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N. 11 - ANNO IV - Marzo 2003 - Chd.it

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Cultura<br />

interrogativo mi sembra sbattuto in faccia<br />

al lettore per provocare una forte reazione<br />

e anche per operare una specie di estraniazione,<br />

per ev<strong>it</strong>are, cioè, a mio giudizio, che<br />

il lettore possa essere troppo impietos<strong>it</strong>o<br />

per quella scena, in cui viene messa in<br />

evidenza sì la fragil<strong>it</strong>à degli esseri umani di<br />

fronte all’incombere della morte, ma, direi<br />

soprattutto, è messa in luce una condizione<br />

di uman<strong>it</strong>à fer<strong>it</strong>a, calpestata, di esseri umani<br />

spogliati letteralmente di tutto, persino della<br />

dign<strong>it</strong>à, oggetto di sterminio e di esercizio di<br />

onnipotenza da parte di una divin<strong>it</strong>à malefica<br />

e proteiforme: H<strong>it</strong>ler e i suoi.<br />

Come non ricordare, a propos<strong>it</strong>o, il<br />

lucido cap<strong>it</strong>olo in cui Levi rammenta d’esser<br />

stato esaminato dal Doktor Pannw<strong>it</strong>z…<br />

alto, magro, biondo; ha gli occhi, i capelli,<br />

il naso come tutti i tedeschi devono averli<br />

– osserva Levi con fine ironia, che eserc<strong>it</strong>a<br />

anche su di sé, quasi a voler dimostrare al<br />

lettore che gli internati nel lager, quelli che il<br />

lavoro dovrebbe rendere liberi (Arbe<strong>it</strong> macht<br />

frei rec<strong>it</strong>a “una scr<strong>it</strong>ta vivamente illuminata”<br />

sopra una grande porta nel lager) sono stati<br />

demol<strong>it</strong>i, annientati anche nel pensiero: “Io<br />

sto in piedi nel suo studio che è un vero<br />

studio, lucido, pul<strong>it</strong>o e ordinato, e mi pare<br />

che lascerei una macchia sporca dovunque<br />

dovessi toccare… quello sguardo non corse<br />

fra due uomini; e se io sapessi spiegare a<br />

fondo la natura di quello sguardo, scambia-<br />

to come attraverso la parete di vetro di un<br />

acquario tra due esseri che ab<strong>it</strong>ano mondi<br />

diversi, avrei anche spiegato l’essenza della<br />

grande follia della terza Germania”.<br />

Già qui potrei cogliere la misura di<br />

quella “classic<strong>it</strong>à” cui prima facevo riferimento,<br />

quale, del resto, è stata riconosciuta<br />

dal cr<strong>it</strong>ico Vincenzo Mengaldo, il quale<br />

afferma che Primo Levi ormai “appare anche<br />

linguisticamente, se altri mai, un classico”.<br />

In questo passo che ho appena c<strong>it</strong>ato e che,<br />

a mio avviso, rende bene, seppur implic<strong>it</strong>amente,<br />

quel senso di onnipotenza divina<br />

che avevano persino gli esecutori di H<strong>it</strong>ler<br />

nei confronti degli ebrei, è efficacissima,<br />

dal punto di vista formale, stilisticamente,<br />

diciamo così, pul<strong>it</strong>a, l’immagine dell’acquario:<br />

Levi si sente – e fa percepire a noi<br />

lettori in modo quasi subliminale, oserei<br />

dire, - un pesce che viene scrutato da un<br />

essere non solo diverso, ma superiore, qual<br />

è in quel momento Panw<strong>it</strong>z, personaggio,<br />

effettivamente, alto in grado nell’inferno<br />

leviano. Altri sono i Caronte, i diavoli<br />

comuni, caratterizzati da “quei barbarici<br />

latrati dei tedeschi quando comandano”<br />

<strong>Marzo</strong> <strong>2003</strong> 15<br />

Bellezza<br />

(sembra quasi di risentire gli oscuri versi<br />

di Dante “Papé Satan aleppe…), i kapos.<br />

“Questo è l’inferno”: assolutizza Levi e<br />

poi spiega, prima di parlare di antinferno,<br />

di innumerevoli proibizioni, di divisioni in<br />

criminali, pol<strong>it</strong>ici ed ebrei e delle baracche<br />

in blocks: il che rinvia alla divisione dantesca<br />

in gironi e in peccatori. E, tuttavia,<br />

come Dante arriva fino in fondo all’imbuto<br />

infernale per poi “riveder le stelle”, anche<br />

Primo Levi conosce l’abiezione, ma lotta<br />

contro tutto, contro tutti e contro sé stesso<br />

per uscire indenne dall’inferno: Levi capisce<br />

sub<strong>it</strong>o che “siamo arrivati al fondo. Più<br />

giù di così non si può andare: condizione<br />

umana più misera non c’è e non è pensabile.<br />

Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli ab<strong>it</strong>i,<br />

le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non<br />

ci ascolteranno e se ci ascoltassero, non ci<br />

capirebbero. Ci toglieranno anche il nome:<br />

e se vorremo conservarlo, dovremo trovare<br />

in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro<br />

al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali<br />

eravamo rimanga”.<br />

Così nel secondo cap<strong>it</strong>olo, Levi<br />

sintetizza la demolizione dell’uomo in<br />

quanto essere umano, ma in quello dal<br />

t<strong>it</strong>olo “Esame di clinica”, in cui emerge la<br />

figura di Pannw<strong>it</strong>z (il quale prima di sopprimere<br />

vuole sfruttare tutto l’utilizzabile<br />

dell’essere inferiore che ha davanti) Levi<br />

mentalmente resiste contro quest’ultimo<br />

atto di sopraffazione, sottilmente superiore,<br />

perché Pannw<strong>it</strong>z ha gli occhi azzurri, le mani<br />

coltivate, dà del lei all’essere inferiore, vuole<br />

usare, cioè, il cervello e non le mani. Levi<br />

mentalmente ripete: “Gli occhi azzurri e i<br />

capelli biondi sono essenzialmente malvagi.<br />

Nessuna comunicazione possibile. Sono<br />

specializzato in chimica mineraria. Sono<br />

specializzato in sintesi organiche. Sono<br />

specializzato…”.<br />

Lo stile è del linguaggio telegrafico,<br />

ma esprime coerentemente il fortissimo stato<br />

di pressione psicologica cui si può essere<br />

sottoposti in condizioni estreme e cui bisogna<br />

reagire facendo appello a tutte le nostre<br />

risorse, per restare disperatamente in v<strong>it</strong>a.<br />

“Pare che sia andata bene, ma sarebbe insensato<br />

farci conto. Conosco già abbastanza il<br />

Lager per sapere che non si devono mai fare<br />

previsioni, specie se ottimistiche. Quello<br />

che è certo è che ho passato una giornata<br />

senza lavorare, e quindi stanotte avrò un po’<br />

meno fame, e questo è un vantaggio concreto<br />

acquis<strong>it</strong>o” – conclude realisticamente<br />

il cap<strong>it</strong>olo e noi capiamo che la lotta per<br />

la sopravvivenza può comportare qualsiasi<br />

sacrificio, anche perché “la v<strong>it</strong>a fuori era<br />

bella”, come sottolinea Levi nell’ultimo<br />

cap<strong>it</strong>olo, “La storia di dieci giorni” – gli<br />

ultimi, prima della deliberazione. La v<strong>it</strong>a è<br />

bella è il t<strong>it</strong>olo del film di Roberto Benigni,<br />

che ha fatto incetta di premi in tutto il mondo,<br />

ma che, secondo me, ha banalizzato la<br />

vicenda dell’Olocausto o della Shoah, in cui<br />

Primo Levi e Anna Frank sono state v<strong>it</strong>time<br />

sacrificali, fra milioni di altri, il cui nome è<br />

conservato, se non ricordo male, nel museo<br />

della memoria a Israele.<br />

Anna Frank ha raccontato le sue<br />

palp<strong>it</strong>azioni adolescenziali e la vicenda<br />

era come sullo sfondo, ma su uno sfondo<br />

drammaticamente, tragicamente sempre<br />

presente, e il suo diario rappresenta anche<br />

una testimonianza su una forzata convivenza<br />

per due anni, dominata dalla paura dell’essere<br />

scoperti a ogni trasalimento. Altro che<br />

Grande Fratello, trasmissione televisiva di<br />

successo, spacciata per fenomeno sociologico!<br />

Anna Frank non ha la fortuna di sopravvivere<br />

come Primo Levi e questo fa di lei<br />

un’eroina, un’icona tragica, potremmo dire,<br />

la cui vicenda umana ingigantisce persino<br />

quella letteraria. Primo Levi, che, probabilmente,<br />

non avrebbe mai scr<strong>it</strong>to (Ermanno<br />

Paccagini, prefatore dell’edizione realizzata<br />

da Famiglia Cristiana, ricorda che Levi si<br />

diplomò nella sessione autunnale, “essendo<br />

stato rimandato in Italiano”), rimane segnato<br />

per tutta la v<strong>it</strong>a da quella drammatica esperienza<br />

di un anno e sebbene egli, per tutta<br />

la sua rimanente esistenza, non abbia fatto<br />

altro che riscrivere lo stesso libro, giacché,<br />

in fondo, gli altri t<strong>it</strong>oli non sono altro che<br />

una ripresa e un approfondimento di Se<br />

questo è un uomo, rimane schiacciato dalla<br />

vicenda stessa.<br />

Come si dice in psicologia, non riuscì<br />

a elaborare il suo lutto e si uccise gettandosi<br />

dall’ultimo piano del palazzo dove ab<strong>it</strong>ava.<br />

Nei suoi brevi diciassette cap<strong>it</strong>oli, ciascuno<br />

dei quali ha una sua autonomia strutturale,<br />

attraverso i quali Levi svolge il dipanarsi<br />

della sua vicenda umana, dal viaggio dopo<br />

l’arresto fino alla liberazione, e in cui compaiono<br />

personaggi memorabili e pagine di<br />

autentico lirismo, Se questo è un uomo potrebbe<br />

essere considerato monumentum aere<br />

perennius per ricordare parole di Orazio, che<br />

però applicava ai suoi versi. Levi denuncia,<br />

senza scagliarsi rabbiosamente contro “i<br />

diavoli di malebolge”, eppure ne avrebbe il<br />

dir<strong>it</strong>to. La violenza è in re ipsa, direbbero<br />

i filosofi: basta svelarla con narrazione sapiente,<br />

con senso di classico equilibrio, basta<br />

indagarne le caratteristiche e le cause, come<br />

fa Levi, e sarà da sé oggetto di condanna<br />

da parte dei lettori. Si tratta, dunque, a mio<br />

parere di un libro di altissima qual<strong>it</strong>à non<br />

solo letteraria, ma umana, civile e pol<strong>it</strong>ica.<br />

E uso quest’ultimo termine nel senso più<br />

nobile della sua accezione.

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