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Erbe e Ricette del Castello Rosa

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CIRCOLO DI STUDIO<br />

ERBE E RICETTE<br />

DEL<br />

CASTELLO ROSA<br />

Storia degli orti<br />

di Nervi, Quinto, Sant’Ilario<br />

e antiche ricette<br />

APPROVATO E FINANZIATO<br />

DALLA PROVINCIA DI GENOVA<br />

NEL CORSO DEL IV BANDO<br />

2007 - 2008


COMPONENTI<br />

<strong>del</strong> Circolo promosso da<br />

CASTELLO ROSA<br />

ASSOCIAZIONE CULTURALE<br />

Mariella Arena Olivieri<br />

Orietta Bampi<br />

Claudia Benvenuto<br />

Maria <strong>Rosa</strong> Boero<br />

Maria Giulia Fava<br />

Silvana Godani<br />

Anna Maria Sirio<br />

Marisa Trucco<br />

Annarita Zalaffi<br />

Esperta esterna<br />

Roberta Buccellati


<strong>Erbe</strong> e <strong>Ricette</strong><br />

<strong>del</strong><br />

<strong>Castello</strong> <strong>Rosa</strong><br />

Storia degli orti<br />

di Nervi, Quinto, Sant’Ilario<br />

e antiche ricette


IL NOSTRO LAVORO<br />

Chi non ha, almeno una volta, raccolto un soffione da un prato,<br />

da un bordo di sentiero, dallo scalino di una crêuza, per provare<br />

a spargere nell’aria, con un solo sbuffo, tutti i suoi piccoli<br />

paracadute?<br />

Così fa il vento e l’umile tarassaco, con i suoi fiori gialli ben<br />

compatti, è diffuso ovunque grazie a questo efficace sistema di<br />

inseminazione. Un po’ tutti lo conoscono per le sue proprietà<br />

diuretiche e depurative e come componente <strong>del</strong> preboggion,<br />

il miscuglio di erbe spontanee che è stato oggetto <strong>del</strong>la nostra<br />

ricerca insieme alle erbe aromatiche tipiche <strong>del</strong> territorio di<br />

Nervi e dintorni e fondamentali nella cucina locale.<br />

Alcune erbette non sono note e riconoscibili facilmente come<br />

il tarassaco ed allora, aiutate da esperti, le abbiamo raccolte,<br />

studiate e riprodotte nelle pagine illustrate con la tecnica<br />

<strong>del</strong>l’acquerello.<br />

Che dire <strong>del</strong>le ricette? Mentre le raccoglievamo, sempre da fonti<br />

dirette, ci veniva l’acquolina in bocca nel ricordo degli antichi<br />

sapori presenti nei gustosi pranzi preparati da nonne, zie<br />

e mamme.<br />

Già, perché sono le donne le principali custodi di queste<br />

conoscenze e degli usi diversi che se ne possono fare, prima<br />

che le scoprissero e le catalogassero gli studiosi, come scriveva nel<br />

1570 il botanico Costanzo Felici …”nelle insalate queste donne<br />

misticano molte piante senza nome, o vero pochissimo usitate”…<br />

4


Si ringraziano<br />

per aver reso possibile<br />

la pubblicazione<br />

Rita Porro<br />

e<br />

il personale <strong>del</strong>la biblioteca Virgilio Brocchi<br />

hanno collaborato<br />

Viviana Aulino<br />

Franco Bampi<br />

Giancarlo Berardi<br />

Orietta Calafato<br />

Lorenzo Cantatore<br />

Adua Casotti<br />

Eros Chiasserini<br />

Giorgio Devoto<br />

Vincenzo Girasole<br />

Ilario Gnecco<br />

Chiara Leone<br />

Giuseppina Massa<br />

Mario Ponis<br />

Piero Risso<br />

Giorgio Springhetti<br />

In copertina disegno di Giancarlo Berardi<br />

In quarta di copertina disegno<br />

dei componenti <strong>del</strong> Circolo di Studio<br />

Nessuna parte di questo libro<br />

può essere riprodotta<br />

senza l’autorizzazione scritta<br />

<strong>del</strong> <strong>Castello</strong> <strong>Rosa</strong><br />

Associazione Culturale<br />

Finito di stampare<br />

nel mese di settembre 2008<br />

5


“Il luogo di Nervi per verità non riconosce altra<br />

staggione che la primavera e l’autunno, mentre<br />

quivi unico nel rigore <strong>del</strong> iverno fioriscono gli<br />

aranci e fanno pompa <strong>del</strong>la loro vaghezza li fiori e<br />

ivi nascono e maturano a perfezzione i frutti più<br />

<strong>del</strong>icati, che più paventano i geli. Insomma questo<br />

fertilissimo luogo tiene compendiati i maggiori<br />

beni <strong>del</strong>la natura e i maggiori pregi <strong>del</strong>le altre terre,<br />

neppure <strong>del</strong>la Liguria ma di tutto il mondo.”<br />

R.do Francesco Maria Accinelli (1700-1777)<br />

6


Sommario<br />

R.do Francesco Maria Accinelli 6<br />

Poesia E erbette da Rosinn-a - Edoardo Firpo 8<br />

Evoluzione <strong>del</strong>l’agricoltura a Nervi-Sant’Ilario 9<br />

Interviste 16<br />

Orti di Quinto nella Valletta San Pietro 16<br />

Orti di Sant’Ilario, San Rocco 17<br />

Appunti di Viviana - Sant’Ilario 17<br />

Poesia Profumi <strong>del</strong>la Liguria - Adua Casotti 19<br />

Le ricette 21<br />

Alloro 22<br />

Basilico 24<br />

Borragine 26<br />

Cicoria 28<br />

Coda cavallina 30<br />

Finocchio selvatico 32<br />

Maggiorana 34<br />

Menta 36<br />

Origano 38<br />

Ortica 40<br />

Pimpinella 42<br />

Rosmarino 44<br />

Salvia 46<br />

Sonco 48<br />

Tarassaco 50<br />

Appunti 52<br />

7


E ERBETTE DA ROSINN-A<br />

E ma cös’èi anchêu bella Rosinn-a?<br />

no v’ó mai visto tanto invexendä!...<br />

e ma no séi ciù fäla a bezagninn-a!<br />

in mâe veitâe no so cöse pensä…<br />

Se diggo che me dâe da radicceta<br />

me veddu mette in man a pimpinella!...<br />

se vêuggio un pittinin de rattalegoa<br />

e me porzèi invece da coighetta!...<br />

e fasso l’atto de toccä o rissetto<br />

me fâe vedde a scixârboa e o çestinetto!...<br />

Edoardo Firpo<br />

8<br />

E ma cos’avete oggi bella Rosina?<br />

Non vi ho mai vista tanto scombussolata!…<br />

E ma non sapete fare più la fruttivendola!<br />

In verità non so cosa pensare…<br />

Se dico di darmi <strong>del</strong> radicchietto<br />

mi vedo mettere in mano la pimpinella!...<br />

Se voglio un po’ di indivia<br />

mi porgete <strong>del</strong>la cotichella!...<br />

Se faccio l’atto di toccare il riccetto<br />

mi mostrate la cerbita e il canestrino!...


EVOLUZIONE DELL’AGRICOLTURA A NERVI-S.ILARIO:<br />

PERCORSO STORICO-AMBIENTALE<br />

Testo dalla Conferenza alla Civica Biblioteca Virgilio Brocchi, organizzata<br />

in occasione <strong>del</strong>la Settimana <strong>del</strong>la Cultura 2008.<br />

RITA PORRO<br />

Con immenso piacere ospitiamo questo incontro in Biblioteca, che questa sera<br />

propone un’iniziativa organizzata dal Circolo di Studio <strong>Erbe</strong> e <strong>Ricette</strong> <strong>del</strong><br />

<strong>Castello</strong> <strong>Rosa</strong>.<br />

Da quando ho iniziato la mia attività quale responsabile di questa Biblioteca,<br />

e cioè da circa un anno, ho creduto e cercato la collaborazione con la Provincia<br />

di Genova e con le iniziative dei Circoli di Studio. Sono iniziative interessanti<br />

che rispondono a interessi scelti in prima persona proprio dai cittadini, che<br />

di fronte a un tema culturale si trovano a decidere di lavorare insieme, per<br />

ricostruire memoria, identità e legami.<br />

Nel caso <strong>del</strong> Circolo di Studio sulle <strong>Erbe</strong> e <strong>Ricette</strong> <strong>del</strong> <strong>Castello</strong> <strong>Rosa</strong> i<br />

partecipanti cercano di ricostruire la propria storia, andando a reperire i segni<br />

nell’ambiente per trovare significato in quello che ci circonda.<br />

Questo è già il secondo Circolo di Studio che ha avuto sede nella nostra<br />

biblioteca.<br />

Abbiamo avuto il piacere l’anno scorso di presentare il libro “Cinque secoli per<br />

le strade di Nervi” e “Mille, Mille e ancora Mille passi per Nervi” realizzato<br />

dal Circolo di Studio “Nervi Borgo <strong>del</strong> Levante” e quest’anno ospitiamo il<br />

Circolo di Studio “<strong>Erbe</strong> e ricette <strong>del</strong> <strong>Castello</strong> <strong>Rosa</strong>”, sono loro che hanno<br />

organizzato questo incontro.<br />

Sono qui presenti persone che fanno parte di altri circoli di studio sempre <strong>del</strong>la<br />

nostra zona che ringrazio anche a nome <strong>del</strong> Servizio Bibliotecario Urbano.<br />

Ringrazio in modo particolare l’Assessore alla Cultura <strong>del</strong>la Provincia di<br />

Genova, Giorgio Devoto, che ci onora <strong>del</strong>la sua presenza.<br />

Ringrazio il professor Gnecco che ha accettato l’invito e che terrà la relazione<br />

sugli orti di Nervi.<br />

ORIETTA BAMPI<br />

Siamo un gruppo di signore accomunate dall’interesse per l’acquerello. In<br />

questa occasione abbiamo pensato di estenderlo alla cucina ligure, alla cucina<br />

di questa zona di Genova, con gli orti e le nostre colline, alle erbette che sono<br />

quelle che una volta le nostre madri usavano nel preboggion. Perciò questa è<br />

anche una ricerca <strong>del</strong>le nostre origini, <strong>del</strong>la memoria <strong>del</strong>le persone che ci sono<br />

ancora e di quello che ci fu tramandato. Abbiamo esteso il nostro lavoro <strong>del</strong><br />

circolo di studio alle erbe che vedete nei disegni e alle ricette abbastanza<br />

inedite che sono nella memoria dei nostri vecchi e nei libri che abbiamo potuto,<br />

grazie alla Signora Porro, trovare e consultare, qui come ospiti. Grazie<br />

alla Provincia che ci ha dato modo di realizzare questo progetto.<br />

9


GIORGIO DEVOTO<br />

Trovo sia decisamente interessante e giusto, per tanti e svariati motivi, occuparsi<br />

di questi temi perché essi rappresentano le tradizioni e le radici <strong>del</strong>la nostra cultura<br />

e la cucina fa parte, senza dubbio alcuno, <strong>del</strong>la cultura di un popolo e non si<br />

tratta di cultura secondaria o marginale rispetto a quella, così detta, alta.<br />

Altamente meritorio è, quindi, l’impegno per la realizzazione di questo appuntamento.<br />

Meritorio anche perché, al di là <strong>del</strong>la scoperta o riscoperta di alcune<br />

ricette fondamentali, l’iniziativa apre, come prima dicevo, una prospettiva sulla<br />

cultura originaria ligure e genovese in particolare, attraverso la quale si possono<br />

così intuire sistemi di organizzazione produttiva e sociale che puntavano sullo<br />

sfruttamento <strong>del</strong> terreno disponibile e con un’alimentazione caratterizzata da<br />

una dieta assai povera.<br />

Un’organizzazione che doveva, necessariamente, tenere conto anche <strong>del</strong>le difficoltà<br />

connesse agli spostamenti. A piedi o, nei casi migliori, con i muli: questi<br />

erano i mezzi più diffusi; eppure, nonostante queste oggettive difficoltà, il passaggio<br />

da un territorio all’altro non era sporadico, anzi si rimane stupiti che con<br />

così pochi mezzi di locomozione esso avesse una tale continuità; con Nervi<br />

meta frequente di scambi.<br />

Per questo credo che anche attraverso questa apparente “storia minore” come<br />

possono essere <strong>del</strong>le ricette di cucina recuperate si possa riscoprire il clima di<br />

un’epoca. I dettagli, come l’uso di erbe oramai dimenticate, acquistano una vividezza<br />

e un’importanza notevoli specie oggi dove per mancanza di tempo e,<br />

aggiungo io, di fantasia la spesa di casa la si fa al supermercato dove si compra<br />

tutto impacchettato surgelato se non già cucinato<br />

In definitiva incontri come questo sono importanti anche perché, lo sostengo<br />

spesso, è sulla la memoria condivisa che si costruisce il futuro di un popolo.<br />

È nelle nazioni di più alta civilizzazione dove la memoria <strong>del</strong> passato è più evidente<br />

e condivisa che più alto e forte è il senso di appartenenza al proprio paese<br />

e alla sua storia.<br />

Il fatto, poi, che si ritorni a dipingere all’acquerello queste erbe, ci riporta alle<br />

antiche tradizioni quando la macchina fotografica non esisteva. Tutti i grandi<br />

viaggiatori, esploratori che andavano alla scoperta di nuove terre si facevano<br />

accompagnare anche da disegnatori specializzati. Il Capitano Cook aveva un<br />

acquerellista straordinario che riproduceva tutte le erbe e tutte le piante che si<br />

trovavano nei luoghi che via via andava scoprendo, ma anche gli indigeni e i<br />

loro costumi rendendo un servizio enorme per chi oggi voglia studiare gli usi di<br />

quelle popolazione oramai civilizzate.<br />

Della spedizione in Egitto di Napoleone, per esempio, abbiamo, se così posso<br />

dire, un “reportage” accuratissimo proprio grazie ai disegni e agli acquerelli<br />

eseguiti per l’occasione.<br />

Ho visto prima due riproduzioni di limoni, fatte da due artisti diversi: ognuno<br />

li ha visti in una maniera differente, li ha resi con un colore, una luce, un taglio<br />

particolari che li rende completamente dissimili gli uni dagli altri, anche se è<br />

10


indubbio che nel nostro processo di identificazione siamo consapevoli che in<br />

tutti e due i casi si tratta <strong>del</strong>lo stesso frutto.<br />

Quindi anche l’intervento <strong>del</strong>l’artista in qualche modo dà un senso a questo lavoro<br />

e trovo che tutto ciò sia molto bello. Mi hanno colpito in particolare la volontà<br />

e lo sforzo di recuperare quello che fa parte <strong>del</strong>le nostre tradizioni e <strong>del</strong>la<br />

nostra storia e il desiderio di condividerlo con altri.<br />

Vorrei chiudere con un ricordo personale: tra le ricette ne ho individuata una<br />

che faceva parte <strong>del</strong>la mia educazione gastronomica di quando bambino ero<br />

sfollato, a causa <strong>del</strong>la guerra, sui monti dietro Genova e il cibo scarseggiava.<br />

Ricordo il tarassaco bollito condito con l’aceto e un po’ d’olio, era squisito, lo<br />

mangiavo anche crudo tagliato fine come il radicchio.<br />

Per tutte queste ragioni non posso che plaudire a tutti coloro che, in diversi<br />

modi, hanno reso possibile questo riaggancio con l’antica tradizione.<br />

Bene, chiudo questo mio divagare che si è fatto irretire nella inevitabile rete dei<br />

ricordi personali, nella consapevolezza che quando si parla di cucina non si può<br />

che parlare, necessariamente, degli ingredienti e dei dosaggi che consentono di<br />

trasformare una buona ricetta in un concreto piatto da gustare. Io ho buttato qua<br />

e là tanti ingredienti e spero che non ne sia uscita una cucina troppo pesante.<br />

Fiducioso che ciò non sia avvenuto auguro a tutti voi buon lavoro e lascio la parola<br />

all’esperto <strong>del</strong> mestiere che ci illustrerà scopi e finalità meglio di quanto<br />

finora abbia potuto fare io.<br />

ILARIO GNECCO<br />

Il nostro percorso inizia da una stampa <strong>del</strong> ‘600, <strong>del</strong>la quale devo ringraziare il<br />

qui presente signor Chiasserini che si è gentilmente offerto nel reperirla, che<br />

rappresenta la zona di Nervi pedemontana e la parte alta, S. Rocco e S. Ilario.<br />

Vediamo una zona fortemente antropizzata, nonostante un insieme di leggi, che<br />

fanno capo anche al diritto romano che tendeva a qualificare la zona in una<br />

certa maniera, ma soprattutto una legge <strong>del</strong> 39 sulla tutela dei beni ambientali e<br />

culturali.<br />

Nel secondo dopoguerra si è costruito e si è costruito fortemente.<br />

Il nostro percorso inizia da qui ma torniamo indietro di fatto di quasi quattro<br />

secoli, perché in effetti per un percorso storico ambientale dobbiamo partire da<br />

questa rappresentazione.<br />

Cosa ci dice questa rappresentazione? E’ opera <strong>del</strong> pittore fiammingo Cornelio<br />

de Wael e si presume sia la veduta più antica di Nervi, non descrittiva, perché<br />

ce ne sono antecedenti descrittive.<br />

Fermiamoci da un punto di vista sociale ed agricolo. Ci dice che la maggior<br />

parte degli abitanti viveva in questo agglomerato e non viveva di agricoltura,<br />

vediamo infatti casolari abbastanza sparsi nel territorio e quindi la popolazione<br />

era contenuta, ovviamente. Se passiamo a qualcosa di più tecnico vediamo che<br />

non ci sono ancora i terrazzamenti nella fascia pedemontana e più alta, la<br />

sistemazione classica era quella <strong>del</strong> ritocchino.<br />

11


Cosa significa ritocchino? Significa lavorare il terreno secondo le linee di<br />

massima pendenza, questo comporta tutta una serie di problemi proprio per<br />

l’erosione <strong>del</strong>le acque che portano ovviamente sempre verso valle <strong>del</strong>le masse<br />

ingenti di materiale, obbligando il coltivatore a reintegrare il terreno.<br />

Qui non è ancora avvenuta la prima grossa rivoluzione: quella <strong>del</strong>l’olivo.<br />

La coltivazione <strong>del</strong>l’olivo parte intorno all’anno 1000, a partire dall’estremo<br />

ponente ligure e via via spostandosi sempre più verso levante.<br />

La prima varietà, la più coltivata è la colombara, poco produttiva ma la più<br />

resistente agli attacchi <strong>del</strong>la mosca.<br />

Successivamente questa varietà viene sostituita con quelle oggigiorno ancora<br />

coltivate, in particolare la lavagnina, molto più produttiva ma suscettibile agli<br />

attacchi dei parassiti.<br />

Dietro, lo possiamo immaginare, c’è il bosco che serviva per la comunità, per<br />

la raccolta <strong>del</strong>la legna e <strong>del</strong> castagno che a quest’epoca non è stato ancora<br />

innestato. A partire dalla seconda metà <strong>del</strong> 600 si introduce l’olivo nella fascia<br />

non pedemontana con la costruzione dei primi terrazzamenti che verranno<br />

portati fino a una quota di 280 metri circa, proprio quasi sulla sommità <strong>del</strong><br />

Monte Giugo che è alto circa 400 metri.<br />

Le ultime terrazze saranno costruite sul finire <strong>del</strong>l’800, anche perché la<br />

pendenza elevata non rende più economicamente praticabile la erezione di<br />

muri di contenimento.<br />

L’olivo è sicuramente l’agricoltura praticata industrialmente e traina tutta<br />

una serie di lavori connessi, in particolare gli opifici.<br />

Nella fascia pedemontana a partire dai primi <strong>del</strong> 700 si introduce la coltura<br />

ortiva e <strong>del</strong> frumento che si affianca a quella degli agrumi.<br />

Vi voglio leggere un passo interessante dai Giornali d’agricoltura e di viaggi<br />

di Giorgio Gallesio, sicuramente il maggiore agronomo <strong>del</strong> primo ottocento<br />

genovese, le sue ricerche sono importanti ancora oggi a distanza di due secoli.<br />

In questi Giornali di agricoltura e di viaggi, manoscritti in un'unica copia<br />

conservata a Torino, racconta tantissime cose molto molto istruttive.<br />

In particolare nel Giornale di viaggio <strong>del</strong> 10 di gennaio 1812 parla <strong>del</strong> viaggio<br />

a Genova e parla di Nervi ovviamente.<br />

…“Trovandomi in Genova sono stato a visitare i giardini di Nervi. Ecco le<br />

osservazioni che ho avuto a fare. Nervi è situata in maniera che gode nel pieno<br />

inverno una temperatura dolcissima. Un’alta montagna che sovrasta il mare si<br />

estende dall’est all’ovest le serve come di un muro che lo difende al nord<br />

quindi le sue campagne sono spesso piene di agrumi che vi prosperano molto.<br />

Questa coltura non è però in questo paese portata al grado di perfezione in cui<br />

si vede a Finale, Savona e a Nizza. I giardini a frutta contengono molti alberi<br />

innestati, piccoli e mal tenuti. Le pepiniere o semenzai contengono una infinita<br />

quantità di piantine che servono al commercio.<br />

12


Queste sono quasi tutte aranci forti margaritini, sono allevati in terreno<br />

argilloso, dove invecchiano presto.<br />

Quindi trasportati in paesi ad agrumi, prosperano poco e presentano sempre<br />

<strong>del</strong>le piante a corteccia vecchia che ingrossano lentissimamente e che non<br />

sono proprie che per i vasi.” …<br />

Ci dice in altre parole che la coltura praticata in questa zona era indirizzata alla<br />

moltiplicazione <strong>del</strong>le piante, non tanto alla produzione <strong>del</strong> frutto e che queste<br />

piante venivano esportate in altre zone. E’ interessante quel che dice adesso.<br />

…”Di fatto i giardinieri di Nervi fanno un gran commercio di queste piante in<br />

tutta l’Europa, e specialmente in Francia, dove ne fanno ogni anno <strong>del</strong>le<br />

spedizioni considerabili”….<br />

Ricordo che nel 1807, 1808 viene completata la via Aurelia e allargata<br />

soprattutto dalla parte da Imperia a Ventimiglia, Nizza, proprio per intervento<br />

<strong>del</strong>l’amministrazione napoleonica, e quindi consente un rapido trasporto dei<br />

beni da e per la Liguria.<br />

…”Ho osservato però che in Parigi i piantini di Nervi che vi arrivano in gran<br />

quantità e si vendono a buonissimo prezzo non valendo all’ingrosso che trenta,<br />

quaranta soldi l’uno, non vi prosperano, se non mediante una grandissima cura<br />

e vi periscono la maggior parte. Io credo dover attribuire ciò alla poca cura dei<br />

giardinieri nel preparare queste piante al viaggio e alle poche radiche che vi<br />

lasciano, forse maliziosamente”….<br />

La situazione fra la metà <strong>del</strong> settecento e i primi <strong>del</strong>l’ottocento è sicuramente<br />

focalizzata sulla produzione degli agrumi nella fascia pedemontana e <strong>del</strong>l’olivo<br />

nella parte più in alto, sopra i sessanta ottanta metri.<br />

Vorrei parlare un attimo sulla situazione sociale, come si viveva a quei tempi.<br />

Mi son preso la libertà di portare uno scritto <strong>del</strong> Cattaneo, <strong>del</strong> 1840, che<br />

ovviamente si riferisce alla realtà lombarda, ma credo non sia molto diversa da<br />

quella che si viveva in queste zone.<br />

…“A persuadersi <strong>del</strong>la miseria e <strong>del</strong>le privazioni a cui sono condannati,<br />

basterebbe accompagnare la vita di un contadino in una giornata di lavoro.<br />

Basterebbe visitare la sua abitazione cupa, disagiata, senza luce.<br />

Eppure non tutti giungono a ripararsi in questo squallido abituro, giacché la<br />

maggior parte dei contadini passa tutto l’anno le notti nelle cascine, sotto i<br />

portici, nelle stalle, all’aria umida e pesante, a discapito <strong>del</strong>la salute.<br />

Scarseggiano le vesti, le biancherie di rado si mutano, provocando col<br />

sudiciume quelle malattie cutanee sì frequenti nella Bassa. In mancanza di una<br />

riparata abitazione e in difetto di legna, fanno raccogliere nelle stalle le donne<br />

le quali vi dimorano tutto il giorno e parte <strong>del</strong>la notte e non escono che al finire<br />

<strong>del</strong>l’inverno, portando incontro ai tiepidi raggi <strong>del</strong>la primavera spesso un viso<br />

livido e sparuto che fa un duro contrasto col nuovo ridente aspetto <strong>del</strong>la<br />

natura.”…<br />

13


Una piccola digressione sull’istruzione.<br />

…“<strong>del</strong> resto se nella Bassa Lombardia si manifestano fra i contadini <strong>del</strong>le<br />

differenze naturali di sviluppo, eguali dappertutto ne sono i mezzi per dirigerlo<br />

ed esercitarlo, mezzi però che ottengono scarsissimi frutti in ogni luogo.<br />

Esistono è vero nei comuni le scuole elementari minori, aperte tanto per i<br />

maschi quanto per le femmine, con obbligo dei parenti di mandare i loro figli<br />

sotto pena di multa; ma questa multa, inflitta dallo stesso regolamento nelle<br />

scuole, non si può mandare ad effetto. Per lo più, appena il fanciullo <strong>del</strong><br />

contadino raggiunge l’età <strong>del</strong>lo sviluppo esso torna necessario alla sussistenza<br />

<strong>del</strong>la sua famiglia. Il padre gli ripete il detto <strong>del</strong> savio “da giovinetto apprendi<br />

quelle cose che ti gioveranno nell’età avanzata” e lo mette a padrone per<br />

guadagnarsi qualche cosa in quei lavori, in cui è suscettibile la tenera età sua.<br />

D’altra parte, anche per quelli che le frequentano, queste scuole sono un vera<br />

illusione.<br />

I comuni, o piuttosto i possidenti, che ne sostengono le spese, cercano ogni<br />

mezzo per risparmiarle, i maestri sono così poco retribuiti, che non ne possono<br />

accettare l’incarico se non persone occupate già altrimenti, oppure uomini<br />

senz’ombra di istruzione. Questi e sono frequenti, non lasciano alcuna<br />

impressione nei giovani scolari, se non quella <strong>del</strong> dispregio pel maestro e per la<br />

scuola.<br />

Nei piccoli comuni per due terzi <strong>del</strong>l’anno sono deserte.. Nessun altro mezzo di<br />

istruzione popolare esiste nella campagna”…<br />

La proprietà fondiaria era molto accentrata e c’era un forte squilibrio tra<br />

proprietari e contadini. Il contratto tipico era una forma di mezzadria, un po’<br />

particolare. Le colture arboree prevedevano, nel 700, la divisione <strong>del</strong> prodotto<br />

due terzi al proprietario e un terzo al conduttore, mentre per le produzioni ortive,<br />

la divisione era a metà. Questo in teoria, in pratica se la produzione<br />

principale era l’olivo il proprietario aveva due terzi <strong>del</strong> prodotto e un terzo a<br />

colui che conferiva il lavoro.<br />

A partire dalla metà <strong>del</strong>l’800 si assiste alla frammentazione <strong>del</strong>la proprietà.<br />

Una causa è senz’altro giuridica, con l’abolizione <strong>del</strong> fedecommesso, l’obbligo<br />

di mantenere la proprietà inalterata al primo figlio maschio, porta alla<br />

frammentazione. La grossa proprietà non riesce più a convogliare sulla proprietà<br />

fondiaria quegli investimenti che erano necessari. Una foto <strong>del</strong> 1865 ci<br />

dice che in tutta la fascia collinare ci sia l’olivo, dal punto di vista<br />

<strong>del</strong>l’antropizzazione le case non sono molto aumentate.<br />

La proprietà fondiaria è in stato comatoso, gli alberi sono estremamente mal<br />

tenuti, questo ci porta a dire che il reddito ormai non arriva più dalla terra ma<br />

da altre fonti. Sarebbe inimmaginabile una realtà colturale di questo tipo<br />

quando lo scopo è quello di produrre.<br />

14


Attorno alla fine <strong>del</strong>l’8oo si sviluppa una seconda rivoluzione nella attività<br />

agricola e produttiva <strong>del</strong>la zona. L’ allevamento <strong>del</strong>le vacche da latte.<br />

Nervi a partire dalla fine <strong>del</strong>l’800 è meta di turismo di élite, turismo di lusso e<br />

gli alberghi hanno bisogno di latte. Quindi tutto il territorio, oltre il crinale che<br />

fino all’800 è ancora bosco, viene piantato. Le alberature vengono eliminate,<br />

viene creato prato per la produzione di foraggio che viene portato nelle stalle,<br />

in tutta la fascia pedemontana e collinare, per la produzione <strong>del</strong> latte che viene<br />

venduto agli alberghi.<br />

Gli ultimi spiantamenti avvengono proprio intorno agli anni <strong>del</strong>la prima guerra<br />

mondiale, in parte funzionale alla produzione <strong>del</strong> latte, in parte per la<br />

produzione di legno. Attorno a S. Rocco le ultime alberature sono state tolte<br />

nel 1917.<br />

La produzione di latte consente una accelerazione nella frammentazione <strong>del</strong>la<br />

proprietà, gli allevatori hanno disponibilità di soldi e si comprano la casa.<br />

Avviene che nel ventennio una legge stabilisce l’obbligo <strong>del</strong> conferimento <strong>del</strong><br />

latte ad una centrale, con una forte decurtazione <strong>del</strong> reddito degli allevatori.<br />

Per questa causa comincia l’abbandono <strong>del</strong>l’allevamento per terminare verso<br />

gli anni 50 <strong>del</strong> secolo scorso.<br />

Ricordo però che dall’inizio <strong>del</strong>l’800 sorge una nuova attività, la terza<br />

rivoluzione, alcuni dicono sostenuta dal manentato, con il concorso di altri<br />

fattori, soprattutto quello climatico. Avviene la trasformazione <strong>del</strong>l’attività<br />

agricola in floricoltura. Le piante sostituiscono le stalle. Questo porta ai primi<br />

anni 70, con la prima crisi <strong>del</strong> petrolio, con oltre settanta aziende che davano lavoro<br />

alle famiglie proprietarie e a circa duecentocinquanta operai nella zona tra<br />

Nervi, S.Ilario e limitrofe. Assistiamo a una sorta di riflusso, anche la floricoltura<br />

conosce la sua crisi oggi le aziende floricole sono solamente dieci.<br />

Questo è un po’ il percorso dal punto di vista sociale e agricolo.<br />

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INTERVISTE<br />

ORTI DI QUINTO NELLA VALLETTA S.PIETRO<br />

Intervista a Pina di Caiero<br />

Erano tutti orti coltivati a fasce.<br />

Venivano innaffiati raccogliendo l’acqua dal torrente in vari modi,<br />

ingegnandosi con le risorse a disposizione nel luogo.<br />

Si trasportava l’acqua in vari modi: con una trafia, praticamente un argano di<br />

legno sul quale si avvitava un cavo di ferro alla cui estremità era legato un<br />

secchio che, dopo essere riempito d’acqua al torrente, veniva portato così in<br />

quota; con una stanga di legno alle cui estremità venivano legati due serbatoi<br />

d’acqua trasportati a spalla; con una conca sulla testa <strong>del</strong>le donne.<br />

Per tenere in equilibrio la conca sulla testa si poggiava tra la testa e la conca una<br />

ciambella di stoffa chiamata ‘sutesto’.<br />

Le verdure avevano, come sempre, un ciclo stagionale e l’uso era familiare.<br />

La coltivazione dei fagiolini e dei pomodori era la più redditizia e di<br />

pregevole qualità.<br />

Percorrendo la via Colletta Inferiore si incontrano tante erbe spontanee, la<br />

maggior parte <strong>del</strong>le quali sono commestibili e impiegate in cucina da sempre.<br />

Salendo, oltre località Aiolo, erano presenti gli alberi di castagno che furono<br />

tagliati durante l’ultima guerra per farne legna da ardere, utilizzata nella produzione<br />

<strong>del</strong> sale che si otteneva dall’evaporazione <strong>del</strong>l’acqua di mare per<br />

diventare, a quei tempi, merce di scambio con farina o riso.<br />

Nel 1942 i tedeschi arrivarono a Genova e cominciarono ad armare Monte<br />

Moro costruendo i bunker.<br />

Per la vita quotidiana avevano bisogno d’acqua e così costruirono una vasca nel<br />

Rio San Pietro che a mezzo di un tubo portava l’acqua alle loro postazioni.<br />

I viveri venivano trasportati dal basso a mezzo di teleferiche.<br />

La Valletta San Pietro da oasi naturalistica, con la costruzione <strong>del</strong>l’autostrada, è<br />

stata stravolta, cambiando la sua fisionomia. Il Rio che scorreva con abbondanza<br />

d’acqua in ogni stagione è stato soffocato dai detriti e dai massi,<br />

riducendone la portata e prosciugandone i laghetti.<br />

Le donne che un tempo vi facevano il bucato, asciugando i panni al sole,<br />

se ne sono servite sino agli anni 60.<br />

ORTI DI SANT’ILARIO e SAN ROCCO<br />

“E’ la Liguria una terra leggiadra, il sasso ardente e l’argilla pulita s’avvivano<br />

di pampini al sole…….E’ gigante l’ulivo”<br />

I versi sopra citati appartengono ad una famosissima poesia che decanta la<br />

nostra bella regione.<br />

Durante l’attuazione <strong>del</strong> nostro lavoro, incentrato sulla ricerca <strong>del</strong>le erbe<br />

spontanee impiegate in cucina, ci siamo recate all’agriturismo “Pian <strong>del</strong> Sole”<br />

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sulle alture di S. Ilario, percorrendo il sentiero che da Via Donato Somma porta<br />

al capolinea <strong>del</strong> 516 e da lì, sempre a piedi abbiamo raggiunto la chiesetta di<br />

S.Rocco.<br />

Credetemi, il panorama è stupendo, si domina Capolungo, il porticciolo ed<br />

i parchi di Nervi, sembra di poter toccare Portofino con un dito e in questa<br />

stagione ci sono fioriture meravigliose e profumi tra i più intensi ci hanno<br />

accompagnato durante la nostra piccola passeggiata.<br />

Le erbette, poi, fanno capolino tra un sasso e l’altro offrendosi alla vista in<br />

piena fioritura e ricche di foglioline verdi e gustose.<br />

La Signora Viviana ci ha accompagnato nel suo orto spiegandoci poi le<br />

proprietà omeopatiche e l’impiego <strong>del</strong>le erbette da sempre utilizzate nella<br />

cucina “povera” dei genovesi.<br />

Nella visita agli orti di Viviana il percorso tra le rigogliose erbe aromatiche<br />

era straordinario, di una grande varietà, alcune <strong>del</strong>le quali ormai quasi<br />

scomparse.<br />

Grazie a Viviana però si possono ancora osservare nelle sue fasce perché lei<br />

continua a riprodurle conservandone la memoria.<br />

APPUNTI DI VIVIANA – SANT’ILARIO<br />

ALLORO intingoli, verdure, sott’olio, selvaggina, la tisana<br />

<strong>del</strong>le sue foglie è un digestivo<br />

ANETO condimento per crauti e marinata e pesce<br />

BASILICO aromatizza insalate, minestre, carni e soprattutto<br />

per il pesto<br />

CERFOGLIO contiene vitamina C in quantità elevata, serve<br />

per pesce e per guarnire<br />

CODA CAVALLINA propriamente equiseto, è usata per fare una<br />

tintura idroalcolica per far ricrescere il pelo<br />

degli animali<br />

CORIANDOLO insaporisce ortaggi: patate, carciofi, funghi<br />

ERBA CIPOLLINA formaggi, brodi, omelette, zuppe<br />

ERBA DI S. PIETRO frittate, omelette, nelle minestre come il<br />

basilico, è un’erba aromatica usata fin dall’antichità,<br />

di facile crescita e sana<br />

FINOCCHIO SELVATICO aromatizza pesce, castagne, olive, tutte le carni<br />

grasse<br />

ISSOPO minestre, ragù, insalate<br />

MAGGIORANA torte di verdura, verdure ripiene, intingoli,<br />

formaggi freschi, carni e pesce<br />

MELISSA si usa in certi liquori e tisane per malinconici<br />

MENTA sciroppi e preparazioni di pasticceria e<br />

produzione <strong>del</strong> mentolo e tisane digestive,<br />

bevande dissetanti.<br />

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ORIGANO serve per insaporire pizze, verdure ripiene,<br />

insalate<br />

ROSMARINO arrosti, pesce, aromatizza tutti i tipi di carne<br />

SALVIA sugo, carni, antitarme, un ramo negli armadi<br />

anche in quelli per il cibo<br />

SANTOREGGIA proprietà caminative: fa digerire facilmente cibi<br />

con fecole ed essendo un antibiotico naturale fa<br />

tollerare le carni frollate ad intestini <strong>del</strong>icati<br />

TARASSACO si può ricavare un miele fatto in decotto, non<br />

contiene zucchero<br />

PREBOGGION è un insieme di erbe spontanee che si trovano<br />

nei campi, nelle fasce, lungo i sentieri, in un<br />

preciso periodo <strong>del</strong>l’anno che va dall’autunno<br />

alla primavera. Lessato è l’ingrediente<br />

principale <strong>del</strong>la cucina ligure, molto semplice e<br />

genuina, per le minestre, i ripieni per torte<br />

salate, i pansotti. Negli orti di Nervi, Quinto,<br />

S. Ilario si raccolgono prevalentemente la<br />

scixerbua, il dente de can, la pimpinella, il<br />

taggianetto e il radicciön di diverse qualità.<br />

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PROFUMI DELLA LIGURIA<br />

Terra di Liguria dai tanti venti<br />

profumo di salmastro che sale<br />

dall’acque amare.<br />

Terra di profumi di tanti aromi!<br />

Io sono il basilico <strong>del</strong>icato<br />

dal pesto rinomato,<br />

il mio nome è salvia che vuol dire salvare:<br />

non può morir colui che mi coltiva,<br />

dò asilo a timide violette<br />

che mi contendono il color <strong>del</strong> fiore.<br />

Il mio profumo non commuove<br />

vorrei l’odor <strong>del</strong> gelsomino.<br />

Io –dice il rosmarino- profumo al primo tocco,<br />

son come il prezzemolo, nasco dappertutto,<br />

posso risanare l’uomo, ma è amaro il mio prodotto.<br />

Dice la maggiorana, piccola pianta cespugliosa,<br />

a volte fiorisco vicino alla rosa,<br />

dò gusto alla frittata e amo molto l’uova.<br />

Dice l’erba luisa –elegante signorametto<br />

gemme ora ch’è primavera,<br />

quando ho la mia veste<br />

profumo l’aria ad ogni alito di vento.<br />

Io –dice l’arancio- dono frutti una volta l’anno,<br />

mi cercan le spose per il mio fiore bianco<br />

e il mio profumo intenso alimenta i sogni.<br />

Io –dice l’alloro alto e fierocingo<br />

il capo ad alti valori, sono amaro di gusto,<br />

dò tanto sapore anche all’arrosto!<br />

Dall’orto giungon altri aromi,<br />

per l’essere umano son tutti buoni!<br />

Adua Casotti<br />

Nervi Sant’Ilario<br />

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LE RICETTE


ALLORO - ÖFÉUGGIO<br />

Ovidio nelle “Metamorfosi” racconta che gli dei trasformarono la ninfa Dafne<br />

in alloro affinché sfuggisse alle bramosie di Apollo. Nella tradizione genovese<br />

è al centro <strong>del</strong>le cerimonie <strong>del</strong> Confuoco in cui l’Abate, rappresentante <strong>del</strong><br />

popolo, lo donava al Doge.<br />

E’ calmante dei disturbi digestivi ed è utile per curare i dolori articolari.<br />

In cucina si abbina bene a carne, pesce e sughi, quando è essiccato e<br />

frantumato.<br />

LIQUORE DI ALLORO - LICÔRE D’ÖFÉUGGIO<br />

40 foglie di alloro, ½ litro di alcool, 1/2 kg. di zucchero, ½ l di acqua.<br />

Immergere le foglie ben pulite, lavate e asciugate in un’albanella a chiusura<br />

ermetica e coprirle con l’alcool. Lasciare riposare al buio per 40 giorni.<br />

Quindi far bollire l’acqua con lo zucchero e farle raffreddare. Filtrare l’alcool<br />

ed aggiungere lo sciroppo. Lasciare riposare al buio per circa 10 giorni,<br />

scuotendo di tanto in tanto.<br />

*<br />

SUGO DI FUNGHI – TÓCCO DE FONZI<br />

30 g. di funghi secchi, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo, rosmarino, 3 o 4 foglie<br />

di alloro, olio, concentrato di pomodoro.<br />

Far ammorbidire i funghi in acqua tiepida e strizzarli. Tritare aglio, prezzemolo<br />

e rosmarino, soffriggere con olio e le foglie di alloro in una casseruola di<br />

coccio.<br />

Aggiungere i funghi tritati, rosolare bene e versare due cucchiai di concentrato<br />

di pomodoro sciogliendolo con tre bicchieri d’acqua.<br />

Far cuocere a fuoco basso per almeno una mezz’ora.<br />

* Le dosi per tutte le ricette sono per 4 persone salvo diverse indicazioni<br />

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BASILICO - BAXEICÒ<br />

E’ una pianta annuale con foglie ovali picciolate e opposte a due a due.<br />

Un tempo si coltivava negli orticelli o nei vasi sui davanzali <strong>del</strong>la cucina.<br />

Secondo la leggenda esso fu rinvenuto sul luogo <strong>del</strong>la crocifissione<br />

dall’imperatrice Elena, madre di Costantino, la quale lo portò da Gerusalemme<br />

nella penisola ellenica. E da lì si diffuse in tutto il Mediterraneo.<br />

MINESTRONE ALLA GENOVESE – MENESTRÓN A-A ZENÉIZE<br />

250 g. di fagioli borlotti da sgranare, 200 g. di fagiolini verdi, 1 carota, due<br />

foglie di sedano, 100 g. di bietole, 200 g. di cavolo cappuccio, 1 porro,<br />

2 zucchini o un pezzo di zucca, 1 melanzana ovale, 2 pomodori pelati, 3 patate<br />

medie, 1 mazzo di basilico tritato con aglio e formaggio.<br />

Riso o pasta a piacere, preferibili i “bricchetti”. Ottimi anche i taglierini<br />

freschi.<br />

Naturalmente le verdure possono variare a seconda dei gusti e <strong>del</strong>la stagione.<br />

Tradizionalmente, in stagione, si aggiungevano <strong>del</strong>le foglie e dei gambi <strong>del</strong>le<br />

piante di zucchino detti i “çimélli” e <strong>del</strong>le croste di formaggio parmigiano ben<br />

pulite e conservate proprio per la preparazione <strong>del</strong> minestrone.<br />

Pulire le verdure, tagliarle a tocchetti e cuocerle con le croste di formaggio, due<br />

cucchiai d’olio e il sale quanto basta, in una pentola contenente circa 3 litri di<br />

acqua.<br />

Quando sono ben cotte, schiacciare una patata con la forchetta o il pestello,<br />

aggiungere il riso o la pasta e, quando l’uno o l’altra sono quasi a cottura, unire<br />

il pesto mescolando bene.<br />

E’ ottimo servito caldo, tiepido o anche freddo.<br />

FOCACCIA AL BASILICO – FUGÀSSA CO-O BAXEICÒ<br />

10 mazzi (piccoli) di basilico, 2 uova, 200 g. di ricotta, parmigiano grattugiato,<br />

300 g. di farina, 1 cubetto di lievito di birra.<br />

Impastare la farina con il lievito aggiungendo acqua tiepida e sale fino a<br />

formare un impasto morbido. Coprire e lasciare riposare l’impasto per circa<br />

2 ore.<br />

Preparare il ripieno tritando grossolanamente il basilico al quale si aggiungono<br />

le 2 uova, il parmigiano, la ricotta e il sale.<br />

Tirare con la pasta 2 sfoglie, di cui una più spessa sulla quale si stende il ripieno,<br />

coprire con l’altra e cuocere in forno a 200° per circa ½ ora.<br />

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BORRAGINE - BORÂXA<br />

E’ largamente diffusa in tutte le zone coltivate ed apprezzata per la<br />

commestibilità <strong>del</strong>le sue foglie; usata anche in medicina per le sue proprietà<br />

diuretiche e rinfrescanti.<br />

RAVIOLI ALLA GENOVESE – RAIEU A-A ZENÉIZE<br />

Ripieno: 100 g. di carne di manzo, 100 g. carne di vitello, ½ cervello di vitello,<br />

50 g. di schienali, 30 g. di burro, 3 uova intere, 30 g. di parmigiano, 20 g. di<br />

mollica di pane, due mazzi di borragine, 1 pizzico di maggiorana, sale q.b.<br />

pasta: 500 g. di farina, acqua, 2 uova.<br />

Pulire le borragini e lessarle per 5 minuti, poi strizzarle bene. Far rosolare nel<br />

burro le carni, poi tritarle. Aggiungere le uova, la mollica di pane inzuppata nel<br />

brodo, il parmigiano, la maggiorana tritata e il sale.<br />

Mescolare bene.<br />

Preparare la pasta con la farina, le uova e l’acqua tiepida fino alla giusta<br />

consistenza.<br />

Lavorare la pasta finché sarà liscia e morbida, quindi stenderla in sfoglie sottili.<br />

Porre sulla pasta piccoli mucchietti di ripieno, ripiegare la pasta chiudendo e<br />

separando i mucchietti prima con le dita, poi con la rotella.<br />

Cuocere i ravioli in acqua bollente poco salata, scolare bene e condire col sugo<br />

di carne.<br />

FRITTATA DI BORRAGINE – FRÎTÂ DE BORÂXE<br />

500 g. di borragine, 4 uova, pochi funghi secchi ammollati e strizzati, una<br />

cipolla, la mollica di un panino bagnata nel latte e strizzata, 4 cucchiai di<br />

parmigiano grattugiato, un pizzico di maggiorana, sale e pepe.<br />

Bollire le borragini, strizzarle e tritarle. Rosolare in pa<strong>del</strong>la con l’olio, la cipolla<br />

e i funghi tritati. In una ciotola sbattere le uova e aggiungere la mollica di pane<br />

tritata, il parmigiano ed il composto di verdure rosolato precedentemente.<br />

Scaldare un po’ d’olio in una pa<strong>del</strong>la antiaderente, versarvi il composto<br />

mescolando con un cucchiaio di legno, cuocere bene da entrambe le parti.<br />

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CICORIA - RADICIÓN<br />

E’ una pianta annuale molto comune nei nostri campi e prati. I germinelli e<br />

le foglie sono ottime in insalata ed è decorata da bei fiori azzurri. Le radici<br />

sono molto apprezzate cotte e condite.<br />

CONTORNO CON UVETTA E PINOLI<br />

PREBOGIÓN, UGHÉTTA E PIGNEU<br />

1 kg di prebogión con cicoria, 1 spicchio d’aglio, 50 g. di pinoli, 20 g.<br />

d’uva passa, sale.<br />

Pulire, lavare, bollire e spremere le verdure con un canovaccio. Rosolare<br />

insieme agli altri ingredienti per alcuni minuti.<br />

CONTORNO CON BURRO E FORMAGGIO<br />

PREBOGIÓN CO-O BITIRO E FORMÀGGIO<br />

1 kg. di prebogión con cicoria, 1 spicchio d’aglio tritato con un po’di<br />

maggiorana, 70 g. di burro, 5 cucchiai di parmigiano grattugiato, sale.<br />

Preparare le erbette come nella ricetta precedente e soffriggere in pa<strong>del</strong>la con<br />

burro, aglio e maggiorana unendo il parmigiano a fine cottura.<br />

RISO E PREBOGGION – RÎZO CO-O PREBOGIÓN<br />

350 g. di riso, 600 g. di prebogión, 1 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di pinoli,<br />

50 g. di parmigiano grattugiato, 50 g. di sardo grattugiato, 3 mazzetti di<br />

basilico, 2 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva, sale.<br />

Pulire, lavare e lessare le erbette in un litro d’acqua salata e dopo 15 minuti<br />

aggiungere il riso e portare a cottura. Nel frattempo con aglio, basilico olio e<br />

formaggio fare il pesto.<br />

A cottura ultimata aggiungere il pesto alla minestra, mescolare bene e servire<br />

dopo qualche minuto.<br />

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CODA CAVALLINA - CÔA DE CAVÀLLO<br />

Il suo vero nome è equiseto e cresce in luoghi freschi e paludosi, lungo i fiumi<br />

ed i canali <strong>del</strong>le zone marittime e quelle sub montane.<br />

E’ una specie che, come le felci, ha radici, ma né fiori né semi.<br />

Si usa come diuretico, emostatico e cicatrizzante e in preparazioni erboristiche.<br />

DECOTTO<br />

Per tre tazze. 50 g di coda cavallina secca, 500 g di acqua.<br />

Bollire l’acqua e mettere in infusione la coda cavallina con zucchero. Filtrare e<br />

somministrare il decotto come diuretico e depurativo.<br />

USO COSMETICO<br />

Una manciata di coda cavallina infusa nell’acqua calda <strong>del</strong> bagno è utile per<br />

pelli non elastiche e rugose.<br />

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FINOCCHIO SELVATICO - FENÓGGIO SARVÆGO Ò DÔCE<br />

E’ una pianta perenne che cresce spontanea in luoghi aridi e incolti.<br />

Ne esiste anche una specie detta “finocchio marino” che cresce anche essa<br />

spontanea sulle rocce a ridosso <strong>del</strong> mare nelle nostre coste.<br />

Si fa largo uso sia <strong>del</strong>le foglie fresche che dei fiori freschi o essiccati.<br />

CASTAGNACCIO - PANÉLLA<br />

500 g. di farina di castagne, olio, acqua q.b., poco sale, semi di finocchio.<br />

Stemperare la farina in acqua in modo da ottenere una poltiglia abbastanza<br />

liquida.<br />

Aggiungere poco sale, ungere bene una teglia e versarvi il composto. Spargere<br />

sopra olio, pinoli, uva passa e i semi di finocchio.<br />

Cuocere in forno moderato finché si formerà una crosticina dorata.<br />

SALMONE ALLE ERBE - SARMÓN CO-E ÈRBE<br />

8 fettine di salmone fresco, 5 steli di erba cipollina, 1 bicchiere di latte,<br />

1 cucchiaino di maggiorana, uno di timo ed uno di foglioline di finocchio<br />

selvatico, olio, sale pepe.<br />

Rosolare il pesce in 3 cucchiai di olio in una pa<strong>del</strong>la antiaderente, salare,<br />

pepare e cuocere a fuoco lento dopo aver aggiunto il latte.<br />

Tritare l’erba cipollina e gli altri aromi. Unire in un piatto il trito con 3 cucchiai<br />

di olio e sbattere con una forchetta. Togliere le fettine di salmone dalla pa<strong>del</strong>la,<br />

passarle nel composto e rimetterle in pa<strong>del</strong>la.<br />

Cuocere un minuto per parte e servire.<br />

SALSA DI NOCI - SARSA DE NÔXE<br />

200 g. di noci sgusciate, 1 spicchio d’aglio, una manciata di semi di finocchio<br />

selvatico, 4 cucchiai di olio extravergine, una manciata di pinoli.<br />

Ammorbidire i semi di finocchio nell’acqua tiepida prima di pestarli nel<br />

mortaio, pestare tutti gli ingredienti separatamente.<br />

Amalgamare gli ingredienti in una terrina, salare e aggiungere l’olio.<br />

Prima di condire la pasta diluire la salsa con due cucchiai di acqua di cottura.<br />

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MAGGIORANA - PÈRSA<br />

E’ originaria <strong>del</strong>la parte orientale <strong>del</strong>l’Africa boreale ed è presente in tutti i<br />

paesi <strong>del</strong> bacino mediterraneo anche allo stato selvatico.<br />

Insieme al basilico è l’erba più importante <strong>del</strong>la cucina ligure. Le sue foglie<br />

profumatissime aromatizzano i tipici ripieni e polpettoni.<br />

TEGAME DI CARCIOFI E ACCIUGHE<br />

TIÀN DE ARTICIÒCCHE E ANCIÔE<br />

5 carciofi con gambi, 200 g. di acciughe fresche, 2 uova, una manciata di<br />

maggiorana, pane grattugiato, mollica di panino bagnato nel latte, una cipolla<br />

piccola, parmigiano, olio, sale, pepe.<br />

Soffriggere la cipolla e i gambi tritati dei carciofi. Tritare la mollica di pane<br />

strizzata con la maggiorana. Mettere il tutto in una terrina e aggiungere le uova,<br />

il parmigiano, il sale e il pepe.<br />

Pulire i carciofi, tagliarli a fettine e disporli in un teglia di 25 cm di diametro,<br />

appena unta con olio d’oliva, formando uno strato su cui disporre metà <strong>del</strong><br />

ripieno, quindi le acciughe dopo averne tolto la lisca.<br />

Coprire con un altro strato di carciofi e l’altra metà <strong>del</strong> ripieno. Spolverare con<br />

pane grattugiato, ungere con un filo d’olio e cuocere a forno moderato per<br />

circa 30 minuti.<br />

FRITTELLE DI BORRAGINI, MAGGIORANA E CIPOLLINE<br />

FRISCIEU DE BORÂXE, PÈRSA, ÇIOULÉTTE<br />

2 mazzi di borragini, 200g. di farina, 2 prese di maggiorana, 1 mazzetto<br />

di cipolline, olio extra vergine, sale.<br />

Fare una pastella fluida con farina, due cucchiai d’olio, sale e acqua minerale<br />

frizzante. Pulire, lavare e strizzare le borragini, tagliarle a pezzetti, affettare le<br />

cipolline e unire alla pastella aromatizzata con la maggiorana. Scaldare l’olio e<br />

friggere a cucchiaiate il composto.<br />

Le frittelle saranno pronte appena dorate.<br />

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MENTA - MÉNTA<br />

Deriva il suo nome dalla ninfa Minte, trasformata per gelosia da Proserpina in<br />

pianta umile, ma profumatissima e dalle molte proprietà medicinali, soprattutto<br />

digestive e antisettiche.<br />

Da essa si estrae il mentolo, mentre la varietà detta “menta piperita” viene<br />

usata per saponi, dentifrici, cosmetici e profumi.<br />

ACCIUGHE IN PADELLA – POÊLÂ D’ANCIÔE<br />

½ kg di acciughe, aglio, olio, un rametto di menta, prezzemolo, ½ bicchiere<br />

di vino bianco, sale.<br />

Pulire le acciughe e metterle in pa<strong>del</strong>la con olio, aglio, prezzemolo e menta<br />

tritati, vino bianco e un pizzico di sale.<br />

Cuocere per pochi minuti.<br />

AGNELLO ALLA MENTA – BÆ CO-A MÉNTA<br />

800 g. di carne d’agnello magra, 1 dado, 1 cipolla, 1 carota, scorza di limone,<br />

2 limoni, rametti di menta, olio, sale, pepe.<br />

Tagliare la carne a pezzetti e metterla in una casseruola con acqua fredda e<br />

mezzo limone,<br />

Portare a ebollizione. Schiumare, scolare la carne e passarla sotto l’acqua<br />

fredda. Affettare la cipolla e la carota e rosolare con 3 cucchiai d’olio. Unire la<br />

carne e lasciare insaporire. Aggiungere il brodo preparato con il dado, salare e<br />

pepare. Unire la menta e la scorza di limone e far cuocere per circa 1 ora.<br />

Togliere la carne e tenerla al caldo. Unire al fondo di cottura il succo di limone<br />

e versare sulla carne spolverizzandole con foglie di menta tritate.<br />

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ORIGANO - CÒRNABÛGGIA<br />

Il nome deriva da “ornamento dei monti” perché si diffonde spontaneamente e<br />

per le sue proprietà benefiche.<br />

Essiccato aumenta il suo aroma. Per sprigionarlo al meglio è bene sfregare<br />

l’origano fra le mani mentre si distribuisce sui piatti.<br />

POMODORI ALL’INFERNO – TOMÂTE ROSTÎE<br />

Pomodori a coste, in genovese porsenìn, olio, aglio, origano, prezzemolo,<br />

sale, pane grattugiato.<br />

Tagliare a metà i pomodori non troppo maturi, privarli dei semi.<br />

Disporli in un tegame unto con la parte concava rivolta verso l’alto, cospargerli<br />

di olio, aglio e prezzemolo tritati con l’origano, sale e pane grattugiato.<br />

Cuocere lentamente in forno finché saranno bene asciugati.<br />

POLPETTONE DI ERBETTE – PORPETÓN DE PREBOGIÓN<br />

1 kg. di prebogión, 3 uova, 100 g. di ricotta o “prescinsêua”, 20 g. di funghi<br />

secchi ammollati, 4 cucchiai di parmigiano, origano e maggiorana tritati,<br />

aglio, sale, olio, pane grattugiato.<br />

Lavare, lessare le erbette e tritarle. Soffriggere i funghi e aglio tritati nell’olio,<br />

unire le erbette per qualche minuto, togliere dal fuoco e aggiungere il parmigiano,<br />

le uova, la ricotta, l’origano e la maggiorana, sale e pepe.<br />

Mescolare con cura, quindi ungere una teglia, cospargerle di pane grattugiato e<br />

versarvi il composto. Dopo averlo steso, spolverarlo con pane grattugiato e<br />

olio. Cuocere a 180° per circa 30 minuti.<br />

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ORTICA - ORTÎGA<br />

E’ una pianta comunissima e riconosciuta per l’azione irritante che provoca<br />

quando viene a contatto con la pelle.<br />

Comune nelle zone incolte, lungo le strade di campagna, vicino ai vecchi<br />

ruderi dalla zona marittima fino a quella alpina. Le sue virtù terapeutiche erano<br />

già note nell’antichità.<br />

TAGLIERINI ALL’ORTICA – TAGIÆN DE ORTÎGA<br />

400g. di foglioline tenere di ortica, 1 kg. di farina, 3 uova, parmigiano, sale.<br />

Pulire e lavare l’ortica, lessarla e spremerla per far uscire l’acqua.<br />

Tritarla minutamente e impastarla con la farina, le uova, un’ abbondante<br />

manciata di parmigiano e poco sale.<br />

Quando la pasta sarà ben liscia e soda, tirare le sfoglie, avvolgerle su se stesse e<br />

tagliarle con un coltello formando <strong>del</strong>le strisciette molto sottili che vanno<br />

allargate bene su una tovaglia. Cuocerle in abbondante acqua salata e condirle<br />

con sugo di carne o altro a piacere.<br />

GNOCCHI ALL’ORTICA – TRÒFIE DE ORTÎGA<br />

Ingredienti per 6 persone: 800g. di patate, 300g. di foglioline tenere d’ortica,<br />

500g. di farina, sale.<br />

Pulire, lavare e lessare le ortiche. Strizzarle bene tritarle finemente. Cuocere le<br />

patate e ancora bollenti passarle al passa patate e lavorarle subito con le ortiche<br />

e la farina. Se la pasta fosse troppo molle aggiungere altra farina. Formare il<br />

bu<strong>del</strong>lo e tagliare i gnocchetti di circa 2 cm. A piacere lasciarli interi o<br />

svuotarli col dito. Cuocerli in abbondante acqua salata e raccoglierli con la<br />

schiumarola appena vengono a galla.<br />

Condire con sugo, pesto o burro e parmigiano a piacere.<br />

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PIMPINELLA - PINPINÉLLA<br />

E’ una pianta perenne, alta dai 20 ai 50 cm. Cresce sui terreni calcarei, prati<br />

aridi ed incolti. Molto usata nelle insalate e bollita. La radice è usata per<br />

scottature e ustioni. Gli infusi hanno proprietà medicinali come calmante <strong>del</strong>la<br />

tosse.<br />

TOTANI RIPIENI – TÖTANI PÌN<br />

2 totani abbastanza grossi oppure 4 piccoli, 200g di prebogión già cotto,<br />

2 uova, 10 g. di pane grattugiato, uno spicchio d’aglio tritato, 3 cucchiai di<br />

parmigiano grattugiato, 2 pomodori maturi passati al setaccio, una presa<br />

di rosmarino tritato, olio extra vergine d’oliva <strong>del</strong>la riviera ligure, sale e pepe.<br />

Svuotare e lavare i totani. Soffriggere in olio il prebogión con l’aglio e il<br />

rosmarino, salare e pepare. Tolto dal fuoco e lasciato raffreddare, aggiungere<br />

le uova leggermente sbattute, il pane grattugiato, il formaggio e amalgamare<br />

tutto. Con il ripieno ottenuto farcire i totani, chiudendone il lato aperto con<br />

stuzzicadenti. Porre sul fuoco una capace terrina con un po’ d’olio, il passato<br />

di pomodoro, un po’ d’acqua e deporvi i totani. Far cuocere a fuoco lento,<br />

rimestando di tanto in tanto, per circa mezz’ora.<br />

TORTA DI ERBETTE SEVATICHE – TÓRTA DE PREBOGIÓN<br />

250 g di farina di frumento, 1 dc e mezzo di olio extra vergine di oliva<br />

<strong>del</strong>la riviera ligure, 1 kg di prebogión, 1 cipolla, 300 g di prescinsêua,<br />

sale e acqua.<br />

Impastare la farina con 2 cucchiai d’olio, un pizzico di sale e un po’ d’acqua, in<br />

modo da ottenere una pasta soda ma elastica. Dividerla in due pezzi e lasciarla<br />

riposare coperta per almeno un’ora. Pulire e lavare le erbette, strizzarle<br />

e tagliarle grossolanamente e lessarle in acqua salata. Scolarle, strizzarle in una<br />

salvietta e, dopo aver soffritto nell’olio la cipolla tritata, aggiungerle con il sale,<br />

lasciando cuocere per almeno cinque minuti. Stendere la prima sfoglia su una<br />

teglia già oliata, versarvi il ripieno, spalmarvi la prescinsêua, coprire con l’altra<br />

sfoglia. Unire i lembi <strong>del</strong>le sfoglie, formando un orlo tutt’intorno, cuocere in<br />

forno a 150° per circa 30 minuti.<br />

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ROSMARINO - ROMANÌN<br />

Era già utilizzato da Egizi e Greci. I Romani se ne servivano al posto<br />

<strong>del</strong>l’incenso e come componente degli unguenti profumati.<br />

E’ una <strong>del</strong>le piante aromatiche più usate nella nostra cucina. Le foglie si usano<br />

sia fresche che essiccate.<br />

STUFATO CON PATATE – STUFÒU CO-E PATÀTTE<br />

½ kg. di pomodori, sedano, prezzemolo, rosmarino, aglio, olio, ½ kg.<br />

di manzo, ½ bicchiere di vino bianco, ½ kg di patate, sale.<br />

Tritare sedano, rosmarino e aglio; spezzare i pomodori e mettere tutto a<br />

cuocere in casseruola con olio. Passare le verdure portare a cottura e mettere a<br />

parte la salsa così ottenuta. Soffriggere nell’olio aglio e rosmarino tritati,<br />

meglio se pestati nel mortaio; aggiungere la carne tagliata a pezzetti e il sale.<br />

Far rosolare, versare ½ bicchiere di vino bianco secco e quando la carne sarà a<br />

metà cottura, aggiungere le patate a pezzetti e la salsa preparata in precedenza<br />

e ultimare la cottura.<br />

FARINATA CON ROSMARINO – FAINÂ CO-O ROMANÌN<br />

250g. di farina di ceci, 1 l d’acqua, 3 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva,<br />

3 rametti di rosmarino, sale q.b.<br />

Diluire la farina con l’acqua, sbatterla bene con la frusta e lasciarla riposare per<br />

almeno 4 ore. Versare l’olio in una teglia e aggiungere il composto mescolando<br />

lentamente. Spargere sopra le foglioline di rosmarino. Infornare a calore<br />

massimo e cuocere fino a che si sia formata una crosticina dorata. Pepare prima<br />

di servire, a piacere.<br />

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SALVIA - SÀRVIA<br />

E’ un arbusto cespuglioso sempreverde. Le sue foglie sono opposte, quelle<br />

inferiori hanno un lungo picciolo, quelle superiori molto breve.<br />

Allo stato spontaneo si trova in tutta la zona mediterranea. Deve il nome al<br />

latino “salvere”, guarire, quanto basta per testimoniare la considerazione in cui<br />

era tenuta nell’antichità.<br />

Anche nel Medioevo, Carlo Magno ne consigliava la coltivazione,<br />

contribuendo a diffonderla nell’Europa Centrale e Settentrionale.<br />

FOCACCIA ALLA SALVIA – FUGÂSSA CO-A SÀRVIA<br />

500 g. di farina, 50 g. di foglie di salvia fresca, 6 cucchiai di olio extravergine<br />

di oliva, sale q.b., lievito di birra un cubetto, acqua.<br />

Impastare la farina con il lievito, 4 cucchiai di olio, il sale e le foglie di salvia<br />

tritate, l’acqua in modo da ottenere un impasto morbido.<br />

Lavorare energicamente l’impasto per almeno 10 minuti, formare una palla e<br />

coprirla con un telo lasciandola lievitare per almeno 2 ore.<br />

Stenderlo in una teglia unta con olio e lasciare ancora lievitare coperta per<br />

un’altra ½ ora.<br />

Intanto scaldare il forno a 250°. Con un dito formare <strong>del</strong>le fossette sulla<br />

superficie <strong>del</strong>la focaccia, ungerla bene con olio e cospargerla con un po’ di sale<br />

grosso.<br />

Infornare e cuocere per circa 15/20 minuti.<br />

TOMAXÈLLE<br />

4 fette di vitello, 2 etti di polpa di vitello, funghi secchi, pinoli, maggiorana,<br />

salvia, aglio, sale e pepe, 2 uova, parmigiano, mollica di pane imbevuta di<br />

latte o brodo, sugo di pomodoro.<br />

Tritare la polpa di vitello, precedentemente scottata in pa<strong>del</strong>la antiaderente con<br />

poco olio, con la mollica di pane, i funghi fatti rinvenire in acqua tiepida e<br />

strizzati, la maggiorana e un po’ di aglio.<br />

Salare, pestare nel mortaio, unirvi 2 uova e <strong>del</strong> parmigiano grattugiato.<br />

Dopo aver ben battuto le fettine di vitello appoggiarvi sopra <strong>del</strong>le foglie di<br />

salvia e su queste 2 cucchiai di ripieno, poi avvolgerle, legarle con filo di<br />

cotone e farle cuocere nel sugo di pomodoro.<br />

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SONCO - SCIXÈRBOA<br />

E’ una pianta comune spontanea nei nostri campi e prati.<br />

Viene usata allo stato giovane in insalata e frittate.<br />

Mischiata ad alte erbe primaverili si trova anche nei ripieni liguri.<br />

PREBOGGION TRASCINATO E FOCACCETTE<br />

PREBOGIÓN STRASCINÒU E FUGASÉTTE<br />

Ingredienti per 6 persone. 300 g. di farina, 10 g. di lievito di birra, olio, sale,<br />

acqua, 1 kg di prebogión fresco.<br />

Bollire le erbette, strizzarle e passarle in pa<strong>del</strong>la con aglio schiacciato e olio.<br />

Impastare farina, 3 cucchiai d’olio, sale e acqua quanto basta per un impasto<br />

piuttosto morbido. Strappare dei piccoli pugnetti di pasta e formare dei dischi<br />

di circa 15 cm di diametro e lasciarli lievitare coperti da un telo per circa 2 ore.<br />

Friggerli in abbondante olio e servirli caldi con le erbette.<br />

PREBOGGION E COSTINE DI MAIALE<br />

PREBOGIÓN CO-E COSTIGÊUE DE PÒRCO<br />

1 kg di prebogión, 1 kg di costine di maiale, olio, rosmarino, sale, pepe,<br />

1 cucchiaio di conserva di pomodoro.<br />

Bollire il prebogión in tanta acqua con un pizzico di bicarbonato, per<br />

conservare il colore verde, strizzarlo e tagliuzzarlo. A parte passare le costine in<br />

un tegame antiaderente senza olio, con rametti di rosmarino e poco sale.<br />

Soffriggere olio, aglio e prebogión, aggiungere le costine e unire un bicchiere<br />

d’acqua in cui è stato sciolto il concentrato di pomodoro e un po’ di dado.<br />

Scolare, pepare, coprire col coperchio e lasciare cuocere finché le costine<br />

sono pronte.<br />

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TARASSACO - DÉNTE DE CÀN<br />

E’ noto anche come “soffione” o “dente di leone” ed è molto diffuso nei prati e<br />

nei terreni incolti.<br />

Ha molte proprietà. E’ un toccasana per il fegato, depurativo, diuretico,<br />

lassativo, tonico e digestivo,<br />

Le foglie si raccolgono in marzo-aprile e si possono gustare fresche in insalate<br />

molto salutari per la presenza di abbondante vitamina C.<br />

RISOTTO PRIMAVERILE – RÎZO CO-I DÉNTI DE CÀN<br />

300g. di riso, 400g. di foglie di tarassaco, 150 g. di ricotta, 1 scalogno,<br />

1 cipolla, olio extra vergine d’oliva, ½ bicchiere di vino bianco secco,<br />

brodo vegetale, sale.<br />

Lavare le foglie di tarassaco e lessarle in acqua bollente per 5 minuti. Scolarlo,<br />

strizzarlo e tagliarlo a pezzetti. Farlo saltare in una pa<strong>del</strong>la con olio e lo<br />

scalogno affettato sottilmente. Versare un filo d’olio in una casseruola e fare<br />

appassire la cipolla tritata, aggiungere il riso, poi aggiungere il vino bianco e<br />

lasciarlo evaporare. Unire il tarassaco e il brodo, salare leggermente e portare a<br />

cottura a fuoco medio. Quando è pronto, togliere dal fuoco e mantecare con la<br />

ricotta, mescolando con cura.<br />

ZUPPA SAPORITA – SÙPPA CO-I DÉNTI DE CÀN<br />

Ingredienti per 6 persone: 250g. di fiori di tarassaco, 200g. di pancetta<br />

affumicata, 200g. di sedano, 1 cipolla, 2 l di brodo, 100g. di carote, 1 cipolla,<br />

2 l di brodo, olio extra vergine d’oliva, 100g di parmigiano grattugiato, sale<br />

e pepe.<br />

Lavare e tagliare a fiammifero il sedano e le carote e affettare le cipolle. Lavare<br />

e tagliare a metà i fiori di tarassaco. Far rosolare per alcuni minuti nell’olio i<br />

fiori e le verdure, poi aggiungere la pancetta tagliata a striscioline, rosolare<br />

ancora un po’. Versare il brodo e far bollire per circa 40 minuti Aggiustare di<br />

sale e pepe e servirla ben calda dopo averla spolverata con il parmigiano e<br />

accompagnare con crostini o fette di pane casereccio.<br />

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BIBLIOGRAFIA<br />

Edoardo Firpo – O grillo… cantadö – Ed. San Marco dei Giustiniani in Genova<br />

Boni, Patri – Scoprire, riconoscere, usare le erbe – Ed. Fabbri<br />

Bianchini, Corbetta, Pistoia – Le piante <strong>del</strong>la salute – Ed. Arnoldo Mondadori<br />

Bianchini, Corbetta, Pistoia – I frutti <strong>del</strong>la terra - Ed. Arnoldo Mondadori<br />

Segrete virtù <strong>del</strong>le piante medicinali – Selezione dal Reader’s Digest<br />

Genovese scritto in grafîa ofiçiâ - http://www.zeneize.net/grafia/index.htm<br />

Il Secolo XIX – Sapori di Liguria 2001/2002<br />

Carlo Cattaneo – Saggi di economia rurale – Ed. Luigi Einaudi<br />

Giorgio Gallesio – Dai giornali d’agricoltura e di viaggi – Sagep Editrice<br />

Francesco Maria Accinelli - Atlante Ligustico – Ed. Tolozzi – Compagnia dei Librai<br />

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