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Erich Segal Love Story

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nostro appartamento. Ognuno di noi ha un modo particolare di affrontare il<br />

dolore. Quello di Phil consisteva nel pulire, lavare, strofinare, lustrare.<br />

Francamente non riesco a capire i suoi processi mentali, ma, Cristo, lo<br />

lascio fare.<br />

Spera forse in cuor suo che Jenny tornerà a casa?<br />

Eh sì, poveraccio! Ecco perché seguita a pulire. Si rifiuta di accettare la<br />

realtà per quella che è. Naturalmente con me non lo ammette, ma io so che<br />

è così.<br />

Perché anch'io m'illudo.<br />

Non appena Jenny fu ricoverata, telefonai a Jonas e gli spiegai perché<br />

non potevo andare in studio. Finsi di avere molta fretta perché so che era<br />

sinceramente addolorato e voleva dirmi cose che non poteva assolutamente<br />

esprimere. Da quel momento, le mie giornate si divisero tra le ore di visita<br />

e il resto. E naturalmente il resto non era niente. Mangiare senza appetito,<br />

guardare Phil che puliva l'appartamento (ancora!), non dormire neppure<br />

con la ricetta prescrittami da Ackerman.<br />

Un giorno intesi Phil borbottare tra sé: «Non ce la faccio più.» Era nella<br />

stanza vicina che lavava i piatti (a mano). Non gli dissi niente, ma dentro<br />

di me pensai: io sì. Chiunque sia colui che lassù dirige lo spettacolo, signor<br />

Essere Supremo, non si preoccupi, posso sopportare questo tormento ad<br />

infinitum. Perché Jenny è Jenny.<br />

Quella sera mi cacciò fuori dalla stanza. Voleva parlare con suo padre da<br />

«uomo a uomo».<br />

«Questo colloquio è riservato esclusivamente agli italo-americani,» mi<br />

disse, bianca in volto come il suo cuscino, «perciò squagliatela, Barrett.»<br />

«Okay,» risposi.<br />

«Però non andare troppo lontano,» aggiunse quando fui sulla porta.<br />

Mi andai a sedere nella sala d'aspetto. Poco dopo comparve Phil.<br />

«Dice di fare presto,» mi sussurrò con voce rauca, come se tutto il suo<br />

essere si fosse svuotato. «Io vado a comperare delle sigarette.»<br />

«Chiudi quella maledetta porta,» mi ordinò Jenny come entrai. Ubbidii,<br />

chiusi l'uscio piano e mentre andavo a sedermi accanto al suo letto, per un<br />

attimo la vidi meglio. Voglio dire, con i tubi infilati nel braccio destro, che<br />

di solito teneva sotto le coperte. Mi piaceva sempre sederle molto vicino e<br />

guardarle soltanto la faccia, che per quanto pallida conservava la<br />

luminosità degli occhi.<br />

Perciò le sedetti subito vicinissimo.

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