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Cultura<br />
interrogativo mi sembra sbattuto in faccia<br />
al lettore per provocare una forte reazione<br />
e anche per operare una specie di estraniazione,<br />
per ev<strong>it</strong>are, cioè, a mio giudizio, che<br />
il lettore possa essere troppo impietos<strong>it</strong>o<br />
per quella scena, in cui viene messa in<br />
evidenza sì la fragil<strong>it</strong>à degli esseri umani di<br />
fronte all’incombere della morte, ma, direi<br />
soprattutto, è messa in luce una condizione<br />
di uman<strong>it</strong>à fer<strong>it</strong>a, calpestata, di esseri umani<br />
spogliati letteralmente di tutto, persino della<br />
dign<strong>it</strong>à, oggetto di sterminio e di esercizio di<br />
onnipotenza da parte di una divin<strong>it</strong>à malefica<br />
e proteiforme: H<strong>it</strong>ler e i suoi.<br />
Come non ricordare, a propos<strong>it</strong>o, il<br />
lucido cap<strong>it</strong>olo in cui Levi rammenta d’esser<br />
stato esaminato dal Doktor Pannw<strong>it</strong>z…<br />
alto, magro, biondo; ha gli occhi, i capelli,<br />
il naso come tutti i tedeschi devono averli<br />
– osserva Levi con fine ironia, che eserc<strong>it</strong>a<br />
anche su di sé, quasi a voler dimostrare al<br />
lettore che gli internati nel lager, quelli che il<br />
lavoro dovrebbe rendere liberi (Arbe<strong>it</strong> macht<br />
frei rec<strong>it</strong>a “una scr<strong>it</strong>ta vivamente illuminata”<br />
sopra una grande porta nel lager) sono stati<br />
demol<strong>it</strong>i, annientati anche nel pensiero: “Io<br />
sto in piedi nel suo studio che è un vero<br />
studio, lucido, pul<strong>it</strong>o e ordinato, e mi pare<br />
che lascerei una macchia sporca dovunque<br />
dovessi toccare… quello sguardo non corse<br />
fra due uomini; e se io sapessi spiegare a<br />
fondo la natura di quello sguardo, scambia-<br />
to come attraverso la parete di vetro di un<br />
acquario tra due esseri che ab<strong>it</strong>ano mondi<br />
diversi, avrei anche spiegato l’essenza della<br />
grande follia della terza Germania”.<br />
Già qui potrei cogliere la misura di<br />
quella “classic<strong>it</strong>à” cui prima facevo riferimento,<br />
quale, del resto, è stata riconosciuta<br />
dal cr<strong>it</strong>ico Vincenzo Mengaldo, il quale<br />
afferma che Primo Levi ormai “appare anche<br />
linguisticamente, se altri mai, un classico”.<br />
In questo passo che ho appena c<strong>it</strong>ato e che,<br />
a mio avviso, rende bene, seppur implic<strong>it</strong>amente,<br />
quel senso di onnipotenza divina<br />
che avevano persino gli esecutori di H<strong>it</strong>ler<br />
nei confronti degli ebrei, è efficacissima,<br />
dal punto di vista formale, stilisticamente,<br />
diciamo così, pul<strong>it</strong>a, l’immagine dell’acquario:<br />
Levi si sente – e fa percepire a noi<br />
lettori in modo quasi subliminale, oserei<br />
dire, - un pesce che viene scrutato da un<br />
essere non solo diverso, ma superiore, qual<br />
è in quel momento Panw<strong>it</strong>z, personaggio,<br />
effettivamente, alto in grado nell’inferno<br />
leviano. Altri sono i Caronte, i diavoli<br />
comuni, caratterizzati da “quei barbarici<br />
latrati dei tedeschi quando comandano”<br />
<strong>Marzo</strong> <strong>2003</strong> 15<br />
Bellezza<br />
(sembra quasi di risentire gli oscuri versi<br />
di Dante “Papé Satan aleppe…), i kapos.<br />
“Questo è l’inferno”: assolutizza Levi e<br />
poi spiega, prima di parlare di antinferno,<br />
di innumerevoli proibizioni, di divisioni in<br />
criminali, pol<strong>it</strong>ici ed ebrei e delle baracche<br />
in blocks: il che rinvia alla divisione dantesca<br />
in gironi e in peccatori. E, tuttavia,<br />
come Dante arriva fino in fondo all’imbuto<br />
infernale per poi “riveder le stelle”, anche<br />
Primo Levi conosce l’abiezione, ma lotta<br />
contro tutto, contro tutti e contro sé stesso<br />
per uscire indenne dall’inferno: Levi capisce<br />
sub<strong>it</strong>o che “siamo arrivati al fondo. Più<br />
giù di così non si può andare: condizione<br />
umana più misera non c’è e non è pensabile.<br />
Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli ab<strong>it</strong>i,<br />
le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non<br />
ci ascolteranno e se ci ascoltassero, non ci<br />
capirebbero. Ci toglieranno anche il nome:<br />
e se vorremo conservarlo, dovremo trovare<br />
in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro<br />
al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali<br />
eravamo rimanga”.<br />
Così nel secondo cap<strong>it</strong>olo, Levi<br />
sintetizza la demolizione dell’uomo in<br />
quanto essere umano, ma in quello dal<br />
t<strong>it</strong>olo “Esame di clinica”, in cui emerge la<br />
figura di Pannw<strong>it</strong>z (il quale prima di sopprimere<br />
vuole sfruttare tutto l’utilizzabile<br />
dell’essere inferiore che ha davanti) Levi<br />
mentalmente resiste contro quest’ultimo<br />
atto di sopraffazione, sottilmente superiore,<br />
perché Pannw<strong>it</strong>z ha gli occhi azzurri, le mani<br />
coltivate, dà del lei all’essere inferiore, vuole<br />
usare, cioè, il cervello e non le mani. Levi<br />
mentalmente ripete: “Gli occhi azzurri e i<br />
capelli biondi sono essenzialmente malvagi.<br />
Nessuna comunicazione possibile. Sono<br />
specializzato in chimica mineraria. Sono<br />
specializzato in sintesi organiche. Sono<br />
specializzato…”.<br />
Lo stile è del linguaggio telegrafico,<br />
ma esprime coerentemente il fortissimo stato<br />
di pressione psicologica cui si può essere<br />
sottoposti in condizioni estreme e cui bisogna<br />
reagire facendo appello a tutte le nostre<br />
risorse, per restare disperatamente in v<strong>it</strong>a.<br />
“Pare che sia andata bene, ma sarebbe insensato<br />
farci conto. Conosco già abbastanza il<br />
Lager per sapere che non si devono mai fare<br />
previsioni, specie se ottimistiche. Quello<br />
che è certo è che ho passato una giornata<br />
senza lavorare, e quindi stanotte avrò un po’<br />
meno fame, e questo è un vantaggio concreto<br />
acquis<strong>it</strong>o” – conclude realisticamente<br />
il cap<strong>it</strong>olo e noi capiamo che la lotta per<br />
la sopravvivenza può comportare qualsiasi<br />
sacrificio, anche perché “la v<strong>it</strong>a fuori era<br />
bella”, come sottolinea Levi nell’ultimo<br />
cap<strong>it</strong>olo, “La storia di dieci giorni” – gli<br />
ultimi, prima della deliberazione. La v<strong>it</strong>a è<br />
bella è il t<strong>it</strong>olo del film di Roberto Benigni,<br />
che ha fatto incetta di premi in tutto il mondo,<br />
ma che, secondo me, ha banalizzato la<br />
vicenda dell’Olocausto o della Shoah, in cui<br />
Primo Levi e Anna Frank sono state v<strong>it</strong>time<br />
sacrificali, fra milioni di altri, il cui nome è<br />
conservato, se non ricordo male, nel museo<br />
della memoria a Israele.<br />
Anna Frank ha raccontato le sue<br />
palp<strong>it</strong>azioni adolescenziali e la vicenda<br />
era come sullo sfondo, ma su uno sfondo<br />
drammaticamente, tragicamente sempre<br />
presente, e il suo diario rappresenta anche<br />
una testimonianza su una forzata convivenza<br />
per due anni, dominata dalla paura dell’essere<br />
scoperti a ogni trasalimento. Altro che<br />
Grande Fratello, trasmissione televisiva di<br />
successo, spacciata per fenomeno sociologico!<br />
Anna Frank non ha la fortuna di sopravvivere<br />
come Primo Levi e questo fa di lei<br />
un’eroina, un’icona tragica, potremmo dire,<br />
la cui vicenda umana ingigantisce persino<br />
quella letteraria. Primo Levi, che, probabilmente,<br />
non avrebbe mai scr<strong>it</strong>to (Ermanno<br />
Paccagini, prefatore dell’edizione realizzata<br />
da Famiglia Cristiana, ricorda che Levi si<br />
diplomò nella sessione autunnale, “essendo<br />
stato rimandato in Italiano”), rimane segnato<br />
per tutta la v<strong>it</strong>a da quella drammatica esperienza<br />
di un anno e sebbene egli, per tutta<br />
la sua rimanente esistenza, non abbia fatto<br />
altro che riscrivere lo stesso libro, giacché,<br />
in fondo, gli altri t<strong>it</strong>oli non sono altro che<br />
una ripresa e un approfondimento di Se<br />
questo è un uomo, rimane schiacciato dalla<br />
vicenda stessa.<br />
Come si dice in psicologia, non riuscì<br />
a elaborare il suo lutto e si uccise gettandosi<br />
dall’ultimo piano del palazzo dove ab<strong>it</strong>ava.<br />
Nei suoi brevi diciassette cap<strong>it</strong>oli, ciascuno<br />
dei quali ha una sua autonomia strutturale,<br />
attraverso i quali Levi svolge il dipanarsi<br />
della sua vicenda umana, dal viaggio dopo<br />
l’arresto fino alla liberazione, e in cui compaiono<br />
personaggi memorabili e pagine di<br />
autentico lirismo, Se questo è un uomo potrebbe<br />
essere considerato monumentum aere<br />
perennius per ricordare parole di Orazio, che<br />
però applicava ai suoi versi. Levi denuncia,<br />
senza scagliarsi rabbiosamente contro “i<br />
diavoli di malebolge”, eppure ne avrebbe il<br />
dir<strong>it</strong>to. La violenza è in re ipsa, direbbero<br />
i filosofi: basta svelarla con narrazione sapiente,<br />
con senso di classico equilibrio, basta<br />
indagarne le caratteristiche e le cause, come<br />
fa Levi, e sarà da sé oggetto di condanna<br />
da parte dei lettori. Si tratta, dunque, a mio<br />
parere di un libro di altissima qual<strong>it</strong>à non<br />
solo letteraria, ma umana, civile e pol<strong>it</strong>ica.<br />
E uso quest’ultimo termine nel senso più<br />
nobile della sua accezione.