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Si pensa agli oggetti <strong>in</strong> acciaio, alle rocce di una montagna. All'uomo di roccia,<br />
non di vetro, all'uomo potente, non frag<strong>il</strong>e: c'è e tra un attimo potrebbe svanire, pezzi<br />
di un'unità defunta, come non fosse mai stato.<br />
Si sente dire che l'educazione deve edificare un bamb<strong>in</strong>o forte, un uomo di<br />
coraggio che affronta le lotte e le v<strong>in</strong>ce.<br />
La timidezza, <strong>in</strong>vece, va curata e prima ancora nascosta; la paura va dimenticata<br />
e sostituita con la potenza e per questo ci si allena a battere un nemico, prima<br />
immag<strong>in</strong>ario e poi di carne; e l'ab<strong>il</strong>ità sta proprio nel romperlo e non nel venire rotti.<br />
Ecco la differenza tra i due opposti: la frag<strong>il</strong>ità e la forza.<br />
«Grandi» si crede siano coloro che hanno sempre v<strong>in</strong>to, mentre i «grac<strong>il</strong>i» <strong>in</strong> un<br />
attimo si <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ano, si frantumano <strong>in</strong> tanti piccoli pezzi che non permettono di venire<br />
ricomposti.<br />
Io sono frag<strong>il</strong>e e, paradossalmente, sono portato a parlare di forza della frag<strong>il</strong>ità:<br />
di forza, anche se lontano dalla stab<strong>il</strong>ità, dalla <strong>in</strong>frangib<strong>il</strong>ità.<br />
Ho dedicato <strong>il</strong> mio tempo alla follia, al dolore mascherato di <strong>in</strong>sensatezza, di<br />
depressione; alla sofferenza che si fa s<strong>il</strong>enzio, che sdoppia le identità e fa di un uomo<br />
uno schizofrenico.<br />
Un lavoro che molti ritengono esclusivo dei forti, degli uom<strong>in</strong>i di ferro che magari<br />
si piegano ma non si rompono, degli uom<strong>in</strong>i di pietra cui <strong>il</strong> vento rende liscia la pelle, che<br />
cambiano forma, ma non perdono mai la durezza e <strong>il</strong> dest<strong>in</strong>o fissati per sempre.<br />
La frag<strong>il</strong>ità richiama <strong>il</strong> tempo e la caducità del tempo, del tempo che passa. Ebbene, se<br />
sono stato, e sono, un buon psichiatra, se ho aiutato i miei matti, ciò è avvenuto per la<br />
mia frag<strong>il</strong>ità, per la paura di una follia che si annida dentro di me, per la frag<strong>il</strong>ità che<br />
avverto capace di sdoppiarmi, di togliermi la voglia di vivere e di rendermi sim<strong>il</strong>e a un<br />
depresso che chiede soltanto di scomparire per cancellare <strong>il</strong> dolore di cui si sente<br />
plasmato.<br />
E <strong>il</strong> dolore è una qualità dell'essere frag<strong>il</strong>e.<br />
Ecco perché voglio gridare la mia frag<strong>il</strong>ità, dirlo ai miei matti, a tutti coloro che<br />
corrono da me per ancorarsi a una roccia. Devono sapere che semmai si attaccano a un<br />
vetro di Boemia, a un vaso di Murano, colorato, magari soffiato <strong>in</strong> forme curiose e piene<br />
di fasc<strong>in</strong>o. Come un vetro io, psichiatra frag<strong>il</strong>e, tante volte ho corso <strong>il</strong> rischio di rompermi.<br />
Una grac<strong>il</strong>ità che però aiuta l'altro a vivere, che mi ha permesso di capire la frag<strong>il</strong>ità e di<br />
rispettarla, di stare attento a non manipolare gli uom<strong>in</strong>i, a non falsificarli. Ho amato<br />
pers<strong>in</strong>o i frammenti di uomo, mi sono dedicato con pazienza a metterne <strong>in</strong>sieme i suoi<br />
pezzi. La frag<strong>il</strong>ità rifà l'uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che<br />
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Undicesima Stazione<br />
Gesù è crocifisso<br />
Presidente Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo.<br />
Tutti Perché con la tua santa croce hai redento <strong>il</strong> mondo.<br />
Tutti Nostro salvatore riconc<strong>il</strong>iaci con <strong>il</strong> Padre nella potenza del suo amore<br />
salvifico e misericordioso.<br />
Lettura<br />
Dal vangelo di Luca (23, 39-43)<br />
Uno dei malfattori appesi alla croce <strong>in</strong>sultava Gesù; l’altro <strong>in</strong>vece lo pregava: «Gesù,<br />
ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con<br />
me nel paradiso».<br />
Riflessione<br />
Caro Massimo,<br />
ho saputo per caso della tua morte violenta, da un ritaglio di giornale. Mi hanno<br />
detto che ti avrebbero seppellito stamatt<strong>in</strong>a, e sono venuto di buon'ora al cimitero a<br />
celebrare le esequie per te. Ma non ho potuto pronunciare l'omelia. Perché alla mia messa<br />
non c'era nessuno. Solo don Carlo, <strong>il</strong> cappellano, che rispondeva alle orazioni. E <strong>il</strong> vento<br />
gelido che scuoteva le vetrate.<br />
Sulla tua bara, neppure un fiore. Sul tuo corpo, neppure una lacrima. Sul tuo<br />
feretro, neppure un r<strong>in</strong>tocco di campana.<br />
Ho scelto <strong>il</strong> Vangelo di Luca, quello dei due malfattori crocifissi con Cristo, e<br />
durante la lettura mi è parso che la tua voce si sostituisse a quella del ladro pentito:<br />
«Gesù, ricordati di me!...».<br />
Povero Massimo, ucciso sulla strada come un cane bastardo, a 22 anni, con una<br />
spregevole refurtiva tra le mani che è rotolata nel fango con te!<br />
Povero randagio. Vedi: sei tanto povero, che posso chiamarti ladro<br />
tranqu<strong>il</strong>lamente, senza paura che qualcuno mi denunzi per v<strong>il</strong>ipendio o rivendichi per te<br />
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