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A. Bertram Chandler - Nelle Immense Profondità Spaziali

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A. <strong>Bertram</strong> <strong>Chandler</strong><br />

<strong>Nelle</strong> immense profondità spaziali<br />

(The Deep Reaches of Space, 1964)<br />

Traduzione di Franco Kruger<br />

INDICE<br />

Capitolo 1..................................................................................................... 2<br />

Capitolo 2..................................................................................................... 5<br />

Capitolo 3..................................................................................................... 8<br />

Capitolo 4................................................................................................... 10<br />

Capitolo 5................................................................................................... 14<br />

Capitolo 6................................................................................................... 19<br />

Capitolo 7................................................................................................... 25<br />

Capitolo 8................................................................................................... 30<br />

Capitolo 9................................................................................................... 32<br />

Capitolo 10................................................................................................. 37<br />

Capitolo 11................................................................................................. 43<br />

Capitolo 12................................................................................................. 47<br />

Capitolo 13................................................................................................. 50<br />

Capitolo 14................................................................................................. 55<br />

Capitolo 15................................................................................................. 59<br />

Capitolo 16................................................................................................. 64<br />

Capitolo 17................................................................................................. 65<br />

Capitolo 18................................................................................................. 69<br />

Capitolo 19................................................................................................. 72<br />

Capitolo 20................................................................................................. 75<br />

Capitolo 21................................................................................................. 79<br />

Capitolo 22................................................................................................. 82<br />

Capitolo 23................................................................................................. 84<br />

Capitolo 24................................................................................................. 89<br />

EPILOGO...................................................................................................91


1.<br />

Peter Quinn, lo sguardo fisso alla grossa sfera trasparente su cui era<br />

tracciata la carta nautica, osservò i mille e mille fili incandescenti che<br />

congiungevano i brillanti punti luminosi delle stelle. Finalmente, pensò, la<br />

tempesta è passata. Si è spostata su un'altra zona della Galassia, o forse ci<br />

siamo spostati noi. La sua mente rabbrividì al ricordo di come gli era<br />

apparsa la carta nautica nell'attimo in cui la tempesta magnetica aveva<br />

investito l'astronave. In passato, aveva letto in un libro la descrizione di un<br />

fortunale e, durante la lettura, aveva mormorato: «Mi auguro di non dover<br />

mai subire una esperienza simile». Lo scrittore di quel libro era stato<br />

fortunato: la sua astronave era riuscita a far ritorno su un settore<br />

colonizzato della Galassia. Quinn sperò che anche i passeggeri della Lode<br />

Maiden potessero godere della stessa fortuna. Osservò ancora sulla carta la<br />

stranissima configurazione delle stelle e volle anche guardarle al naturale,<br />

attraverso il largo oblò. Sì, le stelle vere erano strane quanto le loro<br />

minuscole rappresentazioni sulla sfera trasparente, strane ed irregolari.<br />

– Salve, Secondo!<br />

Quinn si voltò all'allegro saluto e vide che Saunders era entrato in Sala<br />

Comando. La sciatteria del Terzo Ufficiale era nota a tutti, ma ora superava<br />

ogni limite. Non aveva berretto, le calze gli cadevano arrotolate sulle<br />

scarpe, la camicia era sbracata ed una spallina sbottonata gli penzolava sul<br />

braccio. I pantaloni corti erano imbrattati di olio.<br />

– Novità, Bill? – domandò Quinn.<br />

– La nafta... non vuol saperne di bruciare. Troppa gente in Sala<br />

Macchine, Peter. Il Vecchio e il Direttore fanno un sacco di confusione. Il<br />

Secondo e il Vice insistono nelle loro idee, il Quarto Ufficiale e gli<br />

Aspiranti macchinisti si danno da fare, mentre gli Allievi se ne stanno lì ad<br />

osservare tutto quel... trambusto con la bocca spalancata. Io, ad un certo<br />

momento, mi sono seccato e ho pensato bene di filarmela in Sala Comando<br />

per godermi un po' di pace e di tranquillità.<br />

Si sprofondò in una poltrona e chiuse il fermaglio della cintura di<br />

sicurezza – Ora mi sento meglio! – sospirò. – Talvolta mi domando perché<br />

l'illusione di stare seduti contribuisce tanto a distendere i nostri poveri<br />

nervi... Come va la baracca, Peter?<br />

– Non bene. È ferma, immobile, come un'astronave dipinta su uno<br />

sfondo di oceano dipinto...<br />

– Direi che l'imbianchino che ha dipinto questo oceano – commentò<br />

2


Saunders guardando attraverso il grande portello – ha abusato un po'<br />

troppo del colore nero, o forse aveva solo quello a disposizione. Questa<br />

maledetta tempesta avrebbe dovuto scaraventarci fuori della Galassia... –<br />

sfilò una sigaretta dal pacchetto tutto stazzonato che aveva nel taschino<br />

della camicia e la accese. – Fumiamoci in pace una sigaretta finché è<br />

possibile; se riusciranno a mettere in moto i diesel, ti saluto tranquillità!<br />

Scusa... dimenticavo di dirti che il Vecchio mi ha ordinato di rilevarti. Ha<br />

detto che vuole un ufficiale cosciente della propria responsabilità (il modo<br />

con cui ha detto responsabilità non mi è affatto piaciuto) che sappia<br />

rassicurare i passeggeri. Ammetto che tu non sei il tipo più adatto, so<br />

benissimo che preferiresti rifugiarti in un angolino nascosto e con poca<br />

luce per fare le carezzine a Leonora... non è forse così?<br />

– La tua mentalità è alquanto ristretta, Bill – rispose Quinn a mezza<br />

voce.<br />

– Ristretta, la chiami? Realistica, Peter, realistica! Come quella dei<br />

nostri Vecchi Padri Fondatori delle Colonie Perdute. Ho la vaga<br />

impressione che dovremmo darci da fare per trovare almeno qualche<br />

Madre Fondatrice...<br />

Quinn sganciò la cintura di sicurezza e si alzò. Non si sentiva molto<br />

sicuro perché il campo magnetico nell'interno della astronave era molto<br />

calato e non consentiva più una completa aderenza delle suole magnetiche<br />

delle calzature al ponte. Poi, barcollando, si diresse verso...<br />

La scaletta?<br />

No, credo che sia la scaletta del boccaporto. Dopo tutto questa è una<br />

astronave passeggeri e non c'è nulla di male se vado a dare una<br />

occhiata...<br />

...la scaletta del boccaporto porta...<br />

«Cosa vuoi, cara?».<br />

«È la terza volta che te lo ripeto, George. Vuoi venire a colazione?».<br />

...all'interno dell'astronave. Lui...<br />

«George!».<br />

«Sì?».<br />

«La smetti una buona volta di tormentare quella maledetta macchina<br />

per scrivere? Vuoi venire a colazione?».<br />

«Direi di sì».<br />

...aveva una paura matta di...<br />

Le sue dita imprigionate nella mano della donna non poterono più<br />

battere sulla tastiera. Sollevò timidamente gli occhi e tentò di dimenticare<br />

3


il romanzo che stava scrivendo, per concentrare la sua attenzione su altre<br />

cose. Sì, concluse, è proprio così. L'immediata conclusione lo lasciò<br />

perplesso. Jane è un liquore magnifico, stupendo se si beve a piccoli sorsi.<br />

Ma se si trangugia tutto d'un fiato è troppo forte. Penso talvolta che<br />

sarebbe meraviglioso ritornare al mio mare.<br />

«Vorrei tanto che tu potessi riprendere la tua vita in mare, George.<br />

Quando venivi a casa, potevo averti tutto per me. Non come oggi. E<br />

allora, ricordi? Non avevamo tante preoccupazioni per i conti da pagare.<br />

«Non è colpa mia, rispose lui, se oggi le riviste non si vendono più.<br />

Allora c'erano circa trenta testate, mentre oggi sono ridotte a otto...».<br />

«Perché non ti metti a scrivere qualcosa che si possa vendere... non so,<br />

un romanzo...».<br />

«Benedetta donna, è proprio quello che sto tentando!».<br />

«Tentare non significa fare!».<br />

Whitley scostò la sedia dal suo tavolo di lavoro e guardò Jane con<br />

ostilità, una ostilità che rasentava la ripugnanza. Era una donna, troppo<br />

donna, troppo esigente come femmina. (Se non fosse stata così, pensò, me<br />

ne sarei ritornato al mio mare da tempo). Aveva un concetto esagerato del<br />

successo e, secondo lei, se uno non riusciva ad affermarsi in un campo,<br />

era destinato a fallire qualunque cosa tentasse.<br />

La seguì con lo sguardo mentre andava in cucina. Poi anche lui si<br />

mosse, si sedette alla tavola e diede un rapido sguardo al cibo: pane<br />

francese, burro, formaggio e insalata. Notò con interesse la bottiglia di<br />

birra, ma quando Jane volle riempirgli il bicchiere, le fermò la mano.<br />

«Che ti succede?».<br />

«Dimentichi che oggi pomeriggio debbo andare dal dottor Ferris».<br />

«Già, ora ricordo. Potresti venire con me sulla spiaggia o continuare<br />

quello stupido romanzo. Ho la sensazione che ti diverta un mondo fare da<br />

cavia...».<br />

«Penso che questo esperimento potrà essermi utile – rispose tranquillo<br />

Whitley – tanto più che al dottore piace moltissimo gingillarsi con un<br />

individuo che, in futuro, sarà in grado di scrivere una esatta relazione sui<br />

suoi esperimenti».<br />

«Sono tutt'altro che entusiasta di queste strane esperienze a base di<br />

droghe. Potresti diventare un tossicomane... non che questo abbia molta<br />

importanza...».<br />

«Non credo che diventerà una abitudine, un vizio – rispose gelido<br />

Whitley».<br />

4


2.<br />

Whitley, sdraiato nella poltrona dello studio di Ferris, osservò il dottore<br />

attraverso il denso velo di fumo della sua pipa e della sigaretta del medico.<br />

Ferris era stato suo compagno di bordo durante un viaggio in Australia,<br />

quando Whitley era ufficiale in seconda di un mercantile misto. Fra coloro<br />

che hanno navigato insieme si stabilisce di solito una simpatia ed una<br />

amicizia molto rara fra gli uomini che vivono a terra.<br />

– Come vanno gli affari, Doc? – domandò Whitley.<br />

– Bene, come sempre. Forse troppo bene. Talvolta mi pento d'aver<br />

abbandonato la carriera di medico condotto.<br />

– Bah, a chi vuoi darla a intendere? Potessi tornar giovane, m'iscriverei a<br />

medicina e mi specializzerei in psichiatria. È una professione da<br />

gentiluomini che ti lascia sempre le mani pulite. E poi – nella sua voce<br />

c'era una certa ironia – non c'è mai penuria di clienti. Se la scienza medica<br />

scoprisse un afrodisiaco sicuro ed innocuo, voi medici fareste quattrini a<br />

palate, ancor più di quanti ne facciate ora.<br />

– Non è gentile da parte tua, George.<br />

– Ma vero, verissimo!<br />

– E i tuoi affari, come vanno? – chiese il dottore, cambiando discorso.<br />

– Da cane. Sono mesi che non vedo un assegno. Vanno così male che<br />

penso seriamente di imbarcarmi di nuovo. Per fortuna, quando ho lasciato<br />

la United Steam Shipping Company, non ho sbattuto troppo forte la porta<br />

alle mie spalle, per cui...<br />

– Anch'io vorrei tornarmene al mare – recitò Ferris. – Al mare immenso<br />

e solitario, ad un cielo pieno di stelle fra le quali una potrebbe indicarmi<br />

la via...<br />

– Balle – lo interruppe Whitley. – Non mi piacciono le navi. Specie<br />

quello grandi... immaginiamoci poi quelle vecchie bagnarole che hanno<br />

seghe elettriche al posto dei motori e gironzolano intorno alle coste<br />

australiane! No, se torno al mare lo faccio per una sola ragione: quattrini.<br />

A parte il fatto che, da un po' di tempo a questa parte, con Jane ci stiamo<br />

prendendo un po' troppo per i capelli...<br />

– Spero che diventerai un mio fedele cliente.<br />

– Togliti questa illusione!<br />

– A cosa stai dedicandoti in questi giorni?<br />

5


– Bah... un romanzo. Le riviste sono morte, strangolate dai libri a buon<br />

mercato. Ragion per cui, se non puoi battere il nemico, mettiti dalla sua<br />

parte.<br />

– Che tipo di romanzo?<br />

– Fantascienza.<br />

– In altre parole, i soliti romanzi di mare stile Whitley! Anche se non<br />

vuoi ammetterlo, le navi – marine o spaziali che siano – sono la tua<br />

passione. Di che parla il tuo romanzo?<br />

– Beh... ho cercato di mettere insieme un viaggio intrastellare, sai, di<br />

quelli che si basano sul principio di Ehrenhaft. Lo chiamerò...<br />

– Bel nome, Ehrenhaft! Sembra il tintinnare di una campana!<br />

– Già, è vero. Ricordi, durante la guerra si parlò molto di uno scienziato<br />

austriaco che s'era rifugiato negli Stati Uniti, un certo Ehrenhaft, il quale<br />

dimostrò l'esistenza di una corrente magnetica, opposta al campo<br />

magnetico.<br />

– Interessante...<br />

– I miei generatori Ehrenhaft producono un campo magnetico. Le navi<br />

sulle quali questi generatori sono montati diventano virtualmente enormi<br />

particelle magnetiche, della polarità voluta. Queste astronavi oscillano<br />

lungo linee di forza magnetica, da un sistema planetario ad un altro, ad una<br />

velocità enormemente superiore a quella della luce. È ovvio che questo<br />

sistema di navigazione presenti certi inconvenienti...<br />

– Se non ci fossero gli inconvenienti non esisterebbe nemmeno il<br />

romanzo. E quali sarebbero?<br />

– Tanto per cominciare i disturbi provocati dalle unità elettromagnetiche,<br />

o disturbi di «gauss», come io li ho definiti. Essi consentono l'atterraggio e<br />

il decollo solo in determinate regioni ricche di forza verticale, intorno ai<br />

poli magnetici, tanto per farti un esempio. <strong>Nelle</strong> vicinanze di certi soli, vi<br />

sono terribili tempeste magnetiche e se una nave si trova coinvolta in una<br />

di queste tempeste, viene gettata fuori dalla sua traiettoria e, il che è anche<br />

peggio, gli accumulatori si scaricano completamente...<br />

– Ma a che servono gli accumulatori?<br />

– A fornire il calore per scaldare l'acqua... per produrre il vapore<br />

necessario al funzionamento delle turbine che mettono in azione i<br />

generatori Ehrenhaft e i motori che generano corrente elettrica per gli<br />

impianti ausiliari dell'astronave.<br />

– Ragion per cui, senza accumulatori, una astronave ed i generatori<br />

Ehren... come diavolo si chiamano, non servono a nulla!<br />

6


– Non esattamente. Le astronavi dispongono di motori diesel di<br />

emergenza. Le astronavi sono perdute nello spazio, e i biochimici a bordo<br />

riescono ad ottenere il combustibile per i diesel dagli idrocarburi che<br />

dovrebbero servire al sostentamento dell'equipaggio. Ad ogni modo, c'è<br />

sempre la speranza di trovare nella Galassia un pianeta adatto al nostro<br />

genere di vita. Se riescono a trovarlo, gli equipaggi danno inizio ad una<br />

Colonia Perduta. In caso contrario...<br />

– Capisco. Che orribili fantasie, George. Non sono affatto sicuro di poter<br />

proseguire il nostro esperimento...<br />

– Sarebbe un vero peccato, perché ci conto moltissimo. Cerca di<br />

capirmi. E poi speravo che tu potessi aiutarmi. Ho letto storie del genere<br />

sul Time, ma non ho mai avuto l'opportunità di leggere relazioni<br />

scientifiche sull'argomento.<br />

– Hai mai letto Le Porte della Percezione di Huxley?<br />

– No.<br />

– Male, dovresti leggerlo. Tratta a fondo questo argomento ed i suoi<br />

concetti potrebbero servirti moltissimo. Scusa se ti espongo il problema in<br />

modo alquanto sommario: la nostra mente fa parte dell'Immenso Cosmico,<br />

ma il cervello funziona da valvola di selezione, il che consente al<br />

possessore dello stesso cervello di provare solo le impressioni, o<br />

sensazioni se preferisci, che gli sono utili per la sua vita di ogni giorno.<br />

L'acido lisergico è molto di più di questa valvola di selezione...<br />

– Credo di capire. E l'Immenso Cosmico, come tu lo definisci, dovrebbe<br />

essere una entità quadridimensionale... Qui, ovviamente, entra in ballo il<br />

vecchio Dunne, con le sue linee di mondi, gli universi in serie e così via...<br />

Per cui una linea di mondo attraversa le epoche dei nostri antenati fino a<br />

raggiungere tempi lontanissimi, ed attraversa inoltre le epoche dei nostri<br />

posteri per raggiungere un futuro remoto, se pur esiste.<br />

– Non ho mai creduto alle teorie di Bridley Murphy – disse il dottore.<br />

– Francamente nemmeno io. Il concetto però è affascinante...<br />

– Troppo, direi. Allora, se vuoi sdraiarti sul lettino...<br />

– Al volo?<br />

– No. – Ferris arrotolò la manica della camicia sportiva di Whitley,<br />

passò sulla pelle un batuffolo di cotone impregnato di alcool e con<br />

delicatezza massaggiò il braccio. Poi infilò l'ago della siringa in una fiala<br />

piena di liquido incolore, la riempì e mormorò: – Iniezione<br />

intramuscolare...<br />

– Appunto – rispose Whitley. Al contatto dell'ago i muscoli del suo<br />

7


accio vibrarono impercettibilmente.<br />

– Ci vuole un buon quarto d'ora perché faccia effetto – disse il dottore.<br />

– Fammi vedere elefanti rosa – supplicò Whitley. – O graziose ragazzine<br />

che danzano!<br />

3.<br />

– Come ti senti? – chiese il dottore.<br />

– Una debolissima nausea – rispose Whitley – ma nel complesso<br />

magnificamente. Nessun elefante rosa in vista.<br />

– Distingui i colori?<br />

– Benissimo.<br />

– La vista?<br />

– Normale, direi.<br />

– L'udito?<br />

– Sento benissimo il traffico della strada, ma un po' ovattato.<br />

– Ti dispiace se ti lascio per qualche minuto? – domandò il dottore. –<br />

Pam mi ha chiesto, se questo pomeriggio fossi rimasto a casa, di falciare il<br />

prato. L'erba è molto alta. Ad ogni modo, se hai bisogno di me, grida. Ti<br />

sentirò.<br />

– Perché dovrei aver bisogno? I rapporti fra un uomo ed il suo<br />

subconscio sono segretissimi: da distruggere con il fuoco prima di<br />

leggerlo.<br />

– Se è così che la pensi, George...<br />

– Dottore, non preoccuparti: ti ho promesso che scriverò tutto, e<br />

manterrò la parola. Ad una condizione, però. Quando consegnerai le mie<br />

conclusioni ai tuoi dotti giornali, dovrai indicarmi come il signor X.<br />

D'accordo?<br />

– Va bene, ti farò questa cortesia. Verrò di tanto in tanto a darti<br />

un'occhiata.<br />

Whitley osservò il soffitto, il soffitto bianco. Il soffitto bianco? Aveva<br />

qualche sfumatura verdastra, e una leggera sensazione di movimento.<br />

Sembrava un breve banco di nebbia, di fumo, un fumo denso, quasi solido,<br />

con delle specie di viticci che si dirigevano verso il basso, quasi volessero<br />

afferrare il lettino sul quale egli era sdraiato.<br />

Sciocchezze, pensò Whitley, sciocchezze. Se questo è il meglio che può<br />

fornirmi il mio subconscio in fatto di Minacce dall'Oltre Spazio, è ben<br />

8


poca cosa. Roba da filmetto di seconda categoria.<br />

Spostò la sua attenzione alle pareti, ma anche queste avevano lo stesso<br />

aspetto nebbioso, come se fossero fumo, fumo dietro una spessa lastra di<br />

cristallo. Osservò la poltrona sulla quale si era seduto pochi minuti prima. I<br />

suoi contorni erano irregolari, incerti. Sembrava che il cuscino appoggiato<br />

sullo schienale vibrasse, pulsasse, come un sacco con dentro un piccolo<br />

animale che si agitava. Il tessuto che ricopriva la poltrona ed il cuscino<br />

aveva assunto un colore profondo, ricco, un colore di selvaggia bellezza.<br />

È notevole, pensò ghignando Whitley, quali sensazioni può produrre la<br />

diminuzione di zucchero nel sangue che affluisce al cervello...<br />

Osservò di nuovo il soffitto. La nebbia di prima c'era ancora. Ora<br />

accennava a colorarsi, lievi sfumature che si organizzavano in strane<br />

forme. Dragoni? O uomini? Whitley non poteva esserne sicuro. Voleva<br />

vedere qualcosa, se non ci fosse riuscito avrebbe provato una fiera<br />

delusione, come se lo avessero bidonato.<br />

Con la coda dell'occhio vide qualcuno seduto sulla poltrona. Jane? Si<br />

voltò per osservare, la poltrona era vuota, ma la sua primitiva impressione<br />

continuò a persistere... l'impressione di avere accanto una donna alta e<br />

snella, con i capelli castani, scalza, con una camicetta bianca ed un paio di<br />

pantaloncini corti, pure bianchi...<br />

Ma Jane non ha mai avuto pantaloncini bianchi, pensò, né camicette<br />

bianche. Quella camicia appartiene ad una uniforme, sulle spalle ci sono<br />

le spalline...<br />

È notevole, pensò ancora, quali sensazioni può produrre la diminuzione<br />

di zucchero nel sangue che affluisce al cervello. Eppure vorrei davvero<br />

che Jane fosse qui. Mi sento tanto vicino a lei. Sento che...<br />

Chiuse gli occhi e non pensò più. Non volle più pensare, solo sentire.<br />

Ma fu in certo modo turbato dalla intensità della sua sensazione e cercò di<br />

combatterla. Era come una enorme ondata tiepida che lo trascinava e<br />

questa onda gigantesca era... la vita. La vita di tutti gli uomini e di tutte le<br />

donne, sì, la vita di tutti gli esseri umani, dei tempi passati e di quelli<br />

futuri. Osservò il simbolo, il grande scoglio color carne, per nulla osceno,<br />

il grande scoglio che sorgeva da un mare tempestoso sullo sfondo di un<br />

cielo oscuro ma pieno di stelle, lo scoglio che rappresentava la carne, il<br />

sangue e lo scheletro della razza, del Genere Umano, che mai poteva<br />

perire.<br />

Dalla finestra aperta udì il lamento meccanico della falciatrice<br />

meccanica del dottore. Al ritmico battito del motore la visione del simbolo<br />

9


scomparve improvvisamente e...<br />

4.<br />

Il ritmico pulsare dei motori diesel contribuì a diminuire la tensione nel<br />

salone. Qualcuno stava tentando qualcosa. Qualcuno aveva scoperto<br />

qualcosa. La situazione era sotto controllo. Whitley osservò i visi pallidi<br />

dei passeggeri ed ebbe l'impressione che fossero in attesa delle sue parole.<br />

Si rese conto che accanto a lui c'era la donna alta e snella dai capelli<br />

castani che indossava l'uniforme composta di camicetta bianca e<br />

pantaloncini dello stesso colore, ed osservò le spalline nere sulle quali<br />

spiccava una strisca dorata. Domandò a se stesso, sorpreso: Cosa fa qui<br />

Jane?<br />

– Dì qualcosa, – sussurrò la donna, – coraggio, dì qualcosa.<br />

– Cosa mai dovrei dire?<br />

– Spiega loro che la situazione è sotto controllo.<br />

Si schiarì la gola e con voce decisa, disse: – Signori e signore, sono lieto<br />

di informarvi che abbiamo ripreso il controllo della situazione. – Gli parve<br />

che la sua voce avesse un timbro strano, forse troppo profondo.<br />

– Vorrei sapere dove siamo! – l'interruppe un ometto dall'aria curiosa. –<br />

Mi piacerebbe proprio saperlo.<br />

La mente di Whitley fu improvvisamente attraversata da strani ricordi.<br />

Era il ricordo di una sfera trasparente, una sfera oscura nella quale si<br />

intrecciava la luminosa ragnatela di fili di luce fra stella e stella. Stelle<br />

sconosciute. Ricordava d'avere osservato quello strumento. Ma era proprio<br />

un ricordo, il suo?<br />

– Allora, volete dirci dove ci troviamo? – domandò ancora l'ometto.<br />

– Cerca di tranquillizzarli – gli sussurrò Jane. Ma non era la voce di<br />

Jane. Si voltò ad osservare la ragazza. Non era Jane, anche se aveva tutte le<br />

qualità che egli aveva sempre immaginato come caratteristiche di Jane.<br />

– Dì loro qualcosa! – esclamò con impazienza la ragazza.<br />

– Che dovrei dire, ancora?<br />

Ricordi, i suoi ricordi di ciò che aveva scritto? Oppure... Indietreggiò di<br />

qualche passo, barcollando. Poi con voce ferma, disse:<br />

– Ora che i motori diesel sono in funzione, è proibito fumare. I signori<br />

passeggeri sono pregati di evitare qualsiasi sforzo fisico.<br />

– Ancora non ci avete detto dove siamo! – insistette il piccolo uomo.<br />

10


Dove siamo? domandò Whitley a se stesso. Dove sono? Chi sono?<br />

Ricordò una stanza (dove, quando?) una stanza il cui soffitto era<br />

impregnato di una nebbiolina verdastra che sembrava vibrare, le cui pareti<br />

erano simili a una densa nube di fumo dietro una lastra di cristallo.<br />

Ricordò i mobili della stanza che sembravano possedere una loro vita<br />

ameboide, e nella stanza c'era qualcuno che si chiamava Whitley... o<br />

Quinn. Ma chi era, Whitley o Quinn?... Lui era sdraiato su un lettino e<br />

osservava la strana nebbia che formava il soffitto, mentre Whitley (o<br />

Quinn) pensava...<br />

Dove?<br />

I visi terrei dei passeggeri gli sembravano piccole macchie vuote di<br />

forma mentre il suo sguardo osservava il quadro-ordini appeso ad una<br />

delle colonne del salone circolare. Doveva esserci qualcosa nel quadroordini<br />

per metterlo sulla strada giusta, non foss'altro che l'orario dei pasti o<br />

dei risultati del torneo di golf sul ponte. Ci doveva essere il nome della<br />

astronave... Lode Maiden, pensò Whitley. Mentre si avvicinava lentamente<br />

per osservare più da vicino il quadro, fu sorpreso della strana viscosità del<br />

ponte. Guardò il pavimento, notò le sue ginocchia nude, con la pelle<br />

abbronzata, i pantaloni corti, i calzettoni e le scarpe bianche. Il ponte era<br />

ricoperto da un morbido e lucido strato di materia plastica elastica che<br />

nascondeva le travature di acciaio. Era brillante, luminoso, ma molto<br />

adesivo. Stupidamente, come in sogno, Whitley tentò di sollevare ambedue<br />

i piedi dal ponte, e ci riuscì, ricordando troppo tardi che la viscosità non<br />

era altro che l'attrazione magnetica stabilita fra le suole delle sue scarpe e<br />

il pavimento.<br />

Cadde.<br />

Cadde lentamente, ma verso l'alto.<br />

Non esisteva né alto né basso, né destra né sinistra, c'era solo un piccolo<br />

mondo costruito dall'uomo che ruotava intorno a lui, i visi terrei dei<br />

passeggeri, i mobili del salone, le colonne scintillanti, le superfici piane e<br />

ricurve ricoperte di materiale plastico.<br />

Non c'era né alto né basso, e tutti i dettagli che lo circondavano gli<br />

apparvero quanto mai confusi per le lagrime che sgorgavano dai suoi<br />

occhi. Tutte le impressioni provenienti dall'esterno svanirono<br />

nell'improvvisa sensazione di nausea che gli serrò la gola. Ebbe la<br />

percezione che qualcuno si agitasse accanto a lui, sospeso nell'aria, sentì<br />

sulla mano la stretta di un'altra mano e poi una voce (l'aveva già sentita<br />

quella voce?) che sussurrava con ansia: – Peter, che succede? Peter,<br />

11


ispondi!<br />

Dalla sua vicinanza, trasse energia e conforto. Udì qualcuno rispondere<br />

(forse lui stesso): – Non so... non so proprio, Leo...<br />

– Capisco – esclamò la donna. – Soffri il mal di spazio come un pivello<br />

al primo imbarco. Lascia fare a me.<br />

La osservò mentre sganciava dalla cintura una piccola pistola, la vide<br />

puntare l'arma in direzione tangenziale alla sua rotazione ed udì il sibilo<br />

del gas compresso. Dopo un attimo, lui e la ragazza non erano più sospesi<br />

nell'aria. Udì un altro sibilo ed ebbe la strana sensazione di muoversi in<br />

linea retta, poi i suoi piedi ripresero contatto con la morbida superficie di<br />

plastica che ricopriva il ponte.<br />

Udì la ragazza che parlava ai passeggeri. – Signore e signori. Chiedo<br />

scusa a nome del Secondo Ufficiale. Voglio assicurarvi che non è stato<br />

colpito da qualche strana malattia. Avrete certo riconosciuto i sintomi del<br />

mal di spazio, e sarete soddisfatti nel constatare che talvolta anche gli<br />

spaziali ne soffrono, come voi. Desidero intanto assicurarvi che sono stati<br />

messi in moto i motori diesel d'emergenza, e quanto prima entreranno in<br />

funzione anche i generatori Ehrenhaft che ci consentiranno di proseguire il<br />

viaggio verso la nostra destinazione. Vi ringrazio per la cortese attenzione.<br />

Signore e signori, buona sera.<br />

Si lasciò cadere in una sedia della piccola e candida infermeria, grato<br />

alla cintura di sicurezza che lo teneva ben fermo, ed osservò la graziosa<br />

fanciulla che gli stava accanto. Il rossore che le coloriva le guance la<br />

rendeva ancor più affascinante.<br />

– Peter, – gli disse, – cerca di star tranquillo. Cos'è che ti preoccupa? Sei<br />

ubriaco?<br />

– Nemmeno per idea, – rispose lui con aria pensosa. – Però, se tu avessi<br />

un goccio di cognac credo che non mi farebbe male...<br />

– Possiamo provare. – Il suo tono ora era più gentile. – Hai il classico<br />

aspetto di quelli che soffrono il mal di spazio.<br />

Si diresse a un piccolo armadietto, lo aprì e Whitley notò una fila di<br />

minuscoli recipienti a forma di lampadine. La ragazza ne prese uno e, dopo<br />

un attimo di incertezza, un secondo, che porse a Whitley. Lui lo osservò<br />

con sguardo assente e lo strinse nella mano. Uno spruzzo di liquido color<br />

ambra uscì dal piccolo foro bagnandogli la fronte. Riconobbe subito il<br />

liquore dall'odore e avvicinò il piccolo recipiente alle labbra. Era un modo<br />

infantile di bere un cognac di prima qualità, ma era meglio che non berne<br />

12


affatto. La ragazza bevve il liquore senza perderne una goccia.<br />

Improvvisamente un uomo entrò nella piccola infermeria. Era basso di<br />

statura, rotondetto e rubicondo e Whitley lo riconobbe subito, anche senza<br />

osservare i tre galloni d'oro delle sue spalline.<br />

– Ancora da queste parti, Leo? – ghignò il nuovo venuto. – Credo<br />

proprio che dovrò proibire l'ingresso in infermeria al nostro amico Peter.<br />

Ho la vaga impressione che stia traviandoti. – Si avvicinò all'armadietto e<br />

prese un bulbo con cognac. – Inoltre dovrò razionare questa medicina,<br />

anche se i biochimici mi hanno assicurato di poterla produrre dalla vodka,<br />

nei ritagli di tempo libero dalla fabbricazione di combustibile... – Bevve<br />

avidamente il liquore. – Ottimo, ne avevo proprio bisogno... Proprio a<br />

metà viaggio, la vecchia signora Kent decide di tirare le cuoia, e così mi<br />

manda a chiamare nella sua cabina per somministrarle gli ultimi<br />

sacramenti...<br />

– Sta morendo? – domandò Leonora.<br />

– Chi, quella? Sapete, ho sempre pensato che gli ipocondriaci hanno una<br />

vita lunghissima, perché hanno sempre un mucchio di medici d'intorno... –<br />

Divenne improvvisamente serio. – A proposito di morte Peter, quante<br />

probabilità abbiamo di cavarcela?<br />

– Cerco di fare del mio meglio – rispose Whitley. – Ce ne andiamo di<br />

stella in stella, da un sistema planetario ad un altro e l'atmosfera che<br />

respiriamo diventa sempre più inquinata dai gas di scarico. Speriamo di<br />

riuscire a trovare un mondo che ci consenta di vivere...<br />

Questo è un brano della Colonia Perduta, pensò. Proprio quello che ho<br />

scritto nel mio romanzo. Ma l'ho scritto proprio io? E Quinn era davvero<br />

il protagonista? Di chi sono i ricordi che sto sfruttando o tento di<br />

sfruttare? Chi trascorse quel week-end con Leonora nelle Isole del<br />

Piacere, nel Mare dei Caraibi? Guardò la ragazza. Leonora, hai davvero<br />

un neo sulla coscia sinistra?... e russi, anche, dolcemente, quasi<br />

musicalmente?...<br />

– Leggi troppa fantascienza! – esclamò il dottore.<br />

O la scrivo? si domandò Whitley.<br />

– Parliamo di cose serie – continuò il medico. – Che probabilità abbiamo<br />

di trovare un pianeta colonizzato o uno che, in caso di necessità, possiamo<br />

colonizzare?<br />

Vieni Quinn, pensò Whitley, vieni. Consentimi di usare i tuoi ricordi.<br />

Vieni, aiutami! Questo è il tuo mondo, non il mio. Sei tu che sei nei<br />

pasticci.<br />

13


Con gli occhi della mente vide la carta nautica tridimensionale in Sala<br />

Comando e le rare stelle disperse, attraverso il grande portello. Cercò di<br />

scacciare ogni altro pensiero dalla sua mente perché potessero affluirvi i<br />

ricordi. Ma non vi riuscì.<br />

Poi scoppiò in una risata. – Dannazione, pensò. Questa è la mia<br />

astronave, l'ho immaginata io così. E questa è la mia situazione, come io<br />

l'ho pensata. Tutti questi schiamazzi, questa bambola meravigliosa in<br />

divisa da infermiera spaziale, appartengono al mio romanzo...<br />

– Cos'hai ha ridere, Quinn? – chiese il dottore, con voce aspra.<br />

Ma Whitley nemmeno lo udì. Stava pensando: Ed io, chi sono?<br />

Dall'altoparlante appeso alla paratia venne una voce acuta. – Il Secondo<br />

Ufficiale è pregato di recarsi subito in Sala Comando... Il Secondo<br />

Ufficiale è pregato di recarsi subito in Sala Comando...<br />

5.<br />

Whitley osservò il dottore e l'infermiera che lo fissavano. Poi Leonora<br />

disse con tono aspro: – Cosa aspetti, Peter? Sai che al Vecchio non piace<br />

attendere.<br />

– Veramente... – tentò di trovare le parole esatte. – Cercavo di<br />

orientarmi...<br />

– Orientarti? Sei ancora stordito?<br />

– Stordito? – domandò il dottore.<br />

– Proprio così, mal di spazio...<br />

– Bisognerà che ti visiti – disse il dottore soprapensiero. – Si sa ancora<br />

pochissimo sugli effetti psicosomatici dei campi magnetici e della loro<br />

assenza. Quinn, vuoi sdraiarti sul lettino?...<br />

Il telefono squillò. Leonora sollevò il ricevitore. – Sì? Qui l'infermeria.<br />

Una voce debole ma irata domandò: – C'è il Secondo Ufficiale?<br />

– Sì, Comandante.<br />

– E allora ditegli di presentarsi in Sala Comando, immediatamente.<br />

– Sarà bene che ti muova – disse Leonora abbassando il ricevitore e<br />

guardando Whitley con la coda dell'occhio. – Altrimenti quello ti<br />

scaraventa fuori dal portello senza darti il tempo di indossare la tuta<br />

spaziale.<br />

– Sì, è meglio che vada – rispose Whitley. Porse all'infermiera il bulbo<br />

vuoto del cognac. – Grazie per il simpatico ricevimento!<br />

14


– Ci telefoniamo, eh, – sorrise la ragazza – ormai sai dove abito!<br />

Dannazione, pensò Whitley. È proprio questo che non so. Non so dove<br />

sono io, dove sono gli altri...<br />

Il telefono squillò ancora. – La voce del padrone! – esclamò il dottore<br />

con riso sardonico.<br />

– Arrivederci! – salutò Whitley.<br />

– Arrivederci! – rispose l'infermiera.<br />

Chiuse la porta alle sue spalle e si trovò in un lungo corridoio che<br />

seguiva la curvatura dello scafo. La luce era debole, delle sei lampade<br />

fluorescenti ne era accesa solo una. La sinuosità del corridoio e la scarsa<br />

illuminazione diedero a Whitley una sensazione di malessere. Tentò di<br />

vincere la nausea che gli impediva di respirare, e cercò di dimenticare il<br />

suo malessere fisico pensando alla situazione nella quale si trovava. È solo<br />

un fenomeno soggettivo, pensò. Si pizzicò con forza la coscia: il dolore che<br />

provò era estremamente oggettivo.<br />

Da che parte era la Sala Comando?<br />

Whitley tentò di far riaffiorare i ricordi di Quinn, ma il risultato fu assai<br />

scarso. Cercò di immaginare l'astronave come l'aveva descritta nel suo<br />

romanzo... Il suo scafo era imponente, a forma di fuso: l'accumulatore e le<br />

altre macchine erano situate nell'estremità più stretta, quasi all'apice del<br />

cono. Un mastodontico giroscopio consentiva all'astronave di navigare in<br />

linea retta senza essere sottoposta a rollìo e con poco beccheggio, lungo le<br />

linee di forza magnetica. La Sala Comando era situata alla base del cono,<br />

in corrispondenza della prua dell'astronave.<br />

Ma quale era la via per arrivare in Sala Comando?<br />

Whitley si fermò un attimo per ascoltare il rumore dei motori diesel, il<br />

loro pulsare soffocato dalla distanza. La risposta alla domanda era ovvia:<br />

la Sala Comando poteva trovarsi nella zona opposta alla Sala Macchine. Si<br />

mosse.<br />

Imparò subito come doveva fare. Doveva camminare lentamente, con<br />

passo leggero, un passo di danza, senza mai staccare entrambi i piedi dal<br />

ponte. Ma il suo corpo, o quello di Quinn, era abituato a questo leggero<br />

movimento e non c'era di che preoccuparsi. Whitley lasciò che i suoi piedi<br />

risolvessero da sé il problema e si mise ad osservare l'ambiente in cui si<br />

trovava.<br />

Mentre guardava, ricordi lontani affluirono alla sua mente, ricordi di<br />

lunghi corridoi sinuosi, piccole scalette, il continuo ronzìo dei ventilatori e<br />

il ritmico pulsare delle pompe per la rigenerazione dell'aria. (Nella sua<br />

15


mente s'affacciò rapida l'immagine del complicato apparecchio per il<br />

condizionamento dell'atmosfera). Sapeva benissimo cosa avrebbe visto nel<br />

locale dei giroscopi prima ancora di entrare nella grande sala, ed osservò<br />

quasi senza interesse la grande e scintillante ruota che sembrava trascinarlo<br />

nel suo moto continuo e instancabile mentre saliva la galleria a spirale.<br />

A prua, sopra il locale giroscopi, c'erano gli alloggi ufficiali e, più avanti<br />

ancora, la Sala Comando. Per raggiungerla, bisognava salire una piccola<br />

scaletta che portava ad un boccaporto di forma circolare, quasi sempre<br />

aperto. Whitley si accinse a salire i pochi gradini, e la mancanza di peso<br />

del suo corpo gli diede una strana sensazione di sogno.<br />

Ma questo «è» un sogno, pensò. Un sogno orribile.<br />

Non era certo la prima volta che era costretto ad affrontare le ire del<br />

Comandante, anzi era una sensazione sin troppo familiare.<br />

– Vedo con piacere – disse il Comandante, ironico – che il Secondo<br />

Ufficiale si è finalmente degnato di venirci a trovare!<br />

Whitley non rispose. Guardò gli altri ufficiali con disinteresse, li<br />

conosceva tutti, il muscoloso Grant (soprannominato «Granito») saldo<br />

come una roccia, Malleson, il Primo Ufficiale, il cui aspetto era molto<br />

simile a quello di un volpone con smanie intellettualistiche, Saunders, il<br />

Terzo, eternamente a disagio, e infine il magro e sparuto Halley, il Quarto<br />

Ufficiale.<br />

Guardò in alto, alla bassa cupola che costituiva la prua dell'astronave ed<br />

i larghi oblò circolari poi si strinse nelle spalle. Aveva osservato mille e<br />

mille volte, il cielo notturno; ma il cielo popolato di stelle che si vede<br />

attraverso l'atmosfera è del tutto diverso da quello che si presenta ai tuoi<br />

occhi privo di veli, completamente nudo. Lo strato gassoso annulla il senso<br />

di vuoto, le prospettive delle enormi distanze. E quello che ora stava<br />

osservando non era il cielo che si vede dalla Terra, il campo in cui regnano<br />

le Milizie Celesti. Questo era il cielo notturno dei confini della Galassia,<br />

una enorme distesa il cui vuoto era ancor più accentuato e reso ancor più<br />

vasto dalle piccole stelle disperse, dalle leggere nebulosità che costituivano<br />

isole di universi a distanze incredibili.<br />

– Signor Quinn! – La voce aspra ed insistente lo ritrasse dal vuoto in cui<br />

stava per cadere. – Signor Quinn!<br />

Sono io Quinn, pensò.<br />

Il suo sguardo si staccò dalla visione del cielo per fermarsi sul viso<br />

severo del Comandante.<br />

16


– Signore? – domandò.<br />

– Cosa stavate facendo in infermeria, signor Quinn?<br />

– Mi sentivo poco bene.<br />

– Ah... qualche malattia?<br />

– No, mal di spazio.<br />

– Avete detto mal di spazio?<br />

Saunders ridacchiò, ma si ricompose allo sguardo severo rivoltogli da<br />

Grant.<br />

– Sono stati effettuati studi molto interessanti – intervenne Malleson – in<br />

merito all'effetto psicosomatico dei campi magnetici...<br />

– Davvero, signor Malleson? Vorrei ricordare a loro signori il grado di<br />

ufficiale che ciascuno di loro riveste a bordo di questa astronave. A bordo<br />

disponiamo già di un dottore e di una infermiera che conoscono<br />

perfettamente il loro mestiere. A voi, signor Quinn, vorrei ricordare che nei<br />

vostri doveri non è compreso quello di bazzicare in infermeria per dar noia<br />

al personale, ed usufruire di strane medicine...<br />

– Era un cognac medicinale – lo interruppe Whitley.<br />

Osservò timidamente il viso del Comandante. Forse ho parlato troppo,<br />

pensò. Dopo tutto credo che non mi fucilerà per ciò che ho fatto. Fu<br />

afferrato da un lieve senso di panico. Però potrebbe anche farlo...<br />

– Più tardi parlerò con il dottore, signor Quinn – disse Grant. – Per ora,<br />

se ve la sentite, vorrei che tracciaste una traiettoria per la stella del tipo<br />

Sole secondo le coordinate 135° 14' 27" e 36° 42' 18"...<br />

Whitley volse intorno lo sguardo smarrito osservando le varie macchine<br />

e gli strumenti di navigazione della Sala Comando. Si diresse incerto verso<br />

la carta sferica stellare, e fissò affascinato la ragnatela di filamenti rossi e<br />

luminosi tracciata fra i piccoli punti di luce. Nel globo erano tracciate<br />

l'Ascensione Retta e la Declinazione e, in basso, si notavano parecchi<br />

interruttori e vernieri di controllo.<br />

Allungò la mano tentando di mettere ordine nella sua mente, sperando<br />

che i ricordi di Quinn gli venissero in aiuto. Poi udì il click di un pulsante,<br />

ed al suo sguardo meravigliato comparve un fascio luminoso di color rosso<br />

profondo al centro esatto della sfera. Le sue dita si serrarono su una<br />

manopola zigrinata e la fecero ruotare con delicatezza. Dal fascio luminoso<br />

si distaccò un raggio incandescente color azzurro che, prima oscillò, poi<br />

divenne una lunga spirale, che attraversò le linee di forza secondo un<br />

angolo obliquo.<br />

Noi dovremmo seguire le linee di forza, pensò Whitley.<br />

17


Le sue dita si posarono su un altro verniero, lo fecero ruotare con<br />

attenzione ed il fascio di luce rossa si spostò improvvisamente dalla<br />

posizione centrale. Lo spostamento era molto simile alle linee di Moto<br />

Vero del radar. Sperò, con tutte le sue forze, che i ricordi di Quinn fossero<br />

meno vaghi e tentò di riportare al centro della sfera il fascio luminoso. È<br />

questa la manopola, pensò. Dovrebbe esserci scritto: COMPENSAZIONE<br />

DI DERIVA...<br />

– Signor Quinn! – esclamò il Comandante. – Siamo qui aspettando che<br />

smettiate di gingillarvi con quelle manopole e vernieri tridimensionali.<br />

E dove è il MODIFICATORE DI GAUSS? si domandò Whitley.<br />

– Signor Malleson! – la voce del Comandante era aspra e indignata. – Vi<br />

prego di allontanare quell'ubriacone dalla carta nautica e di tracciare la<br />

traiettoria!<br />

Whitley si allontanò rapidamente. Fu un po' sollevato notando che<br />

nessuno si preoccupava di buttarlo fuori dalla Sala Comando. Osservò il<br />

viso intelligente del Primo Ufficiale impegnato a manovrare le varie<br />

manopole e vide che nella sfera era comparso ancora il filamento azzurro<br />

che, insieme a quello rosso, si dirigeva rapidamente verso l'interno del<br />

globo, per fermarsi a breve distanza da una stella lucente.<br />

Grant, il Comandante, si sprofondò nella sua poltrona, agganciò la<br />

cintura di sicurezza subito imitato dagli altri ufficiali. Whitley notò una<br />

sedia vuota, si avvicinò ad essa e si lasciò cadere pesantemente. Nessuno<br />

pareva dare importanza alla sua presenza, era completamente ignorato da<br />

tutti, per cui si sentì libero di osservare ciò che accadeva.<br />

– Staccare il giroscopio principale! – ordinò Grant.<br />

– Staccare il giroscopio principale! – ripeté Saunders.<br />

– Freno. Controllare la reazione dei motori ausiliari.<br />

– Freno. Controllare la reazione dei motori ausiliari.<br />

Il Terzo Ufficiale manovrava i controlli di fronte alla sua sedia.<br />

Il sibilo della grande ruota diminuì, divenne una specie di ronzìo e poi<br />

cessò completamente.<br />

– Pronti per i generatori Ehrenhaft. Polarità azzurra.<br />

– Pronti i GE. Azzurra! – ripeté Halley.<br />

Si udì di nuovo un sibilo, simile a quello del giroscopio ora silenzioso,<br />

ma molto più acuto e con un battito ritmico. Sul pannello dei comandi di<br />

fronte alla poltrona del Comandante comparve un lieve tremolio. Sul<br />

pannello c'era una immagine translucente della astronave, una specie di<br />

fuso di materia plastica trasparente o di cristallo. Dalla sua estremità<br />

18


inferiore comparve una strana luce azzurra che si diresse verso l'interno<br />

della nave spaziale.<br />

– Pronti a mettere in moto i giroscopi ausiliari! – gridò Grant.<br />

– Pronti per i GA, – ripeté nervoso Saunders.<br />

– Via!<br />

Si udì il gemito dei piccoli giroscopi e Whitley si sentì comprimere<br />

contro la sedia dalla forza centrifuga. Attraverso gli oblò osservò le infinite<br />

stelle disperse e si domandò verso quale di esse si sarebbe diretta<br />

l'astronave.<br />

– Fermare i giroscopi ausiliari! – Ordinò Grant. – Controllare l'assetto.<br />

– Assetto controllato, signore!<br />

– In moto il giroscopio principale! Forza!<br />

– Giroscopio principale in moto!<br />

– Mettere al massimo i generatori Ehrenhaft... capito? Al massimo...<br />

– Sono al massimo, Comandante!<br />

All'improvviso l'immagine della astronave sul pannello controllo del<br />

Comandante fu illuminata da una intensa luce azzurra. Lo sguardo di<br />

Whitley si fissò sulla carta nautica e vide che dal filamento azzurro che<br />

rappresentava la traiettoria della Lode Maiden stava sprigionandosi una<br />

fiamma azzurrognola.<br />

6.<br />

– Vi posso assicurare, Comandante – disse il dottor Kennedy – che il<br />

Secondo Ufficiale non è intossicato. È stato vittima di un attacco di mal di<br />

spazio mentre cercava di rassicurare i passeggeri, e la signorina Starr lo ha<br />

portato in infermeria dove gli abbiamo somministrato una dose di cognac<br />

medicinale.<br />

– Mal di spazio! – ghignò il Comandante. – S'è mai sentito dire di un<br />

astronauta che soffra il mal di spazio?<br />

– Certo! – esclamò Kennedy. – Certo. Ne avete sentito parlare anche voi,<br />

ed io, ed anche Quinn. Moltissimi spaziali, specialmente dopo una lunga<br />

permanenza a terra, nella loro prima caduta libera sono colpiti da mal di<br />

spazio.<br />

– D'accordo – rispose Grant. – Ma dopo una lunga permanenza a terra.<br />

– Possono inoltre aver influito le fluttuazioni del campo magnetico<br />

nell'interno dell'astronave.<br />

19


– Sono arcistufo di sentir ripetere queste storie. Nessuno dell'equipaggio<br />

ne ha risentito.<br />

– Un passeggero, comandante. Anzi una passeggera.<br />

– Davvero? E chi sarebbe questa tale?<br />

– La signorina Kent.<br />

– Già, la signorina Kent. E chi poteva essere altrimenti?<br />

Whitley si sentì a disagio sulla sedia a cui era legato dalla cintura di<br />

sicurezza, ed osservò il Comandante ed il dottore che stavano discutendo<br />

del suo caso. Il dottore, ero ovvio, lo considerava malato, un ammalato<br />

piuttosto interessante. Il Comandante invece lo giudicava più o meno un<br />

ribelle. Secondo Grant, egli s'era dimostrato incapace di assolvere ai suoi<br />

compiti, con l'aggravante del caso d'emergenza.<br />

Aveva voglia di alzarsi dalla sedia e gridare a tutti: «Egregi signori, se<br />

ancora non lo sapete vi dirò che il mio nome non è Quinn, ma Whitley, e<br />

non sono affatto uno spaziale, ma un marinaio. Voi e questa vostra<br />

maledetta astronave non siete che un parto della mia fantasia, e sapevo fin<br />

da prima in quale situazione vi sareste trovati!<br />

Ma se avesse gridato questo, cosa sarebbe successo?<br />

Forse il sogno poteva prendere una svolta ancor più pericolosa,<br />

disastrosa. Forse avrebbe corso il rischio di essere segregato come un<br />

pazzo, un maniaco...<br />

No, non era proprio il caso di correre un rischio del genere.<br />

– È questa sua forma di amnesia che mi impensierisce – commentò il<br />

dottore.<br />

Impensierisce anche me, disse Whitley nella sua mente. Dannazione,<br />

questo è il mio romanzo! Ed ho scritto tante volte di spaziali che dovevano<br />

tracciare una traiettoria, che sarei capace di tracciarla anch'io.<br />

– Forse si tratta di una conseguenza – osservò Grant. – Una conseguenza<br />

della pericolosa situazione in cui ci siamo trovati.<br />

– Non condivido le vostre idee – rispose Kennedy. – In situazioni del<br />

genere, l'amnesia è quasi assoluta. La vittima dimentica il suo nome,<br />

dimentica tutto di se stesso. Invece Quinn sa benissimo di essere il<br />

Secondo Ufficiale di questa astronave. Egli ha, voi stesso me lo avete<br />

detto, una idea piuttosto confusa dei suoi doveri.<br />

– Non credete piuttosto che si tratti di una forma di regresso nel Tempo?<br />

– domandò Grant, – Forse la sua mente è ritornata al tempo in cui era un<br />

semplice Allievo...<br />

– Si sono verificati casi del genere – rispose Kennedy poco convinto. –<br />

20


Ma mai a bordo di astronavi come la nostra. Sono successe cose<br />

stranissime a bordo delle nuove navi interstellari Mannschenn, quelle<br />

chiamate Veicoli del Tempo, ma secondo me il principio su cui si basa il<br />

loro moto è una precessione temporale...<br />

Togli le tue sporche mani da ladro dal mio lavoro! pensò Whitley con<br />

indignazione.<br />

– E allora, dottore, cosa pensate di fare? – domandò Grant.<br />

– Francamente non lo so. Sono un dottore spaziale, non uno psichiatra.<br />

Se il Comitato dei Trasporti Interstellari ci fornisse gli apparecchi adatti,<br />

potrei tentare...<br />

– Lo so, ma finora non ci hanno dato nulla. Provate a insistere quando<br />

ritorneremo.<br />

– Se riusciremo a tornare! – osservò Kennedy con pessimismo.<br />

– D'accordo, se. – Grant si rivolse a Whitley. – E voi, signor Quinn, vi<br />

sentite in grado di fare il vostro turno di guardia?<br />

– Io... non lo so, Comandante.<br />

– Non lo so. In momenti come questo, quando è assolutamente<br />

necessario poter disporre di tutto il personale, avete la faccia di bronzo di<br />

rispondermi NON LO SO! Penso che la cosa migliore per voi sia restare<br />

agli arresti nella vostra cabina.<br />

– Scusatemi, Comandante – intervenne Kennedy. – Non credo che sia la<br />

soluzione migliore. In questo modo il signor Quinn non riuscirà mai a<br />

ricuperare la sua memoria. Se invece fa regolarmente i suoi turni di<br />

guardia, insieme ai suoi colleghi, è molto probabile che riesca a ricordare...<br />

– Di che utilità sarebbe in Sala Comando se si verificasse un altro caso<br />

di emergenza? Non ricorda nulla!<br />

– Potrebbe fare il suo turno di guardia insieme al Quarto Ufficiale.<br />

– E lasciando l'altro turno di guardia senza un ufficiale subalterno?<br />

– Potreste assegnarvi l'Allievo più anziano.<br />

Grant sorrise. – Dottore, queste decisioni non rientrano nei vostri<br />

compiti. L'organizzazione della nave e dei vari servizi è di mia pertinenza,<br />

non del medico di bordo.<br />

– Non sono d'accordo con voi, Comandante. Quinn è un mio ammalato e<br />

può anche darsi che il turno di guardia costituisca un'ottima medicina.<br />

– È la prima volta in vita mia che sento definire così un turno di guardia<br />

– intervenne Whitley, ricordando le terribili seconde comandate in mezzo<br />

all'Atlantico e in pieno inverno. 1<br />

1 Seconda comandata: turno di guardia a bordo delle navi che va dalla mezzanotte<br />

21


– A quanto pare, ascoltate con interesse i nostri discorsi, signor Quinn –<br />

osservò il Comandante.<br />

– Certo.<br />

– Benissimo. In questo caso, trovatevi in Sala Comando alle 23,59 esatte<br />

per fare il vostro turno di guardia. Darò ordine al signor Malleson di<br />

disporre che Halley faccia la guardia con voi dalla mezzanotte alle quattro.<br />

– Signorsì.<br />

– Peter – disse il dottore. – Penso sia meglio che vi fermiate qui fino al<br />

momento in cui dovrete montare di guardia. Vi darò un sedativo.<br />

– Non vi sembra che sia già abbastanza drogato? – domandò il<br />

Comandante con voce sgarbata.<br />

– È meglio che si stenda i nervi. Vi assicuro che a mezzanotte sarà in<br />

gambissima.<br />

– Speriamolo. Per il suo bene. In ogni modo, non lo perderò d'occhio. –<br />

Il Comandante ebbe una pausa e i lineamenti del suo viso si distesero. –<br />

Buona notte, signor Quinn – disse poi.<br />

– Buona notte, Comandante.<br />

– Buona notte, Peter – disse il dottore – e non si preoccupi.<br />

– Non mi preoccupo affatto – mentì Whitley.<br />

La ragazza aprì piano la porta ed entrò con grazia nella cabina. Si<br />

avvicinò a Whitley e gli porse una piccola scatoletta. – Ecco, il sedativo.<br />

– Siediti, Leonora. Fammi compagnia.<br />

– Prima però prendi queste pillole, ti faranno bene.<br />

– Cosa sono?<br />

– Che t'importa?<br />

Whitley inghiottì le pillole ed osservò Leonora seduta nella sedia mentre<br />

s'aggiustava la cintura di sicurezza. Assomiglia molto a Jane pensò, ma<br />

non potrebbe essere diversamente. Tutte le mie eroine sono...<br />

Con un po' di difficoltà la ragazza prese un pacchetto di sigarette dal<br />

taschino della sua camicetta e lo porse a Whitley. – Vuoi una, Peter?<br />

– Grazie, volentieri.<br />

Osservò la scrittura sul pacchetto. La marca era CARIBS. Mai sentita<br />

nominare, pensò fra sé. Tenne il piccolo cilindro nella mano e vide che ad<br />

una estremità era macchiato di rosso. Forse era un nuovo tipo di filtro. Poi,<br />

lasciandosi dirigere dai ricordi di Quinn, infilò l'altra estremità della<br />

sigaretta fra le labbra, imitato dalla infermiera.<br />

alle quattro della mattina (N.d.T.).<br />

22


Questa, pensò, era la prima volta che fumava da quando aveva avuto<br />

inizio quello strano ed assurdo sogno. Ma l'acido nicotinico non<br />

neutralizzava gli effetti dell'acido lisergico? Fumando una sigaretta non si<br />

assorbiva acido nicotinico? Be', in questo caso, pazienza. Era<br />

perfettamente sicuro che il Comandante Grant, il parto della sua<br />

immaginazione, sarebbe stato contentissimo di liberarsi di lui...<br />

Aspirò, e la sigaretta si accese. Il fumo era dolce, buono. Era molto<br />

simile a quello di un sigaro, con una leggera sensazione di intossicazione.<br />

In ogni modo, concluse Whitley, lo spettacolo di una bella donna<br />

osservato attraverso un velo di fumo, ti intossica sempre... Come si<br />

chiamava quella vecchia canzone? Due sigarette nel buio? Forse, due<br />

sigarette, e basta. Luce o buio, non fa differenza. L'amico fumo ha sempre<br />

il significato di un vecchio rito, come affermavano i Vecchi Indiani<br />

Pellerossa.<br />

– Ma tu chi sei? – domandò la donna.<br />

– Dovresti saperlo, Leo – rispose Whitley.<br />

– Forse avrei dovuto chiederti: Tu, cosa sei? – Lo osservò. – Sei<br />

abbastanza umano, ma non sei... – I suoi lineamenti si contrassero e<br />

Whitley ebbe l'impressione che stesse per piangere.<br />

– Mi chiamo Quinn – rispose – Peter Quinn. Non ti ricordi? Non ricordi<br />

quel weekend che trascorremmo alle Isole del Piacere?<br />

– Sì che ricordo – rispose con un filo di voce – e non solo quello.<br />

Ricordo tutte le volte che... – Le sue guance si soffusero di rosa. –<br />

Dannazione, se tu fossi veramente Peter, avresti già voluto vedermi<br />

sdraiata accanto a te su quella cuccetta!<br />

– Se vuoi... – mormorò.<br />

– No, no. In te c'è qualcosa di Peter, ma nei tuoi occhi c'è una strana<br />

espressione. Ti ho osservato quando eri nel salone e ti sei compromesso.<br />

Poi volevo chiederti qualcosa quando andammo in infermeria ma entrò il<br />

dottore...<br />

– Kennedy non si è affatto messo in testa tante fantasticherie sul mio<br />

conto – disse Whitley, con voce dura.<br />

– Già, ma lui non è mai venuto a letto con te!<br />

– Hai un neo sulla coscia sinistra – mormorò Whitley come se un ricordo<br />

lo avesse improvvisamente afferrato. – E, quando dormi, russi...<br />

– Io non russo affatto! – rispose Leonora indignata. Aspirò a lungo il<br />

fumo della sigaretta. – Però Peter mi diceva che qualche volta russo...<br />

– Ero io che te lo dicevo – la corresse Whitley.<br />

23


– No, non basta. Questa tua amnesia ha qualcosa di strano. La<br />

navigazione dovrebbe essere una cosa semplicissima per te, e invece non<br />

sei capace di fare i calcoli più elementari. Conosci i miei ricordi, e quelli di<br />

Peter... eppure mi tratti come un'estranea... – Lo fissò negli occhi. – Chi<br />

sei?<br />

Whitley tentò di lottare contro la improvvisa sonnolenza che stava<br />

impadronendosi di lui. – Anche se te lo dicessi, non mi crederesti... –<br />

mormorò lentamente.<br />

– Non è vero, forse potrei crederti. In te, c'è moltissimo di Peter...<br />

– E in te c'è moltissimo di Jane.<br />

– Jane? – domandò Leonora, sospettosa.<br />

– Sì, Jane. Un'altra donna, alta, snella, molto simile a te. Ma molto prima<br />

di te, moltissimo prima...<br />

– Lascia perdere questa Jane. È di te che mi preoccupo.<br />

– C'era una volta – disse Whitley con voce sonnacchiosa tentando con<br />

fatica di tenere gli occhi aperti – uno scrittorucolo, un ex marinaio che si<br />

guadagnava la vita scrivendo romanzi che, a quel tempo, venivano detti di<br />

fantascienza. Noi, scrittori di fantascienza, ci cullavamo nella beata<br />

illusione di essere simili a profeti. Alcune nostre previsione erano<br />

indubbiamente buone, altre no. Dunque... dove ero rimasto? Ah... questo<br />

scrittorucolo si chiamava George Whitley, e viveva nel Ventesimo Secolo,<br />

all'inizio dei Viaggi <strong>Spaziali</strong>. In orbita intorno alla Terra giravano strani<br />

satelliti ed erano stati lanciati razzi verso la Luna e Venere. Inoltre, negli<br />

strati privi di atmosfera, erano stati lanciati cani, e povere scimmie, la<br />

maggior parte dei quali, ritornò sana e salva. Ma noi, i così detti profeti,<br />

eravamo piuttosto propensi a deridere questi esperimenti. Noi avevamo già<br />

inviato le nostre astronavi spaziali di carta nelle infinite profondità del<br />

Sistema Solare, usando ogni sorta di mezzi propulsori, deformazioni dello<br />

spazio, meccanismi che sfruttavano il Tempo ed altri simili, e quel<br />

particolare scrittorucolo, che sarei io, aveva studiato un mezzo di<br />

propulsione che aveva battezzato «Spinta Ehrenhaft». Poiché aveva una<br />

mentalità morbosa, come molti appartenenti alla sua razza, si interessava<br />

molto più di ciò che sarebbe successo se il volo fosse fallito che non del<br />

suo buon esito. – Ebbe un attimo di esitazione. – Questo mi fa venire in<br />

mente che non dovremmo fumare. I nostri ghiotti motori diesel devono<br />

disporre di ogni molecola d'ossigeno.<br />

– Una sigaretta non cambierà nulla – osservò Leonora.<br />

– Già, ma se tutti ragionassero così...<br />

24


– Va bene, va bene. – Gli tolse la sigaretta di mano, e insieme alla sua la<br />

gettò nel recipiente dei rifiuti. – Continua il tuo racconto.<br />

Quella maledetta droga che mi hanno somministrato mi ha sciolto la<br />

lingua, pensò Whitley. Dopo qualche secondo, riprese il suo racconto. – Il<br />

Ventesimo Secolo fu anche testimone della comparsa delle Droghe<br />

Meravigliose. Droghe che servivano ad eccitarti e a calmarti. Un dottore<br />

mio amico mi pregò di fargli da cavia, per sperimentare una di queste<br />

droghe che, secondo lui, doveva generare allucinazioni. Questa droga<br />

aveva la proprietà di mettere in contatto la persona con La Mente della<br />

Razza con il suo subconscio, e cose del genere. Secondo un noto scrittore<br />

del tempo, il quale fu uno dei primissimi a sperimentarla, la droga aveva<br />

anche lo strano effetto di regolare la valvola del cervello, consentendo alla<br />

mente di entrare in contatto con l'Universo Cosmico...<br />

– E allora?<br />

Whitley si sentì oppresso da una grande stanchezza. – E allora... –<br />

mormorò.<br />

Osservò i contorni oscillanti e instabili della donna che gli stava accanto<br />

e ricordò la ragazza seduta nella sedia dello studio del dottore Ferris, i suoi<br />

piedi scalzi... proprio come quelli di Leonora. È proprio così, pensò. Qui<br />

sono giunto e da qui uscirò.<br />

Chiuse gli occhi ed ebbe la certezza che, nel riaprirli, si sarebbe trovato<br />

nel suo Tempo, circondato da tutto ciò che conosceva benissimo. Sentì due<br />

morbide labbra che si posavano sulla sua bocca, ed il seno fermo della<br />

donna che sfiorava la sua spalla. Meno male, pensò, anche questo sciocco<br />

sogno ha qualcosa di buono che mi compensa di tante tristezze...<br />

Quando s'accese la luce, si svegliò di soprassalto. Ascoltò la voce nota<br />

dell'Allievo in uniforme che era accanto a lui e che diceva: – Signor<br />

Quinn, il Comandante vorrebbe vedervi prima del turno di guardia. Vi<br />

aspetta nella sua cabina.<br />

7.<br />

– Come vi sentite, signor Quinn? – domandò il Comandante Grant.<br />

– Non male – rispose prudentemente Whitley.<br />

– Non male? È una risposta che non mi soddisfa affatto, signor Quinn.<br />

Ho parlato a lungo con il dottor Kennedy e la signorina Starr e mi sono<br />

25


alquanto meravigliato notando che l'infermiera vi conosce molto meglio di<br />

qualunque altra persona a bordo... Mi hanno entrambi assicurato che, con<br />

il tempo, guarirete di questa forma di amnesia che vi ha... sommerso. Ci<br />

vuole tempo, ma forse ne avremo assai poco a nostra disposizione. O<br />

forse, troppo. Tutto dipende da che pianeti incontreremo in orbita intorno<br />

alla stella verso la quale stiamo dirigendoci. Se avremo la fortuna di<br />

incontrare un pianeta del tipo Terra, tenteremo l'atterraggio, sperando che<br />

qualche astronave addetta alla ricerca riesca ad individuare la boa che<br />

lasceremo in orbita. Se invece non riusciremo a trovare nulla... In ogni<br />

modo, il signor Halley farà il turno di guardia con voi e vi prego di<br />

considerarlo come un vostro superiore fino a quando il sottoscritto ed il<br />

dottor Kennedy avremo modo di constatare che potrete eseguire i vostri<br />

compiti in modo soddisfacente. Spero che questo giorno non sia molto<br />

lontano... In caso di atterraggio, dovremo fondare un accampamento che<br />

potrà essere l'inizio di una nuova colonia, ed avremo la assoluta necessità<br />

di disporre della massima collaborazione di tutto il personale... – Un<br />

sorriso addolcì lo sguardo severo del Comandante. – Vi prego quindi,<br />

signor Quinn, di cercare di ricordare. Il signor Halley vi mostrerà tutto<br />

quanto. Vorrei anche pregarvi di una cosa. Durante il vostro turno di<br />

guardia, dimenticate il vostro brevetto di Perito Astronautico: fatevi<br />

prestare i libri degli Allievi e ricominciate a studiarli con buona volontà.<br />

Cominciate dall'inizio, se lo riterrete necessario; sono più che certo che<br />

riuscirete a ricordare tutto.<br />

– Me lo auguro di cuore, signore – rispose Whitley.<br />

So che ci riuscirò, pensò George. Ci riuscirò e ricorderò tutto appena<br />

ritornerà Quinn. E spero che non tardi molto a venire. Non che questo<br />

abbia molta importanza, tanto è tutto un sogno. Ma chissà se si muore<br />

veramente, quando si muore in sogno... chissà se alla morte nel sogno<br />

corrisponde quella nella vita reale... Ricordò l'assurda storia dell'uomo che<br />

aveva sognato la Rivoluzione francese e che era stato colto da un infarto<br />

quando la lama della ghigliottina gli aveva sfiorato il collo...<br />

– Non ho altro da dirvi, signor Quinn.<br />

– Grazie, Comandante.<br />

Whitley lasciò il vasto locale che era ciò che nel suo tempo era una<br />

cabina di nave. Gli risultava familiare, proprio perché è difficile che si<br />

possano modificare le caratteristiche funzionali di un ambiente quando<br />

sono concepite con razionalità. Nei mobili, negli apparecchi c'era un<br />

aspetto di novità, non molto, però. Ad esempio, sulla scrivania di Grant<br />

26


c'era un cubo nel quale era racchiusa la immagine di una donna<br />

affascinante, una rappresentazione così fedele che sembrava d'avere<br />

davanti agli occhi la figura della donna viva. C'erano inoltre moltissimi<br />

schermi, simili a televisori. Uno di questi era acceso e Whitley vi vide<br />

l'immagine dello scafo dell'astronave, uno strano cono di metallo lucente<br />

che sembrava galleggiare nel nulla. Invece dei soliti e convenzionali<br />

orologi, Witley aveva notato molti barometri aneroidi e diversi termometri,<br />

sui quali la pressione era registrata in libbre e non in pollici o millibars.<br />

Aveva osservato anche un quadrante che indicava il contenuto di anidride<br />

carbonica dell'atmosfera.<br />

Whitley uscì dalla cabina del Comandante lasciandosi trascinare dai<br />

ricordi di Quinn verso la Sala Comando. Trovò Saunders, come al solito<br />

nel massimo disordine, che stava finendo di passare le consegne a Halley.<br />

– Ecco! – gridò l'ufficiale con irritante giovialità. – Sta entrando il nostro<br />

brillante Secondo Ufficiale con passo di danza e canti. Ma è proprio il<br />

Secondo? Non è forse qualche mostro proveniente dalle immensità dello<br />

spazio e del tempo che si è impadronito del suo corpo e che ucciderà tutte<br />

le donne e aggredirà tutti gli uomini?<br />

– Quando la smetterai di dire sciocchezze... – lo interruppe Halley<br />

nervoso.<br />

– Vorrei sapere chi comanda questa gang di pirati della Galassia, tu o il<br />

qui presente signor Quinn? – proseguì Saunders in falsetto.<br />

Whitley si avvicinò alla caraffa del caffè e si versò una tazza della<br />

bevanda nera e bollente. Poi prese una tazzina più piccola e versò lo<br />

zucchero liquido in quella più grande. Le sue mani erano ferme, sicure,<br />

come se questa operazione fosse per lui una cosa più che normale.. Mi<br />

sono versato del caffè centomila volte pensò Quinn, o Whitley. Si portò la<br />

tazza alle labbra e bevve con soddisfazione. Il caffè era buono.<br />

– Mi diverto sempre un mondo a vederti bere il caffè! – disse Saunders.<br />

– Mi sembra di assistere alla scena madre del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, la<br />

stessa scena, ogni mezzanotte. Non appena ingerisci la potente droga,<br />

diventi quasi umano.<br />

Whitley sedette su una sedia e, con una lieve ombra di risentimento,<br />

notò che Halley si era già piazzato sulla poltrona dell'ufficiale di guardia<br />

più anziano. Non me ne importa niente, disse a se stesso, a queste<br />

faccende ci penserà Quinn al suo ritorno. Si sentì afferrare da un brivido<br />

improvviso... Se ritornerà.<br />

La mente di Whitley andò agli infelici che trascorrono i loro giorni nei<br />

27


manicomi, convinti di essere Napoleone. Cercò di cacciare questa triste<br />

idea dalla sua mente.<br />

– Ho passato le consegne al giovane Tim – disse Saunders. – Nulla in<br />

contrario?<br />

– Nulla, Bill.<br />

– Perfetto, allora. Adesso vado a mettermi in posizione orizzontale o<br />

nella illusione di essere orizzontale, e, se la mia fantasia mi aiuta, penserò<br />

di fumare una profumata sigaretta. È possibile che nessuno sappia dove<br />

andremo a finire a bordo di questa misera carretta? – aggiunse poi in<br />

dialetto Cockney.<br />

– Vorrei proprio – lo interruppe Halley – che tu ti decidessi: o parli<br />

sempre Cockney, o te lo dimentichi. Meglio l'ultima soluzione. C'è già<br />

abbastanza confusione e baccano.<br />

– Sissignore, egregio collega, sissignore.<br />

– Il fatto che tu trascorra le tue licenze insieme a guitti teatrali e roba del<br />

genere, non t'autorizza affatto ad infliggerci la penitenza di dover ascoltare<br />

le tue bestemmie in dialetto...<br />

– Un giorno mi sarai riconoscente, – ghignò Saunders. – Quando<br />

organizzeremo la nuova Colonia, dovremo costruire un teatro. E chi se ne<br />

occuperà?<br />

– Preferisco non rispondere.<br />

– Perché sei geloso. La gelosia, amico mio, è una delle croci che gli<br />

artisti, d'ogni categoria, debbono portare sulle loro spalle. Bè, adesso me<br />

ne vado in cuccetta. Dormire, forse sognare. Ah, questo è il problema...<br />

Già, questo è il problema, pensò Whitley. Specie se non sei affatto<br />

sicuro che stai sognando...<br />

Si lasciò cadere su una sedia ed osservò attraverso i grandi oblò. C'era<br />

una stella, una stella di un particolare bagliore, ma non era di prua. Perché<br />

mai dovrebbe essere di prua? Le linee di forza erano curve, come le rotte<br />

per il Circolo Massimo, e non linee rette. 2 I suoi occhi si fissarono sulla<br />

carta nautica. Il piccolo bagliore azzurro si era già notevolmente spostato<br />

lungo il filamento di luce rossa, e sembrava vibrare, una vibrazione lenta,<br />

irregolare... Si rivolse ad Halley: – Posso toccare questa cosa? – domandò.<br />

– Quale cosa?<br />

– La carta nautica.<br />

2 Circolo massimo – ciascuno dei circoli che sono determinati su una sfera per<br />

intersezione di un piano diametrale. Sulla Terra e sulla volta celeste, sono i meridiani<br />

e l'equatore (N.d.T.).<br />

28


– No. Poi dovrei tracciare di nuovo la traiettoria.<br />

– Vorrei appunto imparare a tracciare una traiettoria...<br />

– Imparerai in un'altra occasione – rispose il Quarto Ufficiale. – Non<br />

credo che questo sia il momento più opportuno.<br />

– Capisco, capisco.<br />

I due uomini caddero in un profondo silenzio. Poi un Allievo di cui<br />

Whitley ricordava il nome (questo è Jenkins!) entrò in Sala Comando e si<br />

presentò a Whitley con un saluto perfetto. – Nulla di nuovo dal giro di<br />

ispezione, signore.<br />

– È a me che devi fare rapporto – disse Halley.<br />

– Mi scusi, pensavo...<br />

– Tu non devi pensare – rispose Halley sgarbatamente.<br />

Odiosa faccia da burattino! pensò Whitley. – Cosa è quello strano<br />

modellino sul pannello di controllo? – domandò poi, volgendosi al Quarto<br />

Ufficiale. – Quello con la luce azzurra.<br />

– Signor Quinn – rispose Halley. – Il Comandante mi ha affidato questo<br />

turno di guardia. Sono l'ufficiale di guarda, non un maestro di scuola, né<br />

tanto meno uno psichiatra. E in ogni caso, mi riesce difficile pensare che<br />

un individuo in possesso di brevetto di Esperto in Astronautica possa<br />

ignorare gli elementi basilari dell'astronautica. – Ebbe un attimo di pausa,<br />

trasse un lungo sospiro e riprese a parlare rapidamente. – Dannazione,<br />

Quinn, so che sei spaventato, lo siamo tutti. Però ci rendiamo conto dei<br />

nostri doveri di ufficiali di questa astronave, ufficiali responsabili, e non<br />

tentiamo di scaricare le nostre responsabilità sulle spalle degli altri, come<br />

stai facendo tu. Cerchiamo di mantenere determinati standards,<br />

altrimenti... crolleremo. Tu hai tentato di ingannare il Comandante e il<br />

dottore, ma hai ingannato te stesso. Conosci benissimo il valore della vita<br />

ed a cosa serve. E anche se vuoi dare a intendere il contrario non ti servirà<br />

a un bel nulla. Potrai continuare a lungo questo scherzo. Riuscirai magari a<br />

fuggire a te stesso. Ma non riuscirai mai a fuggire all'astronave, questo è<br />

certo.<br />

Potrei farlo? si domandò Whitley.<br />

– Cerca di uscire da questa situazione, Quinn. Solo Dio sa se riusciremo<br />

a trovare la strada giusta per arrivare a qualche pianeta abitabile, ma<br />

credimi, qualunque pianeta riusciremo a trovare, non saranno certo rose e<br />

fiori. E non possiamo permetterci dei pesi morti...<br />

– Questo dunque pensi di me – disse Whitley.<br />

– Esattamente.<br />

29


– Capisco. Capisco benissimo.<br />

Ecco a cosa mi sono ridotto, pensò Whitley. E se Leonora crede alla<br />

mia storia, certo spera che io non riesca ad impadronirmi dei ricordi di<br />

Quinn, ma che Quinn ritorni al posto mio.<br />

Ma i ricordi di Leonora erano più vividi di quelli di Jane, e Whitley<br />

decise: Al diavolo tutto questo, non mi lascerò spaventare per così poco.<br />

Vedremo un po' come andrà a finire in questo dannato mondo.<br />

– Jenkins – stava dicendo Halley. – Fai un salto nella mia cabina e<br />

portami La Scienza Astronautica di Wibberley, parte prima e seconda, ed<br />

anche il volume Tecniche dello Spazio, di Clarke. – Il Quarto Ufficiale si<br />

volse a Whitley: – Forse preferiresti trastullarti con gli strumenti: ma non<br />

sarebbe male che prima ti rinfrescassi un po' le idee!<br />

8.<br />

Dal giorno in cui l'Uomo ha iniziato la sua lunga carriera di costruttore<br />

di navi e di navigatore vi è stata una lunga teoria di formidabili esploratori.<br />

C'è stato Cook e Bligh, Dampier e lo sfortunato Mattew Flinders. Abbiamo<br />

letto le imprese di Magellano, di Cristoforo Colombo e di Sebastiano<br />

Caboto. È incredibile ciò che questa gente è riuscita a fare con gli<br />

strumenti rudimentali di cui disponeva. Essi furono condizionati da questi<br />

strumenti, ma furono anche capaci di inventarne di nuovi, di perfezionarli,<br />

accelerando la marcia del progresso.<br />

Servendosi di una macchina del Tempo, ritorniamo ai giorni in cui<br />

Mattew Flinders studiava gli effetti delle strutture di acciaio della nave<br />

sull'ago della bussola. Prendiamo ora una moderna bussola magnetica con<br />

tutti i relativi accessori, il regolo di Flinders, le sfere di ferro dolce di Lord<br />

Kelvin ed i magneti permanenti trasversali e verticali, e potete essere certi<br />

che Flinders saprà apprezzare all'istante i progressi compiuti, nonché la<br />

differenza fra i nuovi ritrovati e quelli usati ai suoi tempi.<br />

Prendiamo una giro-bussola. Flinders ne comprenderebbe<br />

immediatamente il principio, e non nasconderebbe la sua delusione che la<br />

tecnologia di oggi non esistesse ai suoi tempi.<br />

Poi facciamo un altro viaggetto con la nostra macchina del Tempo e<br />

immaginiamo James Cook con un sestante moderno e un nuovissimo<br />

cronometro. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirgli a cosa servano<br />

questi strumenti, e come debbano essere usati. Lo stesso accadrebbe se<br />

30


consegnassimo all'eroico navigatore una copia delle effemeridi<br />

astronomiche o delle tavole di Navigazione. Non avremmo affatto bisogno<br />

di istruire il signor Cook sull'uso di questi libri!<br />

Ma potete anche dilatare le vostre ambizioni, e scomodare il Radar o le<br />

altre modernissime tecniche di navigazione elettronica o spaziale. Come<br />

nel caso della giro-bussola, Magellano, Colombo e Sebastiano Caboto,<br />

ignorando la complessa tecnologia dei nostri giorni, sarebbero propensi a<br />

considerare queste scoperte come il frutto di magia nera.<br />

Cook, Bligh e Flinders, nati in un'epoca in cui la radio era sconosciuta,<br />

non potrebbero comprendere i principi su cui si basa la moderna<br />

navigazione. Ma, se fossero forniti di una fonte d'energia, sarebbero certo<br />

in grado di servirsene: saprebbero infatti premere un pulsante con la stessa<br />

competenza dei navigatori moderni.<br />

Ma, essendo gli uomini che sono, non ne sarebbero certo felici. Si<br />

domanderebbero: Perché premendo il pulsante «A» si raggiunge il<br />

risultato «B»? Essi soffrirebbero le pene dell'inferno perché la scienza del<br />

loro tempo non è sufficientemente progredita per far loro comprendere i<br />

principi su cui si basano gli strumenti che usano.<br />

Lo stesso fatto, più o meno, accadeva a Whitley. I ricordi, quelli di<br />

Quinn, si rifiutavano ostinatamente di riaffluire alla sua mente, tranne che<br />

ad inutili e accecanti ondate che accrescevano ancor più la confusione<br />

della sua mente. Imparò ben presto quali pulsanti doveva premere in Sala<br />

Comando, ma la sua era una conoscenza pratica, senza alcun fondamento<br />

teorico. Ricordava le complicate tavole azimutali delle stelle che<br />

consentono a qualunque persona dotata di normale intelligenza, che<br />

disponga di un sestante e di un cronometro, di poter fare il punto della<br />

nave con sufficiente approssimazione, anche se le sue cognizioni di<br />

trigonometria sferica sono superficiali.<br />

Così Whitley, pur essendo capace di manovrare con relativa facilità le<br />

varie manopole e pulsanti, era tutt'altro che felice. Stava bluffando e ne<br />

aveva amara coscienza. Fino a quando non sorgesse una situazione<br />

d'emergenza, sarebbe stato capace di fare il suo turno di guardia, come tutti<br />

gli altri. Ufficialmente era in cura per l'amnesia che lo aveva afferrato, ma<br />

svolgeva regolarmente i suoi turni di guardia durante la seconda<br />

comandata. (Sapeva che il Vecchio non dormiva quando lui era in Sala<br />

Comando, ma questo, più che difenderlo, gli era come di conforto).<br />

Poi c'era il problema di Leonora.<br />

La donna gli piaceva, gli piaceva molto. Ma era afflitto dal timore di<br />

31


aver parlato troppo, con quei maledetti sedativi che l'avevano costretto ad<br />

ingurgitare. Non era sicuro che la donna potesse credere alla sua fantastica<br />

storia, però... Di una cosa sola era perfettamente sicuro: Leonora gli stava<br />

sempre dietro. Forse perché era tutt'ora fedele al suo vecchio amore, Peter<br />

Quinn, o forse perché aveva capito che un estraneo la guardava con gli<br />

occhi di Quinn, che un estraneo abitava nel corpo di Quinn. Forse sperava<br />

ancora che Quinn tornasse e che la «terapia occupazionale» potesse<br />

affrettare il suo ritorno.<br />

La cosa peggiore era che il ricordo della relazione tra Leonora e Quinn<br />

era l'unico veramente vivo nella sua mente, vivo e completo in ogni<br />

minimo dettaglio.<br />

Nel frattempo, giorno dopo giorno e con il trascorrere delle varie<br />

guardie, il piccolo puntino azzurro che rappresentava l'astronave si<br />

avvicinava sempre più alla fascia luminosa della sfera che costituiva la<br />

meta. L'atmosfera era pesante, talvolta irrespirabile, le razioni<br />

cominciavano a scarseggiare, ma era finalmente in vista la fine del viaggio.<br />

La gente non si rendeva conto che il viaggio poteva ancora terminare in un<br />

disastro. Non si rendeva conto che quella «meta» poteva essere solo una<br />

tappa nel viaggio, una breve pausa per deprimenti conclusioni.<br />

La Lode Maiden scivolava nelle immense vastità spaziali mentre<br />

Whitley, ancora prigioniero del suo sogno, cominciava a temere che non si<br />

trattasse di un sogno. Era troppo dettagliato, troppo preciso per essere solo<br />

un sogno. L'interno dell'astronave era inquinato dalle esalazioni dei gas di<br />

scarico dei diesel, e tutti erano oppressi da una continua, esasperante<br />

emicrania. Il desiderio di fumare stava diventando insopportabile. E le<br />

persone che conosceva per i ricordi di Quinn, ora cominciava a conoscerle<br />

con la sua stessa mente: molte volte, gli accadeva di provare simpatia per<br />

persone che a Quinn erano state antipatiche, e viceversa.<br />

L'unica eccezione era Leonora.<br />

9.<br />

Il pianeta, osservato di prua, sembrava un vasto continente ricoperto di<br />

neve, e spiccava nell'oscurità del cielo. Era lì, sospeso, enigmatico, senza<br />

contorni, e rifletteva l'aspra luce della stella intorno alla quale ruotava.<br />

Whitley penò a convincersi che l'astronave navigava intorno a quel globo<br />

velato di nuvole a più di quattro miglia al secondo. Non esistevano punti di<br />

32


iferimento. Se l'orbita fosse stata equatoriale, un elemento ci sarebbe<br />

stato, il limite dell'orbita stessa. Ma una astronave tipo Gauss è costretta a<br />

percorrere un'orbita secondo le linee di forza magnetica.<br />

Insieme agli ufficiali, Whitley aveva assistito al lancio dei razzi sonda. I<br />

missili erano penetrati nell'involucro atmosferico e si erano disintegrati.<br />

Ma la loro disintegrazione aveva solo rivelato la normale incandescenza<br />

generata dall'attrito; non era comparsa l'improvvisa fiammata accecante di<br />

energia che segnala la presenza di un pianeta anti-materia.<br />

Whitley aveva quindi esaminato l'analisi spettroscopica dell'atmosfera<br />

ed aveva notato che conteneva vapore, anidride carbonica, azoto ed anche<br />

ossigeno. La presenza di ossigeno poteva far supporre che sul pianeta<br />

esistesse una vita simile a quella di Terra, che le piante potessero crescervi<br />

e che la sua aria consentisse la vita animale.<br />

Impossibile però fare una esatta previsione. Impossibile rilevare i<br />

dettagli della superficie. E l'astronave era troppo distante per poter servirsi<br />

dell'impianto radar. Avevano trasmesso più volte il segnale radio Mayday<br />

su tutte le frequenze, ma non c'era stata alcuna risposta. Nulla,<br />

assolutamente nulla. Il ricevitore era rimasto assolutamente silenzioso. Era<br />

logico concludere che questo mondo non era colonizzato dall'uomo; su di<br />

esso non esisteva alcuna forma di vita intelligente o, se pur ve ne fosse,<br />

essa era molto lontana dall'era elettronica.<br />

Nonostante tutto, pensò Whitley, l'astronave aveva potuto manovrare<br />

brillantemente, senza alcun aiuto esterno. Queste astronavi disponevano di<br />

tutte le attrezzature necessarie ad affrontare le tempeste magnetiche.<br />

Avevano razzi sonda, apparecchi per l'analisi spettroscopica delle<br />

atmosfere planetarie e, su quelle di recente costruzione come la Lode<br />

Maiden, erano montati razzi per i voli d'emergenza, nel caso fosse stato<br />

troppo pericoloso o impossibile un atterraggio su un polo magnetico o<br />

nelle sue vicinanze. Anche sperdute nelle profondità dello spazio, scagliate<br />

dalle tempeste magnetiche a distanze di anni luce dalla loro traiettoria,<br />

queste astronavi ed i loro equipaggi avevano la possibilità di salvarsi, di<br />

fondare nuove colonie e, con un poco di fortuna, essere avvistate (dopo<br />

quanto tempo?) dalle astronavi ricerca del Servizio Cosmico di<br />

Salvataggio.<br />

Whitley si trovava in Sala Comando, ed era il suo turno di guardia. Sulle<br />

prime era stato afferrato da una leggera sensazione di panico, che però era<br />

subito svanita. Era perfettamente in grado di premere il pulsante adatto. In<br />

caso di necessità o di emergenza, sarebbe stato capace di eseguire la<br />

33


manovra migliore, pur non rendendosi conto del perché e del come della<br />

manovra. Era pur sempre il Secondo Ufficiale, in possesso del Brevetto di<br />

Esperto in Astronautica con specializzazione in volo Ehrenhaft, né più né<br />

meno degli altri ufficiali di bordo del suo stesso grado. Il dottore ed il<br />

Comandante erano oramai certi che la sua amnesia fosse completamente<br />

sparita.<br />

Per quanto riguardava Leonora... nella sua mente si affollarono tristi<br />

pensieri.<br />

Quando si sarebbero decisi il Comandante e Malleson a lanciare il terzo<br />

razzo sonda? Era quello più grosso e più costoso, munito di complete<br />

attrezzature telemetriche, e particolarmente adatto ad una discesa<br />

controllata attraverso un'atmosfera planetaria. Questo razzo, come gli altri,<br />

sarebbe stato lanciato dai tubi di lancio, gli stessi tubi di lancio che, ai<br />

tempi di Whitley, si trovavano sui sommergibili per i siluri. George<br />

immaginò la scena che sarebbe avvenuta nel compartimento volo a<br />

reazione, vide gli uomini che maneggiavano il lungo ed agile missile e lo<br />

introducevano nel tubo di lancio pronti a schiacciare il pulsante...<br />

I suoi sogni furono interrotti dalla voce di Halley che lo chiamava<br />

coll'intercom. – L'obiettivo si avvicina rapidamente. Coordinate 090° per<br />

045°.<br />

L'attenzione di Whitley si concentrò sullo schermo sferico del radar.<br />

Osservò il puntino incandescente e il percorso della sua traiettoria.<br />

Comprese perfettamente di cosa si trattava, un corpo in una orbita<br />

equatoriale che formava angoli retti con l'orbita della astronave. Ancor<br />

prima di essersi reso conto dei dettagli, premette il pulsante di «pronto»<br />

per il volo a reazione, e gridò a Saunders di fare la stessa manovra per il<br />

volo Ehrenhaft. Quanto tempo, pensò, impiegheranno i meccanici a<br />

mettere in moto i generatori, fermati per economizzare carburante, e<br />

quanto tempo passerà prima che siano pronti i tubi di lancio?<br />

– Chiudere le porte stagne! – ordinò con voce aspra. In lontananza udì il<br />

piccolo Morgan che ripeteva il suo ordine.<br />

Poi, subito dopo, squillarono le sirene di Allarme Generale.<br />

Non guardò lo schermo, ma il modello translucente dell'astronave, la<br />

materia plastica lattiginosa senza ombra di colore. Si mise in ascolto: udì<br />

solo il pulsare dei diesel, e attese di udire il caratteristico sibilo dei<br />

generatori Ehrenhaft che si mettevano in moto. Osservò la luce del volo<br />

sul pannello controllo, quella luce che era sempre rossa, e che sarebbe<br />

diventata verde solo quando i razzi sarebbero stati pronti per il lancio.<br />

34


Afferrò il telefono per dire a Grant di lanciare il razzo, dirigendolo contro<br />

il satellite o il meteorite per distruggerlo. Ma il rumore del cicalino del<br />

telefono avrebbe potuto distrarre coloro che si trovavano in camera di<br />

lancio, ritardando la manovra.<br />

Finalmente, nel fracasso dei diesel, udì il sibilo caratteristico dei<br />

generatori Ehrenhaft che si mettevano in moto. Sulla spia del pannello<br />

controllo notò una debole luce. – Produzione massima! – ordinò a<br />

Saunders.<br />

La risposta del Terzo Ufficiale fu soffocata dal fracasso dell'urto.<br />

Whitley ebbe l'impressione di trovarsi nell'interno di un tamburo,<br />

violentemente battuto. Il fragore si ripercosse dentro tutta l'astronave, poi<br />

si udirono scoppiettii, colpi sordi, tonfi profondi provocati dai pezzi che si<br />

distaccavano dallo scafo e sbattevano contro le lamiere. I campanelli di<br />

allarme squillarono come fossero improvvisamente impazziti. Quelli che si<br />

trovavano in Sala Comando furono violentemente sollevati dalle loro<br />

sedie, e le cinture di sicurezza penetrarono nelle loro carni facendoli urlare<br />

dal dolore.<br />

Tentando di controllare i movimenti della sua mano, Whitley premette<br />

con tutta la sua forza il pulsante principale di allarme. Sapeva benissimo<br />

che la situazione dell'astronave era quanto mai pericolosa. Ma non c'era<br />

bisogno che i campanelli facessero tutto quel baccano. L'astronave stava<br />

ora ruotando intorno al suo asse secondario e non lungo quello principale,<br />

ed ebbe la sensazione che la sedia sulla quale era bloccato dalla cintura di<br />

sicurezza, fosse lanciata da una potente mano verso il soffitto. Lo strappo<br />

della forza centrifuga era in tutto simile a quello della gravità, e<br />

minacciava di sganciarlo dalle ritenute che lo bloccavano per lanciarlo<br />

attraverso i grandi portelli, da cui poteva osservare la rapida successione di<br />

stelle contro il cielo oscuro e la luminosa superficie ricoperta di dense<br />

nuvole del pianeta sconosciuto.<br />

Finalmente i campanelli di allarme tacquero, e così i generatori<br />

Ehrenhaft, ma i diesel, quei magnifici e fedeli motori, proseguirono il loro<br />

ritmico pulsare continuando a generare energia elettrica. Poi si udì il<br />

ronzìo, dapprima flebile, poi sempre più accentuato con il passare dei<br />

secondi, dei giroscopi. Lo strappo della forza centrifuga diminuì e, dopo<br />

pochi attimi, sparì completamente. Dalla grossa sfera, che ora si presentava<br />

direttamente di prua all'astronave, si sprigionò una luce abbagliante che<br />

invase la Sala Comando.<br />

Si udì il gemere di un cicalino e Withley afferrò il ricevitore<br />

35


dell'intercom. – Sala Comando?... Parlo con la Sala Comando?... Qui è il<br />

Secondo Macchinista. Ho arrestato il moto rotativo... Vi prego di darmi<br />

istruzioni.<br />

– Qui Sala Comando – rispose Whitley – avete fatto benissimo. Come è<br />

la situazione a poppa?<br />

– Non... non so...<br />

– Avaria in Sala Moto Reazione! – esclamò improvvisa la voce di<br />

Saunders volutamente tranquilla. – Una falla... anche nella Sala dei<br />

generatori Ehrenhaft. Gravi perdite di atmosfera in questi compartimenti<br />

Negli altri, credo, tutto bene. Almeno, lo spero.<br />

– Chiamo le squadre di salvataggio? – domandò la voce di Halley.<br />

– Subito! – rispose Whitley.<br />

Ci sono tute nella Sala Macchine, pensò. E ce ne sono anche qui. Ma<br />

avranno il tempo dì indossarle? Ne dubito...<br />

Vide Halley ed il giovane Morgan che si arrampicavano lungo lo scafo<br />

corazzato ed effettuavano le manovre previste per la chiusura delle porte<br />

stagne, poi i due ufficiali scomparvero attraverso il portello principale.<br />

Chiamò Saunders. – Ascolta, Bill. Puoi benissimo aprire le porte stagne di<br />

tutti i compartimenti che hanno subito avarie. Oramai non ci servono più...<br />

– Credi forse... – rispose il Terzo Ufficiale – che il Vecchio e l'Ufficiale<br />

Capo...<br />

– Temo di sì. Immagino che vi saranno state perdite anche fra i<br />

passeggeri e fra i motoristi. Chiama l'infermiera, può darsi che il dottor<br />

Kennedy o la signorina Starr possano informarti.<br />

Decompressione esplosiva, pensò Whitley tentando di scacciare la<br />

nausea che lo afferrava alla gola. – Ecco cosa deve essere capitato a quelli<br />

che si trovavano a poppa. E gli altri... commozioni cerebrali, ossa<br />

spezzate, probabilmente. Ma non debbo pensare a queste cose. Come sta<br />

comportandosi l'astronave? In che razza di orbita ci ha gettato questa<br />

collisione? Ed io, cosa posso fare?<br />

Guardò attraverso i larghi portelli e gli parve che il globo scintillante,<br />

senza contorni, divenisse sempre più grande, sempre più minaccioso. Si<br />

sganciò la cintura di sicurezza e, avvicinandosi al grande schermo sferico<br />

del radar spaziale, ne manovrò i controlli. La superficie del pianeta era<br />

vicinissima, dal che si poteva concludere che l'orbita circolare si era<br />

trasformata in ellittica, sicura, ma poteva anche significare una serie di<br />

ellissi molto vicine una all'altra.<br />

– Poteva andar peggio – gli disse Saunders attraverso l'intercom. Cercò<br />

36


di imitare la voce di Kennedy, piuttosto dottorale ed enfatica: – Contusioni,<br />

abrasioni e lacerazioni. Nessuna frattura, semplice o composta.<br />

– Mah!<br />

Dobbiamo riprendere la navigazione, si disse Whitley. Se entriamo<br />

nell'atmosfera con questo assetto, le nostre possibilità di portare in salvo<br />

la pelle sono zero. Molto dipenderà dai motori Ehrenhaft, lo so benissimo.<br />

Se riusciremo ad utilizzarli, e non vedo alcuna ragione perché non<br />

debbano funzionare, la situazione non è poi così disperata. Altrimenti<br />

dovremo affidarci ai razzi, ma queste astronavi non sono costruite secondo<br />

i requisiti della aerodinamica.<br />

– Il Quarto Ufficiale all'intercom – disse Saunders.<br />

– D'accordo, Bill. Digli di parlare nell'altoparlante, si sente meglio.<br />

– Qui è il Quarto Ufficiale che parla. La Sala Motori Reazione e quella<br />

Ehrenhaft sono state perforate da frammenti metallici di un meteorite.<br />

Nessun sopravvissuto. Il Comandante, l'Ufficiale Capo, il Direttore di<br />

Macchina ed il Terzo Macchinista sono morti. – La voce dell'ufficiale era<br />

priva di tono, gelida. – I generatori Ehrenhaft sono fuori uso, ma è<br />

possibile servirsi dell'apparato a reazione. Il Secondo Direttore di<br />

macchina e gli Allievi si trovano nei compartimenti in avaria: hanno<br />

indossato le tute spaziali e cercano di riparare i danni. Datemi istruzioni,<br />

prego.<br />

– Il Quarto Ufficiale e l'Allievo Morgan si presentino in Sala Comando –<br />

rispose Whitley.<br />

10.<br />

Il Quarto Ufficiale ed il giovane Morgan entrarono in Sala Comando.<br />

Indossavano ancora i loro abiti normali, ma si erano messi gli elmetti. Il<br />

loro viso era pallido, la loro espressione spaventata. Hanno ben ragione di<br />

essere spaventati, pensò Whitley. Abbiamo tutti una paura matta.<br />

– Com'è la situazione? – domandò Whitley.<br />

– Ve l'ho già descritta, signor Quinn – rispose Halley. – Credo di non<br />

avere nulla da aggiungere.<br />

– E i passeggeri?<br />

– Non si può dire che siano eccessivamente felici... Ma il dottore e la<br />

signorina Starr stanno occupandosi di loro, aiutati dalla hostess e dal<br />

personale addetto. Considerata la situazione, sono certo che eseguiranno<br />

37


senza discutere gli ordini che noi... che voi darete.<br />

Così, hanno scaricato la responsabilità sulle mie spalle – commentò<br />

Whitley fra sé. Pazienza, mi sembra giusto. – Nessuno di voi ha mai<br />

tracciato la Rotta per i Razzi di Emergenza? – domandò quindi agli<br />

ufficiali.<br />

– Nossignore – rispose Saunders.<br />

– Io nemmeno – confermò Halley.<br />

Io non l'ho mai tracciata, pensò Whitley, e nemmeno Quinn. Comunque<br />

ho letto molti libri di testo: Clarke, Willy Ley e von Braun. Appartengo ad<br />

un'epoca in cui il razzo era ritenuto l'unico mezzo di trasporto possibile<br />

per andare da un punto «A» ad uno «B» nello spazio...<br />

– Come prima cosa – disse dopo un attimo di riflessione – dovremo<br />

vuotare questa carretta in modo da entrare nell'atmosfera con la poppa. A<br />

mio parere, dovremmo percorrere una serie di ellissi molto vicine,<br />

riducendo la nostra velocità di entrata mediante l'attrito atmosferico. È già<br />

una fortuna se potremo far questo, sapete molto bene entrambi che la<br />

nostra provvista di carburante non è eterna... Poi, quando saremo<br />

nell'atmosfera, dovremo usare i razzi di compensazione. Non so se il<br />

carburante di cui disponiamo potrà bastarci: in caso negativo abbiamo<br />

sempre i paracadute di emergenza. L'astronave è molto grande e pesante,<br />

ma tenteremo di sfruttarli al massimo. Avete qualche suggerimento da<br />

darmi?<br />

Nessuno rispose.<br />

– Allora orientiamo l'astronave e preparatevi a mettere in moto i<br />

giroscopi.<br />

– Ma nel locale giroscopi ci sono gli operai che stanno tentando di<br />

saldare delle piastre allo scafo – osservò Halley.<br />

– Le piastre possono aspettare – rispose brusco Withley.<br />

Il pianeta sconosciuto appariva enorme, una immensa sfera ricoperta di<br />

neve che spiccava sullo sfondo nero del cielo. L'astronave, dopo<br />

l'accostata, stava cadendo di poppa, con i reattori pronti a frenare, se<br />

necessario, la sua velocità di caduta. Whitley sperava di non dover usare<br />

molto presto i razzi; voleva fare la massima economia di carburante e<br />

mantenere il controllo dell'astronave fino al momento del suo atterraggio.<br />

Ma non restava altro che aspettare, attendere di percorrere le prime ellissi,<br />

fino al momento in cui l'attrito atmosferico avesse ridotto la velocità<br />

iniziale.<br />

38


Sì, non restava che attendere pazientemente, ed osservare lo spettacolo<br />

terrificante, ma non per questo meno bello. Il pianeta, osservato dalla Lode<br />

Maiden, appariva ora in tutta la sua spaventosa magnificenza. Una sua<br />

metà era di un biancore abbagliante, mentre l'altra era immersa<br />

nell'oscurità. Ma non era una oscurità completa, poiché, di tanto in tanto, le<br />

tempeste elettriche sprigionavano lampi incandescenti che attraversavano<br />

le nuvole ed illuminavano di una strana luce violetta la zona oscura,<br />

mettendo in rilievo i suoi strani contorni. Uno spettacolo affascinante.<br />

– Sigaretta?<br />

Whitley si voltò e vide che Leonora era entrata in Sala Comando. Fu<br />

contento di non essere più solo, felice della sua compagnia e sperò che gli<br />

ufficiali inviati nei compartimenti ad aiutare i meccanici non ritornassero<br />

subito.<br />

– Sigaretta? – domandò ancora la donna, porgendogli l'astuccio aperto.<br />

– Grazie. – Stese la mano, poi si arrestò. – Il divieto di fumare non è<br />

stato abrogato – disse con voce severa.<br />

– Non essere così sciocco, Peter! – esclamò la giovane donna. Ma è<br />

proprio Peter? – Non comportarti in questo modo ridicolo! Fra qualche<br />

istante potremo disporre in abbondanza di aria pura. Forse, ne avremo fin<br />

troppa!<br />

– Me lo auguro – commentò Whitley – e spero che ci daranno modo di<br />

goderne.<br />

– Ragione di più per goder subito le piccole gioie che la vita ci offre!<br />

Whitley prese una sigaretta, se la portò alle labbra ed aspirò con gioia il<br />

fumo acre. Guardò con la coda dell'occhio la ragazza che si era seduta<br />

nella sedia accanto alla sua e stava agganciandosi la cintura di sicurezza, e<br />

si rese conto della strana timidezza che gli impediva di guardare<br />

direttamente in viso la sua compagna. La conosceva troppo, attraverso i<br />

ricordi di Quinn. Ma era stato Quinn l'uomo con il quale essa aveva<br />

vissuto, Quinn che aveva goduto la grazia e la bellezza del suo corpo, il<br />

calore della loro passione. L'amante era stato Quinn; lui, Whitley, era un<br />

estraneo.<br />

Distolse lo sguardo dalla giovane per osservare attraverso il grande<br />

portello il misterioso pianeta che sembrava sospeso nella immensa e vuota<br />

oscurità. Ma i suoi occhi non videro nulla, il suo pensiero era rivolto<br />

altrove. Stava combattendo con se stesso, non sapeva se togliersi o meno la<br />

maschera che si era imposta. Lo aveva già fatto una volta, sotto l'effetto dei<br />

tranquillanti, ma non era affatto sicuro che Leonora fosse rimasta convinta<br />

39


del suo racconto. Desiderò ardentemente di essere creduto. Qualcosa nella<br />

donna che ora stava al suo fianco gli ricordava Jane, una rassomiglianza<br />

molto più profonda di quella fisica, una cosa che gli ispirava un gran senso<br />

di fiducia. Non pensò affatto d'essere prossimo a morire... È possibile<br />

morire in un sogno? Ma questo era davvero un sogno? No, non era affatto<br />

prossimo alla morte (quanti uomini, pensò, hanno fiducia nella vita anche<br />

nelle circostanze più disperate?), ma se avesse dovuto morire, voleva farlo<br />

per se stesso, e non per un essere immaginario appartenente ad un mondo<br />

di fantascienza...<br />

Iniziò senza alcun preambolo.<br />

– Il mio vero nome è Whitley, George Whitley, nato e vissuto durante il<br />

XX secolo. Immagino che Quinn sia un mio postero... la potenziale<br />

immortalità del germe, del protoplasma e tutte queste belle storie che<br />

certamente conosci. La continuità della vita...<br />

– Sciocchezze! – esclamò Leonora. – Grosse e stupide sciocchezze! –<br />

Ebbe un attimo di pausa e i suoi lineamenti delicati parvero contrarsi in<br />

una smorfia di dolore. – Non questo dovrei risponderti, perché so<br />

perfettamente che tu non sei Peter Quinn. Certo hai il suo corpo, molti dei<br />

suoi ricordi... – arrossì. – Sì, il suo corpo e molti dei suoi ricordi, ma non<br />

sei Peter. Hai fatto un sacco di chiacchiere quando prendesti quei<br />

tranquillanti. Quasi riuscivi a convincermi. Ma continua, ti prego, continua<br />

il tuo racconto.<br />

La osservò quasi non sapesse trovare le parole giuste – Non so davvero<br />

da che parte cominciare...<br />

– Mi sembra molto semplice. Anzitutto, chi sei? Cosa sei? Quando e da<br />

dove sei giunto? Come hai fatto ad arrivare fin qui?<br />

– Si tratta di una storia molto lunga – rispose Whitley, aspirando una<br />

profonda boccata di fumo. – Lunga e complicata. In parte perché sono, o<br />

ero, uno scrittore di fantascienza. Non credo che oggi esistano scrittori di<br />

fantascienza. Noi usavamo scrivere racconti sul futuro, deducendoli dagli<br />

avvenimenti correnti e dalle teorie. Astronavi e cose del genere. – Sorrise e<br />

poi proseguì con voce tranquilla: – Ma la mia professione non si limitava<br />

allo scrivere, ero anche un marinaio. Ufficiale di Marina imbarcato a bordo<br />

di un mercantile misto che navigava sugli oceani della Terra...<br />

– Affascinante! – esclamò Leonora. – Davvero affascinante! Navi,<br />

velieri, galeoni...<br />

– Non velieri, e nemmeno galeoni. Un mercantile molto modesto che<br />

assomigliava ad una scatola per sardine azionata da motori a combustione<br />

40


interna e da macchine a vapore. L'energia nucleare era ai suoi primi passi e<br />

cominciava ad avere pratica applicazione nelle turbine. Oh, dapprincipio<br />

era molto affascinante. Ma il fascino finiva molto presto. E il marinaio si<br />

cercava una occupazione a terra... – S'interruppe un attimo e parve<br />

riflettere.<br />

– Come credo di averti già detto, partecipai ad un esperimento con una<br />

delle droghe che provocano allucinazioni. Mentre la droga stava<br />

impossessandosi di me, il mio amico dottore che me l'aveva somministrata,<br />

andò in giardino a falciare l'erba e mi lasciò solo. Usava una falciatrice<br />

azionata da un piccolo motorino a combustione il cui rumore si fuse con il<br />

mio sogno e con il romanzo che stavo scrivendo in quei giorni. Mi parve<br />

che il suo ronzìo diventasse sempre più profondo, continuo, come quello<br />

dei diesel di emergenza. E così... – trasse un lungo sospiro. – Ma questo è<br />

un sogno?<br />

– Mi sembra d'essere abbastanza viva e reale! – rispose Leonora. – E<br />

così il pasticcio in cui ci troviamo. Ma c'è una cosa che non mi convince.<br />

Per essere un uomo di tanti secoli fa t'intendi un po' troppo d'astronautica.<br />

Esempi di trasferimento di personalità sono tutt'altro che rari, come tu sai<br />

benissimo, e penso che anche nella tua epoca si siano verificati numerosi<br />

casi. Nel nostro ultimo viaggio c'era un passeggero a bordo, un certo dottor<br />

Forbes del Rhine Institute, che stava compiendo studi su questi casi. Tenne<br />

una conferenza che riuscì quasi a convincermi. Allora. Ma se dovesse<br />

ripetere oggi ciò che disse... In ogni modo uno dei suoi principi era questo:<br />

quasi tutte le vittime si sentono completamente sperdute e sbalordite,<br />

quando si trovano in un nuovo ambiente.<br />

– Io però sono stato abbastanza fortunato – disse Whitley. – Non<br />

dimenticare che ho studiato astronautica, ho letto molti trattati, ed ho<br />

anche scritto sull'argomento. Non so se sia vero che gli scrittori di<br />

fantascienza sono in certo modo collegati con il Futuro, ma se fai caso che<br />

molte loro previsioni si sono avverate, questa teoria potrebbe essere non<br />

del tutto sballata. – Ebbe un attimo di pausa. – Ma potrebbe anche darsi<br />

che tutto questo non sia, in fin dei conti, che un sogno.<br />

Leonora si alzò dalla sedia e gli si avvicinò. Dal suo corpo emanava un<br />

profumo squisito. Profumi in un sogno? Mai sentito una cosa del genere.<br />

S'avvicinò a lui fino a sfiorarlo e la sua bocca si posò avida sulle sue<br />

labbra. C'era una selvaggia bramosia in quel suo bacio, e la sensazione gli<br />

era stranamente famigliare.<br />

– Non sei Peter Quinn, ma... – sussurrò la donna.<br />

41


– Ciò non toglie che questo possa essere un sogno, – disse, atono.<br />

– Al diavolo, Whitley! – esclamò Leonora, il viso rosso d'ira. – Possibile<br />

che nulla riesca a convincerti?<br />

– E che importanza ha?<br />

– Che importanza? Un'importanza enorme, per la vita dell'equipaggio e<br />

dei passeggeri di questa astronave. Pensa alle responsabilità che gravano<br />

sulle tue spalle. Devi fare in modo che l'atterraggio avvenga in modo<br />

perfetto. Forse anche Saunders o Halley ne sarebbero capaci, ma tutto fa<br />

prevedere che il mondo in cui ci troveremo sia coperto in massima parte da<br />

acqua. In questo caso, sei tu l'unico esperto, l'unico che possa affrontare la<br />

situazione con la speranza di riuscire. Tutto questo non è affatto un sogno.<br />

A te potrà sembrare così, ma noi la pensiamo diversamente. Pensa alle tue<br />

responsabilità, a quelle vere. Alzati e affrontale con coraggio e dignità!<br />

Improvvisamente, si udì un lungo e debole lamento. Forse era frutto<br />

della sua immaginazione, ma Whitley ebbe l'impressione che la<br />

temperatura nell'interno della Sala Comando fosse molto aumentata. Uno<br />

sguardo attraverso il grande portello: il pianeta all'esterno non era più una<br />

grossa sfera, bensì una enorme vasca sulla quale era sospesa, immobile,<br />

l'astronave.<br />

Whitley allontanò da sé la ragazza. Osservò il tempo esatto sul<br />

cronometro e la distanza dalla superficie del pianeta sullo schermo radar.<br />

Purtroppo, i ricordi di Quinn non poteva essergli di molto aiuto. In<br />

circostanze normali, si regolavano gli apparecchi di Gauss lungo le linee di<br />

forza e l'astronave si adagiava tranquillamente nella zona voluta. Whitley<br />

capì che avrebbe dovuto manovrare d'istinto, come avrebbe fatto anche<br />

Quinn se non fosse avvenuto il trasferimento di personalità.<br />

Poi, ad un tratto, il lacerante lamento cessò come d'incanto. L'astronave<br />

aveva fatto ritorno nel suo elemento. Sarebbero trascorse molte e molte ore<br />

prima di stabilire il contatto. Tuttavia, preferì chiamare in Sala Comando<br />

un Allievo, che potesse aiutarlo nella navigazione. Chiamò la Sala Motori<br />

e parlò con Saunders.<br />

– È stato il primo contatto, Bill – disse.<br />

– Non so, Peter. Ho sentito un sibilo, come se qualcosa fosse penetrato<br />

attraverso le falle dello scafo...<br />

– Vorrei che tu venissi in Sala Comando per aiutarmi nei calcoli.<br />

– Vengo subito.<br />

Whitley udì il click caratteristico del distacco del telefono dall'elmetto di<br />

Saunders ed attese l'arrivo del Terzo Ufficiale. Poi si voltò per parlare a<br />

42


Leonora, e vide che stava dirigendosi verso il portello.<br />

– Non dimenticare quanto ti ho detto – disse la donna. – Ora vado,<br />

perché anch'io ho le mie responsabilità. I passeggeri mi aspettano, e non<br />

posso abbandonarli.<br />

A Whitley spiacque stranamente che la ragazza lo abbandonasse.<br />

11.<br />

Whitley capì, quando l'astronave stava percorrendo la quarta ellissi che<br />

era giunto il momento. Gli strumenti avrebbero potuto confermarglielo, ma<br />

ne era talmente certo che non si peritò di controllare né di dare gli ordini<br />

necessari a Saunders ed Halley.<br />

Questa volta, il lamento lungo e triste prodotto dall'attrito non diminuì<br />

come aveva fatto in precedenza. Anzi, divenne ancor più penetrante, più<br />

simile ad un sibilo. Gli ufficiali sentivano l'astronave vibrare quando le<br />

molecole d'aria colpivano la superficie d'acciaio, solo in apparenza<br />

perfettamente liscia e limata. Oltre al radar, ora avevano messo in funzione<br />

anche il periscopio. Sullo schermo, Whitley non riuscì a vedere che una<br />

spessa e grande nuvola biancastra che avvolgeva la poppa. Di prua c'erano<br />

stelle, poche ma visibili. Whitley sentì un Allievo che diceva ad un<br />

collega: – Guardale bene queste stelle, amico: penso che sia l'ultima volte<br />

che potrai goderti lo spettacolo.<br />

Disfattista, pensò con rabbia Whitley. Il guaio è che forse ha ragione.<br />

Chissà se Cameron, sapendo la condizione in cui mi trovo, sarebbe<br />

disposto a pubblicare il mio necrologio nei suoi «Racconti delle Stelle»?<br />

Sarebbe simpatico, no? «Uno dei nostri più promettenti scrittori ha perso<br />

la vita mentre tentava di eseguire un atterraggio nella Galassia»...<br />

Improvvisamente, il cielo con le sue rade stelle si oscurò. Tutto ciò che<br />

si poteva scorgere dalla prua dell'astronave era una nebbia densa, ma non<br />

bianca, né grigia: dorata! Whitley sollevò la mano per tergersi il sudore<br />

che gli imperlava la fronte: l'aria nell'interno della Sala Comando era<br />

divenuta irrespirabile, calda e viscida. Guardò l'indicatore di velocità<br />

dell'aria, ma la lancetta era bloccata sullo zero. Guardò il radar. L'astronave<br />

doveva percorrere altri mille chilometri, ed il carburante chimico era agli<br />

sgoccioli. E ben presto avrebbero dovuto mettere in azione i razzi di<br />

frenata.<br />

La luce dorata diminuì velocemente e sparì. Ora regnava di nuovo<br />

43


l'oscurità, sovente solcata da fasci luminosi provenienti dal basso. Sarebbe<br />

stato meglio una oscurità assoluta, poiché i continui lampi rendevano<br />

ancor più difficoltosa l'osservazione. Poi Whitley individuò sullo schermo<br />

del periscopio una massa enorme ed ombreggiata, che si trovava un poco<br />

sulla sinistra della loro rotta. Forse era solo un parto della sua<br />

immaginazione, della sua mente stanca ed oppressa, forse era solo una<br />

nuvola. Ma gli si rizzarono le orecchie.<br />

Premette il pulsante dei razzi di caduta.<br />

Gli parve che il ponte di coperta dell'astronave si sollevasse. Si sentì<br />

trascinato da una forza violenta. Udì un rumore lontano, come d'acciaio<br />

che si spezza, mentre la fortissima decelerazione provocava il distacco<br />

dalle pareti dello scafo di bulloni e chiavarde. La nave non era stata<br />

costruita per sopportare uno sforzo così violento e continuo e la sua<br />

intelaiatura gemette come se fosse sul punto di spezzarsi.<br />

Inebetito, scosse più volte la testa. Dal suo naso scendeva copioso il<br />

sangue e in bocca provò un disgustoso sapore amaro e salato. I contorni gli<br />

parvero soffusi da una densa nebbia rossastra. Scosse di nuovo la testa. La<br />

nebbia si diradò, ma ebbe l'impressione che la sua vista fosse<br />

improvvisamente indebolita. Poi un accecante lampo gli fece comprendere<br />

che quella penosa impressione era provocata dal fatto che in Sala<br />

Comando solo una lampadina era rimasta accesa. Nella sua luce, poté solo<br />

scorgere l'indicatore di velocità dell'aria. La lancetta si era spostata dallo<br />

zero, e ondeggiava. Ne seguì il movimento con attenzione, e quando la<br />

vide ridiscendere rapidamente verso lo zero, premette il pulsante di<br />

distacco del paracadute.<br />

Sotto la Sala Comando, una sezione circolare del fasciame metallico<br />

parve scivolare verso poppa, rivelando il portello di accesso attraverso il<br />

quale si scendeva nell'interno dell'astronave. Whitley osservò l'enorme<br />

paracadute che fluttuando usciva veloce verso poppa ed ebbe la strana<br />

sensazione che non dovesse mai aprirsi. Poi, un violento sobbalzo gli<br />

confermò che il grande ombrello si era finalmente spalancato. Era di tipo<br />

anulare.<br />

Bene, le cose stavano mettendosi discretamente. Chiese: – Cosa è<br />

successo?<br />

Abbiamo perso la poppa – rispose Saunders. – Quell'ammasso di<br />

rottami. Un'esplosione di carburante.<br />

– Perdite?<br />

44


– Fortunatamente nessuna.<br />

Whitley concentrò la sua attenzione sulla manovra dell'astronave<br />

mutilata. Non che potesse far molto. Non disponeva più di forza motrice. Il<br />

radar era guasto. I fedeli diesel continuavano ancora a funzionare, ma<br />

l'energia elettrica da loro prodotta non poteva essere utilizzata in alcun<br />

modo.<br />

Il movimento attuale dell'astronave sembrava quello dell'ascensore di un<br />

enorme grattacielo investito in pieno da un terribile terremoto. Whitley<br />

sperò che il movimento ondulatorio potesse presto terminare con il<br />

trascorrere del tempo e la perdita di quota, ma invece divenne ancor più<br />

disturbante, ancor più violento. Gli strati superiori dell'atmosfera dovevano<br />

essere simili ad un calderone pieno di acqua bollente. La nuvola stava però<br />

diminuendo di spessore e, dalla Sala Comando, era possibile vedere i cavi<br />

di sostegno del paracadute. Illuminati dai tenui fuochi di Sant'Elmo,<br />

spiccavano chiari nella profonda oscurità. Di tanto in tanto, la nave subiva<br />

violenti sobbalzi, e poi ricadeva pesantemente mentre i cavi del paracadute<br />

si tendevano fino allo spasimo. Ai miei tempi, pensò Whitley, non<br />

esistevano corde capaci di sopportare una tensione così violenta. Ad un<br />

tratto George sentì che oltre alla caduta, l'astronave subiva un altro<br />

movimento in senso rotatorio e l'azione risultante era particolarmente<br />

noiosa. Si fece forza, non era proprio questo il momento più adatto per dar<br />

di stomaco.<br />

Si volse a Saunders. – Che ne diresti di lanciare un razzo illuminante?<br />

Saunders afferrò un braccio di Morgan. – Ragazzo – mormorò con un<br />

filo di voce, – lancia un razzo.<br />

Il giovane allievo si trascinò a fatica verso un armadietto, lo aprì e ne<br />

prese un cilindro metallico. Svitò il coperchio, ne trasse un bengala che<br />

infilò nell'apparecchio lancia razzi. Poi, meccanicamente, premette il<br />

pulsante. Pochi istanti, dopo una intensa luce bianco azzurra, simile ad un<br />

sole vicinissimo, illuminò la zona sottostante l'astronave. Il suo bagliore<br />

accecante attraversò la nuvola di nebbia ed illuminò l'interno del<br />

paracadute. La Sala Comando era illuminata come un mezzogiorno ai<br />

Tropici.<br />

Osservò lo schermo del periscopio. La luce riflessa lo costrinse a<br />

chiudere gli occhi, ma questo era buon segno. Significava che le lenti del<br />

periscopio funzionavano ancora, che non erano state distrutte<br />

dall'esplosione. Piazzò un filtro negli oculari e poté osservare il bengala,<br />

simile ad una grossa sfera luminosa, che scendeva rapidamente verso il<br />

45


asso quasi volesse tracciare il percorso dell'astronave durante la sua<br />

caduta. Ma nel centro dell'oculare c'era una grossa macchia oscura:<br />

Whitley concluse che si trattava probabilmente di un guasto<br />

all'apparecchio, forse si era distaccata una lente laterale.<br />

La luce del razzo diminuì, dapprima lentamente, poi si spense. Si<br />

scorgevano ancora i cavi del paracadute illuminati dai fuochi di Sant'Elmo,<br />

che rendevano ancor più misteriosa la profondità della notte circostante.<br />

Whitley ritornò allo schermo del periscopio, ma mentre si spostava, vide<br />

sotto l'astronave scoccare un altro lampo, ma diverso dagli altri, più<br />

incandescente, più netto. Fu costretto a chiudere gli occhi, abbagliato.<br />

S'avvicinò a Morgan e con voce soffocata gli disse:<br />

– Un altro bengala, Morgan! Svelto!<br />

Aveva appena terminato di dare l'ordine, che il razzo era scagliato fuori.<br />

– Osserva il periscopio, Bill – disse Whitley a Saunders – e dimmi cosa<br />

vedi. Quell'ultimo lampo mi ha accecato.<br />

– Siamo fuori delle nuvole, Peter – rispose il Terzo Ufficiale. – Ma<br />

dobbiamo ancora farne della strada per atterrare. Non riesco a vedere<br />

bene... il bengala è proprio sotto di noi...<br />

– Quando atterreremo?<br />

Whitley si voltò al suono di quella voce, per lui tanto importante.<br />

– Atterreremo quando arriveremo! – rispose sgarbatamente. Non voleva<br />

che gli altri ufficiali si rendessero conto dell'interesse che aveva per lui la<br />

presenza della ragazza. Lei avrebbe certo capito, e non si sarebbe offesa<br />

del suo modo brusco.<br />

– Ho chiesto per semplice curiosità – disse Leonora. – E non sono io la<br />

sola ad essere curiosa. I passeggeri, i miei illustri clienti, si sono alquanto<br />

rianimati dallo shock iniziale, ed ora sono abbastanza tranquilli.<br />

Specialmente la signora Kent. È perfettamente convinta che stai<br />

conducendoci verso la completa distruzione...<br />

– È molto probabile.<br />

– Guardate – interruppe il giovane Morgan.<br />

Tutti si voltarono nella direzione indicata dal ragazzo. Videro una «cosa»<br />

immensa e scura che volava nelle vicinanze del portello della Sala<br />

Comando. Ma la visione d'un tratto sparì.<br />

– Cos'era?<br />

– Non so... Veniva da sotto.<br />

– Una macchina?<br />

– No, no. Ho visto i suoi occhi...<br />

46


– Eccola, ritorna! – la voce dell'ufficiale era allegra, quasi divertita. – Ed<br />

ha portato anche i suoi amici!<br />

12.<br />

Come una squadriglia di bombardieri pesanti, lo stormo di bestie volanti<br />

comparve agli occhi attoniti degli ufficiali della Lode Maiden. Sembravano<br />

procedere in formazione regolare, anche se era ben difficile mantenersi in<br />

formazione con la tempesta che infuriava e le violente correnti d'aria. Le<br />

bestie volavano come certi uccelli marini di Terra, sollevandosi e poi<br />

abbassandosi, accostavano a destra e sinistra con rapide manovre senza che<br />

le loro ali, o pinne che fossero, rivelassero il minimo fremito. Ma non<br />

erano uccelli, e nemmeno rettili volanti, anche se le loro sembianze<br />

presentavano qualche analogia con questi animali; forse questa loro<br />

somiglianza era la logica conseguenza della evoluzione parallela. Ma l'ala<br />

di un uccello, di un pipistrello o di un pterosauro 3 non è che una<br />

deformazione dell'arto anteriore. Le ali di queste strane creature erano<br />

come quelle degli insetti, e cioè vere ali, e non adattamenti. Gli arti<br />

anteriori e posteriori erano indipendenti ai fini del volo, simili a membrane<br />

muscolari che terminavano in ripugnanti zampe. Il collo e la testa erano<br />

senz'altro quelli di rettili.<br />

Whitley, perplesso, si chiese se questi mostri non fossero gli antenati dei<br />

leggendari dragoni volanti. Disorientate dai cavi di sostegno del<br />

paracadute, le strane bestie si librarono all'altezza del portello della Sala<br />

Comando, osservando gli occupanti con occhi famelici. Le loro mandibole<br />

si aprivano e chiudevano, mettendo in mostra denti aguzzi e giallastri.<br />

Dalla loro bocca colava una verde bava fibrosa.<br />

– Non mi pare siano animati da sentimenti d'amicizia – mormorò<br />

Saunders spaventato.<br />

– Sono certamente affamati! – rispose Leonora, con un brivido.<br />

– Spegnete la luce – ordinò Whitley. – Se non ci vedono più, può darsi<br />

che se ne vadano...<br />

Morgan obbedì.<br />

Ma il bengala stava ancora bruciando sotto l'astronave. Intorno allo<br />

scafo non c'erano più le nubi a rifrangere la sua luce, ma non faceva gran<br />

3 Pterosauri – rettili fossili muniti di membrana atta al volo, del gruppo degli<br />

archeosauri comparsi nel periodo triassico (N.d.T.).<br />

47


differenza. C'era ancora la cupola del paracadute. Spegnere quella debole<br />

lampadina, non sarebbe servito a nulla. I dragoni volavano sempre nelle<br />

vicinanze dell'astronave e di tanto in tanto sembravano osservare dai<br />

grandi portelli nell'interno dello scafo con un interesse puramente<br />

gastronomico.<br />

Poi anche il bengala si spense e, come se l'improvvisa oscurità avesse<br />

contribuito a infondere loro maggiore coraggio, due bestiacce volanti<br />

partirono all'attacco. Gli ufficiali nella Sala Comando osservarono<br />

terrorizzati le loro bocche spalancate e gli occhi da cui si sprigionavano<br />

strani lampi verdastri. Ma sarebbe stati molto difficile sfondare gli spessi<br />

cristalli degli oblò e quasi impossibile superare lo spesso graticcio che li<br />

proteggeva dall'esterno. L'astronave continuava a sobbalzare, i cavi del<br />

paracadute erano tesi al massimo, e fu proprio in uno di questi che andò ad<br />

incappare una delle bestie volanti. La sua testa fu afferrata nelle spire del<br />

cavo.<br />

La corda avrebbe dovuto tranciargli netto la testa, invece, non solo non<br />

lo uccise, ma la bestiaccia continuò ad agitarsi freneticamente.<br />

Al movimento cui gli astronauti si erano più o meno abituati, se ne<br />

aggiunse così un altro. L'astronave subì una violentissima scossa, come un<br />

piccolo topolino azzannato da un fox terrier. Whitley si guardò intorno<br />

sgomento. Quella bestiaccia era grossa, ma la sua forza era del tutto<br />

sproporzionata alla sua mole.<br />

Morgan sparò un altro bengala ed alla sua luce tutti poterono vedere lo<br />

spaventoso spettacolo di occhi, bocche spalancate ed ali che battevano<br />

violentemente l'aria. Le altre bestiacce volanti erano accorse in aiuto del<br />

compagno rimasto impigliato nel paracadute e, con i denti e le zampe<br />

laceravano il tessuto del grande ombrello. Immobilizzati dal terrore gli<br />

ufficiali della Lode Maiden videro prima un cavo poi un altro spezzarsi<br />

come deboli fili. Quelle corde erano costruite per sopportare l'enorme peso<br />

dell'astronave, ma il loro fabbricante non poteva certo prevedere<br />

un'evenienza del genere.<br />

– Forse è meglio che ritorni in infermeria – mormorò Leonora. Nella sua<br />

voce, Withley lesse il desiderio di mettere fra lei e quelle bestiacce un<br />

maggior spessore di piastre metalliche, e insieme il desiderio di restare qui,<br />

dove si stava compiendo il loro destino.<br />

– Vado a dare un'occhiata ai passeggeri – ripeté l'infermiera – voglio<br />

cercare di tranquillizzarli. Dopo tutto, è il mio lavoro. Ma Whitley, fammi<br />

subito sapere se le cose precipitano.<br />

48


– Certo, certo – rispose George. Si avvicinò allo schermo del periscopio,<br />

tentando di dimenticare la battaglia che stava svolgendosi a pochi metri<br />

dall'astronave. – Sembra che sotto di noi ci sia una grande distesa di<br />

acqua... E anche delle isole.<br />

Hanno già spezzato una ventina di cavi del paracadute, – commentò<br />

Saunders in tono staccato. – Fra poco non ne resteranno più...<br />

– Siamo quasi arrivati, – disse Whitley, con voce speranzosa.<br />

L'aspetto dell'immenso mare sotto l'astronave era tutt'altro che invitante.<br />

Anche dalla grande altezza in cui si trovava ancora la Lode Maiden, era<br />

possibile vedere la cresta delle onde spumeggianti. Le acque sembravano<br />

ribollire intorno alle isole ed agli scogli che sorgevano numerosi. Whitley<br />

fu afferrato da terribile paura. Che sarebbe accaduto, se le acque erano<br />

davvero bollenti? Ma inutile preoccuparsi anzitempo. Tanto più, che né lui<br />

né i suoi compagni potevano farci niente.<br />

Con la distruzione della maggioranza dei cavi del paracadute fissati su<br />

un lato, la Lode Maiden aveva smesso di descrivere spirali. L'altra metà del<br />

paracadute sembrava resistere, la stoffa rigonfia dal vento impetuoso. Per<br />

strano che possa parere, l'astronave aveva acquistato una certa stabilità.<br />

Scarrocciava però abbondantemente, poiché si trovava proprio nell'occhio<br />

del tifone. Ad ogni modo, sia che scendesse sull'acqua o sulla terraferma,<br />

l'impatto sarebbe stato notevolmente ridotto.<br />

Whitley notò che l'astronave era assai meno sballottata di prima. Un<br />

suono allegro lo fece voltare. – Che succede, ora? – chiese in tono ironico.<br />

– È forse arrivata la Banda dei Marines?<br />

– Non so, Peter – rispose Saunders. – Ma ho visto qualcosa, un corpo<br />

immenso, affusolato, con le ali tese. È passato accanto all'astronave ed ha<br />

afferrato la bestiaccia impigliata nei cavi. Forse, era un pesce volante...<br />

– Non ce ne sono di così grossi, – disse Whitley, – almeno, ai miei tempi<br />

non ce n'erano. Comunque, fammi parlare con l'infermiera. Voglio<br />

avvertire il dottore e la signorina Starr di tenersi pronti per l'atterraggio.<br />

Anche noi faremmo meglio ad allacciarci le cinture di sicurezza.<br />

– Infermeria al microfono – disse Saunders.<br />

– Comincia a prepararti, e non perdere tempo – lo ammonì Whitley.<br />

George non riusciva più a vedere bene. L'astronave, scendendo<br />

rapidamente, aveva oltrepassato l'ultimo bengala che ora ondeggiava più in<br />

alto. Sotto la Lode Maiden regnava il mistero, reso ancor più confuso dalle<br />

luci dei bengala in alto. Un altro razzo non contribuirebbe certo a<br />

49


migliorare la situazione, pensò Whitley. Secondo i suoi calcoli, tenendo<br />

conto dello scarroccio, l'astronave avrebbe dovuto atterrare, fortuna<br />

aiutando, su una delle grandi isole che s'intravedevano di tanto in tanto. Il<br />

colpo sarebbe stato abbastanza violento e, con ogni probabilità, avrebbe<br />

provocato la rottura dei serbatoi di carburante, e grandi quantità di liquidi<br />

infiammabili si sarebbero incendiati.<br />

La discesa dell'astronave cessò di colpo e si trasformò in un movimento<br />

strano e terribilmente fastidioso. L'astronave sorvolò la cresta delle onde<br />

trascinata sottovento dal paracadute, ma la sua corsa non poteva durare<br />

eternamente: anche gli uragani più terribili si placano. Mentre la Lode<br />

Maiden assumeva un assetto più o meno orizzontale, uno scoglio sorse di<br />

poppa ed aprì una enorme falla sul lato sinistro dello scafo. In breve la<br />

Sala Diesel fu inondata da una corrente d'acqua salmastra e tiepida che<br />

fece per sempre tacere i fedeli motori. Le lamiere dell'astronave si<br />

contorsero, le porte stagne si spalancarono e gli ufficiali che si trovavano<br />

in Sala Comando sentirono l'acqua che saliva lentamente e che presto li<br />

avrebbe soffocati.<br />

In quell'attimo la mente di Whitley fu attraversata da strani pensieri,<br />

amaramente ironici. Non valeva proprio la pena d'aver fatto un viaggio<br />

così lungo nel Tempo e nello Spazio per morire annegato come un topo.<br />

13.<br />

Dapprima, credette che la donna china su di lui fosse Jane. Poi, quando<br />

riuscì a vedere meglio, notò i dettagli. Il suo aspetto e l'uniforme non gli<br />

erano sconosciuti: una camicetta con pantaloncini corti bianchi e sulle<br />

spalline un piccolo gallone d'oro.<br />

– Se la caverà, – udì mormorare una voce. – Vedrai che riuscirà a<br />

sopravvivere, Leo.<br />

Leo?<br />

Leonora?<br />

Ebbe l'impressione che il ponte dell'astronave oscillasse sotto il suo<br />

corpo... ma era ancora a bordo della Lode Maiden o di qualche strana unità<br />

spaziale o navale? All'orecchio gli giunse distinto il sibilare del vento, il<br />

fragore del mare in burrasca, l'opprimente e terrificante fracasso del tuono<br />

e dei lampi. Debbo essere in qualche località dei tropici, pensò.<br />

L'atmosfera era calda, pregna di esalazione di mangrovia; e si sentiva<br />

50


nell'aria il caratteristico odor di spezie che il vento trasporta dalle isole<br />

giavanesi.<br />

Quella donna... dannazione, chi era quella bella ragazza slanciata che<br />

l'osservava, piegata sul suo corpo?<br />

– Peter, coraggio, svegliati!<br />

Peter? Chi è Peter?<br />

– Whitley, svegliati!<br />

– Ma sono sveglio! – bofonchiò irritato da tanta insistenza. – Cos'è tutta<br />

questa confusione? È già il mio turno di guardia?<br />

Riuscì a fatica a spalancare gli occhi e poté finalmente distinguere ciò<br />

che lo circondava. Il suo sguardo si fissò subito sulla donna, la guardò<br />

meravigliato. La sua uniforme era in disordine. Sulla fronte, in<br />

corrispondenza dell'occhio destro, aveva un profondo graffio che<br />

sanguinava abbondantemente, mentre altro sangue sgorgava da una ferita<br />

sul ginocchio sinistro. Aveva i capelli bagnati e in disordine, come fosse<br />

uscita da uno stagno. L'espressione del suo viso era di terrore. Whitley<br />

tentò di sorriderle per riassicurarla: – Non c'è nulla da temere! – azzardò<br />

con tono ottimistico.<br />

– Davvero, proprio nulla? – domandò la donna con una smorfia.<br />

Ma perché questa gente non mi lascia in pace! pensò.<br />

Chiuse ancora gli occhi, ma fu costretto a riaprirli, colpito in viso da uno<br />

schiaffo sonoro. Questa volta non indugiò. Tentò di alzarsi in piedi, ma<br />

barcollò e si accasciò. Il ponte formava un angolo di circa 45 gradi con il<br />

piano orizzontale, e si muoveva. Il rollio era notevole, ma non violento,<br />

poteva piuttosto definirsi noioso, lento e insistente. Alto mare, pensò<br />

Whitley. Il rumore dell'acqua da sotto gli confermò che aveva ragione.<br />

Intorno regnava la massima confusione; apparecchi in frantumi, mobili<br />

spaccati ed effetti personali degli ufficiali ingombravano il piccolo locale<br />

in cui si trovava. Non potevano essere che le tristi conseguenze di un<br />

naufragio, un naufragio catastrofico, ne concluse, e le sue deduzioni furono<br />

confermate dalla fioca luce di una antiquata lampada a petrolio che<br />

qualche anima pia era riuscita a scovare chissà dove. Alla debole luce,<br />

Whitley osservò i visi spettrali delle persone accasciate nel corridoio.<br />

A poco a poco, la mente di Whitley riprese a funzionare e lo aiutò a<br />

ricostruire ciò che era accaduto. L'astronave era caduta nel grande oceano,<br />

posandosi con la poppa che già aveva subito gravissime avarie, e l'acqua<br />

era penetrata nello scafo inondando la Sala Comando. Probabilmente,<br />

pensò Whitley, l'esplosione del carburante dei razzi aveva distrutto<br />

51


l'apparato dei motori a reazione, mettendo fuori uso l'accumulatore e la sua<br />

protezione. L'enorme peso di quest'ultimo aveva causato l'appoppamento<br />

della Lode Maiden. In seguito alla perdita della pila il peso dei giroscopi<br />

principali ed ausiliari, che si trovavano a proravia del centro di gravità,<br />

avevano compensato quello dei motori diesel e del carico che si trovava a<br />

poppa. Poche tonnellate di acqua nella Sala Comando avrebbero ristabilito<br />

l'equilibrio dell'astronave. Ora la Lode Maiden, pensò Whitley, galleggiava<br />

appoggiandosi sulla sua sezione prodiera. Il Secondo Ufficiale sperò con<br />

tutto il suo cuore che la prua dell'astronave fosse sufficientemente alta<br />

sulla superficie dell'acqua.<br />

– Vado verso poppa – mormorò. – Da qui non riesco a vedere nulla.<br />

– Ringraziate Leonora, se siete vivo – gli disse il dottore con tono di<br />

rimprovero. – È riuscita a tirarci fuori dalla Sala Comando tutti quanti, uno<br />

alla volta.<br />

– Non tutti – lo interruppe l'infermiera. – Molti sono riusciti a salvarsi da<br />

soli. In ogni modo, non ho fatto altro che il mio dovere. E con un po' di<br />

calcolo. Era assolutamente necessario che questo individuo restasse in vita<br />

– indicò con la mano Whitley.<br />

– Ti ringrazio! – esclamò il Secondo Ufficiale con una smorfia.<br />

– Vengo con te!<br />

– Con piacere. – Whitley la osservò. La divisa strappata, i capelli in<br />

disordine e le ferite da cui sgorgava ancora il sangue la rendevano ancor<br />

più attraente. Inoltre la certezza di trovarsi ancora a bordo della sua<br />

astronave diede al Secondo Ufficiale una confortevole sensazione di<br />

fiducia. Si sentì più lui. La fiducia, che da tempo sembrava avere smarrita,<br />

tornò a scaldargli il cuore. Ho grandi responsabilità, pensò e debbo<br />

affrontarle con coraggio e serenità.<br />

– Quante perdite abbiamo avuto? – domandò.<br />

– Nessuna, fra i passeggeri, ed è stato un vero miracolo – rispose<br />

l'infermiera. – Tutti avevano le cinture di sicurezza agganciate. Il colpo li<br />

ha lasciati alquanto intontiti, purtroppo...<br />

– Purtroppo, cosa?<br />

– Halley è stato meno fortunato. Non è riuscito a liberarsi e, quando<br />

sono arrivata, era troppo tardi...<br />

La momentanea euforia che aveva pervaso Whitley parve svanire d'un<br />

tratto. Ma si fece forza. Il prezzo della gloria è il sangue... pensò. E con<br />

questo pianeta, abbiamo già cominciato a pagare il nostro contributo.<br />

Procedendo a fatica ed aiutandosi con le mani, raggiunse la sua cabina.<br />

52


Trovò la lampada portatile al solito posto, appesa alla paratia, la staccò e<br />

raggiunse Leonora. Anche lei era riuscita a trovare un'altra lampada.<br />

Whitley in testa, i due si diressero verso gli alloggi ufficiali dalla parte<br />

della Sala Giroscopi, percorrendo a fatica i lunghi corridoi a spirale e le<br />

innumerevoli scalette. Poi, osservato lo spettacolo desolante che offriva<br />

l'ambiente, proseguirono verso le cabine passeggeri. Qui incontrarono<br />

Saunders. Il giovanotto sembrava reduce da un match di boxe. Aveva la<br />

camicia a brandelli, e la guancia era solcata da un profondo taglio.<br />

L'occhio destro era semichiuso e livido, come colpito da un «diretto».<br />

Anche le divise delle tre hostess, con lui, non erano in condizioni migliori.<br />

– Salute, vecchio mandrillo! – esclamò Saunders allegramente. – Che ne<br />

pensi del mio aspetto di domatore di leoni? Comunque, non preoccuparti,<br />

le mie belve sono tranquille. Almeno per ora.<br />

– Bravo Saunders, – rispose sorridendo Whitley. – Bravo!<br />

Diede un rapido sguardo al salone. Cento occhi si fissarono su di lui. I<br />

visi dei passeggeri erano pallidi, terrei. Osservandoli, ebbe l'impressione<br />

d'essere un viaggiatore che, durante le sue peregrinazioni, capita in un<br />

villaggio di antropofagi preistorici. Allontanò questo triste pensiero e<br />

domandò a Saunders: – Come hai fatto a importi?<br />

– Semplicissimo! – rispose ridendo l'ufficiale. – Ho minacciato di<br />

spegnere tutte le luci se non si fossero comportati da bravi bambini. Molti<br />

non riescono nemmeno a stare in piedi per il mal di spazio...<br />

Whitley arricciò il naso. Era assolutamente necessario ventilare<br />

l'ambiente. Le lampade ad olio sprigionavano un odore infernale che,<br />

aggiunto al tanfo umano, toglieva il respiro.<br />

Withley continuò l'ispezione verso poppa senza dar retta alle numerose<br />

domande dei passeggeri che gli si affollavano d'intorno. Fu contento di<br />

notare che il personale aveva fatto tutto il possibile per evitare scene di<br />

panico le cui conseguenze sarebbero state disastrose.<br />

Riuscì finalmente a raggiungere le stive ed i magazzini della astronave.<br />

Le paratie erano sfondate e contorte, e il corridoio ostruito da grosse casse<br />

molte delle quali s'erano sfasciate rovesciando tutt'attorno il loro<br />

contenuto. Whitley osservò la scena. Le merci erano quelle solite<br />

trasportate da Terra alle Colonie della Galassia. Si stupì di vedere tra la<br />

merce brillare le canne di alcuni fucili. Fucili? In quell'epoca? A che mai<br />

potevano servire?<br />

Dopo aver fatto un approssimativo inventario di tutta quella mercanzia,<br />

si diresse con Leonora verso la Sala Diesel. La vista delle grosse macchine<br />

53


immobili gli diede un senso di tristezza. Poi, dopo aver attraversato<br />

l'ultima porta stagna, giunse ad una vasta piattaforma situata ad una<br />

discreta altezza sul livello dell'acqua. Tutto intorno le paratie contorte<br />

offrivano una buona difesa al vento e alle onde marine, ma ciò nonostante<br />

fu investito da un violento spruzzo di acqua.<br />

L'atmosfera tutt'intorno era buia, e il continuo balenare dei lampi<br />

accentuava l'oscurità. Si udiva il ruggito del mare ed il sibilo del vento,<br />

frammisti al tuono che non dava un istante di tregua. Però, qui si stava<br />

molto meglio, era possibile respirare un'aria migliore di quella nauseante<br />

del salone passeggeri.<br />

Whitley si riempì i polmoni; che delizia, la temperatura nell'interno dello<br />

scafo era soffocante. Ma subito s'accorse che l'aria fuori era egualmente<br />

satura di umidità e dell'orribile lezzo di putrefazione.<br />

– E allora, come ti sembra? – chiese Leonora.<br />

– Direi che siamo stati fortunati – rispose. – Con la prua in questa<br />

posizione, l'astronave potrà galleggiare e persino navigare. Mi auguro che<br />

sia rimasto qualche paracadute, lo potremmo usare come àncora.<br />

– Come...?<br />

– Ho detto àncora, àncora marina!<br />

Si mise a tossire. Gli capitava sempre così quando parlava troppo ad alta<br />

voce.<br />

Leonora gli afferrò il braccio. – Guarda! Una luce, laggiù!<br />

Whitley volse lo sguardo nella direzione indicata, ma i suoi occhi erano<br />

stanchi, i continui lampi lo avevano quasi accecato. Saunders, accanto a<br />

lui, gli porse un binocolo. – Sono riuscito a salvarlo, – disse.<br />

Nel buio tra un lampo e l'altro, vide la luce, una luce strana, come quella<br />

di un faro, si accendeva e spegneva a intervalli regolari. Che fosse davvero<br />

un faro? Su un pianeta della Galassia? Poteva anche darsi... se su quel<br />

pianeta abitavano essere umani intelligenti che percorrevano le vie del<br />

mare, la presenza di un faro era normale.<br />

Ma una accurata osservazione, gli rivelò che la luce proveniente dalla<br />

sommità della collina era il fuoco di un vulcano. Restò deluso della<br />

scoperta, e insieme lieto perché ciò gli confermò che la Lode Maiden era<br />

trascinata, sia pur lentamente, dalla corrente marina verso la terraferma.<br />

Cosa avrebbe potuto fare? Se si fosse trovato a bordo di una delle sue navi<br />

e nei suoi tempi, avrebbe dato ordine di dar fondo ad un'àncora, magari a<br />

due, per arrestare la deriva. Pensò ancora di servirsi dei paracadute<br />

ricuperati dal naufragio, non era una cattiva idea, ma come avrebbe fatto<br />

54


per dar loro il peso necessario per arrestare la deriva della nave?<br />

Si voltò udendo un rumore di passi. Era Morgan, il giovane Allievo che<br />

lo salutò con deferenza. – Come va, Morgan? – domandò Whitley.<br />

– Come vedete, comandante, non siamo ancora morti!<br />

Un'improvvisa idea gli balenò in mente. Afferrò l'allievo per un braccio<br />

e gli domandò: – In Sala Comando ci sono ancora bengala?<br />

– Direi di sì – rispose l'Allievo. – Vado a dare un'occhiata?<br />

– Certo, di corsa!<br />

Dopo qualche minuto, Morgan ritornò con due bengala. Whitley li<br />

osservò soddisfatto e domandò: – Come possiamo lanciarli? Il lanciarazzi<br />

sarà distrutto, immagino...<br />

– Questi sono speciali, comandante! – rispose Morgan. – Il loro stesso<br />

involucro metallico serve da lanciarazzi!<br />

– Magnifico! Sparane uno, allora...<br />

Grazie a Dio, pensò Whitley, al mondo ci sono ancora cose non troppo<br />

complicate...<br />

Il bengala percorse un breve tratto e poi esplose illuminando la zona<br />

tutto intorno. Dapprima la luce fu troppo intensa per distinguere<br />

esattamente la posizione in cui si trovava la Lode Maiden, ma dopo pochi<br />

secondi, gli occhi esperti del marinaio Whitley notarono che l'astronave,<br />

trascinata dal vento e dalla corrente di marea, stava dirigendosi<br />

rapidamente verso una catena di scogli.<br />

14.<br />

L'urto dell'astronave contro gli scogli non fu violento come Whitley<br />

aveva temuto. La Lode Maiden fu sollevata sulla cresta di un'onda<br />

gigantesca e per qualche istante restò immobile, poggiata sulla scogliera.<br />

Dall'altra parte della diga di rocce, il mare era calmo, le onde non erano<br />

sferzate dal vento.<br />

– Dovremmo essere in salvo – commentò Eleonora con l'ottimismo della<br />

neofita. – Almeno, fino a domattina.<br />

– Affatto! – esclamò Whitley. – Se l'astronave perde l'appiglio sulla<br />

scogliera, per il vento o altre cause, siamo spacciati!<br />

– E allora, che dovremmo fare?<br />

– Abbandonare la nave!<br />

Whitley e Leonora si diressero nell'interno dell'astronave per poter<br />

55


parlare più tranquillamente, senza essere costretti ad urlare. – Non è un<br />

problema molto difficile per chi, come me, sa nuotare – commentò<br />

Leonora. – Sono nata e cresciuta sul Mar dei Caraibi ed ho trascorso più<br />

tempo in mare che a terra. Ma non dimenticare che molti dei passeggeri<br />

della Lode Maiden provengono da terre che il mare non ha mai sfiorato...<br />

dal Sahara, da Nuovo Marte, e l'acqua l'hanno sempre considerata qualcosa<br />

di troppo prezioso per sguazzarci dentro!<br />

– E chi ha parlato di nuotare? – commentò Whitley.<br />

– Vorresti costruire una chiatta, allora?<br />

– A che servirebbe? – Si volse al giovane Morgan che li aveva raggiunti.<br />

– Hai visto nella stiva quelle bobine di cavo di acciaio sottile e flessibile?<br />

Mi piacerebbe sapere qual è il loro carico di rottura...<br />

– Le ho viste, – rispose Morgan, – ma non conosco le loro<br />

caratteristiche. Sono destinate alla Commissione Mineraria statale della<br />

Nuova Caledonia. Però, ora che ricordo, a bordo c'è un passeggero, un tale<br />

McBain, ingegnere minerario della Nuova Caledonia, che dovrebbe<br />

saperne qualcosa.<br />

– Scendi nel locale Passeggeri e dì a McBain che desidero vederlo...<br />

immediatamente!<br />

Whitley tornò sul ponte inclinato dell'astronave per osservare bene la<br />

situazione. Il bengala s'era ormai spento, ma la lampada portatile era<br />

sufficiente. Lo spettacolo non gli piacque affatto: una piastra dello scafo<br />

esterno contorta come un giornale spiegazzato o la buccia di un'arancia. In<br />

quelle condizioni, l'astronave non poteva reggere a lungo la furia degli<br />

elementi.<br />

Dopo pochi istanti, Morgan ritornò con l'ingegnere McBain. Il<br />

passeggero era terrorizzato.<br />

– Sono McBain – disse con voce tremante. – Cosa volete da me?<br />

– Vorrei qualche informazione tecnica circa quelle bobine di cavo<br />

d'acciaio. Non dovevano essere consegnate al vostro Ente?<br />

– Sì...<br />

– Quale è il loro carico di rottura?<br />

– Non so con sicurezza, ma direi... un centinaio di tonnellate, più o<br />

meno.<br />

– Un centinaio di tonnellate? – balbettò Whitley. – Avete detto... cento?<br />

– Sissignore, cosa v'aspettavate, mille?<br />

Per un attimo, Whitley parve dimenticare tutti i problemi che<br />

torturavano la sua mente. Tentò di ricordarsi gli studi fatti sull'uso e la<br />

56


composizione dei cavi marini durante la sua vita di bordo... Possibile che<br />

un cavo grosso quanto una stringa da scarpe, potesse sopportare un peso di<br />

cento tonnellate? In ogni modo, la notizia era più che buona, meravigliosa.<br />

Con un po' d'immaginazione e molto lavoro, sarebbe stato possibile<br />

costruire una specie di teleferica dalla nave fino a terra... ma la distanza<br />

della Lode Maiden dalla costa era troppo grande, circa seicento metri...<br />

Dopo qualche istante di riflessione, prese una decisione. – Morgan –<br />

disse. – Dobbiamo organizzare, senza perdere un minuto di tempo, una<br />

squadra di gente coraggiosa e piena di voglia di lavorare. Ordina a<br />

Saunders ed al Secondo Direttore di macchina di presentarsi da me, poi<br />

scendi nella stiva e apri un paio di quei cassoni con le bobine di cavo di<br />

acciaio. Mi occorrono anche dei bozzelli ed un paranco differenziale.<br />

Capito? Coraggio, muoversi...<br />

– Cosa intendi fare, Whitley? – domandò Leonora che era rimasta ad<br />

osservarlo senza aprir bocca.<br />

– Costruire una specie di teleferica, mia cara. – Si interruppe e alla luce<br />

di un lampo, indicò alla ragazza la terra. – Vedi quell'albero laggiù?<br />

Quell'albero pieno di foglie, in cima alla collina? Qualcuno lo raggiungerà<br />

a nuoto e vi legherà l'estremità del cavo di acciaio. L'altra estremità la<br />

fisseremo qui, sull'astronave... ma è inutile che ti spieghi, ora ci metteremo<br />

al lavoro e potrai osservare con i tuoi occhi.<br />

– Non vedrò proprio nulla – rispose Leonora con tono deciso.<br />

– Perché?<br />

– Perché andrò io a nuoto per legare il cavo all'albero!<br />

L'infermiera afferrò il braccio di Whitley e trascinò il Secondo Ufficiale<br />

al riparo di una lamiera contorta. Sembrava molto decisa, i suoi occhi<br />

brillavano di una nuova luce, le sue labbra erano strette. – È bene che tu<br />

sappia che ho letto moltissimi romanzi storici sul tuo tempo, e conosco alla<br />

perfezione i vostri arcaici concetti sulla «cavalleria». Principi nobili, non<br />

ne dubito, ma mancano di praticità. C'è da fare un lavoro ed io sono<br />

particolarmente adatta per questo lavoro... Spero ammetterai che le due<br />

medaglie d'oro, che ho vinto alle ultime Olimpiadi nelle gare di nuoto,<br />

siano una garanzia sufficiente. Nessuno qui sa nuotare come me. Come<br />

t'ho detto, la maggior parte dei passeggeri proviene da colonie dove gli<br />

sport nautici sono praticati solo dai malati di mente! Per quanto riguarda<br />

l'equipaggio della Lode Maiden, sai meglio di me che uno spaziale in<br />

licenza preferisce dedicarsi ad altri liquidi che non l'acqua! – Fu interrotta<br />

da un secondo lampo. – Guarda! – continuò Leonora indicando con la<br />

57


piccola mano la superficie del mare in prossimità della collina. – Credi che<br />

una persona non espertissima nel nuoto riuscirebbe a vincere quelle<br />

correnti sottomarine, quelle onde che sembrano montagne?<br />

– Può darsi che fra l'equipaggio ci sia un ottimo nuotatore, migliore di<br />

te... – azzardò Whitley con scarsa convinzione. – Anch'io so nuotare.<br />

– E allora? Sono anch'io un ufficiale di questa astronave, esattamente<br />

come te. E poi può darsi benissimo che il signor Whitley avesse la buona<br />

abitudine di traversare a nuoto l'Atlantico ogni mattina prima di colazione,<br />

ma tu non sei Whitley. Fisicamente, almeno. Il tuo corpo è quello di<br />

Quinn... – Le sue labbra si contrassero. – E so per esperienza personale che<br />

Quinn annegherebbe in una vasca da bagno. Inoltre il tuo posto è qui, a<br />

sistemare i cavi e i bozzelli.<br />

Un improvviso fracasso proveniente dall'interno dell'astronave distolse<br />

Quinn dai suoi pensieri. Accese la lampada portatile e vide Saunders,<br />

Morgan, il Secondo Direttore di Macchina ed altri allievi con una mezza<br />

dozzina di cameriere di bordo che stavano trafficando con le bobine, i<br />

paranchi e altro materiale per costruire la teleferica. Whitley si avvicinò<br />

per accertarsi che il cavo fosse in buone condizioni. Si sentì sollevato<br />

quando vide che le bobine erano in perfetto stato, non solo, disponevano<br />

anche di freni e di un cavalletto con gambe regolabili. Afferrò l'estremità<br />

del cavo e lo tirò a sé: scorreva magnificamente, facile e senza sforzo.<br />

Whitley tirò Leonora in un angolo. Servendosi di un puntello dello<br />

scafo, le spiegò nei minimi dettagli come avrebbe dovuto dar volta al cavo.<br />

Non era difficile, un nodo a doppio collo che avrebbe resistito ad una<br />

fortissima trazione.<br />

La ragazza lo ascoltò con attenzione poi, senza il minimo imbarazzo,<br />

cominciò a svestirsi. Whitley, immobile, la fronte madida di sudore, assisté<br />

allo spogliarello, vide il neo sulla coscia sinistra, quel neo che ricordava<br />

senza mai averlo visto. Il corpo della giovane gli sembrò magnifico,<br />

stupendo, molto più bello di quanto non gli fosse apparso nei suoi ricordi,<br />

o in quelli di Quinn.<br />

Si avvicino a Leonora, le avvolse intorno al petto l'estremità del cavo di<br />

acciaio e mormorò: – Questo ti taglierà in due... – Il suo sguardo si fissò<br />

poi sul mucchietto di biancheria femminile gettato in disordine sul ponte.<br />

Vide una cintura di pelle. La prese, l'allacciò intorno al corpo di Leonora e<br />

legò il cavo alla cintura. – Così va meglio... – mormorò. Si accertò che la<br />

cintura non scivolasse lungo le anche. Le sue dita accarezzarono la pelle<br />

morbida del magnifico corpo...<br />

58


Morgan gli porse due bengala. – Ne ho trovati parecchi in Sala Comando<br />

– disse. – Ci saranno utili, con questa oscurità è ben difficile lavorare.<br />

Whitley appese alla cintura di Leonora i due bengala e con voce<br />

staccata, disse:<br />

– Ascoltami bene. Appena avrai raggiunto la costa, lancia un bengala: ti<br />

servirà per vedere bene mentre dai di volta all'albero, e nello stesso tempo<br />

ci rassicurerà. Quando avrai terminato il lavoro, lancia il secondo razzo.<br />

– Ho capito.<br />

Whitley dimenticò allora che non erano soli. Leonora era nelle sue<br />

braccia, le sue mani sentivano tutta la freschezza e la morbidezza del suo<br />

giovane corpo. Le loro labbra si unirono per un attimo, un attimo troppo<br />

breve, ma che per Whitley durò un'eternità. Poi la ragazza con una mossa<br />

decisa si allontanò da lui dirigendosi verso l'estremità del ponte. La luce di<br />

un lampo la illuminò ancora ed il suo corpo, simile ad una stupendo statua<br />

dorata, apparve meraviglioso sullo sfondo oscuro della notte eterna.<br />

Quando sparì la notte fu buia come non mai.<br />

15.<br />

Il magnifico tuffo di Leonora confermò le indubbie virtù di nuotatrice<br />

della ragazza. Whitley la osservò, e gli parve di vivere un secolo prima di<br />

veder ricomparire sulla superficie del mare la sua testa. Afferrò il cavo,<br />

rifiutando l'aiuto degli altri ufficiali. La sua mano destra posata sulla leva<br />

del freno era pronta a stringerlo o a allentarlo a seconda della necessità. Se<br />

avesse mollato troppo poco cavo, la ragazza avrebbe dovuto faticare<br />

troppo e non sarebbe mai riuscita a raggiungere la riva; troppo cavo, e il<br />

filo d'acciaio avrebbe potuto impigliarsi su qualche asperità del fondo e<br />

Leonora, se non fosse riuscita a slacciarsi, sarebbe miseramente annegata.<br />

Morgan, al fianco di Whitley con il binocolo puntato verso la costa<br />

mormorò: – Ecco, ora nuota velocemente... Si è fermata... Non si vede più<br />

la sua testa... No, è ritornata in superficie!<br />

– Bontà divina! – esclamò Whitley, i nervi a fior di pelle. – Vuoi<br />

smettere una buona volta questi tuoi commenti tipo BBC? – Con una mano<br />

manovrava attentamente il freno e con l'altra aiutava il cavo a scorrere.<br />

Chissà se basterà una bobina, si domandò con apprensione. In quello<br />

stesso attimo la voce di Morgan esultò: – È arrivata, ce l'ha fatta!<br />

Dalla base della collina si innalzò un bengala la cui luce brillante parve<br />

59


iscaldare il cuore di tutti coloro che avevano assistito alla difficile<br />

traversata. Whitley strappò il binocolo dalle mani di Morgan. In un primo<br />

momento non riuscì a vedere nulla nella luce abbagliante del razzo, poi gli<br />

parve di osservare una minuscola figurina che s'arrampicava a fatica per la<br />

scoscesa salita che portava in cima alla collina. Leonora cadde una, due,<br />

tre volte, ma riuscì sempre a rialzarsi. Withley ne seguì i movimenti con il<br />

cuore in tumulto, teso quasi nel tentativo di trasmettere alla piccola donna<br />

un poco della sua energia fisica. La tensione era così grande, che si sentì<br />

esausto, come se avesse sopportato lui la immane fatica. Osservando la<br />

lontana immagine mentre percorreva gli ultimi metri che la separavano<br />

dalla vetta, ricordò la vecchia leggenda di Andromeda. 4<br />

Giunta sulla sommità Leonora cadde ancora una volta ma riuscì a<br />

raggiungere a carponi la base dell'albero. Si rialzò a fatica e si appoggiò<br />

esausta al grosso tronco. Osservando nelle lenti del binocolo, Whitley vide<br />

che sembrava cercare qualcosa, poi, con un grande sollievo, notò la piccola<br />

mano che da lontano salutava i compagni della Lode Maiden. Un istante<br />

dopo, un secondo bengala illuminò la profonda oscurità.<br />

Whitley si sentì sollevato da un pesante e doloroso incubo. Ma non c'era<br />

tempo da perdere e restavano molti altri problemi che dovevano essere<br />

affrontati con decisione e perizia.<br />

Ordinò che l'estremità del cavo rimasta a bordo fosse passata in un<br />

bozzello fissato solidamente ad un trincarino in acciaio. Poi, fra i vari<br />

bozzelli, ne notò uno che, ai suoi tempi, si chiamava pastecca 5 , se ben<br />

ricordava. L'afferrò e la sistemò sul doppino del cavo per consentire a<br />

quest'ultimo di scorrere liberamente. Alla pastecca appese una sedia<br />

robusta ma leggera recuperata fra i relitti della Sala Generatori. La sedia<br />

era munita di una speciale cintura di sicurezza.<br />

Nel frattempo anche McBain, l'ingegnere, non era rimasto con le mani in<br />

mano ed aveva aiutato l'equipaggio nelle varie manovre ordinate da<br />

Whitley. Restava ora un'ultima cosa da fare, e non certamente la più<br />

semplice: occorreva portare a terra un bozzello, assicurarlo al tronco<br />

dell'albero, dopo di che la teleferica sarebbe stata pronta a funzionare.<br />

Gli ufficiali, consci del pericolo, si guardarono in viso senza parlare. Poi<br />

4 Andromeda, figlia di Cefeo re di Etiopia e di Cassiopea, che la vantò più bella delle<br />

Nereidi. Fu esposta su uno scoglio a un mostro marino per placare l'offesa, e quindi<br />

salvata e sposata da Perseo (N.d.T.).<br />

5 Pastecca – grosso bozzello in legno o in ferro con gancio girevole in testa, una<br />

cavatoia con puleggia e con sportello apribile e chiudibile. In tal modo può essere<br />

immesso nella cavatoia un cavo anche se il capo non è libero (N.d.T.).<br />

60


Morgan, fece un passo avanti: – Comandante, andrò io a terra.<br />

La sua voce era tranquilla, le sue mani ferme, senza un tremito. Whitley<br />

lo guardò ammirato. Aveva la massima fiducia nel giovane Allievo, ma<br />

avrebbe voluto effettuare di persona la pericolosa missione... per essere<br />

accanto a Leonora. Ma la sua presenza era necessaria a bordo della Lode<br />

Maiden per lo sbarco dell'equipaggio, dei passeggeri e delle provviste che<br />

avrebbero consentito ai naufraghi di vivere... per quanto? Whitley non<br />

volle pensarci.<br />

La missione di Morgan fu coronata da pieno successo e tutti furono<br />

felici quando, da terra, fu lanciato un bengala a conferma dell'arrivo del<br />

giovane Allievo. Ora esisteva finalmente una specie di ponte che collegava<br />

il relitto dell'astronave con il pianeta sconosciuto, un ponte, al quale i suoi<br />

antenati marinai, avrebbero dato un nome meno pomposo; «una semplice<br />

imbracatura», ossia un mezzo che avrebbe consentito ai passeggeri ed<br />

all'equipaggio di raggiungere la terra ferma.<br />

Pensando a tutte queste cose, Whitley, immobile in coperta, ricordò<br />

anche che ai suoi tempi, in occasione di naufragi c'era una norma assoluta: Prima le<br />

Già, ma le donne e i bambini su Terra avrebbero trovati amici pronti a<br />

confortarli, mentre qui...<br />

Improvvisamente ricordò i fucili trovati fra il carico.<br />

– C'è nessuno a bordo che sappia usare queste armi? – domandò agli<br />

ufficiali. – Bill – disse ancora Whitley – scendi nel Salone Passeggeri e<br />

domanda se c'è qualcuno che conosce queste armi.<br />

– Comandante, – disse allora il Terzo Ufficiale – fra i passeggeri ci sono<br />

tre cacciatori della Illyrian Fur Corporation. Forse loro...<br />

– Certo! E intanto noi... – Si guardò intorno ed illuminò con la lampada<br />

portatile il viso di una delle hostess. – Tu ti recherai sulla spiaggia per<br />

aiutare miss Starr. E prendi anche la sua divisa. Il resto del personale – si<br />

volse alle cameriere e alle assistenti – resterà a bordo fino all'ultimo<br />

momento, per assistere i passeggeri.<br />

Il suo discorso fu interrotto dal ritorno di Saunders accompagnato da tre<br />

piccoli uomini dal viso grinzoso e lo sguardo diffidente. Ognuno era<br />

armato di fucile e aveva una ben fornita cartucciera. Quello che sembrava<br />

essere il loro capo si presentò a Whitley.<br />

– Mi avete mandato a chiamare, comandante? Cosa volete da noi?<br />

– Sapete certo cosa è accaduto – rispose Whitley. – È probabile che<br />

questo pianeta sia abitato da esseri pericolosi, e vorrei che foste i primi a<br />

recarvi a terra per proteggere coloro che sbarcheranno, fino al mio arrivo.<br />

61


Conto sulla vostra fedeltà e sul vostro coraggio. In caso di dubbio...<br />

sparate.<br />

– D'accordo fidatevi di noi – rispose il cacciatore tutt'altro che<br />

emozionato. Osservò poi con sguardo dubbioso la teleferica, il cavo, i<br />

bozzelli, e dopo aver scambiato uno sguardo di intesa con i suoi due amici,<br />

si strinse nelle spalle ampie e robuste. Osservò anche la sedia vuota appesa<br />

al cavo che ritornava dalla spiaggia dopo avere depositato la hostess, la<br />

toccò con la mano vi si sedette tenendo ben stretto il suo fucile.<br />

Dopo pochi minuti, i tre cacciatori erano sulla spiaggia con le armi<br />

cariche, pronti ad affrontare le situazioni che si sarebbero presentate.<br />

Dopo che i passeggeri e l'equipaggio ebbero ammassato tutti i loro averi,<br />

il trasporto dall'astronave a terra si svolse con ordine e tranquillità. Nel<br />

timore che il vento girasse, Whitley organizzò il trasbordo assegnando<br />

determinate precedenze. Vi erano molte cose che dovevano essere prese in<br />

considerazione, tra le quali i rifornimenti di viveri, le provviste, le armi e<br />

le munizioni. Sarebbe stato folle sbarcare dall'astronave senza una<br />

adeguata scorta di viveri, contando solo sulle possibilità offerte dalla fauna<br />

del misterioso pianeta.<br />

I capi dipartimento però, tentarono di complicare le cose. Se Whitley<br />

avesse dato mano libera al dottore, quest'ultimo si sarebbe dedicato anima<br />

e corpo all'organizzazione di un ospedale e di una infermeria, senza<br />

pensare alle necessità degli altri dipartimenti. E così avrebbe fatto la<br />

formosa signorina Emerson, capo delle cameriere, sempre pronta a<br />

proteggere le sue dipendenti. Per cui Whitley disciplinò il trasbordo con la<br />

massima rigorosità e tutto si svolse nel migliore dei modi.<br />

Il vento, nel frattempo, era notevolmente girato e spirava più forte che<br />

mai. Il cielo era sempre scuro, ma era ovvio che quanto prima vi sarebbe<br />

stato un notevole cambiamento nelle condizioni atmosferiche. A periodi di<br />

calma piatta, si alternavano tempeste furiose e piogge torrenziali,<br />

intercalate da lampi e tuoni che rendevano impossibile non solo gli<br />

spostamenti, ma anche gli stessi discorsi fra le persone.<br />

La Lode Maiden, sempre immobile sullo scoglio ed esposta alle<br />

intemperie, correva il pericolo che un colpo di vento la facesse precipitare<br />

nelle acque profonde sottovento.<br />

Dopo ore di intenso e febbrile lavoro, Whitley si guardò intorno con<br />

soddisfazione. La discarica era quasi terminata e, per osservare le<br />

condizioni del tempo, volle salire sulla parte più elevata dell'astronave per<br />

62


meglio scrutare il cielo e il mare. Il vento era rinforzato, ed il mare<br />

mugghiva minaccioso. In lontananza si udiva un continuo e misterioso<br />

boato probabilmente causato, pensò il Secondo Ufficiale, dal semicerchio<br />

posteriore del vortice atmosferico che si avvicinava con grande rapidità.<br />

Era comunque difficile poter fare previsioni esatte, in mancanza di un<br />

barometro efficiente e di altri strumenti adatti.<br />

Dopo aver lasciato il suo posto di osservazione, Whitley si avvicinò alla<br />

bobina del cavo, e cioè alla estremità dell'astronave dove era stata costruita<br />

la stazione della teleferica, per fare imbarcare la signorina Emerson.<br />

Quest'ultima fece qualche difficoltà, ma infine obbedì all'ordine di<br />

Whitley.<br />

Whitley, osservando le provviste che avrebbero dovuto essere caricate<br />

sulla sedia, fu afferrato dal timore che il cavo non potesse sopportare un<br />

peso così forte. D'altra parte non si poteva perdere tempo poiché le<br />

condizioni atmosferiche, come aveva previsto, stavano peggiorando di<br />

minuto in minuto.<br />

Una delle ultime persone a trasbordare fu la signorina Kent che, non si<br />

sa come, era riuscita a non muoversi dalla sua cabina dopo il naufragio<br />

della Lode Maiden. Lì aveva trascorso ore non proprio noiose in<br />

compagnia di una bottiglia di cognac medicinale. Whitley, in una ultima<br />

ispezione a bordo, per accertarsi che non vi fosse più nessuno da<br />

trasbordare, scoprì la vecchia Kent che, sdraiata nella poltrona, parlava da<br />

sola, un sorriso ebete sulle labbra.<br />

– Signorina Kent! – esclamò. – Non abbiamo tempo da perdere! Salite in<br />

coperta!<br />

– Per chi mi avete preso, per una pazza? – rispose la vecchietta. –<br />

Secondo voi, io dovrei salire su quella sedia... – Il suo tono mutò<br />

improvvisamente. – Si può sapere cos'è accaduto? Dove sono gli altri?<br />

Voglio parlare con il comandante...<br />

– Sono io il comandante – rispose Whitley.<br />

– Voi? – la sua voce sembrava quella di una vecchia gallina. – Dio ci<br />

salvi, allora!<br />

– Come volete, come volete – disse il Secondo Ufficiale ansioso di por<br />

termine a quel colloquio. – Intanto dovete scendere a terra se volete salvare<br />

la vostra pelle...<br />

– Non vi avvicinate! – esclamò la donna con voce chioccia. – Questo è<br />

un ammutinamento. Sporgerò denuncia al capitano e agli altri...<br />

63


– Signorina Kent... – Whitley si avvicinò alla vecchietta e tentò di<br />

afferrarla. – Venite con me, coraggio, vi tratterò bene.<br />

L'alito della donna puzzava terribilmente di cognac. Spalancò le braccia<br />

e mormorò: – Sì caro, mio carissimo amico, trattami bene, molto bene...<br />

oh, ho perso una giarrettiera... aspetta...<br />

– Signorina Kent! – esclamò ancora Whitley esasperato. – Se non<br />

ubbidite sarò costretto a...<br />

– Simpatico giovane! Dimmi, la tua è una minaccia o una promessa?<br />

Whitley non seppe più trattenersi. Sollevò nelle braccia l'esile corpo<br />

della vecchietta e, aiutato da due Allievi, la caricò di peso sulla sedia. La<br />

signorina Kent, in un mare di trine e di pizzi, ringraziò i suoi salvatori con<br />

un fiume di insolenze. Nessuno, vedendola, avrebbe mai creduto che dalla<br />

sua bocca potessero uscire tante oscenità.<br />

Whitley, dopo aver tratto un sospiro di sollievo, si accinse a lasciare<br />

l'astronave. A bordo non era rimasto più nessuno. Guardò in lontananza<br />

l'albero illuminato da un bengala, si affibbiò la cintura di sicurezza e lasciò<br />

che la sedia scivolasse lungo il cavo fino alla spiaggia. Ma un colpo<br />

improvviso lo sollevò e batté violentemente la testa contro il cavo.<br />

Non ebbe il tempo di ragionare, né di pensare. Solo una idea balenò nel<br />

suo cervello affaticato: vogliono farmi annegare.<br />

16.<br />

Sentiva un dolore vivissimo.<br />

Un grande dolore, ai polmoni, in petto, ogni volta che respirava. Un<br />

grande dolore alla schiena, in ogni parte del suo corpo. Fuori, la tempesta<br />

imperversava più violenta che mai, il mare ruggiva, il vento sibilava<br />

sinistro.<br />

Però ebbe la certezza che con uno sforzo di volontà, un grande sforzo,<br />

sarebbe riuscito a salvarsi.<br />

Aprì gli occhi ed i rumori parvero attenuarsi, udì in lontananza il<br />

rumore del traffico. Volse intorno lo sguardo, soffermandosi sui familiari<br />

dettagli della stanza. La sua stanza? Ebbe l'impressione che i contorni del<br />

locale oscillassero, vibrassero, che i colori divenissero più profondi, più<br />

ricchi.<br />

Ma il dolore, l'immenso dolore fisico non lo abbandonò.<br />

La donna sedeva sulla poltrona e lo osservava. Il suo viso era contratto<br />

64


dalla paura. Invano aveva tentato di rimettere in ordine la sua folta<br />

capigliatura castana, i capelli finissimi erano intrisi di acqua marina,<br />

frammista a sabbia. La sua camicetta era stracciata ed una spallina della<br />

divisa scomparsa. Sull'occhio destro aveva una lunga cicatrice rossa e<br />

pochi minuti prima, vedendola camminare, aveva notato che zoppicava.<br />

– Whitley – disse la donna. – Devi ritornare. Peter Quinn è un ottimo<br />

ufficiale, un bravo spaziale, ma gli manca la tua esperienza.<br />

– Tu non sei che una illusione, una allucinazione della mia mente stanca<br />

– rispose Whitley. Chiuse gli occhi e, dopo qualche secondo, li riaprì di<br />

nuovo. La donna era sempre al suo posto, sulla poltrona.<br />

– Devi ritornare, Whitley – ripeté la donna.<br />

Cercò di non guardarla e volse lo sguardo alla finestra dalla quale si<br />

affacciava il cielo azzurro cupo cosparso di nuvole bianche, e il verde<br />

fogliame degli alberi mosso dalla brezza del pomeriggio.<br />

In alto vide la bianca traccia di un aereo a reazione. Tutto questo era<br />

molto reale e irreale nello stesso tempo.<br />

– Dannazione – gemette la donna. – Cosa posso fare per trattenerti?<br />

Osservò ancora la sua camicetta bianca che le ricadeva lungo la spalla,<br />

ma non toccò terra. Si sfilò scomparendo. La sua pelle aveva uno strano<br />

ed affascinante colore ambra. I suoi seni erti avevano piccole misteriose<br />

vibrazioni. Anche i pantaloncini corti scivolarono e scomparvero come<br />

aveva fatto la camicetta. Sulla coscia della donna c'era un piccolo neo. La<br />

donna, nuda, si avvicinò a lui con passo malfermo, poi la sua bocca sfiorò<br />

le sue labbra ed il suo corpo si fuse con quello dell'uomo.<br />

Fu afferrato da un immenso desiderio di dormire, di riposare a lungo, di<br />

annegare per sempre nel calore che emanava la donna che gli era<br />

accanto, di non svegliarsi più.<br />

Ma si rese conto che tutto questo non era altro che una violenta<br />

allucinazione.<br />

17.<br />

Si trovò seduto su un mucchio di coperte e volse lo sguardo intorno per<br />

rendersi conto del posto in cui si trovava. I polmoni e la schiena gli<br />

dolevano sempre. Vide Leonora che lo osservava curiosa e notò il delicato<br />

profilo che si stagliava sul fondo oscuro. Si domandò da quale fonte<br />

poteva provenire la debole luce che gli consentiva di vedere; forse<br />

65


qualcuno, in un angolo, aveva acceso una lampada portatile.<br />

– So benissimo che la mia domanda è sciocca – disse con voce incerta –<br />

ma sarei curioso di sapere dove mi trovo.<br />

– In una grotta – rispose Leonora. – Per fortuna è una lunga spelonca,<br />

quasi rettilinea. – La sua voce era incerta e Whitley lo notò. – Una donna<br />

ha talvolta bisogno di una certa intimità – aggiunse. – Poi dopo qualche<br />

istante cominciò a vestirsi.<br />

– Cosa è accaduto? – domandò il Secondo Ufficiale.<br />

– Come, non ricordi? – Leonora sorrise e scosse la testa. – Hai corso un<br />

serio pericolo... ma siamo riusciti a portarti in salvo sulla spiaggia prima<br />

che tu annegassi.<br />

Whitley ebbe un sussulto.<br />

– Ti abbiamo trascinato a riva con un po' di fatica, devi aver bevuto<br />

parecchia acqua perché eri pesante. Credo anche che tu abbia urtato con la<br />

schiena contro uno scoglio...<br />

– Ora capisco perché mi duole tanto la schiena! – esclamò Whitley<br />

muovendo la spalla per accertarsi della gravità della ferita.<br />

– Ora, però, mi sembra che ti sia ripreso completamente. Due buoni<br />

massaggi e un paio di pillole hanno compiuto il miracolo...<br />

Sedette accanto a lui e con voce dolcissima gli disse: – Non sono state le<br />

tue leggere ferite a spaventarmi, mio caro, ma la tua lontananza. Al tuo<br />

posto, al mio fianco, c'era il povero Peter in preda al panico ed al terrore...<br />

non sapeva a che santo votarsi e continuava a ripetere che tutto quanto era<br />

successo non era che un sogno, un orribile sogno. Almeno, fosse solo un<br />

sogno... – Poi si morse le labbra: – No, non voglio che sia un sogno, non<br />

voglio...<br />

– Ti amo, Leonora – mormorò Whitley.<br />

– Anch'io – sussurrò la donna. – Ma quale destino è riservato al nostro<br />

povero amore? Cosa succederà di noi?<br />

– Non so, non voglio pensarci. Dobbiamo godere tutto ciò che ci offre la<br />

vita, ora...<br />

Whitley si sollevò aiutato dalla ragazza e, lentamente, indossò la divisa<br />

inzuppata di acqua marina. Un po' di fresco nel grande calore che regnava<br />

nella grotta gli procurò sollievo, ma si sentì stranamente a disagio. Si<br />

impose fermezza e con tono deciso, domandò: – Avete notato segni di vita?<br />

Esseri umani? Animali?<br />

– Esseri viventi, no. Ma animali... sì. Uno era proprio in questa grotta.<br />

Ho chiamato i cacciatori che sono riusciti a scovarlo e a ucciderlo. Era<br />

66


un... rettile, o qualcosa di simile. Molto grosso.<br />

– E l'alba non si decide a spuntare?<br />

– Nulla. Sempre buio come la pece, dal momento in cui ti abbiamo<br />

trascinato nella grotta per farti riprendere i sensi...<br />

Nell'oscurità Whitley riuscì a vedere il suo sorriso luminoso.<br />

– Prima o poi dovrà pur venire, questa benedetta luce – mormorò più a<br />

se stesso che alla sua compagna. – Una tempesta come quella che ci ha<br />

investito prova che questo pianeta ruota intorno ad un asse... Inoltre, se<br />

questo pianeta avesse un emisfero in perenne oscurità, non ci sarebbe<br />

questa temperatura calda... Bene, ma adesso fammi da guida nella nostra<br />

nuova casa!<br />

Leonora afferrò la lampada portatile e fece strada. Si trovavano, così<br />

pensò Whitley, in un lungo tunnel che sfociava nella grotta principale.<br />

Negli angoli della caverna erano raccolti i passeggeri in piccoli gruppi,<br />

seduti su piccoli spuntoni di roccia. Whitley seguì Leonora fino<br />

all'ingresso principale e non fu affatto sorpreso di notarne la ristrettezza,<br />

nonostante l'ampiezza della caverna cui dava accesso. Se l'apertura fosse<br />

stata grande l'avrebbe notata allorché dall'astronave, aveva attentamente<br />

studiato la costa con il binocolo.<br />

Scesero nella completa oscurità sino ai piedi della collina. Whitley prese<br />

la lampade di Leonora e si guardò intorno.<br />

– Come, non c'è nessuno di guardia? – domandò in tono irritato. – Non<br />

sappiamo quali pericoli possano circondarci e, senza nessuna sentinella,<br />

qualunque essere o animale può liberamente penetrare nella caverna...<br />

Signor Saunders! – gridò con tutta la sua voce. – Signor Saunders!<br />

Il Terzo Ufficiale spalancò gli occhi sonnacchiosi e si alzò in piedi<br />

annoiato. – Cosa vuole, comandante? – domandò passandosi le mani sul<br />

viso. – Possibile non si possa mai fare un sonnellino in pace?<br />

– Non è il momento di scherzare. Chiamate gli allievi ed i motoristi, e<br />

dite loro che ho immediato bisogno di vedere tutto l'equipaggio. Svegliate<br />

anche uno dei cacciatori dell'Illiria e mettetelo di sentinella all'ingresso<br />

della grotta con un fucile carico e un paio di bengala a portata di mano.<br />

Sono molto meravigliato che non abbiate provveduto a tutte queste cose!<br />

Saunders sparì brontolando nella grotta e Whitley, pur non vedendola,<br />

comprese dal tono di voce che Leonora era contrariata.<br />

– Trovo assurda questa disciplina da caserma – disse la donna. – Dopo<br />

quello che è successo, è logico e umano che l'equipaggio si conceda un po'<br />

di riposo.<br />

67


– Giusto, ma se non provvediamo a difenderci, può darsi che il nostro<br />

breve riposo diventi eterno! – La sua voce si fece più calma. – Dopo tutto<br />

Leonora, sei stata tu che hai insistito perché io tornassi qui.<br />

– È vero – sussurrò la donna. – E i mezzi giustificano il fine...<br />

– Non bisticciamo – rise Whitley. – Davvero, dobbiamo tutti darci da<br />

fare se vogliamo cavarcela. – Si accorse che qualcuno si era avvicinato ed<br />

interruppe il discorso.<br />

– Chi va là? – gridò.<br />

– Il cacciatore, comandante, il cacciatore che avete mandato a chiamare.<br />

Il miglior fucile della Compagnia Illirica, ve lo garantisco.<br />

– Perfetto. Vi prego di restare di guardia all'ingresso della caverna fino al<br />

momento in cui vi farò sostituire. Se vedrete o udrete qualcosa di sospetto,<br />

non indugiate, sparate un bengala e siate pronto ad usare il vostro fucile.<br />

Intesi?<br />

– Sissignore, comandante. Con i miei compagni stavamo giusto<br />

discutendo che era pazzesco che non ci fosse un servizio di sentinelle ma<br />

non è nostro compito organizzare l'accampamento, non vi pare?<br />

– Avrei davvero preferito che prendeste l'iniziativa... – commentò<br />

Whitley.<br />

Tornò alla grotta con Leonora in attesa che Saunders facesse l'adunata<br />

degli ufficiali e dell'equipaggio, compito tutt'altro che facile date le<br />

circostanze. In tutti i racconti di naufragi, pensò Whitley, ho sempre letto<br />

che i superstiti tentano di accendere un falò. Qui non abbiamo bisogno di<br />

calore, ma un po' di luce potrebbe aiutare a sollevare gli animi depressi...<br />

Maledizione, esclamò. Si era dimenticato di far portare a terra le<br />

lampade ad olio che, nonostante il loro cattivo odore, sarebbero state molto<br />

utili. Anche perché erano munite di un congegno di autoaccensione. Non<br />

era comunque il caso di disperarsi: avrebbe ordinato di raccogliere rami ed<br />

erba secca per accendere un bel falò.<br />

Quando tutti gli ufficiali e l'equipaggio furono riuniti, ebbe inizio la<br />

conferenza indetta da Whitley. Furono stabiliti i turni di sentinella<br />

all'ingresso della grotta, il fuoco che non avrebbe mai dovuto spegnersi e il<br />

razionamento delle provviste. Dopo un breve scambio di idee con gli altri<br />

colleghi, Whitley pensò che un buon riposo non avrebbe nuociuto a<br />

nessuno. Salutò gli amici e disse a Saunders che faceva il primo turno di<br />

guardia di svegliarlo in caso di necessità. Sperò che Leonora venisse a<br />

dormire accanto a lui, ma la donna era occupata a discutere con il dottore.<br />

68


Pazienza, le buone occasioni non sarebbero certamente mancate. Dopo<br />

pochi minuti, il comandante era immerso in un sonno profondo.<br />

18.<br />

Un vecchio proverbio dice che, di solito, le disgrazie arrivano tre alla<br />

volta. Per i superstiti della Lode Maiden, la prima disgrazia fu l'improvviso<br />

cambiamento del tempo. Quando Whitley si svegliò, gli parve di essere in<br />

un forno. L'atmosfera nella grotta era corrotta, come se in essa fossero stati<br />

depositati cadaveri in putrefazione.<br />

Aprì gli occhi con immensa fatica ed osservò Morgan accanto a lui.<br />

– Novità? – domandò.<br />

– Il vento è caduto, signor Quinn.<br />

– Tanto meglio.<br />

Uscì dalla grotta dopo aver invano tentato di individuare Leonora fra<br />

coloro che ancora riposavano e si arrestò a pochi passi dalla caverna.<br />

L'atmosfera era stagnante e si udiva distintamente il rumore della risacca<br />

che lambiva la spiaggia. Dal cono del vulcano in vetta alla collina<br />

uscivano minacciose lingue di fuoco frammiste a fumo acre e soffocante.<br />

Restò immobile nel vano tentativo di prevedere cosa sarebbe ancora<br />

successo e, dopo pochi minuti, si accorse di essere circondato da molti<br />

passeggeri e persone dell'equipaggio che sembravano in attesa di una sua<br />

parola. Ma non seppe né rassicurarli ne confortarli. Provò l'immenso<br />

desiderio di restare solo, per concentrare i suoi pensieri e decidere sul da<br />

farsi. Non dimenticò le necessarie precauzioni e, prima di allontanarsi,<br />

pregò la sentinella illirica di guardia all'entrata della caverna, di prestargli<br />

il fucile. Si fece anche spiegare il funzionamento dell'arma e, a piccoli<br />

passi, si diresse verso l'interno del pianeta. Ma si accorse ben presto che<br />

qualcuno lo seguiva e si voltò improvvisamente con il fucile pronto a<br />

sparare. Non fu sorpreso né dispiaciuto di vedere che la persona che lo<br />

aveva seguito era Leonora.<br />

– Disturbo? – domandò la ragazza.<br />

– Tutt'altro!<br />

– Dove hai intenzione di andare?<br />

– In cerca di solitudine, ho assolutamente bisogno di pensare, di essere<br />

tranquillo. Abbiamo superato il pericolo più grave, ma ho la sensazione<br />

che ci attendano giorni difficili. Non so se potrò essere all'altezza delle<br />

69


esponsabilità che mi sono state affidate... dopo tutto, sono un estraneo.<br />

– Non metterti in testa strane idee, tutti hanno la massima fiducia in te,<br />

dovresti essertene accorto. Onestamente, non credo che ci siano altre<br />

persone capaci di organizzare la nostra vita... quella di questi giorni. Ho la<br />

vaga impressione che tu sia pratico di naufragi, che nella tua vita passata tu<br />

ne abbia affrontati altri...<br />

– Non è che naufragassi abitualmente – sorrise Whitley. – Ad ogni<br />

modo, cerchiamo un posto per sederci. Fa molto caldo, e mi sento<br />

depresso.<br />

Sedettero su un piccolo e scomodo spuntone di roccia che affiorava dalla<br />

sabbia, e restarono a lungo in silenzio, immersi nei loro pensieri.<br />

L'ingresso della caverna era alle loro spalle e di fronte si stendeva il mare,<br />

misterioso come sono misteriosi tutti i mari della Galassia, specie di notte.<br />

La loro meditazione fu improvvisamente interrotta da un improvviso<br />

bagliore comparso nelle vicinanze dello scoglio su cui riposava la Lode<br />

Maiden. – Guarda! – esclamò Whitley a Leonora – guarda quel globo<br />

luminoso che si sposta verso la spiaggia! – Le sue mani tremanti<br />

afferrarono il fucile.<br />

Una grande, colossale sfera luminosa, sembrava essere improvvisamente<br />

sorta dalle profondità del mare vicino alla astronave. Descrisse una<br />

traiettoria curva e si arrestò con una fragorosa esplosione a pochi metri<br />

dall'ingresso della caverna. Subito dopo si udirono alti lamenti e<br />

imprecazioni. I passeggeri rifugiati nella grotta avevano certamente visto<br />

l'enorme sfera di fuoco e, probabilmente, avevano anche subito le<br />

conseguenze dell'improvvisa esplosione. Poi al fracasso infernale seguì un<br />

penoso e turbante silenzio.<br />

Whitley scorse una frotta di forme vaghe che si agitavano nel mare nei<br />

pressi dell'astronave e rabbrividì al battito di un invisibile tamburo il cui<br />

ritmo lento e ossessionante echeggiò sulla spiaggia e sulla collina simile ad<br />

una straziante marcia funebre.<br />

Il Secondo Ufficiale non ebbe un istante di esitazione, imbracciò il fucile<br />

e lo puntò contro gli strani esseri che nuotavano premendo il grilletto con<br />

tutta la sua forza. Dal mare provennero grida inumane mentre la<br />

formazione degli strani nuotatori si disperdeva nella improvvisa<br />

fosforescenza che gravava sulle acque tranquille.<br />

Un colpo sparato da un cannone (ma era davvero un cannone?) a bordo<br />

della strana nave dalla quale si erano tuffati i nuotatori cadde a poca<br />

70


distanza dal posto in cui egli si trovava, sollevando una densa colonna di<br />

sabbia. Leonora gli strinse il braccio, il suo viso era terreo, le sue labbra<br />

percorse da un continuo tremito. Un gruppo di nuotatori si era intanto<br />

avvicinato alla spiaggia e Whitley diresse su questi ultimi le mortali<br />

raffiche del suo fucile automatico. Dopo un attimo che gli parve un secolo,<br />

dall'imboccatura della caverna salì verso il cielo un bengala che illuminò le<br />

acque prospicienti. Fu allora che li vide bene. Gli esseri ostili erano<br />

umanoidi, simili alle rane. Sembravano il parto della fantasia di un Walt<br />

Disney pervertito e sanguinario.<br />

La prima ondata degli umanoidi riuscì, sia pure con gravi perdite, a<br />

raggiungere la spiaggia. Alla luce del bengala Whitley scorse il bagliore<br />

sinistro di lunghi coltellacci che si agitavano in alto. Sparò ancora,<br />

prendendo di infilata i nemici, subito imitato da altre armi che aprirono il<br />

fuoco dall'interno della grotta. Un solo umanoide riuscì ad arrivare a un<br />

centinaio di metri dalla grotta, ma crollò colpito dall'infernale<br />

concentramento di fuoco dei superstiti della Lode Maiden.<br />

Alla prima ondata ne seguì una seconda e poi una terza, ma i violenti<br />

attacchi del misterioso nemico furono contenuti dal fuoco dei passeggeri e<br />

dell'equipaggio dell'astronave. Poi sopravvenne uno strano silenzio.<br />

Il Secondo Ufficiale trascinando la sua amica raggiunse infine<br />

l'imboccatura della caverna, nello stesso istante in cui i cacciatori Illiri<br />

stavano per riaprire il fuoco contro la misteriosa nave nemica.<br />

– Smettete di sparare! – gridò Whitley. – Basta!<br />

– Perché? – gli domandò Leonora molto tranquilla.<br />

– Me lo domandi? Anzitutto bisogna evitare un inutile spreco di<br />

munizioni. E poi non voglio che danneggino ulteriormente quella nave,<br />

non bisogna assolutamente che coli a picco!<br />

Meno di un'ora dopo l'attacco, sull'orizzonte del mare comparve la prima<br />

debole luce dell'alba. La strana fosforescenza di qualche minuto prima si<br />

era dissolta e Witley fu immensamente felice di rivedere il giorno. Oramai<br />

i bengala che gli avevano consentito di osservare la strana nave erano finiti<br />

e non aveva alcuna intenzione di sferrare il contrattacco fino a quando la<br />

visibilità fosse perfetta. I passeggeri e l'equipaggio della Lode Maiden<br />

avevano subito perdite: il cacciatore di sentinella alla grotta era stato<br />

tagliato in due da un missile e la seconda ondata degli uomini rana aveva<br />

causato la morte di due bambini, della loro madre e del biochimico di<br />

bordo.<br />

71


Cinque vittime, pensò Whitley. Cinque su sessantaquattro passeggeri. E<br />

quando attaccheremo, quelli rimasti a bordo combatteranno come topi<br />

presi in trappola. Subiremo certo altre perdite, se il nemico potrà avere il<br />

vantaggio dell'oscurità.<br />

Ad aumentare le sue preoccupazioni, in lontananza si udì il solito<br />

minaccioso rullare di tamburi. Sembrava che qualcuno, da qualche settore<br />

del misterioso pianeta, volesse mettersi in comunicazione con gli<br />

attaccanti.<br />

Con l'aumentare della luce, Whitley si accinse a studiare un piano per<br />

impadronirsi della nave nemica. Doveva approfittare del giorno, ma non<br />

sapeva quanto sarebbe durato.<br />

Alcuni passeggeri si erano nel frattempo recati sulla spiaggia dove erano<br />

avvenuti i combattimenti per recuperare i coltellacci e le armi degli<br />

avversari. Alcuni membri dell'equipaggio avevano iniziato la costruzione<br />

di rozze bare per la sepoltura dei caduti. L'ultimo di noi che resterà vivo,<br />

pensò Whitley, non avrà nessuno che provvederà alla sua tomba. Osservò<br />

con tristezza la distesa giallastra del mare, ora finalmente calmo. <strong>Nelle</strong><br />

primissime ore, si sarebbe deciso il loro destino.<br />

19.<br />

Il triste incarico di recitare il servizio funebre per i caduti fu affidato a<br />

Saunders. Mentre stava per pronunciare le ultime parole: «...ed ora<br />

consegniamo i corpi dei nostri fratelli e sorelle... alla terra di questo<br />

pianeta straniero», il Terzo Ufficiale si portò le mani alla gola, emise un<br />

gemito straziante e crollò di schianto dal piccolo rialzo dal quale aveva<br />

parlato ai presenti. Una freccia metallica lunga circa mezzo metro lo aveva<br />

trafitto al torace. Dall'ingresso della grotta si udì il gracchiare sinistro delle<br />

armi automatiche delle sentinelle mentre proiettili luminosi sibilavano<br />

sulla testa dei passeggeri stupefatti e terrorizzati.<br />

Whitley colpì duramente Leonora costringendola a gettarsi a terra.<br />

– Giù! – urlò con quanta voce aveva in gola. – Giù tutti!<br />

Prima che i superstiti della Lode Maiden potessero eseguire il suo<br />

ordine, una dozzina di arcieri-rana che sembravano aver ripreso il loro<br />

coraggio lanciarono un nugolo di frecce che andarono a conficcarsi nella<br />

sabbia. Gli attaccati non potevano ripararsi né osarono sollevarsi per<br />

prendere una mira accurata: i guerrieri rana spuntavano da ogni parte,<br />

72


come i funghi.<br />

Whitley riuscì a raggiungere il corpo inanimato di Saunders e lì trovò<br />

Leonora che, sfidando le frecce e i colpi di arma da fuoco, tentava di<br />

rianimare il Terzo Ufficiale. – È moribondo – mormorò l'infermiera. –<br />

Oramai non possiamo fare più nulla per lui.<br />

– Gettati in terra! – le ordinò Whitley. – Ti colpiranno!<br />

Restò per qualche secondo con il viso sulla sabbia, cercando di reagire al<br />

profondo scoraggiamento che lo paralizzava. Cosa avrebbe potuto fare?<br />

Nulla... assolutamente nulla. L'unica possibilità di cavarsela era tentare un<br />

disperato abbordaggio all'arma bianca. Sollevò con precauzione la testa e<br />

si guardò intorno. Poi, improvvisamente gridò: – Tutti coloro che sanno<br />

nuotare mi raggiungano. Voglio dodici volontari, subito! Tutti gli altri<br />

cerchino di stare al coperto e costruiscano trincee nella sabbia.<br />

Sempre stando sdraiato, si sfilò l'uniforme, tenendo però la cintura di<br />

cuoio nella quale infilò un coltellaccio catturato ad un nemico. I volontari<br />

non tardarono ad affluire e Whitley diede loro uno sguardo di<br />

riconoscenza. Tutti seguirono il suo esempio e, quando furono pronti, si<br />

diressero carponi verso il mare, evitando i colpi che, di tanto in tanto, il<br />

nemico tirava nella loro direzione. Era ovvio che, dalla nave, l'avversario<br />

spiava le loro mosse, ma anche il fuoco proveniente dalla cava era intenso<br />

e serviva di copertura al coraggioso manipolo.<br />

Whitley, in testa, si voltò guardingo e vide con soddisfazione che i suoi<br />

compagni lo seguivano a breve distanza. Aveva mentito a Leonora, lui non<br />

era mai stato un provetto nuotatore, e le prime bracciate gli parvero quanto<br />

mai faticose. Osservò la nave avversaria che appariva massiccia in<br />

lontananza, simile ad una città galleggiante. Ebbe paura di non poterla mai<br />

raggiungere, tanto più che la corrente marina trascinava lui e i suoi<br />

compagni verso l'estremità meridionale dello scoglio. Chissà se in quel<br />

mare c'erano pescicani? Non volle pensare a tutte queste cose e continuò a<br />

nuotare sempre seguito dal coraggioso gruppo di volontari. Ricordò gli<br />

abbordaggi di pirati di cui aveva letto nelle vecchie storie di mare... Anche<br />

lui ora era un pirata, come i suoi antenati.<br />

Fortunatamente, e non si rese conto per quale ragione, la pioggia di dardi<br />

nemici, prima intensa, era cessata e consentì allo sparuto gruppo di<br />

nuotatori di raggiungere la nave avversaria in prossimità della poppa. Ma<br />

era molto difficile poter salire in coperta, pensò Whitley, mancava ogni<br />

appiglio, ed il nemico che certamente aveva seguito le loro mosse, sarebbe<br />

stato pronto ad accoglierli. Si immerse nell'acqua e riuscì ad afferrare il<br />

73


timore, imitato da alcuni suoi compagni.<br />

– Dobbiamo spostarci verso la prua – mormorò Whitley agli amici.<br />

Gli uomini della Lode Maiden nuotarono silenziosamente lungo lo scafo<br />

verdastro della nave. Whitley fu afferrato dal timore che gli uomini rana,<br />

avendo notato la loro manovra, lanciassero sulle loro teste una tempesta di<br />

missili e frecce. Ma il fuoco proveniente dalla spiaggia teneva molto<br />

impegnato il nemico. Finalmente il Secondo Ufficiale riuscì a raggiungere<br />

il cavo dell'àncora che si sprofondava con un angolo di circa trenta gradi<br />

nel mare, ed era molto teso. Fortunatamente non passava attraverso<br />

l'occhio di cubia come avviene in quasi tutte le navi, ma era fissato ad un<br />

argano rudimentale in coperta. Whitley non si era mai illuso di essere un<br />

esperto ginnasta, ciò nonostante pensò che non sarebbe stato molto<br />

difficile arrampicarsi lungo il cavo dell'àncora e raggiungere così la<br />

coperta della nave nemica. Non si domandò quale accoglienza gli<br />

avrebbero riservato: ...eglio non pensare a certe tristezze.<br />

L'arrampicata lungo il cavo fu più difficile del previsto, perche la corda<br />

era ricoperta da uno spesso strato di alghe che contrastavano la presa delle<br />

dita. Il Secondo Ufficiale si voltò sovente per osservare i suoi compagni e<br />

fu lieto di notare la loro alacrità e coraggio. Un violento fuoco proveniente<br />

dalla spiaggia gli fece comprendere che i superstiti della Lode Maiden<br />

tentavano di agevolare il rischioso abbordaggio impegnando al massimo il<br />

nemico.<br />

Dopo pochi istanti, che gli sembrarono più lunghi dell'eternità, Whitley,<br />

seguito dagli altri undici del coraggioso gruppo, riuscì ad afferrarsi al<br />

trincarino della nave avversaria. Morgan ed il cacciatore dell'Illiria che lo<br />

seguivano a pochi metri, videro una frotta di uomini rana che, brandendo<br />

affilati pugnali, si dirigevano verso prua per impedire l'abbordaggio. Il<br />

Secondo Ufficiale si trovò contornato da una folta schiera di uomini rana e<br />

fece appello a tutte le sue forze. Ne afferrò uno per i polsi, ma la sua stretta<br />

fu inefficace perché la pelle dello strano essere era scivolosa. Aprendosi la<br />

strada a colpi di pugnale, riuscì a indietreggiare verso i suoi compagni e,<br />

insieme a loro, caricò come un dannato, deciso a vendere cara la propria<br />

pelle. In breve, il manipolo di prodi vinse l'ostinatezza dei difensori e<br />

penetrò nell'interno del piccolo bastimento sorpreso di non trovare altri<br />

nemici. Durante il combattimento corpo a corpo gli astronauti avevano<br />

riportato poche e leggere ferite, ma nessuno si fermò. La cosa più<br />

importante era impossessarsi della nave.<br />

74


Mentre insieme agli amici godeva un attimo di tranquillità Whitley udì,<br />

lontano, il continuo ed ossessionante rullare dei tamburi.<br />

La battaglia non era finita. Al contrario, era appena all'inizio.<br />

20.<br />

Una rapida ispezione nell'interno del bastimento portò alla lieta<br />

constatazione che i suoi occupanti erano scomparsi. Sulla coperta<br />

giacevano parecchi cadaveri di strani esseri, privi completamente di<br />

capelli, molto simili alle rane, dalle cui ferite sgorgava un sangue giallastro<br />

dal lezzo ripugnante.<br />

Nonostante l'orribile spettacolo e la situazione tutt'altro che risolta,<br />

Whitley si sentiva felice. Ora finalmente possedeva una nave, come ai<br />

vecchi tempi. Non sapeva quante ore di luce gli restavano, e quindi gli era<br />

impossibile fare piani. Un altro comandante avrebbe inviato una pattuglia<br />

ad esplorare l'interno dello strano pianeta, investigarne le possibilità e<br />

studiare le usanze degli indigeni. Ma Whitley pensò che la cosa migliore<br />

era rimettere in completa efficienza la nave conquistata e allontanarsi al<br />

più presto da quel mare misterioso che non prometteva nulla di buono. Salì<br />

in coperta e, dal punto più alto del ponte, osservò in lontananza un<br />

agglomerato di piccole costruzioni che potevano anche essere abitazioni.<br />

Era ovvio che gli abitanti di questa città erano esseri ostili alla razza<br />

umana, e una pattuglia di esploratori sarebbe stata accolta in modo<br />

tutt'altro che affettuoso. Perché rischiare la vita dei suoi uomini? Meglio<br />

procurarsi un mezzo efficiente e sicuro per allontanarsi al più presto dalla<br />

zona pericolosa.<br />

Per prima cosa, l'Ufficiale in Seconda decise di esaminare la carena della<br />

nave. Non si sorprese nel trovarla piatta, come quelle delle maone che, ai<br />

suoi tempi, navigavano sui grandi fiumi con bassi fondali.<br />

L'interno del bastimento lasciava molto a desiderare. I ponti erano<br />

ricoperti da un denso strato di alghe, sulle quali era difficile camminare<br />

mantenendo l'equilibrio. Ma c'era qualcosa che lo fece a lungo meditare.<br />

Osservò meravigliato una bussola magnetica in ottime condizioni, ed un<br />

piccolo cannone che avrebbe destato l'invidia degli artiglieri dei suoi<br />

tempi. Era certamente questa l'arma che aveva fatto piovere sulla spiaggia<br />

la tempesta di sfere infuocate che avevano provocato la morte di cinque<br />

suoi compagni. La popolazione dello strano pianeta, concluse Whitley, non<br />

75


era primitiva come aveva creduto in un primo tempo. Al contrario, doveva<br />

possedere un certo grado di civiltà... una civiltà tutta particolare. La loro<br />

inospitalità era evidente, ma da cosa derivava? Forse, nel passato questo<br />

popolo aveva subito le scorrerie di predoni della Galassia. Forse nella<br />

stessa Galassia esisteva una razza, il cui aspetto era abbastanza simile a<br />

quello umano, che aveva invaso il pianeta, ucciso, razziato, e poi se ne era<br />

ripartito. Peccato, pensò Whit-tley che il biochimico della Lode Maiden<br />

fosse rimasto ucciso durante il combattimento: se fosse stato presente<br />

avrebbe potuto studiare le caratteristiche fisiche di questi esseri simili alle<br />

rane e, forse, trovato una soluzione. Sul dottore non era il caso di fare<br />

assegnamento; un bravo medico, ma impreparato per complicati studi di<br />

genetica.<br />

Non c'era molto tempo per queste riflessioni. Bisognava dedicare ogni<br />

attività a rendere efficiente la nave. Nella rapida ispezione, Whitley aveva<br />

notato la completa assenza di vele. C'erano solo «stracci», qualche<br />

bozzello, due o tre paranchi, poche lunghezze di cavo ed altri semplici<br />

arnesi di bordo. Non si perse d'animo e ordinò ai suoi compagni di<br />

accingersi ad un lavoro duro, ma che avrebbe dato i suoi frutti. Mandò due<br />

uomini a bordo della Lode Maiden per recuperare gli eventuali paracadute,<br />

tutti i cavi disponibili e tutto ciò che poteva servire per attrezzare la nave<br />

alla vela. L'esperienza non gli mancava, la buona volontà nemmeno:<br />

l'unico fattore di grande incertezza era costituito dal tempo. Su quante ore<br />

di luce avrebbe potuto contare? Quanto sarebbe durato il giorno del<br />

pianeta?<br />

Immerso nelle sue riflessioni, non si accorse che Leonora si era<br />

avvicinata a lui e lo stava osservando da tempo.<br />

L'espressione della donna era irritata. La battaglia e i continui pericoli<br />

avevano certo influito sul suo sistema nervoso.<br />

– Come stai, Leonora? – domandò Whitley.<br />

– Ho notato cose molto strane a bordo di questa nave – rispose la<br />

ragazza. – Alcuni degli indigeni hanno delle specie di gambe... ma non<br />

saprei proprio definire a che razza appartengano...<br />

– Probabilmente alle rane o ai topi! Una volta sistemate le vele...<br />

– Non sai pensare che a questa maledetta nave? – lo interruppe irosa<br />

Leonora.<br />

Lui la guardò, sorpreso: – No, perché?<br />

– Beh, a me, e anche agli altri, della tua nave non importa nulla. Molti<br />

76


passeggeri e componenti l'equipaggio della Lode Maiden la pensano come<br />

me. Dobbiamo esplorare quest'isola, studiarne la flora e la fauna; sai bene<br />

che le nostre provviste non potranno durare eternamente, per cui occorre<br />

provvedere. Tu invece, ti diverti a giocherellare con questo gingillo di<br />

bastimento, come un ragazzino...<br />

– Non è affatto un gingillo, ma una nave, una vera nave. Non so quanto<br />

durerà la luce, ma spero d'avere il tempo sufficiente per rimettere in<br />

efficienza questo «gingillo», come tu lo chiami...<br />

– E poi?<br />

– E poi, andarcene da questo posto maledetto. Secondo me, non siamo<br />

molto distanti dall'equatore... Ho trovato a bordo un magnete che mi ha<br />

consentito di effettuare qualche calcolo approssimativo... Penso che, nelle<br />

regioni polari, potremo trovare un clima molto più salubre.<br />

– E allora, perché non sei atterrato nelle vicinanze del Polo? – chiese lei,<br />

irragionevolmente. Volse uno sguardo irritato a Whitley e si allontanò<br />

rapidamente. Per un attimo il Secondo Ufficiale pensò di seguirla, ma poi<br />

si strinse nelle spalle e riprese i suoi ragionamenti e calcoli mentali.<br />

Leonora tornò alla spiaggia, nervosissima e in preda a tristi pensieri.<br />

<strong>Nelle</strong> vicinanze della grotta fu avvicinata dalla signorina Emerson che<br />

esclamò: – Leonora, non ti sembra sia giunta l'ora di esplorare questo<br />

pianeta per cercare qualcosa di utile alla nostra vita? Le nostre provviste,<br />

purtroppo, non sono eterne...<br />

– Non mi seccare! – rispose sgarbatamente l'infermiera. – Rivolgetevi al<br />

signor Whitley... Volevo dire, al signor Quinn, per queste cose. È lui qui il<br />

Gran Capo...<br />

– Scusa, ma io pensavo...<br />

– Cosa, pensavi? Qui uno solo ha diritto di pensare, capito?<br />

Rientrò nella grotta e cercò di darsi da fare per distrarsi. Il piccolo<br />

ospedaletto da campo organizzato da lei e dal dottore, funzionava molto<br />

bene, e le ferite riportate dai combattenti durante la battaglia stavano<br />

migliorando sensibilmente. Probabilmente, pensò Leonora, i<br />

microrganismi di questo pianeta non hanno una speciale preferenza per i<br />

tessuti umani. Stanca ed annoiata, uscì di nuovo dalla grotta, con<br />

l'intenzione di fare una passeggiata fino all'arcipelago che si poteva<br />

osservare in lontananza, distante non più di dieci miglia. Whitley aveva<br />

ordinato che nessuno e per nessuna ragione poteva oltrepassare i limiti del<br />

campo in un raggio di mezzo miglio. Ma Leonora se ne infischiò delle<br />

77


norme stabilite dal Gran Capo e, afferrato un fucile, si diresse verso nord.<br />

Purtroppo non trovò munizioni per l'arma, in quanto erano state depositate<br />

in un nuovo magazzino e lei non sapeva dove fosse. Né si preoccupò di<br />

chiedere informazioni a quelli dell'equipaggio per non destare sospetti e<br />

perché nessuno doveva sapere di questa sua passeggiata solitaria.<br />

Sissignore, pensò, me ne infischio del signor Whitley o Quinn, faccio ciò<br />

che mi pare e piace. Per giungere nelle vicinanze dell'arcipelago bisognava<br />

salire sulla collina vulcanica dalla quale si poteva godere il panorama del<br />

golfo. Dallo stesso punto avrebbe anche potuto notare l'arrivo di esseri<br />

ostili e fuggire in tempo. Ma questa eventualità non la preoccupò affatto.<br />

La salita della collina fu più faticosa del previsto a causa del terreno<br />

friabile e sdrucciolevole. Giunta sulla vetta, Leonora si guardò intorno.<br />

Visti in lontananza, gli uomini della Lode Maiden gli apparvero come tante<br />

formiche industriose che trafficavano sulla spiaggia. Osservò anche la<br />

nave di Whitley e le sue labbra si piegarono in una smorfia di sprezzo.<br />

Verso sud, si elevava il vulcano, ora più attivo che mai. Osservando le<br />

fiamme e il fumo che uscivano dal suo cratere, Leonora ebbe un piccolo<br />

tremito. Attraverso gli oculari del binocolo notò anche piccoli torrenti di<br />

lava incandescente che scorrevano lenti lungo i fianchi della collina. Di<br />

tanto in tanto, una violenta esplosione lanciava in alto frammenti di roccia<br />

e pietre infuocate.<br />

Ma lei era salita sulla collina per osservare l'arcipelago: le apparve più<br />

invitante e misterioso che mai. In lontananza credette anche di scorgere un<br />

agglomerato di case, un villaggio, ma la nebbia sollevatasi<br />

improvvisamente non le consentì una chiara visuale.<br />

Ad un tratto, la sua attenzione si rivolse al mare, a circa due miglia di<br />

distanza, dove erano comparse strane forme che si immergevano nell'acqua<br />

per risalire a galla dopo pochi istanti con grandi volteggi. Sulle prime<br />

pensò che fossero pesci volanti, simili a quelli che abitavano i mari del suo<br />

pianeta, ma poi si ricredette, perché gli strani animali non volavano, ma<br />

volteggiavano ed erano assolutamente privi di ali.<br />

Seguendo nel binocolo lo strano volo, notò anche una flottiglia di ombre<br />

nere che, dalle lontane isole, si dirigeva verso la spiaggia. Forse erano altre<br />

navi degli strani abitanti del pianeta, e Leonora pensò di ritornare<br />

immediatamente all'accampamento per dare l'allarme. Ma poi vi rinunciò.<br />

Le imbarcazioni erano ancora molto lontane, lontanissime e, prima di<br />

segnalare il pericolo, avrebbe potuto rendersi conto della loro forza<br />

effettiva e dell'armamento.<br />

78


Restò ad osservare l'armata di imbarcazioni che si muovevano, aiutate<br />

dalla corrente con rapidità sorprendente. Ma il procedere irregolare delle<br />

imbarcazioni le fece nascere qualche dubbio. Dubbio che si mutò in<br />

certezza quando poté distinguere sulla imbarcazione più vicina sporgersi<br />

una specie di tentacolo che si immerse nell'acqua e quindi ritrasse una<br />

forma guizzante, simile ad un pesce, che sparì nella tolda. Interessante.<br />

Chissà se quelle imbarcazioni potevano affidarsi solo alle correnti e al<br />

gioco delle maree, o se invece potevano manovrare? Whitley l'avrebbe<br />

facilmente capito. Al diavolo, Whitley. Al diavolo lui e le sue navi.<br />

D'improvviso davanti ai suoi occhi cadde una specie di sipario, un velo<br />

di densa nebbia umida che le impedì di vedere a un metro di distanza. Si<br />

sentì terribilmente sola e, nonostante l'intenso calore dell'aria, fu percorsa<br />

da un lungo brivido. Sperò di poter ritrovare il piccolo sentiero che portava<br />

alla spiaggia e, per un attimo, sentì la mancanza del Secondo Ufficiale.<br />

Whitley, anche nei momenti più critici, mostrava sempre un rassicurante<br />

sangue freddo, era persino capace di scherzare di fronte al pericolo; il suo<br />

comportamento poteva talvolta definirsi assurdo, ma serviva a ridare<br />

coraggio.<br />

Maledì di non aver chiesto dove si trovavano le munizioni. Il fucile che<br />

ora aveva fra le mani costituiva solo un impaccio ed un inutile peso...<br />

Leonora tentò di gridare. Ma la viscida mano le tappò la bocca e quattro<br />

robusti tentacoli la sollevarono di peso, trascinandola nella nebbia.<br />

21.<br />

– Dov'è Leonora? – domandò Whitley al dottore. Si sentiva stanco e<br />

desiderava fare quattro chiacchiere con qualcuno.<br />

– Non so – bofonchiò il medico. – L'ho vista passare un po' di tempo fa e<br />

mi è parsa molto nervosa. Non era ancora calata la nebbia... pensavo fosse<br />

con voi.<br />

– Domanderò alle sentinelle se l'hanno vista – disse ancora Whitley.<br />

– Non preoccupatevi, la mia infermiera è troppo furba e intelligente per<br />

smarrirsi... piuttosto evitate di bisticciare. Le donne talvolta sono nervose,<br />

bisogna capirle!<br />

Whitley interrogò le sentinelle di guardia all'accampamento. Quelle a<br />

nord e sud della spiaggia dichiararono recisamente di non aver visto<br />

79


l'infermiera, ma la guardia al sentiero che portava alla collina parve<br />

alquanto impacciata.<br />

– E così, tu dici di non aver mai abbandonato il tuo posto, vero? – lo<br />

investì Whitley. – Ma io non ti credo; ci troveremo più tardi per regolare i<br />

conti... – Si volse al cacciatore dell'Illiria che oramai era divenuto la sua<br />

guardia del corpo, e a Morgan – Andiamo, – disse. – Seguitemi.<br />

I tre uomini percorsero il sentiero che portava alla collina arrancando<br />

con difficoltà. D'un tratto, Morgan s'arrestò, gli occhi fissi a terra: –<br />

Guardate! – esclamò. A pochi metri da loro c'era il fucile scarico di<br />

Leonora e sul terreno erano ancora visibili le impronte lasciate dalle scarpe<br />

dell'infermiera. Più distante, un piccolo lembo di stoffa dello stesso colore<br />

dell'abito indossato da Leo, ma macchiato di giallo, confermò i tristi<br />

presentimenti di Whitley.<br />

– Ritorneremo alla nostra nave e sferreremo un attacco in forze contro la<br />

città! – disse il Secondo Ufficiale. – Ma cosa sarà venuta a fare Leonora da<br />

queste parti, e sola!...<br />

– Secondo me, – disse il cacciatore – i nostri nemici avranno certo posto<br />

delle vedette, e se vedranno la nave salpare si metteranno in allarme. Direi<br />

che tre uomini decisi, armati di fucile e con l'oscurità della notte,<br />

potrebbero essere sufficienti. Un reparto più numeroso sarebbe facilmente<br />

individuato.<br />

Gli spaziali, uomini o donne, non sono facile preda al panico, e Leonora<br />

non faceva eccezione. Cercò di combattere, di respingere l'aggressione, ma<br />

si impose calma e ragionamento. Ritenne inutile continuare a lottare. La<br />

sproporzione delle forze era enorme. Meglio conservare intatta tutta<br />

l'energia, in attesa di passare al contrattacco. I suoi aggressori erano tre, e<br />

non avevano nulla di umano. Se no, avrebbe cercato d'impiegare contro di<br />

loro un'arma assai più efficace che il fucile, un'arma che tutte le donne<br />

hanno sempre sfruttato con successo da che mondo è mondo. Ma su quegli<br />

extraumani, la vecchia magia nera non avrebbe avuto alcun effetto, avesse<br />

anche posseduto il segreto del loro incomprensibile idioma.<br />

Ma chi erano veramente questi strani esseri simili a rane nelle cui vene,<br />

se pur avevano vene, scorreva sangue verde-giallo? Leonora ricordò gli<br />

studi di biologia fatti all'Università di Woomera, Reparto Spaziale. Aveva<br />

osservato parecchi campioni di esseri che se ne vivevano tranquillamente e<br />

in pace fino al momento in cui qualche scienziato curioso li catturava per<br />

sottoporli ad accurata autopsia. Tentò di liberarsi dalla stretta di quei<br />

80


quattro mostri, ma quello che le stava al fianco gracidò qualcosa e le diede<br />

un buffetto sulla guancia, quasi a consigliarle di starsene tranquilla.<br />

Leonora notò che il terreno che ora percorrevano era molto diverso da<br />

quello che aveva sino allora esplorato, molto più soffice, e cosparso di<br />

strati di alghe che talvolta le pizzicavano le gambe. Dalla terra emanava<br />

una continua nuvola di fumo caldo e irritante, molto simile ai gas delle<br />

paludi, dal lezzo irrespirabile. Affondava nella melma sino al ginocchio,<br />

ma i suoi guardiani procedevano spediti, i loro piedi palmati non<br />

affondavano nel terreno soffice. Leonora ebbe la scorante coscienza che<br />

mai esseri umani avrebbero potuto percorrere un simile cammino. Il<br />

pensiero d'un salvataggio dal mare, non la sfiorò nemmeno: per lei, la nave<br />

di Whitley era ancora solo un inutile gingillo.<br />

D'un tratto, le parve che la palude che stavano attraversando vibrasse,<br />

pulsasse. Infatti, scorse piccoli gonfiori che comparivano e scomparivano<br />

simili a bolle d'aria infetta. Una delle bolle scoppiò vicinissima a loro, e ne<br />

uscì un lezzo che la costrinse ad appoggiarsi alle sue guardie per non<br />

cadere svenuta. Il viaggio continuò così, interminabile, faticosissimo, fino<br />

a quando le parve che il terreno sotto i suoi piedi divenisse più solido e<br />

compatto. La nuova sensazione non le fu affatto di conforto: anche se fosse<br />

riuscita a fuggire, non sarebbe mai stata capace di attraversare la fetida<br />

palude che la separava dalla collina e dalla spiaggia.<br />

Dopo qualche ora di cammino, i quattro giunsero ad una palizzata sulla<br />

quale si apriva un cancello. Leonora capì di essere arrivata alla città che<br />

aveva intravisto in lontananza. Ma non ebbe il tempo di osservare bene i<br />

sentieri e le casupole, perché i suoi angeli custodi la trascinarono quasi di<br />

corsa attraverso le viuzze strette fiancheggiate da capanne e piccole casette<br />

verdi e gialle. Al suo passaggio la popolazione della cittadina emetteva<br />

strani suoni simili al gracidare delle rane ed agitava le braccia (erano<br />

davvero braccia?) per esprimere, probabilmente, la propria gioia. Ad un<br />

certo momento le sue guardie furono costrette ad aprirsi il passaggio tra la<br />

folla con i pugnali, perché la massa dei piccoli esseri impediva loro di<br />

procedere.<br />

Giunsero finalmente nelle vicinanze di quello che poteva essere definito<br />

un piccolo porto di mare. Leonora osservò un frangiflutti di pietra al quale<br />

erano ormeggiate moltissime imbarcazioni simili a quella catturata da<br />

Whitley. Leonora sorrise pensando che il Secondo Ufficiale sarebbe stato<br />

contentissimo di trovarsi in quella località. Ma ciò che attirò la sua<br />

attenzione (e chi non l'avrebbe vista?) fu una astronave attraccata ad un<br />

81


molo separato. Era come una immensa boa, galleggiava con la poppa<br />

immersa nell'acqua, mentre la prua era molto alta sul livello del mare. La<br />

sua origine terrestre non poteva essere messa in dubbio. Nonostante lo<br />

spesso strato di alghe che ricopriva lo scafo, si distingueva benissimo la<br />

stella dorata, il notissimo contrassegno di tutte le navi appartenenti al<br />

Servizio di Ricerca Spaziale.<br />

Leonora volle fermarsi per osservare la grossa unità la cui mole<br />

contrastava con le piccole navicelle attraccate al frangiflutti poco distante.<br />

Ma le sue guardie la trascinarono con violenza, facendola entrare in una<br />

casa che sorgeva nei pressi dell'astronave. La costruzione e l'interno<br />

dell'edificio erano molto diversi e sembravano appartenere a due stili<br />

differenti. Leonora notò una vasta piscina nella quale nuotavano centinaia<br />

di piccolissime creature alcune delle quali avevano solo una sottilissima<br />

coda, altre piccoli embrioni di braccia e di gambe. Molti di questi<br />

abominevoli esseri si avvicinarono alla sponda della piscina ed<br />

osservarono la donna con occhi maligni e sguardi ostili. Poi rivolsero alla<br />

sua scorta piccoli e acuti gracidii.<br />

Poi Leonora fu trascinata lungo una ripida scala completamente immersa<br />

nella oscurità.<br />

22.<br />

L'ambiente era illuminato da una debole luce proveniente da una<br />

misteriosa fonte. Leonora volse intorno lo sguardo ed osservò gli strani<br />

esseri somiglianti alle rane. Il suo viso e le mani erano sporchi e desiderò<br />

con tutto il cuore un poco di acqua per potersi lavare.<br />

La stanza dove si trovava era grande, con una enorme finestra dalla<br />

quale si poteva vedere il mare in lontananza. Dietro i vetri della finestra,<br />

orribili visi osservavano con curiosità quelli che si trovavano nella sala.<br />

Sul pavimento c'erano piccoli rivoli di umidità e dai muri ricoperti di alghe<br />

cadevano grosse gocce d'acqua. Leonora osservò meravigliata gli strani<br />

macchinari poggiati contro le pareti e si domandò a cosa potevano servire.<br />

Uno aveva l'apparenza di un grosso tamburo, era ricoperto da stoffa<br />

colorata verde e gialla e, di tanto in tanto, un piccolo essere munito di un<br />

bastone, batteva violentemente sulla pelle traendone un suono cupo e<br />

profondo.<br />

L'infermiera guardò con interesse il gruppo di umanoidi seduti alla<br />

82


grande tavola in mezzo alla sala e una lieve speranza parve rianimare il suo<br />

cuore. Nessuno fino a quel momento le aveva fatto alcun male e se le<br />

avessero consentito di parlare, avrebbe potuto dire che i suoi amici<br />

superstiti rifugiati nella grotta non avevano alcuna cattiva intenzione. Gli<br />

esseri seduti alla tavola erano del tutto simili agli altri, però portavano al<br />

collo gemme scintillanti e strani ornamenti che probabilmente stavano ad<br />

indicare il loro rango e la loro autorità. Osservando i gioielli Leonora<br />

concluse che questo strano popolo doveva avere una sua civiltà. Forse<br />

appartenevano ad una vecchia, antichissima civiltà le cui origine erano<br />

andate smarrite, sperdute nel tempo e nell'immensità della Galassia.<br />

Guardò le sue mani sporche e provò vergogna del suo aspetto disordinato e<br />

sciatto: anche nel pericolo, restava una donna.<br />

Improvvisamente da due grosse manichette fissate ad una parete<br />

sgorgarono violenti getti di acqua limpida che la investirono in pieno,<br />

facendola quasi cadere. Tentò di gridare, ma fu afferrata da mani robuste<br />

che la costrinsero a restare immobile esposta alla violenza dell'acqua.<br />

Tentò anche di liberarsi dalla stretta, ma non poté impedire che le dita<br />

adunche degli uomini rana le strappassero i vestiti, lasciandola<br />

completamente nuda in balìa del violento getto liquido che sembrava<br />

seguirla nei suoi brevi spostamenti. Indignata più che spaventata per il<br />

trattamento subito, cercò di assumere un atteggiamento dignitoso e rivolse<br />

alle creature sedute alla tavola uno sguardo sprezzante.<br />

Un piccolo essere si avvicinò a lei con un ghigno maligno. Era<br />

impossibile, pensò, che il suo corpo nudo potesse costituire una attrattiva<br />

sessuale. Ciò nonostante, tremò al pensiero che le piccole adunche mani<br />

potessero sfiorare la sua pelle. Ora i capi radunati intorno alla tavola<br />

stavano discutendo animatamente. L'argomento della loro discussione non<br />

poteva essere che lei, poiché ogni tanto la fissavano e la indicavano con le<br />

lunghe dita appuntite. Poi, parve che avessero preso una decisione. Si<br />

alzarono e si diressero saltellando verso la porta. L'individuo che si era<br />

avvicinato a lei la afferrò per una mano e la trascinò lungo un tunnel<br />

oscuro che portava ad un'altra grande sala sulle cui pareti erano appese<br />

immagini di strane figure.<br />

Leonora vide un astronauta con indosso la tuta spaziale accanto ad uno<br />

scheletro articolato che non aveva nulla di umano. Le sue mani avevano<br />

sette dita e le ginocchia erano bassissime, quasi all'altezza delle caviglie.<br />

La terza immagine era quella di un uomo completamente nudo, un corpo<br />

imbalsamato, un manichino. La sua testa era lunghissima, ricoperta da una<br />

83


specie di cresta e priva di capelli, il torace ampio dal quale si staccavano<br />

numerose braccia stranamente articolate. Questo strano essere non poteva<br />

appartenere alla razza umana, anche se alcune sue caratteristiche erano<br />

molto simili a quelle dei terrestri.<br />

Il piccolo spregevole individuo che l'aveva trascinata nella sala la spinse<br />

in un'altra camera in cui troneggiava un enorme ritratto del Comandante<br />

della astronave che era attraccata nel piccolo porto. Leonora osservò il<br />

ritratto mentre altri uomini rana entrati nella stanza la guardavano con i<br />

piccoli occhi, quasi a scoprire se la vista di un terrestre le faceva piacere.<br />

Era evidente che quello strano pianeta era stato in precedenza visitato da<br />

altre razze, da altri esploratori, i quali erano stati sconfitti e annientati. Le<br />

immagini osservate da Leonora ne erano la chiara conferma. Ma i<br />

superstiti della Lode Maiden non sarebbero stati sconfitti, pensò Leonora, e<br />

ben presto Whitley sarebbe venuto in suo aiuto. Il ricordo del Secondo<br />

Ufficiale le diede nuova forza e nuovo coraggio. Dopo tutto non era ancora<br />

morta, ed un vecchio proverbio dice: finché c'è vita, c'è speranza.<br />

23.<br />

Withley si agitò nella cuccetta. Il dolore alla schiena non era<br />

scomparso, ed il suo corpo era madido di sudore. Pensò con nostalgia<br />

all'aria fresca e balsamica di Terra e aprì gli occhi osservando con<br />

disgusto i contorni ondeggianti ed i colori incerti della stanza in cui si<br />

trovava. Afferrò una sigaretta dal pacchetto posato sul tavolino accanto<br />

alla cuccetta e tentò invano di accenderla. La carta della sigaretta era<br />

impregnata di umidità, una umidità appiccicosa e maleodorante.<br />

Dalla finestra spalancata udì il battito irregolare della falciatrice...<br />

qualcosa non funzionava a dovere, forse il dottore non aveva ben regolato<br />

il piccolo carburatore.<br />

Che strano sogno, pensò Whitley, che incubo! Il suo corpo si era fuso<br />

con quello della donna: in lui c'era qualcosa di Leonora, e Leonora aveva<br />

in se qualcosa che ora non gli apparteneva più. Ma era stato davvero un<br />

sogno? Sovente le donne nei sogni sono migliori di quelle vere, di quelle<br />

che appartengono alla vita reale...<br />

Si voltò ad osservare la poltrona... non era più una poltrona, bensì una<br />

prigione, una prigione con grosse sbarre di ferro, attraverso le quali gli<br />

parve di vedere il corpo nudo di Leonora che si agitava. La ragazza parve<br />

84


osservarlo, ma non disse nulla: i suoi occhi erano supplichevoli, pieni di<br />

lagrime.<br />

Forse il dottore aveva avuto delle noie con la falciatrice. Il motore si<br />

arrestò improvvisamente e da lontano Whitley credette di udire il battito<br />

cupo ed ossessionante di un tamburo...<br />

Whitley ascoltò con attenzione ciò che diceva Paine, il Secondo<br />

Ufficiale motorista. Era una brava persona, di poche parole, un lavoratore<br />

esperto e serio, l'unico che avrebbe saputo sostituirlo nel comando.<br />

– Non posso prometterti nulla, – disse Paine. – Ma farò del mio meglio,<br />

ne puoi essere certo.<br />

– Ho la massima fiducia in te – disse Whitley, stringendogli la mano. –<br />

Vorrei che, al mio ritorno, la nave fosse pronta a salpare. È probabile che<br />

dovremo partire immediatamente. È in ballo la nostra vita e quella dei<br />

nostri passeggeri... Ma è inutile che te lo ripeta...<br />

– Farò tutto il possibile, stai tranquillo...<br />

Whitley raggiunse Morgan ed il cacciatore e controllò le armi. Tutto a<br />

posto. I tre uomini si caricarono sulle spalle tre grosse plance di legno<br />

trovate a bordo della nave degli uomini rana e, dopo aver rivolto un ultimo<br />

sguardo alla spiaggia, Whitley disse:<br />

– Coraggio, mettiamoci in marcia.<br />

Il cacciatore si mise in testa alla piccola colonna che si incamminò verso<br />

l'interno della pianura, attraverso la mefitica palude che portava alla<br />

misteriosa città. Le plance erano un peso notevole, ma erano utilissime per<br />

non sprofondare nella melma. Whitley osservò gli strani animali che<br />

abitavano la palude e, più di una volta, fu costretto ad allontanarli con il<br />

pugnale che teneva ben stretto nella sua mano. Dopo una faticosa e lunga<br />

marcia, il gruppo giunse nelle vicinanze della palizzata presso la quale<br />

stava una sentinella di guardia, che però pareva interessatissima ad<br />

osservare qualcosa in lontananza. L'uomo-rana non vide i tre uomini che,<br />

camminando carponi, si diressero verso il piccolo cancello. Il cacciatore si<br />

avvicinò a Whitley e gli mormorò: – Per la sentinella ci penso io, capo!<br />

– Sii molti prudente. Se ci scoprono, siamo finiti!<br />

Mentre George e Morgan si acquattavano sul terreno sdrucciolevole, il<br />

cacciatore si avvicinò come una volpe alla sentinella, sempre<br />

impegnatissima a guardare verso la città. Con un balzo l'afferrò alla gola e<br />

gli piantò il lungo pugnale nella schiena. Dalla ferita sgorgò un fiotto di<br />

sangue giallastro, il cui lezzo fece quasi vomitare Whitley.<br />

85


– Tutto libero! – mormorò il cacciatore. I tre terrestri si diressero lungo<br />

quella che sembrava la strada principale e che, per loro fortuna, appariva<br />

completamente deserta. Leonora, non poteva essere che in una delle<br />

piccole case del paese, ma quale? Camminando rasente i muri, i tre<br />

astronauti giunsero in una piccola piazza in mezzo alla quale sorgeva una<br />

fontana. Osservarono con apprensione un centinaio di uomini rana che<br />

stavano discutendo animatamente ed indicavano le finestre di una casa più<br />

alta delle altre, dalla quale proveniva un leggero battito di tamburi.<br />

Whitley sentì un brivido, ma si fece forza e accennò ai suoi compagni di<br />

seguirlo. Penetrò in una piccola casa a due piani la cui porta era aperta e<br />

salì le due rampe di scale con il fucile spianato. Entrò in una stanza vuota e<br />

attraverso la finestra osservò il palazzo di fronte dal quale provenivano<br />

strane grida e dalla cui porta entravano ed uscivano in continuazione gli<br />

uomini rana che sembravano particolarmente eccitati.<br />

Lo spettacolo che si offrì ai suoi occhi lo fece trasalire e, per un istante,<br />

credette di svenire. In mezzo alla grande sala era stata montata una grezza<br />

croce di legno a cui era appeso, legato per i polsi, il corpo di Leonora<br />

completamente nudo. Gli uomini rana passavano accanto alla croce<br />

gettando rifiuti, pietre ed altri oggetti contro la ragazza, i cui occhi erano<br />

socchiusi. Whitley chiamò a se i due fedeli amici e, senza un attimo di<br />

incertezza fece fuoco contro la massa di uomini rana che, colti di sorpresa,<br />

furono presi dal panico e si slanciarono verso l'uscita gridando come<br />

ossessi. Il Secondo Ufficiale, Morgan e il cacciatore lasciarono la stanza<br />

precipitandosi al piano terreno e dalla soglia della casa, continuarono a<br />

sparare sugli avversari falciandoli con il fuoco dei loro fucili automatici.<br />

Mentre Morgan e il cacciatore lo proteggevano alle spalle. Whitley entrò<br />

nel Palazzo e di corsa raggiunse la sala dove era crocefissa la sua amica. Il<br />

suo corpo era ricoperto da un denso strato di immondizie, da alcune ferite<br />

sgorgava il sangue, ma era ancora viva: dalle sue labbra usciva un gemito<br />

continuo, quasi una preghiera. Whitley tagliò con il pugnale i legami che<br />

bloccavano i suoi polsi alla croce e caricando il suo corpo sulle spalle, si<br />

precipitò nella strada, sempre protetto dal fuoco di Morgan e del<br />

cacciatore.<br />

– Coraggio, comandante! – esclamò Morgan senza smettere di sparare –<br />

andate avanti, noi vi proteggeremo le spalle, non abbiamo tempo da<br />

perdere!<br />

Dopo pochi secondi, i tre terrestri sempre trascinando Leonora avevano<br />

oltrepassato la palizzata che circondava la città e iniziavano la penosa<br />

86


marcia che doveva riportarli attraverso la mefitica palude, verso la<br />

spiaggia, la nave e la salvezza.<br />

L'attraversamento della palude fu estremamente faticoso. Leonora non<br />

poteva camminare e doveva essere trasportata a spalla dai suoi salvatori.<br />

Dopo aver percorso poche centinaia di metri, il piccolo gruppo si arrestò:<br />

in lontananza si udiva ancora il battito dei tamburi provenire dalla città<br />

degli uomini rana.<br />

Il fondo della palude pareva ribollire, grosse bolle apparivano alla sua<br />

superficie e scoppiavano al passaggio dei fuggiaschi, saturando l'aria di un<br />

lezzo irrespirabile. Morgan, che era in coda, gridò ad un tratto: –<br />

Comandante, stanno ritornando all'attacco! Camminate più lesto che<br />

potete, se ci raggiungono saremo perduti. Le munizioni scarseggiano e non<br />

so se riusciremo a tenerli a distanza!<br />

Whitley, affranto dalla fatica, posò sulla plancia il corpo di Leonora. –<br />

Come ti senti? – le domandò.<br />

– Molto debole, ma credo di poter camminare!<br />

L'infermiera si era molto ripresa, le sue guance avevano perduto il colore<br />

terreo e il sorriso che comparve sulle sue labbra alle parola di Whitley<br />

servì a dare maggior forza al suo salvatore.<br />

La palude sembrava non finire mai. In lontananza si scorgeva il vulcano<br />

in cima alla collina che pareva impazzito. Il suo cratere eruttava<br />

spaventose fiamme, cenere incandescente e lapilli: un grosso torrente di<br />

lava scendeva verso il mare e, ad intervalli, si udivano boati spaventosi che<br />

facevano tremare la terra e la palude. Sembrava che la massa di alghe in<br />

putrefazione sotto i piedi di Whitley ribollisse ed il Secondo Ufficiale ebbe<br />

il timore che si aprisse davanti a loro una improvvisa voragine bloccando<br />

la loro ritirata.<br />

Alle sue spalle, Morgan e il cacciatore continuavano a sparare contro gli<br />

uomini rana che ora era possibile distinguere non molto lontano e che si<br />

avvicinavano rapidamente. Ad un tratto udì un grido alle sue spalle e si<br />

voltò. Il cacciatore era stato colpito da una grossa pietra lanciatagli dagli<br />

inseguitori ed era caduto nella palude, affondando lentamente. In pochi<br />

secondi era scomparso, inghiottito dal fango.<br />

La fuga dei tre superstiti proseguì fino ai piedi della collina. Whitley,<br />

spossato, si arrestò. Gli parve che il vulcano precipitasse sul suo corpo<br />

tremante e chiuse gli occhi, affranto dalla fatica e dalla emozione.<br />

Riuscì solo a sentire una voce vicina che mormorava: – Aiutatemi,<br />

Morgan, aiutatemi. Da sola non posso trasportarlo, è troppo pesante per<br />

87


me...<br />

Quando riaprì gli occhi, si trovò sulla spiaggia con la faccia contro la<br />

sabbia e udì l'amichevole rumore della risacca che lambiva la costa. Una<br />

piccola onda gli accarezzò il viso. Accanto a lui, Leonora sembrava<br />

attendere il suo risveglio. Osservò la magnifica nudità del corpo della<br />

donna, ma non provò alcuna emozione. Avrebbe voluto possederla quando<br />

l'aveva salvata togliendola dalla croce... ma sarebbero venuti altri giorni,<br />

altri momenti più tranquilli e sereni. Bisognava avere fiducia.<br />

Udì dei passi che si avvicinavano. Era Paine. Il motorista diede un<br />

rapido sguardo alla donna e si mise in ginocchio accanto a Whitley.<br />

– Quinn! – esclamò con ansia. – Dobbiamo andarcene subito da questa<br />

isola!<br />

– Sono tutti a bordo della nave?<br />

– Tutti, ad eccezione di voi. Il vulcano è esploso, la lava fra poco ci<br />

investirà e l'isola sarà inghiottita dal mare. Dov'è il cacciatore?<br />

– Morto! – rispose con tristezza Whitley – morto per consentire a noi di<br />

salvarci.<br />

Dopo pochi minuti si trovavano a bordo della nave. Il dottore era<br />

accanto a loro e nella mano teneva un bicchiere colmo di una sostanza<br />

verdastra. – Bevete questo! – disse a Whitley. – Dopo ne sentirete le<br />

conseguenze, ma ora vi ridarà la forza di cui avete tanto bisogno.<br />

– Grazie dottore – rispose il Secondo Ufficiale.<br />

Si diresse verso la poppa della nave, osservò con soddisfazione il<br />

perfetto lavoro effettuato da Paine durante la sua assenza e accarezzò la<br />

barra del timone.<br />

– Tutti al posto di manovra! – esclamò dopo pochi istanti.<br />

La nave parve animata da una nuova vita. L'equipaggio, istruito da lui e<br />

da Paine, si recò in un attimo alle proprie destinazioni in attesa di ordini.<br />

– Pronti per mollare il cavo di prua! – esclamò Whitley.<br />

Una folata di vento caldo lo investì provocandogli un senso di nausea.<br />

Comunque sia, è sempre vento, pensò il nuovo comandante. E sarà questo<br />

vento caldo che ci aiuterà ad uscire da questo forno per prendere il mare.<br />

Il cavo di prua fu mollato e la nave, cullata dalle onde, con le vele gonfie<br />

di vento, si diresse verso l'imboccatura del piccolo porto.<br />

88


24.<br />

Leonora, accanto a lui a poppa, guardò a lungo a nord e a sud,<br />

osservando affascinata la brillante manovra di Whitley per uscire dal<br />

porticciolo.<br />

L'eruzione del vulcano aveva molto limitato la zona di acqua che<br />

portava in mare aperto, si potevano scorgere ad occhio nudo enormi masse<br />

di roccia che precipitavano in mare sollevando grosse onde frammiste a<br />

fumo e accompagnate da formidabili boati.<br />

L'equipaggio lavorava di tutta lena per favorire la manovra, ma una<br />

fortissima corrente sembrava trascinare il veliero verso la parte occidentale<br />

della costa, dove era il piccolo porto degli uomini rana. Whitley tentò con<br />

ogni mezzo di mettere la prua in mare aperto, ma avrebbe dovuto disporre<br />

di un motore: la velocità della nave era alta, ma lo scarroccio fortissimo.<br />

– Navi a tribordo! – gridò una sentinella.<br />

All'improvviso allarme seguì un profondo silenzio, gli sguardi di tutti<br />

erano rivolti verso tre piccoli punti improvvisamente comparsi<br />

all'orizzonte e che si avvicinavano rapidamente al veliero.<br />

– Sono navi come questa! – esclamò infine Whitley. – Mi pare anche di<br />

vederne una a vapore, sarà la flotta degli uomini rana che ci dà la caccia...<br />

Non so come potremo sfuggire, a meno che il vento non ci aiuti...<br />

– Non ho avuto il tempo di dirti – mormorò Leonora – che durante la<br />

mia breve ma triste permanenza sull'isola, ho notato parecchi velieri simili<br />

a questo, e un'astronave del Servizio Ricerche attraccata ad un piccolo<br />

molo...<br />

– Le donne si rifugino sul ponte inferiore! – ordinò Whitley. – Tutti gli<br />

uomini disponibili in coperta e pronti a far fuoco.<br />

Le navi avversarie si avvicinavano a vista d'occhio, ma Whitley seguiva<br />

tranquillo la loro manovra. Riuscì a portarsi a breve distanza di poppa<br />

dall'ultima unità avversaria e quando ritenne fosse il momento giusto,<br />

ordinò: – Fuoco a volontà!<br />

La battaglia navale non durò a lungo. La superiorità di fuoco dei terrestri<br />

era troppo forte e gli uomini rana disponevano solo di armi antiquate: la<br />

loro mira era molto compromessa dal beccheggio e dal rollio delle loro<br />

navi e nemmeno un colpo cadde a bordo del veliero dei terrestri.<br />

Ma lo scarroccio era divenuto tale che Whitley non riuscì più a dirigersi<br />

verso il mare aperto. La sua nave stava sempre più avvicinandosi alla<br />

costa, sulla quale era possibile distinguere ad occhio nudo le piccole case<br />

89


della città degli uomini rana e le viuzze completamente deserte.<br />

A pochi metri dalla costa, il veliero parve arrestarsi improvvisamente, si<br />

sollevò di prua e tutti udirono il caratteristico rumore del fasciame che si<br />

spaccava. Dopo un istante comparve in coperta il dottore che, con parole<br />

mozze, gridò: – Whitley, stiamo imbarcando acqua! Se continuiamo così<br />

fra poco affonderemo!<br />

Il mare sotto la chiglia ribolliva. Una grossa onda aveva gettato la nave<br />

dei terrestri sopra uno scoglio nascosto e nella chiglia si era aperta una<br />

grossa falla.<br />

– Pronti per attraccare! – ordinò Whitley.<br />

Gli uomini si affrettarono ai posti di manovra e, dopo pochi minuti il<br />

veliero era semisommerso ma saldamente attraccato alla banchina, a pochi<br />

metri dall'astronave del Servizio Ricerche. A terra non si vedeva un solo<br />

uomo rana. O erano spariti, o si erano tutti imbarcati sui velieri per dare la<br />

caccia ai terrestri.<br />

Whitley si sentì improvvisamente svuotato di ogni energia, e seguì<br />

docilmente Leonora lungo la scaletta che portava alla Sala Comando<br />

dell'astronave. Lì giunto, crollò su una poltrona e chiuse gli occhi. Paine,<br />

Morgan e gli altri superstiti si affaccendarono intorno agli strumenti e<br />

videro con soddisfazione che l'astronave sarebbe stata capace di decollare.<br />

La sua pila era ancora efficiente, e così l'apparecchio per il volo a reazione.<br />

Le pareti erano ricoperte di alghe, che però non avevano intaccato l'acciaio<br />

delle lamiere. C'era sufficiente corrente elettrica per l'illuminazione di<br />

emergenza e per le comunicazioni interne, anche se l'apparecchio radar era<br />

fuori uso.<br />

Dopo pochi minuti, Whitley riaprì gli occhi. Il brevissimo sonno lo<br />

aveva riposato ed ora doveva anche lui contribuire insieme agli altri alla<br />

manovra dell'astronave.<br />

– Morgan – disse con voce ferma. – Sai eseguire la manovra di decollo?<br />

– Non ne sono sicurissimo, comandante, ma, se mi aiuterete, sono sicuro<br />

che riusciremo.<br />

La parola comandante risvegliò in Whitley vecchi ricordi, lo sguardo<br />

sereno di Leonora che non lo aveva mai abbandonato, e di tutti gli altri che<br />

sembravano pendere dalle sue labbra, gli diede un nuovo vigore.<br />

– Dovremo volare alla cieca – osservò Morgan. – Molti strumenti di<br />

volo sono fuori uso...<br />

– Pazienza – rispose Whitley. – Speriamo di trovare qualche altra<br />

astronave del Servizio Ricerche che ci possa aiutare... dobbiamo avere<br />

90


fede.<br />

– Il signor Paine dice che fra poco potrà mettere in moto i diesel –<br />

prosegui Morgan.<br />

– Questa è un'ottima notizia – sorrise Whitley. – I fedeli motori potranno<br />

agevolare molto i nostri compiti.<br />

Si alzò dalla sua sedia e si diresse lentamente verso il quadro comandi<br />

sul quale luccicavano luci di vari colori. Diede un rapido sguardo alla carta<br />

nautica e, osservando Jane accanto a lui, mormorò:<br />

– Tutto sommato, ce la siamo cavata a buon mercato. Queste vecchie<br />

astronavi abituate a trasportare grossi quantitativi di merci, sono<br />

robustissime, hanno una vita eterna...<br />

– Ci sono anche molte carte nautiche – lo interruppe Morgan che<br />

sembrava ancor più giovane della sua età. – Le carte e parecchi strumenti<br />

che siamo riusciti a rimettere in efficienza. Il signor Paine è riuscito a<br />

riparare i turbogeneratori, e il gruppo Ehrenhaft...<br />

– Possiamo partire, – intervenne Jane, – appena tu darai l'ordine.<br />

Jane?<br />

Ma non era Jane, quella donna accanto a lui. Assomigliava molto a Jane<br />

ma non era la stessa.<br />

Posso volerti bene ugualmente, pensò Whitley. Posso volerti bene<br />

qualunque persona tu sia...<br />

Udì un sibilo. I turbogeneratori. Poi i diesel caddero d'intensità, si fecero<br />

sempre più deboli, e si spensero.<br />

EPILOGO<br />

Dall'esterno non si udiva più battere il motore della falciatrice.<br />

Whitley spalancò gli occhi, si guardò intorno ed osservò le linee ed i<br />

contorni incerti delle pareti. Per qualche secondo il soffitto gli apparve<br />

nero, nero con qualche macchia luminosa, forse le stelle, e sullo sfondo,<br />

credette di vedere tre sagome di bastimenti alla vela che si dirigevano<br />

verso lui a grande velocità.<br />

Gli apparve l'immagine di una donna nuda che implorava; le mani della<br />

creatura erano inchiodate ad una croce e piccole gocce di sangue rosso<br />

cupo sgorgavano sul pavimento...<br />

Leonora, mormorò. Ma era troppo tardi.<br />

91


Il dottore entrò nella piccola stanza e si terse il sudore che gli bagnava<br />

la fronte. – Mi dispiace George di averti lasciato solo per tanto tempo.<br />

Sono venuto un paio di volte per vedere come stavi, ma ho avuto<br />

l'impressione che tu non gradissi la mia compagnia... – Accese una<br />

sigaretta e sedette su una sedia accanto a lui.<br />

– Ed ora, come ti senti? – domandò con un sorriso. – Come ti appaiono<br />

i colori, i suoni? Funziona tutto bene?<br />

– Non ora, non ora – rispose sottovoce Whitley.<br />

– Adesso non vuoi parlarne, capisco – disse ancora il dottore. – Come<br />

meglio credi. Resta sdraiato, non ti farà male. Intanto vado a prepararti<br />

una buona tazza di tè. Non posso offrirti un bicchierino perché sai bene<br />

che, per un paio di giorni, devi dimenticare l'alcool.<br />

– Non preoccuparti, dottore. Vado a casa: ho parecchie cose da fare.<br />

– Immagino che sarai ansioso di scrivere, vero? Bravo, non posso che<br />

elogiarti, apprezzo la tua ansia.<br />

– Proprio così.<br />

– Se attendi un attimo, prendo l'automobile in garage e ti accompagno.<br />

Whitley entrò nella sua casa, Jane era ancora fuori, ma non gli<br />

dispiacque affatto di essere solo. La sua fronte era madida di sudore e la<br />

camicia era completamente zuppa. Ora farò una bella doccia, pensò.<br />

Entrò nella stanza da letto, si svestì. Ma in quel momento entrò Jane.<br />

– Sei tornato? – domandò la moglie. – Come stai?<br />

– Abbastanza bene. Ora farò una doccia, ma poi voglio lavorare.<br />

– Cosa hai fatto nella schiena, George? – domandò ancora Jane.<br />

– Nulla...<br />

Quando la donna fu uscita si avvicinò alla specchiera e osservò la<br />

schiena. Fra le spalle, si poteva scorgere una profonda cicatrice, ancora<br />

rossa.<br />

FINE<br />

92

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