EDITORIALE GIORGIO MONDADORI - Itaca Investimenti d'Arte
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<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong>
1909 - 2009<br />
Mostra del Centenario<br />
ALDO TAVELLA<br />
(1909 – 2004)<br />
“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />
a cura di<br />
Paolo Levi e Mario Guderzo<br />
<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong>
L’opera è inserita nella collana<br />
Cataloghi d’ Arte della<br />
<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong><br />
In copertina<br />
“Giardini”, 1947<br />
olio su cartone, cm 50x70<br />
Stampa<br />
Distributore esclusivo alle librerie<br />
Messaggerie libri S.p.A.<br />
Via Verdi, 8 - 20090 Assago (Milano)<br />
Copiright©2009<br />
<strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’ Arte s.r.l.<br />
Riproduzione vietata, tutti i diritti riservati<br />
dalla legge sui diritti d’autore<br />
SPECIALI NELL’ASSICURARE<br />
Con il Patrocinio<br />
Si ringraziano
ALDO TAVELLA<br />
“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />
1909 - 2009<br />
Mostra del Centenario<br />
a cura di<br />
Paolo Levi e Mario Guderzo<br />
14 novembre – 13 dicembre 2009<br />
Palazzo della Ragione<br />
Piazza dei Signori, Verona<br />
Testi di:<br />
Paolo Levi, Ennio Pouchard, Mario Guderzo<br />
Federica Luser, Marco Maria Polloniato<br />
Organizzazione:<br />
Alessandro Schirato<br />
Musiche:<br />
Maestro Nicola Guerini<br />
Allestimenti:<br />
Arredamenti Dueffe, San Zeno di Cassola (VI)<br />
Assicurazioni:<br />
Satec e Venice Broker<br />
Apparati Fotografici:<br />
Davide Martinazzo, Pino Tavella, Alessandro Schirato<br />
Comunicazione e Ufficio Stampa<br />
Mara Bisinella, Quinto Potere, Bassano del Grappa (VI)<br />
Organizzazione Generale e Progetto Grafico<br />
<strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte<br />
Castelcies di Cavaso del Tomba (TV)<br />
www.itacagallery.com<br />
e-mail: info@itacagallery.com
Con la mostra sul pittore Aldo Tavella salutiamo un nuovo ed importante appuntamento con l’arte, un’ulteriore tappa<br />
nella strategia di sviluppo culturale della nostra città, la naturale prosecuzione della linea di sostegno ai fenomeni di<br />
eccellenza della cultura veronese. L’intento dell’Amministrazione comunale, infatti, è quello di tributare un omaggio ad un<br />
uomo che, nel tempo, con passione e professionalità, ha collaborato alla crescita culturale della Città che ha amato e che<br />
ha saputo lasciare un segno nella sua arte. E’ un importante avvenimento culturale, che si realizza a più di 20 anni di distanza<br />
dall’omaggio che il Comune di Verona volle rendergli, ospitando nel Palazzo della Gran Guardia un’antologica che riscosse<br />
un notevole successo di pubblico e di critica, cui fece seguito una seconda mostra nel 2004. Un filo riannodato, quindi,<br />
grazie al quale Verona riscopre se stessa, per ritrovare il proprio futuro e riallacciare il rapporto con la propria storia. La<br />
mostra contribuirà ad approfondire la conoscenza di questo pittore, che seppe affrontare in modo autonomo ed originale<br />
il dibattito sull’arte italiana di quegli anni: seguire il percorso di questo artista, quindi, consentirà di entrare anche nello<br />
spirito migliore del Secolo che abbiamo alle spalle. Siamo certi che la figura di Tavella emergerà in tutta la forza della sua<br />
creatività e nell’autenticità della sua complessa ricerca culturale, che ha offerto un importante contributo allo sviluppo del<br />
panorama culturale ed artistico del nostro territorio e non solo. Quest’esposizione dunque, ed il catalogo-monografia che<br />
la correda, consentiranno finalmente di valutare nel suo insieme tanti anni di lavoro, segnato dalla fedeltà alla tradizione e<br />
all’arte, come è sempre stato ribadito dalla critica.<br />
Un appuntamento da non perdere, per i veronesi e per il pubblico interessato, una grande occasione per cercare di<br />
penetrare nella vicenda artistica ed umana di questo pittore. La mostra, infatti, oltre che un progetto per la città, rappresenta<br />
anche un modello di collaborazione e di interazione tra diverse istituzioni pubbliche e private, tra istituzioni e cittadini e<br />
tra diverse competenze e professionalità. Il nostro ringraziamento va alla famiglia Tavella, per l’opportunità che ha voluto<br />
offrire alla città, all’organizzazione di <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte e a tutti coloro che hanno lavorato, prodotto, studiato per la<br />
realizzazione di questa iniziativa.<br />
Erminia Perbellini Flavio Tosi<br />
Assessore alla Cultura Sindaco di Verona
Un momento di memoria e di cultura un’impronta originale ed autonoma nella pittura veneta del XX secolo: così dicono<br />
gli esperti d’arte di mio padre. Un uomo che ha sempre fatto quello che ha voluto e contato solo su se stesso. Una vita, la<br />
sua, iniziata nel 1909 e terminata nel 2004. Ricordo di lui benissimo quei suoi occhi belli e vispi, quella sua voce simpatica<br />
mentre ci diceva cose di cui era convinto sempre fino in fondo e per le quali mal volentieri accettava suggerimenti o<br />
consigli. Solo la mamma sapeva davvero come prenderlo e “dominarlo”.<br />
Compiuti gli studi presso l’Accademia G.B. Cignaroli di Verona, ne divenne prima docente e poi Direttore. Ed è sotto la<br />
direzione di Aldo Tavella che l’Accademia ottenne nel 1985 il riconoscimento dello Stato Italiano.<br />
Con una produzione amplissima ed eclettica colorata di ottimismo e naturalezza, mio padre, fino all’ultimo, “questo<br />
bambino di 95 anni”, ci ha offerto un’immagine di pittore che travalica il tempo con un entusiasmo ed uno spirito polemico,<br />
estroso ed accattivante: bastava entrare nella sua casa, i quadri erano dappertutto, negli armadi, in cucina, in ogni dove,<br />
in un perfetto disordine d’autore.<br />
Consentitemi di ricordare qualche breve passo di alcuni dei critici d’arte che hanno apprezzato e valorizzato l’opera di<br />
mio padre: Ugo Ronfani, in occasione di una mostra dedicata al papà alla Gran Guardia, presentava l’iniziativa come «un<br />
evento che celebra e premia la longevità operosa e l’onestà intellettuale di un pittore che ha attraversato il secolo senza<br />
oziose o vanitose distrazioni, tenendo gli occhi bene aperti su quanto di nuovo offriva il panorama italiano ed europeo<br />
delle arti figurative, ma badando soprattutto ad essere se stesso, ad ascoltare le voci di dentro di una vocazione di nativa<br />
naturalezza, restando prodigiosamente giovane nell’incalzare dell’età, dunque un evento che esce decisamente dalla<br />
cerchia locale».<br />
Jean Piot, nella sua pubblicazione “Aldo Tavella - tra mito e realtà” evidenzia come «Tavella ha sempre saputo che la<br />
fedeltà al vero non è un limite culturale, un pericolo di restare arretrati, di avvilupparsi ancora alle nostalgie naturalistiche<br />
e post impressionistiche, ma il più delle volte, lo specchio di una profonda verità interiore. Senza ciò - dice spesso Vasari<br />
- l’arte sarebbe caduta come un corpo umano». Remo Brindisi, in un breve commento di alcune opere di Aldo Tavella,<br />
scriveva: «Sono dell’ opinione che, grazie ad un tessuto plastico del colore, il suo quadro riesce ad essere suggestivo<br />
per una particolare luce, che dall’impasto pittorico, scaturisce in una analisi segreta sugli oggetti, più che sui paesaggi<br />
e le figure. D’impostazione tradizionale, il suo quadro avverte, delle volte, angolazioni culturali più aggiornate». Infine<br />
Licisco Magagnato: «Tavella resta fedele al fondo vero della sua cultura: 1’esperienza artigianale, la spontanea sapienza del<br />
mestiere del decoratore che ha un tempo esercitato l’intonazione delle sue opere è costantemente in chiave giusta, proprio<br />
il suo innato senso di un rapporto cromatico unitario che deve legare la parte al tutto, in un equilibrio che costituisce<br />
l’amalgama meditato dei vari elementi. [ ... ] Da un punto di vista compositivo, i dipinti di Tavella sono gremiti e densi,<br />
quasi li ispirasse un “horror vacui” di ascendenza popolare; mazzi di fiori compatti, come ghirlande di fiori secchi, tessiture<br />
strettamente intrecciate come i ricami dei cuscini della nonna, tinte spente e corpose segnate da velature e graffiti che<br />
sembrano esaltarne la matericità. Questo tormentato lavorio sul tessuto pittorico, si accompagna talora ad un altrettanto<br />
arrovellato sovrapporsi a strati ed incastri di immagini, in una ricerca di sintesi narrative e simboliche condotte sul filo<br />
della memoria, in una chiave che risale a modi del liberty, ma anche a murales ed illustrazioni popolari sudamericane e<br />
specialmente messicane».<br />
I critici d’arte e gli esperti, quindi, già molto hanno detto e scritto. Oggi con questa mia presentazione, che credo<br />
faccia piacere alla Verona che lui tanto ha amato come ultimo testimone di un secolo di grandi nomi veronesi, ed anche a<br />
questa prestigiosa Accademia di cui, in memoria proprio di Aldo Tavella, mi è stata offerta la carica da me accettata di Vice<br />
Presidente, voglio invece, solo rendergli omaggio ed un grato ricordo.<br />
Diceva Blaise Pascal nei suoi Pensieri: «Quando un discorso dipinge con naturalezza una passione o un effetto, ritroviamo<br />
in noi stessi la verità di ciò che esso intende dire, la quale verità non sapevamo che già fosse in noi; di modo che siamo<br />
portati ad amare chi ce lo fa sentire; poiché costui non ha fatto mostra di un bene suo, ma del nostro; e così questo<br />
beneficio ce lo rende caro, oltre al fatto che questa comunione d’intelligenza che abbiamo con lui inclina necessariamente<br />
il cuore ad amarlo».<br />
Ecco, questo pensiero di Pascal mi sembra possa ben rappresentare tutto ciò che la pittura di papà ha significato e<br />
trasmette a tutti noi e a tutti coloro che apprezzano la qualità dell’arte nella semplicità. In particolare, voglio dirgli che lo<br />
amiamo ancora tanto e che siamo stati fieri ed orgogliosi di aver fatto parte della sua vita.<br />
Romano Tavella<br />
Vice Presidente dell’Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona
Questa mostra è un’occasione per celebrare il centenario della nascita di Aldo Tavella e nello stesso tempo<br />
un’importante tappa nella riflessione scientifica legata all’arte. Affrontare tutte le problematiche connesse con la riscoperta<br />
di un artista, è una delle prerogative fondamentali di <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte. L’attenzione è rivolta proprio a coloro che<br />
hanno creato percorsi originali e fondamentali in campo artistico e che si sono cimentati nell’espressività, anche se quel<br />
processo di valorizzazione del proprio lavoro, ha incontrato difficoltà e alle volte incomprensioni. Attraverso un’approfondita<br />
metodologia di ricerca e di confronti e con l’organizzazione di iniziative correlate, <strong>Itaca</strong> si propone, come “una nuova visione<br />
nella promozione dell’arte”. La realtà di Aldo Tavella, del resto, è una situazione che abbiamo già incontrato presso molti<br />
altri protagonisti dell’arte italiana e della pittura veneta contemporanea. Non ci ha mai spaventato affrontare un archivio<br />
pittorico come quello che la famiglia Tavella ci ha presentato. La complessità del lavoro di archiviazione iconografica, di<br />
catalogazione, di analisi critica, di censimento bibliografico è stato così affrontato in modo capillare ed affidato ad esperti,<br />
critici e storici dell’arte che da anni collaborano con noi ed ai quali rivolgiamo il nostro grato riconoscimento. Approfondendo<br />
la collezione d’arte di Tavella ne è emerso un artista veneto eccezionale che ha attraversato con integerrima determinazione<br />
tutto il Novecento, Secolo ricco di innovazioni in campo artistico ed anche di contraddizioni, ma che sono state con molta<br />
“sincerità” e convinzione da lui assimilate e “tradotte” nella sua arte.<br />
Abbiamo sempre concentrato la nostra attenzione nei confronti di quella tradizione che costituisce il più ricco<br />
patrimonio italiano: l’arte e i beni culturali tout-court. E’ una caratteristica significativa di questa organizzazione, che non<br />
vuole, assolutamente, interferire con il mercato. Valorizzato nella sua Città fin dagli anni Cinquanta del Secolo scorso, è<br />
stato da noi studiato per il significato che rappresentava, proprio come un grande protagonista. Dell’artista sono stati<br />
studiati tutti i dipinti e i disegni che saranno ulteriormente valorizzati dopo la pubblicazione del catalogo generale. Il mio<br />
particolare ringraziamento va così all’Amministrazione comunale di Verona che ha creduto nel nostro impegno, alla famiglia<br />
Tavella che abbiamo conosciuto per mezzo del critico d’arte Paolo Levi che con Mario Guderzo ha realizzato il catalogo<br />
e curato l’esposizione. Pensiamo così di aver fornito un importante contributo alla diffusione e alla conoscenza di questo<br />
protagonista veronese che ha saputo dimostrare una passione profonda ed un’infinta dedizione verso la pittura e che ha<br />
utilizzato queste forme espressive per “narrare” piccoli eventi della sua quotidianità e che nello stesso tempo è riuscito ad<br />
inserirsi nei grandi dibattiti sul senso dell’arte del suo Secolo.<br />
Alessandro Schirato<br />
Presidente <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte
SOMMARIO<br />
13<br />
15<br />
19<br />
27<br />
31<br />
35<br />
136<br />
137<br />
139<br />
ALDO TAVELLA: UNA RICERCA FIGURATIVA<br />
Paolo Levi<br />
TAVELLA E LA PITTURA VENETA DEL NOVECENTO<br />
Ennio Pouchard<br />
ALDO TAVELLA (1909 – 2009) “IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />
Mario Guderzo<br />
UN MAESTRO ALLA BIENNALE DI VENEZIA<br />
Federica Luser<br />
NOTE SULLA PITTURA DI GENERE VENETA NEL NOVECENTO<br />
Marco Maria Polloniato<br />
OPERE<br />
NOTE BIOGRAFICHE<br />
ESPOSIZIONI<br />
BIBLIOGRAFIA
Aldo Tavella nel suo studio, 1994
ALDO TAVELLA: UNA RICERCA FIGURATIVA<br />
Paolo Levi<br />
Aldo Tavella ha fatto parte della generazione successiva<br />
alle sperimentazioni del Futurismo e Cubismo, che erano<br />
non solo movimenti artistici, ma veri e propri amplificatori<br />
di messaggi utopici. Nato nel 1909 - nello stesso anno in<br />
cui veniva pubblicato il Manifesto di Filippo Tommaso<br />
Marinetti – nel suo apprendistato non si è lasciato attrarre<br />
né dalle suggestioni del post-Futurismo e neppure, più<br />
tardi, dal Ritorno all’Ordine proclamato dal gruppo romano<br />
di Valori Plastici, guardando piuttosto al paesaggio come<br />
entità freddamente oggettiva, e alla figura come garbato<br />
riferimento ai Primitivi.<br />
Di questo Maestro veronese si può quindi scrivere come<br />
egli abbia percorso parte del secolo scorso interpretando<br />
il paesaggio, la natura morta e la figura con la freddezza<br />
di chi controlla le proprie emozioni, per privilegiare<br />
esclusivamente il colore nella sua qualità ritmica e di<br />
mistero. Ha vissuto il dramma di due Guerre, e ha visto<br />
l’inizio del XXI secolo, sempre interrogandosi sulla<br />
realtà della forma, sul segno come drammatica scrittura<br />
della percezione visiva, e sullo spazio come condizione<br />
estetica. Un esponente quindi del Novecento europeo<br />
che ha optato per una ricerca figurativa che si può ben<br />
definire come anti-romantica, per approdare infine a una<br />
sperimentazione inquieta, da collocare nell’ambito di<br />
un’epoca di totali mutamenti storici e culturali.<br />
La perdita delle illusioni sul destino dell’umanità, che<br />
è culminata nel bagno di sangue della Prima Guerra<br />
Mondiale, ha coinciso emblematicamente con la rivoluzione<br />
tecnica, formale e contenutistica degli artisti che avevano<br />
maturato la lezione di Cézanne, tracciando un percorso di<br />
cui Aldo Tavella è stato nobile continuatore. Così, anche<br />
per lui, l’unica certezza a cui poggiarsi era la coscienza<br />
vigile del suo lavoro, mentre la sua mano ricercava sulla<br />
tela nuove forme allusive del vero, definendole negli<br />
spessori aggressivi della materia, nei dialoghi tonali, e<br />
nella forza espressiva che richiamava a volte la pittura<br />
del Nord-Europa, sposandosi nel contempo con il gusto<br />
tipicamente veneto delle velature.<br />
Da severo artefice, quale egli era, elaborava originali variabili<br />
di forme certamente riconoscibili ma espressivamente<br />
ardite e dense di sensazioni tattili e visive. La sua ricerca<br />
figurale rivelava una lucida consapevolezza, che lo spingeva<br />
a elaborare gli elementi compositivi dei suoi lavori con<br />
un’efficacia eloquente, che non offriva mai all’osservatore<br />
soluzioni ingannevoli o anche solo sbrigative. Al contrario,<br />
egli enunciava la sua verità richiamando l’attenzione<br />
su ogni particolare del racconto tramite le stesure o le<br />
improvvise e geniali macchie cromatiche, risolvendo<br />
sempre nel modo giusto l’equilibrio dialettico delle forme<br />
esaltate da un segno palpitante.<br />
Cantore dunque di un reale che si coniuga all’allusione,<br />
13<br />
egli ha messo in scena una figuratività, dove si dipana un<br />
dialogo continuo fra la materialità della forma riconoscibile<br />
e l’improbabilità di una sua definitiva certezza. Aldo Tavella<br />
è stato pittore di forte temperamento, il quale coniugando<br />
varie tematiche ha visualizzato una serie di immagini del<br />
silenzio, ma non quello inquietante della metafisica, bensì<br />
quello pregnante e soggettivo della solitudine o, quanto<br />
meno del distacco da una quotidianità sfuggente e, in<br />
definitiva, insignificante. Ma al di là del senso specifico di<br />
ogni sua narrazione, ci si avvede della pensierosa acutezza<br />
delle sue rappresentazioni, dove l’artista sembra voler<br />
trattenere l’immagine in uno spazio sospeso al di sopra<br />
della contingenza, per restituirla allo sguardo con l’idea<br />
stessa di un’immobile eternità.<br />
Adige a San Giorgio, 1993
Il cantiere, 1949<br />
14
TAVELLA E LA PITTURA VENETA DEL NOVECENTO<br />
Ennio Pouchard<br />
I cento (o poco più) chilometri che corrono tra Verona<br />
e Venezia sono stati sufficienti, specialmente negli<br />
anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra<br />
Mondiale, per determinare lo sviluppo di due mondi<br />
diversi nell’arte.<br />
Aldo Tavella, veronese, classe 1909, era coetaneo del<br />
goriziano Zoran Music e vicino in età ai friulani Armando<br />
Pizzinato (1910) e Afro Basaldella (1912), al veneziano<br />
Giuseppe Santomaso (1907) e al mantovano Giulio Turcato<br />
(1912), presenti e attivi — seppure non continuativamente<br />
— anche a Venezia. E fino a un certo punto della loro vita,<br />
impegnati in qualche sorta di personale pittura figurativa<br />
(di paesaggio, di nature morte, d’interni, di figure singole<br />
o di gruppo). Poi, verso la metà del secolo, intervennero<br />
fattori trascinanti — dei quali egli non poté fruire, vivendo<br />
per così dire, “lontano” — catalizzati dal pensiero di critici<br />
illustri come Giuseppe Marchiori e Lionello Venturi, che<br />
portarono al nascere e allo sviluppo di raggruppamenti,<br />
quali il Fronte Nuovo delle Arti e il Gruppo degli Otto,<br />
le cui poetiche si espansero rapidamente a livello<br />
nazionale. In loro, quindi, ma non in lui, poterono radicarsi<br />
fermenti generati dal fervido clima intellettuale della<br />
città lagunare; un clima influenzato principalmente da un<br />
sentire politico diffuso tra gli artisti, nonché da presenze<br />
nuove (la collezionista americana Peggy Guggenheim),<br />
da una gestione innovativa nei programmi della Biennale<br />
coordinata da Rodolfo Pallucchini, dal 1948 al ’56, dall’azione<br />
promotrice di un gallerista veneziano eccezionale — uno<br />
solo, ma capace di pensare in grande, che si chiamava<br />
Carlo Cardazzo — e dallo stimolo di maestri del calibro di<br />
Virgilio Guidi e Mario Deluigi.<br />
Altre erano rimaste le mire, invece, dei migliori pittori<br />
di Verona. Di loro, solo Renato Birolli (1905) manifestò<br />
il bisogno di una presa di posizione nei confronti dei<br />
maestri del Novecento, con la chiara volontà di adeguarsi<br />
ai modelli europei più avanzati; e nel ’46 — il 1° ottobre,<br />
nello studio di Giuseppe Marchiori a Venezia, assieme<br />
a Cassinari, Guttuso, Morlotti, Pizzinato, Santomaso e<br />
Vedova — firmò il manifesto della Nuova Secessione<br />
Italiana. Poi, con il medesimo gruppo, aderì al Fronte<br />
Nuovo delle Arti; e infine, all’età di 23 anni, divenne<br />
milanese entrando (assieme a Renato Guttuso, Giacomo<br />
Manzù, Edoardo Persico e Aligi Sassu) nel gruppo di<br />
Corrente. Gli artisti suoi concittadini seguitarono a credere<br />
piuttosto nella realtà di una crescita continua dalle radici<br />
di una tradizione nobile e autonoma rispetto al dilagare<br />
di tendenze progressiste, pur rifuggendo, e spesso con<br />
ironia (in particolare l’elegante e contenuto Aldo Tavella),<br />
da atteggiamenti aprioristicamente conservatori, inclini a<br />
confondere la ripetitività con la coerenza stilistica.<br />
Per il “nostro” continuò a valere il principio di promuovere<br />
un’arte definita nelle critiche del tempo “pittura autentica”,<br />
15<br />
rappresentativa di un “momento di memoria e di cultura”<br />
veramente autoctono e di una “impronta originale ed<br />
autonoma”, da considerare quale solida base per tutto il<br />
XX secolo.<br />
A simili principi avevano aderito gli artisti suoi concittadini<br />
più anziani Giuseppe Flangini, Orazio Pigato, Guido<br />
Farina, Angelo Zamboni (che gli fu maestro nell’arte<br />
dell’affresco), Alessandro Zenatello e altri, fino al soave<br />
Pio Semeghini (classe 1878, che con Tavella coltivò<br />
rapporti di stretta amicizia); e così continuarono a fare i<br />
quasi coetanei, come Vittorino Bagattini (1908) e Silvio<br />
Oliboni (1912): in sostanza, niente cambiamenti radicali<br />
rispetto alla pittura maturata nel corso della seconda metà<br />
dell’Ottocento in tutte le Venezie, e quindi, prima del 1918,<br />
anche oltre il confine di allora con l’Austria, fino a Trieste<br />
e all’Istria. Un insieme del quale si sta ancora riscoprendo<br />
la complessità, nel cui ambito primeggiavano Ippolito<br />
Caffi, Guglielmo Ciardi e figli, Alessandro Milesi, Ettore<br />
Tito, accanto ai triestini Umberto Veruda, Guido Grimani,<br />
Giovanni Zangrando e all’istriano Pietro Fragiacomo,<br />
protagonista a Venezia — accanto a Ciardi padre — del<br />
rinnovamento in senso realistico del paesaggio; e in tempi<br />
più vicini, Franco Batacchi senior, Lino Bianchi Barriviera,<br />
Gino Borsato, Nando Coletti, Fioravante Seibezzi, Adriano<br />
Spilimbergo,…<br />
Lì e così Tavella ha sviluppato le qualità che nell’ambiente<br />
veronese hanno fatto di lui l’artista di successo: “uno dei<br />
massimi esponenti — leggo in una cronaca locale datata<br />
— se non il primo in assoluto”.<br />
Case abbandonate, 1967<br />
I suoi inizi sono precoci: egli stesso li faceva risalire<br />
all’avvio del suo apprendistato da Angelo Zamboni,<br />
affreschista, che era ammalato di asma e quindi, in breve,<br />
aveva delegato lui, ragazzo, a montare sulle impalcature e<br />
lavorare sui soffitti delle chiese da affrescare. A convincerci<br />
della perizia in tal modo acquisita, qui in questa mostra<br />
del centenario, c’è l’olio su compensato Mio fratello Pino<br />
del 1926, cioè dipinto da un diciassettenne già maturo nel
itagliarsi le quadrature, nella scelta della scala dei colori,<br />
nell’atteggiare con un aspetto per niente fiero e baldanzoso<br />
il giovane ripreso in divisa, camicia sbottonata.<br />
Quando partecipa alla Biennale del 1950 — che rimarrà<br />
l’unica — dei colleghi citati sono presenti Bagattini, Bianchi<br />
Barriviera, Birolli, Coletti, Farina, Music, Pigato, Pizzinato,<br />
Santomaso, Seibezzi, Semeghini, Turcato.<br />
Per il resto della lunga vita — passata dipingendo<br />
fino all’ultimo paesaggi, figure, nature morte, racconti<br />
fantastici, ritratti, opere d’arte sacra e soggetti inventati<br />
— alla mostre e ai premi cui sarà partecipe se ne troverà<br />
accanto varie volte più d’uno. Hanno giocato a suo<br />
svantaggio, per la conquista di una fama più diffusa, vari<br />
fattori. Anzitutto, l’essersi donato anima e corpo all’arte<br />
concependola come atto creativo autonomo e solitario,<br />
quasi una missione personale non assoggettatile a<br />
programmi di gruppo. Poi, l’aver considerato sempre con<br />
rigore il suo rapporto con la scuola, insegnando prima<br />
all’Istituto d’Arte applicata di Bovolone, poi al Liceo<br />
artistico di Verona e successivamente, quale titolare di<br />
cattedra (prima affresco e poi di pittura) all’Accademia<br />
di Belle Arti Gian Bettino Cignaroli e Scuola di Pittura e<br />
Scultura Brenzoni 1 , dove aveva ricevuto la formazione e di<br />
cui assunse la direzione dall’82 all’85. E ancora, l’essersi<br />
tenuto in disparte, conseguentemente e coerentemente,<br />
rispetto alla strabiliante quantità di proposte valide sul<br />
piano internazionale, che nei suoi anni continuarono a<br />
sgorgare da Venezia e Milano. Così, non sorprende il fatto<br />
che nel 2004 la città natia gli abbia dedicato (dopo due<br />
edizioni minori, nel ’92 e nel ’96) una grande antologica<br />
nei saloni del Palazzo della Gran Guardia, con opere dal<br />
1930 al 2004, inaugurata il 10 aprile e intitolata “I colori di<br />
un mondo”.<br />
Oggi in città si parla di Tavella con fierezza come di “un<br />
grande veronese”. E mi spiace sentirlo dire: Aldo, infatti,<br />
preferirei fosse studiato e compreso come esponente di<br />
primo rango di un filone della pittura che le tendenze<br />
dominanti del secolo scorso, derivate dai vari canali delle<br />
avanguardie storiche, hanno messo in ombra.<br />
Apro una parentesi. Nel fare questa dichiarazione, sento<br />
la necessità di affermare la mia estraneità, come critico,<br />
alla difesa dei realismi tout-court, e nello stesso tempo<br />
il mio costante interesse per le ricerche su quanto il<br />
passato ha trascurato per cause varie: penalizzando, ad<br />
esempio, per motivi politici assai sentiti nel dopoguerra,<br />
la figura e l’opera di Mario Sironi, artista tra i più grandi del<br />
secolo, ma celebrato in periodo fascista; e trascurando,<br />
altresì, il lavoro di Armando Pizzinato, fatto quando, per<br />
fede nell’ideale comunista, continuava solo contro tutti<br />
a dipingerne l’epopea. Né ho voluto (o voglio) prendere<br />
partito in favore di poetiche nate via via, dalle diverse<br />
forme di astrazione agli specifici condizionamenti di<br />
Dada e derivati, dall’arte Pop, Programmata (o cinetica<br />
e Op) all’Iperrealismo, la Land-art, la Transavanguardia,<br />
l’Arte povera, il Minimalismo 2 ; ovvero appoggiare un’arte<br />
— rifacendomi a un tema sostenuto dallo storico Hans<br />
Belting 3 — che “…si costituisce come una forma di […]<br />
16<br />
discorso sull’arte per proprio conto”: mirante, cioè, a<br />
svuotare l’opera del contenuto descrittivo e dell’apporto<br />
lirico. Un’arte, insomma, determinatamente mirata a<br />
quell’annientamento dell’aura di cui parlava in un saggio<br />
del 1955 il filosofo tedesco Walter Benjamin.<br />
Quell’aura era il segno di una partecipazione e<br />
immedesimazione nelle cose basilari della vita fatte<br />
proprie da una certa arte legata al rito magico o religioso.<br />
Attributo percepibile ma non visibile dell’opera, ne<br />
testimoniava le doti di autorità e verità. Poi, quando<br />
le funzioni rituali e cultuali vennero meno, si trasmise<br />
alle forme profane del culto della bellezza, nato nel<br />
Rinascimento e passato ai posteri per via di bottega<br />
e di tradizione; il concetto su cui si reggeva ancora nel<br />
Novecento avanzato veniva commentato da Benjamin, nel<br />
medesimo testo, con queste parole: “Cade qui opportuno<br />
illustrare il concetto, sopra proposto, di aura a proposito<br />
degli oggetti storici mediante quello applicabile agli<br />
oggetti naturali. Noi definiamo questi ultimi ‘apparizioni<br />
uniche di una lontananza’, per quanto questa possa essere<br />
vicina. Seguire, in un pomeriggio d’estate, una catena di<br />
Pagliaccio, 1964<br />
monti all’orizzonte oppure un ramo che getta la sua ombra<br />
sopra colui che si riposa, ciò significa respirare l’aura di<br />
quelle montagne, di quel ramo. ‘Fine dell’aura’ significa<br />
fine di quell’intreccio tra lontananza, irripetibilità e durata<br />
che caratterizzava il nostro rapporto con le opere d’arte<br />
tradizionali, e avvento di una fruizione dell’arte basata<br />
sull’osservazione fugace e ripetibile di riproduzioni” 4 .<br />
L’opera di Tavella possiede per intero quell’aura, che da<br />
lui nasceva spontanea e che tuttora si rivela con evidenza.<br />
Ne fu testimone Remo Brindisi, con l’attribuirle il merito<br />
di avere portato ai più alti gradi la sensorialità. “Una<br />
pittura — affermava il pittore — dove la luce non viene<br />
realisticamente affidata ad un preciso punto d’incidenza,<br />
ma nasce dallo stesso impasto pittorico, in un’analisi
segreta degli oggetti, finendo poi con il collocarli in<br />
una sorta di sospensione senza tempo, talora venata di<br />
malinconia”.<br />
Obsoleta, quindi, perché la düreriana melancholia sa<br />
troppo di epoche trapassate?<br />
Neghiamolo, con certezza. Il cospicuo insieme di opere<br />
riunite per l’esposizione cui questo catalogo è dedicato,<br />
basta per descrivere quali altri “dove”, raggiunti in silenzio,<br />
rimangono da rivalutare in modo adeguato. I dipinti riuniti<br />
(la cui catalogazione è arrivata a uno stadio avanzato,<br />
prossimo al completamento) forniscono una panoramica<br />
sufficientemente esplicita dell’opera omnia di Tavella.<br />
Quanto si è dedicato all’affresco, e quanto l’affresco ha<br />
dato alla sua pittura, lo si avverte nei dipinti, osservando<br />
la materia e vedendola ammorbidirsi, con il simultaneo<br />
placarsi dei colori (Ricostruzione del ponte, 1953,<br />
L’alluvione, 1957, Sagrato di una chiesa, non datato,…). In<br />
più, la sua maestria, approfondita anche con il lavoro di<br />
decoratore — esercitato con orgoglio — gli ha consentito<br />
di dominare ogni tecnica, e quindi di avventurarsi in<br />
tematiche le più diverse e con effetti i più inattesi,<br />
“vivendo” la sua pittura fino in fondo. Vivendola insieme<br />
ai pittori di qualsiasi epoca che in qualche momento<br />
sentiva vicini: non ho dubbi che ci sia del Magnasco nelle<br />
figurine e nelle nervature architettoniche di una certa<br />
Piazza e di alcuni Ruderi; è Munch che ritrovo nel Vecchio<br />
che apriva la mostra alla Gran Guardia nella personale del<br />
’92, un desolato Dix nella Tedesca di Custoza del ’34, Ensor<br />
nella Morte delle maschere presente alla XXV Biennale,<br />
Cézanne nella natura morta Fiori, anguria e picchio del<br />
’56, e un pizzico di Marc in un Inverno del ’37. Poi, c’è del<br />
sironiano nei Ruderi del ’68, con quella “a” minuscola in<br />
grafia che funge, licinianamente, da luna; è la vicinanza<br />
con Fiorenzo Tomea — cadorino classe 1910, pure lui<br />
allievo dell’Accademia Cignaroli — che mi ammicca tra<br />
le candele della Processione di Quaresima dei tardi anni<br />
’50; e potrebbe essere un incontro (che non so se c’è mai<br />
stato, anche se hanno esposto almeno una volta insieme)<br />
con Armando Pizzinato — pur tanto diversamente<br />
motivato — che ritrovo nello sbattere d’ali dei Gabbiani<br />
sull’Adige (1984). Ma si badi bene: per nessuno di questi<br />
pittori rintraccio possibili debiti in Aldo Tavella, perché in<br />
quei dipinti tutto arriva rielaborato nel linguaggio della<br />
sua potente personalità; mi pare invece di vederci le orme<br />
di un vivere la pittura con i “compagni” di secoli prima, o<br />
con quelli accanto ai quali si è cresciuti. Un viverla e farla<br />
vivere in noi, liberamente, poeticamente. Inventando temi<br />
e stili. Con un guardare tutto fino a penetrare a fondo il<br />
senso dell’esistenza, come in Sua Maestà la miseria del ’93.<br />
Passando dalla festa della natura al dolore dell’uomo e del<br />
Dio fatto uomo (nelle tante versioni disseminate tra le chiese<br />
del Veronese; qui basti la Crocefissione – Pasqua 1987),<br />
alla tenerezza di una giovane madre e a soggetti quasi<br />
astratti. Cambiando con lo scorrere degli anni, periodo<br />
dopo periodo (per Tavella i biografi ne hanno fissati tre),<br />
dalle pennellate decise con colori grassi alla pittura più<br />
distesa, pacata, con una maggiore ricchezza di particolari,<br />
17<br />
e finalmente al favolistico, al simbolico, all’allegorico e alla<br />
freschezza di quella che per altri potrebbe essere stata una<br />
vecchiaia già “addentrata” (occhio a La sposa ha 16 anni,<br />
1993, a Il compito, 1989; e per un diverso tipo di lievità,<br />
scherzosamente consapevole, a Il vecchio pittore sogna,<br />
1994, vestito di bianco a righine celesti, barba candida, la<br />
tela sul cavalletto accanto che mostra un pagliaccetto con<br />
lo sguardo curioso fisso su di lui e, appesa al muro di fondo,<br />
una maschera nera ghignante, più che ridente), che per lui<br />
fu invece un’altra stagione produttivamente felice, conclusa<br />
il 28 novembre del 2004. Infatti, se nel 1956, recensendo<br />
la mostra alla Galleria della Scala a Verona, il giornalista<br />
Silvio Bertoldi aveva scritto che già allora “…l’artista ha<br />
raggiunto, nella vita, la stagione della piena estate”, quasi<br />
mezzo secolo dopo il medesimo artista, superato il suo<br />
lussureggiante autunno, percorreva i sentieri di un inverno<br />
per niente desolato. Anzi, ricco di luci misteriose e persino<br />
di splendori. Fino all’ultimo respiro.<br />
(1) Così chiamata dai nomi del pittore G.B. Cignaroli (Verona,<br />
1706-1770), che promosse la costruzione dell’Accademia<br />
veronese d’Arte, di cui fu il primo direttore (fondata nel 1764 con<br />
la trasformazione in pubblica istituzione dell’antica Accademia del<br />
Disegno) e del conte Paolo Brenzoni, Socio accademico, morto<br />
nel 1871, che lasciò per testamento cospicui beni al Municipio<br />
di Verona “…affinché venisse aperta a Verona una pubblica<br />
scuola gratuita di pittura e scultura, condotta e diretta da uno<br />
dei più distinti pittori e figurinisti italiani, col titolo di professore e<br />
direttore, a scelta dei tre presidenti”<br />
(2) Termine nato e sviluppatosi negli Stati Uniti d’America nei<br />
primi anni ‘60, usato per la prima volta dal filosofo dell’arte inglese<br />
Richard Wollheim nel saggio intitolato appunto Minimal Art.<br />
(3) H. Belting, La fine della storia dell’arte, o La libertà dell’arte,<br />
Torino 1990 (Das Ende der Kunsgeschichte?, München 1983)<br />
(4) W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità,<br />
Torino 1966 (Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen<br />
Reproduziertbarkeit, da W. Benjamin, Schriften, Frankfurt am<br />
Mein 1955)
Ruderi, 1960
ALDO TAVELLA (1909-2004)<br />
“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />
Mario Guderzo<br />
1. L’inizio accademico e gli esempi contemporanei<br />
La sua è stata una formazione accademica, come sovente<br />
accade a chi appare particolarmente dotato dal punto<br />
di vista artistico nonché determinato nelle sue scelte<br />
professionali. Confidando nei futuri risvolti che tale<br />
decisione poteva apportare, Aldo Tavella si avvia, negli<br />
anni dell’immediato dopoguerra, lungo un percorso che<br />
lo conduce ad “imparare a fare arte”, che non è soltanto la<br />
manifestazione di innate attitudini, ma si può maggiormente<br />
esprimere acquisendo dai maestri le tecniche ed i segreti<br />
della pittura. Egli porta alle estreme conseguenze il<br />
contrasto fra una prepotente vocazione alla “pittura”,<br />
frutto di genialità naturale, e la precisione del disegno,<br />
interpretata come l’Accademia gli aveva insegnato.<br />
Alla fine degli anni Venti, anni a cui risalgono le sue prime<br />
opere, Tavella è alle prese con la figura, in modo particolare,<br />
la sua attenzione è rivolta al ritratto. Nella Donna che cuce<br />
e nel Ritratto, dipinti che possono collocarsi in questo<br />
inizio della sua attività, Tavella rivela l’intenzione di rendere<br />
il colore trasparente attraverso stesure molto diluite, che<br />
permettono di individuare il supporto pittorico; nello<br />
stesso tempo, si intravvede una tecnica rapida e pulita che<br />
diventerà una caratteristica di questa sua stagione pittorica,<br />
le cui opere evidenziano già ascendenze rintracciabili<br />
in alcuni artisti di area veneta e nei grandi protagonisti<br />
dell’arte europea. Così ne La signora Elda del 1932, e nel<br />
medesimo ritratto dell’anno successivo, si preannunciano i<br />
modi di un’inquietudine artistica che lo accompagneranno<br />
per tutta la sua produzione 1 .<br />
Tavella espone pubblicamente per la prima volta nel<br />
1946. Nella cronaca del quotidiano veronese “L’Arena”,<br />
compare accanto a Gaetano Bighignoli, Ebe Poli, Mario<br />
Paolo Payetta, Fermo Ferrarese e Mario Manzini, Pio<br />
Semeghini, Aldo Franzoni, Nurdio Trentini, Antonio Nardi,<br />
Guido Farina, Paolo Richelli e Angelo dall’Oca Bianca, e<br />
gli scultori Mario Salazzari, Maria Trevisani Montini e Nereo<br />
Costantini. Alcuni partecipano al concorso, che ha come<br />
tema la rappresentazione di Piazza delle Erbe, altri si<br />
affiancano e saranno compagni di strada importanti.<br />
La sede della mostra è la Casa di Giulietta e l’iniziativa<br />
è stata organizzata dal giornale “Tempo Nuovo” in<br />
collaborazione col Circolo degli Artisti. Del Tavella, sul<br />
quotidiano, si ricorda il buon temperamento di pittore<br />
sensibile, gli bastava: “Cinquanta centimetri di legno e tre<br />
tubetti di colore”, sottolinea il cronista, per immortalare<br />
quella piazza, Piazza delle Erbe, appunto, che nei soggetti<br />
di Tavella ritornerà con frequenza come nelle opere degli<br />
altri artisti, perché immagine capace di suscitare ispirazioni<br />
grazie alla scansione dei piani ed alla composizione<br />
cromatica. In questo frangente il Nostro è appena reduce<br />
19<br />
dalla grande impresa della chiesa di Marano di Valpolicella,<br />
dove ha realizzato l’intero apparato freschivo sulle lunette<br />
delle quattro volte e sui pennacchi della volta con i quattro<br />
evangelisti, sulla cupola e su tutti gli arconi, otto alberi<br />
simbolici con le figure della Madonna e sei santi protettori:<br />
San Giorgio, San Zeno, San Vincenzo Ferreri, San Rocco,<br />
San Carlo Borromeo, Sant’Eustachio, a significare le<br />
contrade di Marano 2 .<br />
Da questo momento, la sua attività in campo pittorico<br />
non ha tregua: partecipa a diversi concorsi nazionali, vince<br />
premi prestigiosi, espone alle mostre organizzate dalla città<br />
veneta e dall’Associazione sindacale a Padova; a Milano,<br />
nel 1949, figura tra gli artisti all’Angelicum nella Mostra<br />
d’Arte Sacra 3 .<br />
Iniziando così questa avventura artistica, Aldo Tavella non<br />
smentisce la scelta fatta, anzi manifesta segni di vivacità<br />
e suscita interessamento da parte del pubblico e della<br />
critica che vi ravvisa indubbi influssi della tradizione veneta,<br />
un certo gusto nella scelta dei motivi, in una parola egli<br />
viene definito come un artista “che possiede già un suo<br />
linguaggio, un suo stile”. Si sottolinea fin da ora come i<br />
suoi dipinti generino in chi li osserva sensazioni di armonia<br />
e di serenità, la sua ricerca appare già tesa a cogliere la<br />
trasparenza della materia, mentre il segno profondo e forte<br />
sulla tela crea insolite alchimie d’equilibri cromatici.<br />
Per un artista nato all’inizio del Novecento, gli anni del<br />
“nuovo”, che si possono cogliere soprattutto nell’ambito<br />
della pittura lagunare, cioè quelle espressioni nate dagli<br />
insegnamenti di Favretto, di Ettore Tito e, in un certo<br />
senso, della scuola veneziana, non potevano che essere<br />
guardati con un occhio attento, così come alcuni apporti<br />
di artisti internazionali. Non va dimenticato che a Venezia,<br />
nel 1928, fu realizzata una delle prime mostre dedicate a<br />
Henri Matisse e, due anni dopo, un’esposizione di opere<br />
di Amedeo Modigliani 4 .<br />
Ma Tavella sa anche individuare e ricordare le tracce lasciate<br />
dai protagonisti dell’arte italiana, come sa riconosce le<br />
innovazioni portate a Venezia da Virgilio Guidi. Gradisce<br />
il giudizio della critica che si esprime attraverso Gino<br />
Damerini e Nino Barbantini i quali non esitano a plaudire<br />
a questo nuovo corso dell’arte veneta. La storia dell’arte<br />
lo accompagna come un “sussidiario” nell’apprendimento<br />
della sua maestria 5 .<br />
Di questi tempi Tavella si rivolge a due “grandi interpreti<br />
della luce e del colore” nell’ambito della pittura antica:<br />
Tiziano lo “illumina” e Rembrandt lo “folgora”. Così non<br />
esita a confrontarsi con la produzione di “genere” che<br />
da secoli ormai ha caratterizzato tutta la pittura italiana.<br />
Neanche il confronto con i suoi contemporanei è facile,<br />
egli si trova a lavorare accanto a Nino Springolo, Leone<br />
Minassian, Mario Tozzi, Carlo Carrà, Pio Semeghini,<br />
Fiorenzo Tomea, Carlo Dalla Zorza, Bruno Saetti, Domenico<br />
Cantatore, Renzo Biasion, grandi artisti di cui si sentirà<br />
parlare. Tavella, però, attraverserà il panorama variegato<br />
dell’arte del XX secolo con occhio critico mantenendo<br />
la propria autonomia creativa; egli stesso dichiara, ad un<br />
certo punto, di avere scelto l’insegnamento per essere
un artista libero. L’impegno scolastico resterà una delle<br />
prerogative più vitali, anche se gravose: nato nell’ambito<br />
dell’Accademia veronese, vi rimarrà come docente di<br />
discipline pittoriche dal 1963, ricoprendo a partire dal 1982<br />
la carica di direttore. “Mi sono adoperato sempre con zelo,<br />
confortato anche dalla mia lunga esperienza di insegnante”<br />
– sottolinea il direttore Tavella al corpo docente che lo aveva<br />
riconfermato nell’incarico l’11 dicembre 1984. E continua<br />
“devo riconoscere, però, che l’impegno prodigato nel<br />
dedicarmi assiduamente agli innumerevoli problemi della<br />
Scuola, mi è costato, per quanto riguarda la mia professione<br />
di pittore, notevoli sacrifici e rinunce” 6 .<br />
Tra i suoi obiettivi più impegnativi e complessi sarà la<br />
conquista del riconoscimento dell’Accademia Cignaroli a<br />
scuola dello Stato Italiano: “E’ stato il più bel quadro che<br />
ho dipinto”.<br />
La sua convinzione è che l’arte non debba legarsi “alle<br />
mode”, accedere ai “liberi manifesti” o trovare ispirazioni<br />
ed insegnamenti nel guardare gli altri. “Essere me stesso”<br />
è stato il suo motto, la sua calibrata valutazione. “Tavella<br />
manifesta un temperamento deciso e quasi aspro nella<br />
scelta dei suoi temi; egli li corrobora con la pienezza sonora<br />
dei cupi impasti, ma un oro rosso si insinua tra i neri e i bruni<br />
a ricordare la natura veneta del pittore, a sottolineare la sua<br />
indole romantica, riaffiorante pur dalle severe fabbriche,<br />
dai nudi senza indulgenze di edonistici compiacimenti” 7 .<br />
Passando con disinvoltura dalla natura morta al paesaggio,<br />
al ritratto, Tavella spolvera il secolo dalle “fanghiglie” di<br />
avanguardie e quant’altro.<br />
Ama lavorare da solo, appartato, nel segreto dello studio,<br />
lo disturbano, probabilmente, l’essere osservato, il mutare<br />
della luce, le ombre che perdono forma, o ne assumono<br />
un’altra col passare delle ore. Non diventerà mai un<br />
paesaggista o un ritrattista, utilizzerà queste espressioni<br />
liberamente ubbidendo ad un’esigenza del momento e,<br />
soprattutto, al bisogno di raccontare la sua vita.<br />
2. I caratteri della sua pittura<br />
E’ un universo intimo di immagini, figure, gesti, colloqui, lo<br />
spazio racchiuso nei dipinti di Tavella, un corpus di opere<br />
ingente e di complessa e variegata narratività, frutto di<br />
più di mezzo secolo di attività pittorica. Una produzione<br />
che rileva la sua consolidata pratica artistica, capace di<br />
avvalersi di linguaggi diversi, di rielaborarli e di sottoporli<br />
ai più inattesi innesti. Magagnato, da una parte, afferma<br />
come Aldo Tavella sacrifichi“a questa armonia prestabilita<br />
le vibrazioni impetuose, le rotture vitali, le trasparenze, il<br />
colore puro”, dall’altra ne riconosce il grande valore per<br />
l’uso del colore e la grande sapienza con cui sa accostare<br />
i toni medi, smorzati, così pregni nei suoi soggetti come<br />
in Fiori, anguria e picchio (1956); La piazza alberata (1950),<br />
Corso Porta Nuova (1951), Autunno (1951), L’alluvione (1957)<br />
e San Giorgio (1960) 8 . Una maestria che appare evidente<br />
soprattutto quando il monocromo si trasforma pian piano<br />
in una superficie ricca di materia che egli sa controllare e<br />
20<br />
bilanciare per creare atmosfere ricche di simbologie, in<br />
perfetta sintonia con quanto la pittura veronese di quegli<br />
anni Cinquanta stava dimostrando per mezzo di artisti<br />
come: Vittorino Bagattini, Antonio Nardi, Orazio Pigato,<br />
Renzo Biasion, Luciano Albertini, Moreno Zoppi, Gastone<br />
Celada, Fausto Tommasoli, Mario Salazzari, Franco Girelli,<br />
Ebe Poli e Maria Trevisani Montini, solo per citarne alcuni.<br />
Ma rimane sempre quel fermo intento a volere dire<br />
qualcosa di personale e non sentirsi soggiogato dagli<br />
influssi degli altri suoi contemporanei. “In altre parole<br />
l’arguzia penetrante di questo pittore ha contribuito a<br />
svelargli i pericoli del conservatorismo filisteo insieme a<br />
quelli dell’avanguardismo più presuntuoso o demenziale. E<br />
gli ha consentito a tener fede a se stesso senza incorrere di<br />
La tedesca di Custoza, 1934<br />
continuo nel pericolo di una pittura ricalcata e languida” 9 .<br />
Senza tralasciare la ricerca e concedendo un certo<br />
spazio alle novità, l’arte di Tavella viene a colmare quella<br />
distanza dalle esperienze estreme, creando un canale di<br />
comunicazione, un dialogo tra la tradizione e l’innovazione,<br />
un’armonia capace di plasmare in un solo corpo le virtù<br />
dell’arte e la somma dialettica espressa da un pittore che<br />
sente e vive da vicino la passione, le emozioni, le forti<br />
vibrazioni, che la realtà gli svela quotidianamente. La sua
è stata perennemente una ricerca iconografica in grado di<br />
evidenziare attitudini e sensibilità, soprattutto per quanto<br />
riguarda il genere della ritrattistica, un mezzo per esprimere<br />
il vissuto interiore del soggetto, la possibilità di conoscere il<br />
carattere ed indagare la psiche del personaggio attraverso<br />
lo studio del corpo, appagando quasi la sua necessità di<br />
ricondurre una realtà non visibile a schemi noti e, perciò,<br />
rassicuranti.<br />
Nelle sue opere gli elementi, colti nella loro singolarità,<br />
tessono una coesione funzionale all’equilibrio narrativo, in<br />
esse si intuisce un insieme di dati emozionali che si riallaccia<br />
ora alla contemporaneità, ora alla memoria, attraverso<br />
diverse esperienze espressive. Con gli anni si accentuerà<br />
l’attenzione per la descrizione dell’ambiente e per la natura<br />
morta; migliorerà la compattezza della pennellata e l’abilità<br />
nel predisporre nette zone tonali. Quello che emerge è<br />
che Tavella non deve mai fare i conti con le esigenze della<br />
committenza, ma rimane essenzialmente uno spirito libero<br />
che può dare sfogo alla sua arte.<br />
Quando si ritrova di fronte ad un soggetto che gli è più<br />
vicino per confidenza o per semplice consonanza di gusto,<br />
Tavella è capace di trasformare le inflessioni del momento<br />
in veri e propri elementi di stile: Il cantiere, dipinto nel 1949,<br />
infatti, manifesta queste caratteristiche. Nel momento<br />
in cui si impegna nella produzione delle nature morte,<br />
invece, come Sul tavolo della cucina, del 1957, la pratica<br />
che permane più insistente è un agire forte sulla policromia<br />
degli oggetti.<br />
Qui l’atmosfera si fa davvero “Nabis”: pentole, vasi e frutta<br />
si avvicendano per offrire i primi scintillii riflessi, piccole<br />
macchie di colore saranno, nella loro precisione, uno dei<br />
motivi più accattivanti delle nature morte. Il tono generale<br />
dei dipinti si “illumina”: l’artista è preso con entusiasmo<br />
dalle letture dei suoi colleghi d’Oltralpe, prima i Nabis, poi<br />
i Fauves e, in seguito, con una di quelle brusche impennate<br />
che lo hanno sempre contraddistinto, si converte a Cézanne<br />
e a Medardo Rosso. Esaminando la produzione che va<br />
dalla fine degli anni Quaranta e si spinge alla fine degli<br />
anni Sessanta del Novecento si può verificare come questi<br />
accenti aumentino e si dilatino. I due cartoni: Frutta del<br />
1958 e Composizione con macinino, del 1960, rivelano una<br />
notevole concentrazione di rossi brillanti e la attenzione<br />
ai dettagli associati alla morbidezza di una pennellata<br />
unita e corposa che sa donare il senso del rilievo a tutte le<br />
forme, anche se riduce al minimo i contrasti chiaroscurali.<br />
Prevalgono tonalità e gradazioni scure che indicano quasi<br />
un certo espressionismo inteso come riflesso di un disagio<br />
esistenziale. Singolare si manifesta, soprattutto nelle nature<br />
morte, la pennellata tirata e liscia; e la ricerca dei diversi<br />
piani in cui persiste un notevole rispetto per le forme e per<br />
i cromatismi nonché per le fughe prospettiche. L’atmosfera<br />
appare immobile, quasi irreale, gli oggetti ed i fiori sono<br />
resi nelle loro trasparenze e nel brillare delle superfici e dei<br />
riflessi.<br />
Tavella ha percepito come la pittura risponda alla ricerca<br />
del tono giusto di un colore e nel “costringerlo” in un<br />
determinato spazio. Così l’emozione, che fa scaturire<br />
21<br />
l’“idea” nella mente del pittore è data soltanto dalle<br />
estensioni dei colori e dalle irradiazioni che la luce emana.<br />
Questo vuol dire considerare la pittura come: “un sol piano<br />
su cui debbano disporsi dati rapporti di colore, spazi da<br />
campire, pezzi tutti importantissimi di un mosaico. Brevi<br />
pennellate, violente e parallele, accendono toni infiammati<br />
di arancio e d’oro ricavato da colpi obliqui di pennello in<br />
una conturbante atmosfera fosforescente” 10 .<br />
Accensioni cromatiche che richiamano il Gauguin del<br />
periodo bretone e la pittura “Fauves” e aprono quella<br />
fase della pittura di Tavella che preannuncia riferimenti<br />
al tardo Cézanne e alla nuova rivelazione di Van Gogh,<br />
pittori sulle cui opere Tavella riflette e dimostra di saper<br />
poi reinterpretare in modo originale e pertinente.<br />
Anche le frequentazioni e l’appassionata partecipazione<br />
a mostre ed incontri d’arte gli permettono di rimanere in<br />
contatto con le nuove tendenze artistiche, di confrontarsi<br />
con pittori italiani e stranieri nonché di ammirare collezioni<br />
d’arte legate a questi momenti d’inizio Secolo, un<br />
periodo ricco di stimoli e di novità, basti pensare a quanto<br />
avviene, proprio in questi anni, nelle vicine città venete<br />
dove si propongono biennali ed esposizioni dedicate<br />
ai protagonisti dell’arte europea; nello stesso tempo, la<br />
conoscenza di questi artisti per lui è facilitata attraverso<br />
rilevanti riproduzioni in volumi monografici e cataloghi di<br />
mostre.<br />
3. La partecipazione alle grandi esposizioni<br />
Nel 1950 Tavella è presente alla XXV Biennale Internazionale<br />
d’Arte di Venezia. La presidenza della manifestazione,<br />
affidata a Carlo Carrà, esamina i 3685 lavori presentati<br />
dai 1693 artisti partecipanti e sceglie 250 opere, tra cui il<br />
dipinto Morte delle maschere di Tavella, del 1948, che viene<br />
esposto nella sezione di pittura. E’ una tappa importante<br />
nella sua carriera, ha raggiunto un traguardo notevole<br />
tanto che l’anno successivo sarà a Burano per il “Premio<br />
Burano 1951” e, anche questa volta, la prestigiosa giuria,<br />
composta da Umbro Apollonio, Nino Barbantini, Pio<br />
Semeghini, Armando Pizzinato, Rino Villa e Felice Carena,<br />
lo apprezzerà, accanto ad altri nomi di artisti veronesi 11 . E<br />
poi sarà un susseguirsi di appuntamenti ai quali l’artista non<br />
mancherà, innanzitutto, alle rassegne della Gran Guardia<br />
di Verona, dove la Società Belle Arti realizzerà le celebri<br />
Biennali. Gian Luigi Vercellesi sottolineerà ripetutamente<br />
come, nell’ambito dell’arte veneta, gli appuntamenti<br />
veronesi costituiscano un punto storico importante e questo<br />
a dire come si continui lungo la strada della “tradizione”.<br />
Ma Vercellesi ribadisce anche come sia necessario “non<br />
andar oltre” perché la scelta dell’avanguardia potrebbe<br />
essere pericolosa ed ingannare giovani e vecchi artisti “che<br />
giurano sul progresso lineare e continuativo delle arti nel<br />
tempo” 12 .<br />
Alla Biennale veronese del 1951 Tavella propone tre<br />
dipinti: Composizione, Bambina e Giardino. I due paesaggi<br />
in cui appare “la sottile polvere che avvolge le sagome
tormentate degli alberi, e logora le tinte, riducendo i<br />
risalti cromatici a tenui passaggi sulla stessa gamma del<br />
verde”, sottolineano come Tavella abbia subito il fascino<br />
delle cose che stanno per scomparire e resistono quali<br />
segni apparenti, in cui il rapporto tra arte ed oggetto<br />
non è un rapporto scientifico ed obiettivo ma soggettivo,<br />
sostanziale e creativo. Ben avevano compreso la portata<br />
di questi dipinti Francesco Messina, Pio Semeghini,<br />
Guido Trentini, Berto Zampieri e Aldo Franzoni chiamati a<br />
scegliere le opere da esporre. “Il fine dell’arte altro non è<br />
che una sorta di messaggio – capace di scavalcare i secoli-<br />
lasciato all’intiera umanità” sottolinea Piero Gazzola,<br />
presidente della Società Belle Arti e conclude: “L’artista<br />
sospinto dal desiderio di superare i propri limiti, tende a<br />
cercare una forma di linguaggio individuale, atto a creare<br />
un contatto, oltre che fra sé e il mistero, fra l’umanità e il<br />
mistero. Egli è colui che sa socchiudere una porta” oltre la<br />
quale l’osservatore deve cercare di entrare” 13 .<br />
Nel 1952 Tavella sperimenta la sua prima personale, ha<br />
appena varcato la soglia dei quarant’anni, e decide di<br />
esporre la sua produzione degli ultimi decenni.<br />
L’artista stesso parlando di sé e del suo lavoro, individua<br />
nella pittura la possibilità di “vedere” e “capire” se stessi<br />
ed il mondo che è intorno, cioè di aprire il proprio confronto<br />
col mondo attraverso la realtà esterna, semplicemente<br />
“guardando” e osservandosi per conoscersi. Il valore<br />
dell’arte non è nel suo distaccarsi dal mondo delle cose per<br />
entrare nell’astratto mondo dei segni, ma nell’esprimere il<br />
rapporto tra pensiero e realtà, anche grazie a stimoli visivi<br />
e sensoriali diversi e così l’odore del colore, e delle terre<br />
mescolate con la colla, la calce, l’olio gli permettono di<br />
osservare spazi ed elementi che poi diventeranno dipinti,<br />
come Campanile azzurro, Fruttiera, Interno rosso, Figure<br />
nel parco oppure le diverse varianti delle Composizione.<br />
Particolarmente interessante tra le opere Il Vecchio (Il Signor<br />
Beniamino) del 1950, il ritratto di un vecchio stempiato e<br />
allampanato che poggia il mento sul suo bastone, il cui<br />
volto è l’unica nota di colore chiaro in tutto il dipinto che<br />
appare “riempito” dai suoi vestiti, dove le forme, descritte<br />
a larghe pennellate, denotano un approccio a novità<br />
“stilistiche costiere” ed a sottolineature ritrattistiche ed<br />
introspettive non usuali.<br />
Questa esposizione personale del 1952 rimarrà un altro<br />
punto fermo nel suo percorso personale, ma soprattutto un<br />
punto di riferimento importante anche per gli artisti veronesi<br />
e per la Città stessa perché propone con naturalezza e<br />
spontaneità immagini e racconti che seguono lo scorrere<br />
del tempo della sua Verona che diventa la protagonista:<br />
Piazza delle Erbe, San Giorgio; la periferia di Lugagnano,<br />
Parona, Minerbe, la Valpolicella, il Lago di Garda.<br />
Per Segala, Tavella: “parte da una impostazione formalista<br />
dove il colore liberato dai confini ponderosi dell’oggetto<br />
“canta” in libertà la storia d’una impressione più che<br />
immediata impressione stessa” 14 . Ancora una volta la<br />
sua pittura è quasi un mezzo per studiare, approfondire,<br />
riproporre la sua quotidianità.<br />
Tavella realizzerà altre personali, fra cui quella della<br />
22<br />
Galleria Cappello e la successiva del 1969 alla Galleria<br />
della Scala, entrambe rappresentative del suo percorso<br />
artistico e della sua evoluzione formale, grazie alla quale<br />
il suo lirismo raggiungerà un livello importante in grado<br />
di cogliere raffinati e singolari momenti ricchi di creatività<br />
e di sensibilità. Del resto egli sapeva rappresentare<br />
quell’atmosfera “triste e malinconicamente lirica” come<br />
il Mutinelli evidenzia nell’introduzione del catalogo, edito<br />
per l’occasione. Il Segala non esita a collocarlo all’interno<br />
di classificazioni “espressionistico-astrattista” che lo hanno<br />
affrancato dalle forme chiuse, sottolineando che: “ci<br />
sembra che Tavella sia riuscito a compiere quell’evoluzione<br />
formale che senza dubbio lo porterà ad inserirsi tra le più<br />
moderne correnti artistiche nazionali” 15 .<br />
Il Nostro sarà l’anno successivo un protagonista alla mostra<br />
per il Centenario della Società Belle Arti, al Palazzo della<br />
Gran Guardia, dove sono esposte ben 400 opere che<br />
offrono una vasta panoramica dell’evoluzione artistica<br />
italiana. Tavella sarà premiato per il dipinto La fabbrica.<br />
Una bella soddisfazione per l’artista che vede riconosciuto<br />
così un lavoro ormai trentennale. Il premio ( centomila lire)<br />
verrà condiviso con il torinese Nino Ajmone. Da allora le<br />
Biennali saranno per lui un approdo obbligato: quella del<br />
56 (52 edizione) dove esporrà San Giorgio e Campagnola,<br />
quella del 1959 (54 edizione), a cui prenderà parte con<br />
due paesaggi titolati Zona industriale e La vecchia torre;<br />
contemporaneamente, parteciperà a Milano al Baguttino<br />
e a Padova alla Mostra Sindacale, dove le Piante fossili<br />
susciteranno un interesse particolare, tanto che di lui<br />
si evidenzierà la “pienezza sonora dei suoi impasti” e<br />
lo scurirsi dei toni “quasi fiamminghi”, ricchi, materici,<br />
pastosi.<br />
Le Biennali veronesi lo vedranno sempre presente: nel<br />
1961 (55 edizione) proporrà L’abside e L’eremita; nel 1963<br />
(56 edizione) Pittura N. 1 e Pittura N. 2; gli stessi saranno<br />
riproposti alla successiva edizione nel 1965 (57 edizione) e<br />
nel 1967 (58 edizione) sarà la volta di un Omaggio a Vivaldi<br />
e Omaggio ad Aristofane.<br />
Propositivo ed entusiasta lo ritroveremo nel 1975 alla<br />
Galleria Novelli. In questa storica galleria privata, la<br />
prima e più antica sede espositiva per gli artisti, realizzata<br />
dalla famiglia Novelli nel cuore della città di Verona, in<br />
anni importanti per la pittura veronese ed italiana, che<br />
diventerà ben presto un luogo di incontro per giovani<br />
artisti ed intellettuali. Qui proporrà una mostra antologica<br />
con le opere prodotte dal dopoguerra fino alle più recenti<br />
produzioni offrendo, così, una disamina delle sue fonti<br />
ispiratorie e dello svilupparsi del suo gusto compositivo e<br />
cromatico che si accompagna ad un’invenzione strutturale<br />
assai evidente in cui il supporto disegnativo è spesso<br />
collocato in evidenza con sensibilità quasi grafica e le<br />
accese cromie, pressoché incontenibili, sono giocate con<br />
sapiente ripresa di moduli liberty.<br />
Tavella, comunque, non esita ad ampliare le sue<br />
partecipazioni a mostre e concorsi: nel 1977 si sposta a<br />
Villa Contarini Simens a Piazzola sul Brenta, in provincia di<br />
Padova, dove espone ben dieci dipinti alla Triveneta delle
Arti, giunta in questi anni alla Terza edizione; nel 1981 sarà<br />
la volta del Concorso Nazionale di Pittura Città di Thiene,<br />
nel vicentino, giunto alla 17° edizione, in quest’occasione<br />
Salvatore Maugeri avrà parole di notevole apprezzamento<br />
nei confronti dei suoi dipinti, sottolineando come “i modi<br />
di proporre un nuovo rapporto con le realtà di natura”<br />
rappresentino un taglio nuovo per l’immagine non<br />
Olga, [1926]<br />
condizionata dalla forte incidenza impressa dalla materia.<br />
Del resto la Giuria, composta da esperti personaggi, tra<br />
i quali Andrea Zanzotto, Silvio Ceccato, Gian Antonio<br />
Cibotto, Salvatore Maugeri, Piero Pignatta e Franco<br />
Passoni, aveva ben donde a destreggiarsi tra 117 artisti, i<br />
più autorevoli della produzione italiana 16 .<br />
“Un ripasso su 80 anni d’arte di casa nostra” è il titolo della<br />
rassegna che nel 1982 viene presentata alla Gran Guardia:<br />
108 opere di pittura, scultura e grafica di 54 autori veronesi,<br />
trionfano nelle sale del palazzo e rappresentano il meglio<br />
dell’arte veronese, in uno spazio che è diventato un punto di<br />
riferimento importante, d’incontro e di confronto tra la Città<br />
ed i suoi artisti. Come evidenzia anche la cronaca locale,<br />
l’esposizione appare come un avvenimento singolare e di<br />
notevole importanza per la storia dell’arte stessa.<br />
Non passa molto tempo che Tavella ritorna “solitario” sulla<br />
23<br />
scena, quando il 28 ottobre 1984, alla Galleria Artestudio<br />
di Verona, inaugura una personale ed affronta nuovamente<br />
il pubblico con “solidità costruttiva di un segno che<br />
non rinuncia né alla sua incisività né alla sua capacità di<br />
definizione”. Così succederà, ininterrottamente, quasi ogni<br />
biennio, fino al 1988.<br />
Nel 1991 la stampa locale non esita a definire il nuovo<br />
appuntamento come un traguardo determinante che rivela<br />
quanto la pittura sia linfa vitale per questo artista, che opera<br />
all’insegna della purezza e dell’integrità professionale. In<br />
questo momento anche Tavella si esprimerà per riaffermare<br />
con forza e con determinazione i pensieri ed i propositi che<br />
lo hanno accompagnato per tutta la vita: “Volevo essere<br />
libero, lontano dalle mode e dai condizionamenti, anche a<br />
scapito del successo” 17 .<br />
Tutte queste rassegne potrebbero essere intese come<br />
una sorta di autobiografia, una pratica comunicativa, un<br />
metodo ricognitivo che pone la sua ricerca artistica non solo<br />
di fronte al legittimo autore, ricostruendo e rimembrando<br />
la sua memoria personale, ma rispondono, nello stesso<br />
tempo, al desiderio di auto-rappresentazione che genera<br />
uno specchio di situazioni e di momenti condivisi da altri.<br />
Esistono, dunque, oggettivi elementi per indagare questo<br />
racconto biografico, le sue mostre, contenenti ciascuna<br />
un pezzo della sua vita, ne seguono le evoluzioni, le<br />
involuzioni, i moti del profondo: lo conducono dal disastro<br />
all’esaltazione, dalle gioie ai dolori, insomma nello sviluppo<br />
del suo percorso pittorico risultato dalle lotte e dalle<br />
vibrazioni spese per la ricerca estetica.<br />
“Questa autobiografia” non rappresenta solo un’occasione<br />
di ritorno a ciò che si è stati e si è realizzato in passato, ma<br />
anche il desiderio di nuove esplorazioni, un’aspirazione che<br />
porterà avanti fino all’ultimo appuntamento, alla mostra<br />
organizzata nel 2004, al Palazzo della Gran Guardia, dove<br />
ancora una volta si rivelerà prodigiosamente “giovane”<br />
perché sempre propositivo ed innovativo nelle sue scelte<br />
stilistiche e, comunque, un illustre rappresentante della<br />
pittura veneta di un intero Secolo. Dipingere sulle “ali<br />
della memoria” sarà ancora la caratteristica, capace di<br />
contraddistinguerlo, proprio perché sapeva guardare con<br />
“gli occhi del fanciullino” tutto ciò che lo circondava. Un<br />
frammento d’immagine gli era sufficiente per fantasticare<br />
e trasformare la realtà in una sorta di apparenza onirica, un<br />
mondo velato di una sottile melanconia che trapela, per<br />
esempio, dalle numerose nature morte, dove conta di più<br />
il colore del segno, dove si manifesta altresì una grande<br />
maestria ed una profonda capacità nel rappresentare<br />
sentimenti ed emozioni immortali 18 .<br />
4. Lasciare una testimonianza<br />
Aldo Tavella è ormai definitivamente entrato nel novero<br />
dei protagonisti dell’arte del Secolo appena passato, è<br />
riconosciuto come un grande interprete del suo periodo e<br />
della Città dove ha operato. Non è più un artista dimenticato<br />
e tanto meno incompreso. In questi ultimi anni la lettura
della sua opera è diventata sempre più rigorosa e precisa:<br />
il contributo interpretativo di critici e storici dell’arte lo ha<br />
collocato definitivamente tra i protagonisti della pittura<br />
italiana del Novecento.<br />
Un’attenta lettura delle sue opere, infatti, ci conduce per<br />
mano a comprendere la sua straordinaria attività, anche<br />
se molti restano ancora i nodi da sciogliere nello studio<br />
di questa personalità complessa, a volte, per sua natura,<br />
quasi restia ed elusiva.<br />
Quella sottoscrittura indelebile e distinguibile, presente<br />
spesso nelle sue tele e tavole, sta quasi a sottolineare<br />
come l’ultimo atto del suo dipingere fosse in qualche<br />
modo il voler ad ogni costo concludere quel momento,<br />
quel pensiero, marchiandolo non solo con la sua firma, ma<br />
anche con titoli che, a volte, rimangono ancora difficili da<br />
capire.<br />
L’uomo Tavella è già stato svelato: un grande personaggio<br />
di una profonda umanità, capace di superare il dislivello<br />
culturale esistente fra un giovane artista veronese, senza<br />
retroterra culturale, con il vivace ambiente letterario ed<br />
artistico della Città veneta nel Novecento.<br />
La sua pittura può essere considerata la professione di un<br />
vegliardo, inteso come colui che diventa il testimone del<br />
suo tempo, in grado di compiere il passaggio da una pratica<br />
dilettantesca alla realizzazione, nell’arco di quasi un Secolo,<br />
di una sagace interpretazione dell’arte e rappresenta, con<br />
la sua formazione morale e culturale, una figura di alti ideali<br />
umanitari, sociali, culturali e, nello stesso tempo, ricchi di<br />
valori e dediti alla bellezza tout-court.<br />
La sicurezza del segno, la precisione e la capacità di creare<br />
profonde spazialità vanno molto al di là della pittura<br />
tecnicamente valida, così la maestria del tratto, raggiunta<br />
grazie alla scioltezza della pennellata, racchiusa da precisi<br />
contorni, è sostenuta da un impegno e da una ricerca<br />
costante, tesa a raggiungere una determinata compiutezza<br />
formale. Un processo questo che in Tavella si attiva con una<br />
sempre più rapida accelerazione, a partire dalla seconda<br />
metà degli anni Cinquanta del Secolo scorso. Il fatto che la<br />
sua non sia mai stata una pittura collegata ad un qualche<br />
manifesto programmatico, determinato spesso dagli<br />
“ismi” del primo Novecento, così ridondanti di ideologia,<br />
non vuol dire che egli non abbia manifestato una propria<br />
personale scelta di vita. Sembra quasi che abbia adottato<br />
il messaggio picassiano: “Ce n’est pas ce que l’artiste fait<br />
qui compte, mais ce qu’il est. Cézanne ne m’aurait jamais<br />
interessé s’il avait veçue et pensé comme Jacques-Emile<br />
Blanche, même si la pomme qu’il avait peinte eut été dix<br />
fois plus belle. Ce qui nous intéresse, c’est l’inquiétude<br />
de Cézanne, c’est l’einseignement de Cézanne, ce sont le<br />
tourments de Van Gogh, c’est à dire le drame de l’homme.<br />
Le reste est faux” 19 .<br />
In conclusione Tavella è essenziale nella forma, ricercato<br />
nella giustapposizione degli elementi figurativi, basta<br />
guardare l’abilità con cui organizza le superfici e con<br />
cui crea effetti di profondità inattesi, spesso ricorrendo<br />
unicamente alla saturazione del colore, manifestando<br />
aperture trasparenti e sensazioni di continuità proprio<br />
24<br />
come aveva appreso dalla lunga esperienza. Con i suoi<br />
quadri, cattura lo sguardo dello spettatore per originalità,<br />
per intensità e, insieme, per una forte carica comunicativa.<br />
Spesso, è vero, essi sono l’espressione di un linguaggio<br />
colto, elevato, ma non sono mai irraggiungibili. I suoi<br />
lavori, insomma, pur iscrivendosi nel solco di una tradizione<br />
artistica legata al figurativo, conservano un’immediatezza<br />
percepibile e coinvolgente, in quanto l’artista riesce a non<br />
creare distanze formali tra l’opera e il suo fruitore.<br />
D’altra parte, sebbene il rapporto con l’arte sia sempre<br />
molto soggettivo, le opere di Tavella hanno in loro un<br />
elemento importante, che stabilisce una sua peculiare ed<br />
originale connotazione, senza, però, risultare ingabbiato in<br />
definizioni rigide e in categorie fisse, una sorta, potremmo<br />
dire, di universalità.<br />
La pittura di Tavella, che restituisce la materia con la forza<br />
della trasparenza, è anche una pittura in movimento, un<br />
La massaia, 1954<br />
movimento ben disegnato, che egli sa esprimere con<br />
precisione e che sussiste nello sguardo e nella mente dello<br />
spettatore. La scelta e la combinazione dei colori e della<br />
loro maturazione, la collocazione delle forme nello spazio<br />
definito, rispondono a una precisa esigenza: quella che<br />
punta a comunicare attraverso la luce, senza mediazioni.<br />
A volte, si ha l’impressione che le forme siano sospese<br />
sulla tela con leggerezza, quasi a indicare qualcosa di più<br />
effimero, come le tracce del tempo che passa. Insomma,<br />
nei suoi dipinti c’è uno spazio per la natura, viva e autentica:<br />
i suoi paesaggi, pur filtrati dagli occhi dell’autore, vengono
spogliati per poi essere rivestiti attraverso una ricerca<br />
di luce e di colori. Anche in questo caso in Aldo Tavella<br />
vediamo emergere quella capacità di creare un mondo<br />
tridimensionale semplicemente attraverso la saturazione<br />
dei colori.<br />
Questo autentico veronese è un pittore che si muove<br />
con convincimento nello spazio del quadro, sicuro delle<br />
proprie risorse formali, soprattutto quando racconta, con<br />
naturalezza, storie di spazi che producono, su chi le osserva,<br />
prolungate sensazioni di armonia e di serenità. E l’arte - se<br />
ricordiamo bene lo diceva Paul Klee - ha, tra l’altro, proprio<br />
lo scopo di trasmettere felicità, coniugando intelligenza ed<br />
emotività.<br />
(1) Le monografie dedicate all’artista veronese sono A-Tavella,<br />
catalogo della mostra di Verona, Verona 1975, e Antologica del<br />
pittore Aldo Tavella, catalogo della mostra di Verona Palazzo<br />
della Gran Guardia, Verona 1992; Aldo Tavella, gli anni della<br />
ricerca e dell’approdo, a cura di M. Brognara, A. Conforti e C.<br />
Turco, Verona 1991 e Aldo Tavella “Tra estetica e magia”, a cura<br />
di U. Ronfani, Verona 1996. Le mostre più recenti hanno visto la<br />
pubblicazione di I colori della vita , percorsi artistici di Aldo Tavella,<br />
Verona 1998 e I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo<br />
Tavella, Verona 2004. Per un generale inquadramento sulla storia<br />
della pittura in Italia e nel Veneto e per collocarvi la figura di Aldo<br />
Tavella sarà opportuno considerare la recente pubblicazione: La<br />
Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello, N. Stringa,<br />
I-II, Milano2006-2008. Per quanto riguarda più specificatamente<br />
la pittura veneziana sarà opportuno guardare il catalogo della<br />
mostra di Treviso: Venezia ‘900: da Boccioni a Vedova, a cura<br />
di N. Stringa, Venezia 2007. Più specificatamente sulla pittura a<br />
Verona nel corso del secolo XIX si veda: L. Lorenzoni, Verona, in<br />
La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello, N.<br />
Stringa, I, Milano 2006, pp.285-326. Inoltre l’argomento potrà<br />
essere approfondito consultando la monografia 1950-59. Il<br />
rinnovamento della pittura in Italia, Ferrara 1999.<br />
(2) Chiesa decorata grazie alle bombe, in “L’Arena”, (13.Ott.<br />
2004).<br />
(3) G. Marussi, Le mostre d’arte all’Angelicum di Milano, in “La<br />
Fiera Letteraria”, 22 Mag. 1949.<br />
(4) G. Bianchi, Presenze internazionali, in Venezia ‘900’’: da Boccioni<br />
a Vedova, a cura di N. Stringa, Venezia 2007, pp. 154-169. A tale<br />
proposito sarà opportuno approfondire l’attività delle Biennali<br />
veneziani considerando: M.C. Bandera, Il carteggio Longhi-<br />
Pallucchini. Le prime Biennali del dopoguerra 1948-1956, Milano<br />
1999 e A. Castellani, Venezia 1948-1968, politiche espositive tra<br />
pubblico e privato, Padova 2006..<br />
(5) G. Dal Canton, Pittori Veneti alla Biennale, in Venezia e la<br />
Biennale, i percorsi del gusto, Venezia 1995; si veda anche S.<br />
Salvagnini, L’Accademia di Venezia da Tito a Vedova, in La pittura<br />
nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello e N. Stringa, II,<br />
Milano 2008, pp. 627-654.<br />
(6) A. Tavella, Dattiloscritto, Archivio Tavella alla data 11 Dic.<br />
1984.<br />
(7) Corsivo mostra Baguttino, (1958); Aldo Tavella. “Tra estetica e<br />
magia”, a cura di U. Ronfani, Verona 1996, p. 7.<br />
(8) L. Magagnato, Introduzione, in A-Tavella, Verona 1975.<br />
(9) A-Tavella, Verona 1975. Si veda anche G.L. Verzellesi nel<br />
giornale “L’Arena” in occasione di una personale alla Galleria<br />
25<br />
Novelli nel 1971 così riportava tra l’altro: “alle clamorose soluzioni<br />
di continuità che ricorrono negli itinerari dei professionisti<br />
dell’avanguardia più svagata, Tavella ha seguitato a contrapporre<br />
un rifiuto fermo, non meno risoluto e pungente della sua ironia<br />
per i conservatori troppo accidiosi, capaci di continuare a ripetersi<br />
scambiando la coerenza dello stile, che implica continue varianti<br />
con una sorta di canonicato, fatto di abitudinarie esercitazioni<br />
sempre più macchinali”.<br />
(10) U. Ronfani, cit., p. 24.<br />
(11) Si veda N. Stringa, La Biennale di Venezia, tracce per un<br />
secolo di storia, in La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G.<br />
Pavanello, N. Stringa, II, Milano 2008, pp. 655-670, con Bibliografia.<br />
Inoltre sarà opportuno approfondire il tema con l’analisi degli<br />
studi contenuti in Il 1950. Premi ed esposizioni nell’Italia del<br />
dopoguerra, catalogo della mostra a cura di A. Zanella Manara,<br />
Gallarate 2000. Più specificatamente si veda: M. De Sabbata, Tra<br />
diplomazia e arte. Le Biennali di Maraini (1928-1942), Udine 2006<br />
e S. Salvagnini, Il sistema delle arti in Italia 1919-1943, Bologna<br />
2000. Sulla Biennale del 1950 si rimanda a S. Collicelli Cagol, Le<br />
grandi esposizioni a Venezia tra il 1950 e il 2000 da Palazzo Grassi<br />
alla Biennale di Venezia, in La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a<br />
cura di G. Pavanello, N. Stringa, II, Milano 2008, pp. 699-717.<br />
(12) G.L. Vercellesi, Cinquantesima nazionale d’arte, in “Corriere<br />
del Mattino”, (9 Giu. 1951).<br />
(13) Società Belle Arti di Verona, Cinquantesima Mostra Biennale<br />
Nazionale d’Arte, Verona 1951.<br />
(14) C. Segala, Pittori cittadini. Aldo Tavella, in “Il Gardello”, 19<br />
Dic. 1952.<br />
(15) Idem, Personale di Aldo Tavella alla Galleria della Scala, in<br />
“L’Arena”, 1956.<br />
(16) S. Maugeri, Premio di pittura “Città di Thiene” dominato alla<br />
ricerca della figura, in “Il Giornale di Vicenza” 2 luglio 1981.<br />
(17) M. Ferrari, Aldo Tavella, sessant’anni di pittura fuori dalle<br />
mode, in “L’Arena”, 26 Feb. 1991)<br />
(18) M. Pedrini, Tavella, sulle ali della memoria, in “L’Arena”, 8 Apr.<br />
2004; I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo Tavella,<br />
Verona 2004.<br />
(19) Conversations avec Picasso, in Cahiers d’art, Parigi 1935, p.<br />
176-177.
Meditazione, 1949
UN MAESTRO ALLA BIENNALE DI VENEZIA:<br />
ALDO TAVELLA<br />
Federica Luser<br />
Il 1950 è un anno di fondamentale importanza per Aldo<br />
Tavella che vede coronata di successo la propria attività<br />
non solo con la Tavolozza d’argento al Premio Michetti,<br />
ma anche e soprattutto con la partecipazione alla Biennale<br />
veneziana dopo aver superato la severa selezione della<br />
Giuria nominata dagli artisti stessi, secondo modalità che<br />
esamineremo in seguito.<br />
La XXV Biennale si aprì l’8 giugno del 1950 e fu un’edizione<br />
straordinaria.<br />
Ordinata da Rodolfo Pallucchini - che organizzerà<br />
l’Esposizione veneziana per cinque volte dal 1948 al 1956<br />
- presentò alcune novità d’impostazione nonchè alcune<br />
mostre personali e retrospettive notevoli per il peso<br />
che avranno nella storia dell’arte mondiale. La gestione<br />
Pallucchini nell’immediato Dopo Guerra segnò in modo<br />
particolarmente forte la storia della Biennale 1 . Suo merito fu<br />
di dare all’Esposizione un nuovo volto rispetto alle edizioni<br />
precedenti, ritornando allo spirito iniziale, quello del 1895.<br />
Tre furono i punti fondamentali intorno cui crebbero e si<br />
perfezionarono le mostre veneziane, presupposti che lo<br />
stesso Pallucchini elencò nella prefazione al catalogo del<br />
1950: “rigorosa selezione dell’arte italiana, pur tenendo<br />
conto di tutte le tendenze; continuazione del compito<br />
culturale della Biennale mediante retrospettive, mostre<br />
ai movimenti artistici, inviti ad artisti stranieri, allo scopo<br />
d’informare, sia pur succintamente, il pubblico italiano<br />
degli sviluppi dell’arte contemporanea; uniformità dei<br />
metodi di presentazione mediante accordi coi paesi<br />
stranieri, persuadendoli dell’utilità d’inviare mostre limitate<br />
a pochi artisti, scelti tra i più rappresentativi” 2 .<br />
Già nell’edizione precedente l’intuizione di creare una<br />
Commissione per l’Arte Figurativa di altissimo livello,<br />
composta da note figure provenienti dal mondo dell’arte,<br />
tra cui i migliori storici di allora Nino Barbantini, Roberto<br />
Longhi, Carlo Ludovico Ragghianti, Lionello Venturi e<br />
alcuni artisti scelti tra quelli di maggior prestigio come<br />
Carlo Carrà, Felice Casorati, Marino Marini, Giorgio<br />
Morandi e Pio Semeghini, che organizzasse il piano<br />
dell’Esposizione, era risultata estremamente efficace.<br />
Così nel 1950 tale Commissione venne riconfermata con<br />
l’aggiunta di due nuovi elementi, scelti tra i rappresentanti<br />
sindacali: Leoncillo e Giacomo Manzù e la sostituzione<br />
di Pio Semeghini, per motivi di salute, con lo storico<br />
Giuseppe Fiocco.<br />
Compito della Commissione era di inviare un numero<br />
circoscritto di inviti a quegli artisti che ritenevano<br />
rappresentativi delle linee guida dettate da Pallucchini.<br />
Nel 1948 ne partirono 407, mentre nell’edizione del 1950<br />
furono ridotti a 297, seguendo un criterio di maggiore<br />
severità per mantenere fede all’aspirazione principale della<br />
Biennale che, secondo quanto scritto da Pallucchini“ deve<br />
27<br />
essere soltanto una mostra di confronto e di comparazione<br />
e non un campionario di quanto oggi si fa in Italia nel<br />
campo artistico” 3 . La pressione da parte degli operatori<br />
del settore durante l’anno di preparazione all’Esposizione,<br />
fu così forte che l’ordinatore si vide costretto a farne<br />
cenno nell’introduzione al catalogo, consigliando a tutti<br />
moderazione e soprattutto auspicando una ripresa delle<br />
mostre nazionali nelle grandi città per “un controllo<br />
immediato delle forze artistiche italiane e un censimento<br />
puntuale di esse” 4 , lasciando alla Quadriennale di Roma<br />
il compito di offrire al pubblico il miglior panorama<br />
dell’ambiente artistico italiano. “Solo se nell’animo degli<br />
artisti si farà strada la necessità di dare alla Biennale il<br />
carattere che le spetta di unica competizione artistica<br />
mondiale, verrà meno quella pressione continua che i<br />
membri della Commissione sentono attorno ai loro lavori”,<br />
concludeva amaramente 5 .<br />
La consapevolezza di essere l’unica “esposizione mondiale”<br />
era suffragata dalla presenza di ben 22 nazioni contro le<br />
La conchiglia allo specchio, 1931<br />
14 dell’edizione precedente (nel 1952 saranno 26): Austria,<br />
Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Colombia, Danimarca,<br />
Egitto, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda,<br />
Israele, Jugoslavia, Messico, Olanda, Portogallo, Spagna,<br />
Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera, chiamate tutte<br />
a esporre delle mostre personali dedicate ai propri grandi<br />
maestri, per evitare di scadere in una sorta di “mostra<br />
campionaria” solo per il desiderio di mostrare tutto quanto<br />
vien prodotto in campo artistico nella propria terra 6 . Così<br />
la Francia allestì la retrospettiva di Bonnard, le personali<br />
di Utrillo e Matisse, proponendo tre diverse tendenze<br />
sviluppatesi tra la fine del ‘800 e i primi due decenni del<br />
‘900, accostando loro opere di Marcel Gromaire, Christian<br />
Caillard, Bernard Lorjou e Alfred Manessier, artisti della<br />
generazione successiva rappresentanti tendenze e gruppi<br />
che con un occhio guardavano alle esperienze fauviste<br />
e cubiste e con l’altro si aprivano la strada verso nuove<br />
esigenze compositive, dettate dal nuovo corso dell’arte<br />
contemporanea. Il Belgio espose 25 capolavori di James
Ensor accanto a dipinti di Constant Permeke, Gustave<br />
de Smet e Frits Van den Berghe della Scuola di Latthem<br />
Saint-Martin, e opere di Edgrad Tytgat, Jean Brusselmans<br />
e Paul Delvaux considerato da Emile Langui, ordinatore<br />
del padiglione “l’unico grande avvenimento della vita<br />
artistica belga del dopoguerra” 7 , mentre la Gran Bretagna<br />
propose un’importante retrospettiva di John Constable,<br />
Oggetti da cucina, 1947<br />
che seguiva quella su Turner ordinata nell’edizione<br />
precedente, accompagnata da mostre personali di<br />
Mattew Smith con il suo inno al colore impetuoso e la<br />
sua passionalità e della scultrice Barbara Hepworth con<br />
le sue sperimentazioni in relazione allo spazio e alla luce.<br />
Di notevole interesse anche il padiglione della Germania<br />
che ritornò ad esporre alla Biennale allestendo la mostra<br />
dedicata a il “Cavaliere Azzurro”, uno dei più innovativi<br />
gruppi di quell’avanguardia storica che rivoluzionò nel<br />
primo decennio del 1900 il panorama artistico europeo,<br />
28<br />
scatenando una tale rivoluzione da modificare anche<br />
quello mondiale. Wassily Kandinsky, Paul Klee, Alfred<br />
Kubin, Alexej Von Jawlensky, Auguste Macke, Franz Marc,<br />
Gabriele Munter lavoravano per creare un’arte nuova che<br />
guardasse all’essenza interiore delle cose, prescindendo<br />
dall’immagine esterna, dove l’ espressione assumesse<br />
valore di forma assoluta prodotta in nuove composizioni<br />
astratte e musicali-drammatiche 8 .<br />
Accanto ad essi le intense figure intagliate nel legno di<br />
Ernst Barlach, quindi i dipinti di Max Beckmann, esponente<br />
della Nuova Oggettività tedesca, di Gerhard Fietz, Werner<br />
Gilles, Carl Hofer, Georg Meistermann, Ernst Wilhelm Nay,<br />
Emil Nolde, Karl Schmidt-Rottluff, Max Peiffer Watenphul<br />
e Fritz Winter. Singolare apparve poi il padiglione del Messico<br />
che presentò al pubblico i suoi tre pittori muralisti Josè<br />
Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siquieros<br />
rappresentanti del movimento pittorico rinascimentale
messicano, che con forza ed impeto espressivi sottolineava<br />
l’esaltazione della nazionalità riconquistata.<br />
La volontà di guardare anche alle grandi personalità<br />
storiche e ai più rilevanti movimenti storici del 1900,<br />
approfondendone lo studio, fu sottolineata da Pallucchini<br />
con l’allestimento delle mostre retrospettive dedicate<br />
a Seurat, al Doganiere Rousseau, a Wassily Kandinsky e<br />
ai movimenti Fauves, Cubismo, Futurismo e Cavaliere<br />
Azzurro che come abbiamo già visto fu ordinata nel<br />
padiglione tedesco. Una vera e propria comparazione di<br />
stili e di idee per una maggiore conoscenza dei movimenti<br />
d’avanguardia che hanno saputo rivoluzionare il volto alla<br />
produzione artistica europea.<br />
La ricerca dell’eccellenza anche nel panorama artistico<br />
italiano indusse i commissari a volgere lo sguardo<br />
verso il passato con la creazione di due retrospettive di<br />
artisti dell’800 Giacomo Favretto e Medardo Rosso e<br />
l’allestimento di quella dedicata al Futurismo, equiparando<br />
a ragione gli sviluppi dell’arte italiana d’inizio Secolo a<br />
quella, forse più conosciuta, francese e tedesca. A queste<br />
si aggiungono le esposizione retrospettive dello scultore<br />
Ernesto De Fiori e dei pittori Lorenzo Viani, Cino Bozzetti<br />
e di Mario Broglio, mentre le mostre personali furono<br />
dedicate a Carlo Carrà, Alberto Magnelli, Pio Semeghini<br />
e Gino Severini: “Quattro temperamenti diversi, quattro<br />
personalità spiccate, quattro maestri la cui particolare<br />
storia è legata alla cultura di questo primo cinquantennio<br />
del Novecento” 9 . Maestri che, aggiungiamo noi, ebbero<br />
il merito di saper far crescere ed evolvere il proprio<br />
linguaggio creando i presupposti per lo sviluppo di un’arte<br />
contemporanea italiana di assoluta eccellenza. Basti<br />
pensare a Carrà e Severini e il loro passaggio dalle prime<br />
esperienze futuriste all’adesione a un realismo plastico e<br />
poetico che rimase tale per il primo e che si dissolse in<br />
pura ricerca teorica nel secondo.<br />
Accanto a essi furono invitati tra gli altri Roberto Melli,<br />
Filippo De Pisis, Osvaldo Licini, Luigi Spazzapan, Arturo<br />
Tosi, Renzo Vespignani con una decina di opere, quindi<br />
Giovanni Barbisan, Renato Birolli, Felice Carena, Virgilio<br />
Guidi, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Ottone Rosai,<br />
Toti Scialoja, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso,<br />
Giulio Turcato, Armando Pizzinato, Renato Guttuso<br />
con cinque e tre opere. Pittori che rappresentavano la<br />
complessità di aspetti di cui era formata l’arte italiana del<br />
momento, tendenze che andavano dall’espressionismo<br />
al neocubismo passando per un neorealismo che faceva<br />
riflettere l’ordinatore, rivolgendosi con ogni probabilità<br />
alle scelte di Guttuso, Pizzinato e Turcato.<br />
La complessità del nostro panorama pittorico e la pressione<br />
per la scelta anche di artisti meno noti, ma comunque di<br />
notevole spessore, o di quelli della più giovane generazione,<br />
spinse la Commissione per l’Arte Figurativa a “demandare<br />
ad una Giuria eletta interamente dagli artisti il compito<br />
della scelta di un gruppo di 250 opere... L’elezione della<br />
Giuria alla quale hanno partecipato 1608 artisti ha dato<br />
un risultato interessante sotto vari punti di vista: a grande<br />
maggioranza di voti si sono classificati proprio quegli<br />
29<br />
artisti che facevano parte della Commissione per le Arti<br />
Figurative, dimostrando implicitamente di riconoscere in<br />
tali maestri l’autorità dei giudici” 10 .<br />
Della Giuria dunque fecero parte Felice Carena, Carlo<br />
Carrà, Felice Casorati, Giorgio Morandi e Giacomo Manzù<br />
che seppero destreggiarsi egregiamente operando la<br />
propria scelta basandosi su un criterio “obiettivo di<br />
valutazione qualitativa” 11 .<br />
Tra gli artisti selezionati come abbiamo già visto, anche<br />
Aldo Tavella che espose nella sala XXXI il dipinto a olio<br />
Morte delle maschere, opera risalente al 1948 la cui<br />
composizione appare gremita di oggetti appoggiati su<br />
un tavolo, mentre sullo sfondo un cielo grigio accoglie<br />
uno stormo di gabbiani in volo. Fatto singolare fu la<br />
presenza nella sala XXII di Fiorenzo Tomea con due opere<br />
che presentavano il medesimo soggetto delle maschere,<br />
dipinte una decina di anni prima. Ma mentre il maestro di<br />
Zoppè delineava alla perfezione la distanza tra i vari piani<br />
e ammantava le composizioni di un’atmosfera sospesa<br />
di estatica contemplazione, Tavella strutturava l’opera<br />
dipingendo gli oggetti in modo sovrapposto, senza lasciare<br />
spazi, ma giocando con i diversi piani e abbandonando<br />
volutamente il senso prospettico.<br />
A parte questi primi facili confronti sembra chiaro che la<br />
partecipazione alla Biennale veneziana per Tavella, come<br />
per ogni artista impegnato a dar prova di sè nell’ambito di<br />
esposizioni internazionali, sia non solo una tappa ambita<br />
e fondamentale, ma rappresenti contemporaneamente<br />
un punto d’arrivo e uno di partenza. L’invito a partecipare<br />
infatti, sottolinea il raggiungimento di una tappa<br />
sostanziale della propria carriera e la conferma della bontà<br />
del proprio operare, mentre la possibilità di confronto con<br />
altre realtà apre la via, a chi le sappia cogliere, a nuove<br />
sfide e ulteriori approfondimenti.<br />
(1) E. Di Martino, Storia della Biennale di Venezia 1895-2003. Arti<br />
Visive-Architettura-Cinema-Danza-Musica-Teatro, Papiro Arte,<br />
Venezia 2003, pp. 53-59.<br />
(2) R. Pallucchini, Introduzione, in Catalogo della XXV Biennale<br />
di Venezia, Venezia 1950, pp. X-XI<br />
(3) Idem, p. XI<br />
(4) Idem, p. XI<br />
(5) Idem, p. XI<br />
(6) Idem, p. XVIII<br />
(7) Emile Langui, in Catologo della XXV Biennale di Venezia,<br />
Venezia 1950, p. 272.<br />
(8) L.v.W, pag. 303<br />
(9) R. Pallucchini, cit., pp. XII-XII<br />
(10) Idem, p. XIII<br />
(11) Idem, p. 26
Zona archeologica, 1964
NOTE SULLA PITTURA DI GENERE VENETA<br />
NEL NOVECENTO<br />
Marco Maria Polloniato<br />
Nel novero delle tipologie pittoriche la cosiddetta pittura di<br />
genere ha da sempre avuto un posto particolare: inizialmente<br />
marginale, ma via via parte sempre più integrante della<br />
consuetudine e dell’interesse degli artisti. Essa affonda le<br />
radici in secoli di graduale trasformazione, secoli di lenti<br />
cambiamenti durante i quali la dicotomia esistente tra<br />
grandi committenti e la gran parte della popolazione, si<br />
è ridotta in forza di una crescita delle categorie dedite ad<br />
attività economiche sempre più incidenti nella vita sociale.<br />
Provengono, infatti, dalle aree di commercio più intenso<br />
dell’Europa quattro-cinquecentesca i primi maestri di<br />
questo genere, in particolare dall’area fiamminga, basti<br />
pensare al più famoso Pieter Bruegel il vecchio. Nei<br />
secoli successivi le reti di scambio createsi portano ad<br />
una diffusione priva di confini delimitati proprio perchè<br />
ricca di peculiarità espressive. Queste contraddistinsero<br />
aree geografiche-nazionali. L’indole sempre più attenta al<br />
proprio sentire rovescia così un rapporto di sudditanza con<br />
il mecenate che perdurerà fino ad oggi. Cosa spinse gli<br />
artisti ad avvicinarsi alle scene tratte dalla vita d’ogni giorno?<br />
Ad accostarsi a quegli elementi che nella pittura religiosa,<br />
storico-politica o nella ritrattistica non trovavano spazio<br />
se non come contorno, come elemento decorativo? Cosa<br />
spinse un autore come Jacopo Da Ponte, detto il Bassano,<br />
ad inserire una moltitudine di popolani accompagnati dai<br />
propri animali nei quadri che andavano a rappresentare di<br />
volta in volta scene tratte dai Vangeli o che illustravano la<br />
vita di Santi protettori? Se l’attenzione veniva, comunque,<br />
canalizzata a concentrarsi sull’elemento centrale, sul<br />
messaggio evangelico o comunque prettamente religioso,<br />
non v’è dubbio che contemporaneamente andava creandosi<br />
un avvicinamento nella complicità silenziosa instauratasi tra<br />
spettatore e personaggi del quadro. Sta in questo la forza<br />
evocativa del quotidiano: una condivisione di momenti<br />
e situazioni che di fatto rappresentano gli aspetti più<br />
elementari ed immediati del vissuto contemporaneo.<br />
Nei secoli successivi la pittura di genere (che, non va<br />
dimenticato, è una mera categorizzazione ottocentesca<br />
atta a rendere più semplice l’individuazione dei soggetti), si<br />
avvia a diventare sempre più protagonista. In Italia si assiste<br />
quasi a una rincorsa che trova nei pittori caravaggeschi e,<br />
successivamente in quelli dediti ai temi dei bamboccianti<br />
e nei pitocchi, i principali esponenti. Ceruti, Crespi, ma<br />
anche i campioni del vedutismo veneziano come Canaletto<br />
e Guardi si dedicano, ognuno a proprio modo, alla lettura<br />
più o meno filtrata della realtà. Procedendo ancora nella<br />
linea temporale, il genere assume via via connotazioni per<br />
certi aspetti manieristiche, riflesse su se stesse ed è solo<br />
con il verismo ottocentesco che viene dato nuovo vigore<br />
alla scelta di soggetti destinati a suscitare tensioni nel<br />
pubblico.<br />
A ridosso del Novecento sono quindi molti gli autori che si<br />
31<br />
confrontano con un genere che trascende le connotazioni<br />
politiche che avevano caratterizzato, invece, tutto il periodo<br />
risorgimentale, caricandosi piuttosto di significati simbolici<br />
e di chiavi di lettura più complesse.<br />
La pittura, nel panorama veneto novecentesco, è materia<br />
estremamente variegata. Pur essendovi dei caratteri che<br />
vanno a riecheggiare solo in parte le lezioni date dai grandi<br />
maestri dell’ormai lontano periodo rinascimentale, sono<br />
senz’altro le occasioni pubbliche di esposizione e confronto<br />
che danno il là per una maggiore coscienza del proprio<br />
operato. In questo senso le piccole e grandi esposizioni (su<br />
tutte l’istituzione a Venezia nel 1895 della Internazionale<br />
Incendio nel cantiere, 1978<br />
d’Arte, meglio conosciuta come Biennale) che si diffondono<br />
su tutto il territorio fanno da collante tra gli artisti che hanno<br />
così modo di riscontrare direttamente il gradimento del<br />
pubblico.<br />
Venezia rappresenta in tal senso un punto di riferimento<br />
indispensabile per tutti, in primis per la sua vocazione<br />
di città sospesa nel tempo, ma anche per la presenza di<br />
istituzioni riconosciute come l’Accademia di Belle Arti e le<br />
prime fondazioni artistiche. Più che ai grandi nomi di fine<br />
Ottocento che avevano rinnovato l’ambiente veneziano<br />
quali Guglielmo Ciardi, Luigi Nono, Ettore Tito, Alessandro<br />
Milesi, è piuttosto un personaggio come Pietro Fragiacomo<br />
a mettere in evidenza nei paesaggi lagunari barche o nella<br />
rappresentazione di tutti quegli strumenti di lavoro che<br />
sono, molto spesso, l’unico indizio della presenza umana<br />
appena percepibile. È indubbio che la matrice simbolista di<br />
inizio Secolo è più evidente in altri autori come in Ettore Tito<br />
o in Mariano Fortuny, ben distanti dai richiami al passato<br />
di Cesare Laurenti, ma dovendo qui ricercare esempi di<br />
pittura di genere, il pensiero non può che andare verso<br />
un altro grande autore del primo Novecento veneziano:<br />
Marius Pictor. Il bolognese si inserisce a pieno titolo nel<br />
panorama lagunare prediligendone gli aspetti decadenti
ed evidenziandone i meno appariscenti. Una pittura giocata<br />
sui toni della luce notturna e sulle scene che la variegata<br />
Città lagunare propone e che troverà una costante fortuna<br />
anche successivamente. Spostando poi l’attenzione anche<br />
ai luoghi che circondano il centro storico lagunare vale<br />
la pena ricordare che istanze e suggestioni spesso sono<br />
giunte qui da autori stranieri che a Venezia si sono stabiliti<br />
e che hanno dato prova del loro valore. A Burano, oltre ad<br />
Umberto Veruda, v’è il polacco Jehudo Epstein a mettere<br />
in luce i caratteri più istintivi del microcosmo isolano. Gli<br />
altri grandi nomi contemporanei, quelli facenti capo alla<br />
Fondazione Bevilacqua e quindi alla famosa sede di Ca’<br />
Pesaro, sono in realtà estranei alla contaminazione con il<br />
quotidiano. I vari Boccioni, Casorati, Marussig, sia prima<br />
che dopo la Grande Guerra, non pongono la propria<br />
attenzione alla rappresentazione di frammenti del vissuto,<br />
prediligendo piuttosto il simbolismo dei particolari o la<br />
rievocazione mitologica. La stessa Secessione Viennese<br />
influenza con straordinari esiti alcuni autori di ampio respiro<br />
come Teodoro Wolf-Ferrari e Vittorio Zecchin. Un segno di<br />
svolta ed un nuovo interesse per il genere arriva con Gino<br />
Rossi che, reduce da viaggi importanti in Europa, porta<br />
una ventata di novità pur rappresentando soprattutto<br />
personaggi e figure popolari. Alla tendenza post-bellica del<br />
realismo magico aderisce Bortolo Sacchi, nelle cui opere<br />
è possibile vedere una genìa di personaggi che risultano<br />
sospesi tra laguna e cielo come la città che li ospita. Ma è<br />
nelle opere degli anni Venti di Cagnaccio da San Pietro che<br />
la pittura di genere trova nuova linfa diventando specchio<br />
della realtà e voce di denuncia. I suoi sono intenti polemici<br />
evidenti che si rifanno alla pittura tedesca contemporanea,<br />
riscrivendo in parte i canoni della pittura di genere.<br />
Prima di arrivare alla grande temperie culturale che sin<br />
dagli anni Quaranta porterà alla ricerca in chiave astratta<br />
e di più consone forme e tecniche, vi sono ancora alcuni<br />
nomi che è necessario ricordare. In primis quello di Guido<br />
Cadorin, anche lui in parte esponente del realismo magico,<br />
senza dimenticare altri artisti significativi tra i quali Virgilio<br />
Guidi: pittore atonale apparentemente neutro ai luoghi ed<br />
alle figure descritti.<br />
Le altre province venete sono sempre state foriere di autori<br />
che si sono dovuti confrontare con la temperie culturale di<br />
Venezia, richiamo e termine di confronto indispensabile<br />
per aprirsi al dialogo internazionale. La vicina Padova<br />
ad esempio, Città che non ha mai sentito troppo forte il<br />
confronto-scontro con Venezia, si manifesta come un luogo<br />
dove le istanze pittoriche hanno un percorso leggermente<br />
più lento. Giovanni Vianello e Domenico Bonatti possono<br />
ben rappresentare il clima cittadino all’alba del nuovo<br />
Secolo: tendenze realiste ancora vive, non prive di intenti<br />
simbolisti ormai acclarati. Per trovare veri esponenti della<br />
pittura di genere è necessario fare riferimento ad un<br />
pittore eclettico quale fu quel Mario Cavaglieri che fonde<br />
nelle proprie opere suggestioni europee con una resa<br />
cromatico di forte impatto. Gli altri rappresentanti della<br />
pittura padovana del primo Novecento, però, si discostano<br />
dalla rappresentazione del reale per dedicarsi piuttosto a<br />
32<br />
forme più moderne e che vedono forse solo in Giovanni<br />
Dandolo un richiamo alla realtà. Giuliano Tommasi e Mario<br />
Rigoni dei Graber, ad esempio, improntano la propria<br />
poetica in direzione del simbolismo. Dopo la parentesi del<br />
futurismo padovano, bisogna attendere Tono Zancanaro<br />
per tornare a vedere richiami al reale letto in una chiave<br />
antieroica. Distante, anche se affine alla poetica di forme<br />
pittoriche primitive come quelle di Fulvio Pendini e Antonio<br />
Fasan. Successivamente, dagli anni Cinquanta in poi, con<br />
la grande esplosione economica che accompagna il clima<br />
post-bellico, i soggetti di riferimento diventano sempre<br />
più connessi con le nuove realtà industriali. Molti sono i<br />
nomi che recepiscono e si confrontano con la nuova realtà<br />
emergente, ma non è raro cha da una prima forma di<br />
denuncia sociale taluni artisti spostino il loro interesse verso<br />
una rappresentazione introspettiva legata alla memoria di<br />
quanto era e non è più. Gianni Longinotti muove da queste<br />
istanze e traccia una strada in parte seguita ad esempio da<br />
Riccardo Galuppo. Sono quindi altri i nomi di autori dediti<br />
al realismo quali Piero Mancini ed Enrico Schiavinato; il<br />
secondo in particolare presenta nelle proprie opere, dai<br />
colori e dal taglio estremamente incisivi, una territorialità<br />
scavata nelle rughe dei contadini e degli altri elementi<br />
tipici della campagna veneta. Sono queste delle “derive”<br />
espressioniste, ma rappresentano una concreta visione del<br />
popolo e del medesimo paesaggio che è possibile ritrovare<br />
in Vittore Bonsembiante.<br />
A differenza del capoluogo patavino, Treviso si presenta al<br />
nuovo secolo con un panorama di pittori strettamente legati<br />
all’ambito veneziano, la cui Accademia di Belle Arti vide il<br />
passaggio di quasi tutti gli artisti più significativi del nuovo<br />
Secolo. Contemporaneamente è l’organizzazione della<br />
Mostra d’Arte Trevigiana a diventare punto di riferimento<br />
per le nuove generazioni che trovano l’occasione ideale<br />
per confrontarsi con i maestri di fine Ottocento. Luigi<br />
Serena in tal senso è il capostipite ed il più rappresentativo<br />
decano della pittura di genere oltrepiave, ed è difficile<br />
riscontrare allievi degni del maestro o comunque pittori che<br />
interpretino con la stessa efficacia l’ambiente circostante.<br />
I Ciardi, ad esempio, pur risiedendo spesso in provincia,<br />
non lasciano mai il tenue languore delle rappresentazioni<br />
lagunari. Altri autori contemporanei o di poco successivi<br />
non hanno la stessa incisività ad esclusione, in parte, di<br />
quel Giovanni Apollonio che stempera e fissa momenti<br />
“leggeri” di vita borghese. Se la genesi pittorica di Alberto<br />
Martini è saldamente legata a Treviso, con l’enfasi sugli<br />
aspetti della campagna, successivamente volge il proprio<br />
modus nella direzione del surrealismo, merita invece una<br />
citazione quell’Aldo Voltolin, la cui breve carriera, consegna<br />
nei modi del decorativismo e divisionismo autentiche<br />
perle cromatiche. A Ca’ Pesaro, intanto, sono Gino Rossi<br />
e Arturo Martini a contribuire in maniera sostanziale,<br />
ognuno con forte personalità, al rinnovo dei temi correnti.<br />
A loro va aggiunta la figura di Nino Springolo, che segna<br />
la pittura di genere con equilibrata obbiettività, estranea<br />
a provincialismi, a sovrascritture o abbellimenti e che<br />
troverà eccellenti riscontri anche fuori i confini nazionali.
In questo frangente si erge a coordinatore instancabile e<br />
propugnatore di una identità comune Giuseppe Mazzotti, il<br />
cui nome si lega all’organizzazione e promozione di mostre.<br />
I suoi contemporanei, però, tra i quali Giacomo Caramel,<br />
Lino Bianchi, e Rachele Tognana sembrano disinteressarsi a<br />
lungo dei soggetti di genere, focalizzandosi più sulle novità<br />
tecnico-pittoriche che su una ricerca di soggetti di rottura.<br />
La turista inglese, 1990<br />
Va sottolineato, inoltre, il valore della coscienza del proprio<br />
operare, svolto da Mazzotti, allorquando si confronta con gli<br />
indirizzi dati all’arte dal Regime. Nelle successive esposizioni<br />
continuano a formarsi generazioni di artisti, gli interessi dei<br />
quali vagano indagando la città. Basti pensare ai temi cari<br />
ad Arturo Malossi, al giovane Giovanni Barbisan, alle sorelle<br />
Maria e Tina Tommasini, ma soprattutto a Sante Cancian. È<br />
lui a “rappresentare” Treviso nei suoi aspetti più immediati<br />
utilizzando tecniche diversificate e ponendosi quasi come<br />
un cronista-sceneggiatore del tempo.<br />
Legata a Treviso per ragioni geografiche e solo relativamente<br />
aperta ad influenze nordiche, è Belluno con l’insieme<br />
delle valli cadorine e ampezzane. Il primo ventennio del<br />
Novecento non vede sostanziali rinnovamenti rispetto al<br />
Secolo, complice una committenza locale poco incline alle<br />
novità lagunari. Non è un caso che uno dei più rappresentativi<br />
artisti d’inizio secolo, Luigi Cima, non venga accettato dalla<br />
33<br />
commissione della Biennale del 1903. Maggior fortuna<br />
sembra avere Guglielmo Talamini attento osservatore<br />
di “facce” e volti della sua terra. Altri come Pio Solero si<br />
distaccano gradualmente dalla realtà abitata e conosciuta<br />
per un’immersione sempre più decisiva nell’ambiente<br />
montano, scelta influenzata dalle letture e dalle conoscenze<br />
dirette con gli ambienti artistici di Monaco. Una sua indiretta<br />
erede potrebbe essere individuata in Romana D’Ambros,<br />
pur se influenzata da altre sollecitazioni significative nel<br />
campo della pittura di genere che sono da ricercare al di<br />
fuori della tematica sacra, invero tra le più frequentate e<br />
dove gli autori bellunesi hanno rinnovato parte del loro<br />
linguaggio decorativo. E bisogna attendere almeno<br />
fino al primo scontro bellico per trovare in un Edgardo<br />
Rossaro i primi tentativi di fissare la realtà di guerra. Ma per<br />
tornare alla pittura di genere, carica di un simbolismo che<br />
trascende il tempo, il nome di punta è quello di Fiorenzo<br />
Tomea, ben conosciuto anche al di fuori del contesto locale<br />
grazie alle sue pitture fatte di oggetti, spesso moltiplicati e<br />
protagonisti assoluti del quadro. Altri come Bruno Milano<br />
o Romano Ocri tentano, invece, altre vie ed anche altre<br />
tecniche, rinnovando il repertorio e l’uso di una pittura<br />
ancora legate alle pratiche post-impressioniste. Grande<br />
esponente di una lettura cromatica irreale del quotidiano<br />
è invece Celso Valmassoi, cadorino come Aldo De Vidal,<br />
la cui vicenda personale lo porta ad essere espressione di<br />
una realtà sociale in evoluzione fino alla realizzazione dei<br />
“murales” di Cibiana.<br />
Su tutt’altre latitudini e richiami va invece inquadrata la<br />
terra di Palladio. Quella Vicenza a lungo rimasta chiusa in<br />
un contesto di “piccola” provincia e che solo in seconda<br />
battuta ha aperto e rinnovato il repertorio artistico grazie<br />
soprattutto all’impegno ed alla lungimiranza di alcune<br />
scelte istituzioni e di circoli la cui urgenza espositiva trovò<br />
sbocchi e riscontri meritati, prima fra tutte l’Accademia<br />
Olimpica. Ubaldo Oppi e Carlo Potente sono i primi nomi<br />
di rilievo che vanno ad incidere sul normale andamento<br />
della cultura ottocentesca in Città, come un altro dei pittori<br />
viaggiatori d’inizio secolo Wladimiro Gasparello. Ma i loro<br />
interessi vengono presto inquadrati in una ritrattistica o<br />
comunque, in opere canoniche, veicolate da forme e dalla<br />
studiata stesura del colore a discapito di soggetti presi dal<br />
quotidiano. Emerge, comunque, la voglia di dare spazio ad<br />
un’urgenza espressiva. Nelle esposizioni degli anni Venti<br />
passano quasi tutti i nomi più significativi, tra i quali anche<br />
il giovane Mario Venzo, poi conosciuto come Fratel Venzo.<br />
Altri nomi significativi sono quello di Pier Angelo Stefani, i<br />
cui allievi avranno un posto di rilievo dagli anni Quaranta.<br />
Nomi ben conosciuti quali il giovane Neri Pozza, Otello De<br />
Maria, Nerina Noro, Bruno Canfori e Antonio Marcon. Come<br />
anche l’aristocratico Bortolo Sacchi, Marcon è uno dei tanti<br />
maestri eclettici dell’ambiente bassanese, essendo anche<br />
xilografo e ceramista, a cui seguiranno in tempi successivi<br />
personaggi quali Miranda Visonà, Giovanni Petucco, Carlo<br />
Contin, Pompeo Pianezzola, tutti attenti a cogliere nel<br />
linguaggio di casa, negli affetti e nell’immediatezza il calore<br />
umano. Anche le donne hanno spazio in questo ambito con
Ina Barbieri e Mina Anselmi, la prima con richiami al modo di<br />
Gino Rossi, la seconda concedendosi libertà ed originalità<br />
rispetto alla formazione ricevuta a Venezia con Virgilio<br />
Guidi. Il terzo personaggio femminile che è indispensabile<br />
ricordare è Nerina Noro, la cui formazione con Guidi e Saetti<br />
si scorge talvolta nei suoi ritratti, ma che difficilmente vanno<br />
a toccare temi sociali per rimanere nell’intimo di evocazioni<br />
e paesaggi informali. Altri spunti significativi sono quelli<br />
che si raccolgono attorno ad altri centri nevralgici, come<br />
il Calibano del mecenate Angelo Carlo Festa o al Premio<br />
A San Giorgio - Cinema all’aperto, 1953<br />
Marzotto istituito dall’omonima azienda.<br />
La figura di Licisco Magagnato fa da ponte con la realtà<br />
veronese le cui ambizioni si sono esplicate, nel corso del XX<br />
secolo, ricercando un saldo legame con Venezia e con le<br />
istanze artistiche delle più importanti città mitteleuropee. In<br />
questo la dominazione asburgica ebbe un ruolo di rilievo<br />
inducendo alcuni autori a perfezionarsi a Vienna o a Monaco.<br />
Non è un caso che le prime istanze moderniste trovino in<br />
Verona un terreno fertile nel quale attecchire e che lascerà<br />
il segno in diversi pittori a cominciare da Vincenzo De<br />
Stefani, per passare a Francesco Danieli, Carlo Francesco<br />
Piccoli, Carlo Donati. A costoro si contrapponeva lo stile<br />
popolare, ma efficace di un Angelo Dall’Oca Bianca che<br />
grande successo riscuoteva in città, come il conterraneo<br />
Giovanni Bevilacqua. Alfredo Savini, bolognese, portò con<br />
sè qualche germe di novità che l’ambiente scaligero recepì<br />
e fece proprio, così come l’arrivo di Baldassare Longoni<br />
ebbe echi per molti anni, soprattutto per l’utilizzo del<br />
divisionismo. Nell’ambito della pittura di genere è un allievo<br />
di Savini, Benvenuto Ronca, a confrontarsi con le figure dei<br />
derelitti, così come Ettore Beraldini, quest’ultimo con un<br />
rapporto più sensibile con i soggetti rappresentati. Anche<br />
se lontano da queste tematiche val la pena di sottolineare<br />
il legame instauratosi tra la Città e la figura di Felice<br />
Casorati, e di alcuni colleghi: su tutti Guido Trentini. V’è<br />
da aggiungere che in questo primo Novecento la gaia vita<br />
34<br />
e la vena burlesca che caratterizza i “convivi” degli artisti,<br />
trova risvolti espositivi anche nelle mostre di caricatura. Il<br />
futurismo invece trova pochi echi significativi, nonostante<br />
la presenza di Boccioni fino alla morte. Guido Trentini<br />
rappresenta un caso significativo di accrescimento culturale<br />
all’interno di tutto quello Stile Novecento che si concretizza<br />
nella rappresentazione di piani in cui l’assenza del colore<br />
ed il plasticismo seriale sono il leit-motiv. Altro grande<br />
nome residente a lungo a Verona è quel Pio Semeghini<br />
che non apre alle tinte tenui e rarefatte molto diverse<br />
rispetto all’estetica fascista e ben distinto anche dall’altro<br />
esponente della pittura di genere quale fu Aldo Tavella. Il<br />
periodo successivo, però, non risulta all’altezza di quanto<br />
visto ad inizio Secolo e fino alla fine del Secondo Conflitto:<br />
gli anni Cinquanta fanno da incubatrice a quanto esploderà<br />
poi negli anni Sessanta e Settanta con l’arrivo dell’astratto,<br />
dell’espressionismo, dell’informale e del razionalismo.<br />
In questo breve excursus sulla pittura di genere nel Veneto, v’è<br />
una schematizzazione che riprende in buona sostanza quanto<br />
declinato con dovizia di particolari dagli autori dei volumi La<br />
pittura nel Veneto. Il Novecento, I-II, Milano 1999-2006.
35<br />
OPERE
MIO FRATELLO PINO, 1926 • Olio su compensato, cm 60x70<br />
36
RITRATTO, [1927] • Olio su cartoncino, cm 35x24<br />
37
E’ SOLO UN RICORDO, 1928 • Olio su compensato, cm 39x50<br />
PAESAGGIO, 1930 • Olio su cartone, cm 34x43<br />
38
LA SIGNORA ELDA, 1932 • Olio su cartone, cm 48X35<br />
39
L’ATTESA, 1933 • Olio su tavola, cm 50x33<br />
40<br />
LA SIGNORA ELDA, 1933 • Olio su compensato, cm 50x39
DONNA CHE CUCE, [1934] • Olio su carta, cm 50X35<br />
42
TEMPO DI CARNEVALE, 1934 • Olio su cartone, cm 40x50<br />
43
MATERNITà, 1935 • Olio su cartone, cm 48x35<br />
44<br />
NELLO STUDIO, 1936 • Olio su cartone, cm 49x36
CANALE A VENEZIA, 1936 • Olio su tela, cm 18x24<br />
46
FRUTTA E VINO, 1937 • Olio su cartone, cm 50x35<br />
47
DALLO STUDIO DEL PITTORE ALDO FRANZONI, 1938 • Olio su cartone, cm 35x24<br />
48
PAESAGGIO, [1939] • Olio su compensato, cm 50X60<br />
49
PICCOLO PAESE, 1939 • Olio su cartone, cm 24x30<br />
50
BATTELLI A PESCHIERA, 1940 • Olio su cartone, cm 13x20<br />
IL PITTORE, 1941 • Olio su cartone, cm 24x35<br />
51
COSTRUZIONI MEDIEVALI, 1943 • Olio su cartone, cm 60x50<br />
52
LA RAGAZZA, 1946 • Olio su cartone, cm 50x36<br />
53
55<br />
IL PORTO, 1946 • Olio su compensato, cm 80x100
CAMPAGNA A MINERBE, 1946 • Olio su compensato, cm 28X38<br />
56
COMPOSIZIONE, 1946 • Olio su cartone, cm 59x40<br />
57
GIARDINI, 1947 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
58
MIA MOGLIE E MIA FIGLIA SOFIA, 1947 • Olio su cartone, cm 35x46<br />
59
NELLA VALPOLICELLA, 1948 • Olio su compensato, cm 35X42<br />
PAESAGGGIO INVERNALE PRESSO MANTOVA, 1948 • Olio su cartoncino, cm 24x30<br />
60
MORTE DELLE MASCHERE, 1948 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
61
FIORAIA, 1948 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
62<br />
IL CANTIERE, 1949 • Olio su cartone, cm 60x50
ORATE, 1949 • Olio su faesite, cm 50x60<br />
64
MASCHERE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
65
PIAZZA DELLE ERBE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
66
MEDITAZIONE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
67
ND, 1949 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
68
MASCHERA, [1950] • Olio su cartoncino, cm 35x24<br />
69
IL VECCHIO “IL SIGNOR BENIAMINO”, 1950 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
70
LA PIAZZA ALBERATA, 1950 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
71
IL MURO “ LA MACCHIA ROSSA”, 1950 • tecnica mista collage, cm 100x70<br />
73<br />
SAN <strong>GIORGIO</strong> - VERONA, 1950 • Olio su cartone, cm 50X60
INVERNO SUL LAGO DI MANTOVA, 1951 • Olio su faesite, cm 50x60<br />
74
AUTUNNO, 1951 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
75
NEVE IN PERIFERIA, 1951 • Olio su compensato, cm 59X69<br />
76
CORSO PORTA NUOVA DI SERA, 1951 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
77
LA SIGNORA MADINELLI, 1952 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
CORTILE RUSTICO PRESSO LUGAGNANO, 1952 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
79
VENEZIA, 1952 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
80
RICOSTRUZIONE DEL PONTE, 1953 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
81
RAGAZZA CON MAZZO DI FIORI, 1953 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
82
COMPOSIZIONE, 1954 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
83
TRIGLIE E ZUCCHE, 1954 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
84
LO STUDENTE, 1954 • Olio su cartone, cm 48x34<br />
85
OMAGGIO FLOREALE, 1955 • Olio su compensato, cm 60X50<br />
FIORI, ANGURIA E PICCHIO, 1956 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
87
SUL TAVOLO DELLA CUCINA, 1957 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
88
FRUTTA, 1958 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
89
LA PASSEGGIATA, 1959 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
90
VASO DI FIORI, 1959 • Olio su tela, cm 50X40<br />
91
DISPERAZIONE, 1959 • Olio su cartone, cm 50x60
COMPOSIZIONE CON MACININO, 1960 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
94
SAN <strong>GIORGIO</strong>, 1960 • Olio su cartone, cm 50X60<br />
95
RUDERI, 1960 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
96
COMPOSIZIONE, 1961 • Olio su tela, cm 48x63<br />
97
AL BAR, 1961 • Olio su cartone, cm 60x50<br />
98<br />
BAMBINA CON BAMBOLA, 1961 • Olio su cartone, cm 60x50
IL VASO DI FIORI, 1961 • Olio su compensato, cm 60x50<br />
100
LA LETTERA, 1962 • Olio su compensato, cm 60x50<br />
101
COMPOSIZIONE, 1963 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
102
ANNA FRANK, 1963 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
103
COMPOSIZIONE, 1964 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
104
ZONA ARCHEOLOGICA, 1964 • Olio su cartone, cm 90x70<br />
105
LA SIGNORA PINA, 1964 • Olio su faesite, cm 60x50<br />
106
IL LAGO A MANTOVA IN INVERNO, 1964 • Olio su tela, cm 24x30<br />
107
108
RAGAZZA DAL GIUBBETTO ROSSO, 1965 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
109<br />
IL CIRCO “INVERNO”, 1966 • Olio su cartone, cm 50x60
CANTIERE, [1966] • Olio su compensato, cm 50x60<br />
110
INVIDIA, 1967 • Olio su cartone, cm 60X50<br />
111
UN RICORDO, 1967 • Olio su compensato, cm 100x70<br />
112
GIARDINI, 1968 • Olio su tela di lino, cm 50x60<br />
113
COMPOSIZIONE CON CIPOLLE, 1968 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
114
FIORI E ZUCCHE, 1970 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
115
PERIFERIA, 1971 • Olio su compensato, cm 70x80<br />
116
COMPOSIZIONE, 1972 • Olio su cartone, cm 50x60<br />
117
NEVE A MALCESINE, 1972 • Olio su compensato, cm 70x100<br />
118
IL CANTIERE, 1975 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
119
IMBARCAZIONI PRIMA DEL TEMPORALE, 1976 • Olio su compensato, cm 60x80<br />
120
PRIMA NEVE “DAL MIO STUDIO”, 1978 • Olio su compensato, cm 70x80<br />
121
MIA MOGLIE, 1980 • Olio su compensato, cm 100x70<br />
122
CAMPAGNA PRESSO CALMASINO, 1980 • Olio su compensato, cm 60x80<br />
123
124
COMPOSIZIONE, 1981 • Pastello su carta, cm 100x70<br />
GABBIANI AL TRAMONTO, 1985 • Olio su compensato, cm 100x70<br />
125
OMAGGIO ALLA MAMMA, 1985 • Olio su compensato, cm 100x70<br />
126
PRESSO IL PONTE DI VEjA, 1986 • Olio su compensato, cm 50x60<br />
127
COMPOSIZIONE, 1988 • Olio su faesite, cm 70x100<br />
128
IL COMPITO, 1989 • Olio su compensato, cm 80x60<br />
129
IL GATTO VENEZIANO, 1990 • Olio su tela, cm 70x70<br />
130
LA PIAZZA, 1991 • Olio su tavola, cm 50x60<br />
131
IL VASO DI CERAMICA, 1991 • Olio su compensato, cm 100x70<br />
132
LA SPOSA HA 16 ANNI, 1993 • Olio su compensato, cm 60X50<br />
133
134
135<br />
ZONA INDUSTRIALE , 1994<br />
Olio su compensato, cm 50x60
NOTE BIOGRAFICHE<br />
Ha compiuto i suoi studi presso l’Accademia Cignaroli di<br />
Verona, dove è poi ritornato quale titolare della Cattedra di<br />
affresco; è stato inoltre insegnante di figura presso il Liceo<br />
Artistico Statale dal 1967 al 1979.<br />
Dal 1963 è titolare della Cattedra di pittura presso l’Accademia<br />
Cignaroli, della quale è stato anche Direttore dal 1982<br />
al 1985.<br />
Sempre presente alle più importanti manifestazioni d’arte nazionali<br />
ed internazionali, la sua attività artistica punteggiata di<br />
successi e sue opere figurano in varie collezioni pubbliche e<br />
private, italiane e straniere.<br />
Di anno in anno, le partecipazioni sono sempre più numerose<br />
e i riconoscimenti frequenti.<br />
E’ alla Biennale di Venezia nel 1950, anno in cui viene premiato<br />
con tavolozza d’argento al “Nazionale di Pittura F. Michetti”<br />
a Francavilla al Mare (CH).<br />
Sempre nel ’50 è presente alla Mostra dei due secoli dell’Accademia<br />
Cignaroli di Verona, al premio Suzzara, all’Angelicum<br />
di Milano. L’anno seguente partecipa alla Quadriennale<br />
d’Arte di Roma e Torino, al Premio Roma per la Figura, alla<br />
1a Biennale internazionale d’arte Marinara di Genova. Espone<br />
alle Mostre nazionali di Messina, Monza e Gallarate e al<br />
premio di Pittura di Clusone.<br />
Non manca alla 1° Biennale Nazionale di Verona, alla quale<br />
ritorna nel ’53 e nel ’55; né alla Biennale Triveneta di Padova,<br />
dove si ripresenta negli stessi anni ’53 e ’55.<br />
Nel ’53 ritorna al Premio Burano dove già si era presentato<br />
nel ’51 e partecipa al Premio Brescia.<br />
Anche negli anni seguenti è presente a tutte le Biennali Nazionali<br />
di Verona e alle Biennali Trivenete di Padova, nonché<br />
ad altre numerose manifestazioni artistiche, conseguendo<br />
significativi riconoscimenti e premi.<br />
La stagione del 1956 ha visto quello che la stampa ha definito<br />
“un approdo” per Aldo Tavella, nella Mostra alla Galleria<br />
della Scala di Verona. Silvio Bertoldi ha scritto a questo<br />
proposito: “E’ arrivato per Tavella il momento dei bilanci, dei<br />
consuntivi, forse della scelta; ossia il momento di porre in discussione<br />
l’intera validità di una produzione pluriennale, perseguita<br />
con ammirevole serietà, punteggiata di successi e di<br />
soddisfazioni”. “L’artista ha raggiunto, nella vita, la stagione<br />
della piena estate. E’ naturale ed umano, è necessario che<br />
egli abbia considerato dentro di sé il cammino percorso … E<br />
questo è stato un approdo sicuro”.<br />
Il bilancio di questo periodo di fatiche e di studio, il consuntivo<br />
di ricerca e di approfondimento tematico, formale ed<br />
inventivo, è stato positivo.<br />
Non saremo noi a voler scoprire, oggi, le qualità di pittore<br />
di Tavella: che sono sempre state la serietà dell’impianto costruttivo<br />
del quadro, secondo una lezione non immemore<br />
di Cézanne; l’intelligente novità della figurazione, pur nel rispetto<br />
di una atmosfera sottilmente romantica che rivela agli<br />
attenti le segrete inclinazioni dell’anima; il colore scrupolosamente<br />
costruito sulla tavolozza, come accade a chi deve<br />
ricavare i toni dallo studio, piuttosto che dalla fantasia.<br />
Ebbene, tutte queste doti ci paiono oggi consolidate e raf-<br />
136<br />
forzate. Ci sembra anzi che altre se ne siano aggiunte come<br />
– per esempio – l’allargamento degli interessi prettamente<br />
pittorici (tocco, impasti, gradazioni cromatiche, tono, taglio<br />
dell’immagine) e il successo conseguito nel rendere sicura la<br />
propria “sigla creativa”, cioè quel dono di personalizzare la<br />
creazione fino a farla distinguere d’acchito e con certezza”.<br />
I giudizi della critica testimoniano della vitalità di questo pittore<br />
e delle sue doti e della sua anima. Il Verzellesi nel giornale<br />
“L’Arena” in occasione di una personale alla Galleria<br />
Novelli, nel 1971, così riportava tra l’altro: “alle clamorose<br />
soluzioni di continuità che ricorrono negli itinerari dei professionisti<br />
dell’avanguardia più svagata, Tavella ha seguitato a<br />
contrapporre un rifiuto fermo, non meno risoluto e pungente<br />
della sua ironia per i conservatori troppo accidiosi, capaci di<br />
continuare a ripetersi scambiando la coerenza dello stile, che<br />
implica continue varianti con una sorta di canonicato, fatto di<br />
abitudinarie esercitazioni sempre più macchinali”.<br />
Per quanto riguarda forma e stile, è interessante rileggere<br />
un altro giudizio scritto nell’opuscolo di presentazione di<br />
una recentissima mostra curata dall’Associazione Artestudio<br />
e dedicata al Tavella nel periodo denominato “dell’approdo”<br />
sopra accennato: “fatto è che nei quadri di Tavella non<br />
solo le forme si situano sui piani limite che invariabilmente<br />
definiscono e chiudono lo sfondo, ma anche le suggestioni<br />
di uno spazio aperto, pur rese con istintiva immediatezza, si<br />
risolvono in una pittura di paesaggio che nulla perde della<br />
consueta solidità di impianto. Al punto che perfino il piano<br />
dell’orizzonte o addirittura la porzione del cielo non diventano<br />
varco allo spazio e dalla luce, ma si propongono, senza<br />
deroga, come altrettanti ed essenziali elementi dell’incastro<br />
compositivo. Pittura densa e materica quindi e composizioni<br />
serrate: anche quando la pennellata porta con sé impasti<br />
cromatici di più pregnante sensorialità. Una pittura dove la<br />
luce non viene realisticamente affidata ad un preciso punto<br />
d’incidenza, ma ‘nasce dallo stesso impasto pittorico, in<br />
un’analisi segreta degli oggetti’ (Brindisi), finendo poi con il<br />
collocarli in una sorta di sospensione senza tempo, talora venata<br />
di malinconia.”<br />
Per Aldo Tavella pittore il viaggio continua ancora fervido e<br />
vitale, nella fedeltà ad una vocazione, nella ricerca e nella serenità,<br />
diventando sempre più eloquente.<br />
Negli ultimi venti anni l’artista veneto ha continuato a proporre<br />
ed esporre i suoi dipinti. Sue mostre sono state realizzate<br />
a Verona, Milano, Roma e nelle più importanti capitali<br />
europee.<br />
Nel 1992 il Comune di Verona ha voluto tributare un omaggio<br />
a questo suo grande figlio ospitandolo nel Palazzo della<br />
Gran Guardia con un’antologica che ha riscosso un notevole<br />
successo di pubblico e di critica.<br />
(Ugo Ronfani, Note biografiche, in Tra estetica e magia. Aldo<br />
Tavella, Verona 1996, pp. 11-13).<br />
La stessa celebrazione gli è stata tributata nel 2004.
ESPOSIZIONI<br />
1946<br />
Verona, Casa di Giulietta<br />
1949<br />
Ravenna, Quinta Esposizione Nazionale<br />
Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />
Venezia, Premio di pittura Giacomo Favretto, Opera<br />
Bevilacqua La Masa<br />
Soave (VR), Comune<br />
Verona, 49a Esposizione Nazionale d’Arte<br />
Milano, Mostra d’Arte Sacra Angelicum<br />
1950<br />
Suzzara (MN), Premio Suzzara<br />
Cremona, Mostra d’arte sacra contemporanea, Palazzo<br />
dell’Arte<br />
Venezia, XXV Biennale d’arte<br />
Verona, Accademia Cignarli<br />
Verona, Galleria del Cappello<br />
Badia Polesine (RO), Arte triveneta contemporanea,<br />
Abbazia della Vangadizza<br />
Gallarate (VA), Premio Nazionale di pittura città di<br />
Gallarate<br />
Francavilla al Mare (CH), Premio di pittura Francesco<br />
Michetti<br />
1951<br />
Verona, 50a Mostra Biennale Nazionale d‘arte, Palazzo<br />
della Gran Guardia<br />
Venezia, Mostra del Premio Burano<br />
Roma, Premio Roma per la pittura<br />
Verona, Galleria d’Arte di Via Oberdan<br />
Roma, Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte, Palazzo delle<br />
Esposizioni.<br />
Torino, Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte<br />
Monza, Mostra Nazionale di pittura premio “Città di<br />
Monza”, Villa Reale<br />
Genova, 1a Biennale Internazionale d’arte marinara,<br />
Palazzo dell’Accademia<br />
137<br />
Clusone (BG), Premio di Pittura<br />
Messina, 1a Mostra Nazionale di pittura “Città di<br />
Messina”, Padiglione “Fiore”<br />
1952<br />
Verona, Galleria Cappello<br />
Badia Polesine (RO), Abbazia di Vangadizza<br />
Verona, San Nicolò<br />
Roma, VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma,<br />
1953<br />
Manerbio, Premio Marzotto. Prima Mostra Nazionale di<br />
Pittura Contemporanea Premio Manerbio.<br />
Monza, 2a Mostra Nazionale di Pittura “Premio Città di<br />
Monza”, Villa Reale<br />
Roma, Mostra delle Arti figurative, Esposizione<br />
dell’Agricoltura<br />
Francavilla al Mare (CH), VII Premio Nazionale di pittura<br />
“F.P.Michetti”<br />
Verona, Galleria Cappello<br />
Verona, 51a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
Burano, Mostra Premio Burano<br />
Brescia, Premio Brescia, Palazzo della Loggia. Nel 1953<br />
Padova, 10 Biennale d’arte triveneta, Palazzo della<br />
Ragione<br />
Messina, Prima Mostra internazionale di pittura “Città di<br />
Messina”<br />
1955<br />
Padova, 11a Mostra Biennale d’Arte Triveneta, Sala della<br />
Ragione<br />
Milano, Seconda Mostra Biennale Italiana di Arte Sacra per<br />
la casa, Angelicum dei Frati Minori<br />
Verona, 52a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
1956<br />
Verona, Galleria della Scala<br />
Verona, Cinquantaduesima Biennale Nazionale d’Arte,<br />
Palazzo della Gran Guardia
1957<br />
Verona, Mostra del Centenario. 53° Biennale Nazionale,<br />
Palazzo della Gran Guardia<br />
Orzinuovi (BS), 3° Premio di Pittura “Orzinuovi” di pittura.<br />
1958<br />
Orzinuovi (BS), 4° premio “Orzinuovi” di pittura.<br />
1959<br />
Verona, 54a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
Milano, Baguttino<br />
1961<br />
Verona, 55a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
1963<br />
Cremona, Mostra d’ Arte Sacra, Palazzo dell’Arte<br />
Verona, 56a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
Padova, XV Biennale d’Arte Triveneta, Sala della Ragione<br />
1965<br />
Padova, XVI Biennale d’Arte Triveneta, sala della Ragione<br />
Verona, 57a Biennale Nazionale d’arte, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
1967<br />
Padova, XVII Biennale d’Arte Triveneta, Sala della Ragione<br />
Verona, 58a Biennale Nazionale d’Arte, Palazzo della Gran<br />
Guardia<br />
1970<br />
Peschiera (VR), Collettiva di Peschiera<br />
1971<br />
Verona, Galleria Novelli<br />
1975<br />
Verona, Galleria Novelli<br />
Villafranca (VR), Concorso Mostra Nazionale di Pittura<br />
1977<br />
Piazzola del Brenta (PD), Triveneta delle arti<br />
1979<br />
Pescantina (VR), 8° Concorso Nazionale di Pittura<br />
1980<br />
Pescantina (VR), 9° Concorso Nazionale di Pittura<br />
138<br />
1981<br />
Thiene (VI), XVII Edizione Premio Nazionale di Pittura Città<br />
di Thiene<br />
Verona, Galleria del Cappello<br />
Pescantina (VR), 10° Concorso Nazionale di Pittura<br />
1982<br />
Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />
Pescantina (VR), Decennale di Pittura 1972-1982<br />
1984<br />
Pescantina (VR), 12° Concorso Nazionale di Pittura<br />
1990<br />
Sona (VR), Pittura a Verona 1950-1975<br />
1991<br />
Verona, Galleria Arte Studio<br />
1991<br />
Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />
1992<br />
Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />
1996<br />
Rubiera (RE), Biblioteca Comunale<br />
1998<br />
Verona, Accademia Officina d’Arte<br />
1999<br />
Verona, A-Tavella. Incontri con la natura. Schizzi, Verona<br />
1999<br />
2004<br />
Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />
2006<br />
Venezia, Galleria Santo Stefano<br />
Verona, Fondazione Aldo Tavella<br />
2007<br />
Verona, Fondazione Aldo Tavella<br />
Padova, Arte Fiera<br />
2009<br />
Verona, Loggia Barbaro Torre del Capitano
BIBLIOGRAFIA<br />
1945<br />
Marcello Venturoli, Pittori e scultori a congresso, in “Il<br />
rinnovamento d’Italia”, (10 Nov. 1945).<br />
1946<br />
Bev., Pittori e scultori alla Casa medievale, in “L’Arena”, (22<br />
Dic. 1946).<br />
1947<br />
La Chiesa di Marano, in “L’Arena”, (23 Sett. 1947).<br />
1949<br />
Garibaldo Marussi, Le mostre d’arte all’Angelicum di Milano.<br />
Arte Sacra alla prova, in “La Fiera Letteraria”, (22 Mag.<br />
1949).<br />
Artisti veronesi, in “L’Arena”, (4 Nov. 1949).<br />
Silvio Bertoldi, Lusinghieri i risultati della 49° Mostra d’arte, in<br />
“L’Arena”, (24 lugl. 1949).<br />
Dodici artisti veronesi all’Esposizione di Ravenna, in “L’Arena”,<br />
(24 Lugl. 1949).<br />
I vincitori del Concorso dell’Ente per il Turismo, in “Il<br />
Gazzettino”, (24 Lugl. 1949).<br />
La Mostra Nazionale d’arte inaugurata ieri alla Gran Guardia,<br />
in “Il Gazzettino”, (27 Giu. 1949).<br />
Ancora oggi per visitare la Mostra alla Gran Guardia, in “Il<br />
Gazzettino”, (24 Lugl. 1949).<br />
Renzo Biasion, Valore e significato della Mostra di Soave, in<br />
“Il Gazzettino”, (30 Sett. 1949).<br />
La mostra della Società di Belle Arti inaugurata al Palazzo<br />
della Gran Guardia, in “Il Nuovo Adige”, (27 Giu. 1949).<br />
Ancora oggi per visitare la Mostra alla Gran Guardia.<br />
Consuntivo dell’avvenimento artistico, in “Il Gazzettino”, (24<br />
Lugl. 1949).<br />
F.C., La 49a Esposizione Nazionale d’Arte, in “Il Gazzettino di<br />
Verona”, (22 Lugl. 1949).<br />
Premio di pittura “Giacomo Favretto”, Venezia 1949, p. 37.<br />
1950<br />
Mostra d’arte sacra. Elenco delle opere esposte, Cremona<br />
1950, p.19.<br />
Arte Triveneta contemporanea. Catalogo delle opere esposte,<br />
Badia Polesine 1950, p. 10.<br />
Premio Nazionale di pittura città di Gallarate, Varese 1950,<br />
n. 243.<br />
Veronesi alla Biennale, in “L’Arena”, (8 Ago. 1950).<br />
139<br />
XXV Biennale di Venezia. Catalogo, Venezia 1950, p. 149<br />
Silvio Bertoldi, Quatto pittori alla Galleria al Cappello, in<br />
“L’Arena”, (12 Ago. 1950).<br />
Nuova affermazione del pittore Tavella, in “L’Arena”, (12 Ago.<br />
1950).<br />
Gli artisti prescelti per la XXV Biennale, in “Il Gazzettino”, (25<br />
Apr. 1950).<br />
1951<br />
Mostra Nazionale di pittura premio “Città di Monza”, Monza<br />
1951, p. 53.<br />
Premio Roma 1951 per la pittura, Roma 1951, p. 19, n. 119.<br />
1a Biennale Internazionale d’Arte Marinara, Genova 1951, p.<br />
34.<br />
Cinquantesima Mostra Biennale Nazionale d’Arte, Verona<br />
1951, p. 23.<br />
1a Mostra Nazionale di pittura “Città di Messina”, Messina<br />
1951, nn.231-232.<br />
Mostra del Premio Burano 1951, Burano 1951, n. 28.<br />
Artisti veronesi alla mostra di Burano, in “L’Arena”, (28 Ago.<br />
1951).<br />
Silvio Bertoldi, Nella Trattoria di Romano l’autentica pittura<br />
buranella, in “L’Arena”, (15 Sett. 1951).<br />
Renzo Biasion, Sei pittori con sei opere alla Bottega di Via<br />
Oberdan, in “Il Gazzettino”, (17 Mar. 1951).<br />
Gian Luigi Verzellesi, Cinquantesima Nazionale d’Arte:<br />
Montini Celada Tavella, in “Corriere del Mattino”, (9 Giu.<br />
1951).<br />
1952<br />
4a Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Roma 1952, p. 3,<br />
nn. 8-10.<br />
Gian Luigi Verzellesi, Aldo Tavella pittore, in “Corriere di<br />
Verona”, (1 Nov. 1952).<br />
Silvio Bertoldi, L’unitario rigore della mostra sindacale, in<br />
“L’Arena”, (5 Dic. 1952).<br />
Aeffe, Espone Aldo Tavella alla Galleria Cappello, in “Il<br />
Gazzettino”, (30 Ott. 1952).<br />
Aeffe, Passiamo in Rassegna la Mostra degli artisti a San<br />
Nicolò. Opere di cinque pittori oggi alla ribalta. Sono quadri<br />
di Pigato, Nardi, Bagattini, Tavella e Zoppi, in “Il Gazzettino”,<br />
(6 Dic. 1952).
Silvio Bertoldi, Mostre D’arte. Aldo Tavella, in “L’Arena”, (28<br />
Ott. 1952).<br />
I premi della Biennale che si inaugura oggi, in “L’Arena”, (1<br />
Nov. 1952).<br />
Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma, novembre<br />
1951-aprile 1952, Roma 1952.<br />
Carlo Segala, Pittori cittadini: Aldo Tavella, in “Il Gardello”,<br />
(19 Dic. 1952).<br />
Mostre d’arte. Espone Aldo Tavella alla Galleria Cappello, in<br />
“Il Gazzettino”, (30 Ott. 1952).<br />
Aeffe, La seconda rassegna d’Arte Triveneta. Un concittadino<br />
tra i premiati alla Mostra di Badia Polesine, in “Il Gazzettino”,<br />
(22 Ago. 1952).<br />
Aeffe, Opere di cinque pittori oggi alla ribalta, in “Il<br />
Gazzettino”, (6 Dic. 1952).<br />
Piero Franceschetti, La 2° Mostra d’Arte Triveneta a Badia<br />
Polesine, in “L’Avvenire letterario”, (4-5 Sett. 1952).<br />
1953<br />
Aeffe, Aldo Tavella alla Galleria del Cappello, in “Il Gazzettino”,<br />
(27 Gen. 1953).<br />
2° Mostra Nazionale di pittura “Premio Città di Monza”,<br />
Mostra postuma del pittore Eugenio Spreafico, Monza 1953,<br />
p. 59, n. 40.<br />
Società Belle Arti, 51° Biennale Nazionale Società Belle Arti.<br />
Palazzo della Gran Guardia, Verona 1953, p. 32, nn. 29, 30,<br />
31.<br />
Mostra Premio Burano 1953, Burano 1953, p. 44, n. 15.<br />
Mostra delle Arti figurative. Catalogo generale. Esposizione<br />
dell’Agricoltura, Roma 1953, p. 70, n. 439.<br />
VII Premio Naz. Di Pittura “F.P. Michetti”, Francavilla al Mare<br />
1953, p. 46.<br />
Premio Brescia 1953, Brescia 1953, p. 11, nn. 39, 40.<br />
10 Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1953, p. 49, nn. 1, 2, 3,<br />
4, 5<br />
Prima mostra internazionale di pittura “Città di Messina”,<br />
Messina 1953, p. 31, n. 130.<br />
1955<br />
Biennale d’Arte Triveneta. 11° Mostra, Padova 1955, p. 64, nn.<br />
1, 2, 3.<br />
Seconda Mostra Biennale Italiana di Arte Sacra per la casa,<br />
Milano 1955, p. 27.<br />
140<br />
1956<br />
Società Belle Arti di Verona, Cinquantaduesima Biennale<br />
Nazionale d’Arte, Verona 1956, p. 23, nn. 5, 6.<br />
Carlo Segala, “Personale” di Aldo Tavella alla “Galleria della<br />
Scala”, in “L’Arena”, (17 Febbr. 1956).<br />
1957<br />
La mostra del Centenario allestita alla Gran Guardia, in “Il<br />
Gazzettino”, (8 Giu. 1957).<br />
Società Belle Arti di Verona, Mostra del Centenario. 53°<br />
Biennale Nazionale, Verona 1957, p. 32, nn. 14-15.<br />
Assegnati i premi alla Mostra del Centenario, “L’Arena”,<br />
1957.<br />
1959<br />
Società Belle Arti di Verona, 54a Biennale Nazionale, Verona<br />
1959, p. 28, nn. 25, 26.<br />
Assegnati i premi della 54a Biennale, in “L’Arena”, (24 magg.<br />
1959)<br />
Quattro pittori veronesi, in “Corriere Lombardo”, (1959).<br />
Quattro pittori veronesi, in “L’Italia”, (1959).<br />
1961<br />
Società Belle Arti, 55a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />
della Gran Guardia, Verona 1961, p. 33, nn. 34, 35.<br />
Tavella Aldo, in Annuario degli artisti 1961, Roma 1961, p.<br />
133.<br />
1963<br />
Società Belle Arti, 56a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />
della Gran Guardia, Verona 1963, p. 28, nn. 55, 56.<br />
IIIa Internazionale d’Arte Cremona 1963, Cremona 1963.<br />
XV Biennale d’Arte Triveneta. Padova Sala della Ragione,<br />
Padova 1963, p. 39, n. 226.<br />
1964<br />
Sabato s’inaugura la chiesa di Fosse, in “L’Arena”, (12 Gen.<br />
1964).<br />
1965<br />
Società delle Belle Arti, 57a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />
della Gran Guardia, Verona 1965, p. 32, nn. 32, 33.<br />
Vivo interesse per la Biennale, in “L’Arena”, (13 Mag. 1965).<br />
Società delle Belle Arti, 58a Biennale Nazionale d’arte di<br />
Verona, Verona 1965, p. 25.<br />
XVI Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1965, p. 43, n. 203.
1967<br />
XVII Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1967.<br />
1969<br />
Aldo Tavella, in Pittura e scultura dell’Italia contemporanea,<br />
III, Roma-Milano 1969, p. 169.<br />
Aldo Tavella, in Pittura e scultura dell’Italia contemporanea,<br />
VI, Roma-Milano 1969, p. 205.<br />
1975<br />
A-Tavella, Catalogo della Mostra, Verona 1975.<br />
Pittura a Verona 1950-1975, a cura di Alessandro Mozzambani<br />
e Galleria Cinquetti, Verona 1975, pp. 54-55.<br />
Licisco Magagnato, Introduzione, in A-Tavella, Verona 1975.<br />
Carlo Segala, Tavella alla “Novelli”, in “Il Gazzettino del<br />
lunedì”, (2 Giu. 1975).<br />
Nereo Tedeschi, Aldo Tavella, in “La Vernice”, A. XXV, nn. 5-6<br />
(1975), pp. 191-192.<br />
1980<br />
Antonio Antolini, 10° Concorso Nazionale di Pittura, in<br />
“L’Arena”, (1980).<br />
1981<br />
Silvio Bertoldi, Mostre d’arte. Aldo Tavella, in “L’Arena”, (2<br />
Giu. 1981).<br />
Salvatore Maugeri, Premio di pittura “Città di Thiene”<br />
dominato dalla ricerca della figura, in “Il Giornale di Vicenza”,<br />
(2 luglio 1981).<br />
Salvatore Maugeri, Aldo Tavella, uomo e pittore, in “Il<br />
Giornale di Vicenza”, (2 Lugl. 1981).<br />
Città di Thiene, XVII Premio Nazionale di Pittura “Città di<br />
Thiene”, Thiene 1981.<br />
1982<br />
Una rassegna dedicata agli artisti veronesi, in “L’Arena”, (1<br />
Mag. 1982).<br />
La rassegna Arte Verona ’82, in “L’Avvenire”, (1 Mag. 1982).<br />
La Cignaroli tra le polemiche, in “Il Gazzettino”, (1 marzo<br />
1982).<br />
Un ripasso su 80 anni d’arte di casa nostra, in “Il nuovo<br />
veronese”, (1 Mag. 1982).<br />
Panoramica della “mostra”. Arte dall’inizio del secolo ad<br />
oggi, in “L’Arena”, (8 mag. 1982).<br />
Ottanta anni di arte veronese alla Gran Guardia, in “Il<br />
Gazzettino”, (10 Lug. 1982).<br />
141<br />
La mostra “Arte Verona ‘82”, in “Il mattino di Verona”, (10<br />
Mag. 1982).<br />
Alessandro Mozzambani, Stili e poetiche di casa nostra. Pittura,<br />
scultura, grafica, in “Il Mattino di Verona”, (14 Mag. 1982).<br />
1984<br />
Giunto il decreto di legalizzazione per la “Cignaroli, in<br />
“L’Arena”, (2 Lugl. 1984).<br />
1985<br />
Ha dato tanto alla “Cignaroli” Ricordiamolo!, in “L’Arena”,<br />
(11 Ott. 1985).<br />
1988<br />
Ecco i divi di oggi con la faccia di ieri, in “Il nuovo veronese”,<br />
(10 Lugl. 1988).<br />
Antologica di Aldo Tavella all’Officina dell’Arte, in “Il<br />
veronese”, (30 Gen. 1988).<br />
La pagina degli artisti. Appuntamenti, in “Veronacultura”, (30<br />
Gen. 1988).<br />
1991<br />
Gallerie, in “L’Arena”, (28 Ott. 1991).<br />
Giorgio Trevisan, La materia imprigionata, in “L’Arena”, (4<br />
Ott. 1991).<br />
Ar Sa, Aldo Tavella gli anni della ricerca e dell’approdo, in<br />
“Archivio” (19 Ott. 1991).<br />
Aldo Tavella, Gli anni della ricerca e dell’approdo, a cura<br />
di Maddalena Brognara, Annamaria Conforti, Chiara Turco,<br />
Verona 1991.<br />
Mostre. Il 4 gennaio alla Gran Guardia. Il fascino dell’affresco<br />
e la moderna ricerca. Sessant’anni d’arte ritratti in 150 opere,<br />
in “Il Nuovo veronese”, (28 Dic. 1991)<br />
Mariateresa Ferrari, Aldo Tavella, sessant’anni di pittura fuori<br />
delle mode, in “L’Arena”, (26 Febbr. 1991).<br />
Un abbraccio al maestro, in “Verona Magazine”, (17 Genn. 1992).<br />
Il 4 gennaio alla Gran Guardia. Il fascino dell’affresco e la<br />
moderna ricerca. Sessant’anni d’arte trascritti in 150 opere, in<br />
“il Nuovo Veronese”, (28 Gen. 1991).<br />
1992<br />
Vera Meneguzzo, Viaggio nel mondo di Tavella, “L’Arena”, (4<br />
Gen. 1992).<br />
Vera Meneguzzo, La sintesi pittorica di Tavella, in “Verona<br />
sette”, (29 Mar. 1992).<br />
Antologica del pittore Aldo Tavella, in “Verona sette”, (17<br />
Gen. 1992).
Dal 4 gennaio alla Gran Guardia. Mostra di Tavella, in<br />
“L’Arena”, (2 Gen. 1992).<br />
Antologica del pittore Aldo Tavella, catalogo a cura di Tarcisio<br />
Marchesini, Verona 1992.<br />
Franca Barbuggiani, Uomini e cose nella pittura di Aldo<br />
Tavella, in “Verona Fedele”, (2 Febbr. 1992).<br />
Paola Azzolini, Tavella, insegno ai giovani ma per imparare, in<br />
“L’Arena”, (13 Gen. 1992).<br />
Un abbraccio al Maestro, in “Verona Magazine”, (17 Gen.<br />
1992).<br />
Licisco Magagnato, Antologia di vita di Aldo Tavella pittore<br />
d’armonie, in “L’Arena”, (5 Gen. 1992).<br />
A. P., Esiste un caso Tavella, (1992).<br />
M. C., Volti paesaggi corpi: il presagio della realtà, (1992).<br />
D. M., Storia di una vita di una storia, (1992).<br />
Vera Meneguzzo, Antologica pittorica alla Gran Guardia.<br />
Il maestro Aldo Tavella e i suoi oltre sessant’anni di tele,<br />
pennelli e colori veronesi, in “L’Araldo”, A. VII-VIII, n. 1 (1991-<br />
1992), p. 21.<br />
Vera Meneguzzo, Il meglio di Tavella, in “Veronasette”, (31<br />
Genn. 1992).<br />
Carlo Rigoni, La pittura di Tavella racconto di emozioni, in<br />
“Verona fedele”, (26 Genn. 1992).<br />
Mostra di Tavella, in “L’Arena”, (2 Genn. 1992).<br />
Gran Guardia. Si inaugura la mostra di Tavella, in “L’Arena”,<br />
(4 Genn. 1992).<br />
Jean Piovert, Fiori di luce e di fuoco, in “L’Unità”, (1992).<br />
Vera Meneguzzo, Antologia pittorica alla Gran Guardia, in<br />
“L’Araldo”, (1992).<br />
Mostra antologica di Aldo Tavella, in “Il Nuovo Veronese”,<br />
(16 Genn. 1992).<br />
1994<br />
Aldo Tavella, uomo e pittore, in “L’Arena”, (18 Nov. 1994).<br />
1996<br />
Ugo Ronfani, Aldo Tavella. Probità e meriti di una vita d’artista,<br />
in Tra estetica e magia. Aldo Tavella, a cura di U. Ronfani,<br />
Verona 1996, pp. 3-9.<br />
Maurizio Pedrini, L’Arte sacra di Aldo Tavella, “Kyos”, (Nov.<br />
1996).<br />
142<br />
Note sulla pittura di Aldo Tavella, Verona 1996.<br />
G.T., Tavella, decano dei pittori veronesi si mette i mostra a<br />
Reggio Emilia, in “L’Arena”, (9 Febbr. 1996).<br />
Jean Piot, Aldo Tavella “Tra mito e realtà”, in “Archivio”, (27<br />
Gen. 1996).<br />
1998<br />
Silvio Gonzato, Tavella, un giovane di novant’anni, in<br />
“L’Arena”, (19 Ott. 1998) .<br />
Personale di Tavella, in “Verone 045”, (2 Febbr. 1998).<br />
Francesco Bletzo, Morandi astratto Tavella classico, in “045<br />
Verona”, A. II, n. 8 (28 Febbr. 1998), p. 15.<br />
Carlo Caporal, I colori della vita fissati da Tavella, in “Verona<br />
Fedele”, (14 Febbr. 1998).<br />
Antologica di Aldo Tavella all’Officina dell’Arte, in “Il Nuovo<br />
Veronese”, (30 Gen. 1998).<br />
Ugo Ronfani, Aldo Tavella. Mostra Antologica, in “Archivio”,<br />
A. X, n. 2 (28 Febbr. 1998), p. 15.<br />
Vera Meneguzzo, Tavella il poliedrico, in “L’Arena”, (9 Febbr.<br />
1998).<br />
L’opera di Tavella all’Officina d’Arte, in “L’Arena”, (2 febbr.<br />
1998).<br />
Vera Meneguzzo, La sintesi pittorica di Tavella, in “L’Arena”,<br />
(2 Febbr. 1998).<br />
Veronacultura, La Cronaca, 30 Gen. 1998<br />
I colori della vita, percorsi artistici di Aldo Tavella, Verona<br />
1998.<br />
1999<br />
Felice Pin, Aldo Tavella la sua vita per l’arte è giunta a 90 anni,<br />
in “L’Arena”, (17 Apr. 1999).<br />
2002<br />
Tavella protagonista all’Arte Fiera, in “L’Arena”, (1 Nov.<br />
2002).<br />
2003<br />
L’Accademia Cignaroli diventa Politecnico delle Arti, in<br />
“Verona Manager” ,A. XV, n. 77 (Mar-Apr. 2003).<br />
2004<br />
Gianfranco Riolfi, Chiesa decorata grazie alle bombe. Un<br />
pittore sfollato in paese per salvare i figli dipinse tutti gli<br />
interni, in “L’Arena”, (13 Ott. 2004).<br />
Maurizio Pedrini, Si è spento il pittore Aldo Tavella, in<br />
“L’Arena”, (28 Nov. 2004).
Maurizio Pedrini, Tavella sulle ali della memoria, in “L’Arena”,<br />
(8 Apr. 2004).<br />
Maurizio Pedrini, Mostra del pittore Aldo Tavella al Palazzo<br />
della Gran Guardia, Comunicato stampa (4 Apr. 2004).<br />
I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo Tavella,<br />
Verona 2004.<br />
2005<br />
Maurizio Pedrini, Fondazione Tavella. Valorizzerà i giovani<br />
artisti con un premio, in “L’Arena”, (28 Nov. 2005).<br />
2006<br />
Maurizio Pedrini, L’arte sacra di Aldo Tavella, in “Kyos”, n. 8<br />
(Nov. 2006), p. 20.<br />
Vera Meneguzzo, Tavella pittore del sacro, in “L’Arena”, (30<br />
Ott. 2006).<br />
Al. Ar., Tavella in video, in “La nuova di Venezia e Mestre”,<br />
(29 Giu. 2006).<br />
Maurizio Pedrini, Fondazione Tavella in attività, in “L’Arena”,<br />
(24 Ago. 2006).<br />
Santo Stefano, Video dedicato ad Aldo Tavella, in “Il<br />
Gazzettino”, (27 Giu. 2006).<br />
Vera Meneguzzo, Aldo Tavella (1909-2004), in Europa in Arte<br />
2006-2007, Vittorio Veneto 2006, pp. 304-307.<br />
Vera Meneguzzo, Tavella pittore del sacro, in “L’Arena”, (31<br />
Ott. 2006).<br />
Arte. Santo Stefano, personale di Aldo Tavella, in “Il<br />
Gazzettino”, (9 Giu. 2006).<br />
Omaggio ad Aldo Tavella, Venezia 2006.<br />
Rassegna arte sacra di Aldo Tavella, Verona Aldo Tavella<br />
2006.<br />
Laura Lorenzoni, Verona, in La pittura nel Veneto, Il Novecento,<br />
I, Milano 2006, pp. 312, 323.<br />
2007<br />
Aldo Tavella, in Arte Padova 2007. 18° Mostra Mercato d’Arte<br />
Moderna e Contemporanea, Padova 2007, pp. 370-371.<br />
Aldo Tavella, in Società Belle Arti di Verona. 150° Anniversario,<br />
Verona 2007, pp. 78-79.<br />
Arte Fiera di Padova: dedica al pittore veronese Aldo Tavella,<br />
in “L’Adige”, (6 Nov. 2007).<br />
Marta Bicego, Il grande artista veronese. Scuola di pittura<br />
Aldo Tavella, in “Verona Fedele”, (23 Sett. 2007).<br />
143<br />
I colori di Verona, un premio di pittura, in “L’Arena”, (12 Febb.<br />
2007).<br />
Tavella protagonista all’Arte Fiera, in “L’Arena”, (7 Nov.<br />
2007).<br />
2009<br />
Aldo Tavella, a cura di Gianni Lollis, Verona 2006<br />
I colori di Verona “visti” dai pittori non professionisti, in<br />
“L’Arena”, (17 Giu. 2009)<br />
Gianni Lollis, Impara l’arte, in E. Delmiglio, I Protagonisti,<br />
Verona 2009, pp. 32-35.<br />
D.O., I paesaggi di Tavella “Dipinti con la mente”, in “Corriere<br />
di Verona”, (13 Giu. 2009)<br />
Società Belle Arti, I quadri di Aldo Tavella. Mostra a sostegno<br />
dei giovani pittori, in “L’Arena”, (13 Giu. 2009).