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«No, ma se restiamo a casa potrei esserlo.»<br />
Avevamo anche già scelto il nome. Voglio dire, lo avevo scelto io e<br />
credo che alla fine Jenny fosse d'accordo.<br />
«Senti... mi prometti di non ridere?» cominciai quando ne parlammo la<br />
prima volta. In quel momento lei era in cucina (una cucina tutta gialla che<br />
comprendeva perfino una lavapiatti).<br />
«Che cosa c'è?» disse affettando pomidori.<br />
«Sai che in fondo il nome Bozo mi piace?»<br />
«Dici sul serio?»<br />
«Sì. Mi piace veramente.»<br />
«Saresti disposto a chiamare nostro figlio Bozo?» mi chiese ancora.<br />
«Sì, sul serio, Jenny. È un nome adatto per un supercampione.»<br />
«Bozo Barrett.» Lo ripeté a voce alta per sentire l'effetto.<br />
«Cristo, sarà un picchiatore formidabile,» seguitai, convincendomi<br />
sempre più man mano che mi accaloravo nel discorso. «"Bozo Barrett, lo<br />
straordinario attaccante All-Ivy di Harvard".»<br />
«Già... Però, Oliver,» obiettò Jenny, «e se... se il bambino non fosse<br />
coordinato?»<br />
«Impossibile, Jen! I nostri geni sono troppo buoni.» Ne ero sinceramente<br />
convinto. Il pensiero del futuro Bozo era diventato ormai un mio frequente<br />
sogno a occhi aperti mentre andavo a lavorare.<br />
A cena ripresi l'argomento. Avevamo comprato uno splendido servizio<br />
di porcellana danese.<br />
«Bozo sarà un atleta ottimamente coordinato,» dissi a Jenny. «Se poi<br />
avrà le tue mani lo faremo giocare in difesa.»<br />
Jenny mi guardava ghignando. Cercava senza dubbio una risposta<br />
maligna per mandare all'aria la mia visione idillica, ma poiché non le<br />
veniva in mente nessuna di quelle frecciate che ti distruggono, si limitò a<br />
tagliare la torta e a darmene una fetta. Intanto io continuavo (con la bocca<br />
piena!):<br />
«Pensa, Jenny! Centoventi chili di astuzia mista a forza!»<br />
«Centoventi chili?» ripeté. «Non c'è niente nei nostri geni che faccia<br />
prevedere centoventi chili, Oliver.»<br />
«Gli faremo la supernutrizione. Lo rimpinzeremo di proteine e di<br />
omogeneizzati.»<br />
«Ah, sì? E se non volesse mangiare?»<br />
«Mangerà per forza, perdio,» risposi, già furibondo al pensiero che il<br />
bambino potesse restare seduto a tavola senza collaborare ai miei progetti