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Erich Segal Love Story

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tante banche da dirigere eccetera eccetera, ho trovato il tempo di venire fin<br />

qui per assistere a una stupida partita di hockey. Non è fantastico? (Per<br />

chi?)<br />

La folla riprese a urlare. Questa volta era veramente scatenata. Un altro<br />

gol di Cornell. Erano passati in testa. E io dovevo ancora scontare due<br />

minuti di penalità! Davey Johnston mi passò vicino senza degnarmi di<br />

un'occhiata; era rosso in faccia e fuori di sé per la rabbia. Possibile che<br />

avesse le lacrime agli occhi? Va bene, d'accordo, era in palio il titolo, ma<br />

Cristo... piangere! Devo però aggiungere che Davey. il nostro capitano,<br />

deteneva un primato incredibile: giocava da sette anni e non aveva mai<br />

perduto, né al liceo né all'università. Era diventato una piccola leggenda. E<br />

poi era un anziano e questa era la nostra ultima partita importante.<br />

Che perdemmo 6 a 3.<br />

Dopo la partita, una radiografia appurò che non c'erano ossa rotte, e il<br />

dottor Richard Selzer mi rappezzò la guancia con dodici punti. Jackie Felt<br />

saltellava per la sala spiegando al medico di Cornell che io non mangiavo<br />

nel modo giusto e che non mi sarei trovato in questo guaio se avessi preso<br />

sufficienti pillole di sale. Selzer ignorò Jack e, rivolgendosi a me, mi fece<br />

notare con tono severo che per un pelo non mi ero rovinato «il pavimento<br />

orbitario» (è il termine medico che usò) e che pertanto avrei fatto bene a<br />

non giocare per una settimana. Lo ringraziai. Se ne andò con Felt alle<br />

calcagna che seguitava a parlargli di alimentazione. Fui felice di essere<br />

lasciato solo.<br />

Mi feci la doccia lentamente, stando attento a non bagnarmi la faccia.<br />

L'effetto della novocaina stava scomparendo, ma in fondo ero felice di<br />

provare dolore. Voglio dire, non era colpa mia se eravamo stati fottuti?<br />

Avevamo perduto il titolo, il nostro primato personale era crollato (gli<br />

anziani non erano mai stati sconfitti prima) ed era crollato perfino quello di<br />

Davey Johnston. Forse la colpa non era tutta mia, ma in quel momento<br />

preciso mi pareva che lo fosse.<br />

Nello spogliatoio non c'era nessuno. Dovevano essere già andati tutti al<br />

motel. Probabilmente nessuno aveva voglia di vedermi o di parlarmi. Con<br />

in bocca quell'orrendo sapore amaro – stavo così male che ne sentivo il<br />

sapore – raccolsi la mia roba e uscii. Non c'erano molti tifosi di Harvard,<br />

fuori, nel desolato freddo invernale di Ithaca.<br />

«Come va la guancia, Barrett?»<br />

«Bene, grazie, signor Jencks.»<br />

«Probabilmente avrai bisogno di una bistecca,» disse un'altra voce

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