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Bristol, firmati da Chessa, alcuni sono datati ‘06’; eseguiti in un formato quasi doppio<br />

rispetto a quelli incisi, <strong>il</strong> che rende i soggetti maggiormante fruib<strong>il</strong>i. Legatura omogenea in<br />

m. marocchino tabacco e angoli, tit. oro al dorso a e f<strong>il</strong>etti a secco e in oro al dorso a 3 nervi<br />

(firmata A.Toumane). Esemplare eccezionale di espressione tipica della più alta bibliof<strong>il</strong>ia<br />

francese, raramente applicata ad artisti italiani. Gli acquerelli, alcuni in st<strong>il</strong>e figurativo che<br />

si rivolge al Settecento (p.e. Watteau), altri tipicamente ottocenteschi, altri di notevole<br />

modernità (come lo straordinario autoritratto entro una lente retta dalla mano della Morte)<br />

bene esprimono la complessa personalità dell’artista. Carlo Chessa (Cagliari 1855-Torino<br />

1912), capostipite di artisti torinesi, si trasferì a Torino nel 1879 dove lavorò come litografo<br />

e frequentò l’Accademia Albertina. Artista famoso come <strong>il</strong>lustratore e per i suoi celebri<br />

dipinti raffiguranti soggetti di vita alpestre e paesaggi, fu la testa di una dinastia di pittori<br />

torinesi del tempo, tra cui <strong>il</strong> figlio Gigi fu uno dei massimi esponenti dei “Sei di Torino”, e<br />

<strong>il</strong> nipote Mauro, vivente, affermato artista contemporaneo. BÉNÉZIT III, 570. COMANDUCCI<br />

140-141. BELLINI, Pittori Piemontesi dell’800, p. 105. THIEME/BECKER VI, p. 470. Il<br />

presente esemplare è ampiamente descritto da P.G. DRAGONE, in Pittori dell’Ottocento in<br />

Piemonte, pp. 216/217. [4504]<br />

70. STEPHANUS BYZANTINUS. De<br />

urbibus (graece). (In fine:) Florentiae,<br />

haeredes Ph<strong>il</strong>ippi Iuntae, 1521, € 5.500<br />

in-folio, ff. 69, (1, con impresa tipogr.), leg.<br />

ottoc. m. perg., tass. in pelle con tit. oro al<br />

dorso. Testo su due colonne interamente in car.<br />

greco, grandi iniz. s<strong>il</strong>ogr., grande impresa<br />

tipogr. in fine. Seconda edizione (la prima era<br />

stata impressa da Aldo nel 1502),<br />

estremamente rara (OFFMANN: “haec omnium<br />

fere rarissima editio”), di quest’opera, giunta a<br />

noi tramite una epitome fatta dal grammatico<br />

Ermolao; è una sorta di “Dizionario geografico”<br />

con i nomi dei luoghi, quelli degli abitanti,<br />

l’origine delle città, dei popoli e delle loro<br />

colonie, e riferisce proverbi, oracoli ed eventi<br />

strani e soprannaturali. Importante per <strong>il</strong> largo<br />

materiale ivi raccolto attraverso molte fonti,<br />

alcune sicuramente dirette, quali Tucidide e<br />

Strabone (ma curiosamente non Tolomeo),<br />

l’opera costituì una delle sorgenti primarie di<br />

notizie di geografia antica per gli umanisti del<br />

Rinascimento e riferimento lessicografico di estrema importanza. L’autore, grammatico del VI<br />

sec. d.C., appartiene a quella corrente di lessicografi che risale all’età ellenistica e continua poi in<br />

quella bizantina. Esempl. puro, a grandi margini, di opera veramente rara (solo 3 copie in NUC).<br />

MANCA ALL’ADAMS. BMC 647. DECIA-DELFIOL n. 151. RENOUARD p. XLVI, n. 44. [4125]<br />

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