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Medioevo: un pregiudizio secolare che perdura nel ... - Carducci

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84<br />

Franz Brandmayr<br />

Ad esempio, <strong>nel</strong> suo volume non vi è alc<strong>un</strong>a menzione del<br />

fatto <strong>che</strong> il <strong>Medioevo</strong> riconobbe il valore delle arti meccani<strong>che</strong> 224<br />

e <strong>che</strong> lo fece «investendo le arti prati<strong>che</strong> di <strong>un</strong> significato spirituale»<br />

225 , per il quale «venne loro conferita <strong>un</strong>a nuova dignità» 226 . Né<br />

il Caprara scrive <strong>che</strong> a compiere questo passo sotto il profilo<br />

teorico è l’abate-filosofo Giovanni Scoto Eriugena, <strong>che</strong> <strong>nel</strong> IX<br />

secolo equipara il lavoro manuale a quello intellettuale 227 e opera<br />

– con ciò – <strong>un</strong>a netta rottura epistemologica sia nei confronti<br />

della civiltà classica <strong>che</strong> rispetto al pensiero di Agostino<br />

d’Ippona. 228 Nella società «ecclesiologica» 229 dell’alto <strong>Medioevo</strong>,<br />

infatti, il fine di ogni vita, <strong>che</strong> non può essere altro <strong>che</strong> vita<br />

cristiana, è: divenire “immagine e somiglianza di Dio”, e ciò si<br />

realizza an<strong>che</strong> attraverso il lavoro. 230 Già a partire dal VI secolo<br />

224 Associandole per dignità a quelle liberali (LE GOFF J., Il <strong>Medioevo</strong>, cit., p. 71).<br />

225 NOBLE D.F., op. cit., p. 17.<br />

226 DOLZA L., op. cit., p. 52.<br />

227 NOBLE D.F., op. cit., p. 20; Dolza, invece, sembra situare <strong>nel</strong> secolo XII,<br />

quello della Rinascenza, questo passaggio assai importante sotto il profilo<br />

teorico-filosofico: secondo la storica sarebbe stato Ugo da San Vittore a<br />

«colloca[re] le arti meccani<strong>che</strong> <strong>nel</strong>l’ambito del sapere» <strong>nel</strong>le sue opere intitolate<br />

Didascalicon ed Epitome Dindimi in philosophiam (DOLZA L., op. cit., p. 57;<br />

parentesi quadrata mia). In Noble (ivi, pp. 24-26) gli scritti di Ugo sembrano<br />

avere piuttosto <strong>un</strong> valore di rinforzo e di amplificazione, <strong>nel</strong>la mutata temperie<br />

culturale, dei contenuti elaborati da Giovanni Scoto. Cfr. an<strong>che</strong> LE GOFF J.,<br />

Lavoro, tecni<strong>che</strong> e artigiani nei sistemi di valore dell’alto <strong>Medioevo</strong> (V-X secolo), in ID.,<br />

Tempo, cit., (1971), p. 90, <strong>che</strong> avvalora la posizione di Noble.<br />

228 NOBLE D.F., op. cit., p. 21. Come è noto, Agostino, già mani<strong>che</strong>o e – com<strong>un</strong>que<br />

– neoplatonico an<strong>che</strong> dopo la conversione, manifesta <strong>un</strong> atteggiamento<br />

non particolarmente positivo verso la materia in generale e il lavoro<br />

manuale in particolare (DOLZA L., op. cit., pp. 47-48; cfr. NOBLE D.F., op. cit.,<br />

14-15 ); in definitiva egli non sembra discostarsi dalla posizione classica, <strong>che</strong><br />

fa prevalere le arti liberali su ogni altra forma di attività umana.<br />

229 ULLMANN W., op. cit., p. 12 et passim.<br />

230 DOLZA L., op. cit., p. 51. Cfr. infra le nt. 314 e 321.

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