18 nero <strong>Marzo</strong> <strong>2003</strong>
Documento Organista della chiesa ma dre, insegnante privato di musica, dipendente comu nale in pensione, il maestro Carmelo Saia è un augustano purosangue. Uno di quei pochi c<strong>it</strong>tadini che si appassiona per le cose del proprio paese e soffre e s’inquieta e gioisce, a seconda delle s<strong>it</strong>uazioni. E’ uno di quelli che conserva, con amorosissima cura, tutto ciò (fotografie, articoli, documenti) che riguarda Augusta. Non bisogna però credere ch’egli sia un uomo votato al culto del passato. E’ anche un uomo del presente e di questo a fianco: Carnevale ad Augusta nel 1953 <strong>Marzo</strong> <strong>2003</strong> 19 Bellezza Nei ricordi di Carmelo Saia I briosi carnevali degli anni trenta presente egli segue il fluire, non sempre limpido, come un padre segue le tappe dell’evoluzione del figlio: con interesse, apprensione e amore. Certe volte, Carmelo Saia dà l’impressione d’essere un pungolo per quanti, amministratori o no, sono protagonisti della v<strong>it</strong>a c<strong>it</strong>tadina o ne sono comunque parte viva. Altre volte può far credere d’essere curioso, ma, conoscendolo, si scopre che la sua è una. curios<strong>it</strong>à tesa ad avere un quadro quanto più possibile completo, anche nei dettagli, della sua Augusta: degli uomini e delle cose di questa c<strong>it</strong>tà dove e-gli è nato e da cui non s’è mai distaccato. Carmela Saia è un uomo che segue con competenza l’arte e la cultura, non soltanto locale. Egli è molto orgoglioso della sua biblioteca dove non un solo libro è stato comprato per fare bella e sterile mostra di sé. E’ orgoglioso e geloso, ma non fino al punto di tenersi tutto per sè. Quando qualche amico gli chiede un libro in prest<strong>it</strong>o glielo cede volentieri non senza, però, aver prudentemente annotato su un appos<strong>it</strong>o quadernetto il nome dell’amico, la data del prest<strong>it</strong>o e il t<strong>it</strong>olo del libro. E’ un uomo che ha innato il senso dell’ordine: e, difatti, tutto in casa sua tradisce questa sua tendenza, che, forse, gli deriva dalla lunghissima pratica d’ufficio. Egli ha archiviato, non solo per sè, ma per le sue figlie e le sue nipotine, tutti i suoi ricordi - diciamo cosi - materiali. Quelli della mente sono perfettamente lucidi e allineati. A questi ultimi e-gli fa ricorso quando rievoca gli anni migliori della sua v<strong>it</strong>a quando, insieme a quindici altri giovani - tra cui Salvatore e Darmelo Salemi, Giovanni Bucceri, Vincenzo e Sebastiano Sicari; le sorelle Migneco -, frequentava la famosa«scuola d’archi» diretta dal siracusano maestro Salvatore Fontanazza, regolarmente pagato dal Municipio, che dava soprattutto lezioni gratu<strong>it</strong>e fila Foto di gruppo della scuola d’archi: Carmelo Saia è il primo a sinistra della prima di viola e violino ai quindicenni-sedicenni di Augusta. Era il 1935: il periodo del fascismo trionfante che organizzava processioni in orbace e gagliardetto per la «strada mastra», saggi ginnici, alla «villa», a chiusura dell’anno scolastico (gli studenti facevano a gara per parteciparvi), sfilate di carri allegorici (su cui allegramente si esibivano i «figli della lupa, i balilla, gli avanguardisti e le giovani <strong>it</strong>aliane» per il carnevale augustano, che tutta la popolazione attendeva con ansia. Si giungeva persino a una gara di emulazione tra le varie categorie dei commercianti cui soprattutto spettava l’onere e l’onore della costruzione dei carri dei quali uno è rimasto impresso, vivido, nella memoria: quello di re carnevale con un’enorme testa spropos<strong>it</strong>ata, recante in mano una valigia da cui fuoriuscivano «i cadduni ‘i sasizza». In queste occasioni (martedì e giovedì grassi) il concorso di popolo era notevole, non solo per la perfetta, organizzazione che il «dopolavoro della casa del fascio» dava a queste manifestazioni, ma perchè la gente poteva dare finalmente sfogo, libero, alle proprie passioni, senza, pero, trascendere mai. La banda musicale e i canti di regime non mancavano. Ma la scuola d’archi suonava in pubblico soprattutto per celebrare il santo patrono della c<strong>it</strong>tà, Domenico di Guzman, esibendosi in piazza o nella sala municipale o presso il cinema Franco. (Cinema in cui frequenti erano le sceneggiate napoletane che facevano, quindi, trasformare il locale in teatro e che richiamavano tantissimi spettatori pronti a commuoversi fino alle lacrime o a ridere a crepapelle o a inveire pesantemente. Persino il maestro Saia che accompagnava talune arie e canzoni col violino partecipava talmente che mentre suonava piangeva e grosse lacrime gli rigavano il viso). In occasione della festa patronale altre erano le fonti di svago e divertimento: l’albero della cuccagna, il gioco delle pentole, l’antenna a mare (consistente quest’ultima in una variante all’albero della cuccagna: il concorrente doveva pero camminare su un grosso tronco spalmato di grasso e disteso a mare sotto la chiesa della Madonna delle Grazie). L’Opera Nazionale Balilla, oltre a preparare i saggi ginnici (i migliori avanguardisti venivano mandati in premio al campo “Dux” di Rom), aveva pure sotto la sua egida una suquadra femminile di pallavolo di cui componenti erano Anna Stella e Wanda Roggio) che disputava gli incontri nella palestra ricvata nell’ex chiostro del convento di S. Domenico. La scuola d’archi, intorno al 1939, cedette il posto al gruppo