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Medioevo: un pregiudizio secolare che perdura nel ... - Carducci

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104<br />

Franz Brandmayr<br />

Al ridimensionamento storiografico del concetto di discontinuità<br />

e rottura applicato alla diade ideal-tipica 330 <strong>Medioevo</strong>/Rinascimento<br />

e alla fragilità concettuale <strong>che</strong> oramai vi viene attribuita<br />

contribuiscono an<strong>che</strong> i motivi di continuità, <strong>che</strong> il Rinascimento<br />

sembra mostrare rispetto a certe caratteristi<strong>che</strong> medievali. Su questa<br />

linea sembra porsi an<strong>che</strong> il notevole lavoro di Burke, 331 <strong>che</strong> prende<br />

in esame gli anni fra il 1440 e il 1520 e <strong>che</strong> – perciò – coglie in<br />

pieno il periodo <strong>che</strong> ci interessa, quasi <strong>un</strong>a sorta di sutura fra le<br />

due epo<strong>che</strong>. In queste pagine lo storico inglese sostiene <strong>che</strong> la<br />

fioritura artistica e le ipoteti<strong>che</strong> caratteristi<strong>che</strong> rinascimentali della<br />

modernità, del realismo, della secolarizzazione e dell’individualismo<br />

non costituiscono affatto dei dati storici sicuri: «se pure è<br />

possibile salvarle, lo si potrà fare solo a costo di notevoli riformulazioni»,<br />

in quanto «tutte queste certezze si sono andate dissolvendo»<br />

<strong>nel</strong> corso della sua ricerca, 332 mentre – in realtà – <strong>nel</strong>l’«umanesimo<br />

rinascimentale […] sono ancora operanti <strong>un</strong> buon<br />

numero di elementi medievali» 333 . Il fenomeno rinascimentale italiano<br />

è reso infatti possibile da <strong>un</strong> laicato colto 334 – sulla cui matrice<br />

squisitamente medievale ci siamo già soffermati 335 – e dalla<br />

«vita ecclesiastica», <strong>che</strong> «in ness<strong>un</strong> altro paese d’Europa […] aveva<br />

uguale portata» 336 . An<strong>che</strong> Lucien Febvre mette in evidenza come<br />

lo spirito religioso del <strong>Medioevo</strong> sia «ben vivo […] in quel genio<br />

<strong>che</strong> più d’ogni altro a quel tempo aveva rivendicato la modernità<br />

del suo secolo» 337 , cioè in Rabelais, mentre altri insistono sul fatto<br />

330 WEBER M., Il metodo, cit., pp. 107-120.<br />

331 BURKE P., op. cit., pp. 29, 36-37, 39, 71, 214 e 223.<br />

332 Ivi, p. 29.<br />

333 BURKE P., Prefazione, in ID., Cultura, cit., p. X.<br />

334 Ivi, pp. 36-37.<br />

335 Vd. supra paragrafo 2.3.<br />

336 ULLMANN W., Radici, cit., p. 16.<br />

337 LE GOFF J., Prefazione, in ID., L’immaginario, cit., pp. XX-XXI; l’A. si riferi-

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