madreterra numero 10 - ottobre 2010 - Madreterranews.it
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di Attilio Scarcella<br />
Chi di noi non ha percorso, attraverso<br />
lo sguardo della memoria,<br />
episodi ed immagini della<br />
propria infanzia?<br />
Ebbene, dirigere il nostro cammino<br />
verso l‘ascolto della memoria è come<br />
orientare il viaggio verso l’ascolto di<br />
noi stessi. Perché lo sguardo della<br />
memoria è quella dimensione silenziosa<br />
che ripassa tutta quanta la nostra<br />
esistenza e con la quale cerchiamo<br />
di penetrare il nostro vissuto interiore<br />
scavando dentro di noi. Il che<br />
cost<strong>it</strong>uisce, oltre la narrazione delle<br />
nostra v<strong>it</strong>a, anche l’inizio del nostro<br />
congedo graduale dalla v<strong>it</strong>a. Dalla<br />
v<strong>it</strong>a apparente, esteriore, quotidiana,<br />
s’intende. Per inoltrarci, attraverso il<br />
muro della memoria... nei labirinti e<br />
nei meandri della nostra infanzia.<br />
L’infanzia però non entra nel mondo,<br />
perché l’infanzia è innocenza. E<br />
il mondo – quello vero – non l’ha mai<br />
incontrato.<br />
Da bambino, ognuno di noi ha guardato<br />
il mondo da un angolo tutto suo:<br />
quello dell’innocenza, appunto; che<br />
è poi lo stesso sguardo tenero, dolcissimo,<br />
infin<strong>it</strong>o con cui nostra madre,<br />
nostro padre hanno orientato la<br />
v<strong>it</strong>a e i giochi della nostra infanzia.<br />
L’infanzia, dunque, è come il teatro<br />
della nostra prima esperienza di<br />
v<strong>it</strong>a. Una specie di giardino con muro<br />
di cinta costru<strong>it</strong>o da nostra madre,<br />
nostro padre per proteggerci dalle<br />
insidie del mondo, dalla ver<strong>it</strong>à a volte<br />
dura e incalzante di tutti i giorni.<br />
E’ per questo che, nello sguardo<br />
di un istante, nell’ascolto di un suono,<br />
nell’eco di un ricordo, noi spesso<br />
r<strong>it</strong>orniamo sui nostri passi, sui fotogrammi<br />
di una v<strong>it</strong>a interamente vissuta<br />
per rivis<strong>it</strong>are, attraverso la memoria,<br />
l’intera nostra esistenza.<br />
E così, quando a volte, ripercorriamo<br />
la strada o il cortile dove abbiamo<br />
giocato, la piazza dove abbiamo<br />
conversato e gio<strong>it</strong>o con gli amici, la<br />
chiesetta dove siamo stati bambini,<br />
il nostro vedere diventa un rivivere,<br />
il nostro ascoltare un ricordare. E le<br />
persone, gli amici, la gente che abbiamo<br />
incontrato, conosciuto, amato,<br />
e che ora non ci sono più, ebbene,<br />
tutto questo – adesso scopriamo<br />
– non è altro che l’Oceano tempesto-<br />
“il dolore”<br />
dimensione dell’infanzia che negli adulti diventa... pensiero!<br />
so della v<strong>it</strong>a, il cordone ombelicale di<br />
noi stessi legati ad altre persone ed<br />
immersi nel flusso della v<strong>it</strong>a.<br />
Ma per dirigere il nostro cammino<br />
verso l’ascolto della memoria, occorre<br />
orientare la rotta del nostro sguardo<br />
non già verso l’esterno ma verso<br />
il centro autentico di se stessi. Che,<br />
poi, è un’esperienza unica, irripetibile,<br />
che giunge e sopravviene quando<br />
siamo incalzati dalle grandi domande.<br />
Da quelle domande che non trovano<br />
risposte finali.<br />
Ma qual è e che cos’è questo nostro<br />
“centro”? “Il centro autentico di noi<br />
stessi” non è altro che quell’alterna<br />
dimensione di silenzio ed ascolto che<br />
ha sempre accompagnato ed accompagna<br />
il filo sottile della nostra v<strong>it</strong>a.<br />
Quello sfondo originario, autentico di<br />
ver<strong>it</strong>à e certezza dal quale noi, quasi<br />
sempre, fuggiamo, per immergerci<br />
nel mondo della quotidian<strong>it</strong>à e della<br />
chiacchiera assordante.<br />
Silenzio ed ascolto, dunque. Ecco la<br />
dimensione nuova di un tempo nuovo!.<br />
E’ solo attraverso la dimensione del<br />
silenzio che noi riusciamo a lasciare<br />
fuori dai nostri esercizi di pensiero il<br />
mondo. Difatti, fuori dal silenzio che<br />
circonda la nostra esistenza non c’è<br />
che la chiacchiera, le parole, le quali<br />
non spiegano affatto gli eventi e gli<br />
errori degli uomini. No! Non spiegano<br />
affatto la guerra, la violenza gli stupri<br />
etnici, gli eccidi di massa.<br />
La vera sorgente e decodificazione<br />
del dolore sta piuttosto nella guerra<br />
e nella violenza, nell’odio e nella ferocia<br />
che alberga nel cuore degli uomini.<br />
Il dolore, sì il dolore! Quello profondo,<br />
immenso, abissale che bussa<br />
al cuore di tutti gli uomini con i suoi<br />
perché. Perché Auschw<strong>it</strong>z? Perché<br />
hiroshima? Perché la guerra in Afghanistan,<br />
in Medio Oriente, in Iraq?<br />
Perché la decimazione e lo sterminio<br />
dei bambini in terra africana? Perché<br />
le stragi di Piazza Fontana, di Brescia,<br />
di Capaci? Perché?… Perché?…<br />
Perché?<br />
Ecco, il pensiero autentico è tutto<br />
questo. E’ lo sguardo doloroso sulla<br />
memoria storica, sulle ingiustizie sociali,<br />
sul nostro Sud sfruttato, lacerato,<br />
vilipeso, oltraggiato. Perché? E’<br />
importante interrogarsi. Soprattutto<br />
perché lo sguardo doloroso della<br />
memoria che r<strong>it</strong>orna sui fatti, serve<br />
come mon<strong>it</strong>o a non provocare nuovi<br />
errori, nuovi deliri, nuovi eventi dolorosi.<br />
Tutti i nostri pensieri non sono che<br />
delle domande sul nostro stare nel<br />
mondo, sul dolore degli uomini per<br />
la violenza, la ferocia e le ingiustizie<br />
di questo mondo.<br />
Il dolore, dunque, è un fatto: accade,<br />
c’è, esiste. Dobbiamo prenderne<br />
atto. Non lo possiamo cancellare<br />
con le parole, le teorie filosofiche, le<br />
celebrazioni e i discorsi degli anniversari.<br />
Il dolore si sconta vivendo.<br />
I linguaggi del nostro tempo, quello<br />
giornalistico, televisivo, informatico,<br />
telematico non dicono nulla di<br />
autentico sul dolore. Anzi, lo fanno<br />
ammutolire straparlandone a vanvera.<br />
Ecco perché lo sguardo della<br />
memoria, la dimensione dell’infanzia,<br />
negli adulti diventa pensiero. Ciò<br />
avviene quando riusciamo a mettere<br />
tra parentesi il mondo, la chiacchiera,<br />
l’esterior<strong>it</strong>à e ci sintonizziamo<br />
sulla dimensione del silenzio.<br />
Viviamo, oggi, in un’epoca che realizza<br />
i sogni. Mi riferisco alla cresc<strong>it</strong>a<br />
vertiginosa del progresso tecnologico,<br />
scientifico, alla globalizzazione<br />
dell’economia, cui però non fa<br />
riscontro un pari sviluppo morale e<br />
civile della società.<br />
Ebbene, in questo contesto di progresso<br />
ad una sola dimensione, il dolore<br />
è diventato ormai un’esperienza<br />
come tutte le altre. Quasi un’ab<strong>it</strong>udine.<br />
Da guardare in tv, da leggere sui<br />
giornali. Un’esperienza, insomma da<br />
osservare, da analizzare e da dimenticare.<br />
Perché, già il giorno dopo finisce<br />
la sua attual<strong>it</strong>à. Come del resto,<br />
il giorno dopo, finisce l’attual<strong>it</strong>à del<br />
giornale e della notizia.<br />
Radio, televisione e mass-media<br />
trattano il dolore come uno “scoop”,<br />
come immagine da sfruttare nei talk<br />
show per far crescere l’audience.<br />
La nostra società insomma, non sa<br />
oggi che farsene del dolore. Di quello<br />
vero, di quello autentico – dico.<br />
Vuole solo utilizzarlo per glorificare<br />
l’immagine, l’intrattenimento, lo<br />
spettacolo. Perché di uno spettacolo<br />
si tratta, quando s’inv<strong>it</strong>a ad un programma<br />
televisivo un gen<strong>it</strong>ore a raccontare<br />
il proprio dolore per la figlia<br />
guernica - di Pablo Picasso -<br />
stuprata ed uccisa in modo violento;<br />
o si sollec<strong>it</strong>a una madre a confidare<br />
a milioni di telespettatori gli affetti<br />
e i segreti più intimi del proprio figlio<br />
ucciso dalla mafia.<br />
Se, dunque, tutto è diventato una<br />
vetrina, anche il dolore – quello più<br />
interno, più profondo, più abissale –<br />
è in mostra. E come tale non è più<br />
dolore… intimo, privato, personale,<br />
ma semplice esibizione del dolore.<br />
Uno spettacolo sul dolore da mandare<br />
in scena.<br />
Se mai, invece, volessimo incontrare<br />
il dolore per capire fino in<br />
fondo il filo sottile che accompagna<br />
il processo della nostra v<strong>it</strong>a, ebbene,<br />
lo troveremo custod<strong>it</strong>o soltanto<br />
in pochi luoghi. Quei luoghi parlano<br />
per lui. Esso è ancora presente<br />
– se vorremo vederlo, esaminarlo e<br />
interpretarlo in tutto il suo sguardo<br />
pietoso – al Museo Poldi-Pezzoli di<br />
Milano dove è custod<strong>it</strong>a la famosa<br />
“Deposizione” del Botticelli.<br />
Troveremo, inoltre – se mai ne<br />
avessimo voglia d’incontrarlo – lo<br />
sguardo profondo, antico, ancestrale<br />
del dolore circondato e protetto a vista<br />
da custodi che vegliano incessantemente<br />
su di lui, al Museo del Prado<br />
di Madrid nella famosa “Guernica” di<br />
Picasso, che esprime il grido lacerante<br />
di tutte le genti contro le guerre e<br />
le violenze di tutto il mondo.<br />
Se poi vorremo saperne ancora di<br />
più: e cioè della fine del dolore, del<br />
perché il dolore, oggi, viene rimosso<br />
e non esiste più, dovremo allora<br />
recarci a vis<strong>it</strong>are i forni crematori<br />
di Auschw<strong>it</strong>z, le lande deserte di<br />
hiroshima e Nagasaki, i campi di<br />
sterminio di Dachau e di Mathausen,<br />
i cim<strong>it</strong>eri di pulizia etnica in Bosnia<br />
Erzegovina, le v<strong>it</strong>time della strage<br />
di Capaci, le giovani vedove e i<br />
bambini , figli di altrettanti agenti<br />
di polizia uccisi mentre scortavano i<br />
signori del Palazzo.<br />
In questi luoghi ed in quelle immagini<br />
troveremo il dolore vero,<br />
quello autentico, eterno, che grida<br />
nell’aria livida, di cenere: “Mai più<br />
hiroshima!”, “Mai più Auschw<strong>it</strong>z!”,<br />
“Mai più Piazza Fontana!”, “Mai più<br />
Capaci!” Quel dolore accantonato,<br />
represso, soffocato, oggi s’alza da<br />
tutta la terra, ma... non trova più<br />
nessuno disposto ad ascoltarlo!<br />
www.<strong>madreterra</strong>news.<strong>it</strong> 11<br />
puntI dI vIsta<br />
Anno 1 Nr. <strong>10</strong> Ottobre 20<strong>10</strong><br />
Palmi&Dintorni<br />
MadreTerra<br />
LA RISTRUTTURAzIONE DELLA SANITA’ CALABRESE<br />
di Luca Spoleti<br />
Nell’arduo sforzo di mettere a posto i conti della Regione Calabria<br />
ed in particolare quella che e’ defin<strong>it</strong>a” la madre di tutte le battaglie”:<br />
la san<strong>it</strong>à, Il Governatore Giuseppe Scopell<strong>it</strong>i ed Il suo entourage<br />
hanno pensato ad una riconversione di 18 ospedali esistenti.<br />
Secondo questo schema saranno tagliati 1.200 posti letto per *acuti<br />
con un implemento di 1500 posti letto alternativi ed un risparmio,<br />
secondo le stime dei tecnici dell’ufficio del piano, di 250 milioni di<br />
euro all’anno del servizio san<strong>it</strong>ario regionale.<br />
IL nuovo assetto ospedaliero, secondo la rimodulazione ideata dal<br />
nuovo esecutivo, prevede a regime:<br />
-TRE ospedali “hUB” ( le tre aziende ospedaliere esistenti, CATANzARO, COSENzA<br />
E REGGIO CALABRIA);<br />
-OTTO ospedali “SPOKE”(serviranno da s<strong>it</strong>i di collegamento con gli hub );<br />
-QUATTRO ospedali generali (avranno in dotazione specializzazioni di base e<br />
pronto soccorso);<br />
-QUATTRO ospedali di zona montana (con chirurgia ordinaria e pronto soccorso);<br />
-QUATTORDICI ospedali di distretto.( day hosp<strong>it</strong>al, pronto soccorso e guardia<br />
medica)<br />
hUB= elemento centrale di riferimento, un dispos<strong>it</strong>ivo di rete che<br />
funge da nodo di smistamento di una rete;<br />
SPOKE= sede periferica di un dispos<strong>it</strong>ivo di rete.<br />
IL CONCETTO DI hUB AND SPOKE<br />
Significato delle reti::<br />
il modello hub e Spoke<br />
• È un sistema di relazioni fra ospedali.<br />
- in cui i pazienti sono trasfer<strong>it</strong>i verso una o più centrali di riferimen<br />
to (hub)<br />
- quando la soglia di compless<strong>it</strong>à degli interventi previsti dalle sedi pe<br />
riferiche (Spoke) è superata.<br />
• presenta un’alta componente gerarchica fra i nodi.<br />
• razionalizza il sistema produttivo attraverso la centralizzazione della<br />
produzione d’attiv<strong>it</strong>à complessa in centri di riferimento.<br />
• è applicato per concentrare i servizi caratterizzati da bassi volumi<br />
d’attiv<strong>it</strong>à e/o da un’elevata tecnologia.<br />
RICONVERSIONE PER 18 OSPEDALI<br />
In particolare la rimodulazione del piano di rientro prevede entro<br />
marzo 2011 le dismissioni come presidi per acuti di sei ospedali:<br />
-TAURIANOVA RC ChIARAVALLE Cz<br />
-PALMI RC SAN MARCO ARGENTANO CS<br />
-SIDERNO RC SORIANO CALABRO VV<br />
Seguiranno poi le riconversioni, da effettuare entro marzo 2012,di<br />
12 presidi ospedalieri. Di questi, quattro diventeranno ospedali di<br />
zona montana ed i restanti otto formeranno gli ospedali di distretto<br />
senza avere più funzioni acute. Questo piano di rientro, che deve<br />
includere il piano di attuazione e l’ammontare complessivo del deb<strong>it</strong>o<br />
regionale, prima di divenire operativo , deve essere vagliato dal<br />
**“tavolo Massicci” e poi, per l’approvazione defin<strong>it</strong>iva , dal consiglio<br />
dei Ministri.<br />
*“manifestazioni di un’improvvisa alterazione dell’equilibrio<br />
dell’energia v<strong>it</strong>ale”. lasciate a loro stesse, le malattie acute, hanno<br />
un’evoluzione variabile che si compie sempre in un tempo breve<br />
e che porta alla guarigione o alla morte del paziente<br />
** tavolo massicci”: dal cognome del dirigente del ministero<br />
dell’economia che lo guida, e’ una equipe di esperti per la valutazione<br />
dei bilanci del comparto san<strong>it</strong>à delle regioni.<br />
- Fonte dei dati e delle cifre : il sole 24 ore<br />
nuova apertura