bologna combatte PDF - Istituto Parri
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Garibaldi e Giuseppe Mazzini, ma è difficile ipotizzare che avessero studiato i loro scarsi e soprattutto sparsi scritti sulla guerriglia. Molti citavano il solito Karl von Clausewitz, anche se quasi nessuno l'aveva letto, dal momento che la prima edizione italiana risaliva al 1942, mentre altri lasciarono intendere - dopo - di conoscere Mao Tsé-Tung. Poiché i testi di Mao sono stati diffusi in Italia alla fine de¬ gli anni Quaranta, il suo pensiero lo poteva conoscere chi aveva fre¬ quentato i corsi della Zapada - l'università leninista di Mosca che sfornava i dirigenti comunisti europei - o partecipato alla lotta di libe¬ razione in Francia, dal momento che nella nazione transalpina era noto da tempo. A Bologna, solo Alberganti e Barontini avevano 'studiato' alla Zapada - che vuol dire Occidente - e combattuto nel Maquis francese. Non è possibile dire se Alberganti avesse letto e, soprattutto, capito Mao e gli altri testi sulla guerriglia, anche se aveva organizzato dei cor¬ si in materia durante il soggiorno al confino 3 . Era il classico rivolu¬ zionario di professione che aveva atteso tutta la vita quel particolare momento storico e che quindi era o doveva essere più attrezzato di al¬ tri per affrontarlo. Che conoscesse o no Mao, è un fatto che si comportò in modo al¬ meno singolare per un rivoluzionario di professione e che alcune sue decisioni misero in serio imbarazzo, al limite della crisi, il CLN bolo¬ gnese. Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre 1943 - non si sa se verbalmente o con un documento - fece sapere al CLN che il PCI avrebbe organizzato gruppi di guerriglia in città, ma non in montagna perché l'Appennino emiliano non si prestava alla guerra per bande. Come scriverà alla direzione del PCI nel dicembre 1943, riteneva che queste montagne non avessero un «retroterra profondo» e che fossero strutturate in modo che «solo esigui gruppi potrebbero resistervi». Inoltre, sempre a suo parere, le popolazioni montanare, tra le quali il fa¬ scismo «conta le sue maggiori forze», non avrebbero aiutato le formafine della guerra: La guerriglia in Italia, Milano, Feltrinelli, 1969, pp. 178. Per la guerriglia risorgimentale cfr. Tecniche della guerra partigiana nel Risorgimento, a cu¬ ra di E. Liberti, Firenze, Giunti, 1972, pp. 651. 3 Durante il soggiorno obbligato a Ventotene, nel 1943, Alberganti organizzò, con altri, corsi sulla guerriglia. Casali e Gagliani hanno scritto che «Fra le letture, oltre ai classici von Clausewitz e Mezzacapo, non mancavano i testi in uso nelle accademie militari» (L. Casali, D. Gagliani, Presenza comunista, lotta armata e lotta sociale nel¬ le relazioni degli "ispettori": settembre 1943-marzo 1944, in L. Arbizzani, Azione operaia contadina di massa, Bari, De Donato, 1976, p. 511). 102
zioni partigiane 4 . Per questo il PCI bolognese avrebbe organizzato numerosi piccoli gruppi armati in città - con non più di cinque uomi¬ ni - e inviato i suoi militanti nell'Alto Bellunese per dare vita a grosse formazioni armate, in accordo con il CLN veneto. La scelta dell'Alto Bellunese - dai duecento ai duecentocinquanta chilometri dalle Due torri - non avvenne per caso e il merito o il de¬ merito non è solo d'Alberganti. A consigliare quella zona potrebbe essere stato Roasio. Dopo un breve soggiorno a Milano, era tornato a Bologna nel settembre 1943, con l'incarico di responsabile delle bri¬ gate Garibaldi dell'Emilia, del Veneto e di parte della Toscana. Prima di andare definitivamente a Firenze nel giugno 1944, si recò più di una volta a Padova ed è probabile che l'invio di giovani in Veneto sia stato deciso con Clocchiatti. Roasio era un altro rivoluzionario di pro¬ fessione - con alle spalle dieci anni d'esperienza moscovita, per non dire della guerra civile di Spagna e del Maquis francese - che poco o nulla conosceva di Bologna e che pare abbia concepito quel trasferi¬ mento di massa, come un 'parcheggio' in attesa di non si sa quale al¬ tra soluzione 5 . Nel dopoguerra Roasio - che nel suo libro di memorie fornisce ri¬ sposte chiare e precise per tutti i problemi - ha sfumato in argomento, limitandosi a scrivere che «la struttura geografica pareva ostacolasse un solido movimento armato» e che l'Appennino fu scartato perché «Per creare un solido movimento partigiano in quella zona, era necessario che il partito utilizzasse con audacia tutte le possibilità...» 6 . Fu così che 120 giovani comunisti emigrarono nell'Alto Bellunese. Indipendentemente dalla o dalle paternità, la scelta del Veneto fu proposta da Alberganti alla direzione del PCI e accettata - o subita? - dagli altri dirigenti comunisti bolognesi solo perché era il segretario politico. Luigi Gaiani, Vittorio Ghini, Bruno Gombi e Peloni - i mem¬ bri della direzione militare del PCI, in quel periodo - non pare fossero completamente d'accordo, almeno non tutti, anche se consapevoli che non erano state positive le prime esperienze di guerriglia nate sponta¬ neamente sull'Appennino bolognese subito dopo l'armistizio. I quat¬ tro, che ebbero il merito di avere dato una struttura militare al PCI e che improvvisarono i moduli della guerriglia, erano bolognesi e a- 4 Da Bologna, cit. (cfr. nota 11 cap. 10). 5 E. Antonioni, Un lungo parcheggio "provvisorio", in "Resistenza oggi", febbraio 1982, pp. 16-18. 6 A. Roasio, Figlio della classe operaia, cit., p. 249. 103
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studiato i loro scarsi e soprattutto sparsi scritti sulla guerriglia.<br />
Molti citavano il solito Karl von Clausewitz, anche se quasi nessuno<br />
l'aveva letto, dal momento che la prima edizione italiana risaliva al<br />
1942, mentre altri lasciarono intendere - dopo - di conoscere Mao<br />
Tsé-Tung. Poiché i testi di Mao sono stati diffusi in Italia alla fine de¬<br />
gli anni Quaranta, il suo pensiero lo poteva conoscere chi aveva fre¬<br />
quentato i corsi della Zapada - l'università leninista di Mosca che<br />
sfornava i dirigenti comunisti europei - o partecipato alla lotta di libe¬<br />
razione in Francia, dal momento che nella nazione transalpina era noto<br />
da tempo. A Bologna, solo Alberganti e Barontini avevano 'studiato'<br />
alla Zapada - che vuol dire Occidente - e combattuto nel Maquis<br />
francese.<br />
Non è possibile dire se Alberganti avesse letto e, soprattutto, capito<br />
Mao e gli altri testi sulla guerriglia, anche se aveva organizzato dei cor¬<br />
si in materia durante il soggiorno al confino 3<br />
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zionario di professione che aveva atteso tutta la vita quel particolare<br />
momento storico e che quindi era o doveva essere più attrezzato di al¬<br />
tri per affrontarlo.<br />
Che conoscesse o no Mao, è un fatto che si comportò in modo al¬<br />
meno singolare per un rivoluzionario di professione e che alcune sue<br />
decisioni misero in serio imbarazzo, al limite della crisi, il CLN bolo¬<br />
gnese.<br />
Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre 1943 - non si sa se<br />
verbalmente o con un documento - fece sapere al CLN che il PCI avrebbe<br />
organizzato gruppi di guerriglia in città, ma non in montagna<br />
perché l'Appennino emiliano non si prestava alla guerra per bande.<br />
Come scriverà alla direzione del PCI nel dicembre 1943, riteneva che<br />
queste montagne non avessero un «retroterra profondo» e che fossero<br />
strutturate in modo che «solo esigui gruppi potrebbero resistervi». Inoltre,<br />
sempre a suo parere, le popolazioni montanare, tra le quali il fa¬<br />
scismo «conta le sue maggiori forze», non avrebbero aiutato le formafine<br />
della guerra: La guerriglia in Italia, Milano, Feltrinelli, 1969, pp. 178. Per la<br />
guerriglia risorgimentale cfr. Tecniche della guerra partigiana nel Risorgimento, a cu¬<br />
ra di E. Liberti, Firenze, Giunti, 1972, pp. 651.<br />
3 Durante il soggiorno obbligato a Ventotene, nel 1943, Alberganti organizzò, con<br />
altri, corsi sulla guerriglia. Casali e Gagliani hanno scritto che «Fra le letture, oltre ai<br />
classici von Clausewitz e Mezzacapo, non mancavano i testi in uso nelle accademie<br />
militari» (L. Casali, D. Gagliani, Presenza comunista, lotta armata e lotta sociale nel¬<br />
le relazioni degli "ispettori": settembre 1943-marzo 1944, in L. Arbizzani, Azione operaia<br />
contadina di massa, Bari, De Donato, 1976, p. 511).<br />
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