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14<br />
Questo è il terzo anno dacché,<br />
con decreto ministeriale, tutte<br />
le scuole <strong>it</strong>aliane sono inv<strong>it</strong>ate<br />
a ricordare la Shoah o Shoa (alla lettera<br />
‘catastrofe, calam<strong>it</strong>à’) sub<strong>it</strong>a dagli ebrei<br />
residenti in Europa, cioè dagli oltre sei milioni<br />
di <strong>it</strong>aliani, francesi, tedeschi, olandesi,<br />
ecc. con nomi ebraici e non necessariamente<br />
praticanti la religione israel<strong>it</strong>ica, quella dei<br />
loro avi, che, stanziati in Palestina, obbedivano<br />
alla Torah e aspettavano (come tuttora<br />
aspettano) il Messia. Al liceo scientifico<br />
statale “A. Saluta” non c’è stato bisogno<br />
del decreto ministeriale per ricordare questa<br />
terribile pagina della storia del XX secolo,<br />
almeno nelle classi dove ha insegnato e insegna<br />
lettere il nostro direttore. Il quale ha<br />
sottoposto ai suoi alunni testi rari e altamente<br />
drammatici come Un paio di scarpette<br />
rosse di J. Lussu, Io canto di I. Katzenelson<br />
e pagine da Se questo è un uomo di Primo<br />
Levi. Di segu<strong>it</strong>o pubblichiamo le sue riflessioni<br />
proprio su Levi.<br />
L’Inferno virtuale di Dante<br />
e quello vero di Primo Levi<br />
Se è vero, com’è stato giustamente<br />
osservato, che la lettura di un libro richiama<br />
quello di uno o più libri precedenti, la lettura<br />
del primo libro di Primo Levi, chimico torinese,<br />
nato nel 1919 e morto suicida nel 1987,<br />
quello per cui è mer<strong>it</strong>atamente famoso, cioè<br />
Se questo è un uomo, ha richiamato alla<br />
memoria altre due opere: L’Inferno di Dante<br />
e Il diario di Anna Frank, quest’ultimo letto<br />
da me perché sollec<strong>it</strong>ato dalla visione di un<br />
lungo film, tratto dalla riduzione teatrale<br />
(negli Stati Un<strong>it</strong>i) della versione purgata<br />
dal padre Otto e poi pubblicata con il t<strong>it</strong>olo<br />
originale, che, tradotto in <strong>it</strong>aliano, è quello<br />
di Retrocasa, ma universalmente poi noto<br />
come Il diario di Anna Frank. Ovviamente,<br />
l’incontro con Dante è avvenuto per motivi<br />
essenzialmente scolastici, ma ero ancora<br />
troppo giovane per poter apprezzare la<br />
bellezza, la solenn<strong>it</strong>à, la grandios<strong>it</strong>à e la<br />
compless<strong>it</strong>à dell’opera dantesca, seppure<br />
l’Inferno, come riconoscono gli stessi cr<strong>it</strong>ici,<br />
<strong>Marzo</strong> <strong>2003</strong><br />
Allo scientifico “Saluta” celebrato “Il giorno della<br />
memoria” con testi di Katzenelson, Lussu e Primo Levi.<br />
All’inferno e r<strong>it</strong>orno<br />
è quella cantica che più si avvicina alla nostra<br />
sensibil<strong>it</strong>à, non solo per il linguaggio,<br />
lo stile, ma perché avvertiamo personaggi,<br />
s<strong>it</strong>uazioni e temi dell’Inferno come vicini<br />
a noi, parte di noi, anche se la visione del<br />
poeta risente del clima medievale di cui<br />
Dante è esponente a pieno t<strong>it</strong>olo. Il padre<br />
della lingua <strong>it</strong>aliana immagina (o ci crede<br />
veramente) d’aver compiuto un viaggio<br />
negli inferi cristiani, alla maniera degli eroi<br />
pagani e m<strong>it</strong>i classici Ulisse e Enea, per<br />
indicare, però agli uomini del suo tempo<br />
che, pur smarrendosi nel peccato, possono,<br />
attraverso l’intervento della ragione<br />
(Virgilio) e della teologia (Beatrice) essere<br />
degni di godere della visione paradisiaca e<br />
salvifica di Dio nel Paradiso, attraverso la<br />
purificazione compiuta nel Purgatorio. Il<br />
t<strong>it</strong>olo stesso di Commedia rinvia, oltre che<br />
allo stile medio (tra quello solenne della tragedia<br />
e quello più umile dell’elegia), anche<br />
all’inizio tragico e al finale lieto.<br />
Quello di Dante è un viaggio, dunque,<br />
virtuale. Quello di Levi invece è un viaggio<br />
reale descr<strong>it</strong>to con linguaggio realistico,<br />
tant’è che questo autore viene collocato<br />
nel filone del neorealismo novecentesco o<br />
della memoralistica di guerra. Dante “vede”<br />
un Inferno oltremondano, Primo Levi vive<br />
un inferno terreno, quello del lager polacco<br />
Auschw<strong>it</strong>z, di famigerata memoria, vera e<br />
propria fabbrica di eliminazione di esseri<br />
umani – la così detta soluzione finale progettata<br />
da H<strong>it</strong>ler – specialmente di ebrei di<br />
null’altro colpevoli che d’essere di religione<br />
israel<strong>it</strong>ica o di appartenenza pura e semplice<br />
a quell’etnia.<br />
Se Dante ha sempre chiara la visione<br />
del suo viaggio, perché egli, seppure si<br />
sdoppia nel personaggio Dante, costruisce<br />
quel viaggio a tavolino, Primo Levi, a fatica<br />
prima, poi con maggiore fluid<strong>it</strong>à, certamente<br />
con grande dolore, rievoca quei momenti autobiografici,<br />
talmente inaud<strong>it</strong>i, tanto dolorosi<br />
a volte, che egli stesso, anni dopo, a tavolino,<br />
dub<strong>it</strong>a di averli veramente vissuti. Essendo<br />
di formazione classica (ha studiato al liceo<br />
“D’Azeglio” di Torino), essendo ab<strong>it</strong>uato dal<br />
suo hab<strong>it</strong>us di chimico al ragionamento, alla<br />
misura, egli, sostanzialmente, non indugia<br />
nel bello scrivere, non insegue gli artifici<br />
retorici per commuovere il lettore.<br />
La commozione viene dalla cosa in sé,<br />
rappresentata o meglio ricordata, con cruda<br />
semplic<strong>it</strong>à e, per contrasto, tanto più efficace,<br />
come per esempio quando accenna alla<br />
perd<strong>it</strong>a dei cari, dopo il lungo, estenuante e<br />
animalesco viaggio (mai dissetati, peggio<br />
trattati degli animali): “Scomparvero così,<br />
in un istante, a tradimento, le nostre donne,<br />
i nostri gen<strong>it</strong>ori, i nostri figli. Quasi nessuno<br />
ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po’<br />
di tempo come una massa oscura all’altra<br />
Cultura<br />
estrem<strong>it</strong>à della banchina, poi non vedemmo<br />
più nulla”. Altro non dice Levi, almeno in<br />
questo cap<strong>it</strong>olo, ma noi intuiamo – lo sappiamo<br />
già dalla Storia – che donne, gen<strong>it</strong>ori,<br />
figli saranno destinati alla dissoluzione<br />
fisica, persino alla dispersione delle ceneri,<br />
quasi a voler cancellare in fretta e furia le<br />
tracce per negare l’ident<strong>it</strong>à e l’esistenza di<br />
un popolo. Ma prima c’è la dissoluzione<br />
morale. “Finalmente si apre un’altra porta:<br />
eccoci tutti chiusi, nudi, tosati e in piedi,<br />
con i piedi nell’acqua e una sala di docce.<br />
Siamo soli, a poco a poco lo stupore si<br />
scioglie e parliamo e tutti domandano e<br />
nessuno risponde” – scrive Levi in un altro<br />
cap<strong>it</strong>olo e sembra quasi che il polisindeto<br />
(e… e… e…) sia venuto spontaneo. E<br />
riprende argomentando, usando il ragionamento,<br />
ma poi ponendosi interrogativi<br />
angosciosi umanamente comprensibili: “Se<br />
siamo nudi in una sala di docce, vuol dire<br />
che faremo la doccia. Se faremo la doccia,<br />
è perché<br />
Quando<br />
non ci ammaccano<br />
le alunne del<br />
ancora.<br />
liceo socio-<br />
E allora<br />
perché<br />
psico-pedagogico<br />
ci fanno stare<br />
ci<br />
in piedi<br />
hanno<br />
e<br />
esposto<br />
non ci danno<br />
le<br />
da<br />
loro<br />
bere,<br />
doglianze,<br />
e nessuno,<br />
ci hanno<br />
ci spiega<br />
mostrato<br />
niente<br />
della<br />
e non<br />
abbiamo<br />
lettera<br />
né<br />
che<br />
scarpe<br />
pubblichiamo<br />
né vest<strong>it</strong>i<br />
la<br />
ma<br />
copia<br />
siamo<br />
con<br />
tutti<br />
nudi tanto coi di piedi timbro nell’acqua, del protocollo e fa d’entrata freddo ed è<br />
cinque e le ricevute giorni che delle viaggiamo varie raccomandate.<br />
e non possiamo<br />
neppure I gen<strong>it</strong>ori sederci. di queste E le nostre ragazze donne?” ci hanno Questo<br />
fatto osservare che niente s’è mosso<br />
alla Provincia, nonostante per un quinquennio<br />
un augustano abbia avuto la