianna , regalo di Dedalo ad Arianna, Teseo vinse <strong>il</strong> mostrò e salvò le<br />

ragazze e i ragazzi ateniesi. Oltre a sé stesso. Per ringraziarlo le femmine ci desino <strong>il</strong><br />

pacchio, i ragazzi <strong>il</strong> culo. Fu offerta spontanea. Per grazia ricevuta.<br />

><br />

dissero le ragazze.<br />

> aggiunsero i mascoli.<br />

Arianna donò sé stessa nella sua totalità.<br />

Minosse imminchionì e ammammaluccò.<br />

Pasife restò coi ricordi di quella serie impressionante di ficcate ch’erano state tante<br />

ma anche una sola.. o forse era stata una fatta di tante..<br />

> disse<br />

Arianna a Teseo.<br />

Arianna comunque si congiunse e ricongiunse all’eroe infinite volte. E con esso<br />

partì. Ma su una bella isoletta Teseo l’abbandonò. Per ordine, pare, di Dioniso, che<br />

subito la iu a consolare con la sua minchia br<strong>il</strong>la.<br />

> lo maledisse Arianna.<br />

Alla vista di Atene Teseo si scordò a cangiare la vela. Togliere la nera e mettere la<br />

bianca. Segnale per <strong>il</strong> padre Egeo che era vivo. E quello nel vedere la vela nera,<br />

seduta stante, si catafuttiu nel mare che poi prese <strong>il</strong> suo nome : Egeo.<br />

Diventato re Teseo fece un bel discorso la popolo.<br />

><br />

In tutte queste imprese consigliere spirituale e minchialire effettivo fu <strong>Priapo</strong>. Fu<br />

<strong>Priapo</strong> che lo guidò con la sua ciolla verso l’anello . Fu sempre lui che l’aiutò a<br />

soddisfare le Nereidi prima e quella fica acquatica di Anfitrite che era abituata a pesci


sostanziosi. <strong>Priapo</strong> faceva loro vedere quello che in realtà non c’era. La ciolla già<br />

sostanziosa di Teseo la faceva vedere loro molto ma molto più sostanziosa. E<br />

quannu Teseo smontava attaccava lui. Con le sembianze di Teseo ma con la sua<br />

ciolla vera. E le Nereidi e la stessa Anfitrite gudienu da pazzi. La stessa cosa successe<br />

con Arianna. La carusa perse la testa per Teseo pirchì quannu lu taliava nella sua<br />

nudità vidia Teseo ma con la ciolla di <strong>Priapo</strong>. E dopo la prima ficcata fu ancora una<br />

volta <strong>Priapo</strong>, che pigliando le caratteristiche somatiche del picciotto, ci la intappò sia<br />

ad Arianna che alle ateniese che agli ateniesi. A questi ultimi nel culetto,<br />

naturalmente.<br />

E fu <strong>Priapo</strong> che sostenne l’impresa ficale nella fica di Pasife, che già conosceva<br />

minchia di Toro.<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Teseo iu poi in guerra contro le amazzoni e si fici la regina ca ci cacau a Ippolito…<br />

non contento, l’eroe, si maritò l’ex cognata Fedra.. la sorella di Arianna..<br />

Ma Fedra s’innamorò del casto e vergine figliastro Ippolito.. ma quello, devoto assai<br />

della casta e vergine Artemide, disse “ no “ alla matrigna…. Che per gelosia, rabbia,<br />

minnitta, o<strong>dio</strong> e tutto quello che di bello ci sta nel cuore umano, si ammazzò dopo<br />

aver scritto un biglietto che accusava Ippolito di averla violentata.. Morì tragicamente<br />

anche Ippolito… ma morì vergine..<br />

Teseo , re di un regno grande e vedovo addolorato oltre che padre in lutto, fece<br />

amicizia con Piritoo in tutti i sensi. I due vedovi si consolavano a parole e a colpi di<br />

minchia. E i due vedovi decisero anche di attrovarsi reciprocamente moglie.<br />

> dissi Teseo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


Una figlia di Zeus a testa fu la conclusione teorica. Adesso bisognava metterla in<br />

pratica. Concretizzarla. . E in attesa della concretizzazione dell’impresa ciollesca di<br />

consolavano tra di loro. Misero gli occhi su Elena , ca ancora era picciridda<br />

sucacciuccettu e non certamente sucaceddi, e si la iucarono a pari e dispari. Vinciu<br />

Teseo, che si arrubbò la dodicenne Elena e si la portò a casa in attesa di maritaris<strong>il</strong>la.<br />

Ma intanto la stuprò.. come , quando e dove non si sa…ma ci la mise prima nel<br />

retropacchio e poi nel sito canonico.. ma questo non lo disse .. in ottemperanza a<br />

quella regola che impone la prima volta di usar le femmine come si fa con i maschi..<br />

un sorta di iniziazione al fallo…<br />

Dopo aver pensato pi iddu si doveva pinsare all’amico. Pertanto fici na missione pi<br />

l’amico Piritoo ca si era appitittato addirittura a Persefassa detta anche Persefone o<br />

Proserpina.. la bella figlia di Zeus e di sua sorella Demetra andata in sposa ad Ade, <strong>il</strong><br />

fratello di Zeus… Pertanto partenu per <strong>il</strong> Tartaro.<br />

Scesero negli inferi e fecero formale richiesta. Ade , <strong>dio</strong> degli inferi, a sentire questa<br />

stravagante richiesta, ci disse :<br />

><br />

disse calmo Teseo.<br />

> disse, dimostrando una calma che sembrava eccessiva,<br />

Ade ><br />

><br />

Persefassa arrivò e i due fecero per alzarsi…ma non ci riuscirono.. avevano <strong>il</strong> culo<br />

attaccato al trono.<br />

><br />

E così successe. Ma non in secula seculorummu. Solo Piritoo arristò là a sospirare col<br />

culo attaccato al trono.... inventò accussì <strong>il</strong> pirito…<strong>il</strong> peto…<br />

Teseo fu liberato.. perse nu tanticchia di natiche nell’operazione do scollamento ma<br />

fu liberato…E ritornò ad Atene…<br />

><br />

Ma trovò i suoi concittadini ca erano incazzati niuri assai con lui.. La città era<br />

assediata dalla LEPPE. “ Lega pro pacchio di Elena”.


gridavano i<br />

cittadini.<br />

> disse Teseo.<br />

><br />

gridò l’assemblea <strong>dei</strong> cittadini.<br />

><br />

> rispose uno <strong>dei</strong> capi.<br />

><br />

><br />

disse <strong>il</strong> capo <strong>dei</strong> magistrati.<br />

> disse Teseo.<br />

> rispose <strong>il</strong> generale<br />

Aristokazzone, a cui un drappello della LEPPE aveva amorosamente sfondato <strong>il</strong><br />

sedere.<br />

> disse Teseo<br />

incazzato ma non intenzionato a calare le corna per necessità di .. di pace.<br />

> rispose <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Platonsocratino.<br />

> disse<br />

con arroganza oratoria Teseo.<br />

>disse lo storico realista Tacitino<br />

Etnico.<br />

><br />

> dissero un gruppo di soldati.<br />

> gridò Teseo.


gridò <strong>il</strong> generale<br />

> gridò Teseo.<br />

Quelli della sessantanovesima erano quelli del Battaglione Sacro. Cinquanta coppie<br />

d’amanti. Loro lu pigliano in un amen, in una amen lu misinu a culo per aria e in un<br />

altro amen lu attaccanu come un salame. Poi <strong>il</strong> generale Kakazzoinkulai riprese la<br />

parola.<br />

><br />

> chiese con arroganza maestosa Teseo.<br />

Nonostante fosse appeso come un salame di Salamina e nudo come l’Apollo di<br />

Siracusa con la ciolla a vista ca paria un cannolo di ricotta di Erice, si ni futtia dello<br />

stato della situazione.<br />

> disse <strong>il</strong> medico di corte Cicias Ciciam<br />

Cic<strong>il</strong>lorum Cic<strong>il</strong>lae.<br />

> gridò in faccia al popolo della polis in tutte le sue<br />

componenti. E come se questo non bastasse sputò direttamente in faccia al generale<br />

Kakazzoinkulai.<br />

Il generale, tranqu<strong>il</strong>lo come un generale con tanto di coglioni sotto la ciolla e anche<br />

nel ciriveddu, diede <strong>il</strong> via al Battaglione Sacro. A turno le cinquanta coppie di amanti<br />

del Battaglione Sacro fecero <strong>il</strong> loro dovere. Sotto gli occhi dell’intera polis. La verità<br />

era in parte ufficiale e in parte ufficiosa. Ma sia l’una che l’altra la dovevano<br />

conoscere tutti. La dovevano conoscere veramente tutti.<br />

Teseo capì allora anche perchè era stata scelta la sessantanovesima centuria, quella<br />

detta Battaglione Sacro. Mentre uno <strong>dei</strong> membri della coppia ci sfondava<br />

ufficialmente <strong>il</strong> culo, l’altro membro della coppia ci dava ufficiosamente da bere <strong>il</strong><br />

suo latte di brigghiu.. fatta la cosa poi si scambiavano le parti.<br />

> disse <strong>il</strong> generale Aristokazzone.<br />

> disse Teseo.<br />

> gridò <strong>il</strong> popolo.<br />

> disse Teseo a cose fatto.<br />

In realtà <strong>il</strong> culo ci facia male e la bocca era tutta tumefatta.<br />

Ma all’improvviso Teseo riprese:


> risposero in tanti.<br />

Elena fu riconsegnata, nun si sapi se sfunnata sulu darreri o pure davanti; e l’asse<strong>dio</strong><br />

finalmente finì. E alla fine Teseo andò in es<strong>il</strong>io.. vagò per mari e monti alla ricerca di<br />

una meta.<br />

Anche in queste storie <strong>Priapo</strong> diede una mano e non solo quella a Teseo. Se lo aiutò a<br />

rapire Elena, lo aiutò poi anche a fare <strong>il</strong> resto a Elena.. Per questo Elena ristò sempre<br />

col pititto di Teseo. Più che la ciolla di Teseo, in realtà era stata la ciolla di <strong>Priapo</strong> che<br />

l’aveva mannata in estasi.<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

<strong>Priapo</strong>, sempre corpo e ciolla a disposizione di Teseo, non lo accompagnò in una<br />

impresa.<br />

> disse quannu Teseo con l’amico iu a circari<br />

Persefone.<br />

A dire <strong>il</strong> vero <strong>Priapo</strong> lo aveva anche sconsigliato. Ma quello oramai s’era montato la<br />

testa. Si sentiva eroe a tutti gli effetti, eroe invincib<strong>il</strong>e.. Aveva o non aveva rapito la<br />

figlia di Zeus….<br />

> ci disse a <strong>Priapo</strong>.<br />

<strong>Priapo</strong> rise, in fondo lo amava come un figlio. Era si figlio di Egeo con qualche cosa<br />

di Poseidone , ma era figlio suo per quanto riguardava la ciolla. “Figlio di ciolla” lo<br />

considerava<br />

> disse <strong>Priapo</strong> a sé stesso.<br />

E Teseo pagò. Prima con frammenti delle sue natiche , poi col buco del culo. E trae le<br />

cinquanta coppie d’amanti del Battaglione Sacro ci stava pure lui. Sotto forma di<br />

<strong>Priapo</strong> e Antipriapo. Una coppia di gemelli amanti che nella realtà si chiamavano<br />

Draconalfa e Draconbeta. In questa forma una e doppia ci la mise in culo e in bocca<br />

al suo “ figlio di ciolla” Teseo.<br />

> disse <strong>Priapo</strong> a sé stesso.<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?


Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Ed ecco come ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi sì.. ci trasi veramente.. parola<br />

mia.. Dopo una bella e lunga sosta a Ortigia, dove si passò <strong>il</strong> tempo passando da un<br />

lupanare all’altro, decise di cambiare aria. Ortigia ci pareva assai sofisticata.<br />

In poco tempo Teseo pigliò nove multe per essere entrato con suo scecco personale<br />

nella zona a traffico limitato. Lì, a Porta Marina, ci stava un pittore nascosto dietro<br />

una finestra che a ogni passaggio di scecco facia <strong>il</strong> quadro della faccia dell’uomo e<br />

del culo dello scecco.. perchè dovere sapere, cittadini di tutte le polis, che nella<br />

religiosissima , onestissima e sofisticatissima Ortigia, i scecchi avevano un codice<br />

sul culo. E al codice corrispondeva <strong>il</strong> nome del proprietario.<br />

Teseo ne prese nove di cui tre nell’arco di trenta minuti. Perché col suo scecco non<br />

trovava sceccheggio. Parcheggio per lo scecco. E allora facia <strong>il</strong> giro del palazzo e<br />

ripassava sotto Porta Marina. Ogni multa era di settantacinque erosminkia.<br />

Pertanto Teseo s’incazzò, maledisse la polis in questione e si ni iu alla ricerca di un<br />

posto che offrisse maggiore vivib<strong>il</strong>ità.<br />

> ci addomandarono le signore<br />

peripatetiche che travagliavano nei lupanari che ci stavano intorno al tempio di<br />

Afrodite.<br />

><br />

> dissero le signore dal cunno lavoratore.<br />

><br />

> fecero quelle.<br />

Teseo incazzatissimo abbandonò Ortigia. E nell’uscire recitò una famosa orazione:<br />

><br />

Appena sciuto da Ortigia ittau la coppola regolamentare e si mise quella di Dulcex e<br />

Gabbanum.. ci scippau la coffa culare e disse allo scecco e ci disse:<br />


E si allontanò intanto che lo scecco cacava alla sanfasò.<br />

Iu verso Haugustas prima e poi verso la zona detta Pattuall<strong>il</strong>andia. Ma appena si resi<br />

conto che quelle polis in futuro avrebbero avuto a che fare con <strong>il</strong> chiacchieratissimo<br />

premio Pattuallopolis scappau ancora una volta... quelle due polis sarebbero state la<br />

famosa sede del premio della vergogna .. del famigerato premio Pattuallopolis.. <strong>il</strong><br />

premio dl disonore.. della vergogna .. della cultura sputtanata e scannata..<br />

Chiuse gli occhi e visti.<br />

><br />

Teseo scappò felicemente felice di felicemente scappare felicissimamente felice di<br />

felicemente allontanarsi da un infelice terra capace di partorire bandi e regolamenti<br />

che infelicemente non si dovevano rispettare. . Scappau cantannu felici.<br />

><br />

Quella storia faceva ridere tutti i veggenti alla sanfasò già prima che accadesse.<br />

Tiresia, Minkiacalcante , Cassandra, Eleno , sib<strong>il</strong>le, sib<strong>il</strong>li, minchia che risate.<br />

Ma chi minchia ci tarsi Teseo cu Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Teseo migrò allora verso l’interno e attruvau un bel laghetto circondato da un bosco<br />

di macci di ficu… e si fermò in attesa di un segno del destino… un segnale da parte<br />

<strong>dei</strong> suoi amati <strong>dei</strong>… da parte di <strong>Priapo</strong> soprattutto.. intanto si passava <strong>il</strong> tempo a fari<br />

bagni e pigliarisi <strong>il</strong> sole.. e per mangiare, mangiava ficu.. perchè quel tipo di ficu<br />

maturava tutto l’anno…<br />

Un giorno, dopo un bel bagno frisco, Teseo canusciu nu sticchiareddu locale..<br />

pertanto s’innamorò del posto e di lei .. una certa principessina Innocenziam<br />

Addolotatam Sticchioaddumatus. Li cosi ienu accussì. Pari..<br />

La ragazza , che passiava alla sanfasò, perchè ci piacia dari la caccia agli uccelli,<br />

osservarli intanto che volavano e se possib<strong>il</strong>i mitt<strong>il</strong>li per un po’ in gabbia, lu attruvò<br />

che dormiva nudo dietro un cespuglio.<br />


... sta bedda coppola di carnazza io non l’haiu mai vista…>> disse nel taliarlo nelle<br />

parti chiù interessanti che tiene un mascolo.<br />

Carnazza era <strong>il</strong> nome locale della ciolla.<br />

La ragazza vide che accanto al dormiente ci stava la tunichetta e una truscia. La sacca<br />

in dialetto. La rapiu pi circari qualche informazione. E truvau un documento.<br />

C’era scritto “ Teseo, ex re di Atene, iuto in es<strong>il</strong>io dopo aver subito la condanna<br />

ufficiale del culorotto e quella ufficiosa del bevitore di latte di brigghiu da parte del<br />

Battaglione Sacro.”<br />

><br />

La carusa era una pseudo-vergine. Cioè una ca si la facia sfunnari alla sanfasò solo<br />

ufficiosamente. E siccome i suoi non la volevano dare a nessuno del posto; e<br />

siccome i suoi aspettavano un buon partito; e siccome idda tinia <strong>il</strong> fuoco nel pacchio;<br />

e siccome lei addesiderava la carnazza ; e siccome avia un pititto enorme; e siccome<br />

le circostanze erano favorevoli; e siccome ci stavano troppi siccome... idda si<br />

incarnazzò sulla carnazza… Teseo si svegliò solo venendo.<br />

> disse Teseo.<br />

> disse Innocenziam<br />

Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

> disse la ragazza.<br />

> propose Teseo .<br />

><br />

> disse Teseo toccandosi <strong>il</strong> capitale.<br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> ci cantò la carusa.<br />

> ci scappò a Teseo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> protestò Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

>


> chiese Teseo.<br />

> chiese Innocenziam<br />

Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

> rispose Teseo che<br />

effettivamente tinia la carnazza di nuovo pronta per incarnazzare.<br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus rise.<br />

> specificò.<br />

> chiede Teseo che era al massimo della potenza ciollare.<br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus la taliò da vicino..<br />

><br />

><br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus la stringiu forte.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Innocenziam Addolotatam<br />

Sticchioaddumatus.<br />

E senza dire altro s’immolò di botto e in preda a cosa non si sa iniziau una predica o<br />

discorso o apologia o fors’anche f<strong>il</strong>ippica del piacere. Tutto questo cavalcando la<br />

carnazza con la sua MHONA. Fu una vera e propria ciceroniana della cicia quella che<br />

lei, facendo un semplice su e giù con la MHONA sul cazzo, pronunciò o recitò. Non<br />

si sa se cosciente o incosciente.<br />


ca inciollano e la scossa s’ingrossa e la testa abbola e lu cori abballa e la panza si<br />

spanza mentri tu pisci e io magari la simenta di pacchiu e cu lu spacchiu si impacchia<br />

la miscela divina di una minchia diavulina ca mi futti e sfutti e senti e nun senti se<br />

morta o viva sugnu se in pararisu o inferno mi trovu e mi d<strong>il</strong>ato e mi stringiu e cu lu<br />

pacchiu la minchia ti stringiu e lu sculu di li cugghiuna mi sucu e m’arrapo cu la<br />

potenza del pacchia addumato e vidu li stiddi e sentu li campani mentri lu cazzu mi<br />

sbatti la so musica bedda na la fica rannazzi e nicaredda e io esplodo e mi allargo e<br />

fazzu bimmi e bummi e bammi cu la ucca e cu li iammi ma soprattutto l’Etna o lu<br />

vulcanu ca sta tra li cosci erutta sucu di piaciri a nun finiri mentri lu <strong>dio</strong> Efesto ca ci<br />

fa traesi e nesci macari iddu piscia e minchia come ci arrinesci e io di minchia pazza<br />

iettu na vuci ranni e potenti e assordanti e sviegnu supra sta bedda minchiazza…<br />

ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh....>><br />

Ittau na uci ca forse la intisiru pure nell’Olimpazzo e svinni.<br />

Teseo non aveva detto niente. Tutto lei aveva fatto. Lui si era lasciato cavalcare da<br />

quella furia di femmina dal pacchio invasato. Si era immolato in quella MHONA col<br />

suo cazzo. O meglio, lui che amava profondamente <strong>il</strong> greco, aveva gent<strong>il</strong>mente<br />

offerto <strong>il</strong> suo “ puzos “ a quella “ muni “ divorante e divoratrice assetata d’aceddi e<br />

di sculo d’aceddi.<br />

Quannu la carusa si arrispigliò Teseo ci chiese:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> chiese Teseo.<br />

> rispose Innocenziam<br />

Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

><br />

><br />

< < E allora come la mettiamo? >> disse Teseo ammusciannici la sua ciolla di nuovo<br />

tisa.<br />

> disse ironica Innocenziam<br />

Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

><br />

><br />

Futtenu alla sanfasò per ore. Poi Teseo disse :<br />

><br />

><br />

<br />

Teseo rise.<br />

>


disse ironica<br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

> rispose Teseo.<br />

><br />

<br />

Alla fine Teseo chiese:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Teseo iu appresso a Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. La ragazza era<br />

figlia della coppia reale del v<strong>il</strong>laggio che un anno si chiamava Fikidda e un anno<br />

Kazzidda. Perchè un anno comandava la regina e un anno <strong>il</strong> re… Era una società<br />

matripatriarcale… un anno matriarcale.. un anno patriarcale… un anno si portava in<br />

processione la Fikidda, un anno la Kazzidda..<br />

Teseo , come ex re di Atene, fu accolto bene. E <strong>il</strong> matrimonio fu celebrato in tempi<br />

rapidissimi. Anche se la notte Teseo e la futura moglie ufficiosamente fottevano ,<br />

ufficialmente vivevano in castità. Arrivò <strong>il</strong> giorno del matrimonio e quella sera i due ,<br />

per riposarsi, non fecero niente. Ma la mattina dopo Innocenziam Addolotatam<br />

Sticchioaddumatus piglio una ampolletta , la rumpiu, e versau <strong>il</strong> contenuto della<br />

stessa sul linzolo.<br />

> ci addumannò Teseo .<br />

><br />

><br />

><br />

Infatti arrivano tante ancelle e la matri della sposa .<br />

> chiese la mamma.<br />

> rispose la figlia.<br />

> recitarono in coro le ancelle.<br />

><br />

> rispose Innocenziam Addolotatam<br />

Sticchioaddumatus.<br />

> recitò <strong>il</strong> coro.<br />

> chiese la mamma.<br />

><br />

> cantò <strong>il</strong> coro.<br />

Poi le ancelle presero <strong>il</strong> lenzuolo di rosso macchiato e lu appinnenu come uno<br />

stendardo a lu barconi del palazzo reale.<br />

> gridò <strong>il</strong> popolo.


Teseo si rese conto del valore simbolico della cerimonia. Legava carnalmente quello<br />

che lo era stato legalmente. Rendeva ufficiale che quella coppia ficcava. Che gli<br />

strumenti erano a posto. Questo voleva dire <strong>il</strong> lenzuolo mostrato alla gente.<br />

“ Il sangue della purezza.” veniva chiamata quella macchia.<br />

Tutte queste imprese ciollesche di Teseo furono rese possib<strong>il</strong>i dalla presenza di<br />

<strong>Priapo</strong>. Fu <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dal rosso palo sempre eretto che gettando la Pruli na li occhi a<br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus ci fici capiri che Teseo pussiriu un<br />

capitale che era maestoso. In realtà al carusa viria la ciolla del <strong>dio</strong>. E certe<br />

performance nun li fici Teseo ma <strong>Priapo</strong>, che , pigliate le sembianze del suo protetto<br />

ma mantenuta la ciolla, si diede da fare per far fare una bella figura al picciotto.<br />

Picciotto per modo di dire.. era Teseo rannuzzo ma tutto sommato li portava bene.. e<br />

per quanto riguarda la Pruli che <strong>Priapo</strong> ittava na l’occhi della gente da impruliare si<br />

trattava solo e soltanto di una polverina che aveva l’effetto di d<strong>il</strong>atare gli occhi.. di<br />

farli diventare una sorta di lente di ingrandimento.. con la Pruli na l’occhi le cose si<br />

vedevano chiù granni.. e la Pruli di <strong>Priapo</strong> ingrandiva solo le ciolle .. le faceva<br />

diventare quasi tutte quasi priapesche…<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos?<br />

Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che<br />

partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

Passò <strong>il</strong> tempo e Teseo diventò re. E propose un nome unico per quella piccola polis.<br />

><br />

Ecco chi ci trasi Teseo. La città deve a lui <strong>il</strong> nome. Sia quello antico che quello<br />

moderno. Lui inventò <strong>il</strong> marchio Munipuzos…Il marchio Monacazzo. Pinsannu che<br />

la mona era molto gradita sia a lui che al suo protettore <strong>Priapo</strong>. Che potendo<br />

avrebbero ficcato sempre la ciolla nel portaciolla. Il termine MHONA Teseo lo aveva<br />

appreso da Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. Cazzo era parola nota a<br />

tutti. Tutti si dichiarano d’accordo. La scelta fu fatta all’unanimità.<br />

Teseo riordinò la polis e la fici bella. Fici leggi nuovi e moderni… E consacrò la città<br />

al <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong> Panphallus e Pancunnus… <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong> protettore di tutti i cazzi e padrone<br />

di tutti li cunna. La società diventò solo e soltanto patriarcale.. Furono istituite le<br />

processioni falloforiche.. ma la più bella fu quella chiamata delle Mincialorie.<br />

Tutte le categorie <strong>dei</strong> cittadini della polis , secondo le loro possib<strong>il</strong>ità economiche,<br />

fecero costruire una Mincialoria, una grande Minchiad<strong>il</strong>egno, che poi portavano in<br />

processione….<br />

Non contento di ciò, Teseo decise di fare un patto col suo <strong>dio</strong> . Un patto simbolico ed<br />

esclusivamente al masch<strong>il</strong>e, un patto che giustificasse l’amore reciproco tra <strong>Priapo</strong> e<br />

<strong>il</strong> suo popolo. Siccome una volta aveva fatto un viaggio in Egitto ed era venuto a<br />

conoscenza di una pratica detta “ Scappella <strong>il</strong> gattazzo di Osiride..” decise di<br />

applicarla a sé stesso e al suo nuovo popolo.


Secondo la Teologia egizia, Seth scannò Osiride e lo fece a pezzi.. ma Iside li<br />

recuperò e li rimise insieme.. si accorse però che <strong>il</strong> prepuzio era nu tanticchia<br />

rovinato.. allora con i denti lo scippò del tutto e lo sputò.. dallo sputo nasciu un<br />

bell’animale mascolo col pelo d’oro argentato e gli occhi diamantini … poi Iside si<br />

congiunse carnalmente al rinato Osiride per generare Horo… e, come ci confessò poi<br />

Osiride, avia provato in quest’amplesso nuovi e intensi piaceri a livello della testa del<br />

suo gattazzo…<br />

Gattazzo era <strong>il</strong> nome dell’organo sessuale in Egitto.<br />

Iside ci spiegau quello che era successo.<br />

> sentenziò Osiride.<br />

E in tanti si sottoponevano alla pratica detta “ Scappella <strong>il</strong> gattazzo di Osiride.”<br />

Teseo decise di farne un atto religioso. Lui e tutti i mascoli si sarebbero sottoposti al<br />

rito sacrificale detto “ Scappella la ciolla di <strong>Priapo</strong>”.<br />

Teseo comunicò la cosa al popolo con un solenne discorso.<br />

><br />

Teseo si fermò un attimo. Poi riprese:<br />

><br />

I cittadini lo taliavano perplessi.<br />

><br />

Esculapio , sotto gli occhi della gente, fece <strong>il</strong> suo intervento. Tanti altri mascoli lo<br />

fecero quel giorno stesso. Formarono l’associazione <strong>dei</strong> Protoscappellati . Gli altri<br />

mascoli furono scappellati nei giorni successivi. I neonati mascoli vennero poi<br />

circoncisi in occasione di una cerimonia detta “ Scappellesimo”.. cerimonia che da<br />

carne li faceva carne e spirito.<br />

In occasione del “ taglio” <strong>il</strong> popolo vide la bestia di Teseo.<br />

Tutti dissero quello che aveva detto un tempo quella che adesso era la moglie, cioè<br />

Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus.<br />

>


Ma anche in queste avventure fu <strong>Priapo</strong> <strong>il</strong> vero sostegno psichico, fisico e cazzico<br />

dell’eroe . Ittannu la Pruli nell’occhi a tutti, e non solo a Innocenziam Addolotatam<br />

Sticchioaddumatus, ci fici abbidiri una minchia maestosa. La carnazza c’era, ma tutti<br />

la vedevano e la percepivano chiù carnazza di quello che era.<br />

Da allora tutti lo chiamarono Teseo Alicarnazza.. stava a significare “ A lì, chi<br />

carnazza ca teni..”<br />

Ma poi , un giorno, Teseo si asdirrubbò dalla rupe Tappinarea. O forse ci fu<br />

qualcuno che lo asdirrubbò dallo sperone roccioso che sarebbe diventato un giorno<br />

l’Akropolis. Forse fu <strong>Priapo</strong> che lo addirubbò. O forse si autoaddirubbò. Si addirubbò<br />

da solo. Per stanchezza, noia o altro. Forse s’era rotto i coglioni della vita. Forse.. Gli<br />

eroi non sempre muoiono da eroi. E poi la ciolla ci stava arrimuddannu. La notte<br />

prima non era riuscito a farsi la moglie Innocenziam Addolotatam<br />

Sticchioaddumatus ed era depresso assai…<br />

> diceva spesso.<br />

Qualcuno parlò esplicitamente di suici<strong>dio</strong>.<br />

Teseo lo diceva sempre:<br />

><br />

Il popolo riconoscente lo dichiarò padre della patrie e ci costruì quello che poi<br />

sarebbe diventato <strong>il</strong> mausoleo di Teseo Alicarnazza…<br />

In fondo <strong>il</strong> none antico Munipuzos e quello dialettale Monacazzo li aveva dati lui.. e<br />

Munipuzos prima e Monacazzo appresso gli sono e gli saranno sempre<br />

riconoscenti…<br />

Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos adesso lo sapete?<br />

Ci trasi.. si o no? Ci trasi.. e minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato<br />

che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché<br />

deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali…<br />

> era la variante,<br />

dedicata a Teseo, della domanda per cui era famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da<br />

Munipuzos.<br />

Homerino scrisse, in greco naturalmente, l’opera Munipuzos polis gea omphalion,<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Munipuzos caput mundi, e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong><br />

romanzo in dialetto Cent’anni a Monacazzo.<br />

Ma poi lu cangiò in Cent’anni di rottura di minchia e scassamento di coglioni vari<br />

alla ricerca della verità nascosta tra le pieghe della trinacria <strong>dei</strong> misteri <strong>dio</strong>nisiaci<br />

carlentinci e lentinici in quanto non si sapi se in quattro e quattrotto funu quattro o<br />

otto per non parlare poi di li carti e cartazzi e sapiri se si persino a Lentini, a<br />

Palermo o strada facennu pirchì c’era scuru a cazzi e, nebbia a minchi e minchiati a


cazzi vari e anche del pirchì sti cazzu di cartazzi nun funu integrati come richiesto e<br />

che purtroppo neanche due giornalisti cu li palli arriniscienu a risolvere <strong>il</strong> mistero<br />

di stu cazzu du premio ca se erutu italiano d’talia <strong>il</strong> coordinatore ti pagava mentri se<br />

eri italiano di sic<strong>il</strong>ia ti dicia aspetta ca prima o poi la piglierai in culo pirchì chista è<br />

la sic<strong>il</strong>ia di li cazzi mistiriusi .<br />

Apollo rispunnia: va duna l’anchi,<br />

Ccu sti to vapparii, tu non mi arrunchi,<br />

Forsi cridi ca l’autri sù vanchi,<br />

Sù locchi, sù minchiuni, sunu junchi?<br />

Cca c’è qualchi pirsuna , ca puranchi<br />

Si senti cori, e non ha manu ciunchi;<br />

Chi futti comu avissi centu minchi,<br />

Chi ti sbarra lu culu e ti lu inchi.<br />

Lu figghiu di Semeli parsi un braccu,<br />

Dissi: non dura a longu chistu addiccu;<br />

Santu di Cavuluni, ‘un sugnu Baccu,<br />

Si ‘ntra l’ultima crispa ‘un ci la ficcu;<br />

Non tiru avanti pirchì sugnu straccu;<br />

Mi sentu già lu cannarozzu siccu;<br />

Ma cazzu! siddu viju ddu buccuni,<br />

Cci la ficcu cu tutti li cugghiuna.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>.


IV . La stagione degli amori e delle corna<br />

Mircuriu rispunnuia: talia cu parra!<br />

Quali minchiunaria all’autru afferra;<br />

Un ‘mbriacu, un bunaca, un menzu-garra,<br />

Mischinu! Non è in celu e mancu in terra:<br />

Va cerchiti cu c’è ca ti lu sbarra;<br />

Ca si tanticchia lu sensu mi sferra,<br />

A sti dii di li sensi e di la murra<br />

Li fazzu pezzi pezzi , comu surra.<br />

Dissi Vulcanu: va, zittu minchiuni,<br />

Re di li primi ruffiani e latri;<br />

Papà di l’imposturi e l’attimpuni,<br />

Accusirissi magari a to patri,<br />

Veniri tocca a mia, si lu spiuni<br />

Tu non facevi a Giununi me matri;<br />

Veniri nun purtassi di la fascia;<br />

Lu titulu di figghia di bagascia.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>.<br />

Zeus pinsò alle corna primarie. Quando tradì Era con Io, la sacerdotessa dell’Heraion.<br />

Io era un bel pacchio e vergine pure. Zeus la perseguitò in sogno.<br />

><br />

Io contò tutto al padre e questi curriu dall’oracolo. L’oracolo profetizzò che era <strong>il</strong><br />

caso di allontanare la picciotta.<br />

><br />

Ma Zeus non cambiava mai idea. E mente Io si allontanava Zeus la trasformò in<br />

giovenca bianca. Era era già gelosa. E fici di tutto per evitare l’accoppiamento che la<br />

cornificava. Ma Zeus, <strong>dio</strong> degli <strong>dei</strong> e fallo <strong>dei</strong> falli, alla fine, quannu la giovenca<br />

arrivò al lago di Munipuzos e poi si perse nel bosco di Mynkyalonya, la ritrasformò<br />

in fimmina …<br />

> ci disse, arrapato come un mandr<strong>il</strong>lo..<br />

> rispose lei, stanca come una tartaruga.<br />

Il <strong>dio</strong> la toccò prima con una mano, poi con l’aceddu; e generò accussì Epafo.<br />

Toccato da Zeus… Tre volte la toccò con l’aceddu e tre p<strong>il</strong>a pretese. Io acconsentì.<br />

Dolce è <strong>il</strong> bacio di Europa,<br />

anche se tocca appena le labbra,<br />

dolce anche se sfiora appena la bocca;<br />

non è alle labbra che s'accosta, ma preme la bocca,<br />

e dal profondo rapisce l'anima intera.<br />

Antologia Palatina


Zeus si fece anche la sorella Demetra. Per un solo motivo. Fare una bella figlia,<br />

Persefassa, detta anche Persefone, da dare in moglie a suo fratello Ade. Si trummiò la<br />

sorella al buio con la solita dicitura.<br />

><br />

Demetra consentì. Tutto successe nel bosco di Mynkyalonya. Sette volte si fece la<br />

sorella e sette p<strong>il</strong>a si piglio da quel pacchio di famiglia.<br />

Nasciu la bella Persefassa ma Demetra non volendo darla in sposa ad Ade la spedì in<br />

Trinacria.. e la carusa , mentre passiava lungo le sponde lago di Munipuzos, vide un<br />

narciso bellissimo.. per pigliarlo si calò assai.. e si misi culo a ponti... in quel<br />

momento la terra si rapiu e Ade sciu alla guida del suo carro potente…la acchiappò<br />

pi lu culu e si la portau nel suo regno sotterraneo. E lì, quella ancora svenuta per lo<br />

scanto, la fece sua.<br />

> pinsò Ade.<br />

Per volontà divina sua e col permesso del fratello suocero Zeus <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dell’oltretomba<br />

si la fici.<br />

Demetra pianse lacrime amare. Con gli occhi e col cunno. Vagò dalla Grecia alla<br />

Magna Grecia cercando la figlia. In una di questa traversate incontro <strong>il</strong> fratello<br />

Poseidone che cercò di violentarla. E ci riuscì nonostante lei scappasse. Incontrò pure<br />

Aretusetta che ci raccontò che nel corso della sua traversata sotterrane aveva visto<br />

Persefassa nel regno degli inferi. Incontrò Ecate che ci disse di aver assistito al<br />

rapimento. Ed Elio che tutto vede confermò la cosa. Alla fine Demetra ottenne di<br />

aver ciclicamente la figlia sulla terra.<br />

E pare, dico pare, ma la cosa sicuramente fu, che lo stesso Zeus si trummiassi la<br />

figlia- nipote , per fargli cagare Zagreo . Per farlo suo erede. Quarantanove volte si la<br />

fici in una sola notte e quarantanove p<strong>il</strong>a chiese per la sua P<strong>il</strong>oteca . Ovvero la<br />

matrazza cina di p<strong>il</strong>a di pacchio. Ma i Titani , sob<strong>il</strong>lati da Era, se lo sbranarono questo<br />

picciriddu che doveva avere un futuro ra<strong>dio</strong>so . Ma non l’ebbe. Pallade Atena riuscì<br />

a salvare solo due cose del picciriddu: <strong>il</strong> cuore e <strong>il</strong> pene. Che diede a Zeus che a sua<br />

volta li ficcò a colpi di minchia nel corpo di Semele. Fu generato accussì Dioniso.<br />

Simenta nuova ma cuore e pene di Zagreo…<br />

La minchia erede della minchia del capo<strong>dio</strong> passava da Zagreo a Dioniso. Dal<br />

buttaniere ranni di Zeus al buttaniere br<strong>il</strong>lo di Dioniso.<br />

Amore violento non ha mai conosciuto le leggi e nessuna,<br />

nessuna altra cosa distoglie l'uomo dalla follia dell'amore.<br />

Se dunque ti occupa l'impegno degli affari forensi,<br />

non è amore profondo quello che c'è nel tuo petto.<br />

Quale amore, quando un piccolo braccio di mare è sufficiente<br />

a separare <strong>il</strong> tuo corpo dalla ragazza che ami?<br />

Leandro ha mostrato col nuoto qual è la forza d'amore,<br />

e non si è dato pensiero delle onde notturne.<br />

Tu, mio caro, hai anche le barche, eppure frequenti<br />

piuttosto Atena, e respingi indietro Afrodite.<br />

Atena possiede le leggi, Afrodite <strong>il</strong> desiderio: tu dimmi, qual uomo


può servire a due padrone, Afrodite ed Atena?<br />

Antologia Palatina<br />

Ma Zeus ebbe tanti amori.. ( Breve riassunto delle opere ciollesche della minchia del<br />

capo<strong>dio</strong> )<br />

Dopo la bella oceanide Meti, , sua prima moglie, al quale in poco tempo sp<strong>il</strong>ò <strong>il</strong><br />

pacchio, che si ammuccò in un fiat nonostante fosse incinta di Pallade Atena, Zeus si<br />

trummiò la titanessa Temi ca ci cacò le tre Ore e le tre Moire. Qualcuno dice ca ci<br />

cacò pure i Minuti, li Secondi, li Giorni, li Simani e li Misi.. E che con questi suoi<br />

figli Zeus fici <strong>il</strong> primo calendario dello Zeussismo.. o Zeussesimo dir si voglia…<br />

Quindi si fici e strafici Eurimone, che ci desi le tre Grazie ed altro. Ci desi pure le<br />

Disgrazie, le Rompicoglionesse , le Scassacazziche, le Spezzapiselliche, le<br />

Sbunciamarruna, le Rumpibaddi e altro.. molto altro. Anche questo pacchio fu sp<strong>il</strong>ato<br />

in poco tempo assai assai ...<br />

Toccò, come detto, alla sorella Persefone che ci sfigò Persefassa. Come già detto, <strong>il</strong><br />

padre padrone si chiavò la figlia per fare suo figlio Zagreo. E p<strong>il</strong>a scippò dal pacchio<br />

germano e dal pacchi f<strong>il</strong>iale...<br />

Con la titanessa Mnemosine dopo ultratitaniche ficcate fece le nove Muse, ma anche<br />

le Fuse e le Sfuse, le Iarruse, le Sburruse , le Minciuse e le Cazzuse.... E tanti p<strong>il</strong>a di<br />

fica scippò, naturalmente...<br />

Con Loto , che pretendeva sempre una ficcata doppia o multipla di due, fece<br />

Artemide ed Apollo, i gemelli terrib<strong>il</strong>i che si completavano a vicenda. Ma fici anche<br />

C<strong>il</strong>le e Ciolla, Cazz<strong>il</strong>lo e Cazzolla, Ficch<strong>il</strong>lo e Ficcolla e altro.. E la raccolta di p<strong>il</strong>a di<br />

sticchi fu sostanziosa anche in questo caso..<br />

Si la fece anche con la pleiade Maia che gli partorì Ermete, autro <strong>dio</strong> importante. Ma<br />

gli cacò anche Armete, Bermete, Cermete, Dermete e altro.. E p<strong>il</strong>a naturalmente ci<br />

scippò..<br />

La sorella Era , consorte definitiva di Zeus, gli diede <strong>dei</strong> figli legittimi ma a quanto<br />

pare non suoi biologicamente parlando... ma p<strong>il</strong>a alla moglie ci ni scippò assai assai...<br />

Zeus perse la testa anche per la bella Teti. Per lei la perse anche Poseidone. Ma<br />

Prometeo, quello che Zeus aveva legato al promontorio di Pantalica, la dove i due<br />

fiumi si incontrano per una eterna fottuta idrica di accadueo più accadueo , per pura e<br />

semplice minnitta ci fici passare l’arrapamento a tutti e due li fratelli. Ma non era<br />

solo minnitta, era anche amara verità..<br />

Prometeo, <strong>il</strong> progenitore degli uomini, da tempo era incatenato come un salame per<br />

vari minchiate commesse a danno di Zeus.<br />

Prometeo aveva creato gli “uomini sessoautonomi”. A dire <strong>il</strong> vero aveva creato<br />

anche altri viventi. Lui creava con la creta . Poi faceva vedere i modelli a Zeus e se<br />

otteneva <strong>il</strong> benestare questi venivano animati. Ma a differenza di altri progetti di vita,<br />

stavolta Prometeo non li aveva fatti visionare a Zeus. E <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> s’incazzo.<br />

>


Questi “ uomini sessoautonomi” , perché Prometeo non creò la donna, avevano una<br />

ciolla lunga e un portuso al posto del biddicu. Quando volevano riprodursi si<br />

mettevano la ciolla nel portuso ed era fatto. Praticamente una sorta di clonazione.<br />

Per autoinciollamento. Anzi, per autoimbiddicamento.<br />

Pi minnitta Zeus fici a Pandora, la prima donna dalla fica irresistib<strong>il</strong>e e dannosa.. Il<br />

nome vuol dire “ tutti i doni” , ma erano doni laiti. Più che “ tutti i doni”, voleva dire<br />

“ tutti i mali”. Cazzi amari praticamente. Zeus la desi in moglie al fratello babbo di<br />

Prometeo che di nome facia Epimeteo. Vuol dire codesto nome “ riflessione “, ma in<br />

realtà voleva dire solo babbitudine , coglionaggine, stupidità e roba sim<strong>il</strong>e.<br />

Nonostante <strong>il</strong> fratello lo avesse avvertito dicendogli di non accettare doni divini,<br />

perchè per quello che lui sapeva gli <strong>dei</strong> ci la volevano mettere nel culo, lu babbu di<br />

pacchio appitittato, appena visti a Pandora si la pigliò. Scordandosi quello che gli<br />

aveva detto <strong>il</strong> fratello.<br />

><br />

> disse la donna.<br />

> ci addumannò lui.<br />

><br />

> chiese lu babbu<br />

specializzato.<br />

><br />

E dette queste parole la fimmina si spogliò e ci fici abbidiri la porta della quattara.<br />

Era rossa, cu quattro labbra e nu buttuneddu ed era intuppata da un membranoso<br />

stuppagghio e decorata a un triangolo equ<strong>il</strong>atero peloso.<br />

><br />

Epimeteo si alliccò <strong>il</strong> musso come un erotomane mancato. La taliò con lo sguardo<br />

ingrifato e poi chiese.<br />

><br />

><br />

> chiese lu<br />

babbu ranni.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Con l’aiuto della donna Epimeteo ruppi la quattara. Iddu fu cuntentu ma Pandora<br />

restò di ghiaccio.<br />

>


E incominciò a cornificarlo col fratello intelligente e preveggente: Prometeo. Che<br />

fu <strong>il</strong> vero padre di Pirra che poi diede in moglie a Deucalione, figlio suo e di Prenoia.<br />

N’autro incesto anche se camuffato. E Prometeo con la sua furbizia fece si che gli<br />

uomini del futuro fossero tutti figli suoi. Perché Deucalione e Pirra furono gli unici<br />

che si salvarono, secondo la dottrina dello zeussismo, dal d<strong>il</strong>uvio universale voluto da<br />

Zeus. Quel matrimonio inconsapevolmente incestuoso fu la base del genere umano<br />

come lo conosciamo noi.<br />

Ma non solo per questo <strong>il</strong> sommo Zeus s’incazzo con Prometeo. Ci fu la storia del<br />

fuoco rubato e dato agli uomini, ci fu la storia dell’avergli dato grasso e ossa da<br />

mangiare . E altro ci fu.<br />

Pertanto Prometeo stava là , legato alla roccia, nudo e tormentato. Ma fiero di non<br />

aver calato le corna davanti al capo<strong>dio</strong>. Anzi, pronto a rifutt<strong>il</strong>lu. Ma stavolta ci<br />

l’avrebbe misa in culo senza faricc<strong>il</strong>lu capiri. E chi misa in culo. E adesso era venuto<br />

<strong>il</strong> momento. Pertanto Prometeo, sincero come un neonato innocente e furbo come un<br />

figlio di buttana specializzato, sapendo che <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> era prossimo a fottersi Teti, lo<br />

chiamò. E ci disse l’amara verità.<br />

><br />

Zeus fici finta di nenti.<br />

> pensò Prometeo. Dalla sua scomoda posizione ittau vuci<br />

ancora chiù putenti.<br />

><br />

Zeus, per non far chiacchierare tutti delle storie di p<strong>il</strong>o sue, corse immediatamente a<br />

Pantalica.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Zeus .


><br />

><br />

E ci desi una sorta di tubo a fondo cieco ottenuto dall’intestino essiccato di un maiale.<br />

Accussì Prometeo inventò <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>attico e fece agli uomini un altro ulteriore dono.<br />

> concluse Zeus.<br />

Prometeo , contento per la prossima imminente liberazione, tremò per la promessa di<br />

Zeus di fottersi Teti dopo <strong>il</strong> matrimonio della stessa.. o meglio, appena quella scia<br />

incinta...<br />

La prima notte della ritrovata libertà, in una grotta scura, Prometeo si futtiu e<br />

controfuttiu la sua innamorata ca di nomi facia.. facia Teti. Si erano innamorati con lo<br />

sguardo. Lei si facia <strong>il</strong> bagno nel fiume e taliava in su, e vedeva lui. Lui stava lì ,<br />

come un salame, incatenato alla parete rocciosa, e taliava in giù. E vedeva lei. Non si<br />

parlavano. L’unico cenno di vita era la sua ciolla che attisava, ed era allora che<br />

arrivava l’aqu<strong>il</strong>a e anziché <strong>il</strong> fegato ci pizzuliava l’aceddu tisu. Ma la notte , quannu<br />

Zeus nun ci vidia chiù in là di un p<strong>il</strong>o di minchia, Teti raggiungeva <strong>il</strong> suo amante e<br />

facevano sesso acrobatico. Lui incatenato sul precipizio e lei che inventava nuovi<br />

modi pi fottere meglio in quelle precarie condizioni. Infatti Teti è considerata<br />

l’inventrice del sesso acrobatico. Le posizioni chiù belle e complicate per fottere le<br />

ideò lei per far felice <strong>il</strong> suo amante incatenato. In quella prima notte fu libertà fu<br />

seminato Ach<strong>il</strong>le. Pertanto Ach<strong>il</strong>le è figlio di Teti e di Prometeo...<br />

Zeus intanto scelse di darla a un mortale, tal Peleo. E quannu seppe ca era incinta,<br />

praticamente la notte del matrimonio, si la trummiò e per giunta col prof<strong>il</strong>attico. Ma<br />

un p<strong>il</strong>o se lo pigliò comunque... Ach<strong>il</strong>le pertanto , biologicamente parlando è figlio di<br />

Prometeo e non di Peleo. Di Zeus pigliò solo un po’ di ciauro. Di Peleo un cazzo...<br />

Perchè quannu Teti si sposò già incinta era.. anche se quel primo caruso non fu<br />

l’Ach<strong>il</strong>le delal storia.. per fare tutti gli Ach<strong>il</strong>le della serie, dal primo al penta,<br />

Prometeo diede sempre <strong>il</strong> suo contributo minchiesco.. e soprattutto diede la sua dose<br />

di latte di brigghiu . Che se <strong>il</strong> latte non ci sta, nenti succeri.. si ficca e basta.. <strong>il</strong> latte<br />

invece quagghia e fa <strong>il</strong> miracolo.. nasci soccu cosa...<br />

Stuprò anche molte mortali <strong>il</strong> sommo Zeus. Niobe. . Europa. Semele. Danae . Leda.<br />

Antiope. Alcmhimkia. Alkazzu. Alkulo. Alcmena. Alcmhona. E poi tante rimaste<br />

nel dimenticatoio, a parte li p<strong>il</strong>a che <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> ci scippava sempre dal cunno per<br />

metterli nella sua matrazza.<br />

> diceva <strong>il</strong><br />

capo<strong>dio</strong> quannu si ittava nel suo specialissimo letto.<br />

> concludeva<br />

ridendo.<br />

Riferendosi a questo materazzo Socratino da Munipuzos si chiese:


Homerino scrisse l’opera La divina p<strong>il</strong>eide , Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen P<strong>il</strong>us et p<strong>il</strong>us<br />

e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> solito romanzo in dialetto. Titolo Cent’anni di p<strong>il</strong>o di<br />

sticchio per una matrazza o un cuscino.<br />

A leggere Diodoro Siculetto, che è l’unico che ne parla nella sua serissima opera<br />

storiografica senza documenti e carte certificate, aveva infatti studiato con certe<br />

persone del futuro Pattuallopolis , “ Historia di Zeus a Munipuzos “ , <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> si<br />

fece anche una bella picciuttedda locale…<br />

Si chiamava Nauficaa.. Zeus sapeva che quella anelava alla conquista di un pesce<br />

bello sostanzioso, ma soprattutto appartenente alla nomenclatura, <strong>il</strong> tutto per <strong>il</strong> suo<br />

pozzo esasperato dal pititto di ciolla prestigiosa e non anonima..<br />

><br />

Anche questa era una moda. Se <strong>il</strong> mascolo povero cercava di accalappiarsi a colpi di<br />

minchia un pacchio figlio della locale nomenclatura, le femmine, da parte loro,<br />

specialmente se povere, cercavano di accalappiarsi una ciolla come minimo di<br />

professionista..<br />

><br />

dicevano le ragazze da marito che volevano la ciolla professionista.<br />

><br />

diceva Cec<strong>il</strong>ia Cic<strong>il</strong>la che s’era maritata un vecchio ricco sminchiato ma tinia<br />

l’amante carusu .<br />

Pertanto molte picciuttedde si accaparravano ciolle già mature ma professioniste.. in<br />

cambio dell’uso, spesso non esclusivo del portaciolla, le ragazze si assicuravano una<br />

vita assai assai benestante.. anche se non proprio penestante a causa dell’età della<br />

ciolla.. ma benestante economicamente senz’altro..<br />

E per trovare una ciolla di prestigio Nauficaa si conservava vergine.<br />

> diceva la ragazza.<br />

Ai ragazzi coi quelli si mittia concedeva solo la bocca e <strong>il</strong> culo. Il cunnus no . Passava<br />

le giornate ai bordi del lago di Munipuzos intenta a pescare le carpe.. <strong>il</strong> suo pesce<br />

preferito.<br />


della nomenclatura dell’Olimpazzo.. anche se non la carpa chiù grande dello stesso..<br />

minchia, come vorrei la carpa di Zeus.. la carpa di Zeus.. la carpa di Zeus..>><br />

E litaniava..<br />

<br />

> ci dicevano li carusi<br />

coi quali intrecciava una storia p<strong>il</strong>usa che non si concludeva con la trasuta del diuzzo<br />

del mascolo nell’Olimpazzo personale di Nauficaa.<br />

><br />

><br />

><br />

In cuor suo Nauficaa si la sarebbe fatta ficcare anche da <strong>Priapo</strong>.<br />

Zeus,conoscendo i desideri di Nauficaa, si fece trovare ai bordi dl lago di Munipuzos<br />

nudo e dormiente.. con l’aqu<strong>il</strong>a e le folgori vicino.. quella lo taliò a lungo e capì.<br />

><br />

E si lu fici intanto che quello dormiva. Sette volte senza smontare da cavallo, sempre<br />

impalata sul palo di carne del capo<strong>dio</strong>. Sempre con la divina carpa nel suo acquario<br />

personale. Zeus poi si svegliò e senza profferire parola alcuna si la rifici altre sette<br />

volte sempre senza sf<strong>il</strong>are lu battagghiu dalla campana.<br />

Zeus incunnava e quella diceva: ><br />

Zeus ascoltava, non capiva ma ficcava. Alla fine chiese:<br />

><br />

Lei glielo spiegò. Poi disse:<br />

><br />

Tutti <strong>il</strong> mondo sapeva della particolare collezione di Zeus. Anche Nauficaa.<br />

><br />

><br />

> disse Zeus che<br />

realtà era stato sveglio tutto.<br />

><br />

Zeus restò per un attimo interdetto. Nessuna gli avia mai scippato p<strong>il</strong>a dalla minchia.<br />

Era la prima volta. Ma Nauficaa era troppo simpatica, troppo bellina, troppo amurusa,<br />

troppo sucaminchia genuina, troppo buttanella involontaria, troppo troia senza<br />

saperlo, troppo simpatica , naturale, gioiosa e autro. Pertanto Zeus acconsentì.<br />

><br />

> rispose<br />

lei.


E la ragazza scippau sette p<strong>il</strong>a dalla minchia di Zeus. E li conservò nel ciondolo<br />

vuoto che portava appeso al collo. Era un regalo della madre per metterci un giorno<br />

na stizza di sangu della sua purezza. Idda invece ci misi sette p<strong>il</strong>a della minchia del<br />

capo<strong>dio</strong>.<br />

> ci aveva detto la<br />

mamma.<br />

Non aveva detto chiaramente cosa, ma Nauficaa sapeva tutto . Sapeva a cosa serviva<br />

<strong>il</strong> ciondolino. Non appena trasia <strong>il</strong> ciondolo nel portaciondolo, <strong>il</strong> portaciondolo<br />

sanguinava e un po’ di quel sangue finiva nel ciondolo appeso al collo della ragazza<br />

oramai diventata femmina. A Nauficaa invece ci parse giusto e legittimo considerare<br />

preziosissimi sette p<strong>il</strong>a della carpa di Zeus.<br />

Quella reliquia finì poi nel tempio di Zeus Munipuzico. Ed era da tutti onoratissima e<br />

stimatissima.<br />

Zeus fottè un numero elevatissimo di volte.. finu a quannu c’erano p<strong>il</strong>a da scippare..<br />

lassò a Nauficaa incinta e col pacchio sp<strong>il</strong>ato.. quella notte era durata trenta giorni<br />

sani sani. Ma prima di andare via , Zeus alla ragazza ci disse:<br />

><br />

><br />

Nauficaa cagò poi un bel picciriddu che fu chiamato Incarpa.. e tutti accettarono la<br />

divina semenza come divina semenza.. senza dubbio alcuno.<br />

Il giorno del parto Zeus si manifestò nel cielo di Munipuzos e disse chiaru e tunnu a<br />

tutto <strong>il</strong> paisi che quel picciriddu era suo...<br />

Questo ragazzino fu pestifero assai.. ma non come gli altri ragazzini… da neonato<br />

non sucava le tette ma li alliccava.. rideva solo se le femmine giocavano con <strong>il</strong> suo<br />

pisellino… e appena incominciò a camminare non faceva altro che ficcarsi sotto le<br />

tuniche delle femmine per andare ad esplorare la f<strong>il</strong>azza.. e la sapeva esplorare<br />

talmente bene che quelle si pisciavano dal piacere.<br />

Naturalmente tutte lo scacciavano perchè era una cosa scandalosa.. questo se c’era<br />

gente…altrimenti lasciavano fare…anche se scandalosa, era assai assai innocente.<br />

> dicevano nel primo caso.<br />

> nel secondo.<br />

Ufficialmente usavano la prima formula.<br />

Alla fine tutti finienu pi ciamallu Incarpasciò…<br />

Accentando quanto raccontato da Diodoro Siculetto Homerino scrisse <strong>il</strong> poema<br />

Incarpo: La semenza sic<strong>il</strong>iana di Zeus, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Incarpo: Il frutto<br />

sic<strong>il</strong>iano <strong>dei</strong> divini testicoli di Zeus e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo in dialetto<br />

Incarpo: Lu fruttu di li cugghiuna di lu capudiu.


Socratino invece si pose la solita domanda. Una delle tante della serie. Naturalmente<br />

non si diede una risposta.<br />

><br />

Apollo, detto anche Febomentula, la minchia br<strong>il</strong>lante, era troppo bello. E i belli<br />

fanno pitittu a tutti. Fratello gimello di Artemide la vergine mafiosa a cui era legato<br />

da “ amore et o<strong>dio</strong>”. Amore per la sorella in tutto e per tutto , o<strong>dio</strong> per i suoi genitali.<br />

><br />

diceva <strong>il</strong> <strong>dio</strong> che aveva una forte componete omo.<br />

Dio di tante cose… vaticinio.. divinazione… arte.. musica.. ma anche assassino<br />

specializzato insieme alla sorella gimella…<br />

Insieme alla sorella scannò <strong>il</strong> gigante Tizio che aveva cercato di violentare la loro<br />

madre prima ancora della loro nascita. Minnitta pregressa.<br />

Insieme alla sorella scannò la maggior parte <strong>dei</strong> figli di Niobe che s’era vantata di<br />

essere più feconda della loro mamma.. ed era vero. Minnitta dovuta.<br />

Al satiro Marsia , che si vantava di suonare meglio di lui, impose di essere scorticato<br />

vivo. Minnitta artistica.<br />

Il bell’Apollo fu sempre sfortunato con i suoi amori. Sia mascolini che femminini. Si<br />

innamorò di Cassandra e ci fici dono della divinazione a lei e al fratello. Ma chidda ci<br />

disse di no . Pi minnitta li condannò a non essere creduti. Minnitta profetica.<br />

Si arrapò pi Dafne ma chidda preferì addivintari na pianta di lauro piuttosto ca<br />

daricc<strong>il</strong>la al <strong>dio</strong>. Minnitta vegetale.<br />

Si ingrifò della Sib<strong>il</strong>la Cumana e ci promise di farla vivere tanti anni quanti granelli<br />

di sabbia stavano nelle sue mani. Ma fu un altro no .<br />

> disse Apollo. Minnitta biologica.<br />

Si addumò d’aceddu e di ciriveddu di Marpessa ma quella , potendo scegliere tra un<br />

<strong>dio</strong> e un mortale, gli preferì <strong>il</strong> mortale.<br />

ci disse Apollo. Minnitta necrof<strong>il</strong>a.<br />

Si infiammò di Canepo ma fu ancora no . Un no speciale.<br />

><br />

><br />

><br />

Ed Apollo ci arristò fottuto.<br />

><br />

Minnitta degli opposti.<br />

E dopo ogni “ no “ Apollo andava a rifugiarsi tra le braccia della sorella gimella<br />

Artemide.<br />

> chiedeva Apollo alla sorella.<br />

> rispondeva quelle.<br />

>


Stavano abbracciati stritti stritti, senza parlare. Lui sentiva i capiccia di lei, lei<br />

sentiva <strong>il</strong> marrugghiu tiso di lui. Così stavano abbracciati con la ciolla appolinea che<br />

piazzava la coppola tra i due biddichi gimelli. E in quei biddichi pisciava <strong>il</strong> latte di<br />

brigghiu divinu.<br />

Negativi anche gli amori omo , nel ruolo di amante, con Ciparisso e Giacinto. Servì<br />

invece Admeto e da questi fu amato. Ma comunque ficcò. Ficcò tanto. Ed ebbe tanti<br />

figli, tra cui <strong>il</strong> dottor Asclepio e <strong>il</strong> musicante Orfeo.<br />

La sorella gimella di Apollo era bella ma testa dura. Vergine per scelta ma cina di<br />

o<strong>dio</strong>. O<strong>dio</strong> per tutti. Per Apollo invece “ amore et o<strong>dio</strong>.” Amore per <strong>il</strong> fratello in tutto<br />

e per tutto, o<strong>dio</strong> solo per i suoi genitali.<br />

><br />

pinsava Artemide che aveva una forte componente lesbica.<br />

Artemide pinsava spesso ad Apollo e lo vedeva come <strong>il</strong> suo amante. In fondo erano<br />

uguali in tutto. A parte <strong>il</strong> sesso naturalmente. In Artemide però, come detto , c’era<br />

anche una forte componete lesbica. Pinsava al fratello ma temeva la sua<br />

mascolitudine. Apollo amante virtuale ma non reale. Spesso Artemide si innamorava<br />

delle femmine.<br />

Successe con Calliste. Ma quannu quella acconsentì involontariamente a farsela<br />

ficcare da Zeus lei si vendicò. Calliste diventò una bella orsa p<strong>il</strong>usa. Ma la colpa non<br />

era di Calliste. Zeus l’aveva ingannata trasformandosi in Artemide con la ciolla.. cioè<br />

in Apollo. Artemide era innamorata di Calliste che a sua volta era innamorata di<br />

Apollo. Ma <strong>il</strong> <strong>dio</strong> non la cacava. Calliste , non potendo avere <strong>il</strong> fratello, si<br />

accontentava di avere la sorella. Si stricavano la f<strong>il</strong>azza che era un piacere. Poi, un<br />

giorno, Calliste sintiu na cosa ca trasia. Rapiu l’occhi e ci parse cha Apollo avia<br />

pigliato <strong>il</strong> posto di Artemide. Invece era Zeus che s’era trasformato . Minnitta gelosa.<br />

Artemide ammazzò Orione che aveva circato di violentarla. Minnitta dovuta.<br />

Quannu Oto ed Efialte cercarono di violentare Artemide ed Era, Apollo intervenne<br />

facennu passare un cervo policornuto. I mascoli lassanu lu giavellotto di carne che<br />

avevano in mano e tiranu nu giavellotto di legno e ferro. E si scannanu a vicenda.<br />

Minnitta donata.<br />

Artemide vendicò l’onore di Apollo tradito da Coronide che incinta del <strong>dio</strong> si l’era<br />

fatta ficcare da un mortale. Minnitta germana.<br />

Tramutò in cervo, poi divorato dai suoi stessi cani, Atteone che l’aveva vista nuda<br />

intanto che si allisciava la f<strong>il</strong>azza sana. Minnitta visiva.<br />

Dopo ogni minnitta Artemide curia dal fratello gemello e lo abbracciava forte forte.<br />

E insieme aspettavano che <strong>il</strong> latte di brigghiu si versasse nei biddichi divini.<br />

Ma una volta la ciolla apollinea anziché tra le panze si piazzò tra le cosce di<br />

Artemide e senza sapiri come fu e come non fu trasiu dov’era giusto trasiri.<br />

L’incesto tanto sognato fu consumato.<br />

>


Da allora l’incesto si ripitiu a iosa e alla sanfasò… A parte le differenze anatomiche<br />

erano gemelli.. erano cioè la fotocopia uno dell’altro… visti da dietro erano<br />

veramente uguali.. perché Apollo era talmente efebico ca paia chiù fimmina di na<br />

fimmina…<br />

Fu analizzando la bellezza di Apollo che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos concepì<br />

<strong>il</strong> concetto di “ spirito apollineo”.<br />

><br />

Il biologos Santo Krisetto dedicò al <strong>dio</strong> Apollo una farfalla bellissima.<br />

Classificandola nel suo “ Regno naturae” la chiamò Parnassius apollo.<br />

Dioniso , a parte l’amore con Ampelo, si fici poi nu mari di pacchiu. Compresa<br />

Afrodite. Si fici la vergine Aura dopo averla legata come na baccalà.<br />

Da cui <strong>il</strong> detto ” Che bellu lu baccalaru..”<br />

Si fici Arianna. Da cui <strong>il</strong> detto “ Seguo <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o e te l’inf<strong>il</strong>o.”<br />

Si fici Fedra, soru di Arianna. Da qui <strong>il</strong> detto “ La cugnata non maritata aspetta si siri<br />

scupata..”<br />

Si fici Erigone dopo averla ubriacata.. Da cui <strong>il</strong> detto “ Ucca cina di racina e fica di<br />

minchia cina”.<br />

Si fici la vergine ribelle Pallene. Ma farsi a Pallene nu fu fac<strong>il</strong>e.<br />


chiantò al suolo Corpo su corpo, mani contro mani ma soprattutto minchia nel<br />

pacchio. Dopo, pi minnitta, con suo tirso ammazzò <strong>il</strong> suocero.<br />

Ma l’avventura chiù bella restò quella con Afrodite. Quel pacchio era allucinogeno.<br />

Gli facia veder le stelle e l’autri corpi celesti.<br />

Fu studiando le opere ciollesche di Dioniso che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos<br />

elaborò <strong>il</strong> concetto f<strong>il</strong>osofico di “ spirito <strong>dio</strong>nisiaco”.<br />

><br />

Si succhia <strong>il</strong> cazzo di un tribuno<br />

la rossa bolognese moglie di Menenio,<br />

quella che nei cimiteri vedi ogni giorno<br />

rubare <strong>il</strong> cibo ai roghi<br />

e mentre si getta sul pane<br />

che rotola dal fuoco,<br />

frustata da un crematore rasato<br />

per punizione.<br />

Catullo<br />

<strong>Priapo</strong> in poco tempo diventò l’eroe popolare per eccellenza. Tutti ne cantavano la<br />

nascita e le giovan<strong>il</strong>i imprese.. O meglio, le infant<strong>il</strong>i imprese…<br />

Lui stesso non si ricordava con chi si era fatto la sua prima ficcata… risaliva proprio<br />

a quando era veramente piccolo…<br />

><br />

In ogni caso amava dire che la prima ficcata se l’era fatta con la bella mammina<br />

uscendo dal suo pacchio.<br />

> la chiamava.<br />

A vote cantava:<br />

><br />

Quante ninne nanne gli erano state dedicate al neonato ciolluto.<br />


Questo aceddu mi lu futtu iu..>><br />

A lui erano state dedicate anche molte tragedie. Per esempio i Sette contro Tebe.<br />

Sette mascoloni con tanto d’aceddu e coglioni volevano farsi la bella Tebe. Ma lui era<br />

intervenuto in sua difesa e aveva scannato i sette aggressori. Poi si era fatto la ragazza<br />

sette per sette volte in una sola notte. E la ragazza aveva partorito 49 gemelli tutti ben<br />

ciollati.<br />

Generalmente <strong>Priapo</strong> era sempre in giro. Dormiva pochissimo . O meglio, quasi<br />

niente. Era sempre alla ricerca di cunni da fottere. Bastava un amen pi livarisi la<br />

tunica e sciogliere <strong>il</strong> cingiphallus. In un amen putia trasiri dappertutto. E fare zicchete<br />

e zacchete alla sanfasò.<br />

> diceva.<br />

Spesso incontrava quel buttaniere giocoso di Zeus ca scinnia in terra pi futtiri qualche<br />

pacchio terreste . E per far questo operava tutte le trasformazioni possib<strong>il</strong>i. Era uno<br />

ma poteva assumere un m<strong>il</strong>ione di forme diverse. Forse anche più..<br />

> lo sfotteva <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong>.<br />

> rispondeva affettuosamente <strong>Priapo</strong>.<br />

Una volta lo aveva incontrato sotto forma di toro bell’arrapato e ben dotato.<br />

> ci avia addomandato,<br />

><br />

><br />

E cantò:<br />

><br />

Era nicu quannu li tri gemelli Sticchiò, Sticchià e Sticchiù abbadavano al <strong>dio</strong> dal<br />

rosso palo sempre tiso. Questa ragazze stavano sempre nude e stinnicchiate per terra.<br />

Disposte in modo tale che allargano le cosce formavo una stella a tre punte. E in<br />

questo recinto tripacchicco giocava <strong>il</strong> picciriddu, Il pascolatore di pacchi. Il bambino<br />

itifallico iucava cu li ita, cu li f<strong>il</strong>azza e cu la so ciolla . E inf<strong>il</strong>ava.


Quelle intanto ci cantavano la ninna nanna.<br />

><br />

Lui iucava e ficcava, e a suo modo cantava:<br />

><br />

Non riusciva a dire una parola ma minchia come incunnava.<br />

Europa la bellissima. S’era <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> invaghito della bella Europa e non sapendo<br />

come scoparsela pigliò le sembianze di un toro cazzuto e palluto. In codeste<br />

animalesche sembianze si apprisintò alla picciotta e la ciaurò a lungo. La picciotta<br />

trovò bello l’animale e lo accarezzò tanto. Non fece caso, da picciotta inesperta , a<br />

quell’apparato in armi che stava sotto la panza del toro. Europa lo montò ignorando<br />

che quello volesse montare lei. A quel punto <strong>il</strong> toro , infoiato più che mai dal sentirsi<br />

<strong>il</strong> virginale pacchio strofinarsi sul suo dorso, prese <strong>il</strong> largo. E portò in un posto<br />

segreto la bella picciotta. Là, sotto un platano, si rivelò per quello che era.<br />

> chiese <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong>.<br />

> rispose Europa.<br />

Da quelle divine trummiate nascenu Minosse, Radamanto e Serpedone. La simenta<br />

del <strong>dio</strong> non era mai ster<strong>il</strong>e.<br />

Zeus sp<strong>il</strong>ò <strong>il</strong> pacchio di Europa, secondo la sua consueta usanza.<br />

E se Zeus ficcava alla sanfasò, <strong>Priapo</strong> faceva di peggio. Ma d’altra parte gli uomini<br />

facevano altrettanto.<br />

> diceva un detto di<br />

Munipuzos.<br />

Gli uomini naturalmente ficcavano in base alle loro possib<strong>il</strong>ità economiche e<br />

fisiche. Perchè se è vero che c’erano uomini ricchi e uomini poveri era altrettanto<br />

vero che c’erano uomini minchietta e uomini minciazza. La poliginia, insomma, non<br />

era per tutte le tasche e per tutti gli aggeggi.<br />

Anche le femmine ultimamente avevano scoperto <strong>il</strong> piacere dell’aceddu fresco e<br />

giovane e potente e bello.. come bello doveva essere l’uomo a cui stava attaccato.<br />

Erano nati così i <strong>bordelli</strong> per le donne. Bordelli dove giovani maschi cazzuti e belli<br />

vendevano dosi di sasizza a pagamento.<br />

Fikennestra, moglie trascurata di Agaminkione, era una assidua frequentatrice del<br />

postribolo più elegante della polis, <strong>il</strong> “<strong>Priapo</strong> eretto “.<br />

In particolare era affezionatissima, anzi quasi innamorata, di un prostituto bell’e<br />

cazzuto di nome Krysegystos. All’anagrafe solo Egisto.


Questo era <strong>il</strong> figlio incestuoso di Tieste che , con violenza , da sconosciuto violento,<br />

s’era fatto la figlia Pelopia . Era tornato per la minnitta. Per fare la sua minnitta grazie<br />

all’aceddu. Il fine era la minnitta, <strong>il</strong> mezzo era la sua minchia. La famosa<br />

krisominkia. O krisomentula. Minchia d’oro. Kazzo d’oro. O roba sim<strong>il</strong>e. Quello era<br />

lo strumento per colpire Agaminkione passando per <strong>il</strong> pacchio di Fikennestra.<br />

Tutto questo Krysegystos lo faceva con un piano ben preciso. Una minnitta che<br />

passava attraverso <strong>il</strong> pacchio della regina. E se necessario anche attraverso quello<br />

delle sue figlie. E perché no, se necessario, anche attraverso <strong>il</strong> culo di Minkioreste.<br />

><br />

diceva Egisto, in arte Krysegystos, a sé stesso.<br />

La donna si era legata al prostituto cazzuto ma ignorava chi in realtà fosse. Ma un<br />

giorno ci fici una proposta che quello non si aspettava. Pinsava di faticare ma quella,<br />

soddisfatta a livello di pacchio, che gli aveva aperto di spontanea volontà e pagando<br />

tra l’altro le sue professionali ficcate di libero professionista della ciolla, ci fici una<br />

proposta sensazionale.<br />

><br />

> rispondeva quello.<br />

><br />

><br />

>


ispose Krysegystos.<br />

> pinsò nella sua testa.<br />

><br />

> chiese l’uomo dalla krisominkia.<br />

> disse Fikennestra acchiappando la krisominkia.<br />

> disse Egisto a<br />

se stesso.<br />

> chiese poi l’uomo.<br />

><br />

> protestò debolmente ma molto<br />

debolmente Krysegystos.<br />

> pinsò Egisto.<br />

> pinsò Egisto. E rise di cuore, di bocca, di testa e d’aceddu. Aceddu d’oro<br />

però.<br />

Agaminkione invece invidiava <strong>il</strong> collega ebreo che teneva settecento mogli e trecento<br />

concubine.. tra gli altri progetti, stava ideando la costruzione di un harem per<br />

settem<strong>il</strong>a mogli e trem<strong>il</strong>a concubine…. Alla faccia del collega ebreo.<br />

Lo stesso <strong>Priapo</strong>, spesso per gioco, si prostituiva in questo lupanare per donne che<br />

portava <strong>il</strong> suo nome. Era <strong>il</strong> più lussuoso di Munipuzos… <strong>Priapo</strong> non si metteva mai<br />

nudo. Indossava una tunica lunga fino ai piedi e un cappuccio. L’unica cosa che<br />

metteva a disposizione delle clienti era <strong>il</strong> lungo e grosso e tiso palo rosso.<br />

In queste veste di buttano di qualità s’era fatto tutte le femmine della polis.. compresa<br />

la regina Fikennestra….<br />

Perchè quando c’era lui al lavoro, le clienti sceglievano solo e soltanto lui.. o meglio<br />

Theophallos.. questo <strong>il</strong> suo nome d’arte…<br />

Un giorno, nello stesso lupanare, iu a passarisi un po’ di tempo con qualche pacchio<br />

terreno Zeus in persona… sotto mentite spoglie si offrì alle clienti… Ma siccome<br />

quel giorno c’era in servizio <strong>Priapo</strong>, Zeus andò in bianco.. neanche una cliente..


si chiese <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong>.<br />

Sciu dal lupanare incazzato nero e con l’idea di buttarsi sopra <strong>il</strong> primo pacchio che<br />

incontrava.<br />

> disse uscendo.<br />

Era pronto allo stupro. Sciu dal lupanare ma incontrò solo mascoli. Poi, vicino al<br />

tempio di Eros, incontro una bella picciotta. Giovane, bella e sicuramente zoccola<br />

autonoma.. non lupanarizzata.. magari zoccola occasionale .. per piccioli o semplice<br />

pititto di zoccoleggiare….<br />

> disse Zeus, che s’era vestito in st<strong>il</strong>e<br />

plutocrate.<br />

> rispose quella girannisi.<br />

Era truccatissima . Un bel pacchio veramente. Se non era tutta zoccola quella, era<br />

mezza zoccola più altrettanto.<br />

><br />

><br />

> chiese Zeus.<br />

><br />

><br />

Si appartarono in un amen e la picciotta in due amen si ci ficcau sutta la tunica e in<br />

tri amen ci la attaccau a sucari .<br />

> pinsò Zeus.<br />

La carusa sucava a bocca piena e l’uomo stava per pisciarsi.<br />

><br />

>


Bella com’era si sollevò la vistina e si ittau sul lettino a pancia in giù.<br />

><br />

Zeus fece ma non completò l’opera. Aveva pititto di trummiare e voleva trummiare.<br />

Trummiare per lui voleva dire inf<strong>il</strong>arlo nel pacchio. Il pacchio era la sede ideale per<br />

mettere l’aceddu. Il pacchio era stato creato per ricevere l’aceddu. La muscolatura del<br />

pacchio, grazie alla peristalsi mincica, era fatto apposta per dare piacere al donatore e<br />

alla ricevente.<br />

> pinsava Zeus.<br />

><br />

Ma quella non si firriava.<br />

><br />

Quella continuava a non girarsi.<br />

><br />

E quella niente.<br />

><br />

La bella allargò le cosce e Zeus andò a taliare la f<strong>il</strong>azza.<br />

> ci scappau a Zeus.<br />

Si susiu come nu pazzu e girau chidda ca fisicamente paria na fimmina.. e minchia<br />

chi fimmina.. tinia du minni belli ma poi ci avia lu stigghiolu tra li iammi..<br />

><br />

><br />

><br />

>


Zeus restò come un salame.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> dissero in coro.<br />

Su questa avventura comico sessuale di Zeus poeti e scrittori scrissero a iosa.<br />

Homerino, nel solito correttissimo greco, scrisse <strong>il</strong> poema Zeus voleva una fica e<br />

trovò un uccello, Mhassymylyano, sempre in latino o dialetto latino, scrisse <strong>il</strong><br />

Carmen Zeus voleva un cunnus ma trovò una mentula e lo scrittore dialettale<br />

Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Zeus vulia nu sticchiu ma attruvau na minchia ma pi fortuna,<br />

dopo cent’anni, si accorse che quello tinia pure lu culu come a Ganimede.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino si pose una domanda. Come sempre.<br />

><br />

Intanto <strong>Priapo</strong> si ia vantannu di siri la minchia primaria dell’universo, la più potente<br />

sia in cielo che in terra.. quella sera, a una cena di uomini minchiuti e femmine<br />

f<strong>il</strong>ocazziche, cioè Menadi, Satiri e S<strong>il</strong>eni, quasi si confessò .. disse anche che non gli<br />

piaceva essere considerato <strong>il</strong> re <strong>dei</strong> campi.. la sua ciolla enorme serviva per altre cose<br />

e non per minacciare i ladri.. per proteggere i campi e le mandrie…se sua madre era<br />

la dea dell’amore lui voleva essere <strong>il</strong> <strong>dio</strong> del sesso.. se Afrodite era la buttana<br />

universale lui voleva essere <strong>il</strong> minchione universale…<br />

> disse in un attimo di sincerità.<br />

Dioniso rise.<br />

><br />

><br />

Dioniso rise.<br />

><br />

E rise di più. Rise assai . Rise anche <strong>Priapo</strong>.


><br />

><br />

><br />

><br />

> disse Dioniso.<br />

> disse con espressione seriosa.<br />

><br />

><br />

Dioniso rise.<br />

<br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

> ci comunicò <strong>il</strong> papà.<br />

><br />

><br />

Risero. E si abbracciarono.<br />

A dire <strong>il</strong> vero ci si capia picca di <strong>Priapo</strong>.<br />

> dicevano in tanti.<br />

Lo stesso poeta Mhassymylyano da Munipuzos nel Carmen XXXIIX scrisse:<br />


Quod peto , si dederis: quod petis, accipies.<br />

Comunque sia, è necessario che te lo dica:<br />

la mia indole è chiara a tutti.<br />

Io voglio inculare,tu vuoi raccogliere i frutti.<br />

Se mi darai ciò che io ti ho chiesto,<br />

avrai ciò che chiedi.>><br />

Zeus si era invaghito di Danae. Ma chidda era stata chiusa in una torre dal padre.<br />

Questo pirchì la solita profezia del solito profeta sparaminchiate annunciava la<br />

nascita di un picciriddu scassacazzi e cumminadanni.<br />

Ma al capo<strong>dio</strong> e alla sua ciollacapa la picciotta, vergine docchi e inesperta di minchia<br />

e di trattamenti aciddari, ci facia sangu e li ingrifava a iosa. La carusa, anche se<br />

ignorante in fatti sessuali, avia una smania ca la torturava. Stava ittata na lu iazzu a<br />

grattarisi la f<strong>il</strong>azza ca ci pruria. Così come una iatta in calore ma non capia e nun<br />

sapia chiddu ca vulia. Ci appitittava nu marrugghiu pirchì cu li manu si stancava. Nu<br />

marrugghiu pi grattatisi la f<strong>il</strong>azza. Na cosa frisca pi arrifriscarisi la f<strong>il</strong>azza… na cosa<br />

ci sirvia ma non sapeva che cosa..<br />

Zeus la vidia e la vulia consolare a suo modo. Uno stupro divino.<br />

><br />

E si misi a pinsare. Quannu all’improvviso passau <strong>Priapo</strong>.<br />

> E rise a bocca spalancata e a aceddu ballerino.<br />

> disse Zeus.<br />

>


> rispose <strong>Priapo</strong>.<br />

> chiese <strong>il</strong> nonno.<br />

> rispose <strong>Priapo</strong><br />

allontanandosi.<br />

><br />

E ditte tre o forse quattro parole , scatenò una tempesta.<br />

><br />

Danae, a sentire tutto quel bordello , si scantò. Li trona la stordivano, ma li lampi la<br />

abbagliavano. Si scantò assai e cianciu. Di occhi e di pacchiu.<br />

><br />

E piangeva. Zeus , ad ogni lampo, la viria e si ingrifava di chiù.<br />

Disse ancora delle parole incomprensib<strong>il</strong>i e si trasformau in una nuvoletta dorata. Una<br />

nuvoletta ca iu a posizionarsi sulla torre. Come una coppola sulla coppola della<br />

minchia.<br />

> disse<br />

la bella femmina che amava la poesia. Cunno poetico era .<br />

La timpesta ia avanti furiosa e acqua trasia da tutti li parti. Era estate e facia piaciri<br />

l’acqua ma lu troppu era lu troppo.<br />

><br />

Anche la nebbia trasiu dintra la torre.<br />

><br />

Zeus la ascoltava contento anche per quello che l’aspettava.<br />

><br />

Intatto Danae era sempre chiù scantata. Si abbrazzava stritta stritta al cuscino e ci<br />

circava conforto. A dire <strong>il</strong> vero paria ca stava futtennu col cuscino. Zeus, sotto forma<br />

di nuvoletta dorata, si taliava la scena.<br />

><br />

Non si capiva se Danae tremava oppure godeva con quel cuscino. La nebbia dorata<br />

stava entrando dintra la torre sempre più massiccia.<br />

>


E per accertarsi che c’era, ci iu cu li manu.<br />

> disse allisciannis<strong>il</strong>la. Intanto fici nu lampo.<br />

> disse Danae . E si la minò.<br />

Con calma e dolcezza. Poi la riperse di vista e poi la rivide di nuovo.<br />

><br />

E l’allisciava.<br />

><br />

E la riallisciava.<br />

><br />

E allisciava più velocemente.<br />

><br />

E con l’ultima allisciata vinni.<br />

<br />

Ma fu forse una minata involontaria, o volontaria fu? Cercava conforto più che<br />

piacere. Diciamo che fu una minata di conforto e nient’altro. Solo una carezza al<br />

pacchio.<br />

A quelle parole la nuvola circondò <strong>il</strong> corpo di Danae da tutte le parti. Quella nuvola<br />

aveva cento mani e cento piedi più quella cosa che i mascoli chiamano minchia.. era<br />

insomma una nuvola minchiuta..... la carusa si intisi persa .. ma poi sintiu chidda cosa<br />

ca ci pazziava tra li cosci... la circau cu li manu ma non trovò niente.. quella cosa<br />

comunque c’era. C’era qualcuno supra di lei. Ma era fatto d’aria.. anzi d’acqua, visto<br />

che era una masculo nuvolo... ma pure la minchia di era di nuvola.. era dura e<br />

inconsistente allo stesso tempo, non l’acchiappava cu li manu ma intanto quella<br />

premeva per trasiri...,sentì la coppola della minchia della minchianuvola che stava<br />

trasennu.. Alla fine arrivò tanta di quella minchia.. un bella acqua dorata che<br />

l’avvolse, la penetrò, la futtiu e la controfuttiu, la siminau e la controsiminau.. trasiu<br />

quella da ogni banna e da ogni banna sciu.. e anche lei.. anche lei si pisciau assai<br />

assai.....<br />

> si chiese Danae che aveva visto le stelle e altro ancora.<br />

Nove mesi dopo nasciu Perseo...<br />

Homerino, su questa avventura della minchia di <strong>dio</strong>, scrisse <strong>il</strong> poema Phallus idrico,<br />

<strong>il</strong> poeta Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Mentula et aqua e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> solito<br />

romanzo. Titolo Cent’anni di accadueo a minchia.<br />

>


Una sera che <strong>Priapo</strong> stava con papà Dioniso, altre al resto della sua corte, questo,<br />

br<strong>il</strong>lo come al solito, ci raccontò quello che era successo a Zeus..<br />

Rise a minchia cina <strong>Priapo</strong>. Poi si ubriacò di più insieme al caro papà. E com’era<br />

giusto fare per due uomini cazzuti, si ni ienu al bordello “ Fikarossa d’oro..”<br />

> propose <strong>il</strong> figlio.<br />

> rispose <strong>il</strong> padre.<br />

La gara fini trecento a centoventi a favore di <strong>Priapo</strong>. <strong>Priapo</strong> euforico lanciò una nuova<br />

sfida. Una gara tra tutti i mascoli dell’Olimpazzo per vedere chi era la minchia più<br />

resistente, più grossa, più potente.. dell’universo sano sano.<br />

><br />

Lo disse come battuta ma Dioniso si preoccupò. Ci parse una bestemmia quella del<br />

figlio. Un attentato contro Zeus.. si augurò che <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> non lo venisse a sapere<br />

perchè su queste cose si incazzava alla grande… era buono, ironico ma ci teneva alle<br />

regole e all’ortodossia… e a dire i vero su quel nipote minchiforme Zeus aveva fatto<br />

<strong>dei</strong> progetti.. <strong>il</strong> padre Dioniso non poteva essere l’erede.. quello era vinodipendente..<br />

ma l’altro era p<strong>il</strong>odipendente.. nessuno era autonomo.. ognuno tinia i suoi vizi.. Zeus<br />

naturalmente si sintia chiù vicino al nipote..<br />

Diceva sempre :<br />

><br />

<strong>Priapo</strong>, dopo quella confessione al padre, cantò come al solito:<br />

><br />

Ma Zeus lu vinni a sapiri. E saputa la cosa si straincazzò. E così pure gli altri <strong>dei</strong>. A<br />

parte <strong>il</strong> fatto che gli <strong>dei</strong> dell’Olimpazzo erano nu tanticchia preoccupati. <strong>Priapo</strong><br />

oramai era una minaccia all’intero universo femmin<strong>il</strong>e. Era capace d’incunnarsi<br />

l’intera parte femminina del mondo. E non solo terrestre. Anche le dee erano a rischio<br />

fottuta priapica. Anche perchè alle femmine uno strumento come quello non poteva<br />

non far piacere. E se solo cangiava idea quello era capace d’incularsi anche , volente<br />

o nolente, tutta la parte masch<strong>il</strong>e. Terrestre e divina. In fondo, nell’Olimpazzo, dove<br />

incesti, corna e deminchiazioni erano all’ordine del giorno, cosa poteva essere mai<br />

una inculata? A parte che Zeus si facia <strong>il</strong> bel Ganimede. E a parte altre faccende,


Zeus in persona si scantava sia per <strong>il</strong> suo culo che per quello del suo amato . Ma<br />

soprattutto per <strong>il</strong> suo…<br />

Convocò <strong>il</strong> Consiglio degli <strong>dei</strong> in forma incompleta. Tutti li convocò, tranne <strong>Priapo</strong>.<br />

E li invitò a pigliare qualche provvedimento contro <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> picciotto dalla minchia<br />

impertinente.<br />

> disse Zeus facendo la<br />

faccia dell’incazzato massimo.<br />

> disse la vergine Artemide ca<br />

l’avissa tagliato volentieri al mondo intero.<br />

> propose Era ca era cumminta che <strong>il</strong> picciotto fosse<br />

sempre in combutta col marito.<br />

> propose Efesto che odiava <strong>il</strong> figliastro.<br />

> propose la vergine Pallade Atena.<br />

> intervenne<br />

Afrodite in difesa del figlio. Poi riprese:<br />


<strong>Priapo</strong>… voglio invece una pena esemplare.. esemplare ma simbolica…<br />

dimostrativa… persuasiva.. correggitrice ma simbolica.. che <strong>il</strong> picciotto capirà.. mi<br />

auguro almeno...>><br />

Furono fatte tante proposte ma alla fine Zeus , che in fondo in fondo amava le cose di<br />

p<strong>il</strong>o, decise di fare solo e soltanto uno scherzo a quel briccone di <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse Zeus ><br />

In fondo, la sera del fattazzu, a parte nu tanticchia di incazzatura, Zeus si era<br />

divertito assai. Pertanto propose una bella e simpatica punizione simbolica. La<br />

raccontò agli <strong>dei</strong> che scoppiarono a ridere. Rise più di tutti papà Dioniso. Poi Zeus<br />

parlò.<br />

><br />

> dissero in tanti.<br />

> disse <strong>il</strong> papà.<br />

> disse la mamma.<br />

Ciò che dà più profitto a una giovane donna<br />

non proviene dall'arte, ma dalla natura.<br />

Antologia Palatina<br />

Intanto scoppiò uno scandalo all’improvviso. Uno scandalo su cui spettegolarono in<br />

cielo e in terra. Elio non ne poteva più di sorgere e di vedere Afrodite e Ares che<br />

sempre fottevano Non c’era riposo mai per quei due. Ficca e rificca. Di Ares a Elio ci<br />

ni futtia un pisello, ma vedere Afrodite nuda e godente ci mittia pititto. E lui aveva da<br />

fare. Elio era bello e caldo assai ma da buon auriga doveva pensare a guidare <strong>il</strong> carro<br />

dorato guidato da quattro destrieri nei giusti tempi.. chiù piano d’estate .. chiù veloce<br />

d’inverno… e quel pacchio sulla terra lo distraeva.. pacchio buttano poi, pirchì non<br />

fotteva col legittimo marito. Così andando avanti le cose Elio si facia <strong>il</strong> suo percorso<br />

sempre con la minchia tisa. Minchia che br<strong>il</strong>lava più del resto del corpo.<br />

Nu scienziato astronomo della scuola di Munipuzos di allora li chiamo “ Facole di<br />

minchia”..<br />

Una volta, per <strong>il</strong> firticchio, Elio pinsò di dirigere la punta del suo uccello contro quel<br />

pacchio e di ustionarlo.. la sua era una minchia ustore.. lo stesso principio che<br />

Archimede applicava agli specchi.. solo che quelli erano concavi e la sua cappella era<br />

convessa. Ma poi pinsò che quella era immortale.<br />

Alla fine decise di fare la spia e avvisò <strong>il</strong> marito cornuto.<br />

><br />

Efesto sapia ma facia finta di nenti, adesso non poteva più stare muto. Se prima era<br />

cornuto ufficiosamente adesso lo era ufficialmente.


Non gli restava che sputtanare la buttanazza e <strong>il</strong> suo ganzo.<br />

Stinnicchiò una rete in mezzo al fiume e la mattina dopo, appena Elio sciu, la tirau. I<br />

due amanti restarono intrappolati. Per giunta Ares restò con <strong>il</strong> coso ficcato nella cosa.<br />

Efesto , da parte sua , attaccò a gridare.<br />

><br />

A sentire quel bordello gli <strong>dei</strong> accorsero tutti. E risero. Risero alla grande. Anche le<br />

donne. A parte qualcuna che si firriò per la vergogna. Tipo Artemide e Pallade Atena.<br />

Ares, mischineddu, si bloccò. Ma Afrodite ci disse:<br />

><br />

><br />

><br />

La ciolla si riprese e i due amanti continuarono a fottere fino alla fine con una foga<br />

micidiale. Tanto che quella volta Ares incunnò nella panza di Afrodite Deimo e Fobo.<br />

> gridava<br />

Efesto.<br />

><br />

Efesto si misi a pazziare. Poi si calmò. Ma c’era materiale a sufficienza per<br />

spettegolare. E così fu.<br />

Gli amori di Afrodite erano da sempre i più chiacchierati. Si parlava spesso delle<br />

corna di suo marito Efesto. Ma l’amante in carica fu sempre <strong>il</strong> bell’Ares dalla<br />

minchia tisa.<br />

A lui la dea caco Deimo e Fobo e poi Armonia…e infine Eros.<br />

Deimo, <strong>il</strong> terrore.. <strong>il</strong> terrore di incontrare una minchiapersa o na cunnulacrimusu …<br />

Fobo, la paura.. la paura di incontrare le stesse cose.. e poi Armonia.. l’armonia degli<br />

strumenti del sesso… ed infine Eros.. <strong>il</strong> pititto sessuale…<br />

Cu Dioniso Afrodite fece <strong>Priapo</strong>..<br />

Da una botta e via di Poseidone fici Erof<strong>il</strong>o…<br />

A Ermete nu ci la vulia rari.. ma Zeus diede ordine alla sua aqu<strong>il</strong>a di rubare un<br />

sandalo d’oro della dea e di portarlo ad Ermete..<br />

La dea per riaverlo di concesse.. e nasciu Ermafrodito..<br />

Eros, Erof<strong>il</strong>o, Ermafrodito.. la trinità dell’erotismo..<br />

<strong>Priapo</strong>, l’unico <strong>dio</strong> della minchia..<br />

Col mortale Anchise fici Enea..<br />

Ma una avventura di Afrodite non viene riportata dai mitologi del tempo. A parte<br />

Plautino Lisistrato da Munipuzos che ne parla in una sua commedia <strong>il</strong> “ Phallus<br />

gloriosus..”<br />

Secondo quanto raccontato in questa commedia, <strong>il</strong> figlio di Zeus e Nauficaa,<br />

Incarpasciò , detto Phallus gloriosus “, ebbe una storia d’amore con Afrodite. E da


questa bella storia sarebbe nata la bella, anche lei pacchio sp<strong>il</strong>ato, Kazzoph<strong>il</strong>a<br />

Incarpasciò.<br />

Lo scrittore Santhokriso finì la sua opera prima, Cent’anni da Priapazzo. E la<br />

mannau a un concorso chiamato Pattuallopolis. Premio letterario Pattuallopolis. Tri<br />

polis si erano messe insieme pi fari stu premiu.<br />

> dissero in tanti.<br />

> disse qualcuno.<br />

Dioniso si organizzò. Doveva organizzare lo scherzo al figlio. E detta la formuletta<br />

magica fici <strong>il</strong> miracolo. Già tutto era stato concordato con Afrodite. La dea callipigia<br />

aveva dato <strong>il</strong> suo benestare.<br />

><br />

E tutti gli asini si attruvanu cu la parola na la ucca e na minchia nova sutta la panza.<br />

Cu la prima nun ci si capenu chiù cu li scecchi fimmini pirchì attaccanu a litigare, ma<br />

cu la secunna cosa ieunu chiù assai d’accordo e, dopo la litigata a parole, faceunu<br />

subito pace a colpi di minchia nel pacchio.<br />

<strong>Priapo</strong> non si ricordava la prima fottuta – nella vita aveva fatto solo quello - ma<br />

invece si ricordava benissimo <strong>il</strong> primo amore: la ninfa Lotide Monabella che tinia<br />

quindici anni ed era ancora verginella. Tanto tempo era successa la cosa. Lotide era<br />

bell’assai e lui era solo una minchiuta scimmia pelosa.<br />

<strong>Priapo</strong> stava badando a tanti asini- questo l’incarico che gli davano spesso- quannu<br />

vide la fanciulla stesa al sole e intenta a dormire. Poco prima comunque aveva<br />

incontrato Zeus in cerca di pacchio terreste. Se c’era in giro <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> sicuramente in<br />

zona c’era sticchio fresco e di prima qualità. Pensò che <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong> cercasse proprio<br />

quella. Colto da improvviso amore pinsò di dichiararsi. La taliò da tutte le<br />

angolature.. in quel momento ripassò Zeus sotto forma di satiro assatirato assai assai..<br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> assistette all’amplesso tra Zeus e Antiope.<br />

><br />

Lotide era bella da tutti i punti di vista.. pinsò che se la svegliava quella per lo scanto<br />

di vedere la sua minchiazza scappava o le pigliava un colpo mortale.. e se non notava<br />

quella si scantava per la sua bruttezza... era praticamente una scimmia minchiuta...<br />

Continuò a guardarla. Bionda e riccioluta e dalla pelle bianchissima.. neanche un f<strong>il</strong>o<br />

di trucco.. e un respiro virginale.. la leggera veste che la copriva le aderiva<br />

perfettamente al corpo.. un corpo dalle curve maestose.. un culo che monumentale su<br />

due cosce perfette.. ma soprattutto vedeva le sontuose grandi tette - la vera specialità


di Lotide - alzarsi ed abbassarsi al ritmo del respiro.. vedeva i capezzoletti grandi e<br />

irti come due minchiette.... ma guardava anche le altre curve…<strong>il</strong> culo soprattutto.. <strong>il</strong><br />

suo respirò si sincronizzò con quello della ragazza.. e pure <strong>il</strong> battito della sua ciolla..<br />

taliava e non sapeva che fare.. era amore quello che sentiva ma non sapeva come<br />

manifestarlo.. e continuava a guardare.. guardava là, dove le cosce s’incontrano e<br />

nascondono <strong>il</strong> vero gioiello di ogni femmina.. ma guardava anche la parte posteriore..<br />

era bellissima..<br />

> disse a se stesso ><br />

<strong>Priapo</strong> sapeva che non c’erano , né in cielo né in terra , culi belli come quello di<br />

Afrodite.. ma l’amore glielo faceva vedere come <strong>il</strong> più bello <strong>dei</strong> culi del mondo<br />

intero.<br />

> si domandò. E taliava la minne enormi fare su è giù.<br />

A questa domanda ci vinni incontro Eolo. Con una folata di scirocco sollevò la<br />

tunica alla picciotta e la mise col culo di fora. E non solo quello.<br />

><br />

Andò a vedere <strong>il</strong> davanti.<br />

><br />

Si livau la tunica e <strong>il</strong> cingiphallus. Si stese davanti alla picciotta e ci appoggiò<br />

l’aggeggio sulla panza. Poi, piano piano , ci lu fici passare tra li minni e portò la<br />

coppola della sua minchia all’altezza della testa della bella Lotide. Chidda si<br />

l’abbracciò. Ci parse di avere a che fare con <strong>il</strong> suo giocattolo preferito.<br />

Era allora d’uso regalare ai picciriddi un pupazzetto sicco e longo ma cu na testa<br />

ranni chiamato “Apollo custode” che ci facia compagnia durante <strong>il</strong> sonno.<br />

Lotide si lu strinse forte con le braccia e con le tettone virginali . <strong>Priapo</strong> facia su e<br />

giù tra quelle collinette in fiore. Poi si mise in modo tale ca ci piazzau la cappella<br />

davanti alla boccuccia innocente. Lotide, pinsannu ca si trattava della testa ranni di<br />

Apollo custode, ci desi tanti bacetti. Tutto nel sonno. E nel sonno sentì Apollo<br />

custode, ca si facia la pipì.<br />

> pinsò intanto che Morfeo la<br />

cullava. E sempre dormendo si alliccò nu tanticchia di quella pipì.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> cantò tra sé e sé.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> si liberò da quella posizione scomoda ma piacevole. E si sistemò dietro alla<br />

picciotta. Con la punta dell’aggeggio puntata contro <strong>il</strong> fiorellino. Lo sentiva bello,<br />

caldo e tremante. Lo sentiva come un velo che si opponeva al suo ingresso. E pinsava


a come fare.. a come dare la spinta giusta senza farle male.. magari senza svegliarla..<br />

finalmente si addecise..<br />

><br />

E si posizionò per compiere l’audace impresa. Ma proprio in quel momento<br />

Astrolabia ragliò. Forte come non mai. Risultato: Lotide si svegliò e, sentendosi<br />

qualcosa di strano tra le gambe, schizzò in piedi. E a vedere quella minchia si mise a<br />

gridare.<br />

><br />

Poi taliò meglio.<br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

Ma intanto Lotide era come paralizzata. E <strong>Priapo</strong> ci rimise la cosa tra le gambe. A<br />

vedere quella bestia tra le gambe Lotide fu pigliata da tale spavento che per un attimo<br />

restò bloccata. Poi si mise a correre muta come un pesce ma veloce come una<br />

leonessa incazzata. Se necessario avrebbe anche corso la maratona e fatto <strong>il</strong> record,<br />

tanto era lo spavento . Per paura di essere inseguita , raggiunta e poi impalata chiese<br />

agli <strong>dei</strong> di essere trasformata in qualsiasi cosa. <strong>Priapo</strong> l’inseguì tenendosi con le mani<br />

la bestia..<br />

><br />

Ma lei scappava. Si girava , taliava e continuava a correre.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> continuò Lotide scappando ><br />

><br />

><br />

E intanto scappava. Verso la liberta, per sfuggire alla trapanatura.<br />

><br />

La carusa rise, inciampò, cadde, si rialzò e scappò di nuovo.<br />

><br />

E si mise a correre chiù forte.<br />

>


E Lotide continuava a scappare, e <strong>Priapo</strong> ad inseguirla. Quella era nuda e con le mani<br />

si tinia li minni. Per non farli troppo abballari. <strong>Priapo</strong>, nudo anche lui, con le mani si<br />

tinia l’aceddu... per non farlo abballare, per non sbatterlo a destra e a sinistra...<br />

><br />

><br />

><br />

Ma Lotide scappava ancora. <strong>Priapo</strong> da parte sua si stava avvicinando<br />

pericolosamente. E quannu fu vicino ittau un sauto e .. e non l’acchiappò.. perchè<br />

Lotide sautò pure.. e <strong>Priapo</strong> finì dintra una bella cacata di sceccu.. la pigliò di culo<br />

facendo centro.<br />

><br />

Lotide si girò per taliare. Rise assai nel vedere <strong>Priapo</strong> che imprecava assittato su<br />

una bella cacata.<br />

><br />

La donna rideva e le sue tette abballavano che erano uno spettacolo. <strong>Priapo</strong> si susiu e<br />

col culo merdoso si avvicinò alla femmina. E quannu ci fu vicino con un sauto ci si<br />

ittau di supra. Lotide finì a terra con <strong>Priapo</strong> assittato sulla panza che con le mani le<br />

arriminava lai minni. La ciolla divina puntava al cielo. Lotide si intise persa ma da<br />

ammuccaparticoli nata e cresciuta continuò ad invocare Pallade Atena e Artemide.<br />

<strong>Priapo</strong> ci arriminava sempre li minni mentre la ciolla lentamente atterrò tra quei seni.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<strong>Priapo</strong> fici lentamente scendere la ciolla verso <strong>il</strong> basso. Lotide sentì la cappella<br />

passare tra i seni, poi supra lu biddico e quindi sostare sul triangolo peloso..<br />

><br />

La ciolla adesso era davanti al portuso. Facia pressione. Le mani del <strong>dio</strong> invece ci<br />

arriminavano sempre e soltanto li minni e ci tiravano li capiccia tisi. Lotide sentì la<br />

coppola contro la f<strong>il</strong>azza. Taliò la facci di <strong>Priapo</strong>. Aveva gli occhi chiusi ma lo<br />

sguardo chino di libidine, di carica e potenza e voglia di sesso..<br />

> gridò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

Lotide sentì la coppola premere contro la sua imene intatta.<br />


ci siete. Se ci siete fermate stu cazzu. O meglio, trasformatemi in quel minchia che<br />

volete.. ma salvatemi dal disonore...>><br />

Lotide addivintau na maccia di loti. Gli <strong>dei</strong> la trasformarono in pianta di loto.. E<br />

<strong>Priapo</strong> si trovò con due loti nelle mani e con la ciolla ficcata dintra un portuso del<br />

tronco della maccia.<br />

> disse <strong>il</strong> <strong>dio</strong> che per <strong>il</strong> dolore<br />

stringiu assai i due loti che teneva in mano facendoli scoppiare.<br />

><br />

Allora aprì gli occhi e capì. Quelle buttane mancate di Artemide e di Pallade Atena<br />

avevano trasformato Lotide in una maccia...<br />

Il loto è un bel frutto ma le sue dimensioni riproducono le palle di <strong>Priapo</strong>.. oltre alle<br />

tette di Lotide.<br />

“ I baddi di diu.. li minni di la picciotta” li chiamano ancora a livello popolare.<br />

<strong>Priapo</strong> invece vinni dintra <strong>il</strong> tronco. Poi, , rimasto con <strong>il</strong> pititto di pacchio, si mise a<br />

santiare cantannu:<br />

><br />

Ad un certo puntò si alzò. Dopo essersi fatto <strong>il</strong> tronco della maccia di loto. Il culo<br />

merdoso. Le mani fatte di lotto sfatto, la ciolla ingrasciata di simenta, la testa cina di<br />

rabbia.. a colpi di minchia fici cariri tutti li frutti di la maccia.. tutti li loti.. ci si<br />

catafuttiu di supra e li scassau a unu a uno.. a colpi di minchia naturalmente.<br />

Poi assicutò quella scassacazzi di Astrolabia e ci ni desi quattro nel culetto peloso.<br />

Ma siccome era arrapato, non avendo pacchio di donna, s’inf<strong>il</strong>ò nel pacchio dello<br />

scecca.


Astrolabia era solo una asinella giovane e bella. Ma dal comportamento particolare.<br />

Sfuggiva la compagnia <strong>dei</strong> suoi sim<strong>il</strong>i e correva sempre appresso al suo guardiano.<br />

Praticamente Astrolabia era innamorata di quello sceccu che camminava su due piedi<br />

e non su quattro zampe.. stissu pelame ma con una ciolla più grande <strong>dei</strong> masculi della<br />

sua razza.. della sua specie...<br />

Pertanto Astrolabia ci curria sempre appresso come un cane fedele. Tanto che spesso<br />

si facevano delle chiacchierate infinite. <strong>Priapo</strong> parlava a gesti e Astrolabia ci<br />

arrispondeva con la testa o con le orecchie. O ragliando. Insomma, i due si capivano.<br />

Quel giorno aveva ragliato per la troppa gelosia. Il suo guardiano stava per passare<br />

quella cosa a quella ragazza e non a lei che la desiderava da tempo. Anche lei era<br />

vergine e continuava a rifiutare la corte di tanti scecchi che la ass<strong>il</strong>lavano. Rifiutava<br />

anche la corte di Sceccheracle , lu sceccu più forte e cazzuto dell’intera comunità. Lei<br />

voleva <strong>Priapo</strong> e quello sdisanuratu voleva n’autra. Per questo aveva ragliato con tutta<br />

la forza che aveva in corpo. E fatto così scappare la carusa. Ovvero la scecca sp<strong>il</strong>ata.<br />

<strong>Priapo</strong> ci li desi di santa ragione . Ma lei non pianse. Poi <strong>Priapo</strong> ci desi pure quella<br />

cosa che lei aspettava da tempo. E Astrolabia fu arcicontentissima.<br />

Dopo la facenna, stanc’assai com’era, <strong>Priapo</strong> si arriposò.<br />

<strong>Priapo</strong> si ricordò che Astrolabia lo perseguitava da tempo. Lui si n’era accorto quella<br />

volta che si era svegliato di colpo, venendo, in preda all’eccitazione più straziante. Si<br />

sentiva leccare ma non riusciva a capire chi fosse l’operatrice . Comunque operava<br />

bene. E venendo si arrispigliò.<br />

E s’era trovato Astrolabia che gli alliccava l’uccello insementato.<br />

><br />

A taliarsi la scena del pompino c’era rimasto per tutto <strong>il</strong> tempo Sceccheracle che nel<br />

suo asinino cuore d’innamorato avia giurato minnitta.<br />

E pochi giorni dopo <strong>il</strong> pompino scecchico Sceccheracle avia trovato <strong>il</strong> <strong>dio</strong> che<br />

dormiva nudo e a pancia in giù. E ci avia sbattuto la sua minchia scicchigno in<br />

bocca.<br />

> aveva gridato <strong>Priapo</strong> svegliandosi. Si era pulito <strong>il</strong> musso<br />

e l’aveva bastonato alla grande.<br />

Finalmente si addormentò. Felice sognò di metterla in culo a Lotide. Tinia la carusa<br />

sotto e ci lu mordicchiava. Un mozzicone a destra e uno a sinistra. Poi una alliccata<br />

di qua e una di là. E infine nel mezzo. Tra una chiappa e l’altra.<br />

Ma intanto che lui sognava c’era Sceccheracle che ci alliccava <strong>il</strong> culo a lui. E se<br />

quello di <strong>Priapo</strong> era un alliccare nel sogno, quello di Sceccheracle era un<br />

alliccamento reale.. Con tanto di lingua ci lu alliccava. E <strong>Priapo</strong> si muoveva a quel<br />

ritmo. Ci piacia quella lingua enorme che ci alliccava <strong>il</strong> sederino. Quannu quello<br />

iniziava una linguata, <strong>Priapo</strong> nel sonno si inarcava e allontanava le chiappe l’una<br />

dall’altre, e sentiva la lingua anche nel buchetto del culo. Ma nel sogno pinsava di<br />

essere lui l’alliccatore . E i movimenti reali che lui faceva involontariamente, nel<br />

sogno li faceva <strong>il</strong> culo di Lotide. E quannu Sceccheracle ci alliccò <strong>il</strong> buco del culo


ealmente, lui nel sogno ci alliccava la stessa cosa a Lotide. Ma <strong>il</strong> bello doveva<br />

ancora venire. Nel sogno <strong>Priapo</strong> si preparò a metterla nel sedere a Lotide, nella realtà<br />

fu lu sceccu ca ci piazzò la ciolla nel culo. Pronto per fare <strong>il</strong> botto. D’altra parte aveva<br />

promesso vendetta.<br />

> pinsò Sceccheracle.<br />

E quannu nel sogno <strong>Priapo</strong> ci la trasio a Lotide , nel rinculare sentì una pressione<br />

contro <strong>il</strong> suo. Ma non ci fece caso. Si arrispigliò perchè Astrolabia si era messa a<br />

ragliare di santa ragione. E di botto era slittato in avanti. Per un pelo di minchia<br />

umana s’era salvato da una minchia di scecco. E <strong>Priapo</strong>, pigliato da rabbi<br />

infinitamente divina, aveva inculato Sceccheracle. Lo aveva fatto piangere come nu<br />

picciriddu. E Sceccheracle avia promesso minnitta. La storia andava avanti. Ma Elio,<br />

che da lontano avia visto tutta la scena, la contò a tutto l’Olimpazzo. Qualche <strong>dio</strong><br />

chiacchierone la contò a qualche terrestre e tutto l’orbe vinni a sapiri dell’increscioso<br />

fatto.<br />

Per questo, quannu vedevano a <strong>Priapo</strong>, tutti ci dicevano:><br />

Al concorso letterario Pattuallopolis, la giuria , presieduta dalla scrittrice Fiorettam ,<br />

desi <strong>il</strong> premio all’opera di Santhokriso, Cent’anni da Priapazzo. La scrittrice era<br />

italiana d’italia e non italiana di sic<strong>il</strong>ia, secondo la teoria di un noto ideologo<br />

sic<strong>il</strong>iano,<br />

La sera della premiazione, <strong>il</strong> re della polis disse ai vincitori:<br />

><br />

In quel momento, <strong>Priapo</strong>, che era tra <strong>il</strong> pubblico sotto mentite spoglie, attaccau a<br />

cantare un motivetto classico molto famoso e bellissimo.<br />

><br />

Adesso <strong>Priapo</strong> era un bell’uomo, grazie alla sp<strong>il</strong>atura. E spesso pinsava a quello<br />

scecco vendicatore. Sapeva che la minnitta incombeva. Astrolabia era sempre<br />

innamorata di lui e Sceccheracle sempre chiù geloso. Ma non li vedeva da tempo. Lui<br />

non faceva più <strong>il</strong> guardiano e neanche <strong>il</strong> giustiziere. E poi, sp<strong>il</strong>ato com’era, sarebbe<br />

ancora piaciuto a Astrolabia? E Sceccheracle , aveva ancora intenzione di fari la<br />

minnitta.<br />

Un giorno, nel bosco di Mynkyalonya, dopo aver assistito a un amplesso<br />

particolarmente focoso tra <strong>il</strong> <strong>dio</strong> scicchigno e una misteriosa dea minchiof<strong>il</strong>a,<br />

Sceccheracle decise di fare minnitta. C’era un qualcosa che lo spingeva, una sorta di<br />

voce interna o altro.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> si vantava di averla chiù granni di qualsiasi scecco ed era vero. Ma adesso<br />

<strong>Priapo</strong> era un bell’uomo e sfondare quel culo doveva essere la sua giusta e doverosa<br />

minnitta. Quannu la dea andò via e <strong>Priapo</strong> si addormentò, Sceccheracle ci iu accanto.<br />

Con la minchia tisa, pronta a fare <strong>il</strong> botto.<br />

Proprio allora era avvenuto <strong>il</strong> miracolo della parola e dell’aceddu novo.


Tutti li scecchi, masculi e fimmini, si erano trovati <strong>il</strong> dono della favella. E i scecchi<br />

mascoli una minchia chiù scicchigna di quella di <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse<br />

piano piano.<br />

Sceccheracle pinsava sempre alla minnitta. Ci alliccò <strong>il</strong> culo a <strong>Priapo</strong>. A quello ci<br />

parse che fosse la dea. E lasciò fare.<br />

Sceccheracle dopo aver alliccato quel culo bello puntò in suo nuovo aceddu verso le<br />

chiappe. Pronto a fare la trionfale trasuta. Anche per sperimentare <strong>il</strong> nuovo aggeggio.<br />

<strong>Priapo</strong> ad un certo punto sentì na cosa nova che cercava di intrufolarsi tra le sue belle<br />

chiappette.<br />

si chiese in<br />

sogno.<br />

Manco <strong>il</strong> tempo di farsi la domanda che la risposta fu chiara . Qualcosa stava per<br />

ficcarsi nel suo culo. Si svegliò di botto. Nello stesso istante una voce femmin<strong>il</strong>e mai<br />

sentita gridò:<br />

><br />

Schizzò in avanti e si mise additta in un amen.<br />

<br />

> rispose Sceccheracle.<br />

> si chiese a voce<br />

alta <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse la voce femminina di prima.<br />

><br />

><br />

E la scecca si affacciò. <strong>Priapo</strong> restò a bocca aperta e a minchia tisa mentre <strong>il</strong> suo culo<br />

facia ancora giacomo giacomo pi lu scantu ca s’era pigliato.<br />

> aggiunse Sceccheracle.


><br />

><br />

Litigarono un po’ sotto gli occhi innamorati di Astrolabia. Litigarono con tutto quello<br />

che avevano. Litigarono anche a colpi d’aceddu. Fu una bella cazzomachia.<br />

Ci fu un momento che <strong>Priapo</strong> finì sotto, a pancia in giù. Sceccheracle ne approfittò<br />

per bloccarlo. Poi ci piazzò la ciolla contro <strong>il</strong> culo e si preparò all’assalto finale.<br />

< < E fatta <strong>Priapo</strong> bello.. <strong>il</strong> tuo culo se lo mangerà <strong>il</strong> mio uccello..>><br />

Astrolabia capendo che stava per succedere l’irreparab<strong>il</strong>e si ittau addosso a<br />

Sceccheracle e lo fece cadere. <strong>Priapo</strong> ne approfittò per rimettersi in piedi. Incazzato<br />

nero e pronto a tutto.<br />

> gridò.<br />

Con un salto si abbrancicò allo scecco. Fu come pigliare la mira e fare centro. Con le<br />

mani si appinniu al pelo, con la bocca fece altrettanto . Ma <strong>il</strong> punto d’appoggiò<br />

importante fu la minchia che trasiu sana sana in culo all’asino. Le gambe invece<br />

pinneunu per aria.<br />

> gridò Sceccheracle e si mise a saltare per scrollarsi di dosso a <strong>Priapo</strong>.<br />

Soprattutto per liberarisi di quella cosa che ci stava nel sedere. Sautò alla sanfasò ma<br />

non riuscì a liberarsi. Fac<strong>il</strong>itava invece <strong>il</strong> trasi e nesci.. E alla fine <strong>Priapo</strong> lo innaffiò<br />

col suo latte di brigghiu. Per la seconda volta la minchia divina era finita nel suo<br />

sedere.<br />

Astrolabia si taliò la scena e rise. Sceccheracle promise ancora minnitta.<br />

Continuarono a litigare. Ma non si misero d’accordo.<br />

Decisero di affidarsi a una giuria formata metà da scecche e metà da donne. Dopo<br />

misurazioni accurate fu st<strong>il</strong>ato <strong>il</strong> verdetto.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> pianse una notte intera. Sceccheracle fu contento di quella sentenza. Anche se<br />

era stato sodomizzato, la sua minchia e quella degli asini in generale erano<br />

considerati i genitali per eccellenza dell’universo.<br />

> gridavano gli asini.<br />

Quelle parole erano coltellate amare al cuore, al ciriveddu e soprattutto alla minchia<br />

di <strong>Priapo</strong>. E <strong>Priapo</strong> pianse. Con accanto l’innamorata bell’asinella Astrolabia che<br />

voleva anche consolarlo. A parole e non solo. <strong>Priapo</strong> rifiutò tutto. Pianse solo e basta.<br />

Ma cantò anche, cantò assai assai addolorato.<br />


Il primato della minchia più non ho..<br />

Di me e della mia ciolla ho pietà...<br />

Barbari <strong>dei</strong> che fate <strong>il</strong> fato..<br />

Vorrei incularvi e lo farò..<br />

Incazzato son ma la minchia va..<br />

Fuori la voce uscir non può..<br />

Ma la ciolla ci la fa..<br />

Che fare? Io qualche cosa farò..<br />

Sia detta la verità..<br />

Anche se <strong>il</strong> primato del brigghiu più non ho<br />

La mia minchia a tutti in culo andrà...>><br />

Secondo Mhassymylyano da Munipuzos, che lo racconta poeticamente nel Carmen<br />

XXIIX, quella volta la minchia di <strong>Priapo</strong> parlò al suo padrone.<br />

><br />

Quella notte stessa Dioniso parlo al mondo asinino.<br />

><br />

I maschi si talianu in facci e si impegnarono in una discussione senza fine…erano<br />

indecisi tra la parola e l’altra.. Le ore passavano veloci ed Elio stava per sorgere. I<br />

scecchi mascoli non se ne rendevano neanche conto.. ma stavano per perdere tutto..<br />

Le scecche vedendo che la situazione stava precipitando si talianu na la facci. E si<br />

capenu in un amen…e in massa votarono per <strong>il</strong> nuovo modello d’uccello.<br />

Chiacchieravano ancora i mascoli quando persero di colpo <strong>il</strong> dono della parola ma<br />

conservarono l’altra dote. Grazie alle femmine.<br />

<strong>Priapo</strong> invece , per non santiare ancora, cantava. Cantava maledicendo gli asini.<br />


Che ti fischia intorno intorno..<br />

Sulla tua ciolla in questo giorno<br />

Il suo fulmine cadrà..>><br />

Lo scrittore Santhokriso aveva vinto <strong>il</strong> primo premio al Pattuallopolis con la sua<br />

opera prima Cent’anni da Priapazzo.<br />

Ma adesso era iniziato <strong>il</strong> bello. Il premio non arrivava.<br />

> si chiedeva la gente.<br />

> diceva qualcuno.<br />

> dicevano altri.<br />

Infatti, in una polis della zona, Karleontinoi, continuavano la vicende comicosatiriche<br />

relative al concorso letterario Pattuallopolis. Nato in fretta ma bello sulla<br />

carta era finito male.<br />

Aveva vinto, come detto, uno scrittore di Munipuzos, certo Santhokriso, con <strong>il</strong><br />

romanzo dialettale in versi intitolato Cent’anni da Priapazzo.<br />

Si raccontava, con un linguaggio libero da briglie burocratiche, morali e religiose,<br />

quello che <strong>Priapo</strong> aveva fatto nel suo primo secolo di vita. Bello sulla carta <strong>il</strong><br />

concorso.. ma poco bello <strong>il</strong> dopo concorso.<br />

La seconda arrivata che veniva da Neapolis era stata saldata , e <strong>il</strong> primo no . Altri che<br />

venivamo dalla cosiddetta Italia furono anche loro saldati. Qualcuno disse “ Per fare<br />

bella figura con gli stranieri…”<br />

Scoppiò anche una ennesima lite tra <strong>il</strong> re di quel paese, Guerrigliorum primo, e <strong>il</strong><br />

governatore del premio Pattuallopolis, <strong>il</strong> cittadino Tocchus.<br />

><br />

><br />

><br />

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><br />

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><br />

><br />

><br />

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><br />

><br />

La gente rideva.<br />

><br />

Molti la misero sul politico.


><br />

><br />

Ma <strong>il</strong> dibattito aveva evidenziato altre cose. E la gente chiacchierava e rideva.<br />

><br />

><br />

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><br />

><br />

><br />

Tutta la Sic<strong>il</strong>ia rise .. ma risero pure fuori.. la voce curria.. e curria veloce…<br />

Lo scrittore incazzato invocò tutti gli <strong>dei</strong> dell’Olimpazzo.<br />

><br />

Adesso lo scrittore aveva minacciato di incatenarsi al portone della reggia. E tutti<br />

erano in attesa di vedeva quannu incominciava lo sputtanamento di questa storia di<br />

mala Magna Grecia. Di mala Trinacria. Di mala Sic<strong>il</strong>ia.<br />

In fondo, una storia così a cazzo di cane non si vedeva da tempo…<br />

Risero pure gli abitanti dell’Olimpazzo… rise come un pazzo anche <strong>Priapo</strong> che era<br />

curiusu di sapiri la verità.<br />

Il re di quel paese diceva addirittura che Santhokriso facia parlare male della<br />

Sic<strong>il</strong>ia... altri dicevano altre cose... l’unica persona solidale con lo scrittore era una<br />

letterata , per fortuna non sic<strong>il</strong>iana, la signora Fiorettam. Che di quel premio era stata<br />

prestigiosa e indipendente presidente della giuria. Libera cittadina e libera pensatrice.<br />

> dissero in<br />

tanti.<br />

<strong>Priapo</strong>, contento per <strong>il</strong> premio dato al romanzo che parlava e sparlava di lu, ma<br />

incazzato per <strong>il</strong> dopo, per scaricarsi <strong>il</strong> firticchio cantò un pezzo di teatro tratto dal<br />

famoso “ Don Giuvannieddu” di Amazeus.“<br />

>


A Parte questo <strong>Priapo</strong> rivoleva <strong>il</strong> suo primato minchionino e la sottomissione degli<br />

scecchi.<br />

Il primato sapeva già come averlo. La sottomissione degli scecchi anche. Se per<br />

riconquistare <strong>il</strong> primo gli occorreva l’aiuto di una persona, per sottomettere gli asini<br />

ci voleva l’aiuto di una comunità. E lui aveva già in testa l’uno e l’altro.<br />

L’uno era un professionista, l’altra quanto prima avrebbe avuto bisogno del suo aiuto.<br />

Po c’era da organizzare la minnitta contro Artemide e Pallade Atena, le due lesbiche<br />

dell’Olimpazzo. E anche quella contro <strong>il</strong> <strong>dio</strong> che aveva organizzato lo scherzetto “ Il<br />

miracolo della favella e della nuova ciolla agli asini”. Ma non sapeva chi era <strong>il</strong><br />

colpevole. Naturalmente ci stava poi <strong>il</strong> suo piano segreto da portare avanti.<br />

Decise di risolvere subito la questione del primato.<br />

><br />

<br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E Asclepio fece l’intervento. <strong>Priapo</strong> ridiventò la protominchia dell’universo.<br />

Canto felicissimo:<br />

><br />

Zeus s’incazzava spesso. E faceva puntualmente danno. A vedere certe minchiate<br />

grosse s’incazzava.<br />

><br />

Ci l’avia con le troppe cose storte che vedeva. La storia del premio Pattuallopolis<br />

l’aveva fatto ridere..<br />

> disse Zeus taliando <strong>il</strong> compagno di letto.<br />

Zeus s’era anche chiesto:<br />

>


Taliava in giro e vedeva solo cose storte...<br />

Pinsò di fare come quella volta che mannò acqua alla sanfasò e fece annegare tutti e<br />

tutto.. o meglio quasi tutti .. almeno nella zona di sua competenza.. anche se in quello<br />

stesso periodo un suo collega faceva la stessa la cosa...<br />

Quella volta era talmente incazzato, con Prometeo in primis, ma con tanti altri in<br />

secundis, che era sceso, in veste di poverello, in Trinacria, per vedere se ci stava<br />

almeno un uomo giusto.. uno non lo trovò.. o meglio , una coppia la trovò..<br />

giustamente la salvò... poi scatenò l’inferno o tartaro dir si voglia... e come detto da<br />

n’autra parte un altro <strong>dio</strong> facia la stessa cosa… Tornò nell’Olimpo mentre la morte e<br />

la distruzione lavoravano a pieno ritmo.. Zeus stava sterminando <strong>il</strong> genere umano…<br />

Quella volta infatti <strong>il</strong> mare nostrum crisciu di livello e allagau tutto ....<br />

Dall’alto dell’Olimpazzo Zeus rise... Aveva valutato varie ipotesi di distruzione di<br />

massa. Con la folgore era troppo faticoso, un terremoto era l’ideale ma Poseidone ci<br />

disse che era troppo complesso smuovere tutto . Efesto ci disse che non poteva<br />

azionare tutti i vulcani in una volta ,era diffic<strong>il</strong>e alimentarli all’unisono. Eolo non<br />

poteva scatenare tutti i venti contemporaneamente..<br />

Decise di fare da solo <strong>il</strong> suo d<strong>il</strong>uvio universale..<br />

Solo <strong>il</strong> figlio di Prometeo, Deucalione, con la sua signora si salvò.. perché su<br />

suggerimento del padre costruì una bella arca..<br />

In un’altra parte della terra ci fu, come detto, un altro d<strong>il</strong>uvio organizzato da un altro<br />

<strong>dio</strong>.. anche qui si costruì una bella arca e Noè e i suoi si salvarono. Questi per ordine<br />

del loro <strong>dio</strong>.. Quel tale Noè poi è imparentato con di Dioniso per via del vino..<br />

Pare comunque che qualche altro furbetto si salvò …<br />

Deucalione e consorte, gettando simboliche ossa, diedero origine ai nuovi viventi.<br />

Deucalione ai mascoli.. Pirra, sua moglie, alle femmine…<br />

<strong>Priapo</strong> pigliò le sembianze di Artemide e dopo aver somministrato una sostanza<br />

allucinogena a Pallade Atena si la futtiu.<br />

><br />

><br />

E come dice <strong>il</strong> detto popolare<br />

“ Ci lu sunau nel paparaciannu<br />

facennu e dinni, e donni e dannu..”<br />

Pallade Atena non capì un cazzo.<br />

Fatta la minnitta uno, ci stava la due. Pigliate le sembianze di Pallade Atena si futtiu<br />

ad Artemide. Con lo stesso rituale.<br />

E come dice n’autro detto popolare<br />

“ Era nicu e ci lu fici ranni,<br />

ci lu allargau da tutti li banni.<br />

Era na stanza e ni fici nu saluni<br />

col suo grande minchiuni..>><br />

Ma sia Artemide che Pallade Atena erano convinte che la grandezza del clitoride<br />

fosse stato solo un effetto allucinogeno. Fino a quando non scoprirono di essere


incinte... e parranu parrannu capenu ca qualche figlio di buttana dell’Olimpazzo ci<br />

l’avia misu in cunnu facendo finta che quella minchia che ci passava fosse in realtà ..<br />

<strong>il</strong> clitoride dell’amata.<br />

Allora partirono per un viaggio... verso l’estremo nord... e lì partorirono due<br />

picciriddi bellissimi ma con una minchia enorme...<br />

Capirono allora chi era <strong>il</strong> padre..<br />

> dissero in coro<br />

Lassanu là li carusi. Tra gli Iperborei . Per farne i padri degli Iperminchionei.. o<br />

Ipercazzei .. o Iperciollei...<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos taliando e studiando <strong>il</strong> nuovo <strong>Priapo</strong> bello e<br />

minchiuto disse:<br />

><br />

Lo scrittore Santhokriso si propose di scrivere una serie dedicata a <strong>Priapo</strong>. Dopo<br />

Cent’anni da Priapazzo, sarebbe stata la volta di Minciazza, Il mistero di <strong>Priapo</strong><br />

sp<strong>il</strong>ato, Un portuso per <strong>Priapo</strong>, La simenta di <strong>Priapo</strong>, Phallus gloriosus, La<br />

cazzicatumm<strong>il</strong>a di <strong>Priapo</strong> , Missione <strong>Priapo</strong> Pentamegisto <strong>Priapo</strong> uommino tra<br />

mezzomini, uminicchi, piglianculo e quaquaraquà, <strong>Priapo</strong> e la Papessa Marozia, Le<br />

priapomachie e la monacazzopitechedda, <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> sminciaciatu e le raccolte di<br />

racconti Le coppole dello zio <strong>Priapo</strong> e Cunnomentulapriapomachie.<br />

Mhassymylyano da Munipuzos scrisse <strong>il</strong> solito Carmen in latino, lingua che<br />

padroneggiava con sicurezza insicura e capacità incapace. Dopotutto <strong>il</strong> poeta<br />

Mhassymylyano da Munipuzos era figlioccio di quello sdisanorato dello scrittore<br />

Santhokriso. Infatti lo scrittore ci avia fatto da padrino in una cerimonia detta<br />

Criscimogna. La Criscimogna era un rito laico che celebrava <strong>il</strong> passaggio dal liceo<br />

inferiore di tre anni al liceo superiore che durava cinque anni..<br />

Criscimogna in termine tecnico è <strong>il</strong> nome del vaso unni si conserva <strong>il</strong> lievito per fare<br />

<strong>il</strong> pane. E come sapete <strong>il</strong> lievito fa vunciari l’impasto....Pertanto durante la cerimonia<br />

della Criscimogna <strong>il</strong> celebrante, un sacerdote della dea Kriscinmona, somministrava a<br />

tutti nu tanticchia di Criscimogna sulla testa. Praticamente nu tanticchia di lievito. E<br />

poi, per non fare cadere la Criscimogna a terra, <strong>il</strong> sacerdote ci dava un simbolico<br />

schiaffetto, nu tumbuluni, per fare attecchire meglio <strong>il</strong> lievito.<br />

> si era chiesto <strong>il</strong> Santhokriso.<br />

> si era risposto da sé.<br />

Niente. Rituale era e basta. Cosi come <strong>il</strong> lievito fa crescere l’impasto, questo<br />

tanticchia di lievito doveva far crescere <strong>il</strong> ricevente sia di testa che di corpo.


Nel caso del sommo poeta , famoso per i Carmina Priapea , tutto era cresciuto . Tutto<br />

tutto tranne <strong>il</strong> bagaglio di conoscenze della lingua latina e poi di una lingua astrusa,<br />

una lingua poco conosciuta parlata da una popolazione barbare dell’estremo nord,<br />

una lingua chiamata “ inglesorum.”<br />

Era diventata una moda questa nuova lingua. E pare che in futuro, a sentire gli<br />

oracoli, l’inglesorum sarebbe diventata una lingua parlatissima...<br />

Tutto era cresciuto in Mhassymylyano da Munipuzos.. tranne l’amore, la passione, la<br />

voglia di approfondire <strong>il</strong> latino e l’inglesorum...<br />

Era aumentata anche la capacità di litigare con la mamma..<br />

Comunque in questa occasione scrisse <strong>il</strong> solito Carmen . Il XXXVII.<br />

><br />

Santhokriso scriveva in dialetto perchè non conosceva l’italiano, e <strong>il</strong> poeta , presa la<br />

palla al volo , disse:<br />

><br />

La fama è maldicenti ed anche pazza;<br />

Sbogghia li pinni e poi lu culu appizza;<br />

Già lu raccunta a Giovi e lu strapazza,<br />

E ccu lu diri so l’accende e attizza:<br />

Lu diu supremu subito s’incazza,<br />

Si metti a santiari pri la stizza;<br />

Pinsau di poi , e tutta l’ira smorza,<br />

D’unirsi ad iddi e a parrai s’inforza,<br />

Si vidunu arrivari , in atti <strong>il</strong>liciti,<br />

Strazzatu ognunu e ccu lu cazzu tisu;<br />

Chi cc’è? cci dici: vi faciti liciti<br />

Fari sti cosi, senza darmi avvisu?<br />

Chiù non si pigghia a mia lu benediciti,<br />

Menzi culiddi di lu paradisu?<br />

Chisu davanti a mia sti cazzi in autu?<br />

Chi vi mancia la garra, o siti in sautu?<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>


V. Agaminkione da dove viene?<br />

Iu ccu vuatri non vogghiu cummattiri,<br />

Si no vi mannu a farivi strafuttiri!<br />

L’alma, dissi la dia , mi sentu sbattiri,<br />

Papà, non aju ciatu, ‘un pozzu agghiuttiri<br />

Ch’era locca oimè d’occhi fra un battiri,<br />

Ognunu mi dicia lassiti futtiri:<br />

Sta cosa nun cumprennu in verità;<br />

Futtiri, chi significa, papà?<br />

Ah! becchi strafuttuti, vastasuna,<br />

Grida arraggiatu come tigri ircana,<br />

Cussì si tratta ccu la mia pirsuna,<br />

Veri garrusi e figghi di buttana?<br />

La pigghiastivu forsi, o gran minchiuna,<br />

Pri la Baciccia , o pri la Girgintana?<br />

Vi pari cosa di numi perfetti<br />

Scannaliari li picciotti schetti?<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

Tantalo, <strong>il</strong> seme originario<br />

Da quali antichi testicoli discendono Agaminkione e Menelao? Lunga , anzi<br />

lunghissima e tragica, cina di sangue e autri violenze è codesta storia. La mamma di<br />

tutte le tragedie. E siccome la mamma è sempre incinta, è chiaro che farà nascere<br />

altre tragedie.<br />

“ Sangu ciama sangu” dicevano sia in Grecia che nella Magna Grecia.<br />

All’origine ci stanno i coglioni di Tantalo. Figlio di Zeus e della titanessa Pluto .<br />

“Tantalou talenta . I talenti di Tantalo.” era un modo di dire.<br />

Spesso Tantalo veniva invitato a pranzare o cenare nell’Olimpo, naturalmente a base<br />

di nettare , ambrosia, sticchiosia e minchiosia ( queste ultime due facevano bene agli<br />

organi sessuali); e soprattutto a base di “ Divino Oinos”. Tantalo era a conoscenza di<br />

tutti i pettegolezzi divini e forse anche immischiato in qualche storia con qualche<br />

sacro cunno o fallo. Che alle dee ci piacia ogni tanto farsi incunnare da una minchia<br />

terrestre. Agli <strong>dei</strong> invece ci piacia sia dare che ricevere. Naturalmente ognuno dacia<br />

quello che avia. Il <strong>dio</strong> dava la sua la sua ciolla divina , l’uomo la sua ciolla umana.<br />

Ma era anche arrogante e imbroglione. Infatti arrubbau pure nu tanticchia del sacro<br />

cibo, soprattutto sticchiosia , minchiosia e “ Divino Oinos”. Lo faceva per farsi bello<br />

con i suoi amici. E poi cuntava a tutti li fatti di la ciolla del capo<strong>dio</strong>. Li cuntava agli<br />

uomini. E non solo quelli. Tutto in corname celeste lui lo raccontava a tutti. Ma la<br />

minchiata grossa la combinò quando invitati gli <strong>dei</strong> a mangiare a casa sua, per<br />

mancanza di cibo e altro, ci cucinau a suo figlio Pelope fatto a spezzatino.


Pelope, “ l’uomo che ama <strong>il</strong> pelo”. Nessun <strong>dio</strong> mangiò quella carne, a parte la<br />

pensierosa Demetra che era addolorata assai per la sua Proserpina. Si mangiò la dea,<br />

involontariamente, la ciolla del picciotto. Ci parse un pezzo di sasizza.<br />

><br />

> ci disse Zeus.<br />

> si addumannò Demetra.<br />

<br />

A un certo punto i pezzi furono assemblati per ordine divino. Ma mancava<br />

giustamente mancava un pezzo. Allora Demetra, per liberarsi del senso di colpa, fici<br />

una ciolla d’avorio e ci la misi nel punto dove andava messa.<br />

> disse Demetra.<br />

Pelope riebbe la via. Chiù beddu di prima. Cu la carne rosea e la ciolla d’avorio<br />

sempre tisa. Tutti vollero taliare <strong>il</strong> nuovo giocattolo del caruso rinato... e tutte le<br />

compagne e i compagni del caruso vollero giocare con nuovo giocattolo.. per Pelope<br />

fu l’inizio di una vita di piacere instancab<strong>il</strong>e.. quella ciolla di dimensioni normali era<br />

davvero inesaurib<strong>il</strong>e...<br />

disse Zeus.<br />

Poseidone invece, nel vedere <strong>il</strong> picciotto, che poi ci vinia nipote, si bello e ignudo, se<br />

ne innamorò e si lu purtò a casa come compagno di iocu e di letto.<br />

><br />

disse Zeus.<br />

Tantalo si attruvò nel Tartaro, attaccato come nu baccalà e immerso nell’acqua dove<br />

nuotava tanta bedda robba da mangiare. Ma quannu l’acqua e <strong>il</strong> cibo arrivavano<br />

vicino alla so ucca e iddu la rapia, l’acqua si ni calava automaticamente e iddu non<br />

poteva né bere né mangiare.<br />

Sempre nell’acqua annatavanu cunni di prima qualità in preda al pititto di ciolla. Ma<br />

anche culi appitittati d’essere sd<strong>il</strong>labbriati e bocche vogliose. Pertanto la sua ciolla<br />

attisava sempre. Ma quannu paria ca la ciolla doveva andare in buca, <strong>il</strong> cunno, o altro<br />

che era, si allontanava.


E inoltre doveva taliare verso l’alto. Un sasso enorme stava in b<strong>il</strong>ico sopra la sua<br />

testa. Paria che da un momento all’altro doveva caririci in testa e schiacciallu. Farlo a<br />

polpetta come lui aveva fatto a spezzatino a suo figlio.<br />

Su questa storia Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Padre figliofago, Mhassymylyano <strong>il</strong><br />

Carmen Tantalo mangiafiglio e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni pi<br />

mangiarisi nu figghiu.<br />

Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda.<br />

><br />

Pelope, l’uomo che ama <strong>il</strong> pelo<br />

Il bel Pelope visse la sua prima storia d’amore con Poseidone. Pelope era l’amato<br />

dalla ciolla d’avorio, Poseidone l’amante col pesce speciale. Ma a volte le parti si<br />

invertivano. Ma tutto passa e va . Ad un certo punto Pelope turnau sulla terra per<br />

curari li so affari. Compresi quelli dell’aceddu . Turnau con un bel dono divino. Una<br />

coppia di cavalli alati. Bello, itifallico, ricco, un buon partito, un mezzo di trasporto<br />

eccezionale e altro. Questo era <strong>il</strong> Pelope che decise di pigliare moglie e che scelse<br />

Ippodamia, la figlia di Enomao.<br />

> pinsava <strong>il</strong><br />

glorioso Pelope dalla minchia d’avorio.<br />

Ma chista carusa era legata al padre che si la pussiriu alla sanfasò. Uno <strong>dei</strong> tanti<br />

incesti del mondo antico. Ma secondo le usanze del tempo era giusta e doverosa cosa<br />

mettere in palio le figlie in età da marito. E darle al vincitore. Che poteva essere<br />

anche un vincitore col trucco. Enomao , per non perdere l’amato pacchio , visto che<br />

possedeva <strong>dei</strong> cavalli speciali guidati dal celebre auriga Mirt<strong>il</strong>o, figlio di Ermes,<br />

prometteva la figlia a chi lo avesse vinto nella corsa. E siccome era invincib<strong>il</strong>e,<br />

vinceva sempre lui; e i pretendenti li ammazzava.<br />

> pinsava nella sua testa<br />

fina.<br />

Enomao, dopo ogni vittoria, si sposava con sua figlia, in una cerimonia segreta in cui<br />

lui, <strong>il</strong> papà, era sia <strong>il</strong> celebrante che lo sposo. E naturalmente , poi, dopo lo sposalizio,<br />

consumava. Era un ciclica ierogamia la sua storia con la figlia.<br />

> ci disse , piano piano, all’orecchia,<br />

Enomao alla figlia.<br />

> rispose quella.<br />

> ci disse all’autra orecchia Pelope.<br />

> rispose la ragazza.<br />

Enomao adesso si proponeva di ammazzare Pelope. E questi di ammazzare <strong>il</strong> futuro<br />

suocero.


pinsò Enomao.<br />

A Ippodamia ci piacia seguire i preparativi. Vedere i masculi denudarsi e ungersi<br />

d’olio era una bella cosa, A lei , a dire <strong>il</strong> vero, ci piacia controllare la parte che di un<br />

mascolo fa un mascolo. Comparava e immaginava. Anche perché lei conosceva<br />

all’opera , nel suo sito, solo quella paterna. E vedere quella ciolla strana di Pelope<br />

colpì <strong>il</strong> suo immaginario collettivo. Spiccava sul roseo della carne quella minchia<br />

color avorio anche nella coppola che generalmente e normalmente è rossa.<br />

> si chiese<br />

Ippodamia.<br />

Ippodamia si avvicinò a Pelope e ci chiese.<br />

> ci chiese , indicando la cosa tisa e chiarissima.<br />

><br />

><br />

si chiese.<br />

E intanto che tutti si preparavano nudi e unti d’olio alla corsa, vedendo quella ciolla<br />

speciale sempre tisa che br<strong>il</strong>lava, Ippodamia addirittura si innamorò del picciotto. E<br />

decise all’stante di sfruttare la passione che Mirt<strong>il</strong>o aveva per lei. Mirt<strong>il</strong>o la spiava da<br />

tempo nei suoi amplessi incestuosi, e la desiderava assai assai da tempo.<br />

Ippodamia , d’accordo con Pelope, ci promise la prima notte di nozze.<br />

><br />

><br />

rispose quello.<br />

Non mi d<strong>il</strong>ungo a contare come e in che cosa consistette <strong>il</strong> piano. Dico solo che<br />

riuscì. Accussì Pelope vinse e Enomao crepò. Mirt<strong>il</strong>o reclamò <strong>il</strong> premio, ma la coppia<br />

si liberò pure di lui. Ippodamia e Pelope ficiro finta di darici <strong>il</strong> premio e invece ci la<br />

misuru nel culo.<br />

><br />

><br />

Rise Ippodamia. Rise anche Mirt<strong>il</strong>o. Ma rise tragicoironicamente nascosto com’era<br />

dietro un paravento anche Pelope.<br />

> dissero insieme<br />

quannu si attruvanu nella camera da letto per preparare l’agguato. Ma in attesa di<br />

lanciare <strong>il</strong> segnale futtenu a minchia cina,


Mirt<strong>il</strong>o arrivò puntuale non appena si stutò la cann<strong>il</strong>a. E si misi a nura. Pronto a<br />

zummiari.<br />

><br />

><br />

Ippodamia improvvisò uno spogliarello. E via questo e via quello e via quell’altro e la<br />

femmina finalmente fu cu lu paparaciannu di fuori. Si annacò come una fimmina in<br />

cauro, e caura ed addumata era, a causa dalle tante inf<strong>il</strong>ate che la ciolla d’avorio ci<br />

avia offerto. Ci fici abbidiri come abballavano li minni e come le natiche<br />

assecondavano quel moto. In questo caso si trattava di minni e natichi soddisfatti,<br />

pertanto lu ballettu era chiù eroticamente erotizzante. Mirt<strong>il</strong>o paria nu pupazzo di<br />

pezza immob<strong>il</strong>e. Sulu lu ciatu ci scia da li purmuna di cursa, l’occhi invece erano<br />

rossissimi. La cosa ca pazziava impaziente era la ciolla, era pronta pi fari trasi e<br />

nesci. Pronta al signali di partenza che Ippodamia ci avia a dari, come da accordo.<br />

Mirt<strong>il</strong>o sì rendeva conto che se questo signali ritardava ancora, iddu non sarebbe chiù<br />

riuscito a trattenersi. E le cose erano due. O ci satava incoddu e la inciollava oppure<br />

vinia in automatico. Oramai la sua ciolla non ne poteva più. Era lì li per venire, per<br />

eruttare, per vomitare, rovesciare, emettere, lanciare fuori , sparare.. lu sculu<br />

dell’amore. Una minata in automatico sarebbe stata , senza mani ma con la forza del<br />

pinsero e di un cunno ispiratore. Decise che era meglio sautarici incoddu. E iniziò a<br />

contare. Da uno a undici... cinqu ita di na manu, cinqu ita dell’altra. Più la ciolla .<br />

Attacco a contare mentalmente e corporalmente.. con la testa e con le mani...<br />

Ippodamia si ni accorse.<br />

><br />

Si portò verso <strong>il</strong> letto e si distese.<br />

><br />

Allargò le cosce e misi in mostra un pacchio tutto inc<strong>il</strong>ippiato dalla simenta di<br />

Pelope. Ma Mirt<strong>il</strong>o preso dallo spasmo fottitorio disse “ e nove.. e dieci “ in un amen.<br />

Se lui era eccitato, anche Pelope, novello sposo, che già aveva assaggiato le<br />

prelibatezze di Ippodamia, stava con la minchia tisa, d’altra parte lo era sempre,<br />

dietro <strong>il</strong> consueto paravento . E tinia anche un desiderio. Che quella sceneggiata della<br />

minnitta fosse durata poco, accussì iddu poteva dare sfogo liberatorio e liberante al<br />

suo pititto. Al sue eros crescente e devastante, portare nu tanticchia di pace a quella<br />

ciolla d’avorio inesaurib<strong>il</strong>e che reclamava <strong>il</strong> calore di un portuso caldo. Fu allora che<br />

Ippodamia gridò:<br />

><br />

Era la frase segnale concordata, La parole d’ordine.<br />

Mirt<strong>il</strong>o, da parte sua, ebbe un attimo di confusione.<br />

><br />

Ma fu solo un attimo. Mirt<strong>il</strong>o si susiu e tuccannisi l’aceddu dissi “ ...e undici..” E si<br />

catafuttiu in mezzo alle cosce della donna. In mezzo a quelle cosce era prevista la sua<br />

morte. Ma nel lancio spasmodico qualcosa non funzionò. La ciolla , intanto che lui<br />

sautava , eiaculò. La simenta finiu addosso a Ippodamia. Mirt<strong>il</strong>o atterrò con la ciolla


sempre tisa davanti al pacchio del donna. La mise in direzione e sentì la f<strong>il</strong>azza<br />

calda.<br />

disse Ippodamia.<br />

Si riferiva a Pelope ma Mirt<strong>il</strong>o lo recepì come un invito ad accomodarsi,<br />

><br />

E ci trasiu piano, con delicatezza aristocratica e sciccheria nob<strong>il</strong>e, quasi con st<strong>il</strong>e<br />

classico ioneggiante, la cappella nel portacappella. Ma qualcosa successe alle sue<br />

spalle. Qualcuno ci fu addosso. E lu tirau annareri. Anziché trasiri Mirt<strong>il</strong>o sciu quel<br />

poco che aveva trasutu. La coppola delal minchia che incunnata s’era si scunnò in un<br />

amen.<br />

><br />

Pi la rabbia Mirt<strong>il</strong>o desi un colpo di culo per liberarsi dell’aggressore. Ma nel fare<br />

questo si autoinculò la ciolla tisa dell’altro. Di botto. Tanto che dalla bocca ci sciu un<br />

grido di dolore. Iu in avanti con rabbia e trasiu la sua cosa nella cosa di Ippodamia.<br />

Di botto, in un amen. Tanto che quella gridò. Ma la ciolla dello sconosciuto ci ristò di<br />

dintra.<br />

> si chiese.<br />

Poi riflette nu tanticchia... quella ciolla era stana.. dura assai e fredda.. a soprattutto<br />

durissima..<br />

> gridò Mirt<strong>il</strong>o.<br />

Ippodamia si stesi zitta, Pelope pure. La situazione divenne comica e tragica allo<br />

stesso tempo. Mirt<strong>il</strong>o si dimenava, con la sua ciolla dentro la f<strong>il</strong>azza perchè voleva<br />

finire. Ma quannu trasia in cunnu ia <strong>il</strong> più avanti possib<strong>il</strong>e con la speranza di liberarsi<br />

<strong>il</strong> sedere. Ma la ciolla di Pelope assecondava i suoi movimento. Anzi , quannu Mirt<strong>il</strong>o<br />

scia , Pelope lu tirava con forza, con la speranza di farlo sciri del tutto.<br />

> gridava Ippodamia.<br />

> gridava Mirt<strong>il</strong>o.<br />

> gridava Pelope.<br />

Ma la situazione non cambiava. Ippodamia voleva liberarsi di quella cosa che la<br />

inf<strong>il</strong>zava e pertanto spingeva Mirt<strong>il</strong>o indietro. Mirt<strong>il</strong>o voleva continuare a inf<strong>il</strong>zare<br />

Ippodamia e ammuttava in avanti anche con la speranza di liberasi di quella minchia<br />

che lo trapanava. E Pelope, quannu quello scia, lu tirava un poco di più con la<br />

speranza di farlo uscire completamente dal portuso della moglie.<br />

Ippodamia gridava : ><br />

Mirt<strong>il</strong>lo alla donna: ><br />

Pelope: ><br />

Mirt<strong>il</strong>o a Pelope: ><br />

Pelope: >


Mirt<strong>il</strong>o :><br />

Pelope lo acchiappò per <strong>il</strong> collo e attaccau a stringere. Ma <strong>il</strong> soffocamento aumentò<br />

l’ingrifamento del candidato morto e del candidato omicida ca vinnunu in simultanea.<br />

Pelope nel sedere del moribondo e <strong>il</strong> moribondo, esalando l’ultimo ciatu e l’ultima<br />

simenta , nel pacchio di Ippodamia.<br />

Ippodamia e Pelope si erano organizzati per evitare quell’unica volta ma le cose<br />

erano andate diversamente. Mirt<strong>il</strong>o era si stato ammazzato, ma a Ippodamia si l’era<br />

fatta. E l’aveva anche seminata.<br />

><br />

Così detto, Pelope ci tagliò i genitali a Mirt<strong>il</strong>o e ci ficcau in bocca.<br />

Dopo i due si congiunsero per sette notti e sette giorni senza interruzione. La ciolla<br />

d’avorio era inesaurib<strong>il</strong>e e instancab<strong>il</strong>e..<br />

> lo chiamava Ippodamia.<br />

Dopo aver conquistato <strong>il</strong> cuore e <strong>il</strong> pacchio di Ippodamia, Pelope conquistò terre su<br />

terre e tutti insieme le chiamò Peloponneso, le terre del pelo. E capitale di<br />

quell’insieme di piccole polis fu nominata Munipuzos, la mitica città le cui origini si<br />

fanno risalire al mitico Teseo Alicarnazza. Ma in realtà, con altri nome , Munipuzos<br />

c’era già. Era nata nella notte <strong>dei</strong> tempi.. ma nessuno sapeva di quali tempi... era<br />

antica.. come <strong>il</strong> mondo.. come <strong>il</strong> cazzo.. come la fica...<br />

Alla moglie Pelope fece cagare tanti figli. E tra questi , Atreo e Tieste, i gemelli<br />

serpenti. Ma Pelope non amava i suoi figli legittimi. Erano cacacazzi e scassaceddi e<br />

rumpimarruna assi assai. Soprattutto i gemelli. Falsi e ipocriti avrebbero scannato<br />

l’universo intero pur di diventarne <strong>il</strong> padrone; e poi si sarebbero scannati a vicenda<br />

per diventarne l’unico padrone.<br />

Pelope invece scia pazzo per <strong>il</strong> bellissimo Crisippo, <strong>il</strong> figlio bastardo avuto da<br />

n’autra fimmina. Tanto bello che Laio, <strong>il</strong> primo <strong>dei</strong> pederasti del tempo, rapì <strong>il</strong><br />

giovane e ne fece <strong>il</strong> suo amante. Perché Crisippo era un Apollo con la ciolla<br />

d’avorio.. Un calliculo, un callimentula, un callibaddi, un callitutto...<br />

La gelosia comunque accecò Ippodamia , Tieste e Atreo che ammazzarono <strong>il</strong> caruso.<br />

Lo ammazzarono con la spada di Laio.<br />

I gemelli serpenti, tutti o<strong>dio</strong> et o<strong>dio</strong>, ienu a casa di Laio e attruvanu i due impegnati a<br />

letto. Stavano facendo un bimentulalingus.<br />

> disse Atreo.<br />

> disse Tieste.<br />

><br />

><br />

Trasenu na la camera e li separanu.<br />

> disse Crisippo.<br />

>


E rise mostrando <strong>il</strong> suo aceddu e <strong>il</strong> culo del suo compagno di letto.<br />

Atreo e Tieste, incazzatissimi, ci la misinu in culo al fratellastro e a Laio. Poi, presa<br />

la spada di Laio, ammazzanu <strong>il</strong> fratellastro.<br />

Laio tremava .<br />

><br />

Scoppiò la facenna. E la facenna fu chiusa.<br />

> dissero tutti, pinsannu che l’assassino fosse<br />

Laio.<br />

Ma poi la verità vinni a galla. Ma nessuno ne parlò. Ippodamia e i gemelli scappanu.<br />

Per <strong>il</strong> resto Pelope ebbe una bella vita piena di onori e soddisfazione. La sua minchia<br />

pure. E a suo tempo lo spezzettato Pelope spezzettò re Stinfalo. Pelope fu , diciamolo<br />

pure, onoratissimo per <strong>il</strong> resto della sua vita. E i suoi discendenti, tutti col marchio di<br />

fabbrica - la ciolla d’avorio-, presero <strong>il</strong> nome di Pelopidi . Coloro che amano <strong>il</strong> pelo.<br />

Pare che Pelope sia stato anche l’inventore delle Olimpiadi e in parallelo, nei sui<br />

giardini segreti, delle P<strong>il</strong>iadi, le olimpiadi del pelo. Purtroppo poi scomparvero sia le<br />

une che le altre. Le Olimpiadi furono soppresse e quelle del pelo divenatrono gare<br />

private.<br />

Anche su Pelope Homerino scrisse un poema. Pelope p<strong>il</strong>oph<strong>il</strong>o .<br />

Mhassymylyano scrisse <strong>il</strong> Carmen Pelope ars amandi p<strong>il</strong>u cunnus .<br />

Lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> solito romanzo dialettale. Titolo Cent’anni con Pelope.<br />

Socratino da Munipuzos si pose ancora una volta una domanda.<br />

><br />

Atreo e Tieste, o<strong>dio</strong> et o<strong>dio</strong><br />

Gemelli coltelli si dice. Ma questi, altro che coltelli. Dopo che abbandonarono<br />

Munipuzos, vagarono assai e alla fine finenu nei possedimenti materni. Fu così che i<br />

Mincionei, gli abitanti di Minciapolis, si trovarono a scegliere tra due re. O Atreo o<br />

Tieste. Entrambi Pelopidi.<br />

Gemelli ma in lotta da sempre. Ognuno rivendicava <strong>il</strong> diritto alla primogenitura.<br />

> diceva Atreo.<br />

> diceva Tieste.<br />

Non accettavano <strong>il</strong> giudizio della mamma:<br />

>


diceva Atreo.<br />

> rispondeva Tieste,<br />

Intanto Atreo aveva fatto voto di sacrificare ad Artemide l’agnello più bello del suo<br />

gregge, e come fu e come non fu, nasciu un agnello dal vello d’oro.<br />

Atreo sacrificò l’armaru ma conservò <strong>il</strong> vello d’oro in un bauletto d’argento misu<br />

dintra una cascia di rame inf<strong>il</strong>ata dentro una cassapanca di legno. Ma Tieste andava<br />

dicendo che l’armaru dorato era suo e che <strong>il</strong> fratello glielo aveva rubato.<br />

Intanto Erope , la moglie di Atreo, si appitittò alla ciolla del cognato, d’avorio e<br />

sempre tisa pure quella, praticamente tale e quale quella del marito, ma secondo lei<br />

più bella, più grande e dotata di portamento più regale. Tanto da addichiararsi.<br />

><br />

><br />

><br />

Alla fine Tieste ci disse:<br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Erope che non vedeva l’ora di<br />

farsela ficcare dal cognato.<br />

Atreo continuava a rivendicare <strong>il</strong> trono pi iddu in quanto primogenito e possessore del<br />

vello d’oro. Tieste lo rivendicava lui.<br />

> disse Atreo.<br />

><br />

<br />

> rispose quello sapendo e pensando che Elio scia sempre a oriente e si ia a<br />

coricare dall’autra parte. E che non ci stavano cazzi da fare. Anche se n’autra<br />

religione contava che <strong>il</strong> sole si era fermato per far risolvere una querelle sulla terra.<br />

> pinsava Tieste che si sentiva sicuro.<br />

Invece stavolta Elio, arrivato a mità si firmò, e intanto che c’era scinniu dal carro e<br />

si fici na bella pisciata dorata, poi girò <strong>il</strong> carro e si iu a curcari a oriente.<br />

> disse <strong>il</strong> popolo.<br />

> disse Tieste.<br />

> disse Atreo.


E Atreo fu re mentre Tieste iu in es<strong>il</strong>io. Erope ristò col pititto della ciolla cognatesca,<br />

che era ciolla gemella di quella del marito, ma a lei ci piacia chiù assai. Con questa<br />

ennesima truffa di famiglia Atreo fu re e Tieste la prese in culo.<br />

Erope ristò con la ciolla del marito e perse quella del cognato. Erope, pianse, pianse<br />

pure <strong>il</strong> suo pacchio sempre disponib<strong>il</strong>e. Erope , in realtà, era un bel pacchio cretese<br />

che già da carusa si facia scampaniari la campana da battagghi di qualità. Scoperta<br />

dal papà, re Creteo, intanto che si facia sunari lu strummientu, fu venduta come<br />

schiava a Nauplio insieme alla sorella Climene che era una complottatrice antipaterna<br />

nata e pasciuta. Nauplio sposò quest’ultima mentre la bella Erope appitittau ad Atreo<br />

ca era da poco rimasto vedovo di Creola che tra l’altro ci avia fatto un figlio<br />

malatizzo assai di nome Plistene. L’unica cosa bona di Plistene era la ciolla d’avorio.<br />

Il resto era uno schifo, una sfitinzia, una cacata primordiale.<br />

Erope in un amen ci cacau al marito Atreo tri figli: Agaminkione, Minkialao e<br />

Anassibia. Ma Erope a suo marito ci avia fatto anche tante belle corna. Sia prima del<br />

matrimonio che dopo. Corna a destra e corna a manca. E quannu si maritau cu Atreo<br />

in realtà era incinta di Agaminkione e di Minkialao. Un mascolo ci l’avia sunatu e<br />

controsunatu nella sua terra...<br />

> diceva Maruzzedda da Munipuzos.<br />

Intanto dal cognato Tieste Erope avia avuto Plistene secondo.<br />

Atreo, cornuto notorio, ordinau di ammazzare questo Plistene ma purtroppo i sicari si<br />

sbagghianu e scannanu l’autru.<br />

Aveva ordinato di ammazzare <strong>il</strong> figliastro Plistene, ovvero <strong>il</strong> figlio delle corna, ma ci<br />

ammazzano <strong>il</strong> figlio Plistene , quello malatizzo avuto dall’altra moglie.<br />

Gli intellettuali scrivono su tutto. Atreo e Tieste erano indubbiamente un bel<br />

soggetto.<br />

Pertanto Homerino scrisse un poema, Mhassymylyano un Carmen e <strong>il</strong> Santhokriso un<br />

romanzo. Rispettivamente intitolati: Phallus gemelli, Mentule omozigote e Cent’anni<br />

con due teste di minchia gemelle con le minchie gemelle pure loro.<br />

Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda.<br />

><br />

La minnitta uno: Il pranzo è servito<br />

Atreo pinsò al perdono pi fari la minnitta.<br />

> predicava Kakkiu Baddazza.<br />

><br />

Fici circari <strong>il</strong> fratello come na ugghia persa e lo invitò a ritornare.


ci disse.<br />

Tieste accettò.<br />

><br />

Atreo ordinò <strong>il</strong> menu. Tutto doveva essere perfetto. Fino al colpo di scena finale.<br />

><br />

gridava Atreo ai cuochi di palazzo.<br />

Questo <strong>il</strong> menu: antipasto Plistene secondo e Tantalo secondo, secondo trittico<br />

Aglao, Orcomeno e Call<strong>il</strong>eonte . Tieste si abbuffò. Il cibo era delizioso.<br />

><br />

Infine, per abbellire <strong>il</strong> centrotavola, arrivano mani, piedi e testa <strong>dei</strong> cinque figli di<br />

Tieste. E in un vaso, come fiori, le cinque ciolle d’avorio. Appena l’uomo capì quello<br />

che s’era gioiosamente mangiato arrovesciò tutto. Pure l’anima ci sciu. Ma<br />

soprattutto maledisse <strong>il</strong> fratello gemello nella più canonica delle forme.<br />

><br />

E scappò promettendo minnitta infinita. Atreo fu contentissimo. Adesso era lui e lui<br />

soltanto <strong>il</strong> re di Minciapolis.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Il pranzo è servito, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Buon<br />

appetito e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di questi piatti saporiti.<br />

Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />

><br />

Pelopia, in cunno della minnitta.<br />

Tieste iu in es<strong>il</strong>io la dove la sua figlia Pelopia facia la sacerdotessa vergine. Con in<br />

testa una sola idea : la minnitta.<br />

Andò dall’ oracolo per sapere la via migliore che portava alla migliore minnitta.


Di nascosto, senza farsi riconoscere, stuprò la figlia. Nel santuario, accanto a una<br />

statua, intanto che quella pregava. Ci fu addosso e senza dire manco una parola la<br />

ittau sul fresco pavimento di marmoro . A pancia in giù. Poi ci sollevò la lunga veste<br />

di sacerdotessa e , da dietro,ci la mise davanti. La carusa per lo scanto neanche gridò.<br />

><br />

Ma fuggendo <strong>il</strong> violentatore misterioso perse la spada. Un vero proprio capolavoro<br />

dell’arte orafa e guerresca.<br />

><br />

E la mise nelle mani di una statua di Ares, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> della guerra e di altro. Tolse quella<br />

che c’era e ci mise l’altra, indubbiamente chiù bella.<br />

E alla prima collega che ci avissa domandato chi era quella novità avrebbe risposto:<br />

><br />

Così ienu li cosi E tutti accettanu la sua risposta. Ma lei, ogni volta che vedeva quella<br />

spada, pinsava a quell’altra spada che l’aveva trafitta. Che l’aveva sverginata , a lei<br />

che era una sacerdotessa vergine.<br />

Atreo intanto, non contento di aver scannato i portasimenta del fratello, cioè i figli<br />

che nei testicoli portavano la discendenza di quell’uomo maledetto, pinsannu di<br />

scannarlo per sempre , vinni a cercarlo.<br />

><br />

Non trovò <strong>il</strong> fratello ma si appitittau alla bella Pelopia.<br />

><br />

Pinsannu che fosse figlia del re la chiese <strong>il</strong> sposa.<br />

Ci fu detto di sì in un amen.<br />

> ci chiesero le consorelle.<br />

><br />

>>> dissero le altre sacerdotesse. E risero.<br />

E Atreo, dopo le collere e le corna avute dalla bella Erope, si maritò felicemente cu<br />

Pelopia. Ci parse addirittura ca la carusa fosse vergine effettivamente. Ma quella<br />

aveva usato un vecchio trucco. Grattarisi fortemente <strong>il</strong> pacchio per simulare lo<br />

sverginamento. In realtà Pelopia era come l’uovo do pasqua . Portava dintra la<br />

sorpresa. Portava na la panza un picciriddu. Un picciriddu siminato dalla minchia<br />

paterna, ma per lei in realtà solo e soltanto figlio di una minchia ignota.


Atreo pinsò di essere <strong>il</strong> padre di quello che invece era <strong>il</strong> figlio di suo fratello gemello:<br />

accussì nasciu Egisto… bello, muscoloso già da neonato e con la solita ciolla<br />

d’avorio…<br />

> disse Atreo.<br />

La storia della minchia paterna che anonimamente si scopa la figlia per generare lo<br />

strumento della minnitta colpì tutti gli intellettuali dell’epoca.<br />

Homerino da Munipuzos scrisse <strong>il</strong> poema Giusta cosa è fotter la figlia per generare <strong>il</strong><br />

phallus vendicatore.<br />

Il poeta Mhassymylyano scrisse <strong>il</strong> Carmen Justissima et onestissima cosa est foutere<br />

la f<strong>il</strong>ia per generare la mentula della vindicta.<br />

Lo scrittore Santhokriso scrisse <strong>il</strong> romanzo Magari pi cent’anni mi futtu a mo figghia<br />

basta ca idda mi caca la minchia di la minnitta mia.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose, come sempre, una domanda.<br />

><br />

La minnitta due: Egisto , <strong>il</strong> vendicatore universale<br />

Passanu sett’anni circa e Atreo pinsava sempre “ Mi devo levare mio fratello dalle<br />

palle…devo deminchiarlo e detesticolizzarlo…”.<br />

Pertanto mannò Agaminkione e Minkialao a cercarlo con l’ordine di arrestarlo.<br />

><br />

I due, scantati assai, si diedero da fare , lo trovarono e in catene lo riportarono davanti<br />

ad Atreo. Perché intanto un nuovo ordine avia cambiato l’ordine di prima.<br />

><br />

Il processo ci fu. E la condanna morte anche. Ma Atreo voleva <strong>il</strong> colpo di teatro.<br />

Atreo ordinò al piccolo Egisto di ammazzare lo zio.<br />

><br />

> disse Egisto a cui piacia assai<br />

iucare . Veramente ci piacia fare teatro. Studiava già “ arte drammatica”.<br />

><br />

> rispose Egisto.


Egisto partì per compiere l’impresa. Trasiu piano piano nella cella, che era immersa<br />

in uno scuro quasi totale, con la spada in mano, pronto ad inf<strong>il</strong>zare lo sconosciuto. Si<br />

muoveva sicuro come su un palcoscenico. Lui aveva già recitato con la scuola al<br />

teatro greco di Siracusa, in quello di Munipuzos, in quello di Taormina, in quello di<br />

Akraj, e una volta, in viaggio d’istruzione o scambio culturale, anche in quello di<br />

Epidauro... Pertanto si muoveva sicuro della parte che doveva recitare.<br />

Ma Tieste, che dormiva con un occhio solo e l’altro lu tinia sempre aperto, cu nu<br />

cauci in culo, catafuttiu <strong>il</strong> ragazzo per aria. In fondo Egisto era solo un ragazzino<br />

terrib<strong>il</strong>e e rompipalle, ma solo un ragazzino. La spada abbulò in un angolo e <strong>il</strong> caruso<br />

in un altro.<br />

><br />

> disse <strong>il</strong> ragazzino che era andato a finire in un angolino della cella.<br />

><br />

><br />

><br />

> pinsò in un amen Egisto.<br />

Poi tornò subito alla recita e al copione da improvvisare. Al canovaccio da<br />

sv<strong>il</strong>uppare.<br />

Tieste infatti partiu pi deminchiarlo. Ma quannu visti la ciolla del caruso lassau la<br />

presa. La ciolla era d’avorio. Come la sua . Quel caruso era ciolla di famiglia. Quel<br />

cornutazzo di Atreo aveva mandato un suo figlio ad ammazzare lo zio. Ma era chiaro<br />

che <strong>il</strong> caruso non sapia niente.<br />

> chiese <strong>il</strong> ragazzo.<br />

><br />

><br />

><br />

> pinsò Egisto.<br />

> disse <strong>il</strong><br />

ragazzo.<br />

> disse Tieste,<br />

><br />

Egisto pinsò al nuovo colpo di scena.<br />

><br />

><br />

> disse Tieste .<br />

Quindi <strong>il</strong> ragazzo era suo nipote.


disse <strong>il</strong> ragazzo tutto gonfio di sé.<br />

> chiese Tieste.<br />

><br />

><br />

><br />

Tieste invece taliava in un angolino. C’era la spada . Andò a prenderla. Naturalmente<br />

la riconobbe subito. La taliò con occhi da sognatore. La taliò con occhi innamorati,<br />

dolci, armoniosi e altro.<br />

> pinsò Egisto.<br />

Ma l’uomo sbotto con voce potente:<br />

> . E si bloccò. Poi riprese. Vera e propria<br />

pausa teatrale.<br />

><br />

><br />

disse l’uomo.<br />

><br />

><br />

E la voce si faceva commossa, addolorata, sofferente, angustiata.<br />

> pinsò lu caruso. L’uomo riprese.<br />

><br />

> pinsò Egisto. Poi rispose .<br />

dandosi da fare sul canovaccio come poteva.<br />

><br />

><br />

Egisto fremette di rabbia. Tieste pisciò in un angolino della cella. Egeo vide, gli occhi<br />

oramai si erano abituati al buio, una minchia br<strong>il</strong>lare. Ci parse bianca.. di tisa era<br />

sicuramente tisa. Egisto avia sentito parlare che la minchia d’avorio era una<br />

caratteristica della sua famiglia. Pertanto si avvicinò e taliò <strong>il</strong> misterioso augello.<br />

> pinsò <strong>il</strong> caruso.


Rideva assai Tieste intanto che pisciava. E rise assai ma tragicamente anche Egisto.<br />

Una improvvisa <strong>il</strong>luminazione ci avia allampato <strong>il</strong> cervello. La sua mente pertanto<br />

s’era <strong>il</strong>luminata di colpo. Nuovo colpo di teatro.<br />

><br />

><br />

> rispose <strong>il</strong><br />

bambino.<br />

><br />

> chiese curioso Egisto.<br />

><br />

><br />

><br />

> pinsò <strong>il</strong> ragazzo.<br />

> disse poi lu picciriddu che era chiù confuso ca persuaso di quello che<br />

stava succedendo. Ci paria tutto un gioco. Un teatro troppo teatrale, troppo<br />

complicato ma bellissimo. Di quelli che non annoiano lo spettatore. Perché quando<br />

uno si cumminci che la cosa è accuddì invece la cosa addiventa accussì.<br />

> disse Tieste ><br />

> rispose Egisto.<br />

E subito fu. Pelopia riconobbe <strong>il</strong> padre e pianse assai tra le sue braccia. Tieste le<br />

chiese, pur sapendo:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Tieste ci disse all’orecchio:<br />

><br />

Tieste trimuliò tutto e pinsò all’oracolo. Quell’Egisto che lo voleva scannare era.. era<br />

<strong>il</strong> suo vendicatore. O per lo meno, lo sarebbe stato. Pelopia era confusa. Non aveva<br />

afferrato bene le prime parole.. anzi, non aveva capito quasi niente della parole del<br />

padre.<br />

<br />

><br />

><br />

Adesso a Pelopia fu tutto chiaro. Quella minchia stupratrice apparteneva al padre. Era<br />

d’avorio come la minchia gemella del marito Atreo. E come quella di suo figlio<br />

Egisto. Lo stesso materiale del suo clitoride. Pelopia si intisi persa, prese la spada e<br />

s’ammazzò.<br />

> pinsò l’uomo serrandole l’occhi belli..<br />

Egisto taliava e non diceva niente, ci paria tutto un teatro. In fondo era solo e soltanto<br />

una tragedia. E lui un bravo attore da tutti arriconosciuto.


><br />

><br />

Egisto ubbidì. Tieste lo scannò e tagliò solo i testicoli. La ciolla non era d’avorio.<br />

Pinsò un attimo a cosa fare. Risolse con la ciolla di una statua di marmo.<br />

><br />

><br />

Egisto uscì si scena sconvolto. I colpi di scena , i colpi di teatro si susseguivano a<br />

ritmo insostenib<strong>il</strong>e, quella era la tragedia delle tragedie. Da bravo ragazzo portò la<br />

spada insanguinata e i genitali all’uomo che chiamava ” padre”. Atreo rise e si calò<br />

palle e ciolla di marmoro. Per poco non si strozzò. Ma rise ancora.<br />

><br />

Brindò a quella giusta morte.<br />

<br />

><br />

><br />

><br />

> pensò Egisto.<br />

> rispose Egisto abbracciando<br />

Tieste. Poi riprese:<br />

><br />

> pensò Egisto.<br />

Tieste restò come nu babbo. Il piccolo Egisto avia capito tutto.<br />

><br />

Accussì Atreo morì per mano di quello che credeva essere suo figlio ma invece era<br />

figlio di suo fratello.<br />

Tieste addivintò definitivamente l’unico re. E fece conquiste su conquiste. Conquistò<br />

anche la mitica Munipuzos che per discinnenza gli appartava.. La polis per


eccellenza, la polis che faceva parte della loro storia, la polis che doveva essere la<br />

giusta sede della famiglia reale.<br />

Il sommo Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Di phallus in phallus purché vendetta sia.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Di mentula in mentula purché vindicta est.<br />

Lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di minchia in minchia purché la<br />

minchia minnitta faccia.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose , come al solita, la solita domanda assai<br />

assai f<strong>il</strong>osofica.<br />

><br />

Agaminkione e Minkialao, amore et amore<br />

I due figli di Erope e Atreo pinsanu che dovevano vendicare padre e madre.<br />

Organizzato un bell’esercito partenu pi Munipuzos. E la conquistarono in un amen.<br />

Tieste e suo figlio Egisto, vedendo e capendo che le cose si mettevano male,<br />

scappano di corsa ut<strong>il</strong>izzando gallerie segrete scavate sotto <strong>il</strong> palazzo reale. Entrambi<br />

andarono in es<strong>il</strong>io per salvare la pelle.<br />

Agaminkione e Minkialao in realtà avevano fatto scappare <strong>il</strong> loro padre e fratellastro.<br />

Erope, bella fica cretese, da carusa si l’era già fatta con un frusteri venuto sull’isola e<br />

quello ci avia siminato in panza Agaminkione e Minkialao. Quell’uomo era Tieste. E<br />

da carusa a Erope ci era piaciuta quella ciolla strana che aveva lu frusteri, e che era<br />

diversa da tutte quelle che aveva fino ad allora visto. Diversa come materiale ma<br />

soprattutto diversa nel comportamento. Sempre eretta e di conseguenza capace di<br />

fottere vita natural durante...<br />

Quel tipo di ciolla l’aveva trovata nel marito Atreo.. ma non si era fatta troppe<br />

domande... Si era definita fortunata..<br />

Durante la cerimonia nuziale aveva riconosciuto <strong>il</strong> cognato... <strong>il</strong> suo ex amante .. e<br />

aveva deciso di rifarselo come amante.. due ciolle d’avorio inesaurib<strong>il</strong>i e instancab<strong>il</strong>i<br />

l’avrebbero resa immensamente felice..<br />

E con questa scoperta aveva collegato.. quell’organo sessuale era una caratteristica<br />

della famiglia di suo marito.. tutti i mascoli l’avevano mentre le femmine d’avorio<br />

avevano <strong>il</strong> corrispondente della ciolla.. la piccola ciolla o ciolletta femmin<strong>il</strong>e..<br />

Per questo Agaminkione e Minkialao erano stati riconosciuti come suoi da Atreo.<br />

Intanto Agaminkione fu re, pirchì primogenito. Ovvero, era sciuto per primo dal<br />

regale portuso. Re maggiore, mentre Minkialao fu <strong>il</strong> re minore.<br />

La prima guerra che fici Agaminkione fu contro un parente. E dopo averlo scannato<br />

si maritò con la bella figa vedova che di nome facia Fikennestra. Si maritò con la<br />

vedova non potendo avere la di lei sorella Elena, che era schetta ma ci disse di no...<br />

> pensò allora Agaminkione.


Destinò la cognata al fratello Minkialao ma quello babbeo totale si la lasciò fottere da<br />

Paride. Con tutte le conseguenze del caso…. Ma questa è n’autra storia…. E la storia<br />

della guerra di Purceddopolis combattuta per difendere <strong>il</strong> diritto di proprietà di un<br />

marito sulla bella fica della moglie. Minkialao era quel marito, Elena la moglie.<br />

E Agaminkione. <strong>il</strong> pitittoso amante che non era riuscito nel suo intento, non riusciva a<br />

capacitarsi perchè la bella Elena avesse rinunciato a un marito con la minchia<br />

d’avorio e a un amante con la stessa caratteristica, per accontentarsi di una ciolla di<br />

carne. Paride era bello ma la sa appendice era consumab<strong>il</strong>e, esaurib<strong>il</strong>e e stancab<strong>il</strong>e. .la<br />

ciolla di fratelli gemelli no .<br />

Egisto io in es<strong>il</strong>io .. ma pinsannu a la minnitta... e per vivere, che soldi non aveva,<br />

pinsò di sfruttare la sua ciolla d’avorio. Sempre eretta, instancab<strong>il</strong>e e inesaurib<strong>il</strong>e e<br />

pertanto in grado di ficcare anche senza pititto. E siccome aveva un fisico da sballo,<br />

un fisico da urlo, un fisico da masculazzu, pinsò di mettersi a disposizione di quelle<br />

femmine che senza ciolla erano per motivi vari. Corteggiò prima la capalupa di un<br />

lupanare per “ Donne in attesa “ di sasizza. Era proprio questo <strong>il</strong> nome. E quella, una<br />

volta scoperta la peculiarità di quel mascolo, lo assunse subito Come buttano<br />

personale. Per <strong>il</strong> suo letto e <strong>il</strong> suo pacchio. Ma Egisto puntava al successo. Per<br />

conseguire <strong>il</strong> suo piano. E tanto per passarsi <strong>il</strong> tempo incominciau a esibirsi come<br />

spogliarellista. E successo fu. Oltre che per la sua bellezza, lo fu per la sua<br />

caratteristica anatomica. Quella ciolla quasi bianca e perennemente tisa facia<br />

impressione. Anche i migliori del settore, a parte <strong>il</strong> normale colore, la tenevano , a<br />

secondo dello stato d’anime, dell’emozione della situazione generale, a volte moscia,<br />

a volte mezza tisa e a volte tisa tutta. Egisto la teneva invece sempre e soltanto tisa. E<br />

poi quel colore. Tutta la ciolla , coppola della minchia compresa ,era color avorio.<br />

“Leucomentula.. minchia bianca..” l’avevano soprannominato. Per <strong>il</strong> resto usava <strong>il</strong><br />

nome d’arte di Cicio.<br />

Le clienti del locale erano convinte che quella ciolla fosse colorata. Trattata con<br />

qualche crema, con qualche impiastro. Non riuscivano a spiegarsi come mai fosse<br />

sempre dura.<br />

> ci disse Kunnya, una sera , a letto.<br />

><br />

><br />

> disse Egisto.<br />

><br />

Kunnya fece, e la minchia addivintò veramente d’oro.. paria d’oro.. paria una<br />

meraviglia..<br />

Per la gioia futtenu tutta la notte. Egisto non tirò fuori, neanche per un secondo, la sua<br />

ciolla dorata dalla cassaforte carnosa di Kunnya.<br />

La nuova trovata ebbe un successo spettacolare.<br />

Il nome di Krysegystos divenne famoso. Prima come spogliarellista e poi come..<br />

Come ciolla di signore ricche ma sciollate . Cioè, senza ciolla.<br />

Ma in testa Krysegystos aveva la minnitta...


diceva a sé stesso<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Krisophallus.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Mentula aurea.<br />

Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni cu na minchia d’oru.<br />

> era la variante, dedicata a Krysegystos, della domanda per cui era<br />

famoso <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos.<br />

Pocu cci staju cca pri mia vinditta<br />

A cauci e timpuluni ‘un vi nni mannu;<br />

- Comu li denti di nna vecchia affritta<br />

Chiddi allura ammutiscinu , trimannu,<br />

Sulu li minchi ristaru a l’addritta.<br />

Né l’arrittu cci passa finu a tannu:<br />

Pirchì si dici : ca cazzu arrittatu<br />

Non canusci rispettu e parintatu.<br />

Sta facenna però, Giovi ripigghia,<br />

S’avi aggiustari, giacchì sta canagghia<br />

M’avi scannaliata sta mia figghia<br />

Pura, comu nasciu di la ‘nfasciagghia;<br />

‘Npulisativi, ed una si nni pigghia,<br />

E cui ‘ntra l’unghia di la sorti ‘ngagghia<br />

E nesci ‘ntra vuatri bonavogghia<br />

Cci la ficca a rumpirici la mogghia.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>.


VI . Tre minchie per un cunnu, un cunno per tre minchie<br />

Dici: e li nomi a Ganimedi additta<br />

E a lu latu di Veniri s’assetta;<br />

Stannu li cinqu dii tutti all’addritta<br />

Comu lu reu ca la sintenza aspetta:<br />

Giovi stissu si leva la birritta,<br />

E dda dintra li polisi cci jetta;<br />

Veniri afferra ‘na polisa in manu,<br />

E si leggi lu nomi di Vulcanu.<br />

Non curri, si precipita, anzi vola<br />

Vulcanu ch’avi la gmma sciancata:<br />

L’abbrazza e vola, e perdi la parola<br />

Dda picciotta stringennisi sciacquata.<br />

Giovi cci dici: Figghia, ti cunsola.<br />

Ti biniducu la prima minchiata.<br />

Vulcanu intanto senz’autra licenza<br />

La metti a terra , sbogghia, ed accumenza.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

Alcmhona: tre minchie per un cunno.<br />

Alcmhona stava sciennu pazza. Notte e giorno pinsava a chidda minchia prepotente<br />

ca pisciava contro la sua casa.<br />

><br />

Le sue commari la commiseravano.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> diceva la moglie del f<strong>il</strong>osofo.<br />

><br />

<br />

>


><br />

> dicia commare Cornelia.<br />

> ci rispondeva commare Anacreontica che<br />

era bella mentre la prima era laita, racchia e malfatta.<br />

Accussì curtigghiavano, intanto Alcmhona aspettava e sospirava. Alcmhona avia<br />

aspettato tanto che aspettare ancora nu tanticchia non ci portava tanti problemi.<br />

><br />

Zeus sapeva che Anfistronzone stava per tornare e si mise a tavolino per farsi venire<br />

una bella idea. E si la contava a sé stesso a voce alta.<br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong> che aveva spiato <strong>il</strong> nonno.<br />

<strong>Priapo</strong> voleva essere <strong>il</strong> primo, ma poi Zeus avrebbe trovato <strong>il</strong> portone sfondato a<br />

sicuramente avrebbe fatto casino. Ma la sorpresa lo tentava. Lo scherzetto la nonno<br />

sarebbe stato bello e originale.<br />

Decise comunque , da nipote rispettoso, di lasciare via libera al nonno. E cantò a suo<br />

modo una bella aria di Amazeus.<br />

><br />

Zeus intanto continuava a ficcare a destra e a manca. Gli scrittori di regime e non ci<br />

facevano pure le commedie e le tragedie. Quell’anno al teatro greco di Munipuzos<br />

avevano messo in scena, tra le tante cose, tre suoi memorab<strong>il</strong>i scopamenti.<br />

Quello acquifero con Danae , quello animalesco con Leda e quello giocoso con<br />

Nauficaa.<br />

Per farsi la prima chiusa in una torre Zeus si era trasformato in pioggia.. e aveva<br />

annaciau mezza Sic<strong>il</strong>ia… tanto che a un certo punto i viddani non ne potevano chiù.<br />

Da qui <strong>il</strong> proverbio “ Quannu a diu ci pigghia la pisciaredda s’allaga ogni vanedda”.<br />

Il detto era a doppio senso. Pi la pioggia da una parte e pi li futtitinni cu li fimmini<br />

terrestri dall’altro.<br />

Nel caso di Danae la pioggia naturalmente trasiu pure nella torre e addivintau pioggia<br />

d’oro a forma di minchia.. man mano che sciddicava sulla testa di Danae scinnia più<br />

in basso, passava tra le minni, circumnavigava l’ombellico e poi , arrivata al dunque,


dopo aver allagato in boschetto p<strong>il</strong>usu, si inf<strong>il</strong>ava tra le gambe e assumeva aspetto<br />

falliforme.. questo nella es<strong>il</strong>arante commedia in lingua greca intitolata “ Zeus e<br />

Danae” e scritta da Homerino da Munipuzos.<br />

Da quella gloriosa fottuta nasciu Perseo. E per fare un eroe ci ni voli di travagghiu..<br />

Minchia se ci voli.<br />

Bello anche lo spettacolo dedicato all’amore con Leda. Zeus-ciolla-collo-di-cigno si<br />

fa la smorfiosa zoof<strong>il</strong>a Leda e ci fa cagari un uovo. Uovo dal quale nascerà poi la<br />

bella pacchi sp<strong>il</strong>ato di Elena.<br />

Questa commedia era in latino, o meglio, in dialetto latino. E l’autore naturalmente<br />

era <strong>il</strong> sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos.<br />

La terza era dedicata all’amore di Zeus per la paesana Nauficaa ed era in dialetto<br />

locale. L’autore era <strong>il</strong> Santhokriso.<br />

Anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo esibizionista Socratino da Munipuzos scrisse qualche cosa. Un<br />

monologo che lui stesso recitò. Bello, interessante, diffic<strong>il</strong>e da capire ma seguitissimo<br />

ed applauditissimo. Perché anche se non si capivano le idee di Homerino, non si<br />

doveva dire niente. Altrimenti si passava per ignoranti . Purtroppo, seguire le sue<br />

iperboli e parabole linguistiche era complicatissimo .<br />

Il monologo si intitolava , come sempre , come una domanda.<br />

“ Il cazzo come volontà di potenza e rappresentazione della fica o la fica con volontà<br />

di potenza e rappresentazione del cazzo?”<br />

Ed era un excursus sul sesso dalle origini mitologiche alla realtà dell’oggi.<br />

Finalmente fu annunciato alla bella Alcmhona l’arrivo del marito. Giorno più giorno<br />

meno sarebbe stato a casa. Magari sarebbe stato solo una questione di ore. Era<br />

arrivato al porto di Siracusa reduce da una missione m<strong>il</strong>itare ad Atene. Doveva farsi,<br />

con i suoi uomini , la strada che dalla città di mare portava a Munipuzos.<br />

Una strada diritta detta Mare - Acremonte che ammontava a circa quarantadue<br />

k<strong>il</strong>opriapometri . Tanto che si faceva anche una corsa chiamata Minkiatona, dal<br />

tempio di <strong>Priapo</strong> di Siracusa al tempo di <strong>Priapo</strong> di Munipuzos. E gli atleti allora<br />

correvano nudi.. era uno spettacolo.. era uno spettacolo apprezzato dalle femmine che<br />

gridavano, incitavano e altro.<br />

><br />

Ma Anfistronzone non era un atleta.. non poteva farsi quella corsa per incunnare la<br />

moglie…. A parte che sarebbe arrivato stanchissimo…<br />

Alcmhona comunque trasiu in fibr<strong>il</strong>lazione sana sana.<br />

><br />

Passau la notte insonne. Quelle ore non passavano mai. L’attesa di qualcuno che sta<br />

arrivando ma non sai quannu arriva è straziante. Ma tra un momento di sogno, uno di<br />

pensieri lussuriosi e uno di desideri inconfessab<strong>il</strong>i la notte passò. E passò pure la<br />

iurnata. Con una bella notizia portata da un uomo di fiducia del generale<br />

Anfistronzone.


> pinsò .<br />

E s’era messa a letto presto per essere riposatissima <strong>il</strong> giorno dopo e poter affrontare<br />

le battaglie d’amore quando intisi la porta aprirsi.<br />

> si chiese.<br />

><br />

><br />

><br />

> disse lei ironica.<br />

><br />

E intanto si andava spogliando. Poi Anfistronzone si ittau nel letto e con foga<br />

maestosa si la pussirui tante e tante di quelle volta che perse <strong>il</strong> conto…. Se la prima<br />

volta ci parse uno stupro, le altre fu bellissimo… quella cosa caura come una folgore<br />

di Zeus ci mittia cauro in tutto <strong>il</strong> corpo.. la mannava in estasi .. ci incendiava <strong>il</strong><br />

pacchio, <strong>il</strong> cuore e <strong>il</strong> ciriveddu.. e la notte ci parse interminab<strong>il</strong>e.. non una notte<br />

normale ma una notte triplicata…eppure volò via in attimo... tra una fottuta e<br />

l’autra... tra una simina e l’autra...<br />

> disse Alcmhona.<br />


incinta... farai un maschione tale e quale a mia…. Bello muscolosa già da piccolo.. un<br />

neonato palestrato farai..>><br />

><br />

<br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Il generale tinia nelle mani un pugno di p<strong>il</strong>a.<br />

> chiese la donna.<br />

><br />

si taliau <strong>il</strong> pacchio. Era mezzo sp<strong>il</strong>ato.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Finalmente <strong>il</strong> generale andò via.<br />

Ma n’autro mascolo ingrifato aveva seguito tutta la facenna. Passano appena pochi<br />

minuti , o forse tanti, e la porta della camera da letto si riaprì.<br />

> chiese tutta soddisfatta.<br />

><br />

>


disse l’uomo con voce erotica<br />

assai. L’uomo si buttò sul letto e incominciò a fare i suoi lavori d’aceddu.<br />

> disse la donna,<br />

sentendo una minchia che paria cresciuta in fretta.<br />

> disse l’uomo.<br />

> chiese .<br />

><br />

> disse la donna. .<br />

><br />

> disse Alcmhona<br />

tutta soddisfatta.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose l’uomo.<br />

> disse Alcmhona che<br />

avrebbe consumato pure le ciolle di marmoro delle statue tanto oramai era appitittata<br />

di marrugghiu.<br />

><br />

><br />

><br />

> chiese la donna.<br />

><br />

E futtenu e rifuttenu. Ad Alcmhona non ci paria vero. Quello stava recuperando in un<br />

fiat. La prima visita era stata numericamente impressionante, la seconda si stava<br />

addimostrando oltre che numericamente impressionante anche assai assai assaissimo<br />

sostanziosissima per via dello sv<strong>il</strong>uppo micidiale dell’organo masculino usato. La<br />

sua impressione era quella che a chi chiù fotteva chiù grosso ci addivintava l’aceddu.


Il tempo parse lungo ma forse fu breve. Oppure fu tutto all’incontrario. Comunque<br />

una cosa fu certa. In numero delle ficcate fu elevatissimo. La qualità eccezionale. La<br />

dose di sasizza impressionante.<br />

> disse l’uomo.<br />

><br />

> rispose l’uomo che aveva assistito, nascosto, alle prima serie di ficcate<br />

divine.<br />

><br />

><br />

> disse<br />

Alcmhona felice di pacchio e di ciriveddu.<br />

><br />

Passò nu poco tempo e tuppulianu forte. Il sole era già alto e in casa ci stava odore di<br />

roba da mangiare tutta profumata. Alcmhona stava a letto a godersi la sazietà di<br />

pacchio raggiunta. Due visite ufficiose veramente eccezionali. E adesso ci sarebbe<br />

stato l’arrivo ufficiale.<br />

> pinsò la donna.<br />

> chiesero i servi che di tutto <strong>il</strong> via vai notturno non avevano visto niente<br />

ma solo sentito rumori strani.<br />

><br />

> si chiesero i servi.<br />

> disse Alcmhona a sè stessa.<br />

E Anfistronzone, tutto allicchittiata in pompa magna, fece <strong>il</strong> suo ingresso in casa. E<br />

abbrazzau la moglie.<br />

><br />

disse <strong>il</strong> generalissimo all’orecchio della moglie, parlando piano piano.<br />

> rispose quella che nell’abbraccio senti<br />

<strong>il</strong> desiderio ufficiale ufficialmente farsi strada dopo aversela fatta ufficiosamente.<br />

E partirono per <strong>il</strong> letto.<br />

> disse<br />

<strong>il</strong> generale in parte rivolgendosi ai servi e in parte alla moglie.<br />

Si avviarono verso la camera da letto.<br />

><br />

rispose lei piano piano ma<br />

contenta per le nuove dosi di minchia che si prospettavano.<br />

> si chiese nella sua testa. .


Anfistronzone si spogliò lentamente. E ridendo disse:<br />

><br />

><br />

Ma quannu cariu l’ultimo pezzo, <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi, Alcmhona ebbe una brutta sorpresa.<br />

Quella cosa che si aspetta immensa era diventata piccola.<br />

disse la donna nella sua testa.<br />

Intanto <strong>il</strong> marito le stava acchianando addosso.<br />

> rispose la donna ridendo anche lei<br />

perchè pinsava alle tante ficcate ufficiose.<br />

Il generale , preso dalla foga erotica minchiolesca , nun ci fici mancu casu ca la sua<br />

ciolla s’era inciollata in un fiat senza attruvari ostacoli. E neanche che lei godeva da<br />

femmina esperta o no da novella ficcatrice. Venne in un amen e poi ci riprovò e<br />

rivenne. Ci riprovò ancora ma non ci la fici. E si addormentò.<br />

Alcmhona invece si misi a pinsari. La minchia che si arricordava grossa pe la prima<br />

visita e grossissima per la seconda adesso era diventata piccola.. ma d’altra parte si la<br />

cosa usata si sv<strong>il</strong>uppa la cosa usata allo stesso tempo si consuma.. e se dopo le prime<br />

tante fottute si era sv<strong>il</strong>uppata con le altre tante fottute si era consumata… e adesso<br />

non ci la facia chiù di tanto…<br />

Alcmhona continuò a pensare.<br />

><br />

Passanu li iorna e Alcmhona scoprì di essere incinta. La panza unciau assai e troppo<br />

presto.<br />

> si chiese Anfistronzone.<br />

Poi Zeus appariu in sogno al generale e ci disse: .


> rispose <strong>il</strong> mortale.<br />

><br />

> disse lui nel sogno , ballando per la felicità..<br />

><br />

><br />

><br />

> rispose scherzando i generale.<br />

> replicò serio serio Zeus.<br />

> rispose Anfistronzone contento per la triplice paternità<br />

ma ancora curioso delle notizie che Zeus ci doveva dare.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Nel sogno Anfistronzone si cacau pi lu scanto.<br />

> disse ,<br />

sempre nel sogno, Anfistronzone.<br />

Ma <strong>il</strong> culo però era veramente tutto inc<strong>il</strong>ippiato di merda. La cacata del sogno era<br />

avvenuta in parallelo alla cacata reale.<br />

> disse Zeus


><br />

><br />

precisò Anfistronzone<br />

><br />

> ci scappò al generale.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E si ricacò. Nel sogno e nella realtà invece , altre che ricacarsi, si pisciò.<br />

Finalmente Anfistronzone si svegliò di botto.<br />

><br />

Era effettivamente tutto cacato e pisciato. Al suo fianco Alcmhona dormiva<br />

tranqu<strong>il</strong>lamente. La sua pancia era enorme. Lì dentro crescevano Erciollino,<br />

Erciollone e Ercolone…Poi taliò <strong>il</strong> pacchio di sua moglie.. era bello… troppo bello..<br />

se aveva appitittato a Zeus e a <strong>Priapo</strong> non poteva non essere un pacchio bellissimo..<br />

fu contento di questo onore.. anche se si sentiva cornuto le sue corna erano divine.. lo<br />

taliò da vicino.. non era poi così sd<strong>il</strong>labbriato.. era un pacchio che riria.. era un<br />

pacchio felice.. era un pacchio contento..<br />

><br />

pinsò Anfistronzone.<br />

Si lavau pulito e tornò a letto. E quannu Alcmhona si svegliò, ci contò la cosa.<br />

> disse lei.<br />

> ridisse lei.<br />

> riridisse lei.<br />

E rise. E per non pensare alle divine corna rise pure <strong>il</strong> generale.<br />

Poi la moglie ci contò come erano andate le cose.


Da allora trummianu alla grande. A secondo di come si sentiva Anfistronzone facia<br />

na vota la parte di sé stesso, na vota quella di Zeus, e n’autra vota quella di <strong>Priapo</strong>..<br />

E quannu i tri carusi nascenu, così come detto da Zeus, <strong>il</strong> generale fece.<br />

Chiamò Erciollino suo figlio ,piccolo ma con un bel pisellino. Chiamò Erciollone <strong>il</strong><br />

figlio di <strong>Priapo</strong>, piccolo ma tutt’aceddu. Chiamò Ercolone <strong>il</strong> figlio di Zeus, una<br />

bestia di neonato con un aceddu normali…<br />

Dopo la gloriosa fottute con Alcmhona <strong>Priapo</strong> canto felice:<br />

><br />

La storia di Alcmhona che feci tri gemelli che gemelli non erano ispirò tanti<br />

manipolatori della parola.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Tre phalli per una fika. Naturalmente in greco.<br />

Mhassymylyano scrisse <strong>il</strong> Carmen Tre mentule per un cunnus. Naturalmente in<br />

dialetto latino.<br />

Lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> solito romanzo in dialetto sic<strong>il</strong>iano. Titolo Cent’anni cu tri<br />

minchi dintra nu sulu cunnu.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. Tanto per.<br />

<br />

Elena: un cunno per tre minchie.<br />

Dopo che la bella Elena scappau a Purceddopolis col suo ganzo a Munipuzos successi<br />

l’ira di <strong>dio</strong>. O meglio, l’ira del cornuto Minkialao e <strong>dei</strong> suoi amici. E soprattutto l’ira<br />

di Agaminkione che si vedeva scappare quello che considerava già suo.<br />


un bordello.. di fare una guerra.. una guerra per <strong>il</strong> pacchio di Elena...>> pinsava<br />

sempre.<br />

Minkialao invece dimagrì in modo impressionante. Poiché <strong>il</strong> pettegolezzo è sempre<br />

una cosa piacevole, la gente mormorava e spettegolava alla grande.<br />

><br />

Quannu ia in giro paria scemo.. scemo alla grande... e su questo lui ci giocava. In<br />

parte recitava . Ognuno facia la sua parte. La vita in fondo è un palcoscenico, un<br />

teatro.. ognuno interpreta se stesso e gli altri talino. E lui aveva deciso di recitare la<br />

parte del “ cornuto sofferente, del marito tradito, della minchia addolorata, del testa di<br />

cazzo perfetto.. ”<br />

> diceva a tutti.<br />

In realtà era siccu e rincoglionito perchè la nipote Ifigania si lu stava sucannu e<br />

spurpannu tuttu. Ma la gente non lo sapeva. Neanche Agaminkione lo sapeva e<br />

pertanto ci mannava sempre nuovo pacchio fresco.. ma lui non l’usava..<br />

> diceva.<br />

> dicevano le donne.<br />

> dicevano i masculi.<br />

> diceva <strong>il</strong> fratello.<br />

> diceva Fikennestra<br />

> dicevano le<br />

nipoti Cunnotemi e Elettracunnus che da sempre erano state innamorate perse dello<br />

zio.<br />

E si masturbavano anche loro .. tra loro.. si strofinavano la f<strong>il</strong>azza l’una contro l’altra<br />

armata .. ma soprattutto operavano sulla loro minchietta, quel clitoride d’avorio<br />

sempre sempre tiso..<br />

> diceva Ifigania che invece ci dava più di<br />

una mano.<br />

> ci rispondevano le sorelle.<br />

> replicò<br />

Ifigania >>><br />

Invece Ifigania faceva. E faceva alla grande. Quello si stava consumando dentro <strong>il</strong><br />

suo pacchio e non per <strong>il</strong> dolore dell’abbandono da parte di Elena.<br />

Anche Minkioreste avrebbe dato una mano e <strong>il</strong> resto per alleviare la sofferenza dello<br />

zio. In fondo avevano lo stesso tipo di ciolla.. d’avorio e inesaurib<strong>il</strong>e e instancab<strong>il</strong>e.. e


anche P<strong>il</strong>ade, per amore di Minkioreste, sarebbe stato pronto a dare tutto.. mani e <strong>il</strong><br />

resto anche..<br />

In realtà era tutto un teatro. In realtà Minkialao ficcava alla sanfasò con la nipote. Se<br />

ne fotteva di Elena, del fratello e della cognata, delle nipoti femmine e di Minkioreste<br />

e del suo compagno.. c’interessava solo Ifigania.. per <strong>il</strong> resto, della certissima guerra<br />

con Purceddopolis, si ni futtia non un cazzo ma un m<strong>il</strong>iardo di m<strong>il</strong>iardi di cazzi..<br />

Agaminkione da parte sua, mettendo da parte l’idea del ponte della pace e del<br />

matrimonio tra suo figlio Minkioreste e una figlia qualsiasi di Priamo, pinsau di farne<br />

un caso politico del rapimento della fica di Elena da parte di un cazzo della casa reale<br />

di Purceddopolis. Il tutto per abbattere una volta per tutte l’arrogante Purceddopolis e<br />

la sua casa regnante. In fondo tutti i pretendenti di Elena, a suo tempo, avevano<br />

giurato di addifenniri i diritti del marito sul pacchio di Elena. Qualunque fosse stato <strong>il</strong><br />

marito prescelto.<br />

Agaminkione convocò per prima cosa i plutocrati di Munipuzos.<br />

> incominciò.<br />

> disse Asinio.<br />

> aggiunse con la sua vocina culare <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e<br />

Faustino che si sentiva una principessa senza altrui pisello ma con già <strong>il</strong> suo.<br />

><br />

> pinsarono in tanti.<br />

><br />

> disse Lucio.<br />

><br />

> gridò Aconzio.<br />

> gridò tutto pomposo Agaminkione.<br />

> disse Aristodemo toccandosi la luminosa fronte. .<br />

><br />

> disse <strong>il</strong> ricco Plinio.<br />

In tanti risero. Tutti sapevano la storia della regina Fikennestra , che insoddisfatta<br />

dalle regali prestazioni della ciolla d’avorio di Agaminkione, aveva da tempo iniziato


a frequentare i <strong>bordelli</strong> per sole donne.. e che a un certo punto aveva addirittura perso<br />

la testa per un buttano frusteri e bello che tinia la ciolla d’oro...<br />

Krysegystos <strong>il</strong> suo nome d’arte...ma la ciolla in realtà era d’osso o roba sim<strong>il</strong>e, ma lui<br />

si la tingia colore dell’oro..<br />

Agaminkione sapeva, come tutti. E si ni futtia. A Fikennestra chiedeva solo di<br />

recitare la parte di regina.. così come lui recitava quella di re.. la parte di amante.. di<br />

femmina per lei.. di mascolo per lui.. ognuno la poteva recitare con chi cazzo voleva..<br />

Fikennestra odiava Agaminkione perchè le aveva ammazzato <strong>il</strong> marito e <strong>il</strong> figlio per<br />

poi obbligarla a sposarlo. Agaminkione si l’avia sposata non potendo avere Elena e<br />

con la speranza di averla come cognata amante.. ma non c’era riuscito in quanto<br />

quella era scappata.. comunque fotteva alla sanfasò.. aveva amanti, concubine , etere..<br />

un quasi bordello personale per allietare , adorare, contemplare e soddisfare la ciolla<br />

reale.. ed eventualmente anche le altre ciolle della casa reale.. c’erano in fondo anche<br />

suo fratello Minkialao e suo figlio Minkioreste.. <strong>il</strong> re maggiore, <strong>il</strong> re minore e <strong>il</strong> re<br />

futuro...<br />

Ma Minkialao si passava <strong>il</strong> tempo a fare mina mina e l’altro a checcheggiare con<br />

P<strong>il</strong>ade..<br />

Comunque tutto era solo e soltanto ufficioso.. <strong>dei</strong> potenti si poteva solo<br />

spettegolare.. spettegolare e basta.<br />

E da un po’ si spettegolava anche di Ifigania.<br />

><br />

Ma a parte tutto adesso c’era da metter su <strong>il</strong> fatto politico. La fica di Elena era una<br />

fica istituzionale.<br />

Pertanto Agaminkione rispose tono su tono a tutti. Severo come uno Zeus incazzato.<br />

E con accanto tutti i membri della casa reale. Tutti immersi nel loro ruolo<br />

istituzionale. Superba la regina Fikennestra , che quannu l’amico dalla ciolla d’oro ci<br />

la ficcava diventava la protobuttana dell’universo e ittava uci ca paria la terra ca stava<br />

parturennu la luna.... o na iatta ca stava parturennu n’elefante...<br />

Austere Cunnotemi e Elettracunnus, con la loro verginità reale in cerca di un marito<br />

con altrettante caratteristiche ma che la notte si stricavano la f<strong>il</strong>azza l’una contro<br />

l’altra armata e con un ardore impressionante.<br />

Virginea e innocente Ifigania, che invece si stava spurpando vivo lo zio, ci stava<br />

sucannu anima, core e ciriveddu e tutto <strong>il</strong> resto...<br />

Addolorato e muto nel suo incommensurab<strong>il</strong>e dolore di cornuto Minkialao, che<br />

invece non vedeva l’ora di andare a ficcarsi nel portuso di Ifigania. Tutto intero<br />

potendo ci si avissa ficcato.<br />

Altero e fiero Minkioreste, come un principe in attesa della sua principessa, eppure in<br />

quel momento pinsava al culo di P<strong>il</strong>ade dalle natiche ballerine.<br />

Ma quello che stavano facendo per <strong>il</strong> popolo era solo e soltanto teatro. Era<br />

sceneggiata per <strong>il</strong> potere. Era solo un buttare la pruli nell’occhi della gente, negli<br />

occhi del popolo bestia. Era una messa in scena allucinogena per <strong>il</strong> potere. Per<br />

mantenerlo e conservarlo nel tempo.


Il resto erano solo e soltanto cazzi privati. Ma stavolta privato e pubblico si stavano<br />

confondendo. Un vero e proprio conflitto di interessi. Il pititto della fica di Elena<br />

spingeva Agaminkione a montare <strong>il</strong> caso politico con la speranza di montare poi la<br />

cognata... Agaminkione era pronto a giocarsi <strong>il</strong> tutto per tutto. Voleva la corona di<br />

Purceddopolis sulla testa e la fica di Elena sulla minchia.<br />

> rispose al plutocrate di turno ><br />

> disse <strong>il</strong> generale Anfistronzone.<br />

> precisò Agaminkione.<br />

> chiese Crisostomo.<br />

> replicò Agaminkione.<br />

><br />

Agaminkione si toccò la testa.<br />

> intervenne Anfistronzone ><br />

Tutti sapevano che la moglie del re maggiore si la faceva con Krysegystos. Ma quelle<br />

erano corna umane ; e quelle umane sono veramente patrimonio dell’umanità intera.<br />

> disse Agaminkione che invece si era spesso sentito fare offensivi<br />

paragoni del tipo “ ma tu non sai che robba ci sta in giro”, “ ma tu non sai che manici<br />

tengono certi picciotti”.<br />

Ma lui non se l’era mai presa più di tanto. Era ciolla d’avorio e quindi inesaurib<strong>il</strong>e e<br />

instancab<strong>il</strong>e ma inciollava con chi voleva lui.. inciollare non faceva parte del teatro<br />

della vita, generalmente si inciolla per <strong>il</strong> proprio piacere personale.<br />

Pensava spesso alle corna storiche che Fikennestra ci facia con <strong>il</strong> suo ganzo a<br />

pagamento. Corna che erano la sua ossessione la notte. Ma ora si insinuò in lui anche<br />

l’ossessione della ciolla di <strong>Priapo</strong>. Il dolore fu grande, anche perché s’era visto


scappare <strong>il</strong> cunno che doveva consolarlo: Elena. Ma <strong>il</strong> potere era ancora più<br />

importante. E quello lo teneva in pugno. E con <strong>il</strong> potere in pugno la si può dare in<br />

culo a tutti. E mentre taliava la nob<strong>il</strong>e assemblea ci vinni un lampo di genio.<br />

><br />

Tutto contento, con enfasi, riprese <strong>il</strong> suo discorso.<br />

><br />

Tutti applaudirono.<br />

><br />

> gridò euforico Agaminkione.<br />

><br />

><br />

> gridarono col massimo della nob<strong>il</strong>tà i plutocrati.<br />

Il re maggiore rise col culo e on l’aceddu per non dare dimostrazione alcuna agli altri<br />

della grande soddisfazione che provava.<br />

Agaminkione convocò <strong>il</strong> popolo. E ci fici un discorso di quelli che sanno fare i<br />

politici quannu ci la devono ficcare in culo al popolo senza che questo ci faccia caso.<br />


qualcuno tiene <strong>il</strong> culo rotto io sono solidale con lui.. <strong>il</strong> vostro culo rotto è <strong>il</strong> mio culo<br />

rotto.. che lo sappiate…..solidarietà a tutto campo.. solidarietà totale.. pertanto se le<br />

vostre corna sono le mie, le corna della casa reale sono le vostre..>><br />

Il popolo bestia applaudì . Agaminkione riprese.<br />

><br />

Il popolo intero gridò: ><br />

><br />

><br />

Agaminkione , per <strong>il</strong> piacere, vinni dentro <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi.<br />

<strong>Priapo</strong>, sotto forma di popolano, si era addivertito a quelle dichiarazioni. Oramai in<br />

tanti non lo riconoscevano, era diventa bello bello, troppo bello veramente, in seguito<br />

all’operazione di sp<strong>il</strong>atura totale. Ma per proteggersi spesso amava travestirsi. Rise e<br />

pinsau che tutte le femmine di Munipuzos si l’era trummiate, pinsò che Fikennestra<br />

era una fica insaziab<strong>il</strong>e e altro.. pinsò anche al suo progetto.. e decise di andare avanti<br />

per la sua strada...<br />

> si<br />

chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

Pinsò comunque assai a Fikennestra. La prima volta che si l’era fatta, lui prestava la<br />

suo opera come “ buttano volontario “ in un bordello di lusso. La femmina non era<br />

riuscita a capacitarsi che ci potessero essere ciolle di cotal fattura e misura. Invasata o<br />

fors’anche ossessionate dalle misure, Fikennestra era sciuta letteralmente pazza di<br />

piaciri. Era corsa nuda dal proprietario del lupanare gridando come un ossessa:<br />

><br />

><br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

> disse l’uomo,<br />

> disse la regina perdendo i sensi.<br />

E ancora adesso, qannu Fikennestra ia a farsi futtiri, controfuttiri e catafuttiri da<br />

Krysegystos , trasendo chiedeva :<br />

><br />

<strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> bello <strong>dei</strong> belli e l’uccello degli uccelli, cantò felice.<br />


La mamma e la cugina<br />

Se promette di tacere<br />

Lo sa anche <strong>il</strong> parrucchiere<br />

E per tutto <strong>il</strong> vicinato<br />

S’incomincia a spettegolar..<br />

Donne mia appendete<br />

A dar peso alle parole<br />

Se la mia minchia vi vuole<br />

Mai dir lo dovete..<br />

scopar non è andarsi a maritar..>><br />

Si trattava adesso di coinvolgere nella guerra tutti gli alleati. Questo era <strong>il</strong> problema<br />

di Agaminkione. Di toccarli nel loro punto debole per costringerli a rispettare la<br />

parola data.<br />

Per l’es<strong>il</strong>io o espulsione teorica di <strong>Priapo</strong> la cosa era più semplice. Bastava un decreto<br />

reale. Ma se era più semplice era anche più diffic<strong>il</strong>e da attuare. Quello, volendo,<br />

poteva trasformarsi in qualsiasi cosa . Dopo questo inaspettato consenso popolare <strong>il</strong><br />

furbo Agaminkione convocò gli alleati.<br />

><br />

> gridarono gli alleati di Munipuzos.<br />

><br />

riprese Agaminkione.<br />

Tutti si tuccanu li testi.


continuò <strong>il</strong> re di Munipuzos.<br />

Tanti <strong>dei</strong> presenti si ritoccarono la testa, <strong>Priapo</strong> colpiva anche le polis vicine. Era una<br />

minchia girovaga.<br />

> concluse Agaminkione in uno stato<br />

di quasi esaltazione, con la testa in fiamme , in cuore impazzito e la ciolla addumata<br />

come una fiamma olimpica. Pinsannu anche che la riconquista del pacchio di Elena<br />

era solo e soltanto una scusa per piazzarla sulla sua coppola della minchia come<br />

corona di piacere...<br />

Tutti risposero al suo appello e stab<strong>il</strong>irono una data per ritrovarsi e iniziare la guerra.<br />

Homerino, <strong>il</strong> grande che scriveva in greco, mise in cantiere un’opera in greco<br />

intitolata Elena di Purceddopolis.<br />

Mhassymylyano, <strong>il</strong> sommo poeta che scriveva in dialetto latino, mise in cantiere un<br />

Carmen intitolato Elena, la meretrice reale.<br />

Lo scrittore peloso Santhokriso, che scriveva in dialetto locale, mise in cantiere un<br />

romanzo intitolato Cent’anni da buttanazza. Dedicato naturalmente ad Elena.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose, come al solito, una variante della<br />

domanda per cui era famoso.<br />

><br />

Quando fu <strong>il</strong> momento tutti quelli che avevano giurato in occasione del matrimonio di<br />

Elena e Minkialao partenu pi Munipuzos. Arrivò Odisseo. Arrivò Aiace. Arrivò<br />

Ant<strong>il</strong>oco . Arrivò Diomede. Arrivò Idomeneo. Arrivò F<strong>il</strong>ottete. Arrivarono tutti o<br />

quasi tutti.<br />

> gridavano<br />

come ossessi.<br />

Non arrivò Ach<strong>il</strong>le.


Ach<strong>il</strong>le non arrivò. D’altra parte non aveva giurato. Lui non era stato tra i pretendenti<br />

di Elena. Era o non era cazzof<strong>il</strong>o anziché cunnof<strong>il</strong>o? Anche se ogni tanto anche in un<br />

cunno si inf<strong>il</strong>ava.<br />

E <strong>il</strong> furbo Ulisse partiu pi circallu. Con Nestore e Aiace.<br />

><br />

Infatti Ach<strong>il</strong>le viveva cu li fimmini vistutu da fimmina e facia l’omminu sulu nel<br />

pacchio di Deidamia e fors’anche di altre ragazze. Nello stesso tempo facia la<br />

fimmina cu Patroclo. O forse entrambe le parti. Con reciproco e sommo piacere. Da<br />

amante ad amante e da amato ad amato.<br />

Odisseo a vedere quel gineceo in fiore si eccitò assai e disse:<br />

><br />

Fece portare allora <strong>dei</strong> doni e disse alle ragazze :<br />

><br />

E quelle scelsero . Anche Pirra, nome femmin<strong>il</strong>e di Ach<strong>il</strong>le, scelse. Fu allora che<br />

suonarono le trombe; e l’eroe in pectore, a quel suono , si denudò <strong>il</strong> seno che non<br />

c’era e gridò:<br />

><br />

Poco dopo partì con Odisseo portandosi i suoi Mirmidoni e l’amato Patroclo.<br />

Ach<strong>il</strong>le sapeva di non tornare vivo ma sapeva anche che sarebbe diventato un eroe<br />

immortale… un eroe eterno.. l’eroe degli eroi..<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Ach<strong>il</strong>le kriptophallus , Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Ach<strong>il</strong>le<br />

mentula nascosta e lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni con la minchia<br />

ammucciata come Ach<strong>il</strong>le.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />

><br />

Come mai, Gellio queste tue labbrucce di rosa<br />

si fan più bianche della neve d'inverno,<br />

quando <strong>il</strong> mattino esci di casa o quando verso sera<br />

nei giorni d'estate ti scuoti dal tuo dolce riposo?<br />

Non capisco. O forse è vero, come si mormora,<br />

che sei ginocchioni un divoratore di cazzi?<br />

Certo è così: lo gridano le reni rotte di Vittorio,<br />

poveretto, e le tue labbra macchiate dello sperma succhiato.<br />

Antologia Palatina<br />

A dire <strong>il</strong> vero vero veramente anche Odisseo aveva cercato di scansari la guerra. Il<br />

furbastro sperava di farcela. Anche se tutti lo consideravano figlio di Laerte<br />

Kornutonio e Anticlea Panzagiakina , in realtà egli era figli del superfurbissimo


Sisifo. Praticamente quannu Anticlea si maritò tinia già la sorpresa. In fondo era<br />

furba anche lei, era la figlia del brigante Autolico. Fu infatti <strong>il</strong> nonno ladro che gli<br />

impose <strong>il</strong> nome di Odisseo.<br />

><br />

Eppure Odisseo aveva giurato di addifenniri i diritti maritali, qualunque fosse stato <strong>il</strong><br />

marito, sul puttanesco pacchio di Elena. Sapendo che lo stavano cercando e si finse<br />

pazzo. Girava nudo per le campagne, scavava buche e poi ci si assittava di sopra.<br />

Quindi li ricopriva di terra. A chi gli chiedeva del suo operato rispondeva:<br />

><br />

> chiese Minkialao che era venuto a cercarlo<br />

con Palamede.<br />

><br />

> pensarono Minkialao e<br />

Palamede.<br />

> chiese Minkialao.<br />

><br />

> richiese quello.<br />

> rispose Odisseo.<br />

Palamede non disse niente, Minkialao s’incazzò.<br />

> sbottò Minkialao.<br />

A Palamede venne n’idea.<br />

><br />

Ci deseru lu picciriddu e lui lo mise in un fosso.<br />

><br />

Odisseo non rispose. Taliò suo figlio che piangeva e sbottò a piangere. Non<br />

cummigghiò lu picciriddu. Ma si lu stringiu forti in petto. Poi chiese una notte e un<br />

giorno. La notte la passò con la ciolla dintra <strong>il</strong> pacchio di Penelope. Ininterrottamente<br />

si la trummiò.<br />

><br />

> rispose la moglie.<br />

> disse Odisseo pinsando alla profezia che ,<br />

partendo per la guerra, sarebbe tornato dopo vent’anni.<br />

> rispose la moglie che era un tipo ottimista.


><br />

Il giorno invece Odisseo lo passò a pazzeggiare con Telemacuccio.<br />

Fu così che Odisseo partì per la guerra. Non pensava a niente. Odiava soltanto<br />

Palamede che aveva scoperto la sua finta pazzia.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema Odisseo, phallus pazzo.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Odisseo, mentula follis.<br />

Lo scrittore Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di minchia pazza.<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una nuova variante della<br />

fondamentale domanda centro cruciale della sua f<strong>il</strong>osofia f<strong>il</strong>osofica e scientifica e<br />

religiosa e atea e tutto e contro tutto e a favore di tutto e.. e basta.<br />

><br />

Prima l’afferra ccu duci carizzi<br />

L’affumicata celibri minchiazza:<br />

Idda si fa la facci pizzi pizzi,<br />

Iddu ci metti ‘mpocu di sputazza.<br />

Ma ore è l’ura chi vennu li sbrizzi,<br />

Iddu stenni nna manu a la spaccazza<br />

E tastiannu la p<strong>il</strong>usa rocca<br />

Cerca, afferra, mania, tocca e ritocca.<br />

Tuccannu e rituccannu cunnu e culu,<br />

Non ha paci se tutta ‘un ci la metti:<br />

Cci va supra arrittatu comu un mulu,<br />

E cci stringi li minni, e la scunnetti.<br />

Di dui corpi si fici un corpu sulu;<br />

Li vrazza si cuntorcinu a li petti,<br />

E uniti comu stannu corda e sicchiu,<br />

Panza e panza si adatta , e cazzu e sticchio.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>


VII . L’andropriapomachia e la guerra di Purceddopolis<br />

‘Mpugna ddu sulennissimu rapista,<br />

E ‘ntra nna fedda e l’autra l’assesta;<br />

Ietta un gran corpu arrabbiatu in vista,<br />

Ma cci ‘ngagghiau la minchia mezza testa.<br />

Nisciuta un pocu, nova forza acquista<br />

La ‘mpungna arreri, ci la metti, arresta;<br />

Poi dintra imputusa ci la scagghia,<br />

Ma ‘ntra lu megghiu di lu corpu ammagghia.<br />

E nica la porta e nun trasia,<br />

Ca nuddu ancora ci l’avia ficcatu:<br />

Veniri a lu duluri si turcia,<br />

Già si abbannuna, e non avi chiù ciatu;<br />

Qualchi stizza di sangu si vidia<br />

Dintra ddu sticchiareddu d<strong>il</strong>icatu:<br />

Chiddi carni parianu virmigghi,<br />

Comu la paparina ‘ntra li gigghi.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

In quei giorni c’erano due argomenti di discussione a Munipuzos. E anche in tutte le<br />

polis alleate. La buttana di Elena ca scappau cu lu minchiuni forestieri con la<br />

conseguente guerra imminentissima pi riportalla a casa; e lu minchiuni divinu ca si<br />

trummiava tutti li fimmini di lu paisi ca erunu nu pugnu di buttanazzi. Anche a<br />

Purceddopolis di parlava di queste cose: le corna <strong>dei</strong> vicini e la richiesta respinta di<br />

restituire Elena alla gioia dell’aceddu maritale con tutte le conseguenze del caso. Ma<br />

Munipuzos insisteva.<br />

><br />

><br />

> grido Agaminkione.<br />

> ribatte Minkialao.<br />

La diatriba andava avanti.<br />

<br />

> diceva <strong>il</strong> generale Guerra.<br />

> rispondeva <strong>il</strong> generale Taliò.<br />

><br />

><br />

><br />

E recitavano <strong>il</strong> solito copione. Paria na sceneggiata alla Pattuallopolis.


Intanto le corna priapesche portarono a una grave crisi tra i cittadini di Munipuzos e<br />

<strong>Priapo</strong>. La prima da che <strong>il</strong> mondo è <strong>il</strong> mondo. Ed è passata alla storia come “ la<br />

grande andropriapomachia” . Fu quando i mascoli in attività si resero conto che quasi<br />

tutte le donne della polis si l’erano fatta inciollare dal <strong>dio</strong>. Oramai l’elemento del<br />

curtigghiamentu generale tre le femmine erano le soddisfazioni provate, le sensazioni<br />

avute, <strong>il</strong> piacere sommo ricevuto dall’essere incunnare dalla gau<strong>dio</strong>sa , sostanziosa,<br />

spiritosa, portentosa minchia primaria dell’urbe e dell’orbe e dell’ universo intero.<br />

Tra le femmine del paese <strong>il</strong> passatempo preferito era cuntarisi <strong>il</strong> numero delle<br />

inciollature avute con <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

disse Poppea Gnea Fregnetta, che era la rispettab<strong>il</strong>issima consorte di un noto<br />

plutocrate .<br />

> aggiunse Pomponia Kallicunnia.<br />

Ma <strong>il</strong> discorso chiù divertente lo fecero tre signore che erano originarie della zona del<br />

premio Pattuallopolis. E a sentire quel discorso a cazzo di cane tutti risero.<br />

> disse una.<br />

> disse l’altra .<br />

><br />

><br />

><br />

> intervenne la terza ><br />

><br />

> disse la prima.<br />

> disse la seconda.<br />

> chiese la terza.<br />

><br />

> si chiesero in coro.<br />

Su questa storia delle commari della zona del Pattuallopolis si scrisse tanto.<br />

Homerino , come al solito, confezionò un poema. Titolo Otto o quattro m<strong>il</strong>ioni di<br />

dosi phallo: qual è la verità?


Mhassymylyano scrisse un Carmen intitolato Otto o quattro m<strong>il</strong>ioni di dosi di<br />

mentula: qual è la verità?<br />

Lo scrittore Santhokriso scrisse, tanto per non cambiare, <strong>il</strong> solito romanzo. Titolo<br />

Cent’anni di pacchio per avere otto o quattro m<strong>il</strong>ioni di dosi di minchia.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />

><br />

I mariti, a sentire queste prodezze ciollesche di <strong>Priapo</strong> con le loro signore, stavano<br />

male. Erano in crisi ansioso depressiva sia loro che le loro ciolle.<br />

L’impotenza d<strong>il</strong>agava . L’ansia da prestazione faceva minnitta di plutominchie e<br />

ciolle proletarie. La minchiologia comparata messa in atto dalle donne mittia in crisi<br />

cirivedda e acedda.<br />

Se Zeus visitava i cunni locali era solo un piacere e basta. L’aggeggio era nella<br />

normalità. O poco più della normalità. Una ciolla di buona fattura ma immortale ,<br />

suppergiù come tante ciolle di carne mortale.<br />

Ma <strong>Priapo</strong> no . Quello era un mostro. Un mostro di bellezza, da quando si era sp<strong>il</strong>ato,<br />

e un mostro tra le gambe, da sempre. Quello scandalizzava i cunni delle femmine che<br />

si abituavano a quella cosa enorme e non si accontentavano più di quelle normali.<br />

Decisero pertanto di espellerlo dalla polis. Es<strong>il</strong>ararlo come minimo nel bosco di<br />

Mynkyalonya. Es<strong>il</strong>io volontario, espulsione volontaria. Questa poteva essere una<br />

delle soluzioni. O forse l’unica soluzione .<br />

Oramai le femmine ai loro uomini dicevano sempre frasi offensive.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Anche Fikennestra veniva spesso visitata da <strong>Priapo</strong>. Che si concedeva volentieri, ma<br />

la sua passione era e restava tutta per <strong>il</strong> suo buttano Krysegystos. <strong>Priapo</strong> visitava<br />

anche le tre figlie di Agaminkione. Ma si addivertiva solo e soltanto con Ifigania…<br />

Quella era posseduta del pititto . E lui la spitittava alla grande. Ma la ragazza , che<br />

con <strong>il</strong> <strong>dio</strong> godeva in modo divino, restava sentimentalmente legata allo zio.<br />

Minkioreste, geloso, una volta si coricò al posto di Ifigania. E <strong>Priapo</strong>, pur sapendo la<br />

verità, accontentò <strong>il</strong> picciotto mettendogliela nel sedere.<br />

> furono le<br />

conclusioni del figlio di Agaminkione.<br />

I mascoli si riunirono in assemblea.<br />

> disse Gneo Pomponio Cornelio.<br />

>


> dissero i laici.<br />

> dissero i credenti.<br />

> ridisse Gneo Pomponio Cornelio che era cornuto di<br />

moglie, madre e di tutte e cinque le sue figlie. Cornuto sia ad opera di mortali ma<br />

soprattutto, e questo gli rodeva, ad opera di <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse Agaminkione che era stato visitato da <strong>Priapo</strong> anche lui. Una notte<br />

all’improvviso , intanto che dormiva, si era svegliato sentendosi trapanare ma oramai<br />

era tropo tardi. Il trapano aveva già fatto <strong>il</strong> suo lavoro.<br />

E pure Minkialao era stato onorato dalla visita di <strong>Priapo</strong>. Di botto e a sorpresa.<br />

><br />

> dissero in tanti.<br />

<strong>Priapo</strong> intanto continuava la sua solita vita. La notte andava in giro per i <strong>bordelli</strong> di<br />

Munipuzos, <strong>il</strong> giorno lo passava nel bosco di Mynkyalonya. Nel bosco c’erano, oltre<br />

alle amati Menadi, le ninfe Phallike, le Penike, le Minkionike, le Kazzonike , le<br />

Aceddike, le Ciollike e tante altre.. e poi, come compagni di ficca e rificca, aveva<br />

Seleni e Satiri. Col vecchio e obeso S<strong>il</strong>eno che si dava ancora da fare alla grande.<br />

<strong>Priapo</strong> assisteva con un certo disinteresse alle beghe di paese e si ni futtia.<br />

><br />

Comunque stava a sentire con l’aricchi quello che succedeva in paese e intanto<br />

continuava a ficcari con l’aceddu. Dove c’era un portuso lui si ficcava. E cantava alla<br />

mi ni futtu.<br />

><br />

Il poeta Mhassymylyano da Munipuzos lo celebra così nel Carmen XL.<br />


anche Apollo è desiderab<strong>il</strong>e per la sua bellezza:<br />

avvenente è raffigurato pure Lieo,<br />

ma Cupido è certamente <strong>il</strong> più bello di tutti.<br />

Ammetto di non essere bello<br />

ma ho un magnifico cazzo.<br />

Se c’è una fanciulla dalla buona fica<br />

preferisce questo a quello degli altri..>><br />

> chiamavamo <strong>Priapo</strong> i dotti e colti latinisti.<br />

Dioniso seguiva le vicende del figlio dal rosso palo.<br />

><br />

Lui intanto continuava a girare <strong>il</strong> mondo. Una volta era sceso anche nel Tartaro per<br />

riprendersi la mammina Semele e portarla nell’Olimpazzo con nome di Tione. Ma<br />

non trovava la strada. Girava alla sanfasò intorno la lago di Munipuzos ma non<br />

trovava <strong>il</strong> portuso per trasire dintra la terra. E si stava anche incazzando.<br />

> disse a sé stesso.<br />

Gira e rigira incontrò Polimmo, un comune mortale.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Dioniso trovò la strada. E all’uscita, lassannu la madre ad aspettare un attimo, iu a<br />

circari Polimmo. Ma quello era morto. E siccome Dioniso era un <strong>dio</strong> di parola pinsò a<br />

come saldare <strong>il</strong> debito Preso nu ramu di ficu lu fici a minchia e si lu trasiu nel culo.<br />

Per mantenere la parola Dioniso si autosodomizzò Tutto accanto alla tomba di<br />

Polimmo.<br />

><br />

Poi portò la madre nell’Olimpazzo, con un nome nuovo. Tione.<br />

Adesso era reduce da una bella avventura in oriente con piccolo imprevisto. La<br />

perdita del vecchio S<strong>il</strong>eno. Il corteo di Menadi vogliose che agitavano <strong>il</strong> tirso, di<br />

Satiri e S<strong>il</strong>eni arrapati procedeva nella più totale ubriachezza. Ballando, cantando e<br />

bevendo . Ogni tanto si fermavano e scatenavano una bella orgetta. Tra di loro o con


qualche popolazione locale. Non sempre erano ben accetti. C’era chi apprezzava la<br />

“festa erotica” e chi la condannava. Dioniso premiava chi si lasciava coinvolgere<br />

insegnandogli sia la coltivazione della vite che come farne <strong>il</strong> vino, agli altri invece li<br />

faceva uscire di testa. Li faceva impazzire. E succedevano certe tragedie che erano la<br />

fine del mondo.<br />

Durante questo viaggio a un certo punto si accorsero di aver perso S<strong>il</strong>eno.<br />

> gridò qualcuno.<br />

E tutti gridarono : ><br />

S<strong>il</strong>eno s’era perso ed era finito alla corte di re Mida… e lo intratteneva con storie<br />

fantastiche…<br />

> ci addomandava Mida.<br />

> rispose S<strong>il</strong>eno.<br />

< Voglio che tutto quello che tocco addiventi oro..>><br />

><br />

Mida si accorse presto che <strong>il</strong> dono ricevuto era una maledizione. Toccava una pietra<br />

e questa diventava oro. E questa era una bella cosa. Ma se toccava <strong>il</strong> cibo anche<br />

questo diventava oro. Ma la soluzione fu trovata. Gli davano da mangiare gli altri.<br />

Trasformava in oro anche i suoi rifiuti organici. Pisciava e pisciava oro. Cacava e<br />

cacava oro. Ma quannu vinni <strong>il</strong> momento di ficcare iniziarono i guai.<br />

Appena toccava <strong>il</strong> pacchio quello addivintata d’oro. Anche se lo toccava solo con la<br />

ciolla quello addivintata d’oro. E tutto finiva.<br />

> disse Mida incazzatissimo.<br />

Alla fine Mida chiese a S<strong>il</strong>eno di tornare come era prima. E S<strong>il</strong>eno l’accontentò.<br />

Dopo questa bella avventura S<strong>il</strong>eno fu riaccompagnato dal suo Dioniso.<br />

E Dioniso adesso era tutto preso dalle vicende di suo figlio <strong>Priapo</strong>. Ma l’amore per i<br />

viaggi, le avventure, le scoperte, avevano sempre la meglio. Adesso era in partenza<br />

per andare oltre le colonne di <strong>Priapo</strong>, per vedere e capire cosa c’era al di là.<br />

Queste colonne altro non erano che due Minkianturm, due torri di Babele a forma di<br />

minchia grandissima, altissima, enormissima… Due minchie che puntavano al cielo..<br />

ma segnavano anche <strong>il</strong> confine del noto, del saputo, del conosciuto..<br />

Dioniso era stato ad est, a nord, a sud.. gli mancava l’ovest.. ed era ora di andare a<br />

vedere…quelle colonne le aveva erette suo figlio <strong>Priapo</strong> quando s’era fatto un<br />

viaggio alla ricerca di un fica più bella di quella di sua mamma Afrodite..<br />

si era<br />

chiesto.<br />

E quando aveva capito che al di là si quello stretto che era <strong>il</strong> cunnus del Mare<br />

Nostrum attraverso <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> Panthalassa ci la ficcava e rificcava, non c’era niente,<br />

aveva innalzato quelle colonne. Come dire:<br />

><br />

Dioniso aveva chiesto anche <strong>il</strong> perchè di quel nulla a Zeus.<br />

><br />

> aveva risposto Zeus.


aveva risposto<br />

serio serio Dioniso.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispunniu Zeus.<br />

> ci disse Dioniso.<br />

E infatti partì.<br />

<strong>Priapo</strong> una mattina si visti consegnare un foglio di “ espulsione teorica “ da<br />

Munipuzos. “ Teorica “ perché un <strong>dio</strong> non si poteva comandare ma solo pregare e<br />

invitare. Non altro.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> rise. “ Dovrebbe lasciare..” diceva <strong>il</strong> messaggio.<br />

> pensò <strong>Priapo</strong>. Poi disse:<br />


<strong>il</strong> pacchio di Elena e si appresta a fare una guerra sappia che io mi sono fatto la sua<br />

cognatuccia.. che mi sono fatto pure le sua signora e anche le sue tre figlie.. e come se<br />

non bastasse mi sono fatto anche <strong>il</strong> suo sederino, quello del suo amato fratello e tanto<br />

per fare <strong>il</strong> pieno anche quello di suo figlio Minkioreste…perchè io.. io vado a<br />

pacchio.. ma delle volte pure a culo.. io vivo per <strong>il</strong> pacchio.. e per <strong>il</strong> resto.. io sono la<br />

felicità del pacchio e del resto.. quindi non ne posso fare a meno.. ma di pacchio è<br />

pieno <strong>il</strong> mondo.. Munipuzos o altra polis .. <strong>il</strong> pacchio è sempre uguale… e <strong>il</strong> resto<br />

pure.. lui invece ha bisogno della mia minchia.. ma proprio della mia, di quella del<br />

<strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>.. e minchia di <strong>Priapo</strong> ci ni sta solo una… quindi dico sicuramente<br />

arrivederci… io ficco, fotto, chiavo, scopo, inculo, sodomizzo , incunno, inf<strong>il</strong>azzo,<br />

inchiavo, inf<strong>il</strong>o, trummio, scampaniu con o senza Munipuzos.. lui invece senza la mia<br />

minchia è perso.. anzi, Munipuzos è persa...>><br />

E cantò come al solito:<br />

><br />

Nel pomeriggio <strong>Priapo</strong> si fici <strong>il</strong> giro <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong> e parlò e scopò con tutte le lupe e i<br />

lupi. Quella sera fu tutto un futti futti generale. Tutti gli uomini di Munipuzos ienu al<br />

bordello. E la festa continuò per tutta la notte.<br />

Anche qualche fimmina iu al bordello. <strong>Priapo</strong> da parte sua si fici anche <strong>il</strong> giro di tutte<br />

le case della polis. Accontentò tutte le signore e organizzò la sua minnitta. Non<br />

trovava Fikennestra ma poi la rintracciò che cavalcava Krysegystos. E facendosi una<br />

doppietta, lui in culo e Krysegystos in fica, la convinse ad aderire al suo progetto.<br />

Molti <strong>dei</strong> osservavano <strong>il</strong> lavoro di <strong>Priapo</strong>. Mamma Afrodite rideva e trombava alla<br />

grande. Dioniso era in viaggio. Nonno Zeus rideva sotto i baffi.<br />

><br />

Il capo<strong>dio</strong> Zeus rideva e scopava.<br />

><br />

E intanto si convinceva sempre più che <strong>Priapo</strong> era più testa dura che minchia dura.


Era taliava e s’incazzava. Era colpa sua se <strong>il</strong> caruso era nato con quel fallo enorme .<br />

Quello che voleva essere una maledizione era addivintata una benedizione.<br />

><br />

Efesto taliava e malediceva. E trombava anche lui.<br />

><br />

All’alba <strong>Priapo</strong> usci dalla città con tutte le lupe e i lupi. Quella sera i casini restarono<br />

vuoti , non di clienti ma di operatori e operatrici sessuali.<br />

><br />

Tornarono a casa e si ienu a curcari cu li mugghieri. O cu l’amanti. O le concubine.<br />

Ma anche serve e cammarere. Ma quelle si dichiarano in sciopero sessuale.<br />

gridavano le donne.<br />

Ma <strong>il</strong> bello doveva ancora venire. Qualcuno pinsò di usare violenza alla propria<br />

donna. Ma trovò <strong>il</strong> pacchio cusuto, <strong>il</strong> culo con i denti , la bocca addivintata piccola<br />

piccola e li manu spinusi comu pali di ficupali. E forse anche peggio.<br />

><br />

pensarono gli uomini.<br />

Questi fatti furono mal comune. In tutte le domus dove c’era del pacchio successe la<br />

stessa scena.<br />

><br />

Ma attruvanu lu culu dentato.<br />

> pinsanu.<br />

Ma la truvau nica nica.<br />

><br />

Ma quelle erano diventate spinose. Peggio di una ficupala. Pertanto molti mascoli<br />

passarono le ore della notte a livarisi li spini dall’aceddu.<br />

> fu la conclusione a cui giunsero una volta despinato<br />

l’augello. E attaccarono i lavori di “ minamento” . Tutto procedeva bene ma quannu<br />

stava per arrivare <strong>il</strong> momento del piacere successe una nuova tragedia. Le braccia si<br />

accorciarono di colpo.


Ma li cula misiru la rara di ferru e la ucca addivintau nu furnu. Qualcuno si scottau<br />

l’augello. Uno di questi fu Agaminkione. Legatissimo al fratello, come primogenito<br />

lo aveva sempre sottomesso alle sue volontà sia politiche che sessuali.<br />

Tutti in mascoli di Munipuzos quella notte si addormentarono esausti e cu la minchia<br />

ca ci pruria. E nun si la potevano manco grattare. Fu una notte da incubo. Tra una<br />

dormitina e l’autra , cu si la strofinava di qua e chi di là. Ma la mattina successiva<br />

successe <strong>il</strong> resto.<br />

Quannu si arrispigghianu trovarono tutti <strong>il</strong> letto vuoto.. le mogli, le amanti, le<br />

concubine, le amiche di ciolla, le commari d’aceddu.. non c’erano più.. le femmine di<br />

casa e no , erano scomparse tutte… ma la cosa non era finita.. anche quella fu una<br />

giornata problematica ed esageratamente dedicata alla sofferenza.<br />

Sulle mura di Purceddopolis comparvero <strong>dei</strong> megacartelloni che dicevano “Noi<br />

abbiamo ficcato tutta la notte , e voi? “. Oppure “ Come sta <strong>il</strong> pacchio delle vostre<br />

signore?”. Ma anche “ Che <strong>Priapo</strong> vi assista”.<br />

A tanti ci pigliò <strong>il</strong> firticchio.<br />

><br />

Ma la nuova nottata fu tutta un incubo.. poi, la mattina successiva, successe <strong>il</strong> resto..<br />

tutti attruvau nel letto una fimmina bellissima.. minuta ..culuta.. ca si passava la<br />

lingua na lu mussu e prumittia un ripasso generale del Munipuzosutra.. al solo<br />

vederla la ciolla di tutti s’inciollò.<br />

> gridarono<br />

tutti.<br />

Anche chi non aveva una femmina in casa si ni ritrovò una nel letto. Bella, bona e<br />

soprattutto disponib<strong>il</strong>e. Ma quannu i mascoli di Munipuzos, tutti inciollati, si partenu<br />

p’inciollare, la ciolla crollò di colpo. E non si rialzo più.<br />

><br />

Da quel momento la disperazione si impadronì di tutti i mascoli.<br />

<br />

E giù manate, pugni, sputazzate, legnate e altro. E così per una settimana. Sempre con<br />

un pacchio a portata d’aceddu ma cu l’aceddu impotente.<br />

“ Saluti a tutti i mascoli di Munipuzos e alle loro minchie calanti. Da parte <strong>dei</strong><br />

Purceddopoliti minchie operanti “ diceva uno striscione sulle mura di Purceddopolis.


Poi ci fu una nuova novità. Si svegliarono e si accorsero che .. ma nun capenu. E<br />

quannu si susenu per andare a pisciare si accorsero che mancava anche lo strumento..<br />

e pure le sua palle…tutti erano stati deminchiati e detesticolati.<br />

><br />

Tutti furono presi dalle depressione aminchiale.. chi voleva lasciarsi morire di fame e<br />

chi di sete.. chi si voleva buttare giù dal faro e chi dall’acropoli.. chi chiedeva un po’<br />

di veleno o altro.. c’era anche chi malediceva i ritardi nella costruzione del ponte che<br />

sarebbe stato lo strumento di morte più spettacolare… tutti o quasi tutti volevano<br />

crepare..<br />

> dicevano gli abitanti mascoli di<br />

Munipuzos.<br />

Era un pianto continuo. Tutti i mascoli piangevano la gioielleria defunta . Furono fatti<br />

tanti funerali in quei giorni.. ognono seppelliva <strong>il</strong> suo aceddu e le sue palle..<br />

dappertutto si tumulavano minchie… o si incenerivano. A secondo delle usanze. Fu<br />

aperto anche un minchiatero, un cimitero per minchie e accessori . Si tennero orazioni<br />

funebri a ritmo continuo. Era ordinaria cosa ascoltare discorsi funebri come questo:<br />

><br />

Sulle mura di Purceddopolis compare uno striscione di quelli “ a lutto”.<br />

“ La cittadinanza di Purceddopolis partecipa affranta al dolore <strong>dei</strong> mascoli di<br />

Munipuzos per la perdita precoce della loro cara e adorata<br />

MINCHIA.<br />

Nell’esprimere solidarietà ci dichiariamo disponib<strong>il</strong>i a portare consolazione alle<br />

vostre donne che adesso si arritroveranno con la cosa vacanti. “<br />

Ai mascoli di Munipuzos ci pigliò <strong>il</strong> firticchio . In tanti andarono dallo<br />

psicominchiologo a addirittura dal minchiatra. E mentre tutti piangevano e si<br />

disperavano, nelle case di Munipuzos arrivò una allettante offerta <strong>dei</strong> lupanari di<br />

Purceddopolis, che di fregna erano pieni.<br />

“ Ficca tre, paghi due..”<br />

Ma a loro non interessava più. Lo strumento del piacere era morto e sepolto.<br />

Homerino da Munipuzos scrisse ben tre poemi. Naturalmente in greco.<br />

Titoli: Andros aphallus, Una polis senza phallus, <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> deminchiatore di<br />

Munipuzos.


Mhassymylyano , per non essere da meno, scrisse prima uno, poi un secondo e infine<br />

un terzo Carmen. In dialetto latino.<br />

Titoli: Homo amentula, Urbe senza mentula, <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> dementulatore di Munipuzos.<br />

Lo scrittore Santhokriso , travagliando notte e giorno e maledicendo i signori del<br />

Pattuallopolis, scisse tre romanzi.<br />

Titoli: Cent’anni di storia di mascolo senza minchia , Cent’anni di fatti e fattazzi di<br />

un paisi senza minchia, Cent’anni con <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> tagliaminchia di Monacazzo.<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose , come da prassi , una domanda<br />

moltiplicata per tre. Quindi tre domande.<br />

Domanda numero uno: ><br />

Domanda numero due: ><br />

Domanda numero tre: ><br />

La prima riunione in Ciaulide<br />

Ma non c’erano solo questioni di minchia personale. C’erano anche questioni di<br />

minchia istituzionale. Minkialao, anche se sminchiato, aveva <strong>il</strong> diritto di riavere la<br />

sua Elena. Intanto arrivarono gli alleati. Che restarono impressionati da quello che era<br />

successo. A Munipuzos non c’era più un mascolo con gli accessori. Né grande né<br />

piccolo. E non c’era neanche una femmina. Erano andate tutte a vivere con <strong>Priapo</strong>, a<br />

faris<strong>il</strong>la sfunnari da quel mostro di minchia soddisfatta e soddisfacente . E i <strong>bordelli</strong><br />

erano chiusi. Per mancanza di lavoratrici di ambo i sessi. Se n’erano andati tutti con<br />

<strong>Priapo</strong>. A Munipuzos <strong>il</strong> p<strong>il</strong>o si era estinto.<br />

Ma adesso ci stavano le minchie degli alleati di Munipuzos, e queste minchie<br />

addesideravano fottere.<br />

> disse Odisseo incazzato.<br />

> aggiunse Ach<strong>il</strong>le che non aveva problemi di pacchio in quanto Patroclo<br />

era con lui e pronto a dargli, a secondo <strong>dei</strong> casi, o <strong>il</strong> davanti o <strong>il</strong> darreri.<br />

Ma i Mirmidoni avevano bisogno di pacchio. Le loro formichine, formichette o<br />

formicazze avevano bisogno di un portuso.


pinsò Palamede.<br />

><br />

aggiunse F<strong>il</strong>ottete Fottettete.<br />

Comunque Agaminkione e i suoi alleati partenu pi la guerra. L’obiettivo era riportare<br />

Elena al talamo coniugale, anche se sarebbe stato un talamo in bianco. Lassanu la<br />

città in mano ai vecchi e ai ragazzini. Sminchiati anche loro. Ma <strong>il</strong> tempo era lario e<br />

<strong>il</strong> morale era giù. Erano <strong>dei</strong> senza ciolla e non volevano fare un cazzo. Solo gli alleati<br />

erano in armi di minchia e del resto e volevano combattere sia sui campi che sui letti.<br />

> si<br />

chiedevano Agaminkione e i suoi.<br />

E le questioni erano tante, ancora chiù assai di li cosi assai , Praticamente erano<br />

quasi infinite. E le profezie poi erano veramente tantissime. Ma gli uomini di<br />

Munipuzos credevano soltanto a Minkiacalcante. L’esercito comunque, come detto,<br />

partì. Mise le tende nella piana sottostante Purceddopolis, la cosiddetta Ciaulide. E<br />

tutti si misero a studiare come fottere Purceddopolis. Sia gli uomini con la minchia<br />

che quelli senza. Fu allora che arrivò Minkiacalcante, l’indovino che profetizzava<br />

osservando <strong>il</strong> volo degli uccelli.<br />

rispose l’indovino taliando gli uomini di Munipuzos.<br />

> chiese <strong>il</strong> re maggiore con accanto quello<br />

minore.<br />

><br />

> chiese Agaminkione.<br />

><br />

> chiesero Agaminkione e Minkialao.<br />

> precisò Minkiacalcante.<br />

> gridarono gli uomini di Munipuzos.<br />

><br />

><br />

><br />

> gridarono.<br />

><br />

> precisò<br />

Agaminkione.<br />

><br />

> disse Agaminkione.<br />

> disse Minkialao.


dissero gli altri.<br />

> si chiesero tutti.<br />

><br />

><br />

puntualizzò Agaminkione nu tanticchia incazzato.<br />

><br />

Tutti si talianu na la facci. Uomini con e uomini senza aceddu. Soprattutto quelli<br />

senza. Perchè <strong>il</strong> problema era loro. Gli altri se ne fottevano.<br />

> si chiesero tutti.<br />

Nessuno fece commenti. Tutti si ritirarono nella propria tenda per riflettere.<br />

Zeus convocò <strong>il</strong> Consiglio <strong>dei</strong> Tredici.<br />

><br />

Afrodite difese Paride e suo figlio Enea. Apollo disse la sua. E anche gli altri. Tutti<br />

dissero qualcosa tranne <strong>Priapo</strong>.<br />

> chiarì Zeus.<br />

Pallade Atena la sparò grossa:<br />

><br />

><br />

><br />


f<strong>il</strong>azza è fatta per f<strong>il</strong>azziare e <strong>il</strong> cazzo per cazziare…quindi Elena fa bene.. .. non<br />

usare questi strumenti è innaturale.. antibiologico e antiormonale diranno nu iornu gli<br />

stu<strong>dio</strong>si ..pertanto la bella Elena è come a mia.. buttaniere io e buttaniere lei.. anche<br />

se sarebbe meglio dire cunniere e mentuliera… e adesso tiriamo le conclusioni che mi<br />

sto scassando la coppola della minchia assai assai..>><br />

><br />

intervenne Artemide,<br />

> sparò <strong>Priapo</strong>.<br />

Quelle arussichianu mentre gli altri <strong>dei</strong> amminchiulienu.<br />

><br />

Tutti replicarono tranne <strong>Priapo</strong>. Alla fine Zeus decise per tutti.<br />

><br />

Tutti consentirono tranne <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

> rispose Zeus.<br />

><br />

><br />

> disse <strong>Priapo</strong> a malincuore.<br />

Homerino scrisse <strong>il</strong> poema <strong>Priapo</strong> e <strong>il</strong> suo phallus vanno in guerra.<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen <strong>Priapo</strong> e la sua mentula vanno in guerra.<br />

Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di guerra con la minchia di <strong>Priapo</strong>.<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.


Gli assedianti si misero a taliare le possenti mura di Purceddopolis.<br />

><br />

> chiese Aiace<br />

Teladoinmona.<br />

Odisseo si fici nicu nicu e circò di ammucciarisi. Ma Ach<strong>il</strong>le prese la parola:<br />

><br />

> intervenne Agaminkione.<br />

> replico Ach<strong>il</strong>le. Tutti risero.<br />

> ci scappau al re.<br />

> intervenne <strong>il</strong> bel Patroclo che era da sempre l’amore<br />

con la emme maiuscola di Ach<strong>il</strong>le.<br />

> riprese Ach<strong>il</strong>le ><br />

Tutti risero.<br />

> riprese Ach<strong>il</strong>le


né ad Elena né ad altre.. potete solo ricevere.. ricevere cazzi in culo… e io e <strong>il</strong> amore<br />

Patroclo siamo a disposizione...>><br />

> disse Agaminkione.<br />

> aggiunse Minkialao.<br />

> puntualizzò Ach<strong>il</strong>le.<br />

A queste parole, ma soprattutto a sentire <strong>il</strong> nome del <strong>dio</strong> minchicida e coglionicida, i<br />

due fratelli si scaraventarono sul futuro prototipo degli eroi.<br />

><br />

> rise l’eroe.<br />

Quelli lo acchiapparono per <strong>il</strong> mortale augello e iniziarono a tirate.<br />

Ach<strong>il</strong>le rideva e li acchiappò la dove mancava qualcosa.<br />

><br />

Quelli iniziarono a tirare più forte. Per o<strong>dio</strong> e minnitta. Per fare di Ach<strong>il</strong>le uno di loro.<br />

Ma Patroclo intervenne a risolvere la situazione. Poi intervennero altri. Altrimenti a<br />

schifiu finia. Così però fallì la prima riunione in Ciaulide. Tutto era durato solamente<br />

un mese. Mentre le profezie parlavano di dieci anni.<br />

><br />

La Ciaulide si svuotò in un amen.<br />

La Ciaulide era un grande e vasto altipiano che si trovava sotto le mura di<br />

Purceddopolis e prendeva nome dalle Ciaule. Le cornacchie. Ma in senso figurato la<br />

ciaula è anche la persona che parla assai, troppo, che dice sempre tante parole in più e<br />

inut<strong>il</strong>i e pericolose per giunta. E in quell’enorme esercito di ciaule ci ni stavano a non<br />

finire.<br />

La ciaula è anche un uccello. E lì, di aceddi ci ni stavano. Aceddi attaccati al<br />

sottopanza degli alleati di Munipuzos. Invece i mascoli di Munipuzos sotto la panza<br />

avevano <strong>il</strong> nulla.<br />

> dicevano in tanti.<br />

Oggi quella piana si chiama Politichide. Ed è dedicata ai politici che parlano e<br />

parlano ma non fanno mai un cazzo. Promettono e promettono e poi non mantengono<br />

le promesse.<br />

> si promisero reciprocamente i Munipuzici.<br />

Intendendo per Munipuzici Munipuzos e i suoi alleati.


Il grande <strong>dei</strong> grandi letterati, Homerino da Munipuzos, scrisse , naturalmente in greco,<br />

<strong>il</strong> poema “ L’Uccelleide”.<br />

Mhassymylyano da Munipuzos , in dialetto latino , scrisse <strong>il</strong> Carmen “ Aucellus,<br />

avicellus et avis”.<br />

Lo scrittore dialettale Santhokriso scrisse <strong>il</strong> romanzo “ Cent’anni da aceddu”.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda.<br />

><br />

A Munipuzos fu deciso di organizzare una processione. Tutti si recarono al bosco di<br />

Mynkyalonya. Quello che videro fu <strong>il</strong> paradiso della carne. L’inferno secondo i<br />

bacchettoni e gli ammuccaparticoli. Le Menadi nude, con la faccia dipinta, agitando <strong>il</strong><br />

tirso, saltavano da un mascolo all’altro. Erano nude ma tutte sporche di sculo di<br />

racina perchè avevano una corona sulla testa fatta da grappoli d’uva, e poi orecchini e<br />

collana fatte con lo stesso materiale. Nella lotta amorosa, nel coito conflittuale, nel<br />

salto da una minchia ad un'altra, la racina veniva schiacciata, pressata, ridotta a<br />

poltiglia.. e lo sculo di racina bagnava i corpi delle donne in amore… ma anche<br />

quello <strong>dei</strong> mascoli, in amore anche loro.. Parevano rane che saltavano da un aceddu<br />

all’autro. Da un Satiro a un S<strong>il</strong>eno e viceversa. Tra loro c’era sicuramente <strong>Priapo</strong>, ma<br />

non si vedeva . Per lo meno, in quell’orgia di minchie, non se ne notava una<br />

particolarmente sproporzionata.. Si vedeva invece l’obeso S<strong>il</strong>eno circondato da una<br />

decina di Menadi. Nudo tra le nude in letti d’uva. Ma ad un certo punto i mascoli<br />

deminchiati e detesticolati capirono: tra le Menadi, tra le donne invasate di minchia,<br />

c’erano pure le loro donne… e fottevano alla sanfasò.. non parevano nemmeno<br />

loro… non soffrirono a quella vista .. pensarono solo che sarebbe stato bello<br />

riportarle a casa più esperte in fatto di trattamento ficale e non solo dell’augello<br />

maritale…<br />

> disse <strong>il</strong> plutocrate Marcantonio .<br />

A tutti comunque, vedendo quello spettacolo, ci vinni pititto. Ma in mezzo alle<br />

gambe c’era <strong>il</strong> vuoto. Ci fu un pianto generale. Mentre Satiri e S<strong>il</strong>eni piangevano<br />

d’aceddu, i mascoli deminchiati alla fine piansero le solite lacrime . <strong>Priapo</strong>, sentendo<br />

un pianto commovente, si susiu per vedere.<br />

Sciu , con la sua minchia immensa , da sotto una montagna di Menadi.<br />

><br />

><br />

recitarono in coro.<br />

> replicò <strong>Priapo</strong>.


dissero in coro.<br />

> aggiunse un vecchietto ><br />

A quelle parole <strong>Priapo</strong> rise, accolse le loro scuse e concesse <strong>il</strong> suo perdono.<br />

><br />

><br />

><br />

disse Agaminkione.<br />

><br />

aggiunse Minkialao.<br />

> disse Minkioreste.<br />

> disse <strong>il</strong> <strong>dio</strong> la cui ciolla veniva sostenuta da dieci<br />

bellissime Menadi nel ruolo di portaminchia.<br />

><br />

><br />

Gli uomini si talianu in faccia e in coro dissero :<br />

><br />

> disse Agaminkione.<br />

> rispose <strong>il</strong> <strong>dio</strong> minchiuto.<br />

><br />

> riprese <strong>Priapo</strong> >


E tutti in coro :<br />

<br />

> riprese <strong>Priapo</strong><br />

><br />

> risposero gli uomini apenici e apallici.<br />

><br />

Tutti intanto iniziarono la processione. Agaminkione , Minkialao e Minkioreste<br />

fecero per primi <strong>il</strong> loro giusto rito della perdonanza.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> da parte sua godeva di quel gesto di sottomissione e cantava felice.<br />


A voi d’intorno<br />

Farà ritorno<br />

Tisa e pronta a inciollar..>><br />

Homerino scisse <strong>il</strong> poema Il ritorno dell’augello, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen L’aves<br />

felix, Santhokriso <strong>il</strong> romanzo Cent’anni per una nuova minchia.<br />

E Socratino si pose una domanda f<strong>il</strong>osofica.<br />

><br />

Quella sera tutti gli abitanti di Munipuzos riebbero <strong>il</strong> loro augello prima e loro donne<br />

poi. Tornarono anche le peripatetiche e i peripatetici. Gli alleati che erano ancora in<br />

città si sfogarono nei lupanari.<br />

A <strong>Priapo</strong>, dopo quella sera, a forza di bacetti sulla coppola, ci pruritu la minchia per<br />

una settimana e passa. Ma da allora vissero tutti felici e contenti.<br />

Purceddopolis aveva respinto definitivamente l’invito a restituire Elena. Ma<br />

Munipuzos continuava a richiederla. La guerra pertanto era alle porte e Munipuzos<br />

l’avrebbe vinta perché protetta da <strong>Priapo</strong>.<br />

> aveva detto Agaminkione ai<br />

Purceddopoliti.<br />

> rispose invece Priamo.<br />

In tanti consultavano gli oracoli. Sia a Munipuzos che nelle polis alleate. La stessa<br />

cosa a Purceddopolis. La risposta era sempre la stessa.<br />

><br />

> dicevano a Purceddopolis.<br />

> dicevano a Munipuzos.<br />

><br />

> dicevano a Munipuzos.<br />

Ma successe anche un miracolo. O meglio, due miracoli. In simultanea, uno a<br />

Purceddopolis e uno a Munipuzos.<br />

Sia <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> che <strong>il</strong> Colosso di Apollonio Ro<strong>dio</strong> piansero. Il Palla<strong>dio</strong> era un<br />

gigantesco fallo che simboleggiava la potenza del <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> Colosso di Apollonio<br />

Ro<strong>dio</strong> era un grande <strong>Priapo</strong> posto all’entrata principale dell’Acropoli di Munipuzos.<br />

Naturalmente non piansero lacrime normali, piansero “ lacrime” di latte di brigghiu…


La ciolla del Colosso e la cima del Palla<strong>dio</strong> versarono koglionometri e koglionometri<br />

di latte di brigghiu…Il koglionometro era l’unità di misura <strong>dei</strong> volumi adottata in<br />

Sic<strong>il</strong>ia….<br />

Tutti parlavano del doppio fatto miracoloso e l’interpretavano come un segnale<br />

positivo. Poi riflettevano un attimo e dicevano:<br />

><br />

La quantità di uomini mob<strong>il</strong>itata da Agaminkione era veramente impressionante, ma<br />

Purceddopolis , detta anche la superba, aveva delle mura maestose che l’avevano<br />

fatta soprannominare l’imprendib<strong>il</strong>e…<br />

> dicevano a<br />

Purceddopolis.<br />

> si<br />

chiedevano i Munipuzici.<br />

> rispondeva Agaminkione.<br />

I miracoli allora erano all’ordine del giorno. Statue di Ares che muovevano la spada,<br />

statue di Giove che lanciavano fulmini, statue di Dioniso che pisciavano vino, statue<br />

di Eolo che ciusciavano, statue di Efesto che diventavano caldissime, statue di<br />

Ermete che volavano, ma anche statue di Pallade Atena e Artemide che piangevano<br />

lacrime di dolore per le vergini che ogni giorno cadevano vittime di qualche<br />

mentulamachia, statue di Era che maledicevano i mariti infedeli, statue di Demetra<br />

che facevano ritrovare le cose perse. E altro.. tanto altro...<br />

Ma la cosa più bella pare siano state le tante statue di Afrodite che muovevano<br />

qualcosa... generalmente le natiche.. ma potevano muovere anche le tette... o altro.. e<br />

si ha notizia di una Afrodite a cui sorrise <strong>il</strong> pacchio .<br />

Si ha notizia certa e certificata di una statua di Eracle a Tebe, che s’imperlò di un<br />

misterioso sudore prima di una importante battaglia. E di una di Orfeo che ai tempi di<br />

Alessandro Magno, prima della partenza per la guerra d’Asia, sudò abbondantemente.<br />

Mentre a Roma , per tutta la seconda guerra punica, una statua di Marte sudò<br />

abbondantemente..<br />

Adesso toccava a <strong>Priapo</strong> e al Palla<strong>dio</strong>.. ovvero al <strong>dio</strong> nel suo complesso e al <strong>dio</strong> nella<br />

sua manifestazione più giusta e corretta… Il primo a piangere pare sia stato <strong>il</strong><br />

Colosso… pare ma non è sicura la cosa. Qualcuno dice che fu <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>.. comunque<br />

successe tutto quasi o certamente contemporaneamente.. Tutto infatti incominciò<br />

all’improvviso.<br />

Il miracolo del Colosso<br />

> disse Armo<strong>dio</strong> che stava sotto Aristogitone che ci<br />

la stava mettendo proprio là.


Aristogitone facia avanti e annareri ma non taliava anche lui fuori dalla finestra. Lui<br />

taliava quel sederino che accussì assai lo ispirava. La sua ciolla inciollava <strong>il</strong> sederino<br />

dolce e carnoso di Armo<strong>dio</strong> e quello taliava la minchia imponente dell’imponente<br />

Colosso di Apollonio Ro<strong>dio</strong>.<br />

> disse Aristogitone continuando <strong>il</strong> suo lavoro.<br />

><br />

><br />

><br />

Risero e continuarono.<br />

I due amanti avevano la casa che dava sulla piazza antistante <strong>il</strong> colosso. E dalla<br />

finestra della loro camera da letto vedevano <strong>il</strong> colosso in tutta la sua magnificenza. A<br />

dire <strong>il</strong> vero, <strong>il</strong> Colosso paria puntare la sua ciolla proprio contro quella finestra. Ma<br />

era un effetto ottico. Tutte le case che fronteggiavano l’imponente statua di <strong>Priapo</strong><br />

godevano di questa peculiarità. Erano puntate da <strong>Priapo</strong>. Erano benedette da <strong>Priapo</strong>.<br />

Armo<strong>dio</strong> e Aristogitone erano due <strong>dei</strong> tenti amanti dello stesso sesso che c’erano a<br />

Munipuzos. Erano belli, ricchi e si godevano la vita. Feste, festini e tanto , tanto,<br />

tanto sesso. Le orge erano <strong>il</strong> loro passatempo preferito. Ma se le orge era sesso <strong>il</strong> loro<br />

era amore.<br />

Il popolo li criticava.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Ma loro erano omo e omo volevano restare. Senza convincere nessuno e senza<br />

chiedere niente a nessuno. Ma non accettavano critiche e manco consigli, E<br />

naturalmente non criticavano e non consigliavano. Era liberi cittadini di una libera<br />

polis e non curtigghiari e ammiscamecciu di una polis curtigghiuna.<br />

> dicevano sempre.<br />

“ Eleuteria “ era la parola che gridavano al culmine del piacere. Perché non c’è<br />

maggior libertà di quella di far l’amore come, quando e con chi si vuole. Senza le<br />

imposizioni legali del matrimonio e le benedizioni di un sacerdote o di una<br />

sacerdotessa.<br />

Loro erano liberi.. liberi liberi.. liberissimi.. come pochi.<br />

Quel pomeriggio estivo anticipato o di tarda primavera sia Aristogitone che<br />

Armo<strong>dio</strong>, intanto che amoreggiavano, guardavano fuori.<br />

Guardavano <strong>il</strong> Colosso tutto bell’e <strong>il</strong>luminato dal sole.<br />

> disse Armo<strong>dio</strong> vedendo osc<strong>il</strong>lare la<br />

mentula immensa del Colosso.


><br />

> rispose<br />

Aristogitone.<br />

><br />

><br />

Non finì la parola che si arritrovarono tutti abbagnati .<br />

> disse Aristogitone alzando la testa.<br />

><br />

E infatti <strong>il</strong> colosso era entrato in eruzione.. e continuò per tutta la serata...<br />

La notizia corse di bocca in bocca e si diffuse per tutta la polis. Furono organizzate<br />

processioni e veglie ma soprattutto danze..<br />

” La venuta del <strong>dio</strong> “ era un buon auspicio per la fert<strong>il</strong>ità delle donne, della terra di<br />

Munipuzos.. ma anche un segnale positivo per la guerra imminente.. Arrivarono<br />

anche Agaminkione , Minkialao, Odisseo, Ach<strong>il</strong>le e tutti gli altri capi della<br />

spedizione. Tutti toccarono <strong>il</strong> latte di brigghiu del <strong>dio</strong> e si unsero <strong>il</strong> loro brigghiu..<br />

> gridò Agaminkione.<br />

> risposero i capi della spedizione.<br />

> gridò in popolo eccitato.<br />

E chi poteva faceva in modo che na stizza, na goccia del divin latte lo raggiungesse..<br />

Il miracolo del Palla<strong>dio</strong><br />

Quello stesso giorno, minuto più minuto meno ma sicuramente in sincronia col<br />

Colosso, anche <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> entrò in eruzione. Impossib<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire se fu prima o dopo<br />

l’inizio della “ venuta del <strong>dio</strong>.”<br />

Ad accorgersene per prima fu Polissena, una delle figlie di Priamo, solo che era un<br />

po’ particolare.<br />

“Invasata dal Palla<strong>dio</strong>..” l’aveva chiama la mamma .<br />

Polissena quel giorno, com’era solita fare spesso, s’era andata a ficcare nella cima del<br />

Palla<strong>dio</strong> con <strong>il</strong> cugino Enea, per ficcare in santa pace. Nella coppola della minchia<br />

del Palla<strong>dio</strong> i due erano impegnati in una bella cunnomentulamachia quannu ci arrivò<br />

addosso na montagna di stanza biancastra .<br />

> disse lui.<br />

> si chiese lei che<br />

amava <strong>il</strong> parlare pulito e non dialettale.<br />

Iddu sciu lu cosa da la cosa e si mise in piedi. Lei libera dall’essere inchiodata al<br />

pavimento, si mise pure additta. L’odore di simenta era al massimo.<br />

> disse lui.<br />

>


si chiese lui.<br />

I due erano convinti di essere stati scoperti; e che pertanto qualcuno ci avia<br />

organizzato quello scherzo..<br />

> sparò Polissena.<br />

><br />

><br />

><br />

Manco <strong>il</strong> tempo di finire queste parole che ne arrivò ancora.<br />

><br />

> disse Polissena.<br />

E nuda com’era si avviò verso l’uscita gridando:<br />

<br />

La gente pinsava che <strong>il</strong> miracolo era vedere nuda e tutta ingrasciata di latti di<br />

brigghiu la figlia del re. Tutti capenu di che cosa era inc<strong>il</strong>ippiata. E siccome tutti<br />

sapeunu che la carusa ia a futtiri sulla cima del Palla<strong>dio</strong>, adesso si ficiro la<br />

convinzione che non si facia futtiri da un mascolo solo.. <strong>il</strong> cugino Enea.. ma come<br />

minimo da tutto <strong>il</strong> battaglione a cui Enea apparteneva.<br />

> gridava Polissena.<br />

Intanto sciu Enea.. a toso nudo ma ingrasciato pure lui.<br />

> disse Andromaco.<br />

> aggiunse Danao.<br />

Invece proprio in quel momento arrivò una vera e propria pioggia di simenta<br />

dall’alto. Tutti taliano verso la cima del Palla<strong>dio</strong>.<br />

><br />

Poi naturalmente ci fu tutto <strong>il</strong> seguito. Veglie, preghiere, danze e altro.<br />

Intanto fu portato a termine <strong>il</strong> simulacro di <strong>Priapo</strong>. Enorme e con una ciolla altrettanto<br />

enorme come gigantesche erano anche i testicoli. Tutto l’apparato genitale si<br />

adagiava su una b<strong>il</strong>ancia sostenuta da due puttine femmine. Il simulacro era stato<br />

eretto sull’agorà principale e si vedeva anche da Purceddopolis. E per festeggiarlo fu<br />

istituita una nuova festa. La festa di <strong>Priapo</strong> Vincente, <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong> e generale degli<br />

eserciti alleati...<br />

> disse qualcuno.


aggiunsero altri.<br />

> preciso qualche mascolo con tendenze omo.<br />

Quel giorno, <strong>il</strong> giorno della festa, nei lupanari, per ordine di Minkialao, si ficcò gratis.<br />

Ed fu pertanto un festeggiare continuo.<br />

Il grande Homerino , a proposito del miracolo doppio, scrisse, naturalmente in greco,<br />

la grande opera Miracoli paralleli, <strong>il</strong> poeta Mhassymylyano, nel solito dialetto latino,<br />

scrisse <strong>il</strong> Carmen Faciamus experimentum in corpore v<strong>il</strong>i, e lo scrittore Santhokriso,<br />

in dialetto locale, un romanzo intitolato Cent’anni di miracoli.<br />

Socratino si pose la solita f<strong>il</strong>osofica domanda.<br />

><br />

La seconda riunione in Ciaulide<br />

Gli alleati di Munipuzos in buona parte erano già arrivati. Stavano arrivando gli<br />

ultimi. Erano veramente tanti, nel complesso, gli alleati. Ma c’erano ancora tanti<br />

cazzi e cazzoni da pelare. I capi non erano d’accordo su niente. Ma facevano finta di<br />

esserlo su tutto. Solo su un punto erano concordi. Il fatto che volevano conquistare e<br />

poi distruggere Purceddopolis. Scannare i mascoli per poi deminchiarli e<br />

detesticolarti. E portare <strong>il</strong> bottino in omaggio al Colosso.<br />

> aveva promesso<br />

Agaminkione a <strong>Priapo</strong>.<br />

Catturare vive le donne per poi violentarle e infine scannarle era l’altro fine . Ma<br />

non erano d’accordo sul come e quando procedere.<br />

> disse Odisseo.<br />

Intanto litigavano. C’era <strong>il</strong> rischio che per la seconda volta finisse a schifiu.<br />

Chiesero perdono all’Olimpazzo. E anche un segnale. Un segnale divino.<br />

L’oracolo disse che la colpa era di Agaminkione che non aveva rispettato le<br />

promesse.<br />

><br />

Facendo finta di scordarselo non aveva sacrificato Ifigania. Ma gli <strong>dei</strong> non<br />

dimenticano. Non dimenticano mai. Se qualche volta fanu li fissa è per non pagare <strong>il</strong><br />

dazio.<br />

><br />

Il re maggiore invitò sua figlia al campo con la promessa di darla in sposa ad<br />

Ach<strong>il</strong>le. Ifigania andò tranqu<strong>il</strong>la. Quello era omosessuale. Pertanto sarebbe stato solo<br />

un marito fittizio. Un nome prestigioso ma assente al dunque, e se proprio ogni tanto


ci l’avissa ficcato, sarebbero state solo ficcate per dovere. In fondo su Ach<strong>il</strong>le<br />

circolavano tante voci, ma non ci faceva niente.. <strong>il</strong> suo vero unico e grande amore era<br />

e sarebbe rimasto lo zio Minkialao. Lei di Ach<strong>il</strong>le sapeva poco. Ma quello le<br />

abbastava. Sapeva che era tutto preso da Patroclo. E la cosa le faceva piacere.<br />

><br />

Anche se quella guerra era la guerra per affermare “ <strong>il</strong> diritto di un marito sul cunno<br />

della moglie “ anche se poi di quel cunno non ci ni futtia nenti perchè in realtà era<br />

altrove che preferiva incunnare, Ifigania trovava giusta quella guerra.<br />

Arrivata dal padre capì che era destinata al sacrificio non su un talamo nuziale ma al<br />

sacrificio mortale .<br />

> disse<br />

tranqu<strong>il</strong>la.<br />

Sapeva che Minkialao aveva organizzato la sostituzione del suo corpo con quello di<br />

una cerbiatta… tutto successe all’imbrunire.. in un posto isolato.. lontano dalla<br />

capacità visiva degli occhi umani, la cerbiatta bruciò al posto di Ifigania…<br />

La stessa cosa, secondo alcuni, succederà da un’altra parte.. un uomo che stava per<br />

essere crocifisso verrà sostituto da un altro.. volontario o meno non si sa…<br />

Tutti la credevano morta invece lei indossando abiti mascolini e imitandone i modi si<br />

unì agli uomini di Minkialao per partecipare alla guerra di Purceddopolis…<br />

Morta come fimmina risuscitava come masculo.<br />

Tutti la credevano un uomo un po’ effeminato ma mascolo. E lei, che si faceva<br />

chiamare Ikazzonio, fu nominata segretaria di Minkialao.. dormiva nella sua stessa<br />

tenda e si ficcava nel suo stesso letto.. i due ficcavano a portata d’orecchio<br />

dell’esercito.. ma i soldati pensavano che si trattasse dell’amore greco, dell’amore tra<br />

uomini, dell’amore caro a Zeus, ad Apollo e a tanti altri… dell’amore tanto praticato<br />

negli accampamenti m<strong>il</strong>itari dove c’erano solo ciolle e culi di mascoli. E per fortuna<br />

ogni soldato aveva sia un ciolla per dare che un culo per ricevere.<br />

Tanti si chiesero se quello fosse <strong>il</strong> motivo per cui Elena aveva preferito la ciolla di<br />

Paride.<br />

<strong>Priapo</strong> sapeva che la vittoria dipendeva da lui. E lui sapeva che stava con<br />

Munipuzos. L’aveva anche promesso. Il patto con la sua polis era noto a tutti. Tra<br />

l’altro a Munipuzos era stata istituita la festa di <strong>Priapo</strong> Vincente, <strong>dio</strong> <strong>dei</strong> <strong>bordelli</strong>. Ma<br />

tutti gli uomini delle polis alleate di Munipuzos, invece aspettavano che <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dal<br />

grande augello si schierasse. Ma lui faceva l’indeciso per finta. Per scena . Per teatro.<br />

Ma tutti aspettavano di vedere da parte stava <strong>Priapo</strong> ufficialmente. Tramite un<br />

segnale. Magari tramite un colpo di minchia.<br />

La Sib<strong>il</strong>la Priapica era stata chiara. Più di Minkiacalcante.<br />

><br />

Nel campo degli assedianti comunque dominava la noia. Nun sapeunu chi minchia<br />

fare per passare <strong>il</strong> tempo.<br />

Gli abitanti di Purceddopolis passiavano sulle mura e gridavano:


><br />

><br />

Ma gli assedianti rispondevano a tono.<br />

><br />

gridava Ach<strong>il</strong>le con la sua voce portentosa,<br />

> gridava Odisseo.<br />

> gridava<br />

Minkialao con accanto Ikazzonio.<br />

> disse piano all’aricchia di Ikazzonio.<br />

><br />

> pinsava Agaminkione.<br />

Ogni tanto anche Elena si affacciava dalle mura .<br />

> gridavano gli assedianti.<br />

> pinsava Minkialao.<br />

< Buttana .. al forestiere sì e al cognato no..>> pinsava Agaminkione.<br />

> pinsava Ikazzonio.<br />

Ma lei imperturbab<strong>il</strong>e rispondeva:<br />

><br />

Minkialao agghiarnau. Ikazzonio pure. Ma nessuno sospettò qualche cosa. O meglio,<br />

sospettarono tutti che Minkialao anziché insasizzare la consorte preferiva insasizzare<br />

l’amico Ikazzonio.<br />

> si chiesero in tanti.<br />

><br />

si chiesero i pignoli.<br />

> disse Ach<strong>il</strong>le a Patroclo.<br />

> disse Patroclo ad Ach<strong>il</strong>le.<br />

> pinsò Odisseo.<br />

><br />

> disse Minkialao a Ikazzonio.<br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

A Munipuzos la regina Fikennestra si portò Krysegystos a palazzo. L’amico del suo<br />

cuore e la minchia del suo pacchio adesso erano sue a tempo pieno. Non lo amava<br />

Fikennestra, lo desiderava e basta . Era giovane e portentoso, bello e cazzuto. E la<br />

mandava in brodo di giuggiole. Stavano quasi sempre a letto. Fikennestra era<br />

assatanata. Paria a digiuno da secoli e pertanto era disposta alla più grande abbuffata<br />

di sasizza da che mondo e mondo. E poi lei odiava Agaminkione, quello ci avia<br />

scannato <strong>il</strong> figlio e <strong>il</strong> marito. E l’aveva fatto perchè non poteva avere Elena la bella<br />

dal pacchio sp<strong>il</strong>ato. Krysegystos, pur di realizzare i suoi piani, era disposto a tutto .<br />

Anche a soddisfare le esigenze ficali delle due figlie rimaste: Elettracunnus e<br />

Cunnotemi. E se necessario anche quelle culari di Minkioreste e P<strong>il</strong>ade.<br />

><br />

Al campo <strong>il</strong> tempo non passava e tutti si annoiavano. Minkialao fotteva alla sanfasò<br />

con Ikazzonio. Alla grande fotteva pure Ach<strong>il</strong>le con suo cugino Patroclo.<br />

Agaminkione pinsava ad Elena ma fotteva con chi capitava prima. Le poche etere<br />

facevano affari d’oro. Più che altro i m<strong>il</strong>itari si scambiavano <strong>il</strong> soldatesco augello in<br />

culo. Palamede inventava giochini e giochetti per par passare <strong>il</strong> tempo. Odisseo<br />

metteva alla prova la sua furbizia. Gridava sempre:<br />

>


E cercava di darla in culo senza riceverla. E ci riusciva. Se trovava un culo<br />

disponib<strong>il</strong>e diceva:<br />

><br />

Se trovava uno che lo voleva trapanare diceva:<br />

><br />

Anche gli <strong>dei</strong> si erano schierati. Ma solo formalmente. Apollo e Venere , per<br />

esempio, erano con Purceddopolis. Ma l’ago della b<strong>il</strong>ancia era <strong>Priapo</strong>. Zeus gli aveva<br />

affidato l’intera facenna. Lui con la sua arma ondivaga un giorno si schierava con<br />

Munipuzos e l’altro con Purceddopolis. Eppure sapeva già con chi si sarebbe<br />

schierato al momento cruciale. L’aveva anche promesso. A Munipuzos tutti avevano<br />

riavuto l’aceddu, tra l’altro un aceddu migliore di quello che avevano perso. E tutti<br />

avevano avuto un figlio cazzuto e palluto siminato da <strong>Priapo</strong>. Avevano costruito<br />

sull’agorà principale, come ordinato dal <strong>dio</strong>, una statua enorme con tanto di b<strong>il</strong>ancia.<br />

E su un piatto della b<strong>il</strong>ancia si adagiava minacciosa la ciolla divina con le sue enormi<br />

palle. La b<strong>il</strong>ancia era sb<strong>il</strong>anciata al massimo. La massa ciollare e pallare del <strong>dio</strong> era<br />

imponente. L’unica libertà che si erano presi a Munipuzos era stata quella di mettere<br />

la ciolla divina in direzione dell’odiata Purceddopolis. Come dire:<br />

<br />

Intanto era tornato dal viaggio oltre le colonne minchiute <strong>il</strong> gioioso Dioniso.<br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose <strong>il</strong> figlio.<br />

> rispose Dioniso.<br />

> si propose <strong>Priapo</strong>.<br />

> puntualizzò <strong>il</strong> padre.<br />

>


> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

> rispose Dioniso.<br />

><br />

> precisò Dioniso.<br />

><br />

><br />

><br />

> disse Dioniso.<br />

<br />

> chiese curioso <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

> addumannò <strong>Priapo</strong>.<br />

> puntualizzò Dioniso.<br />

><br />

><br />

><br />

chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

E si ubriacarono.<br />

> chiese Dioniso.<br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Venne <strong>il</strong> giorno del primo assalto alle mura di Purceddopolis.<br />

> ci avia ditto<br />

Teti a suo figlio Ach<strong>il</strong>le.<br />

><br />

><br />

><br />

Infatti <strong>il</strong> primo ad attaccare fu Protes<strong>il</strong>ao che morì. Questo protoeroe, prima di partire,<br />

aveva lasciato alla moglie Laodamia una statua di marmoro con le sue sembianze e<br />

col fallo eretto. Con quella statua lei si sfogava e quando seppe della sua morte,<br />

Laodamia, immolata sul fallo di marmo, s’inf<strong>il</strong>zò uno st<strong>il</strong>etto nel cuore. La storia<br />

commosse tutti. E da lì nasciu l’idea di fare <strong>il</strong> manichino o la manichina per uso<br />

sessuale.<br />

“ Li pupa pi li ioca di p<strong>il</strong>u.” venivano chiamati questi manichini.<br />

“ Il manichino dice sempre sì.. e si paga una sola volta… non tiene mai <strong>il</strong> mal di testa<br />

se è femmina.. e non rompe neanche i coglioni.. e se è mascolo non ha mai problemi<br />

di ciolla modda...” diventò una serie di frasi di successo.<br />

Ach<strong>il</strong>le, incazzatissimo, non potendo guerreggiare e scannare e ammazzare e<br />

deminchiare e detesticolare e violentare pacchi e culi, scannò Cicno, <strong>il</strong> figlio di<br />

Poseidone. Invulnerab<strong>il</strong>e alle armi, Ach<strong>il</strong>le lo strozzò con la forza delle sue cosce.<br />

Incazzatissimo ancora di più conquistò una serie di v<strong>il</strong>laggi alle pendici di<br />

Purceddopolis. Nel bottino di guerra ci stavano anche tante femmine. E quando fu<br />

fatta la spartizione, Criseide Kalliculeide, sacerdotessa di Apollo Sminteo o Sorcio,<br />

toccò ad Agaminkione mentre Briseide Kallicunneide toccò ad Ach<strong>il</strong>le. Che così si<br />

dedicò ai giochi a tre. Anche se Briseide Kallicunneide voleva darci <strong>il</strong> cunno al<br />

bell’Ach<strong>il</strong>le lui voleva solo <strong>il</strong> culo intanto che <strong>il</strong> suo lo dava a Patroclo.<br />

Un’altra Briseide, figlia dell’indovino Minkiacalcante, e pacchio amoroso del bel<br />

Tro<strong>il</strong>o, lasciò Purceddopolis per andare con i Munipuzici e lì si accaparrò subito<br />

l’aceddu di Diomede.<br />

Odisseo da parte sua ficcava alla sanfasò ma senza regole, A lui intesseva fottere<br />

Palamede. E tanto fece e tanto sturiò e s’ingegnò che alla fine quello fu lapidato.<br />

F<strong>il</strong>ottete Fottettete invece, a causa di una ferita infetta, giaceva abbandonato su una<br />

spiaggia del lago di Munipuzos. Lui col suo maestoso arco maestosissimo. Esperto<br />

arciere e esperto cazziere stava inerte e incazzato in attesa del poi. Ma ignorava <strong>il</strong> poi.


Intanto lanciava frecce alla sanfasò e si la minava alla sanfasò. In attesa del dopo.<br />

Ach<strong>il</strong>le, in combattimento, disarmo <strong>il</strong> bel Tro<strong>il</strong>o dalle cosce sp<strong>il</strong>ate e dal culo<br />

prominente. Il bel purceddopolita si trovò sotto Ach<strong>il</strong>le , bloccato come un salame e<br />

impossib<strong>il</strong>itato a fare qualsiasi movimento. Tro<strong>il</strong>o sentiva anche la massa<br />

minchialica dell’avversario in movimento, in crescita. Sapeva delle tendenze<br />

dell’eroe e temeva per la sanità e la santità del suo culo.<br />

> disse Ach<strong>il</strong>le .<br />

><br />

Il figlio di Teti ammazzò <strong>il</strong> ragazzo e, intanto che quello spirava, lo stuprò col<br />

massimo della violenza. Fu uno stupro come mai se ne erano visti. Poi lo decapitò,<br />

deminchiò e detesticolò.<br />

La mamma Ekuba, saputa la cosa gridò in modo ossessivo per nove giorni e nove<br />

notti.<br />

<br />

Si fermò un attimo . Poi riprese.<br />

<br />

Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti.<br />


AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh..<br />

Tro<strong>il</strong>o.<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh..<br />

Tro<strong>il</strong>o. >><br />

Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Tro<strong>il</strong>o<br />

Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Tro<strong>il</strong>o<br />

Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Cent’anni con Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Tro<strong>il</strong>o<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />


soltanto perchè la minchia di suo figlio Tro<strong>il</strong>o cercava si scannare la minchia<br />

d’Ach<strong>il</strong>le e invece fu la minchia di Ach<strong>il</strong>le che scannò Tro<strong>il</strong>o e la sua minchia.?>><br />

Nauplio venne a reclamare vendetta per Palamede , ma non l’ottenne. Allora , sulla<br />

strada del ritorno, visitò, con un piano diabolico in testa, le vari consorti degli<br />

assassini di suo figlio. E così parlò loro:<br />

><br />

Molte delle mogli si suicidarono, altre si misero a fare ficca ficca a destra e a sinistra.<br />

Fikennestra , che ci l’avia con Agaminkione, buttò le sue care figliole Cunnotemi ed<br />

Elettracunnus nel letto di Krysegystos. La tricunnononominchiamachia diventò la<br />

norma al palazzo reale di Munipuzos. E tutte e tre le femmine restarono incinte. La<br />

minchia di Krysegystos non perdonava.<br />

Anche Penelope, che fino ad allora si era dedicata alla castità, f<strong>il</strong>ando e sf<strong>il</strong>ando la<br />

tela, da quel giorno si dedicò a inf<strong>il</strong>arsi e sf<strong>il</strong>arsi i cazzi <strong>dei</strong> Proci da tutti i siti<br />

possib<strong>il</strong>i e impossib<strong>il</strong>i Voleva un figlio e l’ebbe. Pan fu <strong>il</strong> suo nome.<br />

La super super super incazzatina di Ach<strong>il</strong>le<br />

Successe che i Munipuzici pigliarono delle belle batoste m<strong>il</strong>itari. Ach<strong>il</strong>le stesso fu<br />

ferito a una mano da una freccia scagliata da Eleno, che aveva avuto quell’arco<br />

magico come dono d’amore da Apollo. Morirono tantissimo Munipuzici e ci fu chi<br />

parlò di sconfitta imminente. I Purceddopoliti addirittura festeggiarono.<br />

Qualcuno, nel campo <strong>dei</strong> Munipuzici, pinsò di sacrificare Minkiacalcante.<br />

> dissero in tanti.<br />

><br />

><br />

><br />

> chiese Odisseo <strong>il</strong> furbo.<br />

><br />

> disse Agaminkione.<br />

> chiesero i Munipuzici.<br />


scenderà un campo con voi.. al decimo anno.. e allora la vittoria sarà vostra.. la<br />

minchia di <strong>Priapo</strong> sarà la vostra cometa.. la vostra stella polare.. <strong>il</strong> vostro “ in questo<br />

segno vincerete “.. quando <strong>Priapo</strong> verrà al vostro accampamento quello sarà <strong>il</strong><br />

momento della vittoria...>><br />

> chiesero i Munipuzici.<br />

><br />

> dissero tutti.<br />

Tutti adesso aspettavano <strong>il</strong> decimo anno. Ma soprattutto aspettavano l’apparizione<br />

dell’uomo portatore del “ segno”.<br />

> divento un modo di dire tra i Munipuzici. Si<br />

dicevano la frase ammosciandosi <strong>il</strong> segno. Quasi tutti, ma non tutti.<br />

Tra quelli che non si ammusciavano <strong>il</strong> segno naturalmente c’era Ikazzonio.<br />

> pinsavano in tanti.<br />

><br />

La cosa non fece che aumentare i pettegolezzi.<br />

<strong>Priapo</strong> stava nell’isoletta che c’era al centro del lago di Munipuzos e si godeva le urla<br />

di guerra. Era solo e pertanto chiacchierava con la sua ciolla.<br />

><br />

><br />

><br />

> rispose la sua ciolla.<br />

><br />

> rispose la<br />

divina ciolla.<br />

> chiese <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

rispose la meravigliosa appendice divina.<br />

> scherzò <strong>Priapo</strong> ridendo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Così ragionando <strong>Priapo</strong> si la ia minando. Un colpo a destra.


E uno a sinistra.<br />

><br />

Quannu vinni stava a sinistra. Sapeva che alla fine da quella parte sarebbe stato.<br />

> disse la ciolla.<br />

> rispose <strong>Priapo</strong>.<br />

> chiese la ciolla del <strong>dio</strong>.<br />

><br />

><br />

> aggiunse <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

> puntualizzò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E canto felice <strong>il</strong> felice <strong>Priapo</strong>:<br />


Conviene festeggiar<br />

Or suonino le trombe,<br />

Solenne ecatombe<br />

Andiam a preparar..>><br />

E canto felice <strong>il</strong> felice fallo di <strong>Priapo</strong>:<br />

><br />

Il figlio di Teti , nu iornu, intanto che non sapia chi minchia fari, si ni iu a priari ad<br />

Apollo. O meglio, a far finta di priari. Ma visti priari a Polissena, la bella figlia di<br />

Priamo. Pirchì in quel tempio si pregava nudi. La visti tutta e ci visti pure la cintura<br />

d’oro con una minchietta d’oro che pinnia davanti al pacchio. Era <strong>il</strong> gioiello segreto<br />

delle principesse che speravano di trovare un augello regale.<br />

><br />

La carusa ci appitittò. In fondo la calliciolla del calliak<strong>il</strong>le era sensib<strong>il</strong>e sia ai mascoli<br />

belli che alle femmine belle. Se c’era un bel culo , inculava. Se c’era una bella ciolla<br />

si facia inciollare. Se c’era un bel pacchio impacchiava.<br />

Polissena lu mannò in ingrifaggio permanente. Pertanto la chiese come moglie.<br />

><br />

Ach<strong>il</strong>le fu sul punto di dire “Sì “. In fondo odiava Agaminkione. Ma poi ci ripensò e<br />

disse “ No”.<br />

I Munipuzici intanto pigliarono altre fregature. Morti assai ci furono; e presagio di<br />

sconfitta ci fu in tutti. D’altra parte si sapeva. La vittoria sarebbe arrivata <strong>il</strong> decimo<br />

anno. Ach<strong>il</strong>le intanto dovette consegnare la sua bella schiava Briseide ad<br />

Agaminkione. In cambio della cessione, da parte di quest’ultimo, della sacerdotessa<br />

Criseide al padre Crise. Ach<strong>il</strong>le, che s’era abituato a dormire tra Patroclo e Briseide,<br />

s’incacchiò. I giochetti erotici a tre erano un ottimo passatempo. Pertanto decise di<br />

ritirasi dal combattimento.<br />

> dichiarò.<br />

I Purceddopoliti , sapendo che l’eroe degli eroi si ritirava, partirono all’attacco. E<br />

inflissero delle sonore batoste ai nemici, anche se tra i feriti ci furono Enea e sua<br />

madre Afrodite. Diomede a Glauco combatterono alla grande ma senza vincitori e<br />

vinti. Alla fine, riconoscendo la reciproca grandezza, si scambiarono le armi. Ci iu<br />

bona a Diomede perché l’armature di Glauco era d’oro. Ettore invitò Ach<strong>il</strong>le a<br />

combattere. Ma quello ci confermò la su addecisione,


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione, per paura di perdere la guerra e <strong>il</strong> regno, andò, con un gruppetto di<br />

fedeli, da Ach<strong>il</strong>le.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

A quelle parole Ach<strong>il</strong>le s’incazzò.<br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione si girò <strong>il</strong> culo e fece per andare via.<br />

> disse Ach<strong>il</strong>le.


Il re maggiore si girò di colpo. La speranza era l’ultima a morire.<br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione andò via incazzatissimo. Agaminkione tornò alla sua tenda col morale<br />

basso, la ciolla pinnenti e <strong>il</strong> culo ca facia rapi e ciuri per <strong>il</strong> nervoso.<br />

<strong>Priapo</strong>, intanto che giocava con la sua ciolla , si divertiva a taliare la guerra . E la<br />

faceva ondeggiare ora a destra ora a sinistra. Pertanto la guerra seguiva queste<br />

osc<strong>il</strong>lazioni. E nessuno ci capia niente. Oramai tutti sapevano che la guerra<br />

dipendeva da <strong>Priapo</strong>. Ma mentre i Munipuzici sapevano che alla fine avrebbero vinto,<br />

i Purceddopoliti osc<strong>il</strong>lavano come la ciolla del <strong>dio</strong>. A volte speravano, a volte<br />

ammuccavano cazzi amari.<br />

Patroclo, vedendo che le cose si mettevano male per i Munipuzici, pur sapendo che la<br />

vittoria finale sarebbe stata loro, decise di fare l’eroe al posto dell’eroe. Dopo una<br />

notte di passione in cui lottò con la mortale ciolla ach<strong>il</strong>lea indossò gli abiti di Ach<strong>il</strong>le<br />

e condusse i Mirmidoni alla guerra. Fu un successo.<br />

I Mirmidoni gridavano “ Forza Ach<strong>il</strong>le” convinti di essere al suo seguito. Patroclo<br />

stava al gioco. A vedere <strong>il</strong> finto Ach<strong>il</strong>le che però pareva <strong>il</strong> vero, i Purceddopoliti si<br />

ritirarono preoccupati mentre i Mirmidoni avanzavano arroganti e sicuri. E furono<br />

ben presto sotto le mura della città nemica. Lassannu pi terra una montagna di<br />

cadaveri. Patroclo, nella parte di Ach<strong>il</strong>le, diede l’assalto a Purceddopolis e l’avrebbe<br />

conquistata se Apollo in persona, travestito da soldato e in incognito, non gli avesse<br />

dato na mazzata na la testa. Patroclo cariu, perse l’elmo, lo scudo e la lancia.<br />

Qualcuno ci allintau l’armatura pi taliare la faccia di un eroe caduto e mezzo svenuto;<br />

ma imprevisti vari non ci fecero finire <strong>il</strong> lavoro di stuppari la faccia dell’eroe. Dopo<br />

Euforbo lo ferì leggermente. Ma <strong>il</strong> ferito si rimise in piedi e fece per allontanarsi...<br />

per scappare.. Voleva gridare ma la voce non ci usciva dalla gola.<br />

Voleva gridare : ><br />

Ma la frase ci restò in gola. Anche perché Ettore, gridando come un ossesso, lo finì.<br />

><br />

Poi si mise a sautare per la gioia.<br />

><br />

Ci tolse l’elmo e .. e si accorse dell’errore.<br />

><br />

Per sfregio ci levò l’armatura nel suo complesso. L’armatura era quella di Ach<strong>il</strong>le.<br />

Lu lassau praticamente nuru e cruru.<br />


me <strong>il</strong> pacchio più bello ancora è.. pi minnitta mi lo farei ma io non mi fazzu li<br />

masculi…e poi non sono neanche necrof<strong>il</strong>o come Ach<strong>il</strong>le…>><br />

E andò via lasciando <strong>il</strong> morto nudo e crudo. Bello anche nel suo cadaverico biancore.<br />

Aiace Teladoinmona e Minkialao difesero, armi in mano e rabbia in testa, <strong>il</strong><br />

cadavere di Patroclo da eventuali profanazioni. Poi fu data la terrib<strong>il</strong>e notizia ad<br />

Ach<strong>il</strong>le.<br />

><br />

E intantu vociava, sautava, paria pazzu.. Si spugghiau nuru e dissi ca vulia muriri cu<br />

lu so amuri.<br />

><br />

Grida laceranti uscivano dalla sua bocca disperata.<br />

<br />

Vinni la mamma Teti a consolarlo. Si lu mise in grembo come un bambino e iddu<br />

pianse. Nu tanticchia ci riuscì Teti a calmarlo. Ci desi la minna a sucare e quello sucò<br />

<strong>il</strong> latte materno e si addormentò. Nudo e crudo tra le braccia della mamma. Intanto<br />

Teti ci accarezzava la ciolla mortale. E ci cantavano ninna nanna speciale.<br />

><br />

Al risveglio Ach<strong>il</strong>le trovò Agaminkione che lo aspettava. Nudo come si trovava ,<br />

Ach<strong>il</strong>le lo abbracciò.


><br />

><br />

><br />

Ach<strong>il</strong>le si mise subito in armi, pronto a dimostrare la sua incazzatura incazzatissima.<br />

E solo si presentò sotto le mura di Purceddopolis.<br />

><br />

Una pausa e poi ancora:<br />

A <br />

Ma nessuno arrivava. E Ach<strong>il</strong>le ancora a gridare:<br />

><br />

Ancora una pausa. Poi la ripresa.<br />

Ettttoreeeeeee, vieni fuori ..... c A ZZO....>><br />

E sautava ca paria doveva catapultarsi dintra la città nemica.<br />

Ettore, a sentire affenniri la mamma, la moglie e <strong>il</strong> figlio, sciu. Ach<strong>il</strong>le si livau<br />

l’elmo. I suoi occhi erano la porta dell’inferno. Erano chini d’o<strong>dio</strong> e di morte. Ettore<br />

scappò, Ach<strong>il</strong>le l’insegui. Fecero tri voti <strong>il</strong> giro delle mura. Poi Ach<strong>il</strong>le, cu nu sauto<br />

soprannaturali, lo raggiunse . E la lotta iniziò. A colpi di spadazze. E lotta e r<strong>il</strong>otta, e<br />

colpisci di qua e colpisci di là, li scudi si rumpenu e li spadazzi si spezzanu.<br />

> gridò Ach<strong>il</strong>le<br />

togliendosi <strong>il</strong> vestiario e restando con cing<strong>il</strong>ombi. Che lui chiamava “giromentula”<br />

> rispose Ettore denudandosi anche lui. Ma completamente.<br />

> gridavano dalle mura di Purceddopolis le donne rivolgendosi ad<br />

Ach<strong>il</strong>le. Dalla parte del campo <strong>dei</strong> Munipuzici, tutti seguivano in s<strong>il</strong>enzio.


Ach<strong>il</strong>le non amava esibirsi nudo, a parte i rituali amorosi, perché sapeva della sua<br />

invulnerab<strong>il</strong>ità generale esclusa la ciolla. Ed esibire l’unico suo punto debole, che<br />

diventava poi <strong>il</strong> punto di forza della battaglie amorose, non ci faceva piacere.<br />

I due continuanu con le mani e i piedi. E a volte anche con la bocca.<br />

> disse Ach<strong>il</strong>le muzzicannici n’aricchia.<br />

> gridò Ettore mettendosi sotto <strong>il</strong> nemico.<br />

> rispose Ach<strong>il</strong>le , che con una mossa a sorpresa capovolse la<br />

situazione.<br />

Adesso Ettore stava sotto e Ach<strong>il</strong>le ci stava assittato sopra la panza.<br />

><br />

Ettore era eccitato dalla lotta e non dal culo di Ach<strong>il</strong>le che si trovava a portata<br />

d’aceddu della sua ciolla tisa. .<br />

><br />

> disse Ettore, con la faccia incazzata.<br />

Ach<strong>il</strong>le si sciolse <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi e lo mise al collo di Ettore.<br />

Quello scoppiò a ridere.<br />

><br />

Ma oltre che ridere <strong>il</strong> purceddopolita spinse Ach<strong>il</strong>le all’indietro e quello si trovò la<br />

coppola della minchia di Ettore che tuppuliava al suo buco del culo.<br />

> gridò <strong>il</strong> figlio di Teti e con<br />

un salto poco umano fece tre salti mortali sopra Ettore .E intanto gridava:<br />

><br />

Ettore per lo scanto sui susiu e fece per scappare. Ma atterrando Ach<strong>il</strong>le fici altri sauti<br />

e ci fu addosso. Lu ittau a terra e mentre col cing<strong>il</strong>ombi lu affucava con la ciolla<br />

mortale ci trapanava <strong>il</strong> culo. Lo fece morire con la ciolla sua nel culo. E lo fece, con<br />

rabbia e rancore. Ettore era già morto ma Ach<strong>il</strong>le non era ancora venuto.<br />

L’inculatura diventò opera di necrof<strong>il</strong>ia.<br />

Nel momento in cui Ettore morì la madre Ekuba, che assisteva al duello, lanciò un<br />

urlo che squassò l’aria come e peggio di un aeromoto:<br />


Si fermò un attimo . Poi riprese.<br />

<br />

Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti.<br />

><br />

Sul dolore della regina Homerino da Munipuzos scrisse un poema doloroso<br />

dolorosamente addolorato intitolato:<br />

Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Ettore


Sul dolore della regina Mhassymylyano da Munipuzos scrisse un Carmen doloroso<br />

dolorosamente addolorato intitolato:<br />

Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Ettore<br />

Sul dolore della regina lo scrittore Santhokriso scrisse un romanzo doloroso<br />

dolorosamente addolorato intitolato:<br />

Cent’anni con Ekuba:<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Ettore<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />

><br />

Poi Ach<strong>il</strong>le, restando nudo com’era e forse per non dire sicuramente rincoglionito dal<br />

superbo grido di materno dolore, ci tagliò la carne darreri li tendini <strong>dei</strong> talloni, ci<br />

passò delle corde e lu attaccau ai suoi cavalli Baio, Xanto e Pedaso. E currennu come<br />

un folle ci fici fari tri gira di li mura. Quindi si lu portò al suo accampamento, per<br />

rendere onore al suo caro morto col nuovo morto.<br />

><br />

Quella notte Ach<strong>il</strong>le si sfogò con Briseide. E intanto che la inculava la chiamava<br />

Patroclo.<br />

A chiedere <strong>il</strong> corpo di Ettore venne <strong>il</strong> padre Priamo.<br />

>


rispose <strong>il</strong> vecchio re andando via con gli occhi arrossati dal pianto.<br />

Fu preparata una grande b<strong>il</strong>ancia e in uno <strong>dei</strong> piatti fu deposto <strong>il</strong> corpo nudo di<br />

Ettore. Vennero poi <strong>il</strong> re e parte della corte portando l’oro. A un certo punto <strong>il</strong> piatto<br />

col morto cominciò ad alzarsi. Ma quannu fu deposto l’ultimo oro i due piatti non<br />

erano ancora alla stessa altezza. Ci mancava ancora nu tanticchia di oro. Poca cosa<br />

ma ci ni vulia ancora.<br />

><br />

><br />

><br />

Allora Polissena ittau l’unica cosa che s’era tenuta. Due braccialetti. E <strong>il</strong> corpo di<br />

Ettore si mise quasi a livello dell’altro piatto. La differenza era minima,<br />

microscopica.<br />

> disse Priamo.<br />

><br />

E la principessa, sotto gli occhi di tutti, scese dal torrione, arrivò davanti al corpo del<br />

fratello, e sotto gli occhi di Ach<strong>il</strong>le si denudò. Poi si tolse la cintura dotata di un<br />

piccolo pene d’oro e la pose sul piatto. Adesso finalmente <strong>il</strong> peso dell’oro e quello del<br />

morto si uguagliavamo. Ma Ach<strong>il</strong>le non taliava più l’oro, taliava solo <strong>il</strong> corpo di<br />

Polissena . E sotto lo sguardo arrapato dell’eroe, la cui ciolla era tisissima, la donna si<br />

ni tornò nuda verso la porta di Purceddopolis.<br />

Quella notte Ach<strong>il</strong>le si sfogò Briseide, ma la chiamò sia Patroclo che Polissena.<br />

La chiamò Patroclo quando ci la mittia nel retropacchio, Polissena quannu ci la<br />

intappava nel pacchio.<br />

I piedi, le gambe, le cosce per cui è giusto morire,<br />

<strong>il</strong> culo, <strong>il</strong> pube, i fianchi, i seni, le spalle,<br />

<strong>il</strong> collo delicato, le mani e quegli occhi<br />

che mi fanno impazzire, quel modo di muoversi<br />

raffinato, ed i baci profondi, incomparab<strong>il</strong>i<br />

e i gridolini che amo... Se anche è una provinciale, una Flora,<br />

e non sa cantare i versi di Saffo, ebbene, anche Perseo<br />

s'innamorò, una volta, di Andromeda, indiana.<br />

Antologia Palatina<br />

Ad aiutare Purceddopolis arrivarono le Amazzoni, donne belle ma poco femmin<strong>il</strong>i nel<br />

carattere e nei modi. Ach<strong>il</strong>le , dopo aver battuto la regina in combattimento, preso da<br />

improvviso attacco erotico la stuprò , anche se quella era già morta. Questa fu una<br />

delle tante che fece l’eroe. Ne fece di cotte e di crude l’eroe dalla ciolla mortale.<br />

E fu proprio la regina della Amazzoni, la bella Pentes<strong>il</strong>ea, che ne causò la morte. Le<br />

Amazzoni si mettevano un veleno , <strong>il</strong> Thanathosphallus” , davanti al pacchio e se<br />

qualcuno le violentava o tentava solamente la violenza, s’infettava. Il veleno agiva


lentamente, ma alla fine l’uomo ne moriva. Bastava <strong>il</strong> contatto tra la coppola e<br />

f<strong>il</strong>azza. Ed era fatta. Il veleno dalla ciolla risaliva al cuore e alla testa e l’uomo alla<br />

fine crepava. Per disgrazia di Ach<strong>il</strong>le, immortale in tutto tranne che lì , l’eroe si<br />

avvelenò la ciolla. Tersite, che lo vide nell’atto di praticare la necrof<strong>il</strong>ia, lo pigliò in<br />

giro. Sia da solo che davanti agli altri.<br />

><br />

Ach<strong>il</strong>le, iperincazzato, lo ammazzò. E ammazzò, con <strong>il</strong> veleno che già lo logorava ,<br />

l’etiope Memnone. Ma l’eroe, nel fare queste cose, aveva un pinsero fisso. In testa<br />

tinia a Polissena. Ma non solo quella.<br />

Da osservatore si era appitittato anche ad Elena. La bella figlia di Zeus dal pacchio<br />

sp<strong>il</strong>ato lo aveva ingrifato. E una notte, di nascosto, trasiu a Purceddopolis e , sempre<br />

di nascosto, iu a truvari a Elena. Naturalmente si la fici. Era la seconda fottuta dopo<br />

quella della notte del matrimonio.<br />

><br />

> disse Elena che era da sempre bendisposta verso qualsiasi ciolla.<br />

E tanto fici e dissi, l’immortale Ach<strong>il</strong>le dalla mortale ciolla, ca si trummiò pure a<br />

Polissena. Tutto successe nel tempio di Apollo.<br />

><br />

> rispose lei piazzandosi sotto <strong>il</strong> simulacro del<br />

<strong>dio</strong> Apollo..<br />

><br />

><br />

Ma lì, dopo la mortal fottuta, una freccia tirata da Paride, lo acchiappò nello<br />

strumento del piacere. L’unica parte mortale del suo corpo. Ach<strong>il</strong>le , in preda alla<br />

felicità , aveva confidato <strong>il</strong> segreto a Polissena. E quella lo aveva raccontato a Paride.<br />

Così, per un freccia nell’aceddu, l’eroe si spense. Ma in realtà era già un morto<br />

vivente. Fu Pentes<strong>il</strong>ea la vera assassina e non Paride. La freccia uccise quello che era<br />

già in fase morente. Ma tra l’arrivo della freccia pseudoassassina e la morte vera<br />

Ach<strong>il</strong>le fece strage di nemici. Paride voleva violare <strong>il</strong> corpo dell’eroe, ma Polissena<br />

lo convinse a rinunciare.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Polissena era stato <strong>il</strong> primo pacchio di Paride. Alla fine <strong>il</strong> figlio di Priamo si<br />

accontentò di mettere alla mortale ciolla dell’eroe immortale morto a causa di quella<br />

parte mortale un nastrino rosa con un bigliettino.<br />

>


Le sue ceneri furono ammiscate con quelle di Patroclo dintra la stessa urna in un<br />

amplesso eterno.<br />

><br />

Sulla morte di Ach<strong>il</strong>le Homerino scrisse un poema intitolato Ach<strong>il</strong>leide ,<br />

Mhassymylyano un Carmen intitolato Cor unun et mentula una , e <strong>il</strong> solito<br />

Santhokriso un romanzo. Cent’anni da Ach<strong>il</strong>lazzo.<br />

<strong>Priapo</strong> taliava, ficcava e meditava. Un colpo di minchia a destra ed era pro<br />

Purceddopolis. Un colpo di minchia a sinistra ed era pro Munipuzos. Ma la scadenza<br />

si stava avvicinando. Stava arrivando <strong>il</strong> momento di schierarsi ufficialmente. Di<br />

presentarsi , armi alla mano, al campo <strong>dei</strong> Munipuzici. E di mettere la sua arma al<br />

servizio di Munipuzos.. la sua polis.. la città che gli aveva dato m<strong>il</strong>le figli cazzuti che<br />

erano parte integrante del suo progetto. Come dicevano i matematici, quei m<strong>il</strong>le<br />

picciotti erano la condizione necessaria e sufficiente al progetto di <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong><br />

<strong>bordelli</strong>, che voleva fare carriera e andare oltre…<br />

<strong>Priapo</strong> cantò felicissimo come una minchia felice e un cunno contento:<br />

><br />

Aiace Teladoinmona sciu pazzu per una superincazzatina legata alle armi di Ach<strong>il</strong>le.<br />

Lui aveva riportato al campo <strong>il</strong> corpo dell’eroe, evitando eventuali profanazioni. Ma<br />

Odisseo l’aveva protetto con le sue armi. La contesa finì a favore di Odisseo, ab<strong>il</strong>e<br />

linguista. E Aiace minacciava minnitta. Solo che impazzì. E da pazzo feroce fece<br />

strage di animali pensando di ammazzare i suoi compagni. Ritornato in sé, per la<br />

vergogna si suicidò buttandosi sulla sua spada.<br />

Intanto Neottolemo, figlio di Ach<strong>il</strong>le, si unì ai Munipuzici.<br />

><br />

E finalmente arrivò anche <strong>Priapo</strong>. Col suo esercito personale di Satiri, S<strong>il</strong>eni e<br />

Menadi. Le Menadi, le donne invasate di minchia. I Satiri, figli di Ermes e della ninfa<br />

Iftime, con le loro cosce caprine, le orecchie a punta, coda di cavallo, corpo v<strong>il</strong>loso e<br />

ciolla grande e sempre tisa. Sempre intenti a suonare <strong>il</strong> piffero, la siringa, la<br />

zampogna o <strong>il</strong> flauto.. e tra una suonata e l’altra suonavamo lu battagghiu di carne<br />

dentro qualche pacchio. I S<strong>il</strong>eni facevano le stesse cose. Solo che avevano un aspetto<br />

equino. Il colorato, lussurioso corteo , mise la gioia in tutti i sensi ai Munipuzici.<br />

Il dolore <strong>dei</strong> soldati che ancora piangevano la morte di Aiace Teladoinmona si<br />

tramutò in un inno di gioia. Lo riconobbero subito. Il “ segno” era evidente. E le


parole erano state chiare. “ In questo segno vincerete”. Quella comparsa divina<br />

voleva infatti dire due cose. La fine della guerra era vicina e soprattutto che<br />

avrebbero vinto.<br />

><br />

Fu portato in processione e festeggiato per tutta la notte. <strong>Priapo</strong> si stava quasi<br />

siddiannu. Tutto quel casino per niente. Non lo stavano manco a sentire. Alla fine, era<br />

già l’alba, gli chiesero:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> pinsò Agaminkione,<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> concluse <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong><br />

<strong>bordelli</strong> tenendosi in mano l’augello eretto.


Ci fu un duello singolare tra i due cazzi di Elena. La ciolla maritale e l’aceddu<br />

dell’amante. Minkialao contro Paride . Un bimentulamachia per decidere le sorti<br />

della guerra. Paride credeva veramente in quel duello, Minkialao no . A parte ca si ni<br />

futtia di Elena, lo stava facendo solo per recitare la parte dell’uomo offeso nell’onore.<br />

Solo per teatro. Se avissa perso <strong>il</strong> duello, i Munipuzici avrebbero portato avanti lo<br />

stesso la guerra e <strong>il</strong> progetto del <strong>Priapo</strong>ne. I due contendenti si presentarono in armi<br />

sotto lo sguardo <strong>dei</strong> Munipuzici schierati ai bordi del campo e i Purceddopoliti<br />

affacciati alle mura.<br />

> gridavano gli uomini.<br />

> gridavano le femmine di Purceddopolis.<br />

Le armature in effetti erano ingombranti. E a poco a poco i due si spogliarono. Alla<br />

fine restarono con lo scudo, <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi e la spada. Ma nella foga della lotta persero<br />

prima lo scudo e poi la spada.<br />

> gridarono tutti.<br />

> gridavano le donne.<br />

> gridavano i maschi di Purceddopolis.<br />

> gridavano i Munipuzici.<br />

Nella realtà Paride combatteva per Elena veramente, ma Minkialao faceva solo una<br />

recita. Il suo cuore e la sua ciolla battevano per Ifigania. Infatti Paride era tiso di<br />

muscoli e d’aceddu e Minkialao solo di muscoli. Paride con un gesto a sorpresa ci<br />

scippau <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi a Minkialao. Tutti risero. L’aceddu non volava ma pinnia e<br />

basta. Minkialao fece lo stesso. Ma fu una autoinculatura. La ciolla di Paride era in<br />

armi. Tute le donne presero a gridare <strong>il</strong> suo nome.<br />

><br />

Elena rise. Rise del marito inerme e dell’amante focoso. Deifobo rise del marito ma<br />

s’ingelosì del fratello. Anche Eleno s’ingelosì. Di Paride e Deifobo.<br />

Dalla parte <strong>dei</strong> Munipuzici ci furono commenti salaci.<br />

fu l’espressione più pulita.<br />

Solo Ikazzonio pinsò all’amato zio. Ma nessuno sapeva che quel mascolo effeminato<br />

era Ifigania. Tutti pensavano a una storia frocesca. Intanto la lotta ia avanti . Ad un<br />

certo punto Paride mise sotto Minkialao. Ci si assittau na la panza e lo stava<br />

strozzannu. Ma quello, non potendosi addifenniri con le mani, si addifesi con la<br />

ciolla. Che diventata tisa puntò al culo del purceddopolita.<br />

><br />

Ma quello, a sentire l’augello tuppuliare, sautò per aria. Minkialao ne approfittò per<br />

rimettersi in sesto. Con la ciolla tisa anche lui. Ciolla che era più piccola di quella di<br />

Paride. E tutti a commentare. Minkialao minchianica, Paride ciollabeddaranni . E<br />

quelli sempre a lottare. Minkialao, con un colpo da maestro, ci l’acchiappò a Paride e<br />

si mise a gridare come un ossesso.<br />

>


E attaccau a tirare.<br />

><br />

Con l’altra mano Paride strinse così forte <strong>il</strong> polso di Minkialao che quello lasciò la<br />

presa. Poi ci desi na mazzata e lo fece inginocchiare ai suoi piedi. Per un attimo<br />

Minkialao ebbe la ciolla tisa di Paride sotto <strong>il</strong> naso.<br />

><br />

> rispose Minkialao tentando di<br />

rialzarsi. Ma Paride , con una mossa a sorpresa, lo fece cadere a pancia in giù e ci si<br />

assittau sul culo.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

Paride mise <strong>il</strong> suo regale augello contro <strong>il</strong> reale culo .<br />

><br />

La sorpresa stavolta mise in crisi Paride e Minkialao ne approfittò per rovesciare la<br />

situazione. Stavolta Minkialao acchiappò l’arnese del nemico con entrambi le mani,<br />

E tirò con forza erculea. Quello gridò per <strong>il</strong> dolore. Gridò così forte che i timpani di<br />

Minkialao tremarono. E per <strong>il</strong> dolore quello lasciò la presa. La lotta ia avanti e non<br />

finiva. Fu un temporale di quelli mai visti che mise la parola fine al combattimento.<br />

L’acqua cariu a minchia cina e <strong>il</strong> vento e la nebbia ficiru scuru in pieno giorno.<br />

Lampi e tuoni scassanu aricchi, palli e tutto <strong>il</strong> resto. I combattenti continuanu a lottare<br />

ma si persunu di vista. Lottaunu sì , ma contro l’aria, l’acqua, <strong>il</strong> vento e la nebbia.<br />

> fu <strong>il</strong> commento generale.<br />

Il <strong>Priapo</strong>ne fu costruito sotto lo sguardo divertito degli abitanti di Purceddopolis.


disse Paride al padre.<br />

><br />

> disse Elena.<br />

> disse Priamo.<br />

><br />

><br />

aggiunse Deifobo, <strong>il</strong> fratello di Paride, che avrebbe voluto essere <strong>il</strong> puparo della bella<br />

Elena.<br />

<strong>Priapo</strong> dirigeva i lavori della costruzione del <strong>Priapo</strong>ne. Soprattutto s’interessò alla<br />

costruzione della ciolla lignea con scala interna e coppola scoppolab<strong>il</strong>e. La chiese<br />

grossa, lunghissima e soprattutto con una coppola enorme.<br />

> diceva ai costruttori.<br />

Fu accontentato. Finalmente arrivò <strong>il</strong> giorno in cui l’enorme pene doveva essere<br />

attaccato al pupone.<br />

><br />

I purceddopoliti, vedendo l’enorme fallo che i Munipuzici stavano assemblando al<br />

pupone, capenu ca era un omaggio a <strong>Priapo</strong>.<br />

> dissero tutti.<br />

> disse Priamo.<br />

> disse Paride.<br />

> aggiunse Elena ridendo a bocca aperta e a pacchio spalancato.<br />

> pinsò Deifobo.<br />

Tutti comunque ammiravano <strong>il</strong> pupone. E curtigghiavano.<br />

><br />

Homerino scrisse, naturalmente in greco, la Minchieide, Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen<br />

Mentulae lignis e <strong>il</strong> Santhokriso, <strong>il</strong> romanzo Cent’anni di minchiad<strong>il</strong>ignu.<br />

Socratino si fece la solita domanda.


Quella notte Odisseo e Diomede , travestiti da mendicanti, trasenu a Purceddopolis e<br />

con furbizia estrema si ienu a futturi <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>. Incontranu ad Elena e si ficinu na<br />

bella discussioni. La fimmina li aveva riconosciuti ma non li addenunziò.<br />

Anzi, ci desi viveri e regali vari. E intanto che c’era ci desi pure <strong>il</strong> pacchio.<br />

Tutte e due in un colpo. In quella caverna carnosa c’era posto pure per due aceddi<br />

simultaneamente.<br />

Tornati al campo raccontarono ogni cosa. Compressa la parte p<strong>il</strong>usa in tutti i suoi<br />

particolari.<br />

> pinsò amareggiato assai assai<br />

Agaminkione.<br />

Venne fuori un animata discussione. Il risultato fu che tra i capi , l’unico che<br />

veramente non aveva visitato <strong>il</strong> pacchio di Elena la bella, era lui. Agaminkione di<br />

nome e di fatto.<br />

Gli alti si l’erano scopata.<br />

> disse Agaminkione provocatorio.<br />

><br />

disse F<strong>il</strong>ottete Fottettete.<br />

> precisò Odisseo.<br />

><br />

>> intervenne Odisseo incazzato..><br />

Questa battuta mannò su tutte le furie Agaminkione che si allontanò santiannu come<br />

un pazzo.<br />

Minkiacalcante aveva dettato le condizioni necessarie sufficienti per la conquista di<br />

Purceddopolis.<br />

Una era quella di privare Purceddopolis della protezione del Palla<strong>dio</strong>. <strong>Priapo</strong> aveva<br />

un solo aceddu e solo per una delle polis contendenti poteva schierarsi.<br />

E <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> era stato rubato.<br />

Poi ci voleva F<strong>il</strong>ottete. E pure iddu fu recuperato.<br />

E fu proprio F<strong>il</strong>ottete, che con una freccia del suo mirab<strong>il</strong>e arco, ammazzau lu beddu<br />

biddazzu Paride. Più che ammazzarlo lo ferì. Lu pigliò nel culo, nello stesso posto<br />

dove era finito a suo tempo <strong>il</strong> sosia di Zeus.<br />

> gridò <strong>il</strong> principe di Purceddopolis.


dissero i fam<strong>il</strong>iari.<br />

> disse quella taliando <strong>il</strong> bel Paride e pinsannu a come ci<br />

piacia minkiolare nel suo minkialiere. Ma era passato tanto tempo che era rimasto<br />

solo <strong>il</strong> ricordo. Quello si era appitittato alla puttana frustera e quella si lo era spurpato<br />

vivo. Col suo pacchio sp<strong>il</strong>ato lo sp<strong>il</strong>ava , p<strong>il</strong>o pi p<strong>il</strong>o, fino a consumarlo. Tutti la<br />

ammiravano la puttana frustera. E la rispettavano e desideravano. In fondo in fondo<br />

era figlia di Zeus. E forse la buttana frustera ci facia pure li corna al suo bela Paride.<br />

Oltre a cacarci tanti carusi forse si facia cacare nel suo cacatore anche aceddi di autri<br />

masculi di famiglia e no .<br />

Ettore si era preso una sbandata pi la carusa, Deifobo pazziava, Eleno smaniava. E<br />

pure <strong>il</strong> vecchio Priamo si era appitittato a quel pacchio sp<strong>il</strong>ato della nuora. Ma anche<br />

Enea, <strong>il</strong> cugino acquisito, si era addumato per la bella cugina.<br />

diceva sempre Enone che era stata a suo tempo<br />

incunnata anche dal famoso buttaniere per eccellenza. E da sempre malediceva sia <strong>il</strong><br />

padre che la figlia. E per o<strong>dio</strong> e minnitta si era arrifiutata di salvare <strong>il</strong> proprietario di<br />

quell’aceddu che a suo tempo aveva amato nidificare nella sua tana. Accussì, per un<br />

pacchio pigliato dall’o<strong>dio</strong>, Paride muriu. E dopo la morte del picciotto, la bella<br />

Enone, pentita, si ammazzò. Fu dunque Enone l’assassina del bel Paride e non<br />

F<strong>il</strong>ottete. La ferita era curab<strong>il</strong>e, ma Enone non la curò per scelta. Per libera scelta.<br />

> dissero in tanti.<br />

Ekuba , saputo ch’ebbe della morte del figlio, gridò:<br />

<br />

Si fermò un attimo . Poi riprese.<br />

<br />

Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti.<br />


PARIDEEEEE.....................<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.....<br />

PARIDEEEEE....................<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.....<br />

PARIDEEEEE....................<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.....<br />

PARIDEEEEE...................>><br />

Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...<br />

PARIDEEEEE<br />

Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...<br />

PARIDEEEEE.


Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Cent’anni con Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.<br />

PARIDEEEEE<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.<br />

><br />

Manco <strong>il</strong> tempo di fare <strong>il</strong> funerale che i mascoli si misero in testa l’idea di<br />

conquistare Elena. Alla fine i pretendenti si ridussero a due. I cognati Eleno e<br />

Deifobo . La spuntò quest’ultimo. Dopo Teseo, Minkialao e Paride, questo era <strong>il</strong><br />

quarto marito. Marito ufficiale o ufficioso. Perchè di cazzi e minchie, o meglio di<br />

passeri, in quella cacatera ch’era la sua passera ne avevano nidificato a iosa. Ma<br />

Elena aveva diritto ad un quinto marito. Quello l’aspettava nell’ald<strong>il</strong>à.<br />

Il solito Homerino, sulla morte del principe di Purceddopolis, scrisse anche la<br />

Paridiade, Mhassymylyano anche <strong>il</strong> Carmen Alexandros e <strong>il</strong> Santhokriso un romanzo<br />

intitolato Cent’anni da Paridazzo .<br />

Socratino da Munipuzos si pose una nuova domanda.<br />

><br />

Eleno sapeva che non sarebbe stato prescelto come nuovo marito della bella Elena.. E<br />

pi minnitta si fici futtiri dai Munipuzici , nel senso che si fici fare prigioniero. Era un<br />

indovino come la sorella Cassandra, e da buon indovino indovinava .<br />

><br />

> risposero i<br />

capi dell’esercito Munipuzico.<br />

> precisò Odisseo.<br />

><br />

> rispose Odisseo.<br />

> chiese con la faccia del coglione sommo Eleno.


disse Neottolemo facendosi avanti.<br />

><br />

disse F<strong>il</strong>ottete facendosi avanti.<br />

> disse Agaminkione facendo vedere l’oggetto sacro in questione.<br />

Eleno taliava rincoglionito quannu intisi una botta al culo.<br />

> chiese.<br />

><br />

Eleno si girò.<br />

> esclamò.<br />

><br />

Eleno visti na minchia tridimensionale lunghissima e grossissima. Percorrendo con lo<br />

sguardo <strong>il</strong> mostruoso membro arrivò alla base dello stesso e risalendo fino alla faccia<br />

taliò negli occhio <strong>il</strong> proprietario dell’inusuale fallo. Sapeva già <strong>il</strong> suo nome: <strong>Priapo</strong>.<br />

Quello era un <strong>dio</strong> gent<strong>il</strong>e e s’era presentato. Ma lui l’avrebbe riconosciuto . E per<br />

riconoscere <strong>Priapo</strong> non era necessario essere un indovino.<br />

><br />

<br />

> rispose Eleno.<br />

><br />

Parole sante quelle <strong>dio</strong> <strong>Priapo</strong>.<br />

Ma interrotte da Eleno.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Fu organizzata una spedizione segreta per recuperare, dalla tomba di Pelope, in tempi<br />

brevissimi e nel più assoluto riserbo, la sua ciolla d’avorio. In poco tempo <strong>il</strong> necrof<strong>il</strong>o<br />

trofeo fu in mano ai Munipuzici. E fu affidato ad Odisseo che era uno <strong>dei</strong> membri<br />

dell’equipaggio che doveva trasiri all’interno del <strong>Priapo</strong>ne.<br />

Homerino scrisse un drammone in setti libri dal titolo Alla ricerca del phallus<br />

perduto , Mhassymylyano <strong>il</strong> solito Carmen, Pelopep<strong>il</strong>us, e <strong>il</strong> Santhokriso un romanzo<br />

dal titolo Cent’anni per una minchia.


Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda.<br />

<br />

E scienu per andare a vedere. Il re, la regina, parte <strong>dei</strong> figlioli, parte della corte, e un<br />

certo numero di m<strong>il</strong>itari e curiosi.<br />

> disse Priamo.<br />

> si chiese Elena.<br />

> ci disse piano all’orecchia sinistra<br />

Deifobo , <strong>il</strong> nuovo marito, che era veramente un drogato di pacchio elenino.<br />

> gridò<br />

Cassandra.<br />

> ci disse piano all’orecchia Deifobo, che tante e tante volte l’avia<br />

misu là a sua sorella.<br />

> rispose <strong>il</strong> padre.<br />

> gridò <strong>il</strong><br />

popolo presente.<br />

Le feste priapine finivano sempre con riti orgiastici di massa e <strong>il</strong> popolo partecipava<br />

sempre volentieri Alle processioni falloforiche faceva sempre seguito una<br />

policunnomentulamachia di massa. Fu per volontà popolare, anche s col beneplacito<br />

di Priamo, che <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne fu portato dentro. Ma appena lu muvenu cariu la<br />

pergamena che stava abbannunata sulla coppola della minchia.<br />

> disse Priamo.<br />

> chiese ironica Elena.<br />

><br />

Il messaggio fu letto e approvato da tutti con un applauso.<br />

><br />

> rigridò<br />

Cassandra.


Con fatica, tra canti e balli, ma anche preghiere e pur’anche maledizioni da parte di<br />

qualcuno avverso, <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne fu portato nell’agorà principale di Purceddopolis. Fu<br />

una fatica immane trascinarlo per la strada larga ma polverosa che dalla Ciaulide<br />

portava alla polis. La strada era in salita e <strong>il</strong> simulacro ligneo era pesante e<br />

imponente. Le corde, lunghe cento priapometri, erano tirate dai più possenti mascoli<br />

di Purceddopolis. In cing<strong>il</strong>ombi, sotto <strong>il</strong> sole cocente della Sic<strong>il</strong>ia a luglio, tiravano e<br />

sudavano.<br />

> gridava <strong>il</strong> capo cordata con tutta la forza<br />

che tinia dintra.<br />

E gli altri tiravano.<br />

> chiedeva <strong>il</strong> solito spiritosone.<br />

> puntualizzò l’architetto Korinzio Hionicus.<br />

> rigridava<br />

Cassandra.<br />

> disse <strong>il</strong><br />

capocordata.<br />

Alla misura di un cazzo di mascolo, un cazzo alla volta naturalmente, <strong>il</strong> simulacro ia<br />

avanti. E <strong>il</strong> corteo tutto faceva un passo avanti. Il priapone si annacava su quel<br />

percorso non proprio pianeggiante. Ma la cosa che più si annacava era la ciolla<br />

imponente che puntava al cielo e che andava al di là della realtà del vero <strong>Priapo</strong> e<br />

delle sue rappresentazioni. Questa ciolla eretta andava oltre la testa del simulacro,<br />

molto oltre. Era una super mentula che puntava al cielo. Dopotutto doveva formare la<br />

metà di quell’arco ideale che avrebbe sormontato <strong>il</strong> ponte tra Purceddopolis e<br />

Munipuzos.<br />

Quella ciolla ondulava ora a destra ora a sinistra ma poi, miracolosamente, tornava al<br />

centro. Le catene che uscivano dalle spalle del <strong>Priapo</strong>ne svolgevano <strong>il</strong> loro compito in<br />

maniera efficiente. Accussì, in piena notte, <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne arrivò sull’agorà.<br />

Tutti festeggiarono quella notte. A base di minchia e pacchio. Deifobo soprattutto<br />

passò buona parte della notte inf<strong>il</strong>ato nel pacchio sp<strong>il</strong>ato di Elena. A dire <strong>il</strong> vero si<br />

addormento che lo teneva dentro.<br />

A non dormire completamente ci pinsau Elena. Quel <strong>Priapo</strong>ne per lei era un trucco.<br />

><br />

Pasqualesa era una festa popolare in cui ci si regalava uova di carta pesta colorata con<br />

dentro la sorpresa. Un regalino ma non solo.. l’Ovo poteva anche contenere una<br />

sorpresa negativa.. a volte anche offensiva o ingiuriosa…<br />

Lo zito regalava alla zita un ovo con dentro una Ciolladuci con annesso gioiello. La<br />

Ciolladuci era un dolce locale ed era <strong>il</strong> segno che <strong>il</strong> picciotto la inciollava già. La<br />

zita regalava allo zito un Ovo con dentro un talamo. Era la richiesta informale di<br />

matrimonio. Come dire “ Sposami presto.”


Ma andavano anche le uova al negativo. Tanti mariti ricevevano uova anonime con<br />

dentro delle “ Cornamentule “. Piccoli dolcetti a forma di corna a sua volta<br />

falliformi. Più assai erano, più quello era cornuto. Alle donne arrivavano spesso<br />

profferte amorose. Un ciondolo rotondo e una collana per esempio era <strong>il</strong> regalo tipo.<br />

Il prototipo <strong>dei</strong> regali ad hoc. A secondo del mandante poteva trattarsi di oro, argento<br />

o rame. La grandezza del ciondolo stava a dire “ io ci l’haiu rossu tanto.” La<br />

lunghezza della collana aveva a che fare con la lunghezza della ciolla. Ma come detto<br />

ci stavano anche Ova cini di merda o altre porcherie.<br />

Anche Cassandra non dormì quella notte. Inf<strong>il</strong>ata nel letto di un fratello profetizzava<br />

sventure acide. Ma tra una profezia e l’autra si consolava facendosi ficcare l’aceddu<br />

nel suo profetico e divinate pacchio.<br />

Non dormi neanche Enea. Lui sapeva <strong>il</strong> suo destino. Aveva avuto una soffiata dalla<br />

madre Afrodite.<br />

><br />

Questo, nella sua testa d’Eneide, voleva dire che Purceddopolis era finita. Dopo aver<br />

passato parte della notte tra le cosce della moglie Creusa, la figlia di Priamo che gli<br />

aveva cacato <strong>il</strong> bell’Ascanio, disse la solita frase.<br />

><br />

E presa la sua coffa uscì. Dentro la coffa ci stava <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>. L’originale. Enea<br />

intendeva, come al solito , andare dal vecchio Anchise. L’uomo mortale che si l’era<br />

fatta con Afrodite . E che si era vantato dell’impresa. Per questo Zeus l’aveva<br />

azzoppato. Ma Creusa sapeva che era una scusa. Enea andava a finire la notte tra le<br />

cosce della cognata Polissena. Dalla finestra della camera da letto dell’amante, dopo<br />

aver fatto regolamentare cunnomentulamachia, intanto che Polissena gli sucava<br />

l’anima fuori dalla mentula, lui taliava <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne che puntava la sua ciolla eretta<br />

contro in cielo di Purceddopolis. E nel momento della venuta ci parse che dalla ciolla<br />

di <strong>Priapo</strong> scisse la morte per la sua città. Gudiu ma si scantau.<br />

> pinsò.<br />

Riflette un po’ con la testa immersa nei suoi pensieri e la ciolla nella bocca di<br />

Polissena.<br />

><br />

E finalmente, a fellatio conclusa, si addormentò. Felice di portare nella coffa <strong>il</strong> vero<br />

Palla<strong>dio</strong>. E nelle palle una futura polis caput mundi.


E la sognò. E nel sonno disse:<br />

><br />

Non dormirono per niente all’interno del <strong>Priapo</strong>ne <strong>Priapo</strong> e i Munipuzici dell’ardua<br />

impresa. Di spazio ci stava dentro la pancia del <strong>dio</strong> ligneo. <strong>Priapo</strong> addirittura s’era<br />

coricato dentro un testicolo del suo simulacro. Tra gli altri c’erano Diomede, Odisseo,<br />

Neottolemo, Epeo, Antielo , Minkialao , Ikazzonio ed Eleno. Minkialao s’era<br />

impuntato per far parte della missione <strong>Priapo</strong>ne. E aveva fatto carte false per far<br />

accettare a bordo <strong>il</strong> suo amante segretario Ikazzonio. Anche Eleno aveva fatto carte<br />

false e forse anche di più per entrare a far parte della missione <strong>Priapo</strong>ne. E della<br />

missione , per celebrarla con le loro opere in greco, dialetto latino e dialetto locale,<br />

facevano parte anche Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso.<br />

><br />

Alla fine lo avevano dovuto fare trasire nel <strong>Priapo</strong>ne. A lui e a Ikazzonio.<br />

Eleno, con la diplomazia tipica dell’indovino che spara minchiate e le fa accreditare<br />

per verità, disse:<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

aveva risposto Agaminkione .<br />

> aveva risposto Eleno che in realtà contava di impossessarsi per<br />

primo di Elena, di portala con sé nella gallerie segrete di Purceddopolis e di salvarle<br />

così la vita.. in cambio del suo pacchio.. se non per amore almeno per riconoscenza.<br />

Per questo motivo aveva voluto far parte nella missione <strong>Priapo</strong>ne.<br />

Durante <strong>il</strong> trasporto si erano sentiti sbattuti a destra e a sinistra.<br />

><br />

diceva Epeo.<br />

> aggiungeva Diomede.


eplicava Minkialao.<br />

Effettivamente <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne osc<strong>il</strong>lava pericolosamente na vota a destra e na vota a<br />

sinistra. Ikazzonio parlava pochissimo. Non si lamentava e taliava fisso a Minkialao.<br />

Tra uno due scorreva una strano legame di cui si capiva picca. Ma una cosa era certa,<br />

Ikazzonio si la facia mettere in culo da Minkialao.<br />

> si chiedevano in tanti..<br />

> disse <strong>Priapo</strong> con tant’assai ironia.<br />

Fede nel raggiungimento dell’obiettivo, delle finalità previste intendeva <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

> replicò Odisseo indicando sia la ciolla lignea del simulacro che quella<br />

di carne di <strong>Priapo</strong>.<br />

> disse serio come un Zeus <strong>il</strong> figlio di Ach<strong>il</strong>le, Neottolemo, che stava<br />

all’altezza del biddico del <strong>Priapo</strong>ne.<br />

> diceva Epeo.<br />

> aggiungeva Diomede.<br />

> diceva Minkialao.<br />

><br />

replicava <strong>Priapo</strong>.<br />

> aggiungeva ironico Odisseo che stava<br />

dintra la coppola della minchia del priapone e osc<strong>il</strong>lava in modo pauroso da una parte<br />

e dall’altra. Il condotto minchiale del <strong>Priapo</strong>ne dava alla voce di Odisseo una tonalità<br />

particolare.<br />

> chiese Diomede.<br />

> chiese Odisseo.<br />

> disse <strong>il</strong> <strong>dio</strong> dal<br />

rosso palo.<br />

> chiese Odisseo.<br />

> replicò<br />

<strong>Priapo</strong>.<br />

><br />


anticipo.. tu consideri la guerra una vacanza matrimoniale.. una vacanza e basta.. e ti<br />

pari na cosa laria che adesso stia per finire..>><br />

><br />

<br />

><br />

> replico l’amico Diomede.<br />

><br />

> replicarono gli<br />

altri.<br />

> replicò sua divinità <strong>Priapo</strong>.<br />

Comunque , tra malesseri, frasi divertite e divertenti, momenti di paura e altro, <strong>il</strong><br />

<strong>Priapo</strong>ne ligneo alla fine arrivò nell’agorà di Purceddopolis.<br />

> gridò Odisseo.<br />

> gridò Neottolemo.<br />

> grido Epeo che s’era pisciato addosso.<br />

> aggiunse Antielo che s’era cacato addosso.<br />

> puntualizzò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

concluse Homerino da Munipuzos che faceva parte del gruppo come poeta soldato,<br />

storico soldato e intellettuale soldato. Pronto a celebrare con <strong>il</strong> suo greco raffinato<br />

ed elegante la presa di Purceddopolis. La polis più troia delle polis troie perché<br />

ospitava quella troia di Elena.<br />

Anche <strong>il</strong> poeta Mhassymylyano si apprestava a raccontare la conquista della polis,<br />

naturalmente in dialetto latino. Lui vedeva anche <strong>il</strong> senso della liberta nel compiere<br />

la missione. Era partito contro <strong>il</strong> volere della madre che non faceva altro che digli:<br />

><br />

Ma <strong>il</strong> poeta si era impuntato ed era partito dicendo.<br />

><br />

Lo scrittore Santhokriso era partito per pigliarsi una vacanza da quella scassacazzi<br />

della moglie e soprattutto da quella cacacazzi della suocera.


Comunque, tra scanti e spaventi, cacate e vomitate, tutti gli abitanti del pupone<br />

arrivano a destinazione sani e salvi.<br />

Durante <strong>il</strong> viaggio all’interno del <strong>Priapo</strong>ne già ne erano successe tante. Parolacce<br />

mult<strong>il</strong>ingue e santiatine mastodontiche. Anche da parte dello stesso <strong>Priapo</strong>.<br />

Ma Homerino aveva usato solo parolacce in greco, Mhassymylyano in dialetto latino<br />

e <strong>il</strong> Santhokriso in dialetto locale.<br />

Elena, accompagnata dal nuovo marito Deifobo, si recò a taliare <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne. E capì<br />

che era una trappola. Capì che nella panza del <strong>Priapo</strong>ne c’era gente. C’erano alcuni<br />

capi e capetti <strong>dei</strong> Munipuzici. Forse c’era pure quel cornuto di suo marito Minkialao.<br />

> pinsò.<br />

Ad Elena non era andata giù la decisione di maritarla a Deifobo.<br />

> disse a sé stessa.<br />

Augurandosi la fine della guerra al più presto Elena decise di tornare con Minkialao.<br />

Pertanto doveva riallacciare i rapporti con quelli che rendevano incinto <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Deifobo andò via e Elena improvvisò una danza ca paria Salomé ca si scippava li setti<br />

veli… ma idda ni avia sulu tri.. tri tunichi.. una fin sotto li minni.. una fin sotto <strong>il</strong><br />

pacchio e l’ultima fin sotto <strong>il</strong> ginocchio.. Annacannisi con fare sensuale e cantannu cu<br />

la vuci di pacchio in amore lanciau segnali a direzione unica..<br />

>


Minkialao arrussichiò. Ikazzonio pure. Ma Elena non disse <strong>il</strong> nome della parente.<br />

Intanto la prima tunica abbulò via. Gli uomini che stavano dintra <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne<br />

taliavano dalle f<strong>il</strong>azza e non videro la faccia dell’ex marito. E nemmeno quello della<br />

sua amante. Ma capenu ca quello s’intratteneva con qualche sticchio di famiglia. E<br />

dalle f<strong>il</strong>azze vedevano solo due cosce luminose che serravano l’altra f<strong>il</strong>azza. E a<br />

quella pensavano. La vuci sensuale, la visione erotica, la bella vista fici effetto sugli<br />

strumenti del piacere. A parte quello di <strong>Priapo</strong> che era eretto per mestiere.<br />

><br />

scherzavano gli ospiti del <strong>Priapo</strong>ne.<br />

Minkialao fu sul punto di rispondere incazzato. Ma Odisseo <strong>il</strong> furbo gli tamponò la<br />

bocca con la mano destra. Le parlo le restarono in gola.<br />

><br />

Nella sua testa Minkialao poi pinsò:<br />

><br />

Ikazzonio comprese i pensieri di Minkialao e ci sorrise dolcemente. Gli altri sorrisero<br />

semplicemente. Anche <strong>Priapo</strong>, che però conosceva la verità.<br />

Dalla bocca di Minkialao uscì solo un respiro interme<strong>dio</strong> tra <strong>il</strong> desiderio e la rabbia.<br />

Elena capì che apparteneva al suo ex marito. E continuò <strong>il</strong> teatro. Munipuzos in fondo<br />

era la città del teatro. C’era <strong>il</strong> teatro greco dove si mettevano in scena tragedie e<br />

commedie, ma <strong>il</strong> vero teatro era la polis intera. Ognuno recitava una parte. Quannu si<br />

scia ognuno mittia i suoi abiti di scena e facia la sua parte. Per le feste specialmente<br />

era uno spettacolo continuo, una recita superba , una messa in scena delle miserie e<br />

delle vergogne umane. Ed Elena sapeva ben recitare la sua parte , quella della<br />

fimmina in calore che mette la fiamma a tutti li cazzi mascolini. Pertanto continuò la<br />

sua sceneggiata.<br />

Deifobo, che non era andato via , la taliava ammucchiato dietro una statua di<br />

Afrodite. Con la faccia appoggiata al culo bello della dea della bellezza. Pure lui, a<br />

vedere la moglie, si stava eccitando come un Satiro e un S<strong>il</strong>eno misi insemula e già<br />

pregustava una notte di cunnomentulamachia eccezionale.<br />

Elena continuò la sua messa in scena.<br />

>


Odisseo a sentire quelle parole, cu na manu si allisciò la ciolla tisa sutta la tonaca e cu<br />

l’autra manu si autointuppò la bocca per non rispondere a quell’invito di natura<br />

sessuale. Il pacchio di Elena era di qualità superiore, ci ni volevano cento della sua<br />

scasaspiselli Penelope. Intanto Elena si livau con arte la secunna tunica. E ristau col<br />

paparaciannu di fora. La luce di un lampione si rifletteva su quel pacchio bianco e<br />

sp<strong>il</strong>ato e ne faceva la stella polare di l’aceddi di tutti quelli che stavamo dintra <strong>il</strong><br />

<strong>Priapo</strong>ne. E anche di Deifobo . Mentre <strong>il</strong> culo paria una novella luna pallida da<br />

mangiarisi a muzzicuna furiosi. Tutti si alliscianu la ciolla tisa. Tutti, tranne<br />

Ikazzonio che non sapeva che fare. Taliava tanto per partecipare ma non provava<br />

nessun piacere nel vedere la ex moglie dello zio e zia fare uno spogliarello. Elena era<br />

chiù bella assai di lei, ma lei e lo zio avevano un legame di natura chimica che<br />

rendeva esplosivi i loro amplessi.<br />

> ci disse<br />

all’aricchia Minkialao. Ikazzonio obbedì. Elena continuò lo spettacolo.<br />

><br />

Neottolemo taliava dalla f<strong>il</strong>azza e ci piaciu assai quella vista. Avrebbe voluta farsi<br />

quella femmina che s’era fatta suo padre. Trasiri nello stesso portusu nel quale era<br />

trasuta la ciolla mortale dell’immortale eroe. Intanto la terza tunica abbulò via e la<br />

donna restò nuda in tutta la sua spendente bellezza. Quella attirava le ciolle come la<br />

calamita attira <strong>il</strong> ferro. Neottolemo attaccau a minaris<strong>il</strong>la, senza vergogna alcuna.<br />

Non pensava agli altri che stavano dentro <strong>il</strong> simulacro, pinsava solo alla sua ciolla e<br />

quella femmina eroticissima. Anche gli altri attaccanu lu stissu discorso. Pure<br />

Minkialao attaccau a fari su e giù in onore della consorte che un tempo non aveva<br />

degnamente onorato preferendo Ifigania. Ma Ikazzonio continuava a fingere, non<br />

aveva niente da tirasi fuori. Nessuna ciolla piccola o grande, dura o moda, tisa o<br />

pinnenti da esibire.<br />

Tra l’altro Minkialao si era reso conto che quella si l’era fatta intappare sia da<br />

Odisseo che da quel frocio di Ach<strong>il</strong>le. Lo stesso <strong>Priapo</strong> attaccò a darsi da fare sul suo<br />

imponente palo rosso. Elena non poteva rivolgersi a lui. Non poteva immaginate che<br />

dentro quel simulacro del <strong>dio</strong> ci fosse veramente <strong>il</strong> <strong>dio</strong> in questione. E pur avendo<br />

ficcato con mezzo mondo <strong>Priapo</strong> di ricordava del pacchio particolare di Elena .<br />

Sp<strong>il</strong>ato naturale come quello di sua madre Afrodite.<br />

Anche Deifobo attaccò con l’arte minatoria. Sperando di passare poi a quella<br />

fottitoria. Elena intanto continuava la sua danza e cercava di arrampicarsi ora a una<br />

ora a l’altra delle cosce del <strong>Priapo</strong>ne. E quannu passava dall’una all’altra si<br />

stinnicchiava in mezzo alle gambe del simulacro e allargava le cosce alla luce del<br />

lampione, Gli uomini che stavano dentro <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong>ne vedevano br<strong>il</strong>lare la porta del


paradiso. E s’impegnavano di più nell’arte minatoria. Quel pacchio era dotato di<br />

forza pacchipeta.. una forza sim<strong>il</strong>e a quella centripeta.. attirava tutti gli uccelli.. tutte<br />

le minchie.. tutti i cazzi..<br />

> si chiese Homerino da Munipuzos che si dava da<br />

fare con la sua poetica ciolla. E pinsava già di scrivere poemi, romanzi, odi, sonetti e<br />

altro ma sempre dedicati solo e soltanto alla fica. Non a una fica qualsiasi.. ma solo e<br />

soltanto a quella di Elena.<br />

La Ficheide, La cosa di Elena, le Fiche parallele, <strong>il</strong> Simposio cunnico, la Repubblica<br />

della mona, <strong>il</strong> Convivio della ciolla, Le Baccanti e le Elenanti, l’Elena a Colono, I<br />

Supplici della fica di Elena.. e altro.. molto altro…<br />

Intanto Elena continuò la sua sceneggiata:<br />

><br />

Tutti si eccitanu a più non posso. Anche Ikazzonio dimostrò un po’ di interesse.<br />

Eleno quasi quasi si pisciò in automatico. Ma Elena continuò lo sciò.<br />


In tanti mi hanno dato <strong>il</strong> loro reale uccello..<br />

Ma i nomi, per buona e semplice creanza,<br />

me li tengo tuttti dintra alla mia bella panza....<br />

Ma non mi sento per niente buttana sopraffina<br />

Ho solo un pacchio e me lo godo a minchia cina... >><br />

Eleno non disse niente. Continuò a minarsela tra l’indifferenza generale. In fondo con<br />

Elena ci provavano tutti. E anche lui ci aveva provato . Era andato in bianco solo<br />

ufficialmente. Come gli altri. Elena la dava a tutti. Questa era la verità. Ma adesso<br />

poteva rifarsi anche ufficialmente. Poteva ancora rifarsi ufficialmente. Aveva infatti<br />

un piano per assaggiare quel pacchio ancora vivo e portarlo in salvo.<br />

Elena continuò la sua rappresentazione. E stavolta si rivolse a <strong>Priapo</strong>, <strong>il</strong> <strong>dio</strong> <strong>dei</strong><br />

<strong>bordelli</strong>.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> si era portato intanto nella coppola della minchia del suo simulacro. Da <strong>dio</strong><br />

qual’era voleva minarsela da solo. La sua ciolla non era come quella degli altri<br />

uomini. Era ranni, rossa, longa , sempre dura e pisciava simenta alla sanfasò . Elena<br />

invece si mise a cosce larghe sotto le cosce del simulacro.<br />

> disse gridando.<br />

Minkialao si era reso conto che pure <strong>Priapo</strong> s’era fottuta la sua ex moglie. Ma come<br />

tutti gli altri aumentau lu ritmo dell’operazione manuale. Tutti vinnunu. Tutti tranne<br />

Ikazzonio che continuava a simulare la minata strofinandosi sutta lu biddicu. Dalla<br />

f<strong>il</strong>azza del <strong>Priapo</strong>ne la simenta cariu addosso alla bella Elena. Quella di <strong>Priapo</strong> sciu<br />

dalla coppola della ciolla e precipitò in parte su Elena. Deifobo vinni sulle cosce della<br />

statua di Afrodite dietro la quale si era nascosto.<br />

Nella testa del <strong>Priapo</strong>ne di l’erano minata anche gli intellettuali.<br />

> dissero.<br />

Poi s’erano immersi in una discussione su come celebrare rispettivamente la muni, <strong>il</strong><br />

cunnus e lu sticchiu.<br />

A minata conclusa tutti si accorsero che l’operazione “ cangiare l’acqua all’aceddu”<br />

era sta fatta da tutti tranne che da Ikazzonio. Mancava <strong>Priapo</strong>, ma quello aveva una<br />

ciolla che si vedeva dal polo nord.


addumannò Odisseo<br />

curioso come una gallina prima di fare <strong>il</strong> primo uovo ma furbo come la stessa subito<br />

dopo.<br />

>rispose<br />

arrossendo .<br />

><br />

aggiunse Diomede.<br />

> tentò di<br />

giustificarsi Ikazzonio.<br />

> intervenne in<br />

suo aiuto Minkialao.<br />

> chiese Odisseo.<br />

><br />

><br />

> disse<br />

Odisseo.<br />

> dissero tutti.<br />

>intervenne Minkialao.<br />

> aggiunse Ikazzonio rosso in faccia come un tizzone acceso.<br />

> propose Odisseo.<br />

><br />

><br />

><br />

> gridò Minkialao.<br />

><br />

chiese Neottolemo.<br />

> gridò Minkialao.<br />

> risposero tutti.<br />


incazzato... perché anche io ni sto convincendo che se facciamo l’appello delle<br />

minchie che si son fatte Elena all’appello ne mancheranno poche... ma come ha detto<br />

lei... “ Ma non mi sento per niente buttana sopraffina...solo un pacchio e me lo<br />

godo a minchia cina... “ quindi nessun commento... e io cosa posso dirvi? “ Io non<br />

mi sento cornuto o cornutazzo.. uso solo come voglio <strong>il</strong> mio cazzo..”>><br />

> chiese Odisseo.<br />

> disse incazzatissimo Minkialao.<br />

Ikazzonio ubbidì. Gli altri risero. <strong>Priapo</strong> s’era rimasto nella coppola della ciolla del<br />

suo simulacro e seguiva la discussione sapendo già al verità.<br />

><br />

chiese Odisseo.<br />

Eleno taliò Minkialao negli occhi rosso fuoco. Poi taliò Ikazzonio preoccupatissimo e<br />

pallido come un cadavere morto.<br />

> disse Eleno.<br />

><br />

><br />

> propose Diomede.<br />

Minkialao e Ikazzonio stavano zitti.<br />

> ordinò Odisseo.<br />

> invocò Minkialao.<br />

> disse <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

<strong>Priapo</strong> non aveva neanche finito di parlare che in quattro bloccanu a Minkialao e in<br />

due catafuttenu sul pavimento del <strong>Priapo</strong>ne a Ikazzonio.<br />

><br />

Odisseo sciolse <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi e misi tutto a vita.<br />

><br />

La vista di quella fica mise in movimento gli augelli degli ospiti del <strong>Priapo</strong>ne.<br />

Minkialao faceva la parte del disperato; e forse lo era . Temeva che si scoprisse la<br />

vera identità della suo Ikazzonio. Fece di tutto per liberarsi ma non ci riuscì.<br />

> propose<br />

Odisseo.<br />

> rigridò Minkialao pazziannu chiù assai di prima.<br />

><br />

><br />

E anche <strong>il</strong> re fu nudo; bello e col suo aceddu d’avorio sempre tiso. L’unica cosa che<br />

ci restò addosso fu “ <strong>il</strong> sacr’osso di Pelope”, <strong>il</strong> suo antenato. Si l’era appinnuto come


una ciolla, Quell’osso in fondo era come la sua ciolla. Era la ciolla d’avorio del suo<br />

antenato. Il Palla<strong>dio</strong> invece si l’era appinnuto <strong>Priapo</strong> in persona. E nudi si misero gli<br />

altri: l’indovino, <strong>il</strong> figlio dell’eroe, altri re o eroi . Sotto gli occhi del Minkialao<br />

desnudo e impotente gli altri si giocarono ai dadi <strong>il</strong> pacchio della sconosciuta che si<br />

faceva chiamare Ikazzonio. Vinse <strong>il</strong> furbo Odisseo. Col trucco ma vinse.<br />

><br />

><br />

> disse<br />

Odisseo trasendo di colpo dintra Ikazzonio.<br />

> gridò Ikazzonio.<br />

><br />

Scinniu e visti a Odisseo che aveva appena finito la sua missione con Outis.<br />

><br />

><br />

Seguirono discussioni su discussioni e sulla vicenda fu deciso di far calare <strong>il</strong> segreto<br />

di convenienza. Finu a quannu c’era comminienza per tutti. Eventualmente ne<br />

avrebbe parlato un giorno Homerino e gli altri, naturalmente nelle loro opere.<br />

Famosa è oggi la Muneide di Homerino, la Cunneide di Mhassymylyano e Cent’anni<br />

di pacchiazzu di Santhokriso.<br />

Quella notte gli ospiti del <strong>Priapo</strong>ne scenu dal simulacro che li ospitava. Prima calano<br />

l’aceddu nel più assoluto s<strong>il</strong>enzio e quannu la coppola tuccau terra inizianu a scinniri.<br />

Minkialao voleva scinniri per primo, pi fari per primo la minnitta. Ma <strong>Priapo</strong> volle<br />

quell’onore per lui. Gli fu concesso. Era o non era un <strong>dio</strong>?<br />

> chiese <strong>il</strong> <strong>dio</strong>.<br />

Poi Odisseo e Diomede corsero ad aprire le porte. Le poche guardie presenti funu<br />

scannati in un amen. Intanto la lanterna situata nella coppola della minchia del<br />

simulacro incendiò la stessa. Era <strong>il</strong> segnale per i Munipuzici. Ca scenu di cursa dal<br />

bosco di Mynkyalonya e currenu verso la polis da conquistare. Oramai tutte pe porte<br />

erano aperte. Purceddopolis si offriva agli invasori con tutte le sue aperture<br />

disponib<strong>il</strong>i. La ciolla del simulacro adesso era una torcia e <strong>il</strong>luminava sinistramente<br />

la polis. Qualcuno nella case incominciò a svegliarsi. E <strong>il</strong> fuggi fuggi, lu scappa<br />

scappa, lu fui fui incominciò nel più totale casino che si fosse mai visto.<br />

Gli intellettuali, su consiglio di Eleno, si ienu a ficcare dentro <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong>. Da quella<br />

torre minchiforme che aveva ospitato <strong>il</strong> vero Palla<strong>dio</strong> rubato da Enea ma anche <strong>il</strong><br />

falso Palla<strong>dio</strong> rubato da Odisseo e compagni, Homerino, Mhassymylyano e<br />

Santhokriso ti talianu la presa di Purceddopolis in tutti le sue componenti.<br />

> dicia uno.<br />

> diceva n’autro.


diceva n’autro.<br />

Lo spettacolo di morte e distruzione era infinito.<br />

In testa a tutti i Munipuzici che arrivavano c’era Agaminkione. Voleva trovare Elena<br />

prima del fratello e ficcaricc<strong>il</strong>la d’autorità. Si era reso conto che lui era una delle<br />

poche ciolle di Munipuzos che non s’era trummiato la bella picciotta dal pacchio<br />

sp<strong>il</strong>ato.<br />

> pinsava<br />

nella sua testa di re maggiore di Munipuzos.<br />

Neottolemo partì per <strong>il</strong> palazzo reale e scannò Priamo sotto gli occhi della moglie .<br />

La moglie Ekuba, vedendo morire <strong>il</strong> marito, disse solo:<br />

<br />

Si fermò un attimo . Poi riprese.<br />

<br />

Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti.<br />


AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...<br />

PRIAMOOOOO...<br />

AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.....<br />

PRIAMOOOOO...>><br />

Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...<br />

PRIAMOOOOO...<br />

Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh...<br />

PRIAMOOOOO...<br />

Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente<br />

addolorato intitolato:<br />

Cent’anni con Ekuba: AAhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.<br />

PRIAMOOOOO...<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda.


Poi Neottolemo ordinò di portare <strong>il</strong> cadavere del re sulla tomba d’Ach<strong>il</strong>le e di<br />

lasciarlo insepolto lì.<br />

><br />

Poi Neottolemo circò la troia di Andromaca e ci sfunnò pacchiu e retropacchio. Ma<br />

prima di sfunnalla ci disse serio e cruento allo stesso tempo:<br />

> gridò Neottolemo.<br />

> invocò piangendo Andromaca.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E ci tappò la bocca con la sua ciolla. Poi ci sfunnò pacchio e retropacchio.<br />

><br />

< Ma io ho già un figlio..>><br />

><br />

Intanto che Andromaca piangeva lui la usava a suo modo e piacimento. Fottendosene<br />

e strafottendosene delle sue lacrime, <strong>dei</strong> suoi lamenti e del resto.<br />

><br />

Dopo, a ciolla soddisfatta e ciriveddu pure, pinsò a scannare la simenta fallita del<br />

fallito principe Ettore. E preso Astianatte dalla culla unni durmia felice lu scaraventò


fora dal torrione. Come nu sacchetto di munnizza fitusa. E intanto che <strong>il</strong> picciriddu<br />

precipitava e la madre gridava lui rideva gioioso e contento.<br />

><br />

Queste parole rimisero in piedi la sua ciolla. E per non sentire la buttana fallita<br />

gridare ci la rimise in bocca.<br />

><br />

E intanto ci la sbattia sempre in bocca ad Andromaca .<br />

><br />

E intanto ci la passava in bocca a tutta forza. O meglio, a tutta minchia. Andromaca<br />

oramai stava soffocannu. Fu per un miracolo, per un pelo di minchia, ca Neottolemo<br />

vinni appena un secondo prima che quella accupassi.<br />

><br />

E rise intanto che la donna piangeva. Rise di gioia . Di quella gioia che ti da la morte<br />

di un nemico.<br />

Minkialao partì di cursa pi scannari Elena e <strong>il</strong> suo nuovo marito. Li attruvò ca<br />

futteunu; lei smontò subito dal palo maritale mentre Minkialao facennu la spada<br />

rotante incazzata con un colpo netto ci tagliò l’aceddu tiso al nuovo marito della sua<br />

vecchia moglie. Quello gridò nel vedere la spada tagliare <strong>il</strong> suo aggeggio e lo stesso<br />

abbulare come un aceddu fora dalla finestra.<br />

><br />

E fece per alzarsi. Come per correre appresso al suo pene. Ma Minkialao mise fine a<br />

quelle sofferenze facendo scempio di quel corpo frutto di real simenza. Rifacendo la<br />

spada rotante a getto continuo prima lo decapitò, poi lo detoraciò , infine lo deculò e<br />

decosciò. Elena, scantata, scappò, nuda come si trovava, verso altre zone del<br />

palazzo. Il re minore e suo ex marito continuò l’opera di spezzettamento del<br />

chiavatore di sua moglie.<br />

><br />

E continuava,<br />

><br />

E ancora.<br />

>


E ancora.<br />

><br />

E poi ancora.<br />

><br />

E ancora.<br />

><br />

Poi circau la ciolla e la taliau.<br />

><br />

E si l’ammuccò.<br />

Quando Minkialao finì la sua reale operazione di real macelleria Elena non c’era più.<br />

C’erano soltanto iatti e iatti a ancora iatti ca si stavano spurpannu <strong>il</strong> corpo dell’ultimo,<br />

in ordine cronologico, marito di Elena.<br />

> disse Minkialao intanto che si arrussicava la<br />

real principesca sasizza.<br />

E allora Gridò.<br />

><br />

Anche Agaminkione, trasuto per primo tra i Munipuzici all’interno di Purceddopolis,<br />

curriu alla ricerca della fica sp<strong>il</strong>ata d’Elena la bella. Trasiu nel palazzo reale, e<br />

facendosi largo tra i tanti morti ammazzati , si mise alla ricerca della femmina che gli<br />

addumava l’aceddu.<br />

><br />

Ma era distante dalla femmina. La chiamò:<br />

><br />

Ma ci parse che n’autro la chiamasse. O forse addirittura altri due mascoli. Infatti<br />

avia gridato “ Elena “ in contemporanea con Minkialao e Eleno. Ma le onde sonore<br />

delle tre voci erano diverse.<br />

Anche Eleno si era messo alla ricerca della cognata. E vedendola da lontano gridò:


Ci era parsa lei. Ma in realtà sentiva odore di pacchio sp<strong>il</strong>ato. Il pacchio sp<strong>il</strong>ato tiene<br />

un odore molto ma molto diverso. Un odore di pacchio puro e non come quello<br />

imp<strong>il</strong>ato. E girannu palazzu palazzu la truvò. Era inf<strong>il</strong>ata in un forno spento. S’era<br />

distesa come un f<strong>il</strong>one e stava con le cosce larghe. Come a far prendere aria al suo<br />

corpo da quella apertura. E intanto pregava suo padre Zeus di salvarla.<br />

> esclamò Eleno entrando<br />

nella grande cucina. E la visti.<br />

> declamò<br />

l’indovino che aveva indovinato dove <strong>il</strong> pacchio bello s’era nascosto.<br />

Quella invece pregava.<br />

><br />

> ci addumannò Eleno.<br />

><br />

Eleno trasiu nel forno pure lui.<br />

> rispose Eleno facendo finta di andarsi a catafottere in mezzo alle cosce<br />

della donna.<br />

> disse Elena acchiappando Eleno per quella<br />

che era la parte più sensib<strong>il</strong>e dell’indovino.<br />

“ Indovino della minchia “ era <strong>il</strong> suo soprannome. Eleno si la inchiappettò la dentro<br />

stesso. Poi la portò nel suo rifugio segreto, la stanza delle previsioni, e lì si la futtiu<br />

nei modi possib<strong>il</strong>i e impossib<strong>il</strong>i. Si ficiru anche la complicatissima posizione<br />

ventiquattro del Libro delle posiziono magiche. Intanto che erano così attorcigliati<br />

che poco ci si capiva, arrivò Minkialao.


Elena continuò la sua mentulica impresa.<br />

> rispose Elena continuando a zummiari con Eleno.<br />

Minkialao partì pi la minnitta .<br />

> disse Minkialao partendo alla sanfasò per inf<strong>il</strong>zarla ma<br />

inf<strong>il</strong>zò Eleno.<br />

><br />

Elena sentì la ciolla di Eleno arrimuddare dintra di sé; e quello scatenarsi<br />

automaticamente dall’amoroso amplesso. Libera dalla schiavitù ciollesca si mise<br />

addita. Sporca di sangue ma con la fica che ancora pulsava. Faciva rapi e ciuri<br />

spasmodicamente, era rimasta insoddisfatta. Quello era morto prima di farla pisciare<br />

dal piacere. Allora, forse stanca o semplicemente disperata, ma in realtà intenta a<br />

recitare <strong>il</strong> suo ruolo, pigliò <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi del morto, si puliziò l’insanguinato seno, e<br />

offrendolo al vendicatore <strong>dei</strong> curnuti , disse.<br />

><br />

E s’avvicinò offrendo <strong>il</strong> petto a quella spada insanguinata. Con le mani sollevava i<br />

grossi e carnosi seni e li offriva alla spada. A quella vista l’uomo lasciò cadere l’arma<br />

e presa in mano l’altra spada, quella carnosa, in realtà d’avorio, disse:<br />

><br />

S’avvicinò titubante alla donna. Elena capì che aveva vinto ancora una volta. E<br />

allargò le cosce per offrirgli la vista , e non solo quella, del suo ab<strong>il</strong>e pacchio sp<strong>il</strong>ato<br />

che ancora pulsava di desiderio e pititto. Le piccole e le grandi labbra facevano rapi e<br />

ciuri e <strong>il</strong> clitoride trotterellava come na minchietta br<strong>il</strong>la.<br />

> disse<br />

Minkialao più babbalao che mai.<br />

Taliava e non facia. La sua minchia stava tisa e puntava al pacchio ma lui restava<br />

fermo.<br />

Poi appoggiò la coppola a quella f<strong>il</strong>azza ma non sapeva se trasiri o fari marcia<br />

indietro. Era venuto per ammazzarla e adesso stava per venire in altro modo.<br />

> disse Elena ridendo.<br />

E non rise solo con la bocca, rise anche con lo sticchio. Quello f<strong>il</strong>azza sorridente e<br />

gioiosa si sucò l’aceddu di Minkialao in un fiat.<br />

><br />

><br />

Minkialao ebbe un attimo di smarrimento. La nipote era <strong>il</strong> suo vero amore.<br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E intanto che dialogavano a parole fottevano con gli strumenti dell’arte fottitoria.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> rispose Elena ridendo.<br />

> rise Minkialao.<br />

> chiese Elena.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


Minkialao non rispose.<br />

><br />

Minkialao tiniva ancora l’aceddu dentro <strong>il</strong> pacchio di Elena. Taliò verso <strong>il</strong> basso e<br />

vide la sua ciolla che faceva trasi e nasci. E quannu scia la sua ciolla ci sorrideva di<br />

felicità. Quannu trasiva invece ci sorrideva <strong>il</strong> pacchio. E che sorriso.<br />

><br />

> disse Elena.<br />

<br />

> chiese la bella.<br />

> disse Minkialao incunnando felicemente l’aceddu nel cunno di<br />

Elena.<br />

> disse Elena assecondando i movimenti pelvici dell’uomo.<br />

Minkialao con la lingua di fuori facia: ><br />

Elena parlò ancora. Poi toccò di nuovo a Minkialao.<br />

><br />

> disse Elena aspirando sempre più la ciolla tisa col suo pacchio<br />

sucante.<br />

<br />

Da quella cunnomentulamachia rinacque la coppia Elena Minkialao.<br />

Ma a taliare la cosa c’era Ikazzonio. Che pianse per gelosia e promise minnitta.<br />

E intanto che Ikazzonio piangeva arrivò Agaminkione.<br />

<br />

><br />

><br />

Ikazzonio non rispose ma pianse di più e più forte.


chiese Agaminkione.<br />

><br />

><br />

><br />

Il re maggiore taliò e vide <strong>il</strong> re minore che sodomizzava Elena.<br />

><br />

> disse Ikazzonio sempre piangendo.<br />

><br />

> rispose Ikazzonio piangendo.<br />

> si chiese <strong>il</strong> re maggiore tirando fuori la spada..<br />

><br />

<br />

Ikazzonio lo bloccò. E si misero a litigare. Agaminkione voleva fare minnitta,<br />

Ikazzonio lo voleva fermare. E si arrotolarono per terra.<br />

><br />

><br />

<br />

<br />

Nella lotta la tunica si Ikazzonio si era arrotolata e quello adesso tinia <strong>il</strong> culetto di<br />

fuori.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione scostò <strong>il</strong> cing<strong>il</strong>ombi e ci la misi di botto.<br />

> disse Ikazzonio.<br />

Elena e Minkialao continuavano <strong>il</strong> loro travaglio peloso e non sentivano niente.<br />

><br />

> improvvisò Ikazzonio che non<br />

sapeva che dire e che fare.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />


> disse Agaminkione<br />

finendo nel culetto bello del bell’Ikazzonio.<br />

Intanto che i due erano impegnati in questa schermaglia in parte p<strong>il</strong>osa e in parte<br />

parlata., intanto che Agaminkione si dimenava sul sederino di Ikazzonio, intabto che<br />

ikazzonio protestava moderatamente, Elena e Minkialao fienu la loro discussione.<br />

E decisero di partire. Fecero per uscire ma si fermarono di botto. Rientrarono nella<br />

stanza e si talianu in faccia.<br />

> disse<br />

Minkialao.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> dissero all’unisono.<br />

E scienu dalla regia dall’uscita .. segreta.<br />

Aiace Teladoinculio iu al tempio pi farisi a Cassandra. La principessa maga ci facia<br />

sangu. La mise a nura sutta l’occhi del simulacro della vergine Pallade Atena<br />

> gridò la donna.<br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

><br />

Intanto si era livato la tunica ed esibiva una ciolla niente male. Cassandra da parte sua<br />

si aggrappò al simulacro della vergine. Ma Aiace, con la ciolla in armi in mano,<br />

insisteva. Ma quella non lasciava la presa. Nuda era, ma stava aggrappata alla statua<br />

della dea. Aiace la acchiappò allora per i fianchi e ci la piazzau nel retropacchio. Fu<br />

una botta data con la potenza di cento ciolle in amore, di duecento baddi vinciate, di<br />

m<strong>il</strong>le desideri insoddisfatti. Praticamente ci lu sfunnau. La spinta fu così forte che <strong>il</strong><br />

simulacro cadde. E col simulacro cariu Cassandra e supra di idda Aiace. Pare che<br />

Pallade Atena a vedere quel gesto aprì gli occhi ranni ranni e poi taliò fissa verso <strong>il</strong><br />

cielo. Come per dire:<br />

><br />

Cassandra piangeva per <strong>il</strong> dolore e l’offesa minchica. Aiace , non contento, sciu dalla<br />

porta di darreri e fici <strong>il</strong> suo ingresso trionfali dalla porta di davanti. Ma sempre da<br />

dietro. Con Atena sotto Cassandra. Ogni colpo di reni dell’eroe si trasmetteva al<br />

pacchio della veggente che a su volta lo passava al gelido simulacro della dea. Che a<br />

picca a picca perse la sua gelidità. Le lacrime di Cassandra , man mano che l’onda del<br />

piacere montava, addivintanu lacrime di piacere. E quannu dall’aceddu eroico sciu la<br />

simenta della rabbiosa fottuta pare che pure Pallade Atena, seppure sotto forma di<br />

simulacro, godesse nu tanticchia. In ogni caso un po’ latte di brigghiu sculò sul<br />

simulacro della dea.<br />

Cassandra poi, come bottino di guerra, finiu per adornare la ciolla d’avorio di<br />

Agaminkione.


Intanto la polis vinia misa a ferro e fuoco. La morte trasia in ogni casa, curtigghiu,<br />

palazzu, ciazza, lupanare. Morte su morte e poi ancora morte. Ma anche minnitta e<br />

tanta violenza. I soldati , pi sfregio e altro, ma anche per consolarsi o per scaricarsi le<br />

palle, ficcaunu a destra e a manca. Dappertutto scorrevano sangue e simenta.<br />

Enea scappò con <strong>il</strong> papa Anchise sulle spalle e <strong>il</strong> piccolo Ascanio tenuto per mano.<br />

Sua moglie si perse nella confusione. E su di lei calò <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. Enea aveva fretta.<br />

Doveva seminare. Enea teneva Roma nelle palle. E avere Rima nelle palle non è<br />

poco. Ci dava sinceramente un po’ di fasti<strong>dio</strong>. E non aveva solo Roma nei testicoli,<br />

aveva anche Anchise sulle spalle, che per sua fortuna era siccu come n’asparago<br />

selvaggio, e Ascanio nicareddu ma autonomo, tanto che bastava dargli una mano, e<br />

infine aveva <strong>il</strong> Palla<strong>dio</strong> nella coffa. Ma tutto questo comunque era sopportab<strong>il</strong>e. Ma<br />

Roma nelle palle, quello si che era un peso. Un peso da scaricare al più presto.<br />

Cassandra fu data come schiava ad Agaminkione e si attruvò benissimo. Al re ci<br />

piacia futtiri e sentire le previsioni sul futuro. Tanto erano solo minchiate.<br />

Specialmente quelle di Cassandra. Che con Agaminkione si era specializzata nel<br />

vedere <strong>il</strong> futuro nelle Palle. La Pallomanzia, la Coglionomanzia, la Testicolomanzia<br />

o altro dir si voglia.<br />

> chiedeva Agaminkione.<br />

> rispondeva la donne taliando da vicino le palle dell’eroe.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione rise . Sapeva che quella ficcava alla sanfasò con Krysegystos. E sapeva<br />

anche chi era Krysegystos. I suoi sevizi segreti ci dicevano sempre tutto. Perché<br />

sapevano veramente tutto. Anche che quello avia misu incinte tutte le femmine di<br />

casa. La moglie e le figlie Elettracunnus e Cunnotemi. E tanto per non fare differenze<br />

insasizzava pure Minkioreste e P<strong>il</strong>ade. Senza però metterli incinti.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


Ekuba, venuta a conoscenza della morte violenta di altri suoi figli disse solo:<br />

><br />

Polissena fu sacrificata ad Ach<strong>il</strong>le. Ma molti non volevano. Quel pacchio sarebbe<br />

stato più ut<strong>il</strong>e da vivo che da morto. Immolato sull’aceddu di un eroe vivo sarebbe<br />

stato più ut<strong>il</strong>e. Lo avrebbe reso felice. Ma anche i riti hanno la loro importanza.<br />

> gridò Neottolemo<br />

che esigeva <strong>il</strong> sacrificio in onore del padre.<br />

La domanda spiazzò i Munipuzici. La ciolla di Ach<strong>il</strong>le era l’unica cosa mortale che<br />

l’eroe aveva, ma l’aveva usata alla grande. Ma oramai era morto e la sua ciolla non<br />

poteva godere più. Polissena invece era bella e poteva far gioire qualche mascolo. Ma<br />

la domanda di Neottolemo meritava una risposta. Era di quelle che spiazzano.<br />

><br />

Ognuno disse la sua. Alla fine si decise per <strong>il</strong> sacrificio.<br />

<br />

sentenziò Odisseo.<br />

> disse Neottolemo pronunciando l’orazione funebre con la<br />

futura morta ancora viva.<br />

Il rogo fu spettacolare. Polissena era salita sul rogo serena. Convinta com’era di<br />

volare nei Campi Elisi. Solo là poteva stare uno come Ach<strong>il</strong>le.<br />

> disse Polissena.<br />

Neottolemo fu contento perché aveva rispettato le volontà del padre.<br />

Purceddopolis intanto bruciava ancora. Fiamme su fiamme, distruzione su<br />

distruzione, e soprattutto morte su morte e poi ancora tanta morte.<br />

Ekuba fu data ad Odisseo ma era una pazza furiusa. Non parlava . Dicia solo:<br />

AH.. ..AH.. ><br />

Nonostante questo Ekuba organizzò una minnitta con arte. Ma non la cuntu perché<br />

già lungo si fece questo cunto.


pinsava Ekuba.<br />

La sua tomba fu chiamata “ della cagna”. Perché i suo spirito si materializzò in una<br />

cagna niura <strong>il</strong> cui latrato era <strong>il</strong> terrore del mondo intero. Quannu qualcuno la sentiva,<br />

anche se stava inciollando <strong>il</strong> più bel pacchio della terra, la sua ciolla arrimuddava. E<br />

meno male che arrimuddava. Perché <strong>il</strong> pacchio della signora si stringeva per lo<br />

scanto. Col rischio di strozzare l’aceddu.<br />

Intanto Purceddopolis continuava a bruciare. Era la morte in persona e non <strong>il</strong> suo<br />

simulacro. Gli intellettuali, sempre in cima al Palla<strong>dio</strong>, taliavano, memorizzavano e<br />

soprattutto memorizzavano. Per la storia. Ognuno iniziò la sua con questi versi in<br />

comune. Naturalmente in greco. dialetto latino e dialetto locale.<br />

Titolo comune dell’opera , nelle tre diverse lingue, L’Agaminkione furioso di phallus,<br />

L’Agaminkione furioso di mentula, L’Agaminkione furioso di minchia<br />

><br />

Ifigania piangeva sempre. Lacrime su lacrime e amare. Minkialao aveva detto che <strong>il</strong><br />

pacchio di Elena era chiù bello del suo. Non faceva altro che dire:<br />

><br />

E un giorno curriu da Agaminkione ca era tutto solo nella sua camera.<br />

> disse piangendo.<br />

> disse Agaminkione.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> disse Agaminkione a cui la fuitina del fratello e della cognata<br />

facia ancora tremare di rabbia <strong>il</strong> cuore, <strong>il</strong> ciriveddu e la minchia.<br />

><br />

><br />

>


Ikazzonio, senza profferir parola alcuna, si spogliò tutto.<br />

> disse Agaminkione sbarrando gli occhi.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Agaminkione, nudo com’era, si susiu per andare a certificarsi.<br />

La ammuttau sul letto e a forza ci allargau li cosci.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

E ci contò tutto. Soprattutto di quello che faceva con lo zio Minkialao.<br />

Agaminkione restò come uno babbeo. Era convinto che la ragazza fosse morta. Ma<br />

quella era qua davanti a lui. E ci l’aveva messa pure nel culo, non adesso, ma quando<br />

non lo sapeva. Quando per lui Ifigania era solo Ikazzonio. Cioè, era solo un mascolo<br />

effeminato che si la facia sunari nel culo da suo fratello Minkialao. E invece Ifigania<br />

era viva.<br />

A questo punto era convenente contarci tutto. Per levarsi un peso dalla coscienza. In<br />

fondo ci l’avia misu nel culo non a sua figlia ma alla figlia di Elena e Teseo. Non sua<br />

figlia biologica ma solo legale, a sua nipote per farla più semplice.<br />

E per non perdersi in parole inut<strong>il</strong>e e circonlocuzioni varie , in ginnastiche politiche o<br />

in sceneggiate alla Pattuallopolis, ci lo scacò in faccia in un amen.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

<br />

><br />

><br />

> disse la ragazza.


><br />

Agaminkione non parlava. Era muto. Ma quella s’immolo sulla ciolla d’avorio.<br />

E tra un trasi e nesci si promisero l’uno all’altra minnitta.<br />

<strong>Priapo</strong> si taliava la cosa da un punto nascosto. Coperto da un manto di Menadi<br />

pinsava a quanto aveva dovuto combattere con la sua arma personale per dare la<br />

vittoria ai Munipuzici.<br />

Per aiutare Minkialao a trovare la forza di ficcaric<strong>il</strong>la con soddisfazione a Elena. Ad<br />

Aiace Teladoinculio ci avia dato la forza di andare nel pacchio e non soltanto nel<br />

retropacchio. Ad Agaminkione la gioia di ficcare ancora.<br />

Ma anche in m<strong>il</strong>le e m<strong>il</strong>le e m<strong>il</strong>le altre imprese era dovuto intervenire con la forza<br />

della sua arma. La sua minchia.<br />

Ma adesso, intanto che decine di mani di Menadi gliela minavano per farlo scaricare<br />

della tensione accumulata, iddu pinsava già alla sua prossima impresa. Il suo piano<br />

era pronto da tempo. I suoi figli , i figli avuti dalle donne di Munipuzos, sarebbero<br />

stati i suoi soldati in questa battaglia, guerra, impresa o chiamatela come minchia<br />

volete, che lui si apprestava a combattere.<br />

Homerino da Munipuzos decise di scrivere l’opera Purceddopoleide ,<br />

Mhassymylyano <strong>il</strong> Carmen Purceddopolis mortis est e Santhokriso <strong>il</strong> romanzo<br />

Cent’anni a Purceddopolis.<br />

Socratino da Munipuzos, che come tutti i f<strong>il</strong>osofi amava <strong>il</strong> dopo e non <strong>il</strong> prima e <strong>il</strong><br />

durante, ed era pertanto arrivato a città conquistata, si pose una nuova domanda.<br />

><br />

Un giorno <strong>Priapo</strong> incontrò i tre intellettuali che erano stati con lui nel <strong>Priapo</strong>ne .<br />

><br />

> chiesero i tre.<br />

><br />

><br />

>


><br />

M i tre intellettuali, curiosi come tutti gli intellettuali, dissero “ Sì.”.<br />

><br />

> chiesero i tre.<br />

><br />

><br />

><br />

> risposero gli intellettuali.<br />

Trasi.. nesci.. fa.. leva.. ficca.. basti<br />

Forti.. adaciu.. dicia.. fermiti.. ammutta.<br />

Ahi chi corpu! Ahi chi chiaja! ahi m’ammazzasti!<br />

Nesc<strong>il</strong>a! … non ti moviri… chiù sutta.<br />

Quali balsamu scurri! chi mi dasti?<br />

Trasi chiù dintra, ficcam<strong>il</strong>la tutta:<br />

Lassala stari, via, comu fu fu;<br />

Chi e duci! Chi piaciri? ‘un pozzu chiù!<br />

Eccu frattantu un lavizzu di spacchiu<br />

Ca scurri comu scurri un canalicchiu:<br />

Comu abbucca rumpennusi ‘npinnacchiu,<br />

Veniri allasca lu so beddu sicchiu.<br />

Vulcanu ci lassau lu so grossu cacchiu<br />

Pri menzura ‘nf<strong>il</strong>atu ‘ntra lu sticchiu.<br />

E intantu a maniari si trattinni<br />

Facci, pettu, masciddi, culu e minni.<br />

Micio Tempio , La minata di li <strong>dei</strong>


VIII. Tuttu chiddu ca incomincia deve finire<br />

A ddi modi, a ddi gesti, a chiddi atti,<br />

Ristanu l’autri ammaluccuti e afflitti,<br />

Friddi comu la nivi e stupefatti,<br />

Comu pasturi ca lu campu vitti.<br />

Giovi cci dici: cci su mezzi adatti<br />

Pri a vuatri passarivi l’aritti:<br />

La minata iu criai pri cui nun futti<br />

Basta ca vaju cunsulatu a tutti.<br />

Dissi: ed ognunu la pistola ‘griddu<br />

La nesci, e si la metti a lu scupertu,<br />

Russa la testa comu lu cardiddu,<br />

L’occhi a li minni ed a lu culu apertu;<br />

Unu l’afferra; e nautru , e chistu a chiddu;<br />

Tra d’iddi si la minanu a cuncertu;<br />

E situannu li manuzzi a granciu<br />

Si la jocunu tutti a canciu e scanciu.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong><br />

Agaminkione tornò a casa con la bella Cassandra. Ma Krysegystos, con l’aiuto di<br />

Fikennestra , li scannò. Ifigania, come detto, era figlia di Elena seminata da Teseo<br />

ma cresciuta da Fikennestra come sua… e Agaminkione e Minkialao erano figli di<br />

Tieste ca si era incunnata a Erope in quel di Creta e già li teneva in panza quannu si<br />

maritò con Atreo… Ermione non si sa se era figlia di Minkialao o di Paride o di<br />

qualcuno degli altri che la notte del matrimonio siminarono l’orto di carne di Elena.<br />

Minkialao la riconobbe come sua ma Paride anche. Come sua la riconobbe anche<br />

<strong>Priapo</strong>. Comunque si maritò con Minkioreste.. E Minkioreste , aiutato dal cugino<br />

amante P<strong>il</strong>ade , pi minnitta, scannò la mamma Fikennestra e <strong>il</strong> suo amante<br />

Krysegystos. E nell’atto di deminchiarlo scoprì che aveva la ciolla d’avorio.. e venne<br />

fuori la parentela.. erano entrambi discendenti della protominchia d’avorio.. pertanto<br />

lui conservava questa caratteristica genetica, caratteristica che veniva tramandata ,<br />

giustamente, di mascolo in mascolo… perchè , signori miei, pensate a una fica<br />

d’avorio. Minchia, chi tragedia per la ciolla… anche se la ciolla è l’asse del mondo e<br />

la fica quella cosa bella che lo fa firriari.<br />

Minkioreste fece sposare la sorella Elettracunnus al suo amante cugino P<strong>il</strong>ade . E<br />

dopo nu tanticchia di teatro finenu pi ficcarisi tutti e tri nello stesso letto... che in<br />

seguito vide arrivare pure Ermione…<br />

Minkialao e Elena passarono cazzi niuri… felicità e infelicità furono loro.. ma <strong>il</strong><br />

pititto lu spitittarono alla grande... Minkialao , con la sua ciolla d’avorio instancab<strong>il</strong>e,<br />

inesaurib<strong>il</strong>e e inconsumab<strong>il</strong>e, recuperò tutte le fottute che non s’era fatto prima della


fuga della figa di Elena .. ma recuperò anche tutte quelle che avrebbe potuto farsi<br />

negli anni delal guerra...<br />

Elena, dopo la morte, ebbe <strong>il</strong> suo quinto marito.. nell’al di là fu la erotica moglie di<br />

Ach<strong>il</strong>le che felicemente si godeva <strong>il</strong> pacchio dell’una e <strong>il</strong> culo dell’altro… <strong>il</strong> culo<br />

dell’altro era <strong>il</strong> culo del solito Patroclo..<br />

Ma ci fu un altro doppio matrimonio molto speciale. Telefono, <strong>il</strong> figlio che Ulisse<br />

aveva avuto da Circe, dopo aver ammazzato <strong>il</strong> padre, sposò Penelope. E Telemaco<br />

sposò Circe. Così secondo alcuni mitologi.<br />

Ma l’ultimo atto fu <strong>il</strong> colpo di teatro messo in atto da <strong>Priapo</strong>. Colpo di teatro per<br />

modo di dire.<br />

Riuniti tutti i suoi figli munipuzici, m<strong>il</strong>le per essere precisi, fece loro vedere <strong>il</strong> famoso<br />

quadrato palindromo.<br />

S A T O R<br />

A R E P O<br />

T E N E T<br />

O P E R A<br />

R O T A S<br />

> chiesero tutti.<br />

><br />

> chiesero i picciotti cazzuti.<br />

> disse categorico <strong>Priapo</strong>.<br />

risposero i ragazzi, in tutto ben m<strong>il</strong>le, che sapevano del legame tra<br />

<strong>Priapo</strong> e le loro madri.<br />

><br />

<strong>Priapo</strong> spiegò la storia.<br />

> chiesero i ragazzi.<br />

> disse serio <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

>


><br />

><br />

><br />

> chiesero i Priapidi.<br />

><br />

><br />

><br />

I figli di <strong>Priapo</strong> si talianu in facci e in coro dissero : ><br />

Fu cosi che si gettarono le basi dello storico e mitologico “ sbarco delle m<strong>il</strong>le<br />

minchie rosse” nell’Olimpazzo.<br />

Ma prima della partenza <strong>Priapo</strong> si fece una bella avventura ai bordi del lago di<br />

Munipuzos. Fu un incontro magico. <strong>Priapo</strong> si stava semplicemente facendo un bagno<br />

ristoratore e nuotava con le mani, i piedi e la minchia quannu.. quannu si scontro cu<br />

n’autra bagnate. Una fica bellissima.<br />

Sui talianu nell’occhi e passanu all’opera. Manco una parola si dissero. Fecero,<br />

rifecero e fecero ancora e poi ancora e ancora.... Fecero ma non parlarono.<br />

Chiavarono assai e altro fecero ma parole zero.<br />

Lei era bellissima : aveva <strong>il</strong> pacchio sp<strong>il</strong>ato come Afrodite ed Elena.<br />

Lui era bellissimo. Aveva la protominchia del creato.<br />

<strong>Priapo</strong>, senza saperlo, si fece Kazzoph<strong>il</strong>a , la figlia che sua madre Afrodite aveva<br />

avuto da Incarpasciò, <strong>il</strong> figlio di Zeus e Nauficaa. Praticamente una sua sorellastra.<br />

Non si chiesero neanche <strong>il</strong> nome. Fecero solo: e solo per pititto di possedere la<br />

reciproca bellezza del partner.<br />

<strong>Priapo</strong> tornò poi al suo progetto. Kazzoph<strong>il</strong>a alla sua vita con una nuova vita che le<br />

cresceva dentro.<br />

Un detto popolare dirà un giorno “ Si futtiu chiddu pacchiu d’oru senza sapiri ca era<br />

di sa so soru”.<br />

Intanto a Munipuzos si era svolto <strong>il</strong> primo premio per la poesia erotica<br />

Monacazzopolis. Roba seria, mica <strong>il</strong> Pattuallopolis. I premiati erano stati subito<br />

saldati. E tutto si era svolto alla luce di Elio.


Vinsero rispettivamente <strong>Priapo</strong> per la poesia erotica masch<strong>il</strong>e e Afrodite per quella<br />

erotica femmin<strong>il</strong>e. Erano stati a farsi una giro nel Lazio ed erano tornati entusiasti.<br />

Anche per la lingua, o meglio per <strong>il</strong> dialetto, che da quelle parti si parlava.<br />

Queste le poesie vincenti. Che furono declamate personalmente dagli autori.<br />

ER PADRE DE LI DII , di <strong>Priapo</strong>,in aere Er Kazzone.<br />

Er cazzo se pò ddì rradica, uscello,<br />

Ciscio, nerbo, tortore, pennarolo,<br />

Pezzo de carne, manico, scetrolo,<br />

Asperge, cucuzzola, e stennarello.<br />

Cavicchio, canaletto, e cchiavistello,<br />

Er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo,<br />

Attaccapanni, moccolo, bbruggnolo,<br />

Ingu<strong>il</strong>la, torciorecchio, e mmanganello.<br />

Zeppa e bbatocco, cavola e tturaccio,<br />

E mmaritozzo, e ccannella, e ppipino,<br />

E ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.<br />

Poi scafa, canocchiale, arma, bbambino:<br />

Poi torzo, cresscimmano, catenaccio,<br />

Mànnola, e mmi'-fratello-piccinino.<br />

E tte lasscio perzino<br />

Ch'er mi' dottore lo chiama cotale,<br />

Fallo, asta, verga, e mmembro naturale.<br />

Cuer vecchio de spezziale<br />

Disce <strong>Priapo</strong>; e la su' mojje pene,<br />

Seggno per <strong>dio</strong> che nun je torna bbene.<br />

LA MADRE DE LE DEE, di Afrodite, in arte Venerina.<br />

Chi vvò cchiede la monna a Ccaterina,<br />

Pe ffasse intenne da la ggente dotta<br />

Je toccherebbe a ddì vvurva, vaccina,<br />

E ddà ggiù co la cunna e cco la potta.<br />

Ma nnoantri fijjacci de miggnotta<br />

Dimo scella, patacca, passerina,<br />

Fessa, spacco, fissura, bbuscia, grotta,<br />

Freggna, fica, sciavatta, chitarrina,<br />

Sorca, vaschetta, fodero, frittella,<br />

Ciscia, sporta, perucca, varpelosa,<br />

Chiavica, gattarola, finestrella,<br />

Fischiarola, quer-fatto, quela-cosa,<br />

Urinale, fracosscio, ciumachella,<br />

La-gabbia-der-pipino, e la-bbrodosa.<br />

E ssi vvòi la scimosa,<br />

Chi la chiama vergogna, e cchi nnatura,


Chi cciufèca, tajjola, e ssepportura.<br />

E si arrivò cosi allo storico e mitologico “ sbarco delle m<strong>il</strong>le minchie rosse”<br />

nell’Olimpazzo. Sotto la guida di <strong>Priapo</strong>, i figli del <strong>dio</strong> assaltarono la divina sede<br />

devastando tutto e violando ogni cosa. M<strong>il</strong>le uomini nudi e belli , dotati ci una ciolla<br />

spaventosa, al comando di un uomo bello dalla ciolla altrettanto spaventosa,<br />

conquistarono <strong>il</strong> complesso <strong>dei</strong> Sacri Palazzi in un amen. Nudi, armati di ciolla, di<br />

lancia e di scudo e con in testa una coppola coi pennacchi . Questo l’esercito <strong>dei</strong><br />

m<strong>il</strong>le Priapidi , i figli di <strong>Priapo</strong>, comandati d al loro padre. Al loro seguito, come<br />

testimoni culturali, gli intellettuali Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso.<br />

> disse <strong>il</strong> portiere <strong>dei</strong><br />

Sacri Palazzi.<br />

Ma manco <strong>il</strong> tempo di dirlo che quelli erano dentro. E in un amen s’impadronirono di<br />

tutto.<br />

> aveva detto <strong>Priapo</strong>.<br />

Non si salvarono neanche i cunni cusuti , per modo di dire, di Artemide e Pallade<br />

Atena. Perché come detto già, sfunnati erano , e quindi <strong>il</strong> loro era solo e soltanto<br />

teatro.<br />

Ma stavolta non fu <strong>Priapo</strong> a violarne l’ingresso. Questa volta furono i Priapidi. I figli<br />

di <strong>Priapo</strong>. Lo stesso Zeus fu fatto prigioniero. <strong>Priapo</strong> si assittò sul trono e per sfregio<br />

al vecchio potere si mise la coppola del <strong>dio</strong> sulla coppola della minchia. Accanto a<br />

lui i m<strong>il</strong>le figli cazzuti.<br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

<strong>Priapo</strong> fece allora <strong>il</strong> suo primo discorso da capo<strong>dio</strong>.<br />

><br />

Tutti erano amminchioliti come minchie appassite.<br />

Fece una pausa <strong>Priapo</strong>. Poi riprese.<br />


dal suo coppiere e culiere Ganimede per finire col mio caro paparino Dioniso...<br />

pertanto <strong>il</strong> colpevole si faccia avanti.. che lo devo punire .. gli devo rompere <strong>il</strong><br />

culo...>><br />

Gli <strong>dei</strong> si talianu na li facci.<br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

> disse papà Dioniso facendosi avanti.<br />

<strong>Priapo</strong> non credeva ai propri occhi.<br />

> disse Dioniso che mezzo br<strong>il</strong>lo<br />

com’era si fece avanti sbandando ora di qua ora di là.<br />

><br />

><br />

><br />

Risero in tanti. Rise pure Afrodite.<br />

<br />

precisò Dioniso.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> precisò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

disse papà Dioniso.<br />

><br />

> fici Dioniso imitando i movimenti fottitori.<br />

><br />

Tutti risero. O meglio, quasi tutti. E replicarono in coro, come nelle tragedie greche,<br />

<strong>il</strong> verso di Dioniso.<br />

><br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

Zeus sentiva tutto ma era inerme come un salamino di Salamina. Dioniso era br<strong>il</strong>lo e<br />

non si rendeva pienamente conto della situazione. Gli altri <strong>dei</strong> avevano compreso e


capito tutto. Ma si ni fottevano. Dei erano stati con Zeus, <strong>dei</strong> sarebbero stati con<br />

<strong>Priapo</strong>. Tutti era indifferenti tranne Pallade Atena e Artemide, che erano<br />

incazzatissime, perchè la loro storia di finte vergini era stata resa pubblica. E perché<br />

erano state destinate a un nuovo incarico. Essere le dee degli <strong>bordelli</strong> non era<br />

certamente <strong>il</strong> loro desiderio.<br />

<br />

> rispose quello che era mezzo br<strong>il</strong>lo.<br />

Gli <strong>dei</strong> taliavano.<br />

> dicevano certe divinità.<br />

> dicevano altri <strong>dei</strong>.<br />

Invece <strong>Priapo</strong> ordinò la messa in posizione di Dioniso.<br />

><br />

Si preparò pertanto a somministrare la sentenza. Ma quannu fu lì lì per iniziare, con la<br />

ciolla a portata del culo paterno, Zeus intervenne.<br />

> disse Zeus.<br />

Zeus da parte sua era incazzato nero. Esposto nudo alla visione di tutti. E sapeva già<br />

cosa l’aspettava.<br />

E come previsto fu punito dal nipote.<br />

La giustizia di <strong>Priapo</strong> fu somministrata a Zeus. Nel più assoluto s<strong>il</strong>enzio <strong>Priapo</strong> fece<br />

quel che doveva fare. Somministrare la giustizia.<br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

Poi <strong>Priapo</strong> si rimise sul trono. E parlò.<br />

><br />

Tutti erano sconvolti.<br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> gridò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

>


E l’Etna entrò in eruzione. La Sic<strong>il</strong>ia fu coperta in parte dalla cenere i parte dalla<br />

lava.<br />

> pensarono i tre intellettuali .<br />

Il Santhokriso in particolare era contentissimo. La trinacria delle cose storte stava<br />

andando a fare in culo.<br />

> chiamò <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

E uragano fu. Mezza Trinacria decollò.<br />

> pensarono i tre intellettuali .<br />

Il Santhokriso era sempre più contento.<br />

> chiamo <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

E terremoto potentissimo fu. La Trinacria ballerina ballò assai.<br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

Il Santhokriso in particolare era strafelice.<br />

><br />

Poi <strong>Priapo</strong> si rivolse al nonno.<br />

> chiese poi <strong>il</strong> nipote.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

> pensarono i tre intellettuali<br />

E <strong>Priapo</strong> tinia già in mano la ciolla del nonno ed era pronto fare giustizia. Tutti<br />

taliavano la scena. Tutti aspettavano la parola o <strong>il</strong> gesto. E proprio quannu stava per<br />

essere deminchiato e detesticolato dal nipote , arrivò <strong>il</strong> forzuto Ercolone, <strong>il</strong> figlio che<br />

Zeus aveva avuto da Alcmhona. Al comando di m<strong>il</strong>le Ercolidi si scontrò con <strong>Priapo</strong><br />

e suoi figli.<br />

Si trattò di quella cosa immane che la mitologia ricorda come la gloriosa<br />

Gigantomentulamachia.<br />

> pensarono i tre intellettuali<br />

I figli di <strong>Priapo</strong> furono messi fuori uso dai m<strong>il</strong>le figli di Ercolone. La potenza del<br />

corpo ebbe la meglio sulla potenza della minchia. Alla fine restarono a combattere<br />

solo <strong>Priapo</strong> ed Ercolone. La lotta durò trenta giorni e trenta notti.<br />

Spesso <strong>Priapo</strong> finiva sotto Ercolone e restava come un salame tra le braccia possenti<br />

del potente figlio di Zeus. Ma <strong>Priapo</strong> spesso si rifaceva quando con un colpo di<br />

minchia riusciva a beccare in testa Ercolone. Quello crollava e <strong>Priapo</strong> lo bloccava a<br />

terra piazzandogli nel sedere la sua arma potente, ma appena quello si riprendeva si<br />

liberava dalla forzata impalatura e riprendeva <strong>il</strong> sopravvento. La forza <strong>dei</strong> muscoli e


quella della minchia lottarono a lungo. La forza del cervello paria assente. Alla fine,<br />

per caso, Ercolone riuscì ad acchiappare <strong>Priapo</strong> per la coppola della minchia. E<br />

tenendolo per quella lo fece girare per aria, a una velocità sempre crescente.<br />

> gridava <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

><br />

><br />

E infatti, a causa delle due forze contrapposte, la centrifuga e la centripeta, a causa<br />

del prevalere della centrifuga, <strong>il</strong> corpo del <strong>dio</strong> si allontanava sempre più da Ercolone<br />

e la ciolla naturalmente si allungava. Quando la lunghezza arrivò a cento priapometri<br />

stava quasi per cedere. A quel punto <strong>Priapo</strong> si arrese.<br />

><br />

Ercolone rallentò la velocità di quella ruota ideale formata da <strong>Priapo</strong> e avente la ciolla<br />

come raggio. Quando <strong>Priapo</strong> fu a terra raccolse in una sorta di gomitolo la sua ciolla e<br />

si presentò dolente e pentito a Zeus.<br />

><br />

><br />

<br />

><br />

E Zeus incazzato, nonostante le suppliche di Dioniso e di Afrodite, decise ipso facto<br />

la punizione.<br />

><br />

Fu così che <strong>Priapo</strong> finì incatenato nello sperone roccioso di Pantalica. <strong>Priapo</strong>, con la<br />

sua ciolla di cento priapometri, di giorno si la vedeva divorare dalle femmine<br />

ciollafaghe e di notte ricrescere. Per poi cominciare un nuovo tormentatissimo giorno.<br />

Grazie a Ercolone Zeus aveva salvato la pelle, <strong>il</strong> potere e soprattutto <strong>il</strong> suo capitale.<br />

><br />

> pensarono i tre intellettuali.<br />

<strong>Priapo</strong> fu attaccato al posto di Prometeo. In cima allo sperone roccioso di Pantalica,<br />

la dove i sue ciumi si incontrano. La dove l’acqua fotte con l’acqua per generare altra<br />

acqua. La dove Dioniso e Afrodite si ficiru la loro prima fottuta. Quella che generò


<strong>Priapo</strong>. Nudo a parte la coppola ma con due catene alle caviglie e due ai polsi. Libera<br />

di muoversi la ciolla .<br />

Per la rabbia, dopo la prima notte, quannu la ciolla ci crisciu fino a toccare l’acqua,<br />

con la forza della stessa si scatenau. Colpi a destra e colpi a sinistra e acqua ca<br />

sgricciava dappertutto. Ci fu l’alluvione in tutte le polis della zona. Particolarmente<br />

colpite le polis del premio Pattuallopolis. Con grande gioia di <strong>Priapo</strong>.<br />

><br />

Pazziau tanto, anzi minchiazzau tantu, che quel primo giorno le voraci femmine<br />

cazzofaghe non riuscirono a fare <strong>il</strong> loro dovere.. Non riuscirono ad arrussicarici la<br />

minchia a <strong>Priapo</strong>.. E la seconda notte quella addivintau ancora chiù longa ..<br />

E così per un mese... quannu mise in atto la sua vendetta.. e desi un colpo di minchia<br />

in testa a Ercolone e lu fici scimuniri tutto...<br />

<br />

E cambiò autore.<br />

><br />

Questo <strong>il</strong> fatto. Per lo meno così lo racconta <strong>il</strong> sommo Homerino da Munipuzos nella<br />

suo poema <strong>Priapo</strong>, fhallus incatenato.


Ma della cosa parlano anche Mhassymylyano e Santhokriso rispettivamente nel<br />

Carmen <strong>Priapo</strong>, mentula incatenata e nel romanzo Cent’anni e poi ancora altri cento<br />

<strong>Priapo</strong> starà con al minchia incatenata.<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos, saputo la cosa, si pose una domanda.<br />

><br />

Kazzoph<strong>il</strong>a diede alla luce un bel bambino. Bello. Bellissimo. Ciolluto e arrogante<br />

già da neonato. Anzi , da prima. Visto che la mamma lo sentiva gridare come un<br />

ossesso dintra la sua panza.<br />

><br />

Lu picciriddu fu chiamato Pascalium Incarposciò per volere della nonna. Era bello<br />

come la nonna Afrodite e la mamma Kazzoph<strong>il</strong>a. Era arrogante come <strong>il</strong> nonno Zeus e<br />

tinia una minchia come <strong>il</strong> papà <strong>Priapo</strong>.<br />

Solo a nascita avvenuta Afrodite ci disse chi era <strong>il</strong> padre.<br />

><br />

> rispose Afrodite.<br />

Kazzoph<strong>il</strong>a ci pinsau un attimo. Taliu lu picciriddu e ridendo disse:<br />

><br />

Risero insieme e si abbracciarono.<br />

><br />

Rise pure <strong>il</strong> piccolo Pascalium..<br />

> chiese Kazzoph<strong>il</strong>a toccandoci <strong>il</strong> nasino.<br />

> chiese Afrodite tuccannisi la minchia tisa.<br />

> rispose <strong>il</strong> neonato itifallico.<br />

Dall’alto dello sperone roccioso di Pantalica <strong>Priapo</strong> canusciu la verità. Aveva avuto<br />

un figlio dalla sorellastra. Ci pinsò un attimo. Poi concluse:<br />

><br />

Poi cantò la solita aria ma non di Amazeus.<br />

><br />

Erciollone , saputo quello che era successo a suo padre, per opera di suo fratello<br />

Ercolone, chiese a sua madre Alcmhona cosa poteva fare per aiutare <strong>Priapo</strong>.


ci disse Alcmhona.<br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

><br />

Così Siculonio da Munipuzos riporta <strong>il</strong> discorso del commiato di Zeus<br />

dall’Olimpazzo e dall’umanità tutta.<br />


che voleva dare liberta a tutti.. ma altri imposero dittatorialmente <strong>il</strong> <strong>dio</strong> unico.. che<br />

non è male ma malissima cosa.... ma quello che fa più male ancora è <strong>il</strong> <strong>dio</strong><br />

obbligatorio.. con tutte le sue regole .. soprattutto con la sua sessuofobia .. inventata e<br />

fatte legge dagli uomini che lo rappresentano.. io vi dico meglio tanti <strong>dei</strong> in liberta<br />

che uno solo e obbligatorio.. ma se volete sapere l’ultima.. ringraziandovi di tutto e<br />

per tutto.. io, Zeus Tonante e Trombante.. io, Zeus capo<strong>dio</strong> e capo degli uomini.. io<br />

Zeus .. non credo manco a mia stesso.. siete stati voi che avete voluto credere in me ..<br />

grazie per la fiducia.. ma io lo ripeto, io non credo neanche a me stesso…….per <strong>il</strong><br />

resto fate voi, chi ha orecchi intenda e chi ha neuroni l’usi .. minchia se servono… ma<br />

bisogna saperli usare…per avere di nuovo nu tanticchia di libertà dovrete aspettare la<br />

cosiddetta rivoluzione francese.. adesso non so bene cosa sia.. ma ritornerà in auge la<br />

parola LIBERTA’.. ELEUTERIA.. LIBERTE’....>><br />

Cci mettunu sputazza a gran vuccuna,<br />

E applicannici poi l’intinzioni,<br />

si dannu corpa alla diavulina,<br />

senza tanticchia di discrizioni.<br />

Eccu lu semi ca nesci a frusciuna,<br />

cci riscaldau l’immaginazioni;<br />

ristaru comu tanti varvajanni<br />

ccu n’occhiu a Cristu e nautru a s. Giuvanni.<br />

Micio Tempio, La minata di li <strong>dei</strong>


-C-<br />

Archeologia<br />

Quannu a bedda ciolla si metti additta<br />

voli adenzia , cure e soddisfazione,<br />

paci , libertà e gran consolazione.<br />

pirchì a nesciri l’acqua biniritta.<br />

Se tieni nu pacchiu, vai tuttu in funnu,<br />

ma siccomi la ciolla occhiu nun teni<br />

p’idda qualsiasi purtusu va beni.<br />

C’interessa veniri, non lu cunnu.<br />

Culu, manu, ucca, a idda nun ci importa,<br />

trasi e nesci c’intressa sulu fari,<br />

foss’anche a sirratura di na porta.<br />

Ma se purtusu nun puoi truvari<br />

Futtitinni e fall’assai bedda corta.<br />

E in un amen ti la puoi minari.<br />

P. R. Santoro, Automentulamachia<br />

Nei dintorni di Monacazzo si trova una contrada detta Pisciarello. Zona da sempre<br />

considerata assai fert<strong>il</strong>e perché là, secondo una tradizione o una leggenda, pisciava<br />

abitualmente <strong>Priapo</strong>. E in quella zona si trova ancora oggi una fontana. E sulla parete<br />

rocciosa che la sovrasta si intravedono i resti di un imponente bassor<strong>il</strong>ievo.<br />

Rappresenta un uomo che piscia. Da cui <strong>il</strong> nome che la zona ha da tempo<br />

immemorab<strong>il</strong>e. Ma quello che è sorprendente è lo strumento abnorme con cui l’uomo<br />

del bassor<strong>il</strong>ievo piscia. Purtroppo <strong>il</strong> tempo ha eroso l’opera ma <strong>il</strong> tema continua ad<br />

essere chiaro. E gli abitanti di Monacazzo si sono sempre vantati di quello che<br />

considerano <strong>il</strong> ritratto di un loro antenato. Un antenato che , in base alle leggi<br />

dell’ereditarietà, ha tramandato a tutti la sua bella caratteristica. Per questo gli uomini<br />

di Monacazzo si vantano del loro strumento mentre le donne, anche del circondario,<br />

se li contendono. Come dimostrano anche i detti popolari.<br />

><br />

E l’acqua della sorgente , detta ancora oggi “pisciazza di diu”, va a finire in una serie<br />

di vasche. Per lungo tempo queste vasche sono state ut<strong>il</strong>izzate dalle donne di<br />

Monacazzo pi lavari li robbi. Cantannu li fimmini lavavano:


Una sorta di lavatoio pubblico quindi. Dove tra canti, grida e risate e femmine<br />

lavavano e curtigghiavano.<br />

><br />

><br />

recitava una.<br />

> rispondeva<br />

n’autra.<br />

><br />

><br />

><br />

> dicia<br />

Concettina Cunnovacante ca era rimasta signorina all’anagrafe ma anche in mezzo<br />

alle cosce.<br />

Di p<strong>il</strong>o pertanto si parlava intorno alle cosiddette ghebbie.<br />

Ma lo loro ut<strong>il</strong>izzazione originaria è legata al culto di <strong>Priapo</strong>. Sona nate con <strong>Priapo</strong><br />

per servire al suo culto. Ed recentemente sono state trovate delle tavolette che la<br />

gente facia scrivere in onore del <strong>dio</strong>. Ognuno ci addomandava la sua grazia. Sempre<br />

in fatto di sesso naturalmente. Dall’analisi <strong>dei</strong> testi sono venute fuori cose<br />

particolarmente significative.<br />

Lo storico locale , Paolino Paoletto Minchianfesta, esperto di storia greca e latina, è<br />

arrivato a importanti conclusioni.<br />

Quello che segue è un estratto dalla su opera Il culto di <strong>Priapo</strong> nella Monacazzo<br />

greco-latina.<br />

Durante i quindici giorni <strong>dei</strong> misteri Priapici i picciriddi masculi nati nel corso<br />

dell’anno venivano immersi in questa acqua biniritta con la speranza che<br />

sv<strong>il</strong>uppassero la dote del <strong>dio</strong>.<br />

><br />

Li masculi ranni invece si bagnavano nella “ pisciazza di diu “ con la speranza di<br />

conservare la potenza dello strumento.<br />

>


I vecchi si bagnavano pi aviri qualche occasione ancora.<br />

><br />

Li fimmini invece, se in età da marito, venivano nella speranza di attrovare nu<br />

masculu cu l’apparecchiatura sim<strong>il</strong>i a chidda di lu diu. E na vota là ne<br />

approfittavano per sbirciare. Era come taliare <strong>il</strong> catalogo delle minchie locali.<br />

><br />

Se maritate , si bagnavano affinché <strong>Priapo</strong> ci conservasse sana ed efficiente la cosa<br />

del marito.<br />

><br />

Se vedove, chiedevano al <strong>dio</strong> di avere una nuova possib<strong>il</strong>ità perché non volevano<br />

andare avanti sempre col Sosia.<br />

><br />

Questo secondo alcune delle tavolette trovate.<br />

‘Nzumma, ognuno si abbagnava secondo le sue intenzioni, intenzioni sempre legati<br />

all’aceddu.<br />

A parte questo, la scoperta sensazionale degli ultimi anni, oltre ai resti del<br />

mastodontico tempio sul monte di Munipuzos definitivamente attribuito a <strong>Priapo</strong> - e<br />

che i cristiani incamerarono nel santuario di san Pippitto Ciollanica - è stata la<br />

scoperta di la “ rutta di lu diu. “ La grotta del <strong>dio</strong>.” Che si trova nel massiccio<br />

roccioso dell’altica Akropolis , e che sta proprio sotto al tempio. Proprio in<br />

corrispondenza dello stesso.<br />

Partendo dai Carmina di Caio Valerio Catullo di Munipuzos, dove si descrivono le<br />

orgiastiche Priapieche , atto conclusivo delle processioni falloforiche, è stata<br />

localizzata la grotta dell’orgia divina. Quella grotta era anche la sede della Sib<strong>il</strong>la<br />

Priapica che operava a Munipuzos. Quella che spesso riceveva la visita, e non solo in<br />

spirito, del <strong>dio</strong> in persona. Quella che vaticinava sui fatti di p<strong>il</strong>u. Vergine, per modo<br />

di dire, ma Sib<strong>il</strong>la di p<strong>il</strong>u. Cosi lo stu<strong>dio</strong>so di tradizioni popolari Pippineddu<br />

Cuntalucuntu, ricostruisce le Priapieche ne suo libro Processioni falloforiche.<br />

Le Priapieche avevano luogo nei primi quindici giorni di agosto. La processione<br />

quotidiana partiva dal tempio del <strong>dio</strong> e scendeva in paese. Che allora era prossimo<br />

al tempio. Il simulacro del <strong>dio</strong> veniva portato a spalla dai sacerdoti e dalle<br />

sacerdotesse del <strong>dio</strong>. I primi erano eunuchi, le seconde esperte nell’arte di trattare<br />

<strong>il</strong> “ sacro palo eretto” .Questo perchè nel tempio di <strong>Priapo</strong> l’unica minchia presente<br />

a tempo pieno doveva essere la sua.<br />

A guidare la processione c’era la Sib<strong>il</strong>la. A seguire, le Priapine e i <strong>Priapo</strong>ni.<br />

Ovvero, gli adepti. Vestiti di stracci e mezzi nudi si dimenavano come ossessi.


Attorno al collo avevano delle campanelle . Nella mano destra un bastone falliforme<br />

che agitavano nell’aria.<br />

Il <strong>dio</strong> , nel corso della processione, veniva omaggiato di sordi e altri regali. E i fedeli<br />

in cambio ricevevano un nastro rosso. Era la misura del <strong>dio</strong>. La lunghezza del suo<br />

aceddu.<br />

Da cui <strong>il</strong> detto: ><br />

E dietro la statua del <strong>dio</strong> dalla minchia tisa le mincialorie. Minchie enormi che a<br />

secondo del peso venivano portate da quattro, otto o addirittura sedici masculazzi<br />

beddi impostati. Era un voto che facevano al <strong>dio</strong>. In cambio potevano partecipare<br />

all’orgia finale. Alla fine la statua veniva portata nell’agorà della fontana. Qui gli<br />

adepti si spogliavano nudi nudi e si immergevano nelle vasche. Cantando e ballando.<br />

Una sorta di purificazione dello spirito e del corpo prima del rito finale. Il ficca ficca<br />

generale. Quello della grotta. Intanto i sacerdoti cantavano:<br />

><br />

Era questo <strong>il</strong> segnale. Uomini e donne correvano nudi alla grotta e dopo una<br />

abbondante bevuta di “ <strong>Priapo</strong> rosso”, un vino trattato con delle erbe , l’orgia divina<br />

iniziava. Mentre i sacerdoti e le sacerdotesse guardavano. Nudi anche loro. E nuda<br />

era anche la vergine Sib<strong>il</strong>la.<br />


Quando l’orgia divina era al massimo, i sacerdoti e le sacerdotesse si univano al<br />

rito. E carne tra la carne, nella confusione delle menti e <strong>dei</strong> corpi, riuscivano ad<br />

acchiappare anche loro la loro dose di minchia. E anche la Sib<strong>il</strong>la si dava da fare.<br />

Tutto le era concesso tranne che farsi aprire <strong>il</strong> portone di carne.<br />

Alla fine tutti si addormentavano, in un groviglio di carne e simenta.<br />

”Languidamente un torpore suggella i loro occhi e ammoscia i loro dardi<br />

e spegne nel sonno la furia divoratrice <strong>dei</strong> cunni…” scrive <strong>il</strong> poeta Mhassymylyano<br />

da Munipuzos, l’autore <strong>dei</strong> Carmina Priapea. E la mattina dopo, quando gli adepti si<br />

svegliavano, i sacerdoti erano scomparsi e <strong>Priapo</strong> era ritornato al suo tempio. Il<br />

tutto senza uscire dalla grotta. Per “ ascensione incorporea “ diceva <strong>il</strong> popolo. Ma <strong>il</strong><br />

momento più spettacolare della festa era l’uscita dell’ultimo giorno... quando , tra la<br />

devozione popolare e <strong>il</strong> tripu<strong>dio</strong> <strong>dei</strong> fedeli, al comparire del sacro augello, avveniva<br />

<strong>il</strong> lancio delle minchiatedde. Strisce di tela variamente colorate la lui lunghezza era<br />

tale e quale la ciolla di <strong>Priapo</strong> .<br />

Le misure del fallo divino erano state prese a suo tempo, personalmente , con cura e<br />

precisione matematica, dalla famosa femmina nota come “ Protomisuratrice di<br />

augelli divini”, ovvero da Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum.<br />

La grotta, come dicevo, è stata localizzata. Era bloccata da una frana del tardo<br />

me<strong>dio</strong>evo. Forse la conseguenza di qualche terremoto. E sorpresa delle sorprese, si<br />

attruvò la strada che <strong>Priapo</strong> e i sacerdoti usavano per l’ascensione. Una scala scavata<br />

nella roccia. E che portava al tempio. Oggi santuario di san Pippitto Ciollanica, uno<br />

<strong>dei</strong> primi martiri della zona. Ma in realtà sono solo leggende che si mescolano. Tutte<br />

le religioni vivono di leggende e credenze.<br />

L’archeologo f<strong>il</strong>osofo poeta scrittore storico barone Federico Ruperto Volfango<br />

Canti- Minchialminni - Chicchergordo ha lucidamente scritto quanto segue nella sua<br />

opera Le religioni ovvero l’oppio <strong>dei</strong> popoli. ( Edizioni Minchiapersa 2005)<br />

Le religioni sono solo leggende a scadenza . E quando una religione novella<br />

s’avanza, per mancanza di tempo o per mancanza d’idee o per entrambe le cose, si<br />

piglia tutto quello che le serve dalla vecchia e nella novella l’appiccica a suo uso e<br />

consumo. Così è successo a Monacazzo. L’antica Munipuzos greco- romana. Il<br />

tempio di <strong>Priapo</strong> è diventato <strong>il</strong> santuario di san Pippitto Ciollanica. E la statua di<br />

<strong>Priapo</strong> è diventata la statua di Pippitto Ciollanica. <strong>Priapo</strong> era raffigurato nudo e<br />

con una grande ed eretta appendice, Pippitto Ciollanica è nudo pure lui ma ha<br />

l’appendice di un neonato e per giunta moscia. Sicuramente lo statuatore del tempo,<br />

com’era d’uso ingegnarsi nel trasformare <strong>il</strong> già esistente in quello che doveva<br />

esistere, pigliò <strong>il</strong> <strong>Priapo</strong> e gli tagliò <strong>il</strong> capitale. E poi, col mozzicone rimasto, gli fece<br />

<strong>il</strong> pisellino. Che <strong>il</strong> pisellino scandalo non fa. Pertanto san Pippitto Ciollanica è<br />

anche <strong>il</strong> santo <strong>dei</strong> bambini. Delle anime innocenti. Delle verginelle caste. Ed è anche<br />

<strong>il</strong> santo degli uomini scarsi d’aceddu che si consolano nell’avere la ciolla del santo.<br />

Naturalmente è pure <strong>il</strong> santo delle femmine che hanno paura del pene. O perché lo<br />

sconoscono o perchè danno ne hanno avuto. Invece <strong>il</strong> santo fa sorridere gli uomini


con tre gambe e le donne che sanno cos’è <strong>il</strong> godere. Loro saranno pur cristiane, ma a<br />

letto continuano ad essere adepte di <strong>Priapo</strong>. Perchè <strong>il</strong> Pantheos è meglio del<br />

Monotheos anche se <strong>il</strong> meglio del meglio è l’Atheos.. l’Atheos non fa male.. invece<br />

per le religioni gli uomini si sono scannati da che mondo e mondo.. se la guerra di<br />

Purceddopolis fu combattuta per <strong>il</strong> possesso di una fica.. se Orazio dice che ben<br />

prima di Elena la fica fu causa di guerra.. se è vero che anche dopo la guerra è stata<br />

spesso combattuta per una fica io aggiungo anche che è stata combattuta per un<br />

<strong>dio</strong>.. <strong>dio</strong> e fica.. fica e diu... ecco i veri motivi della guerra.. e ricordo pertanto un<br />

verso del grande Zavattini.<br />

“ Diu al ghè.<br />

S'a ghè la figa al ghè.<br />

Sul lo al pudeva invantà<br />

na roba acsè.....”<br />

Io concordo sul valore della fica in senso scientifico, biologico, riproduttivo..<br />

La vedo anche, a secondo delle circostanze, come strumento di palingenesi , di<br />

catarsi, di i<strong>dio</strong>sincrasia.. e finanche di mezzo necessario e sufficiente pe una visione<br />

scatologica dell’universo..<br />

Per <strong>il</strong> resto non l’ha inventata o creata <strong>dio</strong>....ad inventarla è stata l’evoluzione... nel<br />

senso che a questa parola hanno dato Darwin e altri...<br />

Se per Darwin “ l’uomo è <strong>il</strong> più evoluto tra gli animali.. per me , scienziato ateo, la<br />

fica delal donna e la più evoluta tra le fiche del mondo animale.. e se evoluta è la<br />

fica altrettanto non può che essere <strong>il</strong> cazzo e qual che attaccato c’è.<br />

Alti studi hanno confermato altri fatti.<br />

Si discute ancora se Zeus ebbe o non ebbe una avventura con una mortale locale . Ma<br />

gli Incardasciò ci credono. Perché anche Afrodite e suo figlio <strong>Priapo</strong> entrarono in<br />

questa storia. E c’entra la misteriosa Kazzoph<strong>il</strong>a.<br />

> ha recentemente detto<br />

nel corso di un dibattito <strong>il</strong> barone Pascal Incardasciò, discendente di Incarposciò, <strong>il</strong><br />

figlio di Zeus e Nauficaa.<br />

E stata trovata anche una boccettina con del liquido rosso. Si è pensato all’ampolla<br />

della cerimonia detta “ Risveglio del sangue”.<br />

L’analisi effettua dal chimico Karbonio Elio Stronzio ha confermato che si tratta di<br />

materiale inorganico che gode della proprietà detta “ tissotropia “<br />

“I materiali tissotropici diventano più fluidi se sottoposti a una sollecitazione<br />

meccanica, come piccole scosse o vibrazioni, mentre tornano allo stato precedente se<br />

lasciati indisturbati.” spiega <strong>il</strong> chimico.<br />

Si tratta infatti di una miscela di acqua, carbonato di calcio, presente per esempio nei<br />

gusci delle uova, di cloruro di so<strong>dio</strong>, <strong>il</strong> normale sale da cucina, e infine di cloruro<br />

ferrico..


dice sempre <strong>il</strong> suddetto chimico.<br />

Secondo moderni a autorevoli stu<strong>dio</strong>si, tra cui l’antropologo Massim<strong>il</strong>iano Liceale,<br />

Pascalium Incarposciò, <strong>il</strong> figlio di Zeus, è <strong>il</strong> capostipite del casato degli Incardasciò,<br />

casato nob<strong>il</strong>iare da sempre al centro delle vicende della Munipuzos greco – romana e<br />

della successiva Monacazzo. Questo caruso, una volta cresciuto, si la fici con la bella<br />

Afrodite. Nasciu nu beddu pacchio ca si la fici catafuttiri da <strong>Priapo</strong>. Pertanto <strong>Priapo</strong><br />

incunnò la sua sorascia, la sua sorellastra. Gli Incardasciò quindi presero la bellezza<br />

da Afrodite, la ciolla da <strong>Priapo</strong> e l’arroganza da Zeus.<br />

Più diffic<strong>il</strong>e confermare, secondo teologi e stu<strong>dio</strong>si del comportamento divino<br />

comparato , se storicamente Zeus abbia inventato la minata. Ma può essere. In un<br />

momento di insoddisfazione generale <strong>il</strong> <strong>dio</strong> supremo si accontentò da solo. Si<br />

autoaccontentò.<br />

Sicuramente nessuno poteva dirci:<br />

><br />

Secondo medici, stu<strong>dio</strong>si del comportamento umano, evoluzionisti e psicologi e altro<br />

l’autoerotismo è la prima forma di erotismo..<br />

><br />

Confermato scientificamente e storicamente <strong>il</strong> terremoto che la notte tra <strong>il</strong> dodici e<br />

tredici dicembre del 62 d. C ( dopo Cristo..) colpì la Sic<strong>il</strong>ia. Si salvò poco o niente.<br />

Ma questo è <strong>il</strong> calendario cristiano.<br />

Quel terremoto , accompagnato dall’eruzione di decine di vulcani dell’area<br />

mediterranea, accade nel 6666666666666666 d. Z ( dopo Zeus...><br />

Un poeta anonimo scrisse Thamuz pan – megas Tethneke .<br />

Socratino di Munipuzos si sarebbe chiesto:<br />

><br />

Lasciamo <strong>il</strong> segreto su Thamuz, l’uomo muto ma dal digitus impudicus. Qualsiasi<br />

cosa succedeva lui rispondeva col digitus impudicus.<br />

Se tu gli dicevi “ E’ morto tizio..” lui ti rispondeva con <strong>il</strong> digitus impudicus.<br />

Come dire “ La pigliò in culo.. e a mia chi minchia mi ni fotte...“<br />

Se gli dicevi “ E quando muori tu? >> lui ti rispondeva sempre con digitus impudicus<br />

ma facendolo ruotare di trecento sessanta gradi.<br />

Come dire “ Che la piglino in culo anche gli altri.. praticamente tutto l’orbe...tanto, a<br />

mia, chi minchia mi ni fotte?>>


Zeus, spissu assai incazzato stava,<br />

Pirchì Era nun ci dava a so f<strong>il</strong>azza.<br />

E iddu , mittennu manu a la minciazza,<br />

Curria a circari una ca ci la dava.<br />

Fimmini miei beddi curriti cà:<br />

Io, Leda, Alcmena, Danae, Dione.<br />

Faciti trasiri stu gran minchione<br />

Purtatimi lu pacchiu pi carità.<br />

Ma nessun vinia darci lu cunniddu.<br />

C’era sulu Ganimeduzzu beddu<br />

Ca ci dicia “ Fai na lu me culiddu”.<br />

Zeus vulia pacchio pi lu so aceddu.<br />

Pigliò ‘i so manu e fici ‘ncannisciddu<br />

E vinni na stu novu sticchiareddu .<br />

Poi disse “ Se pacchiu n’c’è,<br />

Pi ficcari li iucareddu beddu.<br />

Fatelo finto e pinsati che ver’è.<br />

Gratis è, e per tutti l’ho inventata<br />

E la consiglio a tutti perché bell’è.<br />

Sta cosa bella si ciama minata.”<br />

P. R. Santoro, La protominata di Zeus<br />

Se <strong>dio</strong> ci avesse creato con l’intenzione<br />

di non farci masturbare,<br />

ci avrebbe fatto con le braccia più corte .<br />

George Carlin


- D -<br />

P. S: i 4 intellettuali.<br />

A cose finite <strong>il</strong> sommo poeta di lingua greca Homerino da Munipuzos scrisse l’opera<br />

Che rottura di phallus quest’opera del fhallus.<br />

Il sommo poeta di lingua latina, anzi di dialetto latino, Mhassymylyano da<br />

Munipuzos scrisse un Carmen intitolato Che rottura di testiculos quest’opera della<br />

mentula.<br />

Lo scrittore Santhokriso scrisse, in dialetto locale, un romanzo intitolato Cent’anni di<br />

ruttura di cugghiuna se unu si leggi stu libru di la minchia.<br />

Il famoso f<strong>il</strong>osofo Socratino da Munipuzos si pose ancora una domanda.<br />

><br />

> si chiedevano i Munipuzici.<br />

Homerino da Munipuzos è <strong>il</strong> poeta <strong>dei</strong> poeti di lingua greca tra i tanti poeti che hanno<br />

sempre poetato a Munipuzos.<br />

Poco si sa a parte che scrisse tanto . Nato in codesto paese studiò assai assai<br />

assaissimo. E scrisse ancora chiù assai assai assaissimo.<br />

><br />

Nulla si sa del poeta a parte <strong>il</strong> fatto che non si sposò mai.<br />

><br />

Mhassymylyano da Munipuzos è <strong>il</strong> poeta <strong>dei</strong> poeti di lingua latina tra i tanti poeti che<br />

hanno sempre poetato a Munipuzos. Scusate, poeta di dialetto latino. E tutti i suoi<br />

discendenti son poeti anche loro. La cosiddetta Scuola <strong>dei</strong> Massim<strong>il</strong>ianidi. Dopo aver<br />

cantato, esaltato e osannato <strong>Priapo</strong> nei suoi Carmina Priapea , che tanto assai<br />

piacevano la <strong>dio</strong> itifallico, conobbe una discendente di quel misterioso è strano<br />

personaggio che sicuramente fu Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum<br />

Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Tale femmina, Luigina di nome ,


pagana in origine, si era poi convertita alla nuova religione. E per amore fece<br />

convertire pure <strong>il</strong> poeta Mhassymylyano.<br />

Tutte le mattine andavano sempre alla missalarua. Poi al lavoro. La sera pregavano.<br />

Prima si facevano prima li cosi di <strong>dio</strong> e poi li cosi loro.<br />

Si maritano in chiesa e poiché sia lui che lei amavano la famiglia fecero figli assai<br />

assai assaissimo.<br />

Il poeta abiurò i Carmina Priapea e si mise a scrivere solo preghiere. In latino<br />

maturamente. Anzi in dialetto latino.<br />

> diceva la gente.<br />

Infatti invogliavano a pregare.<br />

Tra i discendenti si è messo in evidenza Max Giorgino Baffo da Venezia con i suoi<br />

sonetti. Tra cui questi due.<br />


Restò ateo.<br />

><br />

Lo scrittore Santhokriso si propose di scrivere male della Trinacria .<br />

Soprattutto della zona del Pattuallopolis e <strong>dei</strong> protagonisti dello stesso.<br />

Per questo si mise a scrivere sonetti tutti diversi ma con lo stesso titolo.<br />

A parte <strong>il</strong> numero.<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 1<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 2<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 3<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 4<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis. 5<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 6<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 7<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 8<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 9<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 10<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 11<br />

Pattuallopolis uguale Bordellopolis 12<br />

P..............................................<br />

P...............................................<br />

P...............................................<br />

P...............................................<br />

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999999999999999.....................................<br />

Non si sa che punto arrivò....<br />

Questo invece è <strong>il</strong> suo testamento politico spirituale.<br />

S'io fossi foco<br />

S' i' fosse foco, arderei 'l mondo;<br />

s' i' fosse vento, lo tempesterei;<br />

s' i' fosse acqua, i' l'annegherei,<br />

s' i' fosse Zeus, mandere<strong>il</strong>' en profondo;<br />

s' i' fosse <strong>Priapo</strong>, sare' allor giocondo,<br />

ché tutt' i quanti inculerei;<br />

s' i' fosse Dioniso, sa' che farei?


a tutti mozzerei lo capo a tondo.<br />

S' i' fosse Eolo , vent’e morte a chi so io;<br />

s' i' fosse Efesto, Etna saria per loro:<br />

se Poseidon fossi, forza sisma mio.<br />

S' i' fosse Sant’Kriso, com' i' son e fui,<br />

torrei dal monno falliti e bugiardi ,<br />

che saria più bel senza sti cojon bui.<br />

Il f<strong>il</strong>osofo Socratino fece carriera. Scrisse opere su opere ma sempre partendo da una<br />

domanda. Questa quella della sua ultima opera.<br />

><br />

Socratino si impiccò dopo aver strangolato la sua minchia.<br />

FINE. 28.7.2005


Indice:<br />

A. L’antefatto<br />

B. Il fatto<br />

I . Zeus, <strong>il</strong> capo<strong>dio</strong><br />

II. Lu matrimonio di Elena, la prima buttana di Munipuzos<br />

III . <strong>Priapo</strong>genesi ed altre nascite … Munipuzos compresa<br />

IV . La stagione degli amori e delle corna<br />

V. Agaminkione da dove viene?<br />

VI . Tre minchie per un cunnu, un cunno per tre minchie<br />

VII . L’andropriapomachia e la guerra di Purceddopolis<br />

VIII. Tuttu chiddu ca incomincia deve finire<br />

C. Archeologia<br />

D . P. S: i 4 intellettuali .

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