Coeducazione - Giovanna Mathis
Coeducazione - Giovanna Mathis
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qpe<br />
I quaderni di Proposta Educativa<br />
numero::002004<br />
<strong>Coeducazione</strong>
2<br />
qpe002004::coeducazione<br />
presentazione<br />
qpe::uno strumento per crescere nel dialogo<br />
Gli oltre trentamila capi e<br />
assistenti ecclesiastici<br />
dell’associazione hanno<br />
voglia di confrontarsi,<br />
dibattere e approfondire?<br />
Pensiamo di sì. Infatti<br />
crediamo che molti capi<br />
desiderano crescere<br />
attraverso gli strumenti<br />
del dialogo, così da<br />
rendere più efficace il<br />
servizio educativo.<br />
Questa constatazione ci<br />
motiva a presentare un<br />
nuovo strumento<br />
editoriale che riteniamo<br />
possa aiutare la<br />
riflessione e la<br />
trasmissione di<br />
esperienze. Di fronte alle<br />
tante possibilità offerte a<br />
ciascuno nel quotidiano<br />
servizio, potrebbe<br />
sembrare inutile un altro<br />
strumento; noi invece<br />
stimiamo che vale la<br />
pena tentare. Abbiamo<br />
la sensazione che se<br />
l’associazione vuole<br />
affrontare con sempre<br />
maggiore attenzione la<br />
realtà e le<br />
problematiche<br />
pedagogiche,<br />
debba poter godere<br />
di strumenti agili<br />
per dare voce ai capi<br />
che possono<br />
esprimere un<br />
significativo<br />
contributo di<br />
idee.<br />
Quali sfide ci attendono<br />
in futuro? Riusciamo<br />
spesso a predisporre<br />
risposte educative<br />
adeguate attraverso il<br />
metodo. Ma lo<br />
scautismo ci abitua a<br />
scommettere sulla voglia<br />
di andare oltre il<br />
consueto; così siamo<br />
tutti abituati ad<br />
intraprendere strade e<br />
percorsi nuovi con<br />
creatività per verificare il<br />
cammino fatto,<br />
aprendoci a nuovi<br />
orizzonti. Non lo<br />
facciamo per il gusto del<br />
nuovo, bensì perché<br />
crediamo nella<br />
generosità del servizio e<br />
nel necessario<br />
discernimento che ogni<br />
capo attua nella sua<br />
realtà, attraverso la<br />
molteplicità degli<br />
strumenti educativi.<br />
Abbiamo perciò chiesto<br />
ad un gruppo di capi,<br />
che ringraziamo per la<br />
disponibilità messa in<br />
questa nuova avventura,<br />
non di pensare ad una<br />
nuova rivista del<br />
Comitato Centrale, una<br />
specie di “voce ufficiale”<br />
dell’associazione, bensì<br />
di inventare uno<br />
strumento<br />
complementare a<br />
“Proposta Educativa”,<br />
che abbia spazi<br />
maggiori per la<br />
trasmissione di idee e la<br />
“voce dei capi”.<br />
Nelle assemblee<br />
regionali abbiamo<br />
potuto raccogliere molti<br />
stimoli, tante ricchezze<br />
ed esperienze che<br />
spesso non trovano<br />
occasione per essere<br />
valorizzate e diffuse.<br />
Così allo stesso modo<br />
sono presenti domande<br />
e inquietudini che non<br />
possono essere<br />
dimenticate o trascurate;<br />
meritano invece di<br />
essere comunicate e<br />
perciò condivise: l’essere<br />
in associazione è bello<br />
anche per questo.<br />
Nel tempo ci piacerebbe<br />
che la rivista potesse<br />
diventare utile strumento<br />
non solo per noi capi e<br />
assistenti ecclesiastici<br />
dell’associazione, ma<br />
anche per altri che<br />
magari hanno vissuto<br />
l’esperienza scout<br />
oppure che sono<br />
interessati agli<br />
approfondimenti<br />
pedagogici. È<br />
un’ambizione eccessiva?<br />
Forse sì o forse no.<br />
Siamo fiduciosi che<br />
l’associazione non solo<br />
abbia molto da dire a<br />
qpe002004::coeducazione<br />
presentazione<br />
se stessa, ma possa<br />
anche offrire un<br />
contributo all’esterno;<br />
tante volte a tutti noi è<br />
capitato di costatare che<br />
gli altri ci guardano con<br />
simpatia e sono attenti<br />
alle nostre proposte.<br />
L’idea ci sembra buona,<br />
a tutti noi la<br />
responsabilità di<br />
costruirla.<br />
Maria Grazia Bellini, Lino Lacagnina, don Alfredo Luberto<br />
Presidenti del Comitato Centrale e Assistente Ecclesiastico Generale<br />
3
4<br />
qpe002004::coeducazione qpe002004::coeducazione<br />
<strong>Coeducazione</strong><br />
30 anni di vita insieme. Festeggiarli è un modo<br />
per tornare a ridirci le ragioni per cui ci siamo<br />
scelti. Per tornare a rinverdire le scommesse e<br />
le promesse fatteci. A riprendere più saldi<br />
il cammino, incoraggiati dalla<br />
convinzione che non abbiamo<br />
sbagliato percorso.<br />
Celebriamo questi 30 anni<br />
dell’Agesci dedicando il numero<br />
0 dei Quaderni di Proposta<br />
Educativa alla scelta di fondo<br />
che le ha permesso di nascere<br />
nel ’74: la coeducazione.<br />
Un tema che merita molta attenzione<br />
e sul quale abbiamo maturato<br />
esperienza e riflessione. In anteprima<br />
qui offriamo qualche approfondimento,<br />
per riconsiderare con uno<br />
sguardo più consapevole una scelta<br />
che ci appare ormai scontata.<br />
Sono contributi che forse ci coste-<br />
sommario 00/04<br />
caporedattrice: Rosa Calò<br />
redazione: Francesco Chiulli, Stefano Garzaro,<br />
Anna Perale, Andrea Quaresima<br />
progetto grafico e videoimpaginazione:<br />
<strong>Giovanna</strong> <strong>Mathis</strong><br />
ranno impegno e un pò fatica. Ma c’è qualche<br />
approfondimento che non costi tutto ciò?<br />
In primo piano è, dunque, il tema della coeducazione<br />
e la sua “percezione” in una “normale”<br />
comunità capi.<br />
Nel campo lungo lo sguardo si fa più<br />
ampio e complesso: è lo spazio<br />
dei fondamenti, della memoria<br />
storica, della parola dell’esperto.<br />
Il controcampo apre lo spazio al<br />
pensiero divergente.<br />
Le prospettive aprono a nuovi<br />
orizzonti.<br />
Il linguaggio dell’arte, poi, ci dà<br />
ottimi spunti di lavoro: è lo spazio<br />
degli strumenti. Spunti di riflessione<br />
e di vissuto. Per continuare a<br />
vivere e a ragionare con gli altri,<br />
in comunità capi e con i ragazzi.<br />
A tutti un buon lavoro.<br />
Rosa Calò<br />
hanno collaborato a questo numero:<br />
Manuela Benni, Marilina Laforgia, Stefano Pinna,<br />
Sandro Repaci, Marco Vacca. Si ringrazia Maria<br />
Cristina Bertini del Centro Documentazione<br />
contatti: www.quadernipe.it<br />
immagini: si ringrazia Vittorio Pranzini che ha messo<br />
a disposizione le immagini del suo volume<br />
“Scautismo in cartolina”, Claudio malerba per le foto<br />
dell’articolo di Anna Perale e i fotografi del Campo<br />
nazionale E/G 2003.<br />
primo piano<br />
Superwoman e Wonderman<br />
06 08 10 14 24 30<br />
editoriale<br />
Così uguali, così diversi<br />
forum<br />
campo lungo<br />
Ish e Ishshah<br />
fondamenti<br />
Raccontami una storia<br />
memoria storica<br />
finito di stampare: roma, aprile 2004<br />
tipografia: SO.GRA.RO Società<br />
Grafica Romana s.p.a., Via ignazio<br />
Pettinengo 39, 00159 Roma<br />
Uomini e donne: quale identità<br />
parola di esperto<br />
contro campo<br />
Oltre il bivio<br />
i dialoghi di QPE<br />
prospettiva<br />
aGeSci: parliamone<br />
Coeduc-artando<br />
musica<br />
pittura<br />
libri<br />
cinema<br />
34 38 40 42 44 46<br />
strumenti<br />
5
6<br />
qpe002004::coeducazione<br />
primo piano :: editoriale<br />
E se il popolo americano fosse<br />
chiamato a eleggere un presidente<br />
e una presidentessa? E se dal<br />
camino del conclave di piazza<br />
San Pietro sbucasse una doppia<br />
fumata bianca, per annunciare la<br />
chiamata contemporanea<br />
alla cattedra di Pietro di un papa<br />
e di una papessa?<br />
Superwoman e<br />
Wonderman<br />
di Stefano Garzaro<br />
I Sarebbe una manna per la voracità dei telegiornali,<br />
dei maurizi costanzi, dei quotidiani e<br />
periodici che ci regalerebbero cassette e dvd<br />
per testimoniare ai nipoti l’era di grandi cambiamenti<br />
in cui siamo vissuti. Botte da orbi,<br />
invece, tra chi vuol salvare la vera tradizione e<br />
tra chi è autorizzato a interpretare il progresso.<br />
Anche questo in tv.<br />
I Eppure da trent’anni esiste una grande associazione<br />
– l’Agesci – che dal tempo della sua<br />
fondazione elegge in parallelo una donna e un<br />
uomo ai vertici dei suoi organi direttivi. E continua<br />
a farlo.<br />
I Una prima spiegazione storica è che, essendosi<br />
unite due associazioni specializzate nell’educazione<br />
a carattere specificamente maschile<br />
o femminile, era conseguenza naturale che,<br />
almeno nella fase iniziale, si conservassero i<br />
geni di entrambe; così infatti avviene nella<br />
fusione di partiti o squadre di calcio (gli storici<br />
del pallone sanno che la Sampdoria, ad esempio,<br />
nacque dalla Sampierdarenese e<br />
dall’Andrea Doria, fondendo nome e maglietta).<br />
Ma perché mai l’Agesci persiste in questa<br />
fase di transizione?<br />
I Il fatto è che di transizione non si tratta.<br />
Quando l’Agesci nacque dalla schiuma dei mari<br />
tempestosi dell’Asci e dell’Agi, il tema della<br />
coeducazione suscitò forse il dibattito più<br />
accanito. È lecito – ci si chiedeva – dal punto<br />
di vista pedagogico mettere assieme ragazzi e<br />
ragazze, e farli crescere con i medesimi strumenti<br />
educativi? È giusto psicologicamente che<br />
i maschietti imparino a danzare e le bimbette<br />
a ferrare un mulo? E le tentazioni provocate<br />
dalle tempeste ormonali? E come predisporre<br />
un ambiente tranquillo perché<br />
possa formarsi il carattere e l’identità<br />
sessuale?<br />
I Ci si scannò con rispetto, passione,<br />
competenza e intelligenza. Le posizioni<br />
assolutamente intransigenti e stupide<br />
furono trascurabili. Ci fu una parte che, in nome<br />
dell’intelligenza, preferì non entrare nella nuova<br />
associazione, e che continua con competenza la<br />
propria ricerca seguendo altre strade.<br />
I Le porte furono lasciate aperte, la sperimentazione<br />
sempre stimolata, tant’è che le squadriglie<br />
miste in reparto costituirono un osservatorio<br />
che richiamò grande attenzione.<br />
Non tutte le tradizioni d’origine riuscirono a<br />
passare sotto l’arco trionfale della fondazione<br />
dell'Agesci; l’Agi fu quella che perse qualcosa<br />
in più – c’è ancora chi pensa che il metodo del<br />
reparto sia troppo maschile, se non militaresco<br />
– ma la partita non è mai stata chiusa e si<br />
continua a discutere su ciò che si può recuperare<br />
dagli scatoloni del trasloco che stanno<br />
ancora imballati in magazzino. Le carte costitutive<br />
dell’Agesci tutelano i diritti elettivi del<br />
sesso minoritario – non di quello più debole,<br />
qpe002004::coeducazione<br />
editoriale :: primo piano<br />
È lecito – ci si chiedeva – dal punto di vista pedagogico mettere<br />
assieme ragazzi e ragazze, e farli crescere con i medesimi strumenti<br />
educativi? È giusto psicologicamente che i maschietti imparino a<br />
danzare e le bimbette a ferrare un mulo? E le tentazioni provocate<br />
dalle tempeste ormonali? E come predisporre un ambiente tranquillo<br />
perché possa formarsi il carattere e l’identità sessuale?<br />
per cortesia! – che non è detto sia sempre<br />
quello femminile. La stampa associativa più<br />
attenta insiste nello scrivere bambini e bambine,<br />
ragazzi e ragazze, capi e capo (se nel lessico<br />
italiano non esiste un serio plurale femminile<br />
di “capo”, non è colpa delle redazioni).<br />
I Le strutture associative nel tempo vanno<br />
sempre riformate, perché questo è nella natura<br />
delle cose, ma sarà molto difficile che il<br />
“governo dei due” sia messo in seria discussione.<br />
Per educare le ragazze e i ragazzi occorrono<br />
cervelli e sensibilità differenti, e occorrono<br />
entrambi.<br />
I Il giorno che il consiglio generale eleggerà il<br />
Capo dell’Agesci, uno solo, maschio o femmina<br />
che sia, allora sì che la Cnn, la Nippon Hoso<br />
Kyokai e l’“Osservatore Romano” manderanno i<br />
loro inviati in piazza Pasquali Paoli per vedere<br />
che cosa sta accadendo.<br />
7
8<br />
qpe002004::coeducazione<br />
primo piano :: forum<br />
Parlando di coeducazione tra capi.<br />
Ricordare, discutere, sperare<br />
Così uguali,<br />
così diversi<br />
di Francesco Chiulli<br />
I È capitato così, quasi per caso, trovarsi una<br />
sera in Zona a parlare di coeducazione. «La<br />
coeducazione non è un problema» dice Arnaldo<br />
– giovane capo con qualche anno di comunità<br />
capi alle spalle – «abbiamo prevalentemente<br />
unità miste e anche negli staff ci sono (quasi)<br />
sempre un capo e una capo». «Ecco è proprio<br />
questo il problema» lo interrompe Adriano che<br />
di anni di comunità capi alle spalle ne ha più di<br />
25. «È il non vedere che esiste il problema in<br />
chiave educativa. Alla route delle comunità capi<br />
del ’97 mi stupì veder dato per scontato che la<br />
diarchia non fosse un “problema”. Spesso si è<br />
portati a pensare che se non c’è la capo donna<br />
non ci sia un vero problema, mentre il problema<br />
esiste, eccome. È il rapporto dei ragazzi con<br />
il capo del proprio sesso che ne risente, ed è<br />
proprio quello che va maggiormente curato».<br />
QPE :: Ma insomma, come li ricordate gli anni<br />
in cui l’Associazione si “tuffò” nella scelta coeducativa<br />
e come ci comportiamo oggi di fronte<br />
a questa scelta?<br />
Secondo Claudio – che ora fa il responsabile di<br />
zona – «la scelta coeducativa dell’epoca era fortemente<br />
radicata nel fenomeno sociale di allora<br />
(siamo negli anni ’70). Oggi forse si è persa<br />
l’attenzione a valorizzare le differenze e a ragionare<br />
in termini di come queste tocchino il<br />
nostro modo di fare educazione. Anche la diarchia,<br />
per tornare a quello che diceva Adriano,<br />
spesso è guardata semplicemente come l’essere<br />
in due, non come l’essere un uomo e una<br />
donna che fanno insieme una proposta educativa».<br />
E ancora Adriano aggiunge: «Allora se ne<br />
parlava molto, la coeducazione era vista in<br />
primo luogo come equilibrio della presenza di<br />
capi maschi e femmine, la seconda attenzione<br />
era poi quella relativa al che cosa fare insieme,<br />
che tipo di attività proporre; ad esempio non<br />
tutti i giochi erano buoni per maschi e per femmine.<br />
Si ragionava molto su questi argomenti.<br />
Dopo un po’ di anni non se ne parlava più perché<br />
si dava tutto per assodato…».<br />
QPE :: Dunque esistono delle differenze nel<br />
fare educazione con ragazzi e con ragazze?<br />
Per Antonella – capogruppo – «i problemi dell’educazione<br />
sembrano trasversali rispetto al<br />
genere sessuale. In fondo, sulle questioni<br />
importanti, non mi è mai capitato di trovare<br />
problemi profondamente diversi con i ragazzi e<br />
con le ragazze». Al contrario, secondo Emanuela<br />
che quest’anno fa il suo anno di tirocinio, «Ci<br />
accorgiamo che non è vero che facendo le cose<br />
insieme tutto sia uguale tra ragazzi e ragazze.<br />
Ci è capitato di recente di proporre al reparto<br />
un’attività per la sede; il risultato? Le ragazze a<br />
dipingere, i ragazzi col martello a pestare chiodi…».<br />
«Resiste ancora – sempre secondo<br />
Emanuela – lo stereotipo del maschile e del<br />
femminile: c’è in questo senso un’omologazione<br />
sia dal punto di vista scout sia dal punto di<br />
vista sociale». Per Adriano invece è un problema<br />
di quale idea di uomo e di donna abbiamo<br />
oggi. Modello “siamo in concorrenza”, modello<br />
“l’altro è intoccabile” ed è meglio che non mi<br />
avvicini ad esso (pensiamo ai rapporti tra<br />
ragazzi e ragazze). «La differenza si riconduce a<br />
un dato fisiologico ed estetico. Le diversità<br />
sociali permangono ma sono negate».<br />
QPE :: Qual’è la consapevolezza pedagogica che<br />
avevamo e che è venuta meno, quale il progetto<br />
educativo sui ragazzi e le ragazze insieme?<br />
«Spesso siamo lontani da questi problemi educativi<br />
perché soffocati da altre mille piccole<br />
cose del nostro servizio» dice Arnaldo. «Siamo<br />
maggiormente impegnati nell’organizzare attività<br />
che non nel pensare alla loro ricaduta in termini<br />
educativi». «Questo avviene», lo riprende<br />
Antonella «perché lo scautismo spesso è pensato<br />
e applicato come un metodo che funziona di<br />
per sé, ma non è più pensato come un veicolo<br />
di contenuti. È qui che va riscoperta la coeducazione<br />
come contenuto educativo alla base del<br />
nostro progetto. Noi capi oggi rischiamo di non<br />
essere “alternativi” a nessun modello sociale<br />
(come ci ricorda il Patto Associativo). Come si<br />
diceva prima si pensa in termini di pluralità (i<br />
capi, i ragazzi, le unità…) e non in termini di<br />
differenze (l’uomo e la donna, i ragazzi e le<br />
ragazze, il gruppo monosessuale o misto…)».<br />
Arnaldo, a questo punto, dice la sua in maniera<br />
un po’ provocatoria: «Non si tratta tanto di<br />
qpe002004::coeducazione<br />
forum :: primo piano<br />
stare semplicemente insieme, ma di provare a<br />
crescere con un progetto comune. L’educazione<br />
come la scoperta di sé attraverso l’incontro con<br />
il totalmente diverso (la persona dell’altro<br />
sesso). In fondo l’Associazione è partita proprio<br />
da questo, dalla necessità di affermare un progetto<br />
comune in cui crescere (la proposta unificata),<br />
valorizzando le differenze».<br />
QPE :: Cosa fare allora concretamente nella vita<br />
di unità? E cosa dovrebbe fare l’Associazione?<br />
«Secondo me – dice Emanuela – bisogna recuperare<br />
un modo di fare scautismo, la manualità,<br />
i giochi… le attività che pongano l’accento<br />
sulle differenze, per evidenziarle e per ragionarci<br />
sopra». Per Adriano «Si tratta di creare<br />
contesti che aiutino l’integrazione e che valorizzino<br />
la differenza del singolo». Dal punto di<br />
vista di Claudio «l’Associazione deve riprendere<br />
in mano e stimolare questa riflessione sui<br />
contenuti del fare. Alla formazione capi il compito<br />
di rilanciare lo stile di fare le cose, di<br />
essere capi, di riflettere sulla proposta educativa<br />
e sui suoi contenuti più forti. Per gli staff e<br />
le comunità capi si tratta invece di ripensare,<br />
ragionare sulla portata e sugli effetti delle attività<br />
che si vivono con i ragazzi: programmi,<br />
progetti che pensano la differenza<br />
maschile/femminile, l’attenzione a come ci proponiamo<br />
come staff, come capi e come capo».<br />
QPE :: Tutti concordano nel dire che c’è un<br />
percorso da riprendere, un progetto da ripensare.<br />
Questo richiede, a noi tutti (individualmente<br />
e come Associazione), lo sforzo di<br />
superare una certa cultura del “fare tanto per<br />
fare”, per riprendere l’abitudine alla riflessione<br />
sull’azione e sulla sua ricaduta in termini educativi.<br />
Si tratta infine di recuperare i valori<br />
educativi della coeducazione che stanno nel<br />
porre un’attenzione particolare a quell’aspetto<br />
della vita umana che è l’individuo come essere<br />
sessuato nel rapporto con l’altro sesso.<br />
9
10<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: fondamenti<br />
Non credo esistano testi di natura<br />
religiosa, letteraria o filosofica che<br />
eguaglino la profondità<br />
della Scrittura nel presentare<br />
il mistero e la ricchezza del<br />
rapporto tra uomo e donna<br />
e contemporaneamente la bellezza<br />
delle persone pensate nella loro<br />
identità e nel rapporto<br />
di reciprocità.<br />
Ish e Ishshah<br />
di Stefano Pinna<br />
I Non siamo certo in presenza di saggi che<br />
trattano in maniera sistematica del tema in<br />
questione.<br />
I Attraverso racconti, poemi, preghiere, oracoli,<br />
canti, lettere (generi letterari tutti che esprimono<br />
le diverse modalità dell’esistenza degli individui),<br />
viene rivelato il mistero dell’uomo e, a<br />
un tempo, il mistero stesso di Dio. E, cosa ben<br />
più importante, questa rivelazione è ispirata:<br />
in essa soffia lo Spirito di Dio a sottolineare<br />
l’origine divina dei testi.<br />
I La Bibbia, si sa, è una storia di uomini e di<br />
donne, di famiglie, di comunità di persone che,<br />
guidate da una passione profonda per Dio e per<br />
la vita, cercano di vivere in maniera intensa e<br />
significativa il proprio tempo e la propria storia.<br />
I Non a caso il secondo degli antichi racconti<br />
di creazione (Gen 2,4b-3,25), con i quali si<br />
apre l’Antico Testamento, rappresenta il tentativo<br />
di aiutare il credente (di allora, al tempo<br />
del re Davide e di oggi) a orientarsi nella vita<br />
quando di fronte alle grandi domande circa il<br />
senso della morte e della sofferenza, della<br />
gioia e del dolore, dell’amicizia e della fraternità,<br />
dell’amore e della famiglia, della storia e<br />
del lavoro sembra condannato a non capire.<br />
I In maniera semplice si racconta che, all’origine<br />
(«quando il Signore Dio fece la terra e il cielo»,<br />
Gen 2,4b), la terra era un grande deserto («nessun<br />
cespuglio campestre era sulla terra, nessuna<br />
erba campestre era spuntata, perché il Signore<br />
Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno<br />
lavorava il suolo e faceva salire dalla terra<br />
l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo»,<br />
Gen 2,5-6) e allora il Signore pensò all’uomo<br />
(«allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere<br />
del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di<br />
vita e l’uomo divenne un essere vivente», Gen<br />
2,7); quindi decise di piantare un giardino in<br />
Eden e di collocarvi in esso l’uomo («e vi collocò<br />
l’uomo che aveva plasmato», Gen 2,8).<br />
I In seguito predispose per l’adam un giardino<br />
facendo germogliare in esso «ogni sorta di<br />
alberi graditi alla vista e buoni da mangiare,<br />
tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino<br />
e l’albero della conoscenza del bene e del<br />
male» (Gen 2,9), garantendo l’acqua «per irrigare<br />
il giardino» (Gen 2,10), dopo avergli dato<br />
una funzione specifica: «perché lo coltivasse e<br />
lo custodisse» (Gen 2,15).<br />
I È chiara la prospettiva antropologica racchiusa<br />
in questa prima parte del racconto: l’adam<br />
è stato collocato da Dio nel giardino della storia,<br />
e non nel deserto del caos e del nonsenso,<br />
perché in esso eserciti la doppia azione<br />
della custodia e del lavoro a indicare sia la<br />
responsabilità che gli compete (una sorta di<br />
cittadinanza piena) quanto il distacco e il<br />
rispetto che deve a ciò che gli è stato donato.<br />
I Perché il giardino diventi un paradiso è necessario<br />
però che l’adam esca da una condizione<br />
di solitudine: «non è bene che l’uomo sia solo:<br />
gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» lett.<br />
«un aiuto-come-di-fronte-a-lui» (Gen 2,18) e<br />
incontra finalmente colei che è «carne dalla mia<br />
carne, osso dalle mie ossa» (Gen 2,23a).<br />
I In quel momento l’uomo, l’ish, incontra la<br />
donna, l’ishshah,(a voler sottolineare il principio<br />
della dialogicità coeducativa nella differenza<br />
e nella parità) e quando sono finalmente<br />
insieme possono esercitare l’azione di custodia,<br />
di lavoro del creato, di dialogo e di comunione<br />
con le creature e con il Creatore: il tutto<br />
(quello descritto dal cap. 3 della Genesi) caratterizzato<br />
dalla “differenza nell’ordine” (secondo<br />
la prospettiva sapienziale), dove nessuno<br />
pretende di prendere il posto dell’altro e dove<br />
ognuno può dare il meglio di sé quando si<br />
trova al posto stabilito dal Creatore. Che in<br />
questo antico racconto vi sia riassunta una<br />
preziosa sintesi della visione della vita e della<br />
storia che riecheggia continuamente in tutta la<br />
Scrittura non deve meravigliare. Lasciando<br />
infatti il racconto mitico del libro della Genesi ed<br />
qpe002004::coeducazione<br />
fondamenti :: campo lungo<br />
entrando nella dimensione storica, ritroviamo<br />
come protagonisti (anche se con modalità diverse)<br />
gli stessi personaggi che l’autore jahvista<br />
aveva inserito nella sua antica catechesi.<br />
I Nel racconto di liberazione narrato nel libro<br />
dell’Esodo (quando per l’appunto inizia l’avventura<br />
che avrebbe portato alla realizzazione del<br />
“giardino delle delizie” nella storia) tutto inizia<br />
quando «un uomo della famiglia di Levi andò a<br />
prendere in moglie una figlia di Levi. La donna<br />
11
12<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: fondamenti<br />
concepì a partorì un figlio; vide che era bello e<br />
lo tenne nascosto per molti mesi» (Es 2,1-2),<br />
per presentare così le origini di Mosè.<br />
I La vocazione di Mosè prende l’avvio dentro<br />
un’esperienza di famiglia di leviti, associati a<br />
un servizio di mediazione; il matrimonio con<br />
Zippora successivamente rafforza la consapevolezza<br />
della sua condizione di emigrato in<br />
terra straniera (cfr. Es 2, 22) e nella lontananza<br />
cresce il ricordo<br />
della fede dei suoi<br />
padri; con Aronne e la<br />
sorella Miriam guida la<br />
liberazione del suo<br />
popolo: insieme al suo<br />
popolo, con timpani e<br />
danze, cantano poi al<br />
Signore «perché ha<br />
mirabilmente trionfato:<br />
ha gettato in mare<br />
cavallo e cavaliere» (Es 15,21).<br />
Se è vero, come sostiene il biblista Carlos<br />
Mesters, che nel racconto di Genesi 2,4-25 «il<br />
Paradiso è – per così dire – il bozzetto del<br />
mondo: una tale pianta della costruzione del<br />
mondo Dio la consegnò all’uomo, suo impresario,<br />
affinché egli, con le proprie mani costruisse<br />
la sua felicità», è altrettanto vero che il dono<br />
della rivelazione di questo disegno comporta il<br />
coinvolgimento e la partecipazione di tutti: un<br />
gioco di squadra vissuto nella differenza, nel<br />
dialogo e nel rispetto dei ruoli di ciascuno.<br />
I Ma si sa che la storia non è un procedere predeterminato<br />
e automatico: in essa fallimenti e<br />
successi convivono naturalmente, e così il sogno<br />
della terra promessa, a lungo perseguito dai<br />
patriarchi e da quel gruppo di schiavi guidato<br />
da Mosè, sembra compromesso, bloccato: c’è il<br />
pericolo che il deserto avanzi inesorabilmente.<br />
I Così accade che anche in terra di Moab (a<br />
indicare che il giardino della Genesi non ha una<br />
precisa localizzazione geografica, ma è posto a<br />
oriente) matura la vocazione del custodire e del<br />
coltivare: una straniera, Ruth, manifesta l’amore<br />
appassionato di Dio per gli uomini, nel voler<br />
stare con la suocera Noemi («non insistere con<br />
me perché ti abbandoni e torni indietro senza<br />
di te, perché dove andrai tu andrò anch’io;<br />
dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà<br />
il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio», (Rut<br />
1,16), nel voler condividere con lei una condizione<br />
di povertà e di speranza.<br />
I L’incontro con Booz riapre improvvisamente<br />
una prospettiva di futuro che ormai sembrava<br />
negata: «poi Booz prese Ruth, che divenne sua<br />
moglie. Egli si unì a lei e il Signore le accordò<br />
di concepire: essa partorì un figlio… Noemi<br />
prese il bambino e se lo pose in grembo e gli<br />
fu nutrice. E le vicine dissero: “è nato un figlio<br />
a Noemi!”. Essa lo chiamò Obed: egli fu il<br />
padre di Iesse, padre di Davide» (Rut 4,13.17).<br />
Da Moab a Betlemme, passando per le fatiche<br />
di Ruth, Booz e Noemi, la strada del compimento<br />
e della salvezza si fa più breve: in<br />
Davide, come prima in Abramo, si realizzerà il<br />
sogno di una benedizione universale.<br />
I Tanta è la naturalezza attraverso la quale il<br />
mistero della diversità e della reciproca appartenenza<br />
degli uomini e delle donne rivela pienamente<br />
il volto del Creatore, che i Profeti nel<br />
voler presentare compiutamente le attenzioni di<br />
Dio per gli uomini, la sua tenerezza, la sua<br />
misericordia mutuano le immagini tratte dall’esperienza<br />
familiare, quella cioè di uomini e di<br />
donne che generano, educano e formano i propri<br />
figli: «A Efraim io insegnavo a camminare<br />
tenendolo per mano, ma essi non compresero<br />
che avevo cura di loro. Io li traevo con legami<br />
di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come<br />
chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo<br />
su di lui per dargli da mangiare» (Os 11,3-4).<br />
I In una sorta di co-appartenenza fatta di<br />
distinzioni e di legami si esprime il mistero di<br />
una comunione profonda e creatrice che il<br />
Cantico dei Cantici – il Cantico per eccellenza di<br />
cui Rabbi Aqiba dice che «il mondo intero non<br />
vale il giorno in cui è stato dato a Israele» –<br />
trasforma in poesia, in lode, in preghiera.<br />
I Non è un caso poi se il Libro dei Proverbi, nel<br />
suo capitolo conclusivo, nel voler presentare le<br />
caratteristiche di un mondo pensato come luogo<br />
della Sapienza (umana e divina), un mondo in<br />
cui il custodire e il coltivare sono contemporaneamente<br />
dono di Dio e responsabilità dell’uomo,<br />
luogo per eccellenza della coeducazione,<br />
presenta la Sapienza (nella sua duplice accezione)<br />
con le caratteristiche di una donna, di una<br />
madre di famiglia a indicare l’avvenuta fluidificazione<br />
della categoria antropologica.<br />
I Per raccontare questa volta l’instancabile<br />
azione di una umanità che finalmente riesce a<br />
“ordinare” il mondo secondo il cuore di Dio,<br />
ordine che nasce quando nelle attività umane<br />
di dispiega lo spirito di industriosità e di laboriosità<br />
(«si procura lana e lino e li lavora<br />
volentieri con le mani… stende la sua mano<br />
alla conocchia e gira il fuso con le dita», Pr<br />
31,13.19) di fiducia reciproca («in lei confida il<br />
cuore dell’uomo» Pr 31,17), di accoglienza e di<br />
misericordia («apre le sue mani al misero stende<br />
la mano al povero», Pr 31,20) di saggezza<br />
e di bontà («apre la bocca con saggezza e<br />
sulla sua lingua c’è dottrina di bontà», Pr<br />
31,26) e di custodia e di lavoro («sorveglia<br />
l’andamento della sua casa; il pane che mangia<br />
non è frutto di pigrizia», Pr 31,27).<br />
I Il mondo diventato così casa della sapienza<br />
ha acquistato una condizione di trasparenza –<br />
di nudità (cfr. Gen 2,25) e di bellezza: le relazioni<br />
operose e solidali sono l’espressione del<br />
colloquio profondo che unisce gli uomini e le<br />
donne fra di loro; il bozzetto descritto all’origine<br />
prende forma, su questo colloquio veglia<br />
sempre «il Signore Dio che passeggia nel giardino<br />
alla brezza del giorno» (Gen 3,8).<br />
I Si comprende perché possiamo cantare con le<br />
qpe002004::coeducazione<br />
fondamenti :: campo lungo<br />
parole del salmista «quanto è buono e quanto<br />
è soave che i fratelli vivano insieme… là il<br />
Signore dona la benedizione e la vita per sempre»<br />
(Sl 133,1.3a): dove c’è comunità nella differenza<br />
l’albero della vita produce frutti di immortalità<br />
e un fiume d’acqua viva rende la città<br />
degli uomini un giardino eterno (cfr. Ap 22,1-2).<br />
I La dimensione coeducante diventa così la<br />
dimora di Dio tra gli uomini.<br />
13
14<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: memoria storica<br />
Come raccontare la storia della<br />
co-educazione in Agesci?<br />
Potevo provare a ricostruire un<br />
clima storico e culturale,<br />
contrappuntato dagli eventi e<br />
dalle scelte delle nostre realtà<br />
associative. Oppure mettermi<br />
alla ricerca di protagonisti e<br />
testimoni di una memorabile<br />
stagione associativa, dando<br />
voce ai loro ricordi e alle loro<br />
passioni. Ho preferito percorrere<br />
un’altra strada, forse perché è<br />
stata la mia strada:<br />
Raccontami<br />
una storia<br />
di Anna Perale<br />
provare a raccontare la scelta<br />
coeducativa attraverso una prospettiva<br />
particolare, sicuramente<br />
parziale ma, a mio avviso, davvero<br />
significativa. È la prospettiva<br />
della reale o presunta<br />
mascolinità o femminilità degli<br />
universi simbolici ereditati<br />
dall’Asci e dall’Agi e dei problemi<br />
e delle sfide che pose<br />
all’Agesci nei suoi primi anni di<br />
vita nella definizione e nella<br />
pratica di una proposta metodologica<br />
unificata.<br />
I L’universo simbolico non è e non è mai stato<br />
nella tradizione scout solo uno sfondo in cui<br />
collocare l’azione educativa, ma rappresenta lo<br />
spazio aperto e libero dell’incontro di persone<br />
e di storie in cui anche l’essere maschio e<br />
femmina, uomo e donna può essere ricompreso<br />
e reinterpretato rispetto alle tre grandi<br />
“figure” che caratterizzano l’immaginario scout:<br />
• il fanciullo selvaggio, a cavallo tra natura e<br />
cultura;<br />
• il pioniere di frontiera, chiamato<br />
a progettare e costruire nuovi<br />
modi e spazi di vita per sé e per<br />
la comunità;<br />
• il cavaliere errante, cittadino di un<br />
mondo che dilata i propri confini e<br />
ridefinisce il senso di identità e di<br />
appartenenza.<br />
I Può essere interessante, per l’Agesci di oggi,<br />
confrontarsi con le domande che trent’anni fa<br />
guidarono la ricerca di soluzioni e conoscere i<br />
criteri e il metodo che furono seguiti per<br />
costruire e offrire a tutti i capi proposte sensate<br />
e condivisibili.<br />
L’immaginario scout è un immaginario<br />
maschile?<br />
I Nel 1994, durante un seminario metodologico<br />
dell’Agesci, dedicato al tema della coeducazione,<br />
a vent’anni di distanza dall’unificazione di<br />
AGI e ASCI, il pedagogista Riccardo Massa sollevò<br />
un problema:<br />
«Uno degli elementi di forza dello scautismo è<br />
proprio la costruzione di un grande immaginario<br />
pedagogico, che, per la sua nascita, è fortemente<br />
legato all’immaginario maschile: nel<br />
caso del lupettismo diventa l’immaginario<br />
della giungla e prima ancora quello dello<br />
scouting. (…) Ma come possono una metodologia<br />
e un immaginario pedagogico fortemente<br />
impiantati su un modello maschile correggersi<br />
e ammorbidirsi su quello femminile?<br />
qpe002004::coeducazione<br />
memoria storica :: campo lungo<br />
C’è spazio per le ragazze nel mondo rude dei<br />
pionieri e degli avventurieri ?»<br />
I Massa, che evidentemente non dubitava dell’esistenza<br />
di un immaginario femminile diverso<br />
da quello maschile, auspicava lo studio, nei testi<br />
originali delle coccinelle e delle guide, degli elementi<br />
introdotti per aiutare «la declinazione al<br />
femminile del metodo scout» , allo scopo di evitare<br />
l’omologazione delle ragazze al modello<br />
maschile o la proposta di scenari neutri, poco<br />
suggestivi e ancor meno significativi.<br />
I In realtà, a partire dall’unificazione del 1974, si<br />
era imposta, per lo scautismo cattolico italiano,<br />
la necessità di definire un’unica proposta metodologica<br />
ed era stato avviato un attento lavoro<br />
di riesame critico dei due patrimoni metodologici<br />
originari, comprendendo necessariamente<br />
anche gli universi simbolici, le narrazioni proposte<br />
come sfondi integratori e le tipologie suggerite<br />
come modelli personali.<br />
I Ancor prima si era avviato nell’associazione<br />
laica del CNGEI un processo spontaneo di trasformazione<br />
delle unità omogenee per sesso in<br />
unità miste, a partire dalle branche lupetti-pri-<br />
15
16<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: memoria storica<br />
mule nel 1960-61, per coinvolgere successivamente<br />
le compagnie rover e i reparti degli<br />
esploratori e delle esploratrici. Nel 1976 l’associazione<br />
fece formalmente la scelta della coeducazione<br />
e già nel 1979 la totalità delle sezioni<br />
applicava la coeducazione in tutte le branche.<br />
Dalla separazione alla coeducazione:<br />
i paradigmi della differenza e dell’identità<br />
I Nei decenni che precedettero la scelta coeducativa,<br />
la storia dello scautismo maschile e<br />
femminile in Italia era stata la storia di due<br />
movimenti paralleli, ispirati alla stessa pedagogia,<br />
con una strumentazione metodologica<br />
simile e un bagaglio che comprendeva gli stessi<br />
valori, ma separati nell’azione educativa.<br />
Prevaleva allora un modello sociale che assu-<br />
meva l’essere maschio o femmina come condizione<br />
biologica naturale, funzionale ai compiti<br />
di riproduzione . L’identità individuale<br />
doveva iscriversi all’interno dell’identità biologica<br />
sessuata, presa a giustificazione di ruoli<br />
familiari e sociali complementari per uomini e<br />
donne. L’educazione, separata per sesso,<br />
doveva preparare i soggetti a svolgere adeguatamente<br />
il proprio ruolo maschile o femminile,<br />
assumendo il destino biologico come<br />
identità e vocazione.<br />
I Quando cominciò il cammino comune delle<br />
associazioni scout, il rapporto uomo-donna,<br />
sia dal punto di vista socio-culturale sia sul<br />
piano educativo, stava subendo, non solo in<br />
Italia, trasformazioni radicali.<br />
I Stavano prendendo corpo modelli alternativi a<br />
quello tradizionale, che spaziavano dall’esaltazione<br />
della separatezza e della diversità femminile,<br />
come unica possibilità di espressione e<br />
affermazione del valore delle donne, al modello<br />
opposto, che sosteneva la totale uguaglianza<br />
delle donne e degli uomini. L’affermazione di<br />
uguaglianza non comportava solamente il riconoscimento<br />
della pari dignità dei sessi e la conquista<br />
di diritti e di opportunità uguali per tutti,<br />
ma sosteneva la sostanziale identità degli individui<br />
a prescindere dalle differenze sessuali.<br />
I Educare all’identità significava proporre le<br />
stesse esperienze a ragazzi e ragazze, da vivere<br />
rigorosamente insieme, per riconoscersi e<br />
sperimentarsi uguali.<br />
I Questo fu il modello cui aderirono, di fatto,<br />
tutto il CNGEI e le branche esploratori/guide e<br />
È possibile estrapolare dalle<br />
Direttive AGI di Branca coccinelle<br />
del 1954, ristampate nel luglio<br />
1964 e rimaste invariate fino<br />
all’unificazione, le ragioni della<br />
scelta dell’ambiente del bosco,<br />
piuttosto che la ricerca di una<br />
storia alternativa ai folletti.<br />
Non venne scelto un racconto,<br />
dopo qualche tentativo di produzione<br />
autonoma di un testo adeguato<br />
con le storie di Fiammetta,<br />
perché le responsabili della branca<br />
non trovarono, nella letteratura<br />
per l’infanzia del tempo, una<br />
storia a protagonismo femminile<br />
pienamente congeniale con la<br />
proposta dello scautismo: con<br />
una protagonista femminile,<br />
caratterizzata, ma non ruolizzata;<br />
con una storia di crescita ricca di<br />
spirito d’avventura; con una<br />
qpe002004::coeducazione<br />
memoria storica :: campo lungo<br />
trama non chiusa nella dinamica<br />
della casa e dei rapporti familiari,<br />
ma ambientata nella natura;<br />
orientata all’autonomia e non alla<br />
presente e futura dipendenza da<br />
qualcuno; in cui la fantasia fosse<br />
strumento di conoscenza e di<br />
esperienza e non fuga nel sogno<br />
e nell’irreale. Venne scelto l’ambiente<br />
del bosco, perché - si<br />
pensi alle fiabe, da Cappuccetto<br />
Rosso ad Hänsel e Gretel, da<br />
Biancaneve a Pollicino, da La<br />
bella addormentata nel bosco a<br />
Fratellino e sorellina, e alla lezione<br />
di B. Bettelheim ne Il mondo<br />
incantato - simbolo universale<br />
dell’ignoto e dell’inesplorato,<br />
luogo di prova e di passaggio,<br />
attraverso il quale si conquistano<br />
forza e consapevolezza, si cresce<br />
e si cambia. La psicologia del<br />
profondo, in particolare, ha interpretato<br />
il bosco come immagine<br />
della sessualità femminile, negata,<br />
tenuta nascosta e infine rivelata:<br />
è il sentiero proibito, eppure<br />
irresistibilmente attraente, che<br />
devia dalla strada maestra; è il<br />
luogo buio, affascinante e misterioso<br />
dell’incontro con lo sconosciuto<br />
che è dentro di noi e fuori<br />
di noi, con chi non è ciò che<br />
appare; è esperienza contemporanea,<br />
nella contraddittorietà concessa<br />
solo ai sogni, di minaccia e<br />
di protezione, di rivelazione e di<br />
nascondimento, di paura e di salvezza,<br />
di morte e di rinascita; è<br />
lo spazio interiore, uterino, da cui<br />
scaturiscono la creatività e la<br />
capacità generativa.<br />
Ma il bosco è anche, e soprattutto,<br />
un luogo concreto, acces-<br />
17<br />
sibile, vicino, dove la fantasia e<br />
l’esperienza possono fondersi<br />
senza forzature in un’unica<br />
avventura esistenziale; spazio di<br />
gioco e di relazioni in cui l’esperienza<br />
diretta dell’esplorazione<br />
può dare vita e forma simbolica<br />
a narrazioni personali e a rielaborazioni<br />
collettive.<br />
Concretamente, nel mondo del<br />
bosco le bambine si chiamavano<br />
coccinelle o primule e il percorso<br />
di crescita era rappresentato<br />
come un viaggio dal prato al<br />
bosco alla montagna, alla conquista<br />
del mughetto e della genziana,<br />
simboli della gioia che nasce<br />
dalla condivisione e dal dono.<br />
Con questi scarni elementi essenziali<br />
ciascuna capo cerchio doveva<br />
ambientare e sviluppare le<br />
avventure delle sue bambine.
18<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: memoria storica<br />
«Mowgli rappresenta la condizione<br />
infantile di crescita e di dipendenza,<br />
di ricerca di sé tra bisogno di sicurezza<br />
e bisogno di autonomia. In questa<br />
accezione può essere colto con uguale<br />
intensità dai bambini come<br />
dalle bambine».<br />
rover/scolte dell’AGESCI, quando scelsero di<br />
non riconoscere un peso particolare alla presunta<br />
mascolinità della giungla, dell’avventura<br />
nei boschi e della strada, sottolineando, al<br />
contrario, l’effetto emancipatore della proposta<br />
scout, soprattutto rispetto alle esperienze e ai<br />
ruoli tradizionalmente imposti alle ragazze.<br />
Ben prima della messa in discussione dei ruoli<br />
tradizionali e degli stereotipi maschili e femminili<br />
e in netto anticipo sulla scelta coeducativa<br />
– si affermava – lo scautismo femminile aveva<br />
rappresentato una risposta in controtendenza<br />
rispetto alla marginalità, alla passività e all’isolamento<br />
che caratterizzavano la condizione<br />
delle bambine e delle ragazze.<br />
I In una realtà sociale in cui esse contavano<br />
poco e non godevano di nessuna attenzione<br />
particolare, il gruppo femminile scout aveva<br />
offerto un luogo di protagonismo, dove era possibile<br />
godere dell’attenzione e delle cure personali<br />
delle educatrici, nel ruolo del tutto inusuale<br />
di sorelle maggiori e compagne di gioco.<br />
I Se l’educazione tradizionale voleva le ragazze<br />
tranquille e composte, obbedienti e silenziose,<br />
lo scautismo femminile era stato occasione di<br />
autoeducazione, di gioco attivo, di assunzione<br />
di responsabilità pubbliche e di leadership.<br />
I In una realtà in cui, fuori della scuola, lo spazio<br />
delle bambine e dei loro giochi era la casa,<br />
erano ambienti chiusi e protetti, perché il posto<br />
presente e futuro delle donne doveva essere lo<br />
spazio domestico, lo scautismo femminile aveva<br />
risposto con la vita all’aperto, con l’apertura,<br />
materiale e spirituale, di orizzonti nuovi; e<br />
aveva offerto una comunità di ragazze come<br />
luogo di incontro, di discussione e di gioco.<br />
I Era però difficile, tra gli anni ’70 e la prima<br />
metà degli anni ’80, sostenere ancora che marginalità,<br />
passività e isolamento fossero problemi<br />
specifici ed esclusivi delle ragazze e non, piuttosto,<br />
di tutta la realtà minorile. Il bambino-oggetto,<br />
usato e abusato, non riconosciuto nella sua<br />
dignità di persona, non rispettato nei suoi ritmi<br />
e nei suoi bisogni, era la nuova forma della<br />
marginalità. La passività si coniugava adesso<br />
con l’abuso di televisione, con il restringimento<br />
dei tempi di gioco libero e con la scomparsa<br />
degli spazi di libera aggregazione. L’isolamento<br />
era conseguenza delle trasformazioni della famiglia<br />
e della forzata chiusura in casa dei ragazzi,<br />
perché la città e la strada, con il traffico, la violenza,<br />
l’indifferenza e l’anonimato sociale, erano<br />
di fatto nemiche dei più giovani.<br />
I Il più concreto correttivo all’eventuale<br />
maschilismo dell’immaginario pedagogico<br />
doveva essere la condivisione, secondo la<br />
regola della fraternità scout, di ogni momento<br />
di attività e l’esperienza di relazioni comunitarie<br />
del tutto paritarie e non ruolizzanti, alternative<br />
ai modelli familiari e di coppia, pur prevedendo,<br />
soprattutto per gli adolescenti, alcuni<br />
spazi separati per ragazzi e ragazze, ritenuti<br />
utili nell’elaborazione dell’identità di genere.<br />
Il percorso della branca lupetti/coccinelle dello<br />
scautismo cattolico prese, almeno in parte,<br />
un’altra direzione, per una diversa valutazione<br />
del ruolo giocato dagli sfondi integratori all’interno<br />
dei dispositivi metodologici.<br />
I L’ambiente fantastico caratterizza ogni attività<br />
dei più piccoli, suggerendo trama, personaggi<br />
e linguaggio alle avventure di gruppo e al<br />
cammino di progressione personale.<br />
I Ma, da sempre, gli ambienti fantastici erano<br />
due. Baden-Powell, infatti, aveva destinato la<br />
giungla di Kipling ai maschi, mentre aveva<br />
suggerito per le bambine un racconto sui folletti<br />
benefici di Giuliana O. Ewing, ispirato alle<br />
saghe nordiche.<br />
I Non tutte le associazioni femminili adottarono<br />
il racconto della Ewing. Le associazioni<br />
femminili italiane, laica e cattolica, seguendo il<br />
modello delle Guides de France, preferirono<br />
addirittura non ricorrere a un racconto, sostituendolo<br />
con un’atmosfera di gioco: il bosco.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
memoria storica :: campo lungo<br />
«All’interno di un gioco complesso non<br />
esistono solo i modelli forniti<br />
dal racconto, ma esistono e hanno<br />
un peso fondamentale i modelli reali,<br />
forniti dai capi e dai compagni di gioco.<br />
L’esperienza e il rapporto personale<br />
assumono un peso, come modelli<br />
identitari e comportamentali, ben<br />
maggiore che i modelli ideali».<br />
I Agli inizi degli anni ’70 quest’universo simbolico<br />
attraversava una grave crisi. Le risposte ad un<br />
questionario, somministrato a 220 Capo Cerchio<br />
dell’AGI (circa il 25% delle capo della branca)<br />
durante il raduno nazionale del 1970, rivelavano<br />
che una buona percentuale delle intervistate considerava<br />
superati, perché obsoleti, molti degli<br />
strumenti tradizionali del metodo coccinelle, tra<br />
cui, in primo luogo, l’atmosfera del bosco e il<br />
suo simbolismo, giudicati «astratti, irreali, al di<br />
fuori dell’esperienza della bambina, discriminanti,<br />
negativamente evasivi dalla realtà».<br />
«Nella nostra cultura l’immagine della<br />
coccinella è un’immagine di tipo<br />
femminile, per alcune caratteristiche<br />
che le sono attribuite e che sono<br />
tendenzialmente legate allo stereotipo<br />
(…) della femminilità: la mitezza, la<br />
grazia e la bellezza; il fatto di essere<br />
utile (e il mondo femminile è per<br />
antonomasia funzionale); la fortuna (la<br />
coccinella è considerata un portafortuna<br />
e la fortuna è spesso stata considerata<br />
una risorsa femminile, altrettanto, se<br />
non più, importante e determinante<br />
della forza e della ragione)».<br />
19
20<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: memoria storica<br />
I Se una minoranza rifiutava qualsiasi ricorso al<br />
fantastico perché anti-politico o strumento di<br />
condizionamento ideologico, le altre capo rifiutavano<br />
una modalità consolidata di evocare<br />
quel mondo, che riproponeva nello scautismo,<br />
come in molte letture scolastiche, uno stereotipo<br />
dell’immaginario femminile, deformato da<br />
cadute nella leziosità e nel moralismo.<br />
Le prime unità miste della branca lupetti/coccinelle<br />
dell’AGESCI non scelsero né la giungla<br />
né il bosco, ma misero in sperimentazione, in<br />
un primo tempo in modo del tutto spontaneo<br />
e autonomo, più tardi, tra l’80 e l’83, all’interno<br />
di un percorso predisposto e verificato dal<br />
livello nazionale, ambienti fantastici alternativi,<br />
dal mondo degli gnomi a quello degli<br />
Indiani d’America, o ispirati a fonti letterarie<br />
come Il piccolo principe.<br />
I La ricerca di uno sfondo integratore neutro<br />
rispetto alla compresenza di bambini e bambine<br />
ed equidistante dalle due tradizioni si concluse,<br />
quando ci si accorse che, nei gruppi, si stavano<br />
spontaneamente consolidando alcune tendenze:<br />
• la grande maggioranza delle unità stava<br />
diventando mista;<br />
• le unità miste AGESCI, dopo la parentesi<br />
sperimentale, preferivano optare per la giungla,<br />
come quelle CNGEI, dove le bambine,<br />
chiamate lupette, condividevano in tutto e<br />
per tutto le avventure del branco, senza rivelare<br />
particolari difficoltà di adattamento al<br />
gioco , fino ad allora ritenuto “maschile”;<br />
• resisteva tuttavia un nucleo qualitativamente<br />
significativo di unità femminili, che avevano<br />
preferito rimanere monosessuali e chiedevano<br />
all’associazione una rilettura e un adeguamento<br />
del linguaggio tradizionale del<br />
bosco, allo scopo di garantire, anche all’interno<br />
della proposta unificata, una risposta<br />
scout alla specificità femminile.<br />
Resistendo a forti pressioni interne , che spingevano<br />
verso l’adozione, anche in AGESCI, della<br />
giungla come unico ambiente fantastico, tra il<br />
1983 e il 1986 l’associazione, pur riconoscendo<br />
la validità dell’esperienza dei branchi misti, si<br />
interrogò sulla questione della specificità femminile,<br />
affrontando due nodi nevralgici.<br />
• I modelli personali proposti dall’educazione<br />
scout e, in particolare, dagli ambienti fantastici,<br />
dovevano essere letti come portatori di<br />
un’identità sessuata e di valori e comportamenti<br />
specifici e/o differenziati o potevano<br />
piuttosto essere interpretati come modelli di<br />
crescita validi per tutti?<br />
• All’interno dei dispositivi metodologici della<br />
tradizione maschile e femminile, l’approccio<br />
ai significati e l’elaborazione e comunicazione<br />
simbolica si realizzavano secondo un’unica<br />
modalità di gioco, declinata attraverso linguaggi<br />
solo formalmente differenti, o seguivano<br />
modalità diverse, congeniali e funzionali<br />
a una sostanziale diversità degli immaginari<br />
maschile e femminile?<br />
L’ambiente fantastico al femminile<br />
I Tre anni di lavoro, dedicati alla riflessione<br />
critica su queste tematiche, diedero vita a due<br />
documenti. Il primo, pubblicato negli atti preparatori<br />
del Consiglio generale AGESCI del<br />
1985, si intitolava “Simbolismo e ambiente<br />
fantastico” e si proponeva di mettere in evi-<br />
denza affinità e differenze delle tradizioni<br />
metodologiche maschile e femminile.<br />
Il secondo, dal titolo “Prospettive per il Bosco<br />
nelle unità miste”, uscì nel 1986 come documento<br />
di riflessione a uso interno del livello<br />
nazionale, in vista della decisione definitiva,<br />
prevista per il 1987, su quale ambiente fantastico<br />
adottare nelle unità miste della fascia<br />
d’età otto-undici anni.<br />
I Nel periodo precedente la scelta coeducativa,<br />
lo scautismo femminile – viene ricordato – non<br />
aveva adottato l’ambiente giungla perché il<br />
suo protagonista era un maschio. D’accordo<br />
con Baden-Powell, non si era ritenuto opportuno<br />
proporre alle bambine, come modello di<br />
crescita, una figura maschile, per non indurre<br />
le future donne a considerare attraente e vincente<br />
l’adeguamento ai modelli maschili, piuttosto<br />
che la costruzione e l’affermazione positiva<br />
della propria femminilità. Soprattutto la<br />
bambina alle soglie dell’adolescenza, si sosteneva,<br />
ha bisogno di modelli positivi cui guardare<br />
e nei quali rispecchiarsi e riconoscersi.<br />
I Dopo la scelta coeducativa, occorreva però<br />
prendere atto della positività delle esperienze,<br />
ormai decennali, dei branchi misti, negando,<br />
o almeno ridimensionando, il problema<br />
dell’identificazione delle bambine con il personaggio<br />
di Mowgli.<br />
I Mowgli appartiene ai modelli universali della<br />
letteratura pedagogica, come Pinocchio, Alice,<br />
il Piccolo principe, e il suo carattere archetipico<br />
di eroe fanciullo sottrae di fatto rilevanza<br />
alla questione del sesso.<br />
I D’altra parte lo scautismo femminile in generale,<br />
e quello italiano in particolare, non avevano<br />
proposto all’immaginario delle ragazze<br />
una narrazione con protagonista una bambina,<br />
ma un’atmosfera di gioco, con l’immagine<br />
della coccinella che vola nel bosco.<br />
Proprio per queste ragioni, la scelta di quest’immagine<br />
era stata criticata negli anni ’70 e<br />
qpe002004::coeducazione<br />
memoria storica :: campo lungo<br />
poteva riproporsi ancora come problematica,<br />
sia per l’utilizzo nelle unità femminili, sia nell’ipotesi<br />
di unità miste che volessero adottare<br />
l’ambiente fantastico del bosco.<br />
I Si rilevava tuttavia che ciò che rende attraenti<br />
e congeniali ai bambini, maschi e femmine,<br />
anche al di fuori dell’esperienza scout, il<br />
mondo degli cuccioli e la vita dei piccoli insetti,<br />
come le formiche, le api, le stesse coccinelle,<br />
è la possibilità di riconoscersi e di identificarsi<br />
in una dimensione di piccolezza, che è la<br />
loro stessa condizione esistenziale. La coccinella<br />
che vola dal prato alla montagna, passando<br />
attraverso il mistero del bosco, dà forma al<br />
desiderio dei bambini di affrontare grandi sfide,<br />
trasformando, come nelle fiabe, i limiti personali<br />
e gli ostacoli del viaggio in opportunità e<br />
risorsa, grazie anche alla forza coesiva del<br />
gruppo d’appartenenza e al sostegno di riferimenti<br />
adulti, partecipi dello stesso gioco.<br />
I Se Mowgli non era più giudicato improponibile<br />
al mondo femminile e se non si voleva<br />
più considerare la coccinella come un modello<br />
esclusivamente “per bambine”, occorreva cercare<br />
al di fuori della presunta problematicità<br />
dei modelli fantastici eventuali risposte alla<br />
specificità dell’immaginario femminile.<br />
21
22<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: memoria storica<br />
I Si presero in considerazione, allora, le modalità<br />
di gioco della tradizione maschile e femminile<br />
e, in particolare, la dinamica tra l’esperienza<br />
personale e di gruppo e i processi di<br />
attribuzione o riconoscimento di significato<br />
all’esperienza stessa.<br />
I Sono la stessa cosa giocare con una “storia<br />
pedagogica” e giocare in un “ambiente educativo”?<br />
“Una delle intuizioni di Baden-Powell è<br />
il ricorrere al linguaggio fantastico, come<br />
mezzo di comunicazione e come strumento di<br />
approccio e di interpretazione della realtà. Le<br />
culture umane da sempre utilizzano la fantasia<br />
come espressione e come comunicazione. In<br />
particolare, ci sono due differenti modi (…) di<br />
fare poesia: l’epica e la lirica. L’epica narra e<br />
celebra la storia di una comunità, la sua identità,<br />
i suoi valori e i suoi ideali. Chi legge, chi<br />
ascolta si riconosce e si identifica in storia<br />
collettiva, ma anche particolare e personale,<br />
attraverso l’eroe.” (Dal documento<br />
Prospettive per il bosco nelle unità miste)<br />
I La lirica, invece, mette in comunicazione il<br />
narratore e l’ascoltatore non attraverso una<br />
storia, ma attraverso la condivisione, emotiva<br />
e intellettuale, di un’esperienza, di un’emozione,<br />
di un sentimento che entrambi hanno vis-<br />
suto, non importa se in tempi e luoghi diversi.<br />
I Questa condivisione assume un valore simbolicamente<br />
unitivo, che permette alle esperienze<br />
individuali di andare oltre la parzialità,<br />
la frammentarietà e la soggettività.<br />
I Queste stesse modalità potevano essere riconosciute<br />
nel modo tradizionale di giocare la<br />
giungla e il bosco.<br />
I “Nei branchi si parte dal racconto, prima<br />
ascoltato e poi tradotto in gioco” , mentre nei<br />
cerchi si gioca e poi, in forma narrativa, si cercano<br />
insieme i possibili significati dell’esperienza<br />
condivisa.<br />
I La prima modalità sembrava la più adatta a<br />
garantire l’integrità dei contenuti e il corretto<br />
adeguamento dal bambino ai modelli pedagogici,<br />
chiamati “tipi morali”, suggeriti dal racconto<br />
di Kipling e fatti propri da Baden-Powell per<br />
l’educazione maschile. Si trattava di una modalità<br />
sostanzialmente catechetica, che, se da una<br />
parte garantiva la trasmissione di un contenuto<br />
indiscusso e indiscutibile, dall’altra consentiva al<br />
bambino l’identificazione con gli eroi di una storia<br />
affascinante, prima attraverso l’ascolto del<br />
racconto e poi attraverso la traduzione della storia<br />
in esperienze concrete di gioco e di vita, in<br />
cui operare collegamenti, trovare sintonie, mettere<br />
in atto le proprie deduzioni.<br />
I Se l’educazione tradizionale delle bambine<br />
tendeva, invece, a usare la fantasia come fuga<br />
consolatrice da una realtà non entusiasmante,<br />
lo scautismo femminile aveva risposto proponendo<br />
esperienze inusuali ed entusiasmanti<br />
nell’ambiente della natura e della comunità,<br />
chiedendo alle bambine stesse di provare a<br />
cogliere e comunicare, attraverso l’uso privilegiato<br />
dell’intuizione e della riflessione, i possibili<br />
significati delle esperienze individuali e<br />
delle avventure condivise.<br />
Dunque, ciò che caratterizzerebbe e differenzierebbe<br />
gli immaginari maschile e femminile non<br />
sarebbero tanto dei contenuti e dei modelli per-<br />
sonali predefiniti, ma le modalità stesse con cui<br />
si mettono in relazione esperienza e fantasia e<br />
si utilizzano gli immaginari, privilegiando da una<br />
parte la capacità deduttiva, la logica e l’imitazione<br />
riproduttiva, dall’altra la capacità induttiva,<br />
l’intuizione e l’invenzione generativa.<br />
I Da ciò trarrebbero origine, come afferma<br />
Massa dieci anni più tardi, le differenze che toccano<br />
«i fondamenti stessi della nostra cultura:<br />
se l’abuso della scienza, della tecnica, della<br />
tecnologia, la guerra, tutto ciò che può distruggere<br />
il mondo hanno a che fare con un immaginario<br />
maschile, tutto ciò che salva appartiene<br />
invece a quello femminile. Una sensibilità non<br />
di tipo razionale, positivistico, materialistico;<br />
una dimensione religiosa di mistero e di fantasia;<br />
una dimensione di gioco peculiare di uno<br />
stile di vita; un’attenzione ai sentimenti oggi<br />
recuperata persino nella pedagogia scolastica:<br />
tutti questi sono altrettanti elementi che appartengono<br />
all’immaginario femminile».<br />
I La branca lupetti/coccinelle decise che, se<br />
voleva garantire, anche dopo la scelta coeducativa<br />
o, meglio, proprio in ragione di essa,<br />
spazi e attenzione a ciò che aveva riconosciuto<br />
come specificità femminile, doveva operare<br />
alcune scelte.<br />
• Entrambe le tradizioni, come memoria storica<br />
e concreta espressione delle culture<br />
maschile e femminile dello scautismo, avrebbero<br />
trovato posto, con pari dignità, nella<br />
proposta metodologica dell’associazione e<br />
l’iter istituzionale di formazione degli educatori<br />
avrebbe proposto tutti e due i linguaggi,<br />
sottolineandone analogie e specificità.<br />
• La compresenza associativa degli ambienti<br />
fantastici avrebbe consentito, nel rispetto<br />
delle differenze e senza pretese omologanti o<br />
di assimilazione del più debole da parte del<br />
più forte, un arricchimento reciproco delle<br />
esperienze di gioco, mantenendo alto, in particolare,<br />
il livello di vigilanza sulla capacità<br />
qpe002004::coeducazione<br />
memoria storica :: campo lungo<br />
«L’epica conduce dal collettivo<br />
al personale, la lirica dal personale<br />
al collettivo. Per l’epica giocano<br />
l’identificazione e la deduzione,<br />
per la lirica l’esperienza e l’intuizione».<br />
dello scautismo cattolico di rimanere fedele ai<br />
fondamenti dell’attivismo educativo, in cui<br />
ogni scoperta e attribuzione di senso passa<br />
attraverso l’esperienza e il vaglio critico all’interno<br />
di un sistema di relazioni.<br />
La scelta di avere unità miste o monosessuali<br />
e l’adozione della giungla o del bosco furono<br />
lasciate all’autonomia decisionale degli educatori.<br />
Attualmente, seguendo la tendenza associativa<br />
generale, quasi la totalità delle unità<br />
lupetti e coccinelle dell’AGESCI è mista. La<br />
maggioranza adotta la giungla, ma un certo<br />
numero di gruppi misti, piccolo e tuttavia qualitativamente<br />
significativo, ha scelto il bosco,<br />
riconoscendo e coltivando, come suggeriva<br />
Massa e come insegna la psicologia del profondo,<br />
«la compresenza di un immaginario<br />
maschile e di uno femminile in ciascuno di<br />
noi, sia uomo che donna».<br />
23<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
R. Massa,<br />
Saggi critici sullo<br />
scautismo,<br />
Nuova Fiordaliso,<br />
Roma 2001<br />
C.G. Jung,<br />
L’uomo<br />
e i suoi simboli,<br />
Cortina<br />
Milano 1990<br />
B. Bettelheim,<br />
Il mondo<br />
incantato,<br />
Feltrinelli,<br />
Milano 1990<br />
E. Erikson,<br />
Gioventù e crisi<br />
di identità,<br />
Armando,<br />
Roma 1974
24<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: parola di esperto<br />
Uomini e donne:<br />
quale identità<br />
Colloquio con Paola Bassani<br />
a cura di Francesco Chiulli<br />
Tratto dall’intervento<br />
tenuto dalla dottoressa<br />
Paola Bassani<br />
(psicoterapeuta,<br />
collaboratrice del Gruppo<br />
Giovani Coppie del Centro San<br />
Fedele di Milano)<br />
al Consiglio Nazionale<br />
di Pianezza (To)<br />
del 14 dicembre 2002.<br />
Testo non rivisto dall’autrice.<br />
QPE:: Che cosa si intende per “maschile” e<br />
“femminile”?<br />
I Vuol dire porre subito una separazione. È<br />
ovvio che le cose da un punto fisiologico stiano<br />
in questi termini, però le ricerche psicologiche<br />
ci dicono che le differenze, in termini di<br />
comportamento ecc., riguardano la media, cioè<br />
mediamente i maschi sono diversi dalle femmine.<br />
Se però si analizzano gli stessi comportamenti<br />
tra le donne e tra i maschi, si vede che<br />
c’è una variabilità enorme rispetto agli stessi<br />
parametri: l’aggressività, la dolcezza, l’ascolto.<br />
QPE:: le differenze sono solo un problema<br />
fisiologico o c’è dell’altro?<br />
I Se partiamo dalla differenza tra maschile e<br />
femminile, il primo problema che sorge riguarda<br />
il quesito se maschio o femmina si nasce o<br />
si diventa, se sia sufficiente il sesso con cui si<br />
viene al mondo per determinare il destino di<br />
una persona oppure se questo destino sia il<br />
risultato di una predominanza sociale.<br />
I Il dibattito tra “natura” piuttosto che “cultura”,<br />
è molto recente, non ha più di settant’anni.<br />
Prima la distinzione netta fra maschile e<br />
femminile non era affatto precisa: fino alla fine<br />
del Settecento la donna era un maschio mancato,<br />
il maschile era la misura, il femminile<br />
non esisteva, se non in relazione al maschile.<br />
Un testo di medicina dell’epoca dice: «Le<br />
donne sono in essenza uomini nei quali la<br />
mancanza di calore vitale produce la ritenzione<br />
all’interno del corpo di strutture che nel<br />
maschio sono visibili esternamente».<br />
QPE:: E quando si arriva a un’evoluzione di<br />
questo pensiero maschiocentrico?<br />
I Solo all’inizio dell’Ottocento si inizia a pensare<br />
alla donna come a un essere a se stante,<br />
dotato di una morfologia e fisiologia in contrasto<br />
con quella maschile, e in seguito si passa<br />
dall’idea di un unico sesso all’idea che ci<br />
siano due sessi differenti. È nel Novecento che<br />
ci si pone la domanda se si nasce maschi o<br />
femmine o se lo si diventa. La differenza della<br />
vita pubblica, culturale ed economica è data<br />
semplicemente dalla diversità degli organi? A<br />
tale proposito ci sono due posizioni:<br />
a) La posizione del determinismo biologico che<br />
imputa alla natura ogni differenza. Questa<br />
posizione è sostenuta dai socio-biologi che<br />
ritengono che le differenze del corpo e<br />
della mente, relativamente alla differenza<br />
sessuale, si sono evolute per rispondere<br />
alla necessità di un lontano passato, quando<br />
gli esseri umani vivevano di caccia e di<br />
raccolto. Quel modo di vivere ha sostenuto<br />
un processo evolutivo che ha selezionato i<br />
geni in modo da rendere le donne più<br />
adatte all’allevamento dei figli e alla raccolta<br />
dei frutti, e gli uomini più capaci di cacciare<br />
e quindi più aggressivi. Questi geni<br />
farebbero ancora parte del nostro patrimonio<br />
ereditario e determinerebbero differenze<br />
nel comportamento sessuale tra uomini e<br />
donne; ad esempio, secondo questa teoria,<br />
sarebbe naturale per le donne essere<br />
monogame perché il loro contributo alla<br />
riproduzione è in termini biologici molto<br />
più importante rispetto agli uomini che si<br />
limitano a produrre numerosi spermatozoi,<br />
qpe002004::coeducazione<br />
parola di esperto :: campo lungo<br />
Solo all’inizio dell’Ottocento<br />
si inizia a pensare alla donna come<br />
ad un essere a se stante, dotato di<br />
una morfologia e fisiologia in contrasto<br />
con quella maschile, ed in seguito<br />
si passa dall’idea di un unico sesso,<br />
all’idea che ci siano due sessi<br />
differenti. È nel Novecento che ci<br />
si pone la domanda se si nasce<br />
maschi o femmine o se lo si diventa.<br />
La differenza della vita pubblica,<br />
culturale ed economica è data<br />
semplicemente dalla diversità<br />
degli organi?<br />
a basso costo biologico, di conseguenza<br />
l’accoppiamento con più donne sarebbe un<br />
modo per moltiplicare i propri geni con un<br />
numero maggiore di figli.<br />
b) La posizione del determinismo sociale ritiene<br />
invece che tutto dipende dalle esperienze<br />
le quali predefiniscono i cosiddetti “ruoli di<br />
genere”. Questa distinzione tra sesso e<br />
genere, appartiene alla cultura femminista,<br />
25
26<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: parola di esperto<br />
Più recentemente la ricerca<br />
sul funzionamento del cervello<br />
nel maschio e nella femmina ha finito<br />
con il costatare come, stante<br />
le evidenti differenze di funzionamento,<br />
l’ambiente psicologico e sociale<br />
non è senza influenza sui geni stessi.<br />
Quindi, sia i fattori interni,<br />
sia le componenti genetiche<br />
e ormonali, quanto i fattori esterni<br />
(le esperienze), concorrono<br />
ai processi di sviluppo dell’identità<br />
di genere, vi è una continua<br />
interazione tra geni, ormoni,<br />
esperienze e apprendimenti<br />
che ritiene il genere, quell’insieme di elementi<br />
che definiscono e caratterizzano una<br />
sessualità, quindi una identità di genere,<br />
quella sensazione e consapevolezza interna,<br />
che non è data solo dall’evidenza fisica di<br />
essere una donna ma di sentirsi una donna.<br />
Il ruolo di genere invece è quello segnato da<br />
un punto di vista culturale. Secondo questa<br />
posizione l’evidenza biologica rimane muta e<br />
indifferente finché non diventano operanti<br />
dei sistemi di tipo culturale, del tutto esterni<br />
al corpo: sono questi che rendono evidente<br />
la differenza. Per questo pensiero è importante<br />
capire come si afferma l’identità di<br />
genere; il genere viene considerato più una<br />
struttura culturale che regola e organizza le<br />
relazioni sociali e sessuali tra uomini e<br />
donne. Questi studi connettono alla differenza<br />
sessuale comportamenti educativi, modi<br />
di ragionare e il modo di esercitare il potere.<br />
Coloro che si rifanno a questa teoria considerano<br />
la nascita quale primo atto determinante<br />
in quanto, in quel momento le aspettative,<br />
le fantasie, sono diverse in base al<br />
fatto che a nascere sia un bambino piuttosto<br />
che una bambina. Nel primo caso, si è<br />
portati a immaginare che sia forte, resistente,<br />
duro, volitivo, ci si aspetta molto presto<br />
che faccia dei progetti, che domini i sentimenti,<br />
che sia autonomo. Nel secondo caso<br />
si usano altri aggettivi come tenera, dolce, ci<br />
si aspetta che abbia capacità di ascolto di<br />
cura, che sia obbediente.<br />
QPE:: E oggi cosa si pensa della causa di tale<br />
evoluzione?<br />
I Più recentemente la ricerca sul funzionamento<br />
del cervello nel maschio e nella femmina ha<br />
finito con il costatare come, stante le evidenti<br />
differenze di funzionamento, l’ambiente psicologico<br />
e sociale non è senza influenza sui geni<br />
stessi. Quindi, sia i fattori interni, sia le com-<br />
ponenti genetiche e ormonali,<br />
quanto i fattori esterni (le<br />
esperienze), concorrono ai<br />
processi di sviluppo dell’identità<br />
di genere, vi è<br />
una continua interazione<br />
tra geni, ormoni, esperienze<br />
e apprendimenti.<br />
QPE:: Come possiamo<br />
ricostruire i passaggi<br />
fondamentali della formazione<br />
dell’identità?<br />
I Possiamo estrapolare<br />
alcuni dei concetti psicoanalitici<br />
fondamentali,<br />
che rappresentano i “luoghi<br />
dell’inconscio” corrispondenti<br />
alle fasi dello sviluppo<br />
psicosessuale infantile,<br />
che vengono rivisitati durante<br />
l’adolescenza in una sorta di “riepilogo”<br />
dell’infanzia.<br />
I La sessualità adulta è strettamente legata<br />
alle sensazioni, le emozioni e gli affetti che<br />
accompagnano lo sviluppo infantile dalla<br />
nascita alla pubertà, a cominciare dal primo<br />
legame “fusionale” con la madre. Dalla condizione<br />
predatoria e onnipotente del primo anno<br />
di vita, dominata dal principio del piacere e<br />
dal soddisfacimento immediato dei bisogni,<br />
l’itinerario che conduce alla sessualità genitale,<br />
passa attraverso diverse fasi (orale, anale, fallica)<br />
caratterizzata ognuna da pulsioni erotiche<br />
concentrate in una zona parziale del corpo.<br />
I Il termine “libido” usato da Freud designa<br />
l’energia psichica che spinge a soddisfare<br />
ogni tipo di pulsione sessuale, rappresenta<br />
la spinta interiore insita in ogni forma di<br />
desiderio, che coinvolge l’affettività e riguarda<br />
tutto ciò che può essere compreso nella<br />
parola “amore”. Questa spinta può essere<br />
qpe002004::coeducazione<br />
parola di esperto :: campo lungo<br />
rivolta verso se stessi, in<br />
modo narcisistico, sia<br />
verso un oggetto d’amore:<br />
quanto più aumenta<br />
la libido centrata<br />
su se stessi, tanto<br />
più diminuisce quella<br />
investita sugli<br />
altri. Allo sviluppo<br />
sessuale infantile<br />
corrisponde un’evoluzione<br />
della libido<br />
che porta dall’autoerotismo<br />
all’amore<br />
per l’altro, passando<br />
attraverso tre fasi che<br />
influenzano non solo<br />
la sessualità adulta, ma<br />
anche il carattere dell’individuo.<br />
I Nella primissima infanzia il<br />
bambino immagina di poter essere<br />
“tutto”, maschio e femmina, attivo e<br />
passivo. Per la comprensione della formazione<br />
dell’identità di genere ci fermeremo in<br />
particolare sulla terza fase, quella fallica che<br />
normalmente si verifica intorno al terzo anno<br />
di vita. In questa fase la pulsione erotica<br />
parziale si concentra sulla zona genitale, ma<br />
quello che distingue la fase fallica dalla fase<br />
genitale, che coincide con la pubertà, è l’interesse<br />
infantile per l’unico organo sessuale<br />
visibile, il pene, la cui presenza o assenza<br />
diventa il simbolo della differenza sessuale<br />
fra maschio e femmina: una scoperta che<br />
segna l’inizio del complesso edipico, che si<br />
manifesta nella sua forma più classica con<br />
l’innamoramento del bambino per il genitore<br />
di sesso opposto. La scoperta della differenza<br />
sessuale provoca nel maschio un orgoglio<br />
fallico, al quale subentra ben presto un sentimento<br />
d’inferiorità nei confronti del padre e<br />
27
28<br />
qpe002004::coeducazione<br />
campo lungo :: parola di esperto<br />
L’identità sessuale viene elaborata<br />
nella mente, soprattutto attraverso<br />
processi inconsci, a partire<br />
dall’infanzia per arrivare<br />
con la pubertà e l’adolescenza<br />
ad una definizione interiore<br />
più precisa<br />
del corpo maschile adulto. Nella bambina<br />
invece la scoperta della mancanza fallica si<br />
accompagnerebbe, secondo Freud, alla fantasia<br />
di una castrazione già avvenuta, che provocherebbe,<br />
oltre all’invidia del pene, sentimenti<br />
di delusione e di rancore nei confronti<br />
della madre che ha trasmesso alla figlia la<br />
sua stessa mancanza e di amore per il padre<br />
che può compensare l’assenza dell’organo<br />
fallico con un suo sostituto: un “figlio immaginario”<br />
che la bambina fantastica di avere e<br />
di donare al padre.<br />
QPE:: Il famoso complesso di Edipo come agisce<br />
nella formazione dell’identità?<br />
I Il complesso di Edipo svolge un ruolo fondamentale<br />
nella strutturazione della personalità<br />
e nell’orientamento del desiderio umano:<br />
dalla sua impostazione e dal suo superamento<br />
dipende infatti il profilo psicologico, affettivo<br />
e sessuale dell’individuo. Con l’avvento<br />
del complesso edipico relazione a due con la<br />
madre si apre a quella a tre, di cui il padre<br />
rappresenta il terzo polo: il bambino sperimenta<br />
così sentimenti del tutto nuovi, come<br />
l’amore per l’altro, la gelosia, la rivalità, di<br />
cui avverte la conflittuale ambivalenza.<br />
I Il triangolo padre-madre-figlio rappresenta<br />
una strutta psichica universale, da sempre<br />
presente in ogni società e cultura, che<br />
sopravvive persino alla disgregazione della<br />
famiglia, proprio perché riguarda le figure<br />
interiorizzate del padre e della madre più che<br />
le persone reali.<br />
Il complesso di Edipo può essere vissuto<br />
nella sua forma positiva, secondo lo schema<br />
del mito greco, oppure nella sua forma negativa<br />
cioè capovolto: amore per il genitore<br />
dello stesso sesso e odio per quello di sesso<br />
opposto. Il declino del complesso edipico<br />
coincide con l’acquisizione verso i cinque, sei<br />
anni del divieto di incesto che impone al<br />
bambino la rimozione dei propri desideri e<br />
segna l’inizio del periodo di latenza che verrà<br />
bruscamente interrotto dalla pubertà, che<br />
insieme alle pulsioni sessuali risveglia il complesso<br />
edipico e i suoi conflitti.<br />
QPE:: E dopo il complesso di Edipo?<br />
Il periodo di latenza segna una fase di arresto<br />
dello sviluppo sessuale che ha però<br />
importanti effetti psicologici: l’amnesia infantile,<br />
dovuta alla rimozione delle pulsioni sessuali<br />
infantili, e la desessualizzazione delle<br />
relazioni con i genitori (appaiono sentimenti<br />
quali il pudore, la riservatezza, la tenerezza),<br />
mentre la sublimazione delle pulsioni erotiche<br />
indirizza le energie verso altre mete<br />
intellettuali. Con l’inizio dell’adolescenza tutti<br />
gli elementi delle vita affettiva e sessuale<br />
infantile riemergono sulla spinta di nuove<br />
pulsioni erotiche: da quelli più primitivi,<br />
legati al rapporto materno e all’oralità, a<br />
quelli più evoluti, che iniziano con la scoperta<br />
della differenza sessuale e della geniatalità,<br />
per culminare solitamente nell’identificazione<br />
con il genitore dello stesso sesso e<br />
nell’amore per quello opposto.<br />
QPE:: Che cosa conta dunque nella costruzione<br />
dell’identità di genere?<br />
I Se è l’anatomia che determina il sesso di<br />
una persona, ci appare chiaro che la costruzione<br />
di un’identità di genere dipende da COME<br />
la differenza sessuale viene vissuta nel corso<br />
dell’infanzia e dell’adolescenza attraverso la<br />
rappresentazione mentale che ciascuno si fa<br />
del proprio corpo e i conflitti legati alla propria<br />
percezione fisica, psichica ed emotiva<br />
della propria sessualità. L’identità sessuale<br />
viene elaborata nella mente, soprattutto attraverso<br />
processi inconsci, a partire dall’infanzia<br />
per arrivare con la pubertà e l’adolescenza a<br />
una definizione interiore più precisa.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
parola di esperto :: campo lungo<br />
Il triangolo padre-madre-figlio<br />
rappresenta una strutta psichica<br />
universale, da sempre presente<br />
in ogni società e cultura, che<br />
sopravvive persino alla disgregazione<br />
della famiglia, proprio perché riguarda<br />
le figure interiorizzate del padre e<br />
della madre più che le persone reali.<br />
Il complesso di Edipo può essere vissuto<br />
nella sua forma positiva, secondo lo<br />
schema del mito greco, oppure nella sua<br />
forma negativa cioè capovolto: amore<br />
per il genitore dello stesso sesso e odio<br />
per quello di sesso opposto<br />
29
30<br />
qpe002004::coeducazione<br />
contro campo :: i dialoghi di QPE<br />
“Occorre… realizzare percorsi<br />
educativi di orientamento<br />
e promozione delle pari opportunità<br />
per bambini e bambine, ragazzi e<br />
ragazze, a partire dal riconoscimento<br />
che ciascuno e ciascuna di loro deve<br />
compiere della propria identità…<br />
e concretizzare pienamente la<br />
coeducazione prevista dalle leggi<br />
fondamentali dei sistemi educativi di<br />
Portogallo, Spagna,<br />
Francia e Italia”<br />
(Teresa Pinto, coordinatrice del progetto pilota<br />
sovvenzionato dalla Commissione europea<br />
per l’uguaglianza delle opportunità<br />
tra uomini e donne)<br />
Oltre il bivio<br />
di Marilina Laforgia<br />
“Le classi miste non assicurano né<br />
l’uguaglianza dei sessi né la parità<br />
nelle possibilità di riuscire… tra i<br />
ragazzi è in aumento un insuccesso<br />
scolastico che mal sopportano davanti<br />
alle compagne… Bisogna finirla con<br />
l’idea che la scuola mista vada bene<br />
per tutto: è uno strumento la cui<br />
legittimità dipende dall’efficacia… La<br />
scuola media è l’anello debole del<br />
sistema, dove si concentrano tutte le<br />
difficoltà: pubertà, violenze sessuali,<br />
insuccessi scolastici…”<br />
(Michel Fize, ricercatore e autore del libro<br />
“Le trappole della scuola mista”)<br />
I «Pur non volendo ridurre il problema della coeducazione<br />
all’ambito istituzionale della scuola<br />
pubblica, mi pare molto interessante la divergenza<br />
di opinioni tra un ente di struttura e risonanza<br />
europea e un ricercatore che dà un serio sforzo<br />
scientifico e statistico ad alcune perplessità che<br />
anche dal mondo della scuola italiana stanno<br />
emergendo. Naturalmente, la presa d’atto dell’aleatorietà<br />
della scelta della prassi “mista” vien<br />
fuori dalla constatazione di un effettivo dislivello<br />
(fisiologico, psicologico, emotivo) tra coetanei dei<br />
due sessi. Fu Jacques Maritain, già dal 1946, in<br />
Educazione al bivio, a porre autorevolmente il<br />
problema, indicando proprio nelle classi miste un<br />
contesto privilegiato per una prassi educativa<br />
che mirava a creare i presupposti di una reciproca<br />
conoscenza, che scongiurasse i reciproci<br />
“misteri” esistenziali e favorisse un’attenzione più<br />
serena a un potenziale partner immerso nella<br />
“tempesta endocrina”». Marco Vacca<br />
I Nel 1947 Jacques Maritain interviene sul problema<br />
della scuola pubblica in Francia, con la<br />
stampa riveduta e arricchita, del volume, già<br />
apparso nel ’43, dal titolo Education at the<br />
Crossroads (L’educazione al bivio).<br />
I Anche Michel Fize, sociologo francese, interviene<br />
nel 2003 sul problema della scuola pubblica<br />
in Francia con un libro (non ancora tradotto)<br />
intitolato Les pieges de la mixitè scolaire<br />
(Le trappole della scuola mista) e accende<br />
un dibattito che sembra collocare al bivio la<br />
coeducazione.<br />
I Abbiamo “chiesto” ai due un diretto confronto.<br />
M. Fize:: La classe mista fa male, parola di<br />
sociologo. Le classi miste hanno effetti perversi.<br />
Varrebbe la pena aprire, magari in via provvisoria<br />
e almeno per le medie statali, classi<br />
separate facoltative, per il bene degli studenti.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
i dialoghi di QPE :: contro campo<br />
J. Maritain:: Ecco due<br />
dei sette errori dell’educazione<br />
d’oggi nel mondo:<br />
il sociologismo e il pragmatismo.<br />
Contro sociologismo e<br />
pragmatismo (così come contro il<br />
misconoscimento dei fini, il finalismo<br />
falso o parziale, l’intellettualismo,<br />
il volontarismo, l’insegnabilità di tutto)<br />
l’educazione vera deve insorgere, per poter<br />
assumere i compiti “supplementari” imposti da<br />
mondo moderno: rieducazione alla moralità –<br />
educazione per la libertà.<br />
M. Fize:: La parità delle opportunità e la trasmissione<br />
dei valori civili fondati sul rispetto e<br />
la tolleranza possono considerarsi aspetti di<br />
un’educazione per la libertà e di una rieducazione<br />
alla moralità e, quindi, fra i compiti supplementari<br />
imposti all’educazione dal mondo<br />
d’oggi? Consideriamo che sia così. La coeducazione<br />
non è certo la via che conduce all’assolvimento<br />
di tali compiti. La coeducazione, non<br />
solo in Francia, ha assicurato tutt’altro: le<br />
aggressioni sessuali contro le ragazze sono in<br />
aumento, e il fallimento scolastico dei ragazzi<br />
è in crescita (per citare solo alcuni fenomeni).<br />
J. Maritain:: Non si può chiedere al condizionamento<br />
sociale la regola suprema e l’unico<br />
modello dell’educazione. Possiamo tornare<br />
all’individualismo astratto dei vecchi modelli<br />
pedagogici e cancellare il progresso compiuto<br />
31
32<br />
qpe002004::coeducazione<br />
contro campo :: i dialoghi di QPE<br />
«L’educazione moderna è deviata per l’esclusivismo<br />
particolaristico su cui vengono impostate le sue teorie<br />
e i suoi processi, vale a dire sull’uno o sull’altro<br />
aspetto soltanto, dell’uomo, dimentichi che<br />
per essere educazione dell’uomo l’educazione<br />
dev’essere di tutto l’uomo»<br />
con l’aver avvicinato l’educazione alla vita concreta<br />
e penetrata fin dall’inizio di preoccupazioni<br />
sociali? La società è una comunità mista,<br />
l’educazione deve tener conto di questo per<br />
poter promuovere quella sorgente viva che è la<br />
coscienza personale da cui sorgono insieme gli<br />
ideali e la generosità, il senso della legge e il<br />
senso dell’amicizia, il rispetto per gli altri e, al<br />
tempo stesso, una indipendenza fermamente<br />
radicata nei confronti dell’opinione pubblica.<br />
M. Fize:: Non credo che la coeducazione sia<br />
un principio pedagogico intangibile. Credo<br />
anzi che bisognerebbe farla finita con l’idea<br />
che la scuola mista vada bene sempre e per<br />
tutto: è uno strumento la cui legittimità<br />
dipende dall’efficacia.<br />
J. Maritain:: Io credo che bisognerebbe farla<br />
finita con l’idea che la scuola vada bene per<br />
tutto. La questione non è, forse, la scuola<br />
mista e meno che mai la coeducazione come<br />
modello pedagogico.<br />
È vero che l’obiettivo principale<br />
dell’educazione è la formazione<br />
dell’uomo, cioè<br />
la rettitudine della volontà,<br />
il raggiungimento<br />
della libertà interiore, il<br />
consolidamento di un<br />
sano rapporto con la<br />
società, ma non si tratta<br />
Maritain<br />
di un obiettivo perseguibile con azione diretta<br />
dalla scuola. Alla scuola compete un’azione<br />
indiretta quanto necessaria, che si concentra<br />
sulla conoscenza e sull’intelligenza, vigilando<br />
sullo sviluppo e la rettitudine della ragione<br />
speculativa e pratica. È sull’efficacia di tale<br />
azione che si dovrebbe discutere.<br />
M. Fize:: Discutiamo pure dell’efficacia di tale<br />
azione. Gli studi scientifici attestano ormai le<br />
differenze di apprendimento fra sessi: i ragazzi<br />
hanno una migliore percezione dello spazio e<br />
del luogo occupato dagli oggetti, rispetto alle<br />
ragazze, le quali invece eccellono nei compiti in<br />
cui interviene il linguaggio; forza fisica e velocità<br />
stanno dalla parte maschile, mentre la grazia<br />
artistica e la flessibilità sono caratteristiche femminili.<br />
Queste differenze non giustificano di<br />
certo una gerarchizzazione sociale fra uomini e<br />
donne, ma l’educazione non può ignorarle.<br />
J. Maritain:: Ciò che io chiamo il significato di<br />
una scienza o di un’arte coincide con quella<br />
specifica verità o bellezza, che esse ci offrono.<br />
L’obiettivo dell’educazione consiste nel far sì<br />
che la gioventù colga questa verità o questa<br />
bellezza mediante il potere naturale e i doni<br />
naturali dello spirito e mediante la naturale e<br />
intuitiva energia della sua ragione sostenuta<br />
da tutto il dinamismo dei sensi, dell’immaginazione<br />
e dell’emozione. La condizione pratica di<br />
tutto ciò consiste nel cercare di penetrare il<br />
più profondamente<br />
possibile nelle grandi<br />
conquiste della mente<br />
umana, più che nel<br />
tendere verso un’erudizione<br />
frammentaria.<br />
Direi che i giovani<br />
devono conoscere<br />
la<br />
musica più<br />
per comprendere il significato che per divenire<br />
compositori, devono imparare a conoscere la<br />
fisica più per comprendere il significato che<br />
per divenire fisici. L’educazione scolastica deve<br />
conservare il più possibile il carattere necessario<br />
di universalità.<br />
M. Fize:: Di fatto, in alcuni settori scolastici la<br />
mescolanza e la parità fra alunni e alunne è<br />
più teorica che reale: l’82,4% degli allievi delle<br />
scuole umanistiche sono ragazze, mentre le<br />
scuole tecniche e industriali sono frequentate<br />
per il 92,4% da ragazzi. Se la coeducazione<br />
fosse intoccabile perché le ragazze non si iscrivono<br />
mai in meccanica automobilistica, e i<br />
ragazzi quasi mai in segretariato d’azienda o<br />
in infermieristica?<br />
J. Maritain:: È l’effetto di una educazione soffocata<br />
da una prematura specializzazione.<br />
È l’effetto di un insegnamento impartito per<br />
amore delle applicazioni pratiche, più che per<br />
amore di conoscenza. La fisica dovrebbe essere<br />
insegnata e onorata come arte liberale alla pari<br />
della poesia la quale, a sua volta, è essenziale<br />
in filosofia come, in certa misura, nello studio<br />
delle scienze. Certo, non è proclamando una<br />
uguaglianza educativa e facendo vivere fianco a<br />
fianco nelle stesse classi maschi e femmine che<br />
si perpetra un’educazione universale. Ma neanche<br />
prescindendo da questo si combattono gli<br />
effetti di cui abbiamo detto.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
i dialoghi di QPE :: contro campo<br />
M. Fize:: Ammettiamo pure che quanto detto<br />
sopra sia l’effetto di una pratica pedagogica e<br />
culturale che avvalla (se non ripropone) stereotipi<br />
sessisti e atteggiamenti segreganti,<br />
comportamenti che tendono a incidere negativamente<br />
sull’immagine di sé, sul successo scolastico<br />
sulle future aspettative di lavoro e di<br />
vita sia dei ragazzi sia delle ragazze. Resta<br />
vero che è tempo di sfatare alcuni luoghi<br />
comuni: scuola mista ed uguaglianza è la confusione<br />
semantica per eccellenza; scuola mista<br />
e rispetto: non si affermava che i contatti fra<br />
ragazzi e ragazze, favorendo la reciproca conoscenza,<br />
avrebbero addolcito le relazioni? I fatti<br />
smentiscono tutto questo. La maggior parte<br />
degli insegnanti, per esempio, denunciano in<br />
particolar modo le difficoltà create dai corsi di<br />
educazione sessuale nelle classi miste.<br />
J. Maritain:: Come nel primo ambiente umano, la<br />
famiglia, tanto i conflitti e le difficoltà quanto l’armonia<br />
hanno un valore educativo se c’è qualcuno<br />
che si cura di esaltarlo. Un ragazzo che ha sperimentato<br />
la vita in comune con le sorelle o le<br />
compagne, una bambina che ha vissuto in mezzo<br />
ai fratelli o ai compagni hanno guadagnato,<br />
senza saperlo, un vantaggio morale inestimabile<br />
e insostituibile per quanto riguarda le relazioni fra<br />
i sessi. Ma la cosa più importante è che crescere<br />
in questa prossimità crea nel cuore quel santuario<br />
di tenerezza e di serena quiete il cui ricordo è<br />
così terribilmente necessario all’uomo.<br />
M. Fize:: Ma perché non istituire classi opzionali,<br />
miste o separate, valutando poi i risultati?<br />
In ogni caso è positivo che il dibattito sia<br />
stato aperto; un confronto vivace e, speriamo,<br />
allargato, fra teorie e pratiche formative è ciò<br />
che serve, forse, per spingere la coeducazione<br />
oltre il bivio, lungo la strada che dal principio<br />
porta allo sviluppo.<br />
33
34<br />
qpe002004::coeducazione prospettiva qpe002004::coeducazione<br />
prospettiva<br />
Verso la fine degli anni sessanta la<br />
cultura che aveva dominato fino a<br />
quel momento e che aveva fatto<br />
della separazione tra i due sessi<br />
uno dei capisaldi più inattaccabili<br />
cominciò a essere messa in<br />
discussione. I movimenti<br />
studenteschi e quelli femministi<br />
rivendicavano spazi nuovi per i<br />
giovani e in senso più ampio per<br />
gli uomini e le donne.<br />
aGeSci:<br />
parliamone<br />
di Sandro Repaci e Manuela Benni<br />
IMIE Nazionali<br />
I L’AGI e l’ASCI pertanto incominciarono a<br />
interrogarsi sul loro essere associazioni che<br />
rivolgevano la loro azione educativa a ragazzi<br />
e ragazze separatamente. Si aprì così un dibattito<br />
a tutti i livelli, anche se l’elaborazione culturale<br />
più vivace e “sofferta” si visse ai vertici<br />
di entrambe le associazioni e ne furono maggiormente<br />
coinvolte le branche, in particolare<br />
quella Rover nell’ASCI e quella Scolte nell’AGI.<br />
Il dibattito fu lungo e appassionante; nei gruppi<br />
si facevano già le prime esperienze con attività<br />
che vedevano coinvolti ragazzi e ragazze e<br />
qualche giovane capo, compiuto il suo percorso<br />
educativo nell’AGI scelse di fare servizio in<br />
un branco ASCI. Erano sperimentazioni a volte<br />
un po’ azzardate, dettate più dal desiderio di<br />
rincorrere una novità culturale che permeava in<br />
quel periodo quella parte della società più<br />
sensibile alle nuove istanze di cambiamento,<br />
che da una riflessione profonda e metodologicamente<br />
meditata. Ma importanti e fondamentali<br />
sono state anche queste esperienze per lo<br />
sviluppo del pensiero futuro, e spesso proprio<br />
dalla base sono giunte indicazioni nuove e stimolanti.<br />
I I più facilitati furono quei gruppi ASCI e AGI<br />
che si trovavano a lavorare negli stessi luoghi<br />
(parrocchia) e che avevano più occasioni di<br />
confronto. In quel periodo il tema della coeducazione<br />
fu il nodo metodologico principale<br />
intorno al quale si mosse tutto il processo di<br />
fusione ASCI-AGI. Attorno a esso si sono<br />
costruiti molteplici percorsi e intese, ma anche<br />
dolorose lacerazioni sia all’interno delle due<br />
associazioni che, in seguito, a ridosso della<br />
nascita dell’AGESCI.<br />
I A distanza di trent’anni la coeducazione<br />
nella nostra associazione sembra un fatto<br />
ormai acquisito. Tranne alcuni convegni (come<br />
il forum internazionale sulla coeducazione<br />
promosso dall’Ente Educativo Mons. Andrea<br />
Ghetti nell’ottobre del 1999) e un po’ di lette-<br />
ratura in materia (qualche sporadico articolo<br />
fra il ’98 e il 2000 su “Proposta Educativa” e<br />
il numero di settembre ottobre ’98 di R/S<br />
Servire), poco evidenzia un interesse particolare<br />
e una tensione specifica verso questo<br />
argomento. Certamente i temi che abbiamo<br />
discusso e che ci hanno appassionato in questi<br />
ultimi anni non sono stati del tutto distanti<br />
da quelli che tempo addietro avevano coinvolto<br />
i capi, ma non sempre appare facile<br />
coniugare le problematiche affrontate con la<br />
coeducazione: a volte, quando parliamo dei<br />
ragazzi, li consideriamo come un tutto unico<br />
e facciamo difficoltà a vederli nella loro individualità<br />
e nella loro diversità.<br />
I Non è semplice cercare di capire i motivi di<br />
questa “distrazione”. Si potrebbe cercare di<br />
dare alcune risposte, non definitive e opina-<br />
bili, ma comunque vale sempre la pena provare,<br />
se non altro per provocare e per riproporre<br />
il problema. Probabilmente dopo gli<br />
entusiasmi e la ricerca dei primi tempi che<br />
hanno spinto l’Agesci a esplorare nuove strade<br />
per poter fondere al meglio le esigenze<br />
delle due associazioni “madri” (ricordiamo le<br />
sperimentazioni specialmente nella branca<br />
L/C) e gli sforzi compiuti per non far prevaricare<br />
una metodologia sull’altra, mantenendo<br />
il meglio di entrambe le esperienze, ci si è<br />
avviati verso la ricerca di un equilibrio che<br />
fosse l’espressione di questa nuova associazione.<br />
L’urgenza di altre problematiche che si<br />
affacciavano nella nostra società, e che con<br />
la sensibilità che ha sempre contrassegnato<br />
la nostra associazione, hanno catturato l’attenzione<br />
di tutti i livelli, ha fatto sì che il<br />
35
36<br />
qpe002004::coeducazione<br />
prospettiva<br />
problema della coeducazione fosse momentaneamente<br />
accantonato.<br />
I Era il tempo delle grandi intuizioni, come la<br />
necessità di lavorare per progetti (nei luoghi<br />
dove si fa educazione a livello istituzionale,<br />
come la scuola, si parla solo da qualche<br />
tempo di progetti) la riforma delle strutture, le<br />
riflessioni sul metodo, e ormai nella società il<br />
rapporto tra ragazzi e ragazze veniva vissuto<br />
come un dato acquisito e non più da costruire.<br />
In sostanza ci sembra che oggi l’Agesci non<br />
abbia un pensiero recente sulla coeducazione,<br />
così come invece, per esempio, sulla<br />
Progressione personale unitaria sulla quale ha<br />
riflettuto a lungo e ha aperto un significativo<br />
dibattito. Siamo certi che le certezze che avevamo<br />
raggiunto nei primi anni della unificazione<br />
ci sono state di aiuto per sviluppare tutto il<br />
pensiero successivo, ma oggi è tempo di tornare<br />
a riflettere su questo argomento alla luce<br />
delle mutate situazioni sociali, dei nuovi rapporti<br />
che si sono instaurati tra le persone, dei<br />
nuovi significati che ci troviamo a dare alle<br />
parole stesse. Alcuni passi sono stati fatti,<br />
come per esempio la riflessione sulla identità<br />
di genere che è appena iniziata e che ci obbliga<br />
comunque a un ulteriore approfondimento<br />
e una sua estensione a tutti i capi. Non vanno<br />
inoltre dimenticati i recenti passaggi metodologici<br />
che l’associazione ha fatto: l’educazione<br />
all’amore (C.G. 1999) e le riflessioni recenti del<br />
convegno Bosco del 2000 e le occasioni che<br />
potrebbe offrirci il prossimo convegno Giungla.<br />
I Il Progetto nazionale, che pone una nuova<br />
attenzione all’interculturalità ci offre una grande<br />
opportunità da giocare a proposito di coeducazione.<br />
Superate infatti le difficoltà del<br />
primo educare insieme ragazzi e ragazze<br />
abbattendo i vecchi stereotipi che chiudevano<br />
l’educazione in recinti inviolabili, oggi ci troviamo<br />
di fronte a stereotipi nuovi che traducono<br />
la parola uguaglianza con omologazione, e<br />
ancora dobbiamo fare i conti con la presenza<br />
di giovani provenienti da paesi diversi, con<br />
modelli per noi nuovi che dobbiamo stare<br />
attenti a valorizzare e non ad adattare al<br />
nostro, tenendo conto che spesso in molte di<br />
quelle culture il rapporto uomo-donna è ancora<br />
improntato alla separatezza e spesso a una<br />
prevaricazione di un sesso sull’altro.<br />
Dovremmo probabilmente rileggere la coeducazione<br />
come valorizzazione della diversità,<br />
diversità che ciascun individuo vive sia dentro<br />
che fuori e che si trasforma quindi in un valore<br />
da non negare, ma da cogliere appieno e<br />
intorno al quale costruire il nostro modo di<br />
educare. Dovremmo riscoprire la sessualità<br />
come la caratteristica di ciascuno, uomo o<br />
donna che sia, e come componente fondamentale<br />
in ogni rapporto; dovremmo infine non<br />
dimenticarci della “differenza” tra uomo e<br />
donna: una differenza non culturale, che pone<br />
i due sessi su piani diversi per capacità e<br />
importanza e tende ad attribuire ruoli definiti,<br />
ma una diversità che ci deriva dalla nostra<br />
stessa origine, quando «Dio creò l’uomo a sua<br />
immagine e somiglianza; …maschio e femmina<br />
li creò», dunque con la stessa radice e la stessa<br />
dignità, non uguali bensì simili.<br />
I Forse il provocare una nuova e profonda<br />
riflessione sulla coeducazione, ci porterebbe<br />
anche ad approfondire alcune tematiche legate<br />
al ruolo degli adulti nell’Agesci, e in quanto<br />
uomini e donne, e in quanto persone. Sempre<br />
più frequentemente ci troviamo di fronte a<br />
situazioni di difficoltà e di disagio tra i capi<br />
che vivono problematiche legate a crisi di<br />
identità, a instabilità affettiva, a difficoltà (specie<br />
tra i più giovani) a trovare una certezza<br />
lavorativa e di conseguenza una serenità personale:<br />
questo può mettere in seria difficoltà il<br />
loro ruolo di capi. Nella nostra associazione è<br />
fondamentale la testimonianza dell’adulto che<br />
deve aver raggiunto la maturità e l’equilibrio<br />
affettivo-relazionale e deve saper correttamente<br />
interpretare il suo genere di appartenenza e<br />
conoscere e rispettare l’altro. E come non pensare<br />
alla diarchia, questa inevitabile conseguenza<br />
nella composizione degli staff di unità,<br />
che a livello di quadri si è trasformata in testimonianza<br />
concreta, e spesso faticosa, di una<br />
scelta educativa. Vorremmo concludere con un<br />
invito ad avviare una riflessione profonda su<br />
questa tematica, che fa ormai parte, a trent’anni<br />
dalla sua nascita, del DNA dell’Agesci.<br />
Riteniamo che, al di là dei contributi che possono<br />
giungere dai vari livelli associativi e da<br />
stimoli esterni, il luogo privilegiato per questa<br />
riflessione sia la comunità capi e che gli eventi<br />
di formazione istituzionale e permanente<br />
dovrebbero costantemente stimolare questo<br />
approfondimento.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
prospettiva<br />
37
38<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
c-artando<br />
Coeduc-artando<br />
«Pa pa pa pa pa Papagena!<br />
Pa pa pa pa pa Papageno!».<br />
W.A. Mozart da “Il flauto magico” – II atto<br />
a cura di<br />
Andrea Quaresima<br />
«L’estetica è la madre dell’etica»<br />
J. Brodskij<br />
discorso per il Nobel 1987<br />
I È da questo pensiero che fa<br />
del gusto individuale la matrice<br />
da cui parte ogni scelta di<br />
vita e ogni giudizio sostanziale<br />
sulle componenti della<br />
nostra esistenza – fatta sì di<br />
bene e di male ma soprattutto<br />
di ciò che noi riteniamo<br />
bello e brutto – che chi vi<br />
scrive vuole partire in questo<br />
piccolo viaggio tra coeducazione<br />
e arte.<br />
I Il nostro sentire che diventa<br />
esperienza e testimonianza,<br />
condivisione e progetto,<br />
obiettivo e metodo.<br />
I Cos’altro è la coeducazione<br />
se non il con-dividere, il crescere<br />
insieme, il con-tratto di<br />
un percorso da seguire, la coproduzione<br />
di contenuti?<br />
I Uomo e donna, adulto e<br />
ragazzo, “capo” e “capa”,<br />
diverso e diverso, l’io e il tu,<br />
Dio e l’uomo, noi e il nostro<br />
ambiente, il particolare e il<br />
tutto, sono i soggetti di un<br />
abbraccio che crea esistenza,<br />
idee, prospettive e progetti<br />
ma anche emozioni, sentimenti<br />
ed affetti. Chi non ricorda il<br />
primo bacio o il primo abbraccio<br />
fraterno? Chi non si è<br />
commosso di gioia per la<br />
prima lettera d’amore ricevuta?<br />
Chi non ha trepidato per<br />
un grazie atteso?<br />
I Taluni dicono che siano i<br />
fatti a scandire la nostra esistenza,<br />
e forse è vero, ma a<br />
ben vedere ciascuno di noi,<br />
ormai adulto, riesce meglio a<br />
segnare le tappe della propria<br />
vita alla luce di quanto ha<br />
provato: la gioia del primo<br />
successo, l’imbarazzo della<br />
prima dichiarazione d’amore,<br />
la fatica del primo esame, la<br />
paura della prima impresa, il<br />
dolore di una perdita.<br />
I Senza l’emozione che lega<br />
gli avvenimenti alla nostra<br />
vita, questi rimarrebbero fatti<br />
di cronica cronologica, esperienze<br />
che la nostra memoria<br />
stenterebbe ad ancorare a sé.<br />
I Il nostro servizio di educatori,<br />
compendio di metodi e tecniche,<br />
privato della nostra<br />
gioia e della nostra fatica<br />
risulterebbe un mestiere poco<br />
attraente perché senza fantasia<br />
e trasporto; sarebbe come<br />
costruire un tavolo seguendo<br />
il libretto delle istruzioni: un<br />
prodotto ben fatto, utile, ma<br />
sempre un oggetto che non ci<br />
dice niente perché non<br />
nostro. I nostri ragazzi, invece,<br />
quando al campo costruiscono<br />
il LORO tavolo, se lo<br />
ricorderanno sempre e si<br />
dispiaceranno quando verrà il<br />
momento di distruggerlo.<br />
Dondolerà, il pianale sarà tale<br />
solo di nome, le legature si<br />
smolleranno presto, si infangherà<br />
alla prima pioggia,<br />
ma resterà sempre<br />
e orgogliosamente<br />
il loro tavolo.<br />
Il più bello che<br />
ci sia. Impareranno<br />
sì, col tempo, a costruirlo<br />
meglio e più solido, ma<br />
quello sgangherato rudimento<br />
di falegnameria lo racconteranno<br />
ai loro nipoti come la<br />
loro S. Pietro.<br />
I Anche noi, da grandi, qualcosa<br />
del nostro servizio lo<br />
racconteremo ai nostri figli,<br />
ma – e qui vi voglio – sarà<br />
certo che selezioneremo quanto<br />
ci ha dato brividi, gioia,<br />
magari ansia o paura (tutti<br />
ricordiamo ancor tremando,<br />
ad esempio, le ore in cui<br />
abbiamo atteso insonni il<br />
ritorno di una squadriglia<br />
dalla missione o i rover dall’hike).<br />
I L’arte in questo ci aiuta<br />
molto. Ci permette di veicolare<br />
quanto facciamo e di sottolinearne<br />
i momenti salienti a<br />
suggello di un’esperienza che<br />
vogliamo rendere indimenticabile.<br />
L’arte – questo mondo<br />
apparentemente lontano e<br />
destinato ai palati di pochi<br />
intenditori – è più vicino a<br />
noi di quanto sembra e, al di<br />
là di accademiche e inutili<br />
dimostrazioni, cercheremo qui<br />
di farne emergere la valenza,<br />
profonda e folgorante, di<br />
sublime educatrice.<br />
I Le creazioni degli artisti non<br />
hanno mai un valore fine a se<br />
stesso ma, addirittura trascendendo<br />
le intenzioni degli<br />
autori, arrivano a noi con i<br />
significati che diamo noi loro,<br />
siano ammirazione per l’imponenza<br />
della Cappella Sistina o<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
le lacrime per il tragico finale<br />
di un romanzo che ci fa piangere<br />
proprio perché sentiamo<br />
un po’ nostro e riusciamo a<br />
condividere (trasfigurandole<br />
dalla nostra vita) le vicende<br />
dei protagonisti.<br />
I L’arte quindi ispiratrice e<br />
modellatrice di significati<br />
e sfumature del nostro<br />
mondo emotivo, Musa<br />
della nostra esistenza.<br />
I La coeducazione è,<br />
come abbiamo visto<br />
sopra, un sostanziale cammino<br />
fatto insieme ad altri<br />
verso un nuovo mondo possibile.<br />
Un percorso tratteggiato<br />
da momenti, soste, simboli,<br />
cerimonie, riti, parole, pensieri,<br />
sospiri, desideri, speranze,<br />
difficoltà, abbandoni, ritrovi,<br />
rifugi, lotte, scontri, riappacificazioni,<br />
sorprese, conferme,<br />
sostegni e interstizi, nascite e<br />
morti, accettazioni e rifiuti. Ma<br />
è anche, per come la intendiamo<br />
noi, avventura, valorizzazione<br />
delle differenze, educazione<br />
a una affettività matura<br />
nella conoscenza di sé e<br />
dell’altro, felice connubio di<br />
generazioni che camminano<br />
insieme; una babele, insomma,<br />
di intersezioni vitali.<br />
I Intersezioni che per diventare<br />
vitali necessitano però di<br />
nutrimento e di sostanza nell’esperienza<br />
e nel pensiero. Il<br />
nostro e quello di chi ci aiuta<br />
a pensare o, e qui la magia, a<br />
vivere meglio.<br />
39
40<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
usica<br />
immediata. Emozione pura per-<br />
Papageno:<br />
«Suona, carillon, suona! Io<br />
devo vedere la mia ragazza.<br />
Suonate, campanelli, suonate,<br />
Portatemi qua la mia ragazza!».<br />
W.A. Mozart da “Il flauto magico” – II atto<br />
I Cominciamo con l’arte della<br />
musica. La forma d’arte più<br />
ché non richiede codici e conoscenze<br />
o allenamenti particolari<br />
per essere approcciata: o piace<br />
o non piace (il nostro gusto<br />
decide). Ognuno di noi,<br />
ammettiamolo, ha una colonna<br />
sonora della propria vita che<br />
ne accende i ricordi nel tempo<br />
e che ne sottolinea gli eventi<br />
quando questi accadono.<br />
I Capita a tutti, e crediamo di<br />
non sbagliare, di ricordare fatti<br />
e persone al solo ascolto di<br />
un brano o una canzone che<br />
passa casualmente per radio o<br />
provare emozioni al sentire un<br />
pezzo che finisce, azzeccatissimo,<br />
al nostro orecchio durante<br />
un momento di gioia o di tristezza,<br />
quasi volesse dirci che<br />
non siamo soli in quell’istante<br />
e che qualcun altro ha condiviso<br />
quel sentimento traducendolo<br />
in musica. L’esempio calzante<br />
e forse abusato è quello<br />
delle canzoni d’amore. Chissà<br />
quante – tecnicamente e poeticamente<br />
belle o brutte, ma<br />
questo alla fine è secondario –<br />
hanno accompagnato o tengono<br />
ancora per mano i nostri<br />
amori. Se a chi vi scrive, nel<br />
mezzo del cammino di sua<br />
vita, riesce profondamente<br />
emozionante l’ascolto di Hotel<br />
Supramonte di De Andrè o La<br />
canzone delle domande consuete<br />
di Guccini, a chiunque di<br />
voi che leggete passeranno<br />
alla mente brani intensi o,<br />
meglio, che voi avete reso<br />
intensi in quanto calzanti con<br />
la vostra vita.<br />
I Così come il vostro rubrichista<br />
prova oggi un sentimento<br />
di intima comunione universale<br />
ascoltando le Sonate per<br />
violoncello e pianoforte di<br />
Brahms, così chiunque di voi<br />
si sente sicuramente ispirato<br />
da qualche brano musicale<br />
(talvolta per fortuna le parole<br />
non sono necessarie) perché<br />
gli trasmette emozioni che<br />
solo lui, nel suo intimo,<br />
conosce.<br />
I La musica ha un ruolo importante<br />
nelle nostre attività (pure<br />
chi scrive ha cantato di quelle<br />
magliette fini con i suoi rover e<br />
scolte, sperando che prima o<br />
poi si trasformassero in scafandri,<br />
perché molto amate – fino<br />
alle lacrime – da qualche sensibile<br />
scolta) e va coltivata con<br />
entusiasmo e con attenzione al<br />
bello perché il bello veicola<br />
esperienze belle.<br />
I Ci permettiamo ora di proporvi<br />
solo qualche consiglio<br />
musicale che può aprirci alcune<br />
strade nel mondo emotivo<br />
della coeducazione e di facile<br />
impatto per i nostri ragazzi<br />
non sempre allenati alle sfumature<br />
più lievi del mondo<br />
musicale (tutti gli esempi qui<br />
sotto sono facilmente reperibili<br />
perché ancora in catalogo<br />
e disponibili in tutti i negozi<br />
anche a prezzi scontati).<br />
musica<br />
musica::amore e affetto<br />
1. Splendida per un Capitolo di<br />
Clan o per una veglia è la raccolta<br />
Fleurs di F. Battiato. Canzoni<br />
d’amore dalle mille sfaccettature<br />
in un’interpretazione lineare e<br />
suadente.<br />
2. La Nona sinfonia di Beethoven<br />
(in particolare il IV movimento<br />
con il suo celeberrimo Inno alla<br />
gioia) può aiutarci a percepire<br />
come una sola l’umanità, con<br />
forza, in un crescendo che si fa<br />
corale, voci diverse che si fondono<br />
e all’unisono diventano un<br />
trionfale tutto.<br />
3. I Notturni di Chopin, miniature<br />
per pianoforte che nella metafora<br />
della notte sottolineano la dolcezza<br />
e l’estasi del tempo che si<br />
ferma e diventa elegia.<br />
4. Pezzi sparsi:<br />
- C’è tempo di I. Fossati (da<br />
“Lampo viaggiatore”);<br />
- Dentro gli occhi di R. Vecchioni<br />
(migliore la versione da “Il grande<br />
sogno”);<br />
- La cura di F. Battiato (da<br />
“L’imboscata”);<br />
- La stagione dell’amore di<br />
F. Battiato nella bella e raccolta<br />
interpretazione di F. Mannoia (da<br />
“LIVE: certe piccole voci”);<br />
- Sotto il tiglio di A. Branduardi<br />
(da “Alla fiera dell’est”): traduzione<br />
in musica di una ballata agli<br />
albori della letteratura tedesca.<br />
5. Menzione speciale merita un<br />
lavoro pubblicato lo scorso anno<br />
per le edizioni “ALPHA - le chants<br />
de la terre” da titolo La bella<br />
noeva, antologia/selezione di<br />
madrigali seicenteschi secondo la<br />
tradizione del “raccontar cantando”<br />
interpretati dalla calda e bella<br />
voce, educata ma non lirica (a<br />
immediata comprensione dei testi),<br />
di Marco Beasley accompagnato da<br />
un’ensemble di strumenti d’epoca.<br />
L’amore nella poesia che si fa<br />
musica per raccontare la gioia, il<br />
dolore, il peso della lontananza, la<br />
sacralità del sentimento e la lode a<br />
Dio per questo dono. Sicuramente<br />
un capolavoro per chi ama la<br />
musica tout court. Unica pecca il<br />
prezzo di 20 euro: forse qualche<br />
centro culturale serio lo ha nella<br />
propria discoteca... Anche<br />
Monteverdi e Caccini possono<br />
entrare a pieno titolo nella nostra<br />
vita, più attuali e sublimi che mai.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
musica::diversità e incontro<br />
1. Due lavori summa poetica dell’incontro<br />
con l’umanità sola e<br />
che soffre sono Anime salve e<br />
Non all’amore non al denaro né<br />
al cielo di F. De Andrè. Un ascolto<br />
per pensare. Staffilate al cuore<br />
dei benpensanti, occasione per<br />
verificare come la diversità possa<br />
farsi musica e insinuarsi nelle<br />
nostre rigidità.<br />
2. Qualsiasi disco o pezzo di<br />
musica etnica può aiutare a entrare<br />
in culture e mondi diversi per<br />
conoscerne il sentire e le espressioni.<br />
In branca L/C ed E/G questo<br />
“esplorar musicando” offre bilioni<br />
di spunti per attività e giochi. Un<br />
solo esempio. Nell’incontro con il<br />
mondo arabo, attuale ma difficile<br />
nelle sonorità per i nostri orecchi<br />
più propensi alla melodia e all’armonia,<br />
un lavoro apprezzabile è<br />
la colonna sonora del film Il<br />
bagno turco dall’omonimo titolo.<br />
Un salto a Istanbul istantaneo e<br />
coinvolgente.<br />
41
42<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
ittura<br />
Tamino: «Questo ritratto è<br />
un incanto, mai occhio umano ne<br />
ha visto uno simile. Sento come<br />
quest’immagine divina mi colma il<br />
cuore di un’emozione nuova.<br />
Si tratta forse d’amore?<br />
Sì, sì! È soltanto amore».<br />
W.A. Mozart da “Il flauto magico” – I atto<br />
I Per quanto invece riguarda la pittura,<br />
altra forma d’arte di impatto<br />
immediato che non necessita di grandi<br />
codici interpretativi se non, forse,<br />
la collocazione delle opere nel tempo<br />
in cui sono state realizzate, il discorso<br />
si complica un po’. La pittura<br />
rischia facilmente retorica e agiografia,<br />
l’osservazione può stancare, l’occhio<br />
coglie meno dell’orecchio e<br />
passa prima le informazioni al cervello.<br />
Cosa che non fa bene quando i<br />
soggetti sono emozioni e affetti. Se<br />
poi ciascuno nella musica può leggere<br />
le proprie ispirazioni, l’immagine<br />
pittorica può rappresentare esclusivamente<br />
ciò che sente il pittore e quindi<br />
il giudizio si fa più immediato.<br />
I Si sono scelte tre opere che ad<br />
avviso di chi scrive non corrono il<br />
rischio di sentimentalismi. Anche perché<br />
grandissimi sono gli autori.<br />
Abbandoniamoci a loro.<br />
pittura<br />
pittura::<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
1. La sposa ebrea di Rembrandt, 2. Padre e figlio di Fausto 3. I due fratelli di Pablo Picasso,<br />
un quadro del 1662 e godibile allo Pirandello, collezione privata. esposto al Musée Picasso di Parigi<br />
Rijksmuseum di Amsterdam non- Reperibile nel catalogo dell’autore (da non confondere con l’altra<br />
ché reperibile in tutti i cataloghi – figlio di Luigi – edito da Charta opera omonima, grande il doppio,<br />
migliori del pittore. Lavoro “tardi- nel 1995. È un quadro del 1934. gustabile a Basilea). È un lavoro<br />
vo” (dipinto a 50 anni) tra i più Grandi le dimensioni e viva la raf- realizzato nel 1906 durante il cosid-<br />
celebri di Rembrandt, rappresenta figurazione di un padre, giovane, detto periodo rosa dell’autore. Un<br />
una coppia in primo piano su che affianca il figlio mentre questi ragazzino porta sulle spalle il fra-<br />
sfondo rosso-oro. Un marito con gioca con una palla rossa che nel tellino che gli si affida completa-<br />
gran garbo tocca il petto della sua lavoro rimane sospesa davanti alle mente. Il più grande si muove in<br />
sposa che con la propria mano due figure. Il padre, appoggiato a avanti guardandosi attorno, quasi a<br />
accoglie il gesto del compagno un muro con le mani dietro la dover decidere quale direzione<br />
mentre pone l’altra su proprio nuca, si rilassa. Il figlio, rassicura- prendere. Una partenza? Un passag-<br />
ventre. A santificare i luoghi della to dal genitore, gioca. C’è silenzio gio? Una storia? Colpisce il senso di<br />
generazione (il grembo) e del in questo quadro, il silenzio del- fiducia del più piccolo che, nella<br />
nutrimento (il petto). Non v’è tracl’amore che diventa presenza e protezione del fratello, si abbandocia<br />
di ricerca dell’eccitazione in tacito accordo. Il gioco della palla na a lui poggiandogli la testa sulla<br />
questa composizione che rappre- unisce due generazioni, ciascuna spalla. Non c’è ansia sul volto del<br />
senta il piacere dell’incontro con esplicita nel proprio carattere (non maggiore, ma ricerca. La linearità<br />
solennità e rispetto. I colori caldi si sa se il padre gioca col figlio, del tratto, senza orpelli paesaggi-<br />
– la descrizione della tecnica, ma questo non importa) offrendoci stici di contorno vuole ribadire la<br />
modernissima per l’epoca, la un insieme di equilibri, anche cro- centralità di questo intreccio. Molto<br />
lasciamo agli esperti – infondono<br />
una sensazione di raccoglimento e<br />
matici, che incoraggia.<br />
scout, diremmo noi.<br />
tenerezza. «Darei dieci anni della<br />
4. Per chi, infine, volesse conti-<br />
mia vita per poter rimanere dieci<br />
nuare a inebriarsi nelle pieghe del-<br />
giorni davanti a questo quadro<br />
l’unione umana, un autore tutto<br />
con solo una crosta di pane secco<br />
da scoprire è Marc Chagall, in par-<br />
da mangiare» scrisse Van Gogh a<br />
ticolare nelle sue opere dedicate<br />
proposito di quest’opera coglien-<br />
agli sposi. Compagni sempre uniti<br />
done la nutriente e disarmante<br />
e posti in terra, in cielo, sotto gli<br />
grandezza.<br />
alberi, sulle nuvole tra paesaggi<br />
rurali, scorci cittadini e simboli<br />
della tradizione biblica. Un mondo<br />
senza gravità tra fiaba (il desiderio)<br />
e mito (l’archetipo). Quadri<br />
fatti di simboli che sacralizzano la<br />
devozione d’amore per sigillarla<br />
nel mondo colorato del nostro<br />
presente. Quadri non solo da<br />
guardare ma da vivere.<br />
43
ibri libri<br />
44<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
Sacerdote:<br />
«Principe, ancora una volta,<br />
non dimenticate la parola<br />
d’ordine: silenzio!».<br />
W.A. Mozart da “Il flauto magico” – II atto<br />
I Volendo poi spaziare nel<br />
mondo letterario, dove è la<br />
parola che diventa strumento<br />
espressivo dell’animo umano,<br />
l’approccio si complica ulteriormente.<br />
La parola non è<br />
sempre trasparente, spesso<br />
dissimula, illude, mente, sottende.<br />
Talvolta mercifica. Ci<br />
vuole più allenamento per<br />
decifrare lo scritto, che necessita<br />
del pensiero.<br />
I La letteratura, oltre che generare<br />
mondi possibili – da confrontare<br />
o sovrapporre alla<br />
nostra quotidiana realtà – ha il<br />
grande merito di suscitare<br />
domande. Di senso, di merito,<br />
di contenuto. Ci apre nuove<br />
“prospettive cognitive”. Ogni<br />
libro ci fa più ricchi perché con<br />
qualche quesito o dubbio in<br />
più cui, eventualmente, dare<br />
una risposta.<br />
I Se inoltre consideriamo che<br />
la scrittura è una sintesi di<br />
relazioni (tra scrittore e lettore,<br />
tra personaggi, tra mondo<br />
creato e il nostro) tanto più il<br />
narrato plasmerà la nostra vita.<br />
I <strong>Coeducazione</strong> è relazione, la<br />
scrittura anche.<br />
I Su amore, affettività, rapporto<br />
con l’altro e con le diversità è<br />
stato scritto molto in tutti i<br />
tempi. Cose belle e cose brutte.<br />
Cose importanti e cose banali.<br />
Vorremmo qui proporvi solamente<br />
alcuni scritti che<br />
hanno, per ora, colpito chi<br />
scrive e gli hanno permesso<br />
di dubitare delle proprie certezze<br />
per aprirle a nuovi è più<br />
liberi orizzonti.<br />
Chissà… se ci rincontreremo ci farete sapere se le sensibilità, nell’arte<br />
o grazie a essa, si possono incontrare e nutrirsi insieme.<br />
Per coeduc-artare ancora.<br />
libri::<br />
Tornando indietro fino all’inizio del<br />
primo secolo dopo Cristo, sorprendente<br />
per bellezza e profondità, è assolutamente<br />
da leggere il racconto di<br />
Bauci e Filèmone dalle “Metamorfosi”<br />
di Ovidio (nell’edizione Bur è l’ultimo<br />
racconto del primo volume). Una coppia<br />
vive di un amore genuino che si<br />
apre al prossimo in tutta la sua semplicità<br />
e intimità fino a diventare simbolo<br />
eterno per gratitudine degli dei<br />
che, toccati da tanta purezza, immortalano<br />
– al di là della stessa morte –<br />
questo amore trasfigurandolo dalla<br />
caducità della natura umana.<br />
D’esempio per tutti. Poche pagine per<br />
rabbrividire di gioia e capire, finalmente,<br />
la perfetta letizia.<br />
D’altra epoca, più inquieta ma altrettanto<br />
diretta e sincera è una raccolta<br />
di sole dieci poesie di W.H. Auden<br />
(Adelphi, 5,20 euro) dove il poeta<br />
inglese, passando per la sua vita, i<br />
suoi incontri e l’imminente secondo<br />
conflitto mondiale si rivolge a noi:<br />
La verità, vi prego, sull’amore, che si<br />
fa tempo, gioia e sofferenza.<br />
Educare/educarsi all’amore poi non è<br />
cosa facile se non cresciamo nel<br />
nostro essere uomini e donne. Lupetti<br />
e lupette, esploratori e guide – nella<br />
loro avventura scout e nella loro vita –<br />
si confrontano continuamente col loro<br />
genere scoprendolo mano a mano. Per<br />
i più piccoli, un esempio di genere che<br />
diventa identità chiara nel confronto<br />
con l’altro è il mai abbastanza osannato<br />
Pippi Calzelunghe di A. Lindgren<br />
(Salani, 7,50 euro): femmina fino in<br />
fondo Pippi non rinuncia alle sue calze<br />
e alle sue trecce. Sola per destino, mai<br />
sola per scelta. Generosa femminilità<br />
che diventa miniera inesauribile per<br />
migliaia di giochi.<br />
L. Pergaud nella sua La guerra dei<br />
bottoni (Bur, 5,16 euro) senza giri di<br />
parole ricostruisce un mondo di<br />
preadolescenti alla scoperta del loro<br />
corpo e nel loro un po’ insolente<br />
differenziarsi dal mondo adulto<br />
povero di belle figure. Avvincente<br />
metafora della scoperta di noi e<br />
dell’altro; impresa e rischio, strategia,<br />
fantasia e pacificazione. Tutti gli<br />
ingredienti per attività memorabili.<br />
Sull’amore adulto, che abbatte convenzioni<br />
e convinzioni, status e differenze<br />
– oltreché altissima prova letteraria<br />
del suo autore, Le affinità elettive<br />
di W. Goethe (diverse edizioni,<br />
intorno ai 7 euro) è una lettura obbligatoria.<br />
Grandissima (e basterebbe<br />
per la lettura del libro) la figura di<br />
Ottilia, donna semplice, ostinata, rivoluzionaria<br />
nel suo coltivare l'amore<br />
costi quel che costi. C'è ispirazione<br />
per tutti in questo libro. Un Capitolo<br />
di clan non avrebbe esordio migliore.<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
Infine un libro che, invece, ci invita<br />
a un incontro con l’altro in maniera<br />
disarmante. Edito dalla cooperativa<br />
“Una Città” di Forlì (12 euro) La storia<br />
dell’altro è – «citiamo dal sottotitolo<br />
– “un manuale di storia per le<br />
scuole con due narrazioni, due<br />
“verità” che corrono parallele nella<br />
stessa pagina»: le storie di Israele e<br />
Palestina scritte da un folto gruppo<br />
di insegnanti e studenti palestinesi<br />
e israeliani. Scrittura e lingua scarne,<br />
dirette, senza belletti, per raccontarsi<br />
insieme nel rispetto delle<br />
differenze ma con l’attenzione a<br />
conoscere e provare a capire l’altro.<br />
Un libro straordinario, attuale, che<br />
fa sintesi e che apre il cuore, anche<br />
il più ruvido. Forse non facilissimo<br />
da trovare subito, ma ordinabile in<br />
qualsiasi libreria.<br />
Se non vi bastasse, per tornare<br />
alle diversità a noi più prossime,<br />
Nati due volte del recentemente<br />
scomparso grande scrittore G.<br />
Pontiggia (Mondadori, vari prezzi)<br />
ci accompagna nel mondo dell’handicap<br />
attraverso gli occhi di un<br />
padre con delicatezza e garbo ma<br />
con grande lucidità e ironia. Occhi<br />
che diventano i nostri, offuscati da<br />
limiti ed inutili pietismi. Collirio per<br />
il nostro cuore oltreché altra ottima<br />
prova di scrittura.<br />
45
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
46<br />
cinema<br />
Il cinema ci fa vedere il mondo<br />
con occhi nuovi, ce lo mostra<br />
popolato di esseri affascinanti<br />
mai incontrati prima… il mondo<br />
si spalanca davanti a noi.<br />
Il cinema ci insegna a compatire<br />
(cum-patire).<br />
a cura di Marco Vacca<br />
Billy Wilder<br />
I Il cinema, da par suo, si è poi ispirato<br />
tante, tante volte a questi problemi, li ha<br />
drammatizzati, sfruttati, riproposti in tanti<br />
film, per cui spesso, ci si chiedeva se<br />
quei film fossero sintomo o addirittura<br />
accelerazione dei comportamenti…<br />
I Qui troverete alcuni titoli che potrebbero<br />
essere utilizzati per riflettere “insieme”<br />
su questi temi e su vicende emblematiche,<br />
per cui esercitare il dovere del pensiero<br />
divergente, e dire il proprio Sì, il<br />
proprio No, il proprio Forse alle vicende e<br />
alle dinamiche che di volta in volta le<br />
strutturano.<br />
cinema::lupetti e coccinelle<br />
Gli anni in tasca di<br />
Francois Truffaut: un<br />
coro di bambini, con il<br />
loro retroterra familiare<br />
e sociale… Il bambino,<br />
veramente, “padre”<br />
dell’uomo… «L’infanzia<br />
è spesso in pericolo,<br />
ma possiede la grazia<br />
ed anche la pelle<br />
dura… perché, nelle<br />
lotte che conducono<br />
gli uomini, i bambini<br />
sono così spesso<br />
dimenticati?»…<br />
La strada per il paradiso<br />
di Mary Agnes<br />
Donoghue: «Non devi<br />
scappare davanti alle<br />
cose che ti spaventano:<br />
se lo fai, avrai sempre<br />
paura [...], Ecco, i bambini<br />
hanno bisogno di<br />
poter contare su elementi<br />
che diano speranza<br />
dopo l’evento<br />
negativo». (Anna<br />
Oliviero). Insomma, i<br />
bambini dei matrimoni<br />
falliti, dei matrimoni da<br />
salvare, e che scoprono<br />
il corpo, la vita, l’amicizia,<br />
i sentimenti, la<br />
morte, i “grandi”!<br />
I 400 colpi di François<br />
Truffaut: (ovvero: fare il<br />
diavolo a quattro!) la<br />
sequenza della classe<br />
per le vie di Parigi e il<br />
movimento della macchina<br />
da presa, la posizione<br />
del letto del piccolo<br />
protagonista in<br />
casa, la descrizione<br />
della mamma prima che<br />
appaia nel film, lo spettacolo<br />
delle marionette,<br />
il colloquio con la psicologa<br />
fuori campo,<br />
dalla scuola, e da<br />
“quella” famiglia, al<br />
riformatorio...<br />
cinema<br />
I ragazzi di Camp Siddons di Norman<br />
cinema::esploratori e guide cinema::rover e scolte<br />
Tacker: gli adolescenti e le famiglie, il<br />
volontariato e una città. Volontariato,<br />
ovvero: competenza, collaborazione,<br />
moralità, solidarietà per il bene comune,<br />
colori e particolare disposizione di<br />
una bandiera scout, il nodo che il<br />
“capo” non sa fare...<br />
L’albero delle pere di Francesca<br />
Archibugi: che affronta con grazia il<br />
mondo che sembra conoscere meglio:<br />
quello degli adolescenti: «càpita che<br />
anche le circostanze rendano libero<br />
un quattordicenne di mettersi alla<br />
prova, di esercitare la sua capacità, di<br />
proteggere lui gli adulti… uno sguardo<br />
più profondo sulla realtà delle famose<br />
famiglie “allargate”…» [...] «io ho vissuto<br />
in una famiglia libertaria, mia<br />
madre era montessoriana, e non ho<br />
ricordi difficili»… Per questo film, inoltre,<br />
una riflessione di un critico francese:<br />
«Fare vero non più lavorando il<br />
verosimile, ma facendo il verosimile<br />
con del vero» (Serge Daney).<br />
Il miracolo di Edoardo Winspeare: «Il<br />
film è anche una storia di tre solitudini,<br />
quella di Tonio, figlio di una coppia<br />
borghese; di Cinzia, che è così dura<br />
per i continui abbandoni della madre;<br />
quella di Sarino, il bambino di famiglia<br />
povera, amico di Tonio. Taranto è un<br />
valore aggiunto, è una delle città più<br />
belle e più ferite, inerte e piena di<br />
contraddizioni e si vive in una specie<br />
d’attesa, l’attesa del “miracolo”…».<br />
La guerra dei bottoni di Yves Robert: la<br />
socializzazione dei ragazzi: in gruppi o<br />
in bande? La rivalità tra ragazzi, e tra<br />
gruppi o bande. Il gruppo: con o senza<br />
un leader adulto? Come giudicare l’istinto<br />
della lotta, della rivalità nell’adolescente?<br />
Questo film è ancora attuale?<br />
Gioventù bruciata di Nicholas Ray:<br />
la paternità in Ray è solo di rado un<br />
rapporto di sangue. Di solito è<br />
l’adozione di un personaggio bisognoso<br />
di protezione da parte di un<br />
altro che mostra maggiore sicurezza<br />
e una identità meglio definita, conquistata<br />
a duro prezzo… “quella”<br />
famiglia, “quel” figlio? Una proposta:<br />
comporre tre gruppi, a ognuno dei<br />
quali affidare la disamina della famiglia<br />
in un solo personaggio, cioè dei<br />
due giovani e della ragazza.<br />
La forza della volontà di Ramon<br />
Menendez: un film, come romanzo<br />
pedagogico, in cui notare, tra l’altro,<br />
la funzione degli esperti in psicometria,<br />
e il loro rapporto con il<br />
docente e la sua classe. «Non<br />
importa che abbiano superato o no<br />
quel test… hanno imparato!». Scene<br />
di un interno (scolastico), ritenuto<br />
l’anticamera del carcere minorile. «A<br />
che serve saper contare se non si<br />
ha nemmeno un centesimo?».<br />
Elephant di Gus Van Sant: «Guardo<br />
i personaggi e coinvolgo il pubblico<br />
in questa osservazione. Senza offrire<br />
ragioni o risposte. Al cinema<br />
siamo abituati a sapere tutto, ma<br />
nella vita reale non capiamo mai<br />
nulla». «L’incuria dell’emotività o la<br />
sua cura a livelli così sbrigativi da<br />
essere controproducenti, è il massimo<br />
rischio che oggi uno studente,<br />
andando a scuola, corre». (Umberto<br />
qpe002004::coeducazione<br />
strumenti<br />
Galimberti). «La nuova individualità<br />
che si va affermando, ha la forza<br />
per reggere lo spazio di libertà e di<br />
solitudine che le è stato concesso?<br />
Io credo di no» (Id). Il film racconta<br />
la strage di Colombine, atroce gioco<br />
da ragazzi che costò la vita a 12<br />
studenti. «Prima i ragazzi seguivano<br />
la lezione, flirtavano, mangiavano,<br />
facevano fotografie… perché avvengono<br />
queste stragi? Non si sa. Non<br />
si è mai saputo. Il come è chiaro, il<br />
perché è ignoto». (Lietta<br />
Tornabuoni).<br />
Vito e gli altri di Antonio Capuano:<br />
«La violenza subita passivamente<br />
nell’età della formazione, sia nell’ambiente<br />
abitativo, sia nell’ambiente<br />
sociale, sia nell’ambiente scolastico,<br />
si ripropone attivamente durante<br />
il corso della vita» (Mario Gennari).<br />
Prima cosa: chi tiene i soldi deve<br />
morire. Seconda cosa: la camorra se<br />
non la fai tu, la fanno gli altri. Terza<br />
cosa: la televisione è più importante<br />
della mamma. E pure la droga.<br />
Quarta cosa: quando fai lo scippo<br />
non avere paura. Quinta cosa: a me<br />
piace la vita che faccio. «Caproni o<br />
pecore, il padrone vuole che gli rendiamo<br />
ogni bestia in buono stato.<br />
Non metterti in testa di impedire al<br />
caprone di puzzar di caprone: perderesti<br />
il tuo tempo e rischieresti di<br />
cadere nella disperazione» (Georges<br />
Bernanos). A proposito: far riscrivere<br />
o sostituire le 5 “cose”!<br />
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i quaderni di pe 002004<br />
La decisione da prendere<br />
Il Consiglio Generale 1970 sarà impegnato ad<br />
esprimere la propria scelta: pro o contro la coeducazione;<br />
livelli ai quali realizzarla; eventuale<br />
collaborazione con la ASCI a questo scopo; eventuale<br />
prima realizzazione di comunità capi miste.<br />
Implicazioni pratiche che ne deriverebbero:<br />
• responsabilità associativa: si va verso un’associazione<br />
unica? Domani le eventuali unità miste<br />
saranno ASCI o AGI o un’associazione nuova?<br />
• Tempi di attuazione;<br />
• Direzione delle unità: mista o monosessuale;<br />
• Formazione capi: studio e realizzazione di<br />
tempi e luoghi comuni.<br />
Mozione del Consiglio Generale AGI del 1969<br />
Piccola bibliogrAGESCI<br />
Quaderni AGESCI<br />
Identità di genere e metodo<br />
scout: la coeducazione<br />
Ed. Nuova Fiordaliso, 1994<br />
R/S Servire n. 4/1998<br />
<strong>Coeducazione</strong><br />
Quaderni AGESCI<br />
Regolamento metodologico<br />
Nuova Fiordaliso, 1998<br />
Proposta Educativa n. 8/2001<br />
Educare alla diversità<br />
Quaderni AGESCI<br />
Patto Associativo<br />
Nuova Fiordaliso, 2000<br />
AGESCI Branca L/C<br />
Manuale della Branca Lupetti<br />
e Coccinelle<br />
Nuova Fiordaliso, 2000<br />
AGESCI Branca E/G<br />
Manuale della Branca<br />
Esploratori e Guide<br />
Nuova Fiordaliso, 2001<br />
AGESCI Branca R/S<br />
Manuale della Branca<br />
Rover e Scolte<br />
Nuova Fiordaliso, 2003<br />
Proposta Educativa n. 2/2003<br />
Educazione all’amore e<br />
coeducazione<br />
Per chi volesse approfondire<br />
la storia della coeducazione:<br />
Estote Parati – Trifoglio<br />
1974/75/76<br />
Atti Consiglio Generale 1974<br />
Scout PE 1975/76<br />
Atti Consiglio Generale 1975<br />
Scout PE 1984<br />
Atti Consiglio Generale 1984<br />
Scout PE 1987<br />
Atti Consiglio Generale 1987<br />
associazione guide e scout cattolici italiani