Libretto storie - Comune di Torcegno

Comune di Torcegno
STORIE E LEGGENDE
DI RE, STREGHE,
ANIMALI,
CASTELLI, FATE,...
A la sera …
na storia
GIOCHI,
CREAZIONI,
LAVORETTI,...
Sistema bibliotecario
Valsugana Orientale

Sfogliando le pagine di
questo libro puoi trovare
storie e leggende di re,
maghi, orchi, folletti, streghe,
…
Inoltre ci sono anche alcuni
giochi e lavoretti che puoi
fare da solo o con i tuoi
Buon divertimento!

Porta al Punto Cultura una storia
che conosci o che hai inventato, le
più belle saranno pubblicate e
premiate!!

IL RE DEI BERTI
RE E REGINE
AI maso dei Bèrti, che l'è 'n maso de Traozen, viveva na volta
na familia de veciòti, pora gente. L'era inverno, e i era tuti là
vezin al fogolaro che i se la contava. De fora l'era note, 'I
fiocava, l'era fredo.
Manamàn i sente bater ala porta.
«Chi èlo?»
«Son 'n viandante e voleva domandarghe se per stanote podé
darme de dormir».
«Vegné avanti, vegné avanti», i dir quei de derento, e i vèrde la
porta. Se presenta 'n òmo de 'n bel portamento, co na gran
mantèla mora sule spale, na bareta de lana sula testa.
«Vegné, vegné vezin al fogolar,» la dir la veciòta, «penso che
gaveré fredo, saré bagnà».Alora 'I va vezin al fogolar, 'I se
senta do, i se mete a ciacerar.
«De 'ndove vegnéo pò?», la dir ela.
«De tanto lontan».
«Avéo zenà?»
«Oh, zenà! Fin adeso
no ò messo 'n boca
gnente-no».
«Ben,» la dir, «gavé la
facia de 'n galantomo,
me dé fiducia e
qualcòsa gh'è anca per
voe. Anca se son pora
gente, e gavon debiti,
perché no gavon soldi
par pagar le stéore-no
(tasse).
Per tirar avanti avon
copà 'n vedèlo sti dì, ma
no l'avon denuncià-no,
perché senò no ne resta
gnente-no, le ne lo
magna fora le stéore.
Avon fato 'n bon bro per
tirarne su, e na scudèla
'n ghe n'è anca per voe».
«'L beveria propio
volentiera, gaveria
bisogno».
«Ben, ve 'I preparo».
'L viandante 'I ciàpa la scudèla de legno piena de bro che
fumava e pian pianòto 'I lo beve.
«Me racomando però,» la dir la veciòta, «no sté dirghe gnente a
nissuni-no, perché se i ne ciàpa ston freschi! ».
«Gavé fiducia 'n mi; no ghe digo gnente a nissuni-no. Voleva
domandarghe, bona dòna: podéo darme anca da dormir par sta
note? perché no saveria propio 'ndove 'ndar-no».
«Camere noaltri no 'n ghe n'avon-no, ma gavon na bela tèda co
na mòta de fen; ve fé do 'n buso e dormì pacifico».
Bison pensar che la scala per nar sula tèza la marciava dela
cosina; e là, sul a tèda, i dormiva tuti.
'L viandante 'l saluda e 'l va a dormir.
Ala matina dopo, bonora,'l leva su, 'l riva 'n cosina e 'l trova la
veciòta che l'aveva già argià na bela scudèla de late caldo. Elo 'l
lo beve de gusto e prima de marciar 'l ghe dir:
«Scolté, so ben che no l'è 'n gran che-no, ma ve lasso qua questo».
E 'l gà messo sula tàola 'n soldo de oro. I do veciòti no i aveva
mai visto prima de alora 'n soldo de oro.
I s'à saludài e 'l viandante l'è ndà.
'L di dopo riva al maso 'l daziaro e 'l va drito dai do veciòti. E
lori iciapa na stremia quando che i lo vede rivar: «Te 'darè», i
pensa, «che qualcheduni i è ndài a far la spia par 'l vedèlo che

CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
Cartoncini colorati A4
Fogli A4
Bucatrice
Pennarelli
Carta velina, adesivi, …
Nastro colorato
“Il diario dell’estate”
Tagliare sia il cartoncino colorato formato A4
sia 10 fogli a metà;
con la bucatrice fare due buchi su un lato di
tutti i fogli e anche sul lato del cartoncino;
decorare la pagina di cartoncino a piacere: con
disegni, adesivi, creazioni di
carta velina;
scrivere il titolo con i pennarelli
colorati: “il mio diario” oppure “il
diario dell’estate”… ;
riunire tutti i fogli e mettere in
cima e in fondo a questi i
cartoncini;
IL MIO
DIARIO
GIOCHIAMO INSIEME
Attento al ritmo!
In cerchio, seduti per terra, ogni bambino tiene nelle mani una
bottiglietta di plastica riempita fino a metà con la sabbia.
Al ritmo lento del tamburo ognuno passa al vicino di destra la
propria bottiglia, posandogliela davanti, e si prende la bottiglia
del vicino di sinistra.
Quando il tamburo batte velocemente due colpi “tam tam” si
cambia la direzione del giro mentre quando smette di battere
ciascuno deve alzare la propria bottiglia in alto.
Chi sbaglia viene eliminato e deve abbandonare il gioco
uscendo dal cerchio.

E 'nveze 'l daziaro 'l ghe dir:
«Vardé che no gavé pu gnente de pagar-no. È stà tuta messo a
posto» .
«Come mai?», i dir i do veciòti, che propio no i era boni de capirno.
«S'à presentà da mi 'n sior che l'à pagà tuto», 'l dir 'l daziaro.
De là a 'n poco è vegnesto fora la verità: sto sior, che era stà
dalori, altro no l'era che 'l fiolo de l'imperator Francesco
Giuseppe, Rodolfo, che,come se sa, ghe piaseva n'dar fra la gente
del sò regno senza farse cognosser, a véder come che la stà, come
che la vive."
Da quel dì al veciòto del maso, propio per quel fato che è suceso,
i ga ciamà 'de soranome ''l re dei Bèrti ”.
AL PUNTO CULTURA PUOI TROVARE DEI BEI
LIBRI CHE PARLANO DI RE E REGINE!
Nella Parigi del Re Sole, Fiona MacDonald,
Mark Bergin;
Lily Quench e la regina drago, Natalie Jane Prior,
Giunti Junior;
CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
“La corona da re e da regina”
Cartone ondulato argentato
o dorato
Pennarelli
Carta di vari colori
Forbici
Cucitrice
Disegnare il contorno della corona sul retro del cartone
ondulato;
Ritagliare la corona e attaccare su di essa pezzetti di carta di
varie forme o palline di carta colorate;
Colorare a piacere.
Formare la corona adattandola alla testa e
incollarla con due punti di cucitrice.

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AL PUNTO CULTURA PUOI TROVARE DEI BEI LIBRI
CHE PARLANO DI VIAGGI!
Il viaggio della QV66, Penelope Lively, Mondadori
Clara va al mare, Guido Quarzo, Salani Editore
Un’estate particolare, Patricia MacLachlan, Mondadori
E PER I PIÙ PICCOLI:
Tutti al mare, Bulgarini Editore
Porta al Punto Cultura una
storia che conosci o che
hai inventato, le più belle
saranno pubblicate e
premiate!!

GIOCHIAMO INSIEME
Eleggiamo il re!
1. Per prima cosa si formano due squadre; una composta dalle
bambine e l’altra dai bambini;
2. per terra si disegna un cerchio abbastanza
grande;
3. all’interno del cerchio entrano tutti i
maschietti mentre le bambine
stanno all’esterno;
4. una bambina alla volta entra
all’interno del cerchio e
saltando su una sola gamba
deve cercare di toccare i
bambini che invece
corrono liberamente
entro i confini del
cerchio;
5. i bambini toccati
abbandonano il gioco
ed escono dal
cerchio;
6. le bambine si
danno il cambio
entrando così una
alla volta nel
cerchio per
r i u s c i r e a
toccare tutti i
maschietti;
7. l ’ u l t i m o
bambino rimasto è
eletto re!
Questo gioco può essere
ripetuto invertendo le
posizioni dei bambini
ORSI, LUPI E ORCHI...
GLI ORCHI DI RONCEGNO
Si sapeva che su, sopra il paese, in una zona di rocce, massi e
caverne, abitavano gli Orchi, esseri in carne ed ossa proprio
come gli altri uomini ma enormi di statura, forniti di muscoli
possenti e brutti da non credersi. Non si sapeva invece da
quanto tempo avessero scelto quel luogo come propria
abitazione ne da dove fossero venuti.
Gli unici a saperlo erano gli orchi stessi ma come avrebbero
potuto confidarlo agli uomini se essi, non appena gli scorgevano,
scappavano a gambe levate?
I poveri Orchi, grandi e grossi com’erano, si sentivano umiliati e
tristi per questo terrore, questa diffidenza che gli uomini di
Roncegno manifestavano nei loro confronti. A volte avrebbero
tanto desiderato poter scambiare una parola amichevole coi
contadini del luogo, bere con essi un bicchiere di vino, entrare
nelle loro case.
La solitudine si sa è cattiva compagna che frequenta sia grandi
che piccini. Molte volte , in passato, gli Orchi avevano tentato
di farsi amici gli uomini cercando di aiutarli, ma la loro stessa
forza gli aveva traditi.
Un giorno, per esempio, un carro di un contadino si era
rovesciato lungo una scarpata ed il padrone ed i familiari
stavano tentando inutilmente di rialzarlo, quando passò di li
vicino uno degli Orchi che pieno di buona volontà, afferrò il
carro e i buoi fra le mani, rimettendoli sulla strada. Purtroppo
la sua stretta era così formidabile da stritolare il carro.
Un’altra volta, visto il contadino che stava faticosamente
arrampicandosi lungo il pendio di un monte, sollevatolo
delicatamente con un dito, lo aveva deposto in meno di un
secondo sulla montagna.

GIOCHIAMO INSIEME
Chi sono?
1. Tutti i bambini si mettono in cerchio.
2. Uno di loro si allontana e sceglie una professione da mimare
ai suoi amici (insegnante, muratore, scrittore, cuoco, medico,
...)
3. Il bambino si mette nel
centro del cerchio e deve
far indovinare agli altri il
mestiere scelto usando
solo gesti, movimenti ed
espressioni (senza parole o
suoni!!)
4. Ciascuno ha solo una
possibilità per indovinare.
5. Il bambino che riesce a
scoprire la professione
interpretata dal
compagno diventa
il nuovo giocatore.
6. Il gioco può
continuare fino a
q u a n d o s i
desidera. Inoltre si
può cambiare
anche il soggetto
d a i m i t a r e
( a n i m a l i ,
oggetti,...)
VIAGGI
SCRIVI TU UNA STORIA SUI VIAGGI !!
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Al pover’uomo venne risparmiato un lungo e faticoso cammino,
ma lo spavento provato fu tale da renderlo muto per il resto dei
suoi giorni. Questi ed altri episodi del genere resero quanto mai
problematica una amichevole e serena convivenza con gli orchi.
Una sera gli Orchi decisero di fare una passeggiata.
Camminando speditamente, scherzando e ridendo, quasi senza
accorgersene giunsero oltre il limitare del bosco, in vista di
maso Vestri. Le finestre erano illuminate della luce delle
lanterne e la casa risuonava di voci ridenti. Gli Orchi stupiti si
fermarono in ascolto.
Richiami, canzoni … in quella casa dovevano abitare persone
buone e felici… persone che forse avrebbero accettato anche la
compagni di qualche Orco solitario.
La sera seguente il più piccolo di loro si portò nel prato
antistante maso Vestri e con voce tonante e un poco roca per lo
sforzo di contenerla in limiti sopportabili ad orecchie umane,
chiamò il padrone di casa. Tutti gli abitanti del maso si
affacciarono tremanti sulla soglia, ma quando ebbero sentito le
richieste dell’orco lo invitarono amichevolmente ad entrarvi.
Non avevano ancora terminato questo invito che, con
costernazione, videro balzare dai limiti del bosco altri cinque o
sei Orchi. Facendo buon viso a cattivo gioco e raccomandandosi
a Dio, invitarono tutti i giganti a sedersi attorno al focolare.
Questi felici per aver trovato degli amici, raggomitolandosi per
non scoperchiare il tetto e sussurrando per non far crollare le
mura, entrarono in casa. Fu una serata veramente memorabile,
tale da venir ricordata per anni e anni. Quello che piacque di
più agli Orchi fu il vino. Rosso e robusto, sembrava un elisir di
gioia e forza.
Per amore di quel vino e della compagnia, i timidi Orchi
ritornarono anche il giorno seguente e l’altro ancora.
Finalmente, credendo di essersi conquistata l’amicizia degli
abitanti del maso Vestri osarono chiedere quale fosse la pianta
che produceva frutta tanto meravigliosa da donare, una volta
lavorata, quel succo fantastico. Questa richiesta fu accolta con
un gelido silenzio.
Perchè, sembrarono chiedersi i contadini, agli orchi potevano
interessare le viti? Forse che stavano meditando un tiro
malvagio ai loro danni, magari una stregoneria che avrebbe
distaccato per sempre le loro viti? Questi timori indussero il
padrone di casa a rispondere:
“Questo vino? Ah … lo ricaviamo dai rovi”
Gli Orchi creduloni, tornarono alla loro caverna facendo
progetti per una piantagione di rovi. Al mattino, di buon’ora,
dissodarono il terreno e vi piantarono un grande rovaio. Da
quel momento per loro ebbe inizio un periodo di attesa
gioconda.
Quasi ogni giorno si recavano dai loro nuovi amici per chiedere
istruzioni su come irrigare, curare e zappare il vigneto.
Gli abitanti di maso Vestri, che ormai non potevano più
confessare l’inganno, li assecondavano con mille consigli.
Un bel giorno però gli Orchi che, essendo timidi e in buona fede
ma per niente stupidi, si accorsero della differenza che esisteva
fra il loro vigneto e quello di maso Vestri.
Allora sentendosi traditi dall’amicizia, lanciarono furibondi la
loro maledizione:
“Da ora in poi che le viti abbiano radici fino alle punte”
gridarono. In quello stesso momento il vigneto di maso Vestri si
trasformò in roveto e roveto rimase per sempre.
AL PUNTO CULTURA PUOI TROVARE DEI
BEI LIBRI CHE PARLANO DI STREGHE,
MAGHI E FATE!
Il richiamo della foresta, Jack London,
Malpiero Editore
E PER I PIÙ PICCOLI:
L’Orso guardaboschi, La coccinella Editore

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Porta al Punto Cultura una
storia che conosci o che
hai inventato, le più belle
saranno pubblicate e
premiate!!
CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
3 fili di colore diverso lunghi
60 cm ognuno
Nastro adesivo
“I braccialetti dell’amicizia”
Piega tutti i fili a metà, avvicina quelli dello stesso colore per
ottenere tre capi e annodali;
fissa il nodo con il nastro adesivo alla
tavola;
inizia ad intrecciare i fili come se stessi
facendo una treccia;
continua in questo modo e quando hai
concluso la treccia fai un altro nodo,
avvolgi il braccialetto attorno al polso e
fai un nodo tra i due capi.
A
B
C

CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
Cartoncino nero
Forbice
Taglierino
Carta velina di vari
colori
Cartoncini colorati
Colla
“Maschere divertenti”
1. Disegna con una matita una sagoma
simile a quella che trovi qui a fianco e
grande come il tuo viso;
2. ritaglia la sagoma e con il taglierino
anche bocca e occhi;
3. strappa la carta velina in piccoli pezzetti;
4. Ora attaccali alla sagoma coprendola completamente;
5. puoi anche fare una bella lingua alla maschera ritagliando un
piccolo pezzetto dal cartoncino rosso e poi incollandolo sulla
sagoma;
6. fai due piccoli buchi ai lati della maschera, all’altezza degli
occhi, e poi passa l’elastico fermandolo con due nodi.
GIOCHIAMO INSIEME
Un bambino a scelta
impersona l’orso goloso
mentre tutti gli altri sono
delle piccole gocce di
miele . L’orso ha molto
fame e deve cercare di
acchiappare le goccioline!!
L’orso goloso
Orso goloso
In un campo da gioco abbastanza grande l’orso si dispone
lungo un lato mentre tutti gli altri bambini si mettono dal lato
opposto.
Al grido “Ho tanta fame” l’orso inizia a correre verso le gocce
di miele mentre quest’ultime cercano di scappare.
Tutti i bambini che vengono toccati diventano anche loro orsi
golosi.
Il gioco continua in questo modo.
L’ultimo bambino rimasto è il vincitore
del gioco e diventa il nuovo orso goloso
per dare il via ad una nuova partita!!
Gocce di miele

BAMBINI E BAMBINE
IL PICCOLO TUK
Tuk era un bambino danese. Quel pomeriggio stava studiando
geografia; ma doveva anche badare a Gustava, la sorellina. E
come si fa a studiare quando una sorellina vuole giocare?
Il piccolo Tuk si sforzava… ma la geografia della Danimarca è
ancora più complicata della nostra. Al momento di andare a
letto Tuk ricorse ad un vecchio trucco: mise il libro sotto il
cuscino. Aveva sentito che era un ottimo metodo per imparare
la lezione.
“Speriamo funzioni” pensò.
Tuk era nel letto, dormiva… no, non dormiva. Il libro, sotto il
cuscino, grattava, si spostava. Anche Tuk si muoveva. Non era
più a letto, era in groppa ad un cavallo. Un cavaliere
splendidamente vestito con le piume ondeggianti sull’elmo lo
teneva in groppa davanti a sé.
Galoppa, galoppa, galoppa… tutte le città della Danimarca
apparivano sotto di lui, e di ognuna il cavaliere gli raccontava
la storia e gli elencava il numero degli abitanti.
Spuntò il sole e il piccolo Tuk si svegliò. Balzò in fretta dal letto
e rilesse il suo libro. Tutto ad un tratto si accorse che sapeva la
lezione, dalla prima all’ultima parola.
All’improvviso si ricordò del cavaliere.
“Grazie amico” disse sorridendo.
SCRIVI TU UNA STORIA
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MONTAGNE DEL LAGORAI
IL SALVENELO
Poche persone osavano avventurarsi nei boschi delle montagne
del Lagorai.
Di giorno vi si recava qualche vecchietta a far legna o vi
entravano dei ragazzini per raccogliere, nella giusta stagione,
fragole e mirtilli. I pastori preferivano rimanersene, col loro
bestiame, negli ampi prati. Il bosco? Meglio non andarci,
dicevano, per evitare incontri spiacevoli con l’orso o col
Salvanèl, l’agile folletto che scorazzava allegramente per la
foresta dondolandosi ai bassi rami degli alberi,
rincorrendo le lepri, canterellando fra sè e sè. Se egli
incontrava, per caso, qualche mortale, subito
s’adombrava credendo che il nuovo arrivato volesse
offenderlo, privarlo di qualcosa o deriderlo. Ed allora
l’ometto s’incattiviva e subito meditava una
raffinatissima vendetta che metteva in atto senza
preoccuparsi del fatto che in realtà a lui non era stato
fatto proprio nulla. Con questo sistema era riuscito a
tener gli uomini lontani dalla sua amatissima foresta
dove viveva da signore e padrone.
Un giorno il nostro folletto se ne stava seduto ai piedi di
un albero facendo di tanto in tanto
boccacce agli scoiattoli, quando udì,
lontano, degli strani tonfi. Aguzzò le
orecchie. Erano tonfi, schianti, e uno
stridere strano, come se delle seghe
stessero penetrando nel cuore degli
alberi. Incuriosito e già irritato, il
Salvanèl balzò in piedi correndo a
perdifiato verso i misteriosi rumori.
Giunto quasi al limite della foresta scorse degli uomini
che stavano veramente abbattendo degli alberi.
Non uno o due ma molti. Sembrava volessero spaccare la
foresta in due.
La sua foresta!
Il Salvanèl divenne paonazzo dalla rabbia, pestò
furiosamente i piedini, cominciò a gridare con la sua
vocetta fessa:
« Fermi, fermi! Me la pagherete, me la pagherete! »
Ma il frastuono prodotto dalle seghe e dalle accette
copriva le sue grida. Di tanto in tanto, un grande albero
annoso crollava al suolo schiacciando sotto le fronde nidi
d’uccelli e scoiattoli.
« Fermi, assassini, o la mia vendetta sarà terribile! »
continuava a gridare il folletto.
Due boscaioli, vicino a lui, interruppero il lavoro per
riposarsi un momento.
Il più vecchio disse, rivolto all’altro:
« Chissà come sarà arrabbiato il Salvanèl vedendoci
irrompere nella sua foresta.”
Non potevamo evitarlo e tu lo sai benissimo, »
rispose l’altro tergendosi il sudore.
I soldati ci hanno sequestrato gli armenti e chiuso i
passi. Non possiamo comperare nelle valli limitrofe quel
che ci serve per nutrire le nostre famiglie. L’unica nostra
speranza di salvezza sta nel tentare di aprirci una
nuova strada attraverso i monti, lo sai benissimo ».
« Lo so, lo so, »
rispose il primo boscaiolo riprendendo in mano l’ascia,
» ma non credo che il nostro folletto ne terrà conto ».

CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
Mollette da bucato di
legno
Cartoncino bianco
Matita
Pennarelli
Forbici
Colla vinavil.
“Streghe a molla”
1. Riprodurre il modello della strega su cartoncino bianco.
Ritagliare il contorno con le forbici.
2. Colorare con i pennarelli, ricordandosi di disegnare occhi,
bocca e naso.
3. Ritagliare delle etichette dal cartoncino bianco, colorarle a
piacere e scrivere il proprio nome o quello di un amico.
PAOLA
4. Incollare sia l’etichetta che la strega
sulla molletta con la colla vinavil.
GIOCHIAMO INSIEME
Strega birichina: un, due, tre!
Un bambino si pone con il viso rivolto verso il muro, mentre
gli altri si dispongono in riga poco distanti. Chi ha il viso
rivolto al muro dice: “Strega birichina, un due tre”, mentre gli
altri giocatori possono andare nella sua direzione.
Dopo che ha pronunciato l’ultima parola, egli si gira e i
compagni devono rimanere immobili. Se un bambino si muove
deve tornare alla linea di partenza. Il primo che riesce a toccare
il muro ha vinto e ha diritto a guidare il gioco.

Ed infatti il Salvanèl non ne tenne conto. L’unica cosa
importante, per lui, era che degli uomini osassero ferire i suoi
alberi, violentare la sua foresta. Folle di rabbia schizzò lontano
andando a meditare la propria vendetta sotto un tiglio.
Ma come attuarla? Piccolo com’era non poteva certo prendere
a pugni quegli omacci. Streghe e fate inoltre erano troppo
occupate, in quel periodo, ad arrabattarsi coi propri problemi
per prestargli il benchè minimo aiuto. Tutti egoisti. Lui, il
folletto Salvanèl era costretto a vivere con dei tremendi
egoisti.
Dopo aver rimuginato a lungo tali confortevoli considerazioni
decise che se doveva agire, conveniva cominciar subito a
preparare un piano efficace. Silenziosamente ritornò vicino
agli uomini che stavano lavorando. Vicino ad essi scorse dei
carri trainati da cavalli e recanti attrezzi di lavoro e
provviste. Sostenuto dalla forza dell’odio il folletto seguì giorno
per giorno le mosse dei boscaioli, permise che si aprissero un
varco oltre le cascate su, su verso il monte Arodol, fino alla
foresta di Piazzina. Fu proprio lì che il suo cervellino maturò
un bel progetto.
Approfittando di un momento di disattenzione del
proprietario, con mossa agilissima, si appropriò di un secchio.
Poi si allontanò per andarlo a riempire di resina.
Fu un duro lavoro per un ometto tanto piccolo. Finalmente,
quando la luna era già alta nel cielo, trascinando e spingendo
quel secchio troppo pesante per lui, il Salvanèl ritornò vicino
alla strada dei Cavallari (così infatti era ormai chiamata da
tutti la via aperta dai boscaioli). Dopo essersi accertato che
tutti gli uomini fossero immersi nel sonno il folletto si avvicinò
ai cavalli legati e cominciò ad aggrovigliare, intrecciare e
impeciare l’un l’altra le loro criniere e le lunghe code. Poi, con
una stridula risata di scherno balzò sulla cima di un albero
per godersi la sorpresa dei fiemmesi.
Non passò molto tempo che potè assistere allo spettacolo
desiderato.
I poveri cavalli infatti, legati l’un l’altro da code e criniere e
sentendosi tutti impeciati di resina cominciarono a scalpitare e
a nitrir forte. I padroni, svegliati di soprassalto accorsero
scoprendo così il misfatto del Salvanèl. Nessuno ebbe il minimo
dubbio. Un dispetto così non poteva esser stato ideato che dal
terribile folletto. Ad essi però non rimase altro che impiegare
lunghe ore per liberare le proprie bestie imprecando
all’indirizzo del Salvanèl che, non visto, si fregava tutto
contento le manine sghignazzando soddisfatto.
La sera seguente vicino ai cavalli venne messo un uomo con
l’ordine di badare perché non venissero toccati da nessuno.
Ma che è che non è, fosse colpa della luna o del freddo, l’uomo,
dopo poco si addormentò ed i cavalli vennero nuovamente
cosparsi di resina. Da allora ogni sera i lavoratori si promisero
di cogliere il Salvanèl sul fatto e punirlo, ma ogni notte i
guardiani caddero in un sonno profondo e le criniere e le code
delle povere bestie vennero aggrovigliate ed impeciate.

LA BELLA AGUANA
Tutti, in Valsugana, sanno che i grandi sassi vicino a maso
Fraineri di Roncegno altro non sono se non l’antica abitazione
delle aguane. Sotto di essi infatti corrono dei lunghi corridoi che
portano a molte stanze e stanzette un tempo tenute in perfetto
ordine dalle padroncine di casa che erano anche delle ottime
massaie. Esse erano una razza particolare di streghette molto
belle, civettuole, maliziose e dispettosette anche se il loro cuore
non era per nulla cattivo. Benché questo fosse notorio tutti
evitavano di passare nei pressi delle loro abitazioni. Buone o
cattive streghe erano e.. . meglio uno zinzino di prudenza di
troppo che uno di meno, raccomandavano i vecchi. Esse
ricambiavano i valsuganotti della loro diffidenza col non farsi
mai vedere nè in paese nè sui prati dove, come unica eccezione,
ogni venerdì esse uscivano per stendere il bucato. A quel tempo,
a Roncegno, viveva un bel giovanotto, allegro e gran
lavoratore. Non essendo uomo di molte parole egli non era solito
stringer amicizia con nessuno. Quando proprio aveva voglia di
scambiar quattro chiacchiere con qualcuno, scendeva nella
stalla e parlava con i suoi due buoi, il Bigio e il Ciaro, bestie di
specchiata onestà e grande saggezza. Più volte essi gli avevano
dato dei saggi consigli anche perché, ascoltando molto e
parlando poco, nella loro lunga vita avevano avuto modo di
imparare qualche elementare rudimento dl magia.
Un venerdì il giovanotto di Roncegno si trovò a passare con
carro e buoi proprio sotto a maso Fraineri. Alzati per caso gli
occhi scorse due bellissime fanciulle, coi capelli sciolti, intente a
stendere il bucato sull’erba. Egli gridò:
« Belle ragazze, perché non lasciate un momento il lavoro per
venire a parlare con me? »
Le due fanciulle si voltarono di scatto e, con uno strillo di gioia
corsero verso di lui. Contemporaneamente altre cinque, dieci,
venti ragazze altrettanto belle, sembrarono materializzarsi tra
i fiori del prato. Ed anch’esse, seguirono le sorelle balzando
agilmente sul carro. Tutte vollero sapere come lui si chiamasse,
che facesse, come si chiamassero i suoi buoi, ...
« Ma che razza di gente è mai questa? » pensò, frastornato da
tante chiacchiere il giovanotto.
« Siamo aguane, » esclamò una d’esse.
« Aguane? » Il giovanotto rimase impietrito per la sorpresa e
disse loro: « Bene, belle ragazze: sono contento di aver fatto
quattro chiacchiere con voi, ma adesso devo tornare a casa.
Perciò vi prego di scendere dal mio carro ».
« Oh, no! » gli risposero le « aguane » « Noi non possiamo
lasciarti andare. Sei nostro prigioniero. Non te ne eri accorto? »
« Adesso sì che sono in un bel pasticcio, » esclamò, desolato,
l’uomo.
« Oh, no, » disse una molto bella, « ti libereremo subito, basta
che tu mi sposi.”
« Che sposi me, » esclamò un’altra altrettanto bella.
« Me! » gridarono tutte le altre in coro.
« Ehì! e se io non avessi voglia di sposar nessuna di voi? » chiese,
preoccupato il giovanotto.
« Resteremmo qui, tutti assieme, per sempre, » esclamarono
giocondamente le aguane, « nessuno ci vedrebbe e noi potremmo
continuar a chiacchierare all’infinito ».
Il giovanotto le guardò una per una. Erano belle, aggraziate,
ma lui non avrebbe potuto sposarle tutte, eh! no. Ma come fare
a liberarsi di loro? In fin dei conti, una avrebbe anche potuto
sposarla. Ma quale scegliere?
Il giovanotto si cacciò all’indietro il cappello, si grattò la testa,
poi, colto da un’idea geniale, gridò:
Iih,! Bigio... Iih! Ciaro! . . . la pù bela la reste sul caro!
Bastarono queste parole perché tutte le aguane, eccetto la più
bella saltassero a terra, correndo poi, frotta ridente e
chiacchierina, verso la loro casa.
Sul carro rimase quella che, a giudizio dei buoi, era la più bella
di tutte. E poichè il Bigio e il Ciaro erano bestie di buon gusto il
giovanotto di Roncegno fu ampiamente soddisfatto della scelta.
Così voltò il carro, si piantò un fiore sul cappello, e ritornò in
paese con il suo prezioso carico.
Dopo qualche giorno contadino ed aguana si sposarono. La loro
unione fu felicissima ed allietata dalla nascita di numerose,
affascinanti streghette.

CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
“Cornici naturali”
Cartoncino nero A4
Matita
Taglierino
Colla vinavil
Righello
Muschio, licheni, rametti, pigne,...
1. Piegare il cartoncino a metà e
attaccare le due metà per rendere così
il supporto più resistente.
2. Incollare i vari materiali lungo i bordi del cartoncino
distribuendoli a proprio piacere
3. Lasciare asciugare per alcune ore.
4. Mettere al centro una foto.
GIOCHIAMO INSIEME
I colori del salvanelo
Un bambino impersona il salvanelo mettendosi un bel cappello
rosso in testa. Deve cercare di acchiappare il maggior numero
di suoi compagni che, una volta toccati, diventano anche loro
dei salvaneli.
Prima di iniziare a correre il salvanelo grida: “Si salva chi tocca
il colore ... ”. Tutti i bambini che toccano qualsiasi oggetto del
colore nominato dal folletto non possono essere presi!
Vince l’ultimo bambino rimasto!

GIOCHIAMO INSIEME
Giocatori: minimo tre
Svolgimento:
La capusera
Deve esserci un giocatore il quale inizia il gioco e che
rappresenta tutta la capusera. Agli altri partecipanti viene
invece dato un numero fino ad esaurimento dei presenti (ogni
numero rappresenta un “capuso”). Il conduttore apre il gioco
dicendo “A la me capusera ghe
manca zinque capusi”. Il
giocatore che rappresenta il
numero cinque deve
prontamente rispondere:
Come zinque?
Il conduttore:
Quanti po se no?
E lo stesso giocatore con il
numero cinque risponde ad
esempio:
Otto - e così via.
Se il numero chiamato in
gioco non
risponde
prontamente
viene eliminato e
deve pagare
pegno. I
giocatori rimasti
devono stare
attenti a non
chiamare i
numeri eliminati.
Vince chi non
riesce a farsi
eliminare.
MAGHI, FATE E STREGHE
LE STRIE DEL SASSO ROTTO
Le strie avevano la propria dimora al Sassorotto, e tra i sassi
avevano oggetti di cucina, attrezzatura di rame (secchi,
marmitte),…
Queste streghe andavano in giro su per queste montagne
quando c’erano temporali.
I nostri nonni ci raccontano che una volta un giovane è salito
in montagna ed ha lasciato andare le bestie nei pressi della
croce della Ilba. Improvvisamente è scoppiato un temporale.
Egli continuava a chiamare la giovane manza: «Vieni “Pomàti”,
vieni!,» continuava, «vieni!».Gli rispondeva un campanellino,
che veniva sempre più avanti.
Ad un tratto s’è messo con le mani aperte
davanti alla croce e ha sentito:
«Se tu non fossi dove ti trovi, diventeresti un
grano di miglio» (saresti annientato).
Ed era una strega; l’aveva vista alla luce
improvvisa d’un lampo.
AL PUNTO CULTURA PUOI TROVARE DEI BEI
LIBRI CHE PARLANO DI STREGHE, MAGHI E FATE!
La settima strega, Paola Zannoner, Fanucci Editore
Zelda la strega e gli 80 pasticcini, Eva Furnari,
Mondadori Junior
Una strega biondo cenere, Kennet Lillington, Gaia
Junior Mondadori
E PER I PIÙ PICCOLI:
La mamma è una fata, DeAgostini ragazzi
Papà è un mago, DeAgostini ragazzi

CASTELLI
LA LEGGENDA DEL SECIO E DELA SECIA
Personaggi: il contadino (porta il bigolo con due secchi in rame)
il figliuolo
il conte di Castellalto
la contessa
il narratore
Narratore: Tanto tempo fa gli alberi parlavano. Non tutti
naturalmente ... solo i più vecchi e saggi come le conifere del
monte Musiera in Valsugana. Erano abeti, pini, larici,nati agli
albori del mondo. Le loro cime erano tanto alte da accarezzare
il cielo, le loro radici sprofondavano negli inferi. Un po' alla
volta, proprio ai piedi di questo bosco era sorto il piccolo
villaggio di Telve. Gruppetti di case che sembravano dadi
gettati a caso da un gigante burlone. A lato del ridente paesello
scorreva un chiaro e spumeggiante torrente che prometteva
pesce in abbondanza.
Ancor oggi quegli alberi raccontano la leggenda più popolare
legata al vecchio maniero di Castellalto, la "leggenda del secio e
dela secia".
Come ad ogni raccolto il
contadino stava salendo dal
paese al castello per portare
al signor conte il vino della
decima dovuta....
Figlio: Fermeve, fermeve popà
pausemo 'n po' qua,
mi no ghe la fao pù
a rivar fin lasù ...
Contadino: Fiolo picolo e
benedetto
al conte ghe dovon rispeto:
l'è lù 'l sior del castelo
sia che fae bruto,
sia che fae belo .
... posto i seci del vin,
col bigolo qua vizin,
tanto da tirar 'l fià ...
..eco ... su sto saso qua.
Conte: Oh, i miei sudditi fermi a riposar?!
Perdete tempo a chiacchierar?
Non mi fido, siete furbi e disonesti
non mi fate pietà con quelle vesti.
Scommetto che pure il vino è annacquato
... perbacco, non è puro brascato.
Contadino: Sior lustrissimo,
go oto boche da sfamar
e do brazi solo par laorar:
no slongo co l'acqua sto vin
me testimone sto fiolo picenin.
Figlio: Si, mi giuto a vendemar,
pelo fasoi e vao a somenar.
Son pora gente, dison la verità,
la ne crede, contessa, par carità.

Contadino: Ghe l'asicuro, son sincero
no ghe rento acqua, l'è vero!
L'è vin bon: fruto de laoro,
fadighe, suae senza ristoro.
Contessa: Signor conte, mi pare buona
gente,
credo che nel vino non ci sia niente;
il contadino ha sempre servito con
umiltà,
dimostrategli un segno della vostra
bontà.
Conte: Giusto, io sono buono, ma questa gente
diventa ogni giorno più impertinente
e se può imbrogliare il padrone
lo fa senza alcuna esitazione.
Contadino: No l'è vero! Mi busie no ne digo,
senò che ' Sioredio 'l me mande 'n castigo,
ma se o dito la sacrosanta verità
che sti do seci no i se destache pù de qua!
Narratore: E fu così che il feudatario si avvicinò al sasso per
staccare i due secchi, ma senza risultato, ciò a discolpa del
contadino fedele.
CREIAMO CON LA FANTASIA
Materiale:
“Il castello porta - penne”
Rotolo di carta igienica
Cartoncino
nero
Pennarelli
Forbici
Colla vinavil
Disegnare in cima al rotolo di carta i merli del castello e poi
ritagliare lungo i contorni;
disegnare sul rotolo muri, finestre, portoni, inferiate, ... del
castello e poi colorare; ritagliare dal cartoncino nero un pezzo
rettangolare che deve servire da base e
su questo incollare il castello con la
colla vinavil;
lasciare asciugare per un’ora circa e poi
riempire il castello con penne, matite,...