bologna combatte PDF - Istituto Parri

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01.06.2013 Views

delle biografie dei militari caduti al fronte, i giornali non potevano ignorare quei valorosi 8 . Sul settimanale cominciarono a rarefarsi gli articoli ideologici, così come diminuirono alla Casa del fascio le riunioni d'intellettuali per la Lectura ducis. Molti scrittori si rifugiarono in temi di fantasia, ma sen¬ za allusioni più o meno velate a situazioni reali. Il PNF era ancora troppo forte e vigile per lasciare passare forme elementari d'ironia sul regime o sulla guerra. Al lento disimpegno d'alcuni collaboratori - i quali, evidentemente, cominciavano ad avere problemi con se stessi, avendo perduto antiche certezze - fece riscontro la ripresa della cam¬ pagna antisemita da parte di una piccola, ma molto attiva pattuglia di razzisti che aveva sempre fatto pesare la sua presenza e sentire la sua voce in redazione. Risale a questo periodo - pieno di incertezze e difficoltà ad indivi¬ duare e perseguire gli obiettivi politico-militari della guerra - una sin¬ golare polemica che "L'Assalto" iniziò contro le donne che lavora¬ vano o che tendevano ad abbandonare il tradizionale ruolo di 'angelo del focolare'. Non è semplice capire perché il PNF abbia assunto que¬ sta posizione antifemminista in un momento in cui le donne entravano in massa nelle fabbriche per prendere il posto degli uomini chiamati alle armi. Non rubavano il lavoro a nessuno e, per di più, la retribuzio¬ ne era più bassa che quella maschile, anche se va concesso che il loro rendimento potesse essere inferiore. Più di una volta, il giornale scrisse che il loro posto era in casa e che non dovevano portare i pantaloni, dimenticando che questo indumento è il più idoneo al lavoro in fab¬ brica. Doveva trattarsi di una direttiva nazionale perché, nello stesso periodo, una 'velina' del Minculpop aveva vietato ai giornali la pub¬ blicazione di foto con donne in pantaloni. A Bologna, l'ispiratore di questa campagna antifemminista era il federale Monzoni. In novembre, al congresso provinciale, ne parlò dif¬ fusamente, anche se la maggior parte della relazione fu dedicata alla guerra, definita l'ultima del nostro Risorgimento. Parola più parola meno, ripetè quanto Mussolini aveva detto il 10 ottobre durante una breve visita a Bologna. In quell'occasione il maggior quotidiano della città scrisse che «la Decima Legio ha ripetuto ieri al Duce l'antico giu¬ ramento dei "popoli guerrieri"» 9 . Il giuramento forse era antico, 8 C. Matteini, Ordini, cit. p. 108. La disposizione era stata emanata il 27 giugno 1940 e confermata il 19 ottobre (p. 128). 9 Il Capo e il popolo, in "il Resto del Carlino", 7 ottobre 1941. 34

mentre di nuovo - ma le gerarchie del PNF non se n'erano accorte o non volevano prenderne atto - c'era lo scollamento sempre più evi¬ dente tra regime e società. Alla fine dell'anno, quando fu fatto il bilancio politico del primo anno di guerra, un fenomeno nuovo balzò all'attenzione dei gerarchi e della polizia. I bolognesi inviati al confino erano stati 32 (poco me¬ no di quelli del 1940), quelli processati dal Tribunale speciale otto (sette in più) e quelli internati 11 (quattro in meno). Sin qui tutto normale. Quello che usciva dalla media era l'elevato numero di scritte murali contro la guerra. Pure in aumento il numero delle persone fi¬ nite in carcere per avere imprecato in pubblico contro il fascismo e il conflitto. Il fenomeno delle scritte murali non era nuovo, ma limitato a pochi casi l'anno. Nella primavera del 1941 aumentarono all'improvviso di numero con un crescendo pauroso, come la questura notò subito e re¬ gistrò nei suoi rapporti, anche perché aveva il compito di cancellarle. Oltre che contro il fascismo e la guerra, gli anonimi polemisti avevano cominciato a prendersela sempre più insistentemente con gli alleati te¬ deschi. Eccone un piccolo campionario: 25 maggio, su un manifesto che incitava gli italiani al combattimento, fu scritto: «Pistoloni» e «M (che stava per abbasso, N.d.A.) i tedeschi»; 8 giugno, sui muri della caser¬ ma di via Borgolocchi «Morte ai tedeschi»; 8 giugno, in via Andalò «Morte ai tedeschi»; 7 giugno, via Tanari «W la Francia. Morte ai tede¬ schi»; 16 giugno, ditta Zabban «Abbasso i tedeschi. Evviva la Francia»; 16 giugno, via Orfeo «W Lenin. M al duce»; 19 giugno, Buini & Grandi «Operai la vita è breve. Bisogna goderla. Insorgete!»; 24 giu¬ gno, Ospedale militare «Duce vigliacco»; 26 giugno, tipografia de "il Resto del Carlino" «Italiani svegliatevi. Morte al duce»; 6 luglio, via Ugo Bassi, via Roma (oggi via Marconi) e S. Felice una decina di scritte «M il duce»; 5 novembre, via del Ricovero (quasi certamente via Albertoni, dove allora si trovava il ricovero di mendicità) «Siamo stan¬ chi del duce. Vogliamo pane»; 12 novembre, via Lame «Pane ai bam¬ bini e la testa di Mussolini»; 6 novembre, via Emilia Levante «Date in culo a Mussolini»; 11 novembre, via Paradiso «Vile il duce. Abbasso il duce»; 23 dicembre, via S. Giorgio «Abbasso il duce e la guerra» 10 . Nello stesso periodo in città furono distribuiti numerosi volantini, la maggior parte scritti con caratteri mobili di gomma, come una volta si 1 0 ACS, DPS, AG, 1941, bb. 7 e 22. 35

mentre di nuovo - ma le gerarchie del PNF non se n'erano accorte o<br />

non volevano prenderne atto - c'era lo scollamento sempre più evi¬<br />

dente tra regime e società.<br />

Alla fine dell'anno, quando fu fatto il bilancio politico del primo<br />

anno di guerra, un fenomeno nuovo balzò all'attenzione dei gerarchi<br />

e della polizia. I bolognesi inviati al confino erano stati 32 (poco me¬<br />

no di quelli del 1940), quelli processati dal Tribunale speciale otto<br />

(sette in più) e quelli internati 11 (quattro in meno). Sin qui tutto<br />

normale. Quello che usciva dalla media era l'elevato numero di scritte<br />

murali contro la guerra. Pure in aumento il numero delle persone fi¬<br />

nite in carcere per avere imprecato in pubblico contro il fascismo e il<br />

conflitto.<br />

Il fenomeno delle scritte murali non era nuovo, ma limitato a pochi<br />

casi l'anno. Nella primavera del 1941 aumentarono all'improvviso di<br />

numero con un crescendo pauroso, come la questura notò subito e re¬<br />

gistrò nei suoi rapporti, anche perché aveva il compito di cancellarle.<br />

Oltre che contro il fascismo e la guerra, gli anonimi polemisti avevano<br />

cominciato a prendersela sempre più insistentemente con gli alleati te¬<br />

deschi.<br />

Eccone un piccolo campionario: 25 maggio, su un manifesto che<br />

incitava gli italiani al combattimento, fu scritto: «Pistoloni» e «M (che<br />

stava per abbasso, N.d.A.) i tedeschi»; 8 giugno, sui muri della caser¬<br />

ma di via Borgolocchi «Morte ai tedeschi»; 8 giugno, in via Andalò<br />

«Morte ai tedeschi»; 7 giugno, via Tanari «W la Francia. Morte ai tede¬<br />

schi»; 16 giugno, ditta Zabban «Abbasso i tedeschi. Evviva la Francia»;<br />

16 giugno, via Orfeo «W Lenin. M al duce»; 19 giugno, Buini &<br />

Grandi «Operai la vita è breve. Bisogna goderla. Insorgete!»; 24 giu¬<br />

gno, Ospedale militare «Duce vigliacco»; 26 giugno, tipografia de "il<br />

Resto del Carlino" «Italiani svegliatevi. Morte al duce»; 6 luglio, via<br />

Ugo Bassi, via Roma (oggi via Marconi) e S. Felice una decina di<br />

scritte «M il duce»; 5 novembre, via del Ricovero (quasi certamente via<br />

Albertoni, dove allora si trovava il ricovero di mendicità) «Siamo stan¬<br />

chi del duce. Vogliamo pane»; 12 novembre, via Lame «Pane ai bam¬<br />

bini e la testa di Mussolini»; 6 novembre, via Emilia Levante «Date in<br />

culo a Mussolini»; 11 novembre, via Paradiso «Vile il duce. Abbasso il<br />

duce»; 23 dicembre, via S. Giorgio «Abbasso il duce e la guerra» 10<br />

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Nello stesso periodo in città furono distribuiti numerosi volantini, la<br />

maggior parte scritti con caratteri mobili di gomma, come una volta si<br />

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