01.06.2013 Views

Corso di astronomia, Lezione 4, 02/12/2010. Daniele Gasparri

Corso di astronomia, Lezione 4, 02/12/2010. Daniele Gasparri

Corso di astronomia, Lezione 4, 02/12/2010. Daniele Gasparri

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

I telescopi<br />

<strong>Corso</strong> <strong>di</strong> <strong>astronomia</strong>, <strong>Lezione</strong> 4, <strong>02</strong>/<strong>12</strong>/<strong>2010.</strong> <strong>Daniele</strong> <strong>Gasparri</strong><br />

• I telescopi<br />

• Le montature<br />

• Gli accessori ottici<br />

Cosa è un telescopio<br />

Un telescopio è uno strumento ottico adatto all’osservazione del cielo.<br />

Con il termine telescopio ci si riferisce, generalmente, ad<br />

una serie <strong>di</strong> parti che formano lo strumento per<br />

l’osservazione del cielo, ovvero: il tubo ottico (il telescopio<br />

vero e proprio), la montatura e gli accessori, principalmente<br />

gli oculari.<br />

Un telescopio completo, pronto per l’osservazione, non può<br />

mai prescindere da questi 3 elementi.<br />

Il tubo ottico è lo strumento atto all’osservazione del cielo.<br />

E’ composto da un tubo <strong>di</strong> metallo nel quale trova posto<br />

l’obiettivo, un gruppo <strong>di</strong> lenti, specchi, o un insieme <strong>di</strong> lenti<br />

e specchi, che ha il compito <strong>di</strong> raccogliere la luce e<br />

convogliarla nella parte opposta del tubo, dove si trova il<br />

piano focale. Il piano focale è una superficie dove la luce<br />

raccolta dall’obiettivo vi converge e forma l’immagine. Nel<br />

pressi del piano focale si inserisce l’oculare, un accessorio<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte che ha il compito <strong>di</strong> rendere visibile e<br />

ingran<strong>di</strong>ta l’immagine formata dall’obiettivo sul piano<br />

focale.<br />

Affinché si possano osservare le immagini <strong>di</strong> qualsiasi tipo<br />

<strong>di</strong> oggetto occorre sempre inserire un oculare.<br />

Ogni tubo ottico possiede, nell’alloggiamento de<strong>di</strong>cato agli<br />

oculari, un sistema <strong>di</strong> messa a fuoco, che avviene<br />

generalmente girando una o due manopole, le quali<br />

spostano fisicamente, in avanti o in<strong>di</strong>etro, l’oculare,<br />

Un telescopio è composto da un tubo ottico, un<br />

oculare, una montatura ed un treppiede. In questa<br />

figura possiamo osservare un classico telescopio<br />

rifrattore.<br />

affinché si possa trovare nella posizione adatta alla formazione <strong>di</strong> un’immagine nitida.<br />

In parallelo ad ogni tubo ottico si trova un altro accessorio, detto cercatore. Si tratta <strong>di</strong> un piccolo<br />

cannocchiale dal basso ingran<strong>di</strong>mento che aiuta a centrare, previo un allineamento, nello strumento<br />

principale gli oggetti del cielo che si vogliono osservare, troppo <strong>di</strong>fficili da trovare con gli ingran<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />

ogni telescopio.<br />

Il telescopio, così come tutti gli strumenti ottici, ad eccezione dei binocoli, produce delle immagini<br />

rovesciate rispetto alla realtà. Questo bizzarro comportamento non si può evitare ed è la <strong>di</strong>retta conseguenza<br />

delle leggi dell’ottica che regolano la formazione delle immagini attraverso lenti o specchi. Nelle<br />

osservazioni astronomiche poco o nulla importa se le immagini sono sottosopra, poiché il concetto <strong>di</strong> sopra o<br />

sotto ha senso solamente se è riferito ad oggetti terrestri. Una stella, un pianeta o una galassia non<br />

possiedono un verso giusto, non si può identificare un sopra o un sotto, per questo è assolutamente normale<br />

che questi strumenti non presentino alcun meccanismo aggiuntivo <strong>di</strong> raddrizzamento dell’immagine. Nei<br />

binocoli, invece, strumenti de<strong>di</strong>cati anche alle osservazioni terrestri, un sistema ottico aggiuntivo, formato da<br />

dei prismi, provvede a “correggere” il verso dell’immagine, ma a spese <strong>di</strong> una leggera per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> luminosità e<br />

definizione.<br />

Nei telescopi, la correzione del ribaltamento delle immagini deve essere fatta sempre aggiungendo un<br />

elemento ottico in<strong>di</strong>pendente, costoso e che non <strong>di</strong> rado <strong>di</strong>minuisce le prestazioni dello strumento, per questo<br />

motivo si preferisce lasciare le immagini come sono.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> un telescopio può essere formato da lenti, da specchi o da una combinazione <strong>di</strong> entrambi gli<br />

elementi. Gli strumenti composti solo da lenti vengono definiti rifrattori; quelli composti solo da specchi<br />

riflettori, mentre quelli formati da lenti e specchi cata<strong>di</strong>ottrici.


Le <strong>di</strong>verse configurazioni ottiche, ovvero i <strong>di</strong>versi schemi con cui vengono costruiti i tubi ottici, <strong>di</strong>pendono<br />

dalla qualità delle immagini che si vogliono ottenere, dalla facilità <strong>di</strong> lavorazione, dalle preferenze soggettive<br />

dell’osservatore, dall’ingombro, dal tipo <strong>di</strong> oggetti che si vogliono osservare...Non c’è alcuna preferenza, a<br />

priori, nell’usare specchi, lenti o entrambi, poiché il funzionamento <strong>di</strong> ogni strumento resta lo stesso.<br />

A cosa serve un telescopio<br />

Qualunque sia il vostro strumento <strong>di</strong> osservazione e in<strong>di</strong>pendentemente se voi siate semplici amatori o veri e<br />

propri astronomi, gli strumenti <strong>di</strong> osservazione hanno sempre lo stesso scopo: mostrare oggetti invisibili ad<br />

occhio nudo per migliorare la nostra conoscenza dello spazio e, se necessario, ingran<strong>di</strong>re tali oggetti per<br />

stu<strong>di</strong>arne la loro struttura.<br />

Il compito fondamentale <strong>di</strong> ogni strumento è quello <strong>di</strong> mostrare oggetti deboli, così deboli da non essere<br />

visibili ad occhio nudo, e dettagli più piccoli <strong>di</strong> quelli che l'occhio può risolvere. L'ingran<strong>di</strong>mento, come<br />

vedremo meglio, non è una caratteristica fondamentale degli strumenti, ma solo il mezzo necessario per<br />

sfruttare il loro potere risolutivo.<br />

Quando si considera uno strumento per le osservazioni astronomiche, ma anche terrestri, sono 2 le<br />

componenti da tenere in considerazione, almeno per quanto riguarda la parte ottica:<br />

1) La qualità delle ottiche; in <strong>astronomia</strong> la qualità si paga e un'ottica buona può costare oltre il doppio <strong>di</strong><br />

una me<strong>di</strong>ocre o sufficiente.<br />

Uno strumento con ottiche <strong>di</strong> scarsa qualità è totalmente inutilizzabile, per questo bisogna prestare molta<br />

attenzione alla qualità e al prezzo: <strong>di</strong>ffidate sempre da offerte apparentemente vantaggiose. Questo<br />

argomento sarà <strong>di</strong>scusso meglio in altre pagine.<br />

2) Diametro dell' obiettivo: questo, e non l'ingran<strong>di</strong>mento raggiungibile, è il vero dato sulla potenza <strong>di</strong><br />

qualsiasi strumento ottico. Il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> un telescopio è <strong>di</strong>rettamente collegato alla minima luminosità<br />

stellare visibile, e al potere risolutivo, cioè alla capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere due oggetti vicini.<br />

Grandezze collegate ad ogni telescopio<br />

Ogni telescopio è contrad<strong>di</strong>stinto da grandezze e relazioni, spesso molto semplici, che vanno capite e<br />

comprese fino in fondo. Ve<strong>di</strong>amo le principali.<br />

Lunghezza focale: ogni telescopio è costituito da un obiettivo, a lente o specchio, più o meno complesso. Il<br />

ruolo dell'obiettivo è quello <strong>di</strong> concentrare i<br />

raggi luminosi in un punto, detto punto <strong>di</strong> fuoco, che<br />

giace su un piano, detto piano focale. La <strong>di</strong>stanza tra<br />

l'obiettivo e il piano focale è fissata per ogni<br />

strumento e viene identificata come lunghezza<br />

focale. Prendete una lente <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento,<br />

lasciateci passare la luce proveniente dall'esterno o<br />

da un lampadario, e dall'altra parte ponete uno<br />

schermo bianco (anche un foglio va bene).<br />

Avvicinate e allontanate la lente dal foglio; ad un<br />

certo punto noterete che su <strong>di</strong> esso si forma<br />

l'immagine, rimpicciolita e capovolta, dell'oggetto<br />

puntato: avete trovato il piano focale. La <strong>di</strong>stanza tra<br />

la lente e il centro del piano (punto focale) è la<br />

<strong>di</strong>stanza focale o semplicemente la focale della lente.<br />

Schema <strong>di</strong> un telescopio a lenti, detto rifrattore, L’obiettivo può<br />

essere formato da lenti o da uno specchio. Esso concentra i<br />

raggi <strong>di</strong> luce in un punto detto fuoco, situato nel piano focale.<br />

La <strong>di</strong>stanza tra il fuoco e l’obiettivo è detta focale. Poco dopo il<br />

punto focale si posiziona l'oculare per l'osservazione.<br />

I telescopi, sebbene più complessi, funzionano allo stesso modo: la <strong>di</strong>stanza focale è la <strong>di</strong>stanza alla quale si<br />

forma l'immagine, la quale è piccola e capovolta, e non si può vedere <strong>di</strong>rettamente, ma solo proiettata su uno<br />

schermo; per renderla fruibile all'occhio umano si inseriscono gli oculari, che la ingran<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> una<br />

quantità a piacere. Non sempre la lunghezza focale del telescopio coincide con la lunghezza del tubo; questo<br />

è vero nelle configurazioni ottiche più semplici, quali il rifrattore (composto solo da lenti) e il riflettore<br />

Newtoniano (composto da due specchi). Esistono configurazioni ottiche più complesse, in grado <strong>di</strong> fornire<br />

una lunga focale con una corta lunghezza del tubo, a causa della presenza <strong>di</strong> specchi in grado <strong>di</strong> variare la<br />

focale equivalente.<br />

Diametro dell'obiettivo: l'obiettivo è facile da riconoscere nei telescopi rifrattori, i quali utilizzano un<br />

sistema <strong>di</strong> lenti simile all'obiettivo <strong>di</strong> una macchina fotografica. Esistono, tuttavia, molte altre combinazioni,<br />

che fanno uso anche <strong>di</strong> specchi, nelle quali è <strong>di</strong>fficile identificare l'obiettivo. Nei telescopi <strong>di</strong> tipo Newton, ad<br />

esempio, ci sono due specchi: uno, più grande, <strong>di</strong> forma parabolica, posto in fondo al tubo, ed un altro, più


piccolo e piano, posto quasi all'inizio, dove nei telescopi rifrattori si trova l'obiettivo. L'obiettivo <strong>di</strong> questo<br />

strumento è lo specchio grande posto in fondo al tubo, detto specchio primario. Ogni strumento, per quanto<br />

complicato sia, possiede uno specchio primario, che fa le funzioni dell'obiettivo dei telescopi a lenti. Il<br />

<strong>di</strong>ametro dell'obiettivo costituisce, in prima approssimazione, la potenza <strong>di</strong> ogni telescopio: maggiore è il<br />

<strong>di</strong>ametro, maggiore è la luce raccolta, maggiore è il potere risolutivo. Potere risolutivo e quantità <strong>di</strong> luce<br />

raccolta sono le uniche caratteristiche che identificano la potenza <strong>di</strong> un telescopio. Per poter sfruttare queste<br />

caratteristiche, soprattutto il potere risolutivo, che è la possibilità <strong>di</strong> vedere piccoli dettagli, è necessario<br />

ingran<strong>di</strong>re l'immagine, altrimenti il nostro occhio non è in grado <strong>di</strong> sfruttare il potenziale dello strumento.<br />

L'ingran<strong>di</strong>mento non varia in alcun modo il potere risolutivo dello strumento, ma cerca solamente <strong>di</strong> renderlo<br />

sfruttabile in pieno dall'occhio umano<br />

Ingran<strong>di</strong>mento: l'ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> ogni strumento si ottiene inserendo, poco prima del piano focale dello<br />

strumento, un accessorio chiamato oculare in grado <strong>di</strong> far vedere all'occhio le immagini fornite dal<br />

telescopio. Senza oculare non è possibile osservare al telescopio, ma è possibile, ad esempio, fare fotografie.<br />

FTel<br />

L'ingran<strong>di</strong>mento si calcola dalla semplice formula I = , dove F Tel è la focale del telescopio, F Oc quella<br />

FOc<br />

dell'oculare, entrambe espresse in millimetri (mm).<br />

Un telescopio con una focale <strong>di</strong> 1000 mm (1 metro), utilizzato con un oculare dalla focale <strong>di</strong> 10 mm, fornisce<br />

esattamente 100 ingran<strong>di</strong>menti (si scrive 100X e si legge 100 per).<br />

Per osservare gli oggetti del cielo profondo non sono necessari ingran<strong>di</strong>menti sostenuti, spesso compresi tra<br />

le 100 e 200 volte. Per i pianeti occorrono ingran<strong>di</strong>menti maggiori, in funzione anche della turbolenza<br />

atmosferica. In ogni caso, oltre un ingran<strong>di</strong>mento pari a 2,5-3 volte il <strong>di</strong>ametro dell'obiettivo espresso in mm<br />

non si ha più alcun guadagno, anzi, l'immagine comincia a perdere qualità. Sebbene sia possibile ingran<strong>di</strong>re<br />

l’immagine a piacere, l’ingran<strong>di</strong>mento massimo utile <strong>di</strong>pende dal <strong>di</strong>ametro del telescopio.<br />

Rapporto focale: Il rapporto tra la lunghezza focale e il <strong>di</strong>ametro dello strumento si chiama rapporto focale<br />

e si esprime con la lettera f . Un telescopio <strong>di</strong> 100 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro e 1000 mm <strong>di</strong> lunghezza focale ha un<br />

rapporto focale f=1000/100=10, cioè f10.<br />

Il rapporto focale esprime la luminosità dello strumento, solamente dal punto <strong>di</strong> vista FOTOGRAFICO,<br />

ovvero come se esso, privato dell’oculare, fosse un gigantesco obiettivo fotografico. Maggiore è questo<br />

valore minore è la luminosità strumentale.<br />

La luminosità, espressa in questo modo, è una caratteristica <strong>di</strong> ogni obiettivo fotografico ed è utile solamente<br />

per la fotografia. Uno strumento aperto a f4 ed uno aperto a f6 necessitano <strong>di</strong> tempi <strong>di</strong> esposizione <strong>di</strong>versi per<br />

ottenere una fotografia con la stessa profon<strong>di</strong>tà. Uno strumento con f bassi (4-5) si <strong>di</strong>ce molto aperto o molto<br />

luminoso, poiché il suo <strong>di</strong>ametro è solamente 4-5 volte inferiore alla lunghezza focale. Uno strumento con f<br />

alti (10-15) si <strong>di</strong>ce chiuso, poiché il <strong>di</strong>ametro è 10-15 volte inferiore alla focale: il telescopio appare molto<br />

lungo e sottile.<br />

La luminosità non influenza MAI l'osservazione visuale in modo <strong>di</strong>retto, poiché si osserva con l'oculare ed<br />

un certo ingran<strong>di</strong>mento. Un potere <strong>di</strong> 100X è lo stesso per ogni strumento, sia esso ad f4 o f15! Tuttavia è<br />

opinione <strong>di</strong>ffusa che uno strumento meno luminoso (con f alti) non sia adatto all’osservazione degli oggetti<br />

deboli. Questo è sbagliato: ai fini dell’osservazione conta il <strong>di</strong>ametro dello strumento. L’unica cosa che varia<br />

è la focale dell’oculare necessaria per ottenere un certo ingran<strong>di</strong>mento. In un certo senso, uno strumento<br />

dalla lunga focale consente <strong>di</strong> usare oculari con focale maggiore e migliore como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> osservazione. Le<br />

cose sono molto <strong>di</strong>verse in fotografia, dove un telescopio aperto a f4 richiede tempi <strong>di</strong> esposizione, per<br />

raggiungere un certo dettaglio, decine <strong>di</strong> volte inferiori rispetto ad un identico strumento chiuso a f15.<br />

La potenza <strong>di</strong> un telescopio: capacità <strong>di</strong> raccolta della luce<br />

Ogni telescopio permette <strong>di</strong> vedere stelle ed oggetti più deboli rispetto all’occhio nudo.<br />

Basta una lente dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 20 mm per avere un aumento <strong>di</strong> energia rispetto all'occhio nudo <strong>di</strong> circa 4<br />

volte.<br />

Uno strumento da 100 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, come molti dei telescopi per principianti, raccoglie 100 volte più<br />

luce dell'occhio umano, un bel salto <strong>di</strong> qualità!<br />

Nel capitolo sulla magnitu<strong>di</strong>ne abbiamo visto questa importante capacità <strong>di</strong> tutti gli strumenti ottici ed una<br />

tabella che stimava il guadagno per oggetti puntiformi come le stelle, che vale la pena riproporre.


La relazione che descrive il guadagno in magnitu<strong>di</strong>ni rispetto all’occhio nudo è la seguente:<br />

⎛ D ⎞ Tel<br />

Δ m = 5 log ⎜<br />

⎟ , dove D descrive il <strong>di</strong>ametro del telescopio e della pupilla dell’occhio umano in<br />

⎝ DOcchio<br />

⎠<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> adattamento al buio. Questo valore è <strong>di</strong> circa 7 mm. Considerando questa relazione otteniamo<br />

la seguente tabella:<br />

Diametro telescopio in mm Δ m (<strong>di</strong>fferenza tra la magnitu<strong>di</strong>ne massima ad<br />

occhio nudo e la magnitu<strong>di</strong>ne massima con lo<br />

strumento)<br />

80 mm Δ m = 5<br />

100 mm Δ m = 5,5<br />

150mm Δ m = 6,4<br />

200 mm Δ m = 7<br />

250 mm Δ m = 7,5<br />

300 mm Δ m = 7,87 ≈ 8<br />

2400 mm (Hubble space telescope) Δ m = 14<br />

10000 mm (Keck telescope) Δ m = 17<br />

La raccolta della luce <strong>di</strong> un telescopio è in<strong>di</strong>pendente dall'ingran<strong>di</strong>mento utilizzato.<br />

L’ingran<strong>di</strong>mento è una variabile <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore che influenza leggermente la quantità <strong>di</strong> stelle visibili,<br />

ovvero la magnitu<strong>di</strong>ne limite. Per osservare le stelle più deboli visibili attraverso un telescopio (valore fissato<br />

dal <strong>di</strong>ametro!) è necessario utilizzare un ingran<strong>di</strong>mento pari a circa 1,5 volte il <strong>di</strong>ametro del telescopio<br />

espresso in millimetri. Un ingran<strong>di</strong>mento minore o maggiore mostra stelle leggermente meno deboli. In<br />

questo senso, l’ingran<strong>di</strong>mento è la variabile che ci permette <strong>di</strong> sfruttare il potenziale determinato dal<br />

<strong>di</strong>ametro del telescopio.<br />

L’ingran<strong>di</strong>mento assume una notevole importanza per riuscire a sfruttare al meglio un'altra caratteristica<br />

importante <strong>di</strong> ogni strumento ottico, occhio compreso: il potere risolutivo.<br />

La potenza <strong>di</strong> un telescopio: il potere risolutivo<br />

Il potere risolutivo è la capacità che ogni strumento ha <strong>di</strong> mostrare separati due oggetti molto vicini tra <strong>di</strong><br />

loro e arbitrariamente lontani dall'osservatore. Il potere risolutivo si misura in gra<strong>di</strong>, o meglio suoi<br />

sottomultipli, come il minuto d'arco (simbolo ' ) e il secondo d'arco (simbolo "). Un grado è composto da 60<br />

minuti (') e 3600 secon<strong>di</strong> ("), proprio come le ore. Il potere risolutivo, <strong>di</strong> solito espresso in secon<strong>di</strong> d'arco,<br />

in<strong>di</strong>ca la minima <strong>di</strong>stanza angolare alla quale due oggetti mi appaiono ancora separati. Esso non <strong>di</strong>pende<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>rettamente dall'ingran<strong>di</strong>mento, il quale è solo il mezzo che permette all'occhio umano <strong>di</strong><br />

raggiungere il limite dello strumento.<br />

Il potere risolutivo <strong>di</strong> qualsiasi sistema ottico è determinato dalle leggi della <strong>di</strong>ffrazione; in parole semplici,<br />

la luce non si comporta come un flusso <strong>di</strong> particelle, piuttosto come un'onda, in<br />

modo simile alle onde del mare.<br />

Quando la luce entra in un’apertura, quale può essere la pupilla dell’occhio o<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> un telescopio, si producono degli strani effetti che limitano il<br />

potere risolutivo <strong>di</strong> ogni strumento.<br />

Una sorgente puntiforme, ovvero una stella, produce sul piano focale <strong>di</strong> ogni<br />

telescopio una figura <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione chiamata <strong>di</strong>co <strong>di</strong> Airy. Il <strong>di</strong>ametro del <strong>di</strong>sco<br />

<strong>di</strong> Airy non <strong>di</strong>pende più dalla sorgente, ma dal <strong>di</strong>ametro dello strumento; da<br />

questo si deduce anche che la figura <strong>di</strong> Airy non ha niente a che fare con la<br />

forma della sorgente.<br />

Una sorgente puntiforme o comunque angolarmente molto piccola, non<br />

produce sul piano focale una figura puntiforme, o dello stesso <strong>di</strong>ametro<br />

angolare della sorgente, ma una strana macchia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione, con un <strong>di</strong>ametro<br />

fissato dal <strong>di</strong>ametro del telescopio.<br />

Il <strong>di</strong>ametro del <strong>di</strong>sco <strong>di</strong>pende dal <strong>di</strong>ametro dello strumento e dalla lunghezza<br />

λ<br />

d'onda alla quale si osserva, secondo la relazione: d = 2,<br />

44 , dove λ =<br />

D<br />

Figura <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione con il<br />

<strong>di</strong>sco <strong>di</strong> Airy. Ogni strumento<br />

produce questa particolare<br />

figura su oggetti puntiformi<br />

come le stelle. La figura <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffrazione <strong>di</strong>pende solo dal<br />

<strong>di</strong>ametro del telescopio, non<br />

dalla forma o natura della<br />

sorgente.


lunghezza d’onda <strong>di</strong> osservazione e D = <strong>di</strong>ametro dell’obiettivo del telescopio. Ogni strumento, a<br />

prescindere dall'ingran<strong>di</strong>mento, mostra un certo <strong>di</strong>ametro apparente del <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> Airy, che può essere<br />

considerato come il minimo <strong>di</strong>ametro apparente in<strong>di</strong>viduabile dallo strumento.<br />

Due oggetti, come due stelle doppie, saranno due entità <strong>di</strong>stinte solamente se la loro separazione angolare è<br />

pari almeno al <strong>di</strong>ametro del <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> Airy, o al limite se la <strong>di</strong>stanza tra i due centri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione sarà pari al<br />

λ<br />

raggio del <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> Airy (criterio <strong>di</strong> Rayleigh; potere risolutivo = R = 1,<br />

22 ) . Al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>stanza<br />

angolare, le due stelle saranno viste come un'unica entità.<br />

Il potere risolutivo, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>pende solamente dal <strong>di</strong>ametro<br />

dell’obiettivo del telescopio e dalla qualità con cui sono state costruite le<br />

lenti o gli specchi. Ogni strumento <strong>di</strong> un certo <strong>di</strong>ametro ha un potere<br />

risolutivo fissato.<br />

Per l’osservazione visuale, il criterio <strong>di</strong> Dawes ci da in modo semplice il<br />

potere risolutivo teorico:<br />

R<br />

D<br />

115<br />

= , dove R è il potere risolutivo<br />

espresso in secon<strong>di</strong> d’arco e D il <strong>di</strong>ametro, in millimetri, dell’obiettivo<br />

dello strumento. Un telescopio da 100 mm, secondo Dawes, ha un potere<br />

risolutivo pari a 115/100= 1,2”.<br />

Il criterio <strong>di</strong> Dawes è teorico ed è effettivamente confermato solamente<br />

nell’osservazione <strong>di</strong> due stelle doppie <strong>di</strong> uguale luminosità, sotto cieli<br />

privi <strong>di</strong> turbolenza atmosferica e con un telescopio dalle ottiche perfette. Esso, pertanto, deve essere preso<br />

come un valore in<strong>di</strong>cativo e non come un dato certo.<br />

La potenza <strong>di</strong> un telescopio: la qualità delle ottiche e le aberrazioni<br />

Le ottiche <strong>di</strong> un telescopio per funzionare in modo corretto devono essere costruite con precisioni altissime.<br />

La teoria dell’ottica definisce perfetta una lente o<br />

specchio che sia stato costruito con una precisione <strong>di</strong><br />

circa 20 volte inferiore alla lunghezza d’onda me<strong>di</strong>a<br />

alla quale verranno condotte le osservazioni.<br />

Nelle situazioni reali, la precisione richiesta nel<br />

lavorare uno specchio o una lente è <strong>di</strong> circa 8 volte<br />

inferiore alla lunghezza d’onda.<br />

L’occhio umano ha un picco <strong>di</strong> sensibilità alla<br />

lunghezza d’onda <strong>di</strong> circa 550 nm, quin<strong>di</strong> questo<br />

implica lavorazioni con una precisione inferiore ai 70<br />

nm, ovvero 70 miliardesimi <strong>di</strong> metro!<br />

Per raggiungere queste precisioni sono richiesti<br />

macchinari particolari e costosi; è questo il motivo per il quale uno strumento astronomico, se <strong>di</strong> qualità<br />

buona, ha un costo per niente trascurabile.<br />

D’altra parte, <strong>di</strong>ffidate sempre da strumenti che costano sensibilmente meno della me<strong>di</strong>a: spesso sono dei<br />

giocattoli costruiti in modo impreciso e vi daranno più delusioni che sod<strong>di</strong>sfazioni.<br />

Se tutti gli strumenti astronomici fossero costruiti in modo perfetto, allora le considerazioni fatte sul potere<br />

risolutivo sarebbero corrette, e tutti gli strumenti, tranne i rifrattori, produrrebbero immagini perfette almeno<br />

lungo l’asse ottico, ovvero la linea immaginaria che determina il centro del piano focale, ovvero il centro del<br />

campo <strong>di</strong> osservazione.<br />

Nella produzione commerciale, non è scontato che la qualità ottica degli strumenti sia almeno sufficiente per<br />

sfruttare tutto il loro potenziale.<br />

La produzione, che ormai è quasi sempre <strong>di</strong> origine cinese, ha un livello qualitativo buono, se esclu<strong>di</strong>amo i<br />

piccoli strumenti, i quali sono da considerarsi poco più che giocattoli. E’ anche per questo motivo che il<br />

primo strumento dovrebbe avere un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> almeno 80 mm se composto da lenti, 90 se cata<strong>di</strong>ottrico e<br />

almeno 114 se Newton. Questi strumenti, considerati extry-level, possiedono una <strong>di</strong>screta qualità ottica.<br />

Se volete <strong>di</strong> più, allora cominciate a considerare strumenti <strong>di</strong> almeno 90 mm a lunga focale se rifrattori, <strong>di</strong><br />

almeno <strong>12</strong>0 mm se cata<strong>di</strong>ottrici e 150 mm se riflettori Newton. Le marche che garantiscono uno standard<br />

qualitativo buono sono le più blasonate, tra le quali: Meade, Celestron, RKS, Skywatcher, Orion, Geoptik,<br />

Konus, GSO. Ad eccezione della Geoptik, la cui produzione è italiana, tutte le altre fanno capo spesso alla<br />

D<br />

Immagine al limite del potere<br />

risolutivo secondo Rayleigh. Quando<br />

due figure <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione sono quasi a<br />

contatto ma ancora <strong>di</strong>stinguibili siamo<br />

al limite della risoluzione offerta da un<br />

sistema ottico.<br />

Un telescopio dalla scarsa qualità ottica è completamente<br />

inutilizzabile per ogni osservazione. La qualità ha un prezzo,<br />

per questo <strong>di</strong>ffidate sempre dalle offerte troppo vantaggiose e<br />

affidatevi sempre a marche e riven<strong>di</strong>tori fidati


stessa azienda cinese, la Synta, quin<strong>di</strong> le prestazioni delle ottiche sono estremamente simili. Diffidate da<br />

marche che presentano prezzi notevolmente più bassi, come, ad esempio la Seben, molto gettonata su<br />

piattaforme molto commerciali come E-bay.<br />

Con il termine aberrazione si identifica un <strong>di</strong>fetto<br />

dell’immagine prodotta dal sistema ottico e non corrispondente<br />

alla realtà. Tutti i riflettori e cata<strong>di</strong>ottrici, se lavorati a dovere,<br />

non presentano alcuna aberrazione lungo l’asse ottico, ovvero<br />

al centro del campo inquadrato dall’oculare. D’altra parte, tutte<br />

le configurazioni ottiche utilizzate dagli astrofili presentano<br />

aberrazioni fuori dall’asse ottico, dette extra-assiali. I <strong>di</strong>fetti<br />

delle immagini lontano dal centro del campo sono fisiologici e<br />

conseguenza naturale delle leggi dell’ottica, ma non inficiano<br />

quasi mai le osservazioni astronomiche.<br />

La produzione commerciale <strong>di</strong> telescopi non sempre produce<br />

strumenti completamente esenti da aberrazioni, anzi, spesso<br />

l’astrofilo deve stare molto attento e saper valutare le<br />

prestazioni <strong>di</strong> un’ottica.<br />

Le aberrazioni riguardano ogni elemento ottico del proprio<br />

strumento, anche gli specchi secondari o le lastre correttrici;<br />

tutti questi elementi devono essere costruiti in modo<br />

estremamente preciso, poiché basta un solo componente <strong>di</strong><br />

scarsa qualità per pregiu<strong>di</strong>care la qualità dell’intero strumento,<br />

Le aberrazioni sono <strong>di</strong>fetti che alterano il reale<br />

aspetto delle immagini. Un telescopio dalla buona<br />

qualità ottiche ne deve essere esente almeno lungo<br />

l’asse ottico, altrimenti non riusciremo mai ad<br />

avere le massime prestazioni.<br />

a prescindere da quanto ottimi possano essere gli altri elementi. Questa è una regola d’oro in <strong>astronomia</strong>: la<br />

qualità complessiva <strong>di</strong> un sistema ottico è determinata dall’anello debole della catena, ovvero dall’elemento<br />

più scarso.<br />

Quando un sistema ottico è affetto da qualche tipo <strong>di</strong> aberrazione, essa è impossibile da eliminare o anche<br />

solo correggere a posteriori da parte dell’astrofilo.<br />

Discorso <strong>di</strong>verso per i sistemi a lenti, ovvero i rifrattori: essi possiedono un’aberrazione sempre presente, a<br />

meno <strong>di</strong> non avere strumenti composti da 3-4 lenti e focali lunghe, detta aberrazione cromatica. In pratica<br />

ogni lente si comporta come un prisma, scomponendo la luce nei colori primari; ne consegue che tutte le<br />

immagini focalizzate da una lente assomiglieranno a dei piccoli arcobaleni, con uno o più aloni colorati.<br />

Questo <strong>di</strong>fetto ottico si riduce utilizzando più <strong>di</strong> una lente singola come obiettivo. I rifrattori acromatici<br />

utilizzano un doppietto costituito da una lente negativa ed una positiva, ma questo non è sufficiente ad<br />

eliminare questo <strong>di</strong>fetto ottico. I rifrattori apocromatici utilizzano vetri speciali e almeno 3 lenti per dare<br />

delle immagini teoricamente perfette, ma ad un prezzo molto elevato. Un’alternativa per ovviare a questo<br />

inconveniente è quella <strong>di</strong> utilizzare sistemi a specchi, che per definizione sono esenti da aberrazione<br />

cromatica.<br />

Il primo consiglio, quin<strong>di</strong> è il seguente: benché i rifrattori siano i telescopi per eccellenza nell’immaginario<br />

collettivo, se non si ha a <strong>di</strong>sposizione una ingente quantità <strong>di</strong> denaro da investirvi è meglio ripiegare su<br />

sistemi a specchi, molto più semplici da costruire, quin<strong>di</strong> molto più economici, anche perché, è bene<br />

ricordarlo, se la lavorazione è buona, l’unico elemento che permette <strong>di</strong> vedere meglio e <strong>di</strong> più è unicamente il<br />

<strong>di</strong>ametro dell’obiettivo, a prescindere se è costituito da lenti o specchi. A questo punto quin<strong>di</strong>, è meglio<br />

spendere 1000 euro per un rifrattore apocromatico da 10 centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro oppure spendere la stessa<br />

cifra per un telescopio newtoniano da 30 centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, il quale permette <strong>di</strong> vedere oggetti 9 volte<br />

più deboli e con un potere risolutivo 3 volte maggiore?<br />

La funzione dell’ingran<strong>di</strong>mento<br />

A cosa serve l'ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un telescopio, se non compare nelle caratteristiche che ne determinano la<br />

“potenza”?<br />

Fino a questo momento, infatti, non abbiamo considerato affatto che all’oculare <strong>di</strong> ogni telescopio si trova un<br />

osservatore, o meglio, il suo occhio.<br />

Data una certa qualità del cielo (preferibilmente scuro!), la magnitu<strong>di</strong>ne limite raggiungibile (ovvero gli<br />

oggetti più deboli che si possono osservare) <strong>di</strong>pende dal contrasto delle stelle con il fondo cielo, che non<br />

appare mai completamente nero. Aumentando l’ingran<strong>di</strong>mento fino ad un valore <strong>di</strong> 1,5 volte il <strong>di</strong>ametro<br />

dell’obiettivo espresso in millimetri, siamo nella con<strong>di</strong>zione migliore nella quale la luminosità del fondo


cielo è minima e il contrasto delle stelle massimo. Queste sono le circostanze migliori che consentono <strong>di</strong><br />

fruttare tutto il potenziale del telescopio, inteso come capacità <strong>di</strong> raccolta della luce.<br />

L’ingran<strong>di</strong>mento rende possibile sfruttare anche il potere risolutivo dello strumento e <strong>di</strong> renderlo visibile<br />

all’occhio umano: ve<strong>di</strong>amo in che modo. La risoluzione <strong>di</strong> un<br />

occhio umano perfetto, adattato al buio, arriva al massimo a<br />

180".<br />

Uno strumento ottico capace <strong>di</strong> mostrare oggetti <strong>di</strong> 1 minuto<br />

d'arco è perfettamente inutile se non ingran<strong>di</strong>sce tale valore in<br />

modo da essere visibile all'occhio: per fare questo dobbiamo<br />

ingran<strong>di</strong>re l'immagine almeno <strong>di</strong> 3 volte. In questo caso, la<br />

<strong>di</strong>mensione apparente <strong>di</strong> 1' <strong>di</strong>venta, all'oculare del telescopio,<br />

ingran<strong>di</strong>ta 3 volte e cioè ci appare come un oggetto grande 3',<br />

perfettamente visibile.<br />

Analogamente, per vedere un dettaglio <strong>di</strong> 10", occorre uno<br />

strumento dal <strong>di</strong>ametro dell'obiettivo abbastanza grande da<br />

produrre un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> Airy minore <strong>di</strong> tale valore, e cioè <strong>di</strong><br />

almeno 28 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, e un fattore d'ingran<strong>di</strong>mento<br />

capace <strong>di</strong> rendere visibile all'occhio tale dettaglio, ovvero<br />

almeno 18 volte, che è il fattore per il quale bisogna ingran<strong>di</strong>re<br />

10" affinché appaiano come 180".<br />

È chiaro che questi valori rappresentano l'ingran<strong>di</strong>mento<br />

minimo affinché quel dettaglio sia visibile; per una visione<br />

comoda, anche per chi non ha un occhio perfetto, una regola<br />

empirica afferma che sarebbe meglio adottare un<br />

L’ingran<strong>di</strong>mento permette all’occhio <strong>di</strong> vedere<br />

tutto il potere risolutivo dello strumento. In questo<br />

caso una stella doppia appare tale solo quando<br />

l’ingran<strong>di</strong>mento è maggiore <strong>di</strong> 50 volte. In questa<br />

simulazione l’ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> 400X per un<br />

telescopio <strong>di</strong> 100 mm è troppo elevato e non<br />

mostra più dettagli <strong>di</strong> quello a 150X<br />

ingran<strong>di</strong>mento doppio rispetto a quello minimo necessario per mostrare un certo dettaglio. Così, per vedere<br />

due stelle doppie separate da 10" sono sufficienti 18 ingran<strong>di</strong>menti, ma per una visione comoda ne sono<br />

consigliati almeno 36.<br />

Ogni strumento ha un potere risolutivo fissato dal <strong>di</strong>ametro dell’obiettivo, per questo possiamo definire<br />

l’ingran<strong>di</strong>mento massimo utile come l’ingran<strong>di</strong>mento che permette all’occhio <strong>di</strong> osservare agevolmente il<br />

potere risolutivo dello strumento, pari a 2,5 volte il <strong>di</strong>ametro dell’obiettivo espresso in millimetri. Se il<br />

vostro occhio non è perfetto troverete utile un ingran<strong>di</strong>mento massimo fino a 3 volte il <strong>di</strong>ametro<br />

dell’obiettivo del telescopio espresso in millimetri (nel caso <strong>di</strong> minima turbolenza atmosferica, altrimenti la<br />

risoluzione raggiungibile non <strong>di</strong>penderà più dal <strong>di</strong>ametro dello strumento ma dalla turbolenza stessa).<br />

Se continuo ad ingran<strong>di</strong>re, non otterrò un miglioramento della risoluzione perché l'ho già sfruttata tutta al<br />

massimo; ingrandendo l'unica cosa che ottengo è un brusco calo <strong>di</strong> luminosità, e una sfocatura<br />

dell'immagine, causata dal fatto che il più piccolo dettaglio che può mostrarci lo strumento è molto più<br />

grande del più piccolo dettaglio percepibile dall'occhio. L'effetto è del tutto simile a quando si visualizza<br />

un'immagine sul computer; se cominciamo ad ingran<strong>di</strong>re, la vedremo nitida fino a quando le <strong>di</strong>mensioni del<br />

più piccolo dettaglio visibile non <strong>di</strong>ventano almeno 3 volte maggiori (angolarmente) della risoluzione del<br />

nostro occhio. La risoluzione dell’immagine non varia, ma varia la nostra percezione, che si fa sfocata.<br />

Con questi esempi abbiamo imparato che la potenza <strong>di</strong> ogni sistema ottico, dal nostro occhio ai più potenti<br />

telescopi, <strong>di</strong>pende solamente dal <strong>di</strong>ametro dell'obiettivo, sia esso costituito da lenti o specchi o entrambi. Il<br />

<strong>di</strong>ametro determina quanta energia luminosa può catturare ogni secondo lo strumento e quanto piccola può<br />

essere la <strong>di</strong>stanza angolare tra due oggetti che appaiono separati. L'ingran<strong>di</strong>mento è solo il mezzo con il<br />

quale mostrare all'occhio umano tutto il potere risolutivo che ogni strumento possiede; quest’ultimo è fissato<br />

dalle leggi della <strong>di</strong>ffrazione e non può essere mo<strong>di</strong>ficato.<br />

Queste considerazioni valgono dal punto <strong>di</strong> vista teorico, per ottiche perfette e con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cielo eccellenti;<br />

nella pratica, soprattutto per strumenti economici come quelli degli astrofili e per normali siti osservativi, ci<br />

sono altre variabili da considerare quando si cerca <strong>di</strong> determinare la potenza <strong>di</strong> uno strumento.<br />

Riuscire ad osservare oggetti deboli <strong>di</strong>pende criticamente anche dalle con<strong>di</strong>zioni del cielo, in particolare da<br />

quanto esso sia scuro.<br />

La presenza <strong>di</strong> luci artificiali costituisce il cosiddetto inquinamento luminoso, già visto nei capitoli<br />

precedenti, una vera e propria fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo per tutte le osservazioni astronomiche. Non basta infatti non<br />

osservare dalle città, ma è fondamentale che ci si trovi a molti Km dalle più potenti sorgenti <strong>di</strong> luce.


Un cielo scuro è importante quanto, se non più, <strong>di</strong> un telescopio; avere uno strumento dal grande <strong>di</strong>ametro ed<br />

usarlo in città, significa non sfruttare neanche il 10% delle sue potenzialità; con uno strumento dal <strong>di</strong>ametro<br />

inferiore <strong>di</strong> 2-3 volte, da un cielo scuro, si possono avere visioni nettamente migliori!<br />

Se abitate in prossimità <strong>di</strong> una grande città, dovete purtroppo fare i conti con questa amara verità: qualunque<br />

sia il vostro strumento, non arriverete mai a vedere oggetti deboli al limite delle sue potenzialità.<br />

Fortunatamente però, il potere risolutivo non è influenzato dall'inquinamento luminoso, e quin<strong>di</strong>, almeno in<br />

linea <strong>di</strong> principio, dalla città si potrebbero fare delle osservazioni che pre<strong>di</strong>ligano il potere risolutivo alla<br />

profon<strong>di</strong>tà.<br />

Le osservazioni in alta risoluzione riguardano tutti i maggiori pianeti del sistema solare, compresa la Luna e<br />

il Sole (ma con un filtro!) e qualche luminosa stella doppia.<br />

Questi oggetti sono abbastanza luminosi da essere agevolmente osservati anche dal centro delle gran<strong>di</strong><br />

metropoli, e ciò chi si richiede è solamente un grande potere risolutivo, per poter cogliere maggiori dettagli<br />

sui loro <strong>di</strong>schi.<br />

A questo punto possiamo andare ad analizzare brevemente alcune configurazioni ottiche molto utilizzate<br />

dagli astrofili capirne pregi, <strong>di</strong>fetti e campi <strong>di</strong> applicazione. In questo modo avremo degli ottimi elementi per<br />

scegliere il nostro primo telescopio.<br />

Le <strong>di</strong>verse configurazioni ottiche<br />

Rifrattore acromatico a lunga focale<br />

I rifrattori utilizzano un sistema <strong>di</strong> lenti per<br />

focalizzare l’immagine.<br />

I rifrattori acromatici sono costituiti da due<br />

lenti separate da una precisa <strong>di</strong>stanza,<br />

generalmente <strong>di</strong> qualche millimetro.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> configurazione ottica viene<br />

chiamato doppietto acromatico air spaced<br />

(ovvero con le due lenti spaziate dall’aria).<br />

Quando il rapporto focale è superiore ad f10<br />

l’aberrazione cromatica residua è trascurabile e le immagini offerte da questi strumenti sono molto nitide e<br />

realistiche.<br />

Data la lunga focale necessaria per dare le massime prestazioni, i rifrattori acromatici si rivelano utili solo<br />

per piccoli <strong>di</strong>ametri, inferiori ai 150 mm.<br />

I rifrattori acromatici da 80-90 mm, con focale superiore ad un metro, sono strumenti particolarmente<br />

in<strong>di</strong>cati per l’osservazione dei corpi del sistema solare.<br />

In commercio esistono anche rifrattori più “veloci”, ovvero con rapporti focale anche <strong>di</strong> f5. La loro utilità è<br />

però limitata all’osservazione del cielo a bassi ingran<strong>di</strong>menti, data la grande quantità <strong>di</strong> aberrazione<br />

cromatica residua, che nessuna lavorazione, per quanto precisa, può ridurre.<br />

Solamente con l’utilizzo <strong>di</strong> vetri speciali, chiamati ED (Extra-low Dispersion, ovvero a bassissima<br />

<strong>di</strong>spersione) si riduce notevolmente l’aberrazione cromatica residua, rendendo sfruttabili anche rapporti<br />

focale compresi tra f5 e f8. Questo incremento delle prestazioni si paga a caso prezzo. I cosiddetti rifrattori<br />

semi-apcromatici, ovvero doppietti con vetri speciali, costano anche il doppio rispetto ai classici acromatici.<br />

Anche in questi casi i <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong>sponibili sono inferiori ai 150mm, quin<strong>di</strong> i rifrattori acromatici possono<br />

essere considerati alla stregua <strong>di</strong> giganti binocoli quando si vogliono osservare gli oggetti del cielo profondo,<br />

consentendo visioni veramente appaganti solamente per oggetti molto luminosi, come i gran<strong>di</strong> ammassi<br />

aperti e le nebulose ad emissione. Tutti gli altri oggetti, quali ammassi globulari, galassie e tutte le altre<br />

nebulose devono essere osservati con strumenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro maggiore.<br />

Rifrattore apocromatico<br />

Un apocromatico REALE deve avere un obiettivo costituito da almeno a 3 elementi. I rifrattori apocromatici<br />

rappresentano lo stato dell’arte dell’ottica, restituendo le immagini più belle, nitide e contrastate rispetto ad<br />

ogni altra configurazione ottica. Sfortunatamente il prezzo è veramente enorme: uno strumento da 100 mm<br />

può costare anche quanto una piccola utilitaria! Il loro impiego trova una giustificazione completa solamente<br />

nell’astrofotografia degli oggetti deboli e per quegli osservatori che fanno della qualità dell’immagine


invertire questa regola della fisica.<br />

Riflettore Newton aperto<br />

l’unico punto per l’acquisto <strong>di</strong> uno strumento. In tutti<br />

gli altri casi, ovvero nell’osservazione ad alta<br />

risoluzione dei pianeti e degli oggetti deboli, ci sono<br />

altri strumenti più performanti e ad un prezzo molto<br />

più accessibile. Ricordate, infatti, che, per quanto<br />

uno strumento possa fornire immagini nitide e<br />

contrastate, la potenza <strong>di</strong>pende sempre dal <strong>di</strong>ametro e<br />

non c’è lavorazione ottica e meccanica che possa<br />

I telescopi in configurazione Newton sono<br />

strumenti riflettori che utilizzano uno specchio<br />

primario a forma <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> parabola,<br />

posto in fondo al tubo ottico, il quale raccoglie<br />

e convoglia la luce verso uno specchietto più<br />

piccolo, piano e inclinato <strong>di</strong> 45° il cui compito<br />

è portare il fascio ottico fuori dal tubo per<br />

poter essere osservato dall’occhio. L’oculare nei telescopi Newton non si inserisce in fondo al tubo ma<br />

lateralmente, quasi alla sua estremità: <strong>di</strong> certo una posizione <strong>di</strong>versa rispetto all’idea comune, ma qualche<br />

volta molto più comoda <strong>di</strong> quella tra<strong>di</strong>zionale.<br />

I telescopi Newton si <strong>di</strong>stinguono in due famiglie, in base al loro rapporto focale.<br />

Gli strumenti aperti, ovvero con rapporti focale f4-5, sono i più economici, <strong>di</strong>sponibili in <strong>di</strong>ametri<br />

sufficientemente gran<strong>di</strong> da dare molte sod<strong>di</strong>sfazioni.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> telescopio è molto adatto per l’osservazione visuale <strong>di</strong> oggetti deep-sky. La qualità ottica, non<br />

sempre eccelsa, è bilanciata dai gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong>sponibili a prezzi relativamente economici, rendendolo uno<br />

strumento adatto anche per l’osservazione dei pianeti, sebbene non sia la sua specializzazione. Utilizzato in<br />

configurazione dobsoniana e a partire da <strong>di</strong>ametri da 25 cm, si rivela uno strumento magnifico nell’osservare<br />

tutti gli oggetti del cielo profondo. Sconsigliabile in fotografia se si usano sensori superiori a 7 mm <strong>di</strong> lato, a<br />

causa del coma intrinseco a questa configurazione ottica; utilizzando un correttore <strong>di</strong> coma, <strong>di</strong>venta uno<br />

strumento ottimo anche per l’imaging deep-sky.<br />

Riflettore Newton chiuso<br />

I newton chiusi a f 6-7-8 sono <strong>di</strong>sponibili solo<br />

per <strong>di</strong>ametri inferiori ai 25cm e questo è un<br />

peccato, perché uniscono all’economicità una<br />

ottima qualità ottica (derivata dalla più facile<br />

lavorazione <strong>di</strong> specchi a lunghe focali). I<br />

newton a lungo fuoco hanno un’ostruzione<br />

causata dallo specchio secondario inferiore al<br />

25% e forniscono immagini quasi identiche ad un rifrattore apocromatico <strong>di</strong> pari <strong>di</strong>ametro, ad un prezzo<br />

nettamente minore. L’utilizzo <strong>di</strong> questi strumenti, purtroppo ingombranti è ideale per l’osservazione dei<br />

pianeti in altissima risoluzione. Prima <strong>di</strong> acquistare un bestione del genere, informatevi bene se il vostro sito<br />

osservativi è adatto alle osservazioni in alta risoluzione, stu<strong>di</strong>ando il comportamento e l’entità della<br />

turbolenza atmosferica.<br />

Molti astrofili si affidano agli artigiani per produrre Newton <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 20-30 cm, chiusi a f7, con<br />

conseguente piccolissima ostruzione, per applicazioni puramente in alta risoluzione. Lo strumento, almeno<br />

fino a f8, sarebbe molto adatto anche per l’astrofotografia degli oggetti deboli, ma sono richieste montature<br />

veramente robuste per poterlo sorreggere.<br />

Riflettore Cassegrain<br />

I Cassegrain sono riflettori che utilizzano uno specchio primario a forma <strong>di</strong> parabola, forato nel centro. La<br />

luce riflessa viene convogliata verso uno specchio secondario convesso, che provvede ad allungare la focale


dello strumento, e convoglia i raggi luminosi<br />

verso il foro del primario. L’osservazione con<br />

questi strumenti si effettua quin<strong>di</strong> nei rifrattori,<br />

in fondo al tubo ottico.<br />

La particolarità dello schema Cassegrain è che<br />

non è necessario che il tubo ottico sia lungo<br />

quanto la focale dello strumento. Grazie al potere <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento dello specchio secondario, i Cassegrain<br />

sono strumenti decisamente compatti, ma dalla lunga focale. Hanno tutti rapporti focale superiori a f10. Non<br />

sono strumenti specializzati in un tipo <strong>di</strong> osservazione. L’ostruzione centrale, infatti è superiore al 30% del<br />

<strong>di</strong>ametro dello strumento, <strong>di</strong>minuendo il contrasto nelle immagini planetarie e la puntiformità delle immagini<br />

e la loro luminosità in quelle deep-sky. E’ un ottimo strumento tuttofare, il cui principale vantaggio è la<br />

compattezza. Dato il grande rapporto focale, non sono molto adatti all’astrofotografia degli oggetti del cielo<br />

profondo, la quale richiede rapporti focale decisamente più luminsosi (f4-8).<br />

Purtroppo la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> produzione degli specchi della giusta forma ne ha impe<strong>di</strong>to una <strong>di</strong>ffusione a livello<br />

commerciale ad un costo accessibile all’amatore.<br />

Un’ottima variante commerciale è lo schema ottico Schmidt-cassegrain.<br />

Ritchey-Chrétien<br />

Si tratta <strong>di</strong> un riflettore utilizzato ampiamente<br />

negli osservatori professionali, variante del<br />

classico Cassegrain.<br />

Lo specchio primario e il secondario hanno<br />

forme particolari, ne sferiche ne paraboloidali,<br />

bensì iperboloidali. Queste forme, peraltro<br />

molto <strong>di</strong>fficili da ottenere, riducono<br />

drasticamente ogni tipo <strong>di</strong> aberrazione extraassiale,<br />

in particolare il coma. Il Telescopio Ritchey-Chétien è quin<strong>di</strong> uno strumento prettamente fotografico,<br />

in grado <strong>di</strong> fornire risultati senza compromessi. Non a caso, tutti i gran<strong>di</strong> strumenti del mondo utilizzano<br />

questa configurazione ottica, la quale permette <strong>di</strong> avere anche una notevole compattezza.<br />

Per gli amatori si tratta <strong>di</strong> uno strumento piuttosto costoso, con <strong>di</strong>ametri dai 200 millimetri in su, de<strong>di</strong>cato<br />

spesso a piccoli osservatori e lavori fotografici <strong>di</strong> altissimo livello, sia qualitativo che scientifico.<br />

Generalmente aperto a f8, ha un’ostruzione centrale molto elevata, che può raggiungere anche il 40%, per<br />

questo visualmente è meno performante <strong>di</strong> altri strumenti, anche molto più economici.<br />

Schmidt-Cassegrain (SCT)<br />

Lo Schmidt-Cassegrain è una variante molto<br />

interessante del Cassegrain. Uno specchio<br />

primario sferico convoglia la luce nello<br />

specchio secondario, anche esso sferico ma<br />

convesso. Dato che questo sistema introduce<br />

una notevole quantità <strong>di</strong> aberrazione sferica,<br />

una lastra correttrice, posta davanti ad<br />

entrambi gli specchi provvede a correggere<br />

le immagini. Lo Schmidt-Cassegrain è<br />

quin<strong>di</strong> un telescopio cata<strong>di</strong>ottrico. Come<br />

possiamo intuire, lo Schmidt-Cassegrain è una variante tipicamente commerciale del Cassegrain, nel quale,<br />

per finalità produttive si preferisce correggere le aberrazioni causate da superfici facili da lavorare piuttosto<br />

che progettare superfici esenti da <strong>di</strong>fetti ma molto <strong>di</strong>fficili, quin<strong>di</strong> costose, da costruire. I vantaggi e gli<br />

svantaggi sono esattamente quelli <strong>di</strong> ogni riflettore Cassegrain. Sono strumenti universali, dal rapporto focale<br />

tipicamente <strong>di</strong> f10, facilmente riducibile a f6,3 con l’uso <strong>di</strong> un riduttore, che ha la funzione anche <strong>di</strong><br />

spianatore <strong>di</strong> campo, utile in visuale per variare l’ingran<strong>di</strong>mento del proprio parco oculari. Lo SCT (Schmidt-<br />

Cassegrain Telescope) è un telescopio universale, non specializzato in nessuna particolare applicazione ma<br />

dalle prestazioni molto buone in ogni campo. Visualmente offre gran<strong>di</strong> visioni degli oggetti del sistema<br />

solare, anche se con un contrasto minore rispetto ai più costosi rifrattori apocromatici o Newton poco<br />

ostruiti. Nel profondo cielo offre la possibilità <strong>di</strong> utilizzare oculari dalla grande pupilla d’uscita (grazie alla


focale lunga) per ottenere gli ingran<strong>di</strong>menti tipici delle 100-150 volte, necessari per questo tipo <strong>di</strong><br />

osservazioni.<br />

Nel campo fotografico (parliamo sempre <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitale) è sicuramente lo strumento commerciale dal migliore<br />

rapporto prestazioni/prezzo per gli oggetti del sistema solare, grazie anche alla parziale compensazione della<br />

per<strong>di</strong>ta del contrasto dei sensori CCD e del successivo processing <strong>di</strong>gitale. Nel deep-sky ha un campo<br />

corretto abbastanza grande da permettere l’uso <strong>di</strong> sensori <strong>di</strong> oltre 15 mm <strong>di</strong> lato, senza deca<strong>di</strong>menti<br />

dell’immagine. Sicuramente lo strumento con il migliore rapporto qualità/prezzo.<br />

Maksutov-Cassegrain<br />

Altro telescopio cata<strong>di</strong>ottrico, variante del<br />

riflettore Cassegrain. I Maksutov-Cassegrain, o<br />

semplicemente mak sono strumenti molto<br />

compatti, quasi come gli Schmidt-Cassegrain.<br />

In effetti la somiglianza costruttiva è notevole.<br />

Uno specchio primario sferico convoglia la<br />

luce verso uno specchio secondario sferico e<br />

convesso, il quale è ricavato dalla lastra<br />

correttrice dell’aberrazione sferica, della<br />

menisco. La <strong>di</strong>fferenza con lo SCT è proprio questa: la lastra correttrice ha una piccola parte alluminata che<br />

funziona anche da specchio secondario.<br />

Il progetto costruttivo costringe a costruire ogni mak con un rapporto focale molto chiuso focale molto chiusi<br />

(f<strong>12</strong>-15).<br />

Questa configurazione è <strong>di</strong> solito usata per piccoli <strong>di</strong>ametri, da 9 fino a 15-18 cm.<br />

Il mak è uno degli strumenti preferiti dai principianti, in grado <strong>di</strong> fornire ottime visioni dei pianeti ed una<br />

compattezza imbarazzante, ad un costo che è una piccola frazione dell’unica configurazione che forse gli è<br />

(leggermente) superiore, ovvero i rifrattori acromatici a lungo fuoco, ormai quasi introvabili nel panorama<br />

commerciale.<br />

Un mak da 90mm e rapporto focale pari a f13 ha un tubo lungo circa 40 cm, un peso <strong>di</strong> poco superiore a 2<br />

Kg ed un costo intorno ai 200 euro. Un rifrattore acromatico da 90 mm chiuso a f13 ha una lunghezza <strong>di</strong><br />

circa <strong>12</strong>0 cm, un peso <strong>di</strong> quasi 4 kg ed un costo superiore ai 500 euro.<br />

Sono strumenti adatti per l’osservazione degli oggetti del sistema solare; il piccolo <strong>di</strong>ametro non consente <strong>di</strong><br />

avere una buona visione degli oggetti del cielo profondo, così come il rapporto focale non consente <strong>di</strong> fare<br />

alcun tipo <strong>di</strong> ripresa profonda.<br />

In fotografia quin<strong>di</strong>, l’unico campo <strong>di</strong> applicazione è l’alta risoluzione, <strong>di</strong> cui questi strumenti sono capaci.<br />

Possono essere utilizzati anche come telescopi da viaggio e per osservazioni terrestri.<br />

Maksutov-Newton<br />

Il maksutov Newton è un cata<strong>di</strong>ottrico variante<br />

del Newton. Invece <strong>di</strong> produrre specchi<br />

parabolici costosi e non sempre della qualità<br />

desiderata, i costruttori preferiscono lavorare<br />

un primario sferico, la cui lavorazione è molto<br />

più semplice ed economica, e correggere<br />

l’aberrazione sferica con una lastra correttrice<br />

spessa e curva, proprio come quella dei Maksutov-Cassegrain. Progettati fino a <strong>di</strong>ametri dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 20 cm<br />

(almeno per la ven<strong>di</strong>ta commerciale), sono strumenti dal rapporto focale chiuso (f7-8), con bassissima<br />

ostruzione, capaci <strong>di</strong> dare gran<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni sugli oggetti del sistema solare. Il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 20 cm consente<br />

<strong>di</strong> avere anche ottime visioni degli oggetti deep-sky, sebbene l’acquisto <strong>di</strong> uno strumento così peculiare e<br />

anche costoso non deve essere finalizzato a questo tipo <strong>di</strong> osservazioni, per le quali si trovano strumenti più<br />

performanti a parità <strong>di</strong> prezzo.<br />

Sono strumenti ingombranti, più dei Newton, e richiedono quin<strong>di</strong> montature robuste.<br />

Il loro principale problema è il tempo d’acclimatamento: molti <strong>di</strong> essi montano una ventola <strong>di</strong>etro lo<br />

specchio primario per accelerare il processo, che altrimenti potrebbe richiedere anche alcune ore, rendendo<br />

vano ogni tentativo <strong>di</strong> osservazione in alta risoluzione.


Schmidt-Newton<br />

Lo Schmidt-Newton è un'altra configurazione<br />

cata<strong>di</strong>ottrica, simile al Maksutov-Newton.<br />

L’unica <strong>di</strong>fferenza è nella lastra <strong>di</strong> vetro<br />

destinata alla correzione dell’aberrazione<br />

sferica introdotta dal primario sferico, la quale<br />

ha uno spessore minore, una forma <strong>di</strong>versa e si<br />

trova più vicina al primario rispetto al menisco<br />

<strong>di</strong> tutte le configurazioni Maksutov. Gli<br />

Shmidt-Newton sono telescopi prettamente<br />

fotografici e lo conferma anche il loro rapporto<br />

focale, tipicamente <strong>di</strong> f4. La lastra correttrice,<br />

infatti, corregge anche le principali aberrazioni<br />

extra-assiali che affliggono i Newton, coma in<br />

primis. Il loro acquisto, quin<strong>di</strong>, è giustificato solamente se si vuole intraprendere la strada dell’astrofotografia<br />

degli oggetti deboli. Per l’osservazione visuale, un Newton classico conserva una qualità identica, ma ad un<br />

prezzo decisamente inferiore.<br />

La loro qualità ottica non consente immagini al limite <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione, e comunque, per raggiungere<br />

l’ingran<strong>di</strong>mento limite <strong>di</strong> 2,5 volte il <strong>di</strong>ametro strumentale, occorrono oculari dalla cortissima focale e<br />

piccola pupilla d’uscita, con osservazioni non molto agevoli su pianeti e stelle doppie.<br />

Grazie al campo corretto più ampio dei newton puri, questa è la più economica alternativa per chi vuole<br />

ottenere il massimo dalla fotografia degli oggetti del cielo profondo.<br />

Le montature (altazimutali, equatoriali, dobson)<br />

Ogni telescopio è costituito da una montatura, la quale ha, in prima approssimazione, il compito <strong>di</strong> sostenere<br />

saldamente il tubo ottico e permettere i suoi spostamenti alla ricerca degli oggetti del cielo.<br />

Nel campo dell’<strong>astronomia</strong> la funzione <strong>di</strong> una montatura è molto più complessa <strong>di</strong> quella riservata agli<br />

strumenti fotografici: le montature astronomiche sono molto <strong>di</strong> più che dei semplici treppie<strong>di</strong> o supporti per<br />

il proprio strumento.<br />

Le montature dei telescopi devono sod<strong>di</strong>sfare almeno due principi fondamentali, ovvero<br />

1) devono essere abbastanza robuste da sostenere il peso dello strumento e degli accessori<br />

2) Devono consentire movimenti precisi e senza produrre oscillazioni dello strumento.<br />

L’importanza <strong>di</strong> una montatura è veramente grande. Se essa non è in grado <strong>di</strong> sostenere con sufficiente<br />

precisione lo strumento, allora le osservazioni <strong>di</strong>ventano molto <strong>di</strong>fficili, se non impossibili.<br />

Le montature altazimutali<br />

Sono costituite da una testa, ovvero il supporto che sorregge il telescopio, ed un treppiede, il quale deve<br />

essere robusto e non produrre vibrazioni durante le osservazioni.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> montatura ha un funzionamento molto simile ai classici treppie<strong>di</strong> fotografici. I movimenti<br />

avvengono secondo due assi, uno verticale (movimento in altezza), l’altro orizzontale (movimento in<br />

azimut). La montatura altazimutale, come suggerisce la parola, segue quin<strong>di</strong> il sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

altazimutali.<br />

Generalmente semplice da gestire ed utilizzare, equipaggia telescopi <strong>di</strong> piccolo <strong>di</strong>ametro, a volte dei semplici<br />

giocattoli ed è utile solamente quando si effettuano osservazioni a bassi ingran<strong>di</strong>menti, come quelle che<br />

competono agli oggetti del cielo profondo.<br />

La montatura altazimutale non consente alcun tipo <strong>di</strong> fotografia, se non quella dei pianeti attraverso un<br />

complesso sistema <strong>di</strong> motorizzazione. Il movimento degli assi secondo le coor<strong>di</strong>nate altazimutali è comodo<br />

ed intuitivo, ma presto lo troverete sconveniente, poiché non segue il movimento della sfera celeste.<br />

Quando effettuiamo osservazioni ad ingran<strong>di</strong>menti maggiori delle 100 volte, l’oggetto puntato sembra<br />

spostarsi molto velocemente nel campo, a causa della rotazione della Terra. A questo punto dobbiamo<br />

riportarlo, attraverso movimenti delicati della montatura, al centro del campo dell’oculare. Con la montatura<br />

altazimutale dobbiamo muovere entrambi gli assi per centrare <strong>di</strong> nuovo l’oggetto, poiché il suo movimento<br />

non avviene ne in modo perfettamente verticale, ne perfettamente orizzontale.


Le cose peggiorano quando si cercano <strong>di</strong> osservare i pianeti, generalmente con ingran<strong>di</strong>menti maggiori delle<br />

200 volte. In queste con<strong>di</strong>zioni il corpo celeste si appare letteralmente sfrecciare nel campo e sparire nel giro<br />

<strong>di</strong> un minuto. Ogni volta dobbiamo muovere entrambi gli assi della montatura della giusta quantità per<br />

riportare il pianeta al centro del campo. Spesso lo perderemo perché non sappiamo a priori quando muovere<br />

in verticale un asse e quanto in orizzontale l’altro.<br />

Le montature altazimutali, quin<strong>di</strong>, sembrano scomode quando si fanno osservazioni ad alti ingran<strong>di</strong>menti,<br />

per <strong>di</strong> più, a causa della rotazione della Terra, non possiamo fotografare alcun oggetto, visto che ogni ripresa<br />

verrebbe mossa. La soluzione a questo inconveniente è data da un supporto molto <strong>di</strong>verso e più complesso:<br />

la montatura equatoriale.<br />

La montatura equatoriale<br />

Una montatura equatoriale commerciale e identificazione dei suoi componenti principali.<br />

Le montature equatoriali sono supporti molto più robusti e apparentemente complessi.<br />

Esse seguono il sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate equatoriali, muovendosi quin<strong>di</strong> secondo i movimenti della sfera celeste<br />

e non secondo quelli relativi all’osservatore (sistema altazimutale).<br />

I due assi secondo i quali avvengono i movimenti non si muovono più quin<strong>di</strong> ne in orizzontale ne in<br />

verticale, ma secondo il moto della sfera celeste alla vostra latitu<strong>di</strong>ne.<br />

Attraverso una fase detta stazionamento, la montatura equatoriale viene orientata verso il polo nord celeste<br />

muovendo delle leve per il controllo dell’azimut e dell’altezza poste alla sua base.<br />

Una montatura equatoriale stazionata permette <strong>di</strong> seguire il percorso delle stelle nel cielo muovendo solo un<br />

asse, quello <strong>di</strong> ascensione retta (AR). L’altro, detto <strong>di</strong> declinazione (Dec), serve solamente a puntare stelle<br />

poste a declinazioni <strong>di</strong>verse e non è necessario muoverlo per inseguire un oggetto nel cielo.<br />

Grazie alla facilità con cui si può compensare il moto <strong>di</strong> rotazione della Terra, le montature equatoriali<br />

possono essere equipaggiate <strong>di</strong> un motorino che ha il compito <strong>di</strong> muovere l’asse <strong>di</strong> ascensione retta e<br />

mantenere nel campo inquadrato l’oggetto anche per ore.<br />

Per funzionare correttamente le montature equatoriali devono essere anche bilanciate.


A causa della loro inclinazione, il peso del tubo ottico è sbilanciato e fa pressione sull’intera struttura. Per<br />

ovviare a questo problema, una barra in grado <strong>di</strong> ospitare dei contrappesi è inserita nella montatura, lungo<br />

l’asse <strong>di</strong> declinazione, in modo che il loro peso controbilanci perfettamente quello del tubo del telescopio,<br />

rendendo i movimenti molto più flui<strong>di</strong> e agevoli.<br />

Lo spostamento veloce del telescopio avviene sbloccando gli assi, allentando le viti <strong>di</strong> serraggio; questo<br />

movimento è utile per puntare gli oggetti e spostarsi<br />

velocemente.<br />

I movimenti micrometrici, invece, avvengono agendo su<br />

apposite manopole, senza MAI sbloccare gli assi. Questi<br />

spostamenti sono in<strong>di</strong>cati per centrare l'oggetto nel campo<br />

dell'oculare o per seguire il suo movimento nel cielo,<br />

causato dalla rotazione terrestre.<br />

Il movimento in declinazione si sviluppa nella parte<br />

superiore della montatura, denominata anche testa<br />

equatoriale, per <strong>di</strong>stinguerla dal treppiede o dalla colonna<br />

sulla quale poggia, e fa muovere solamente la culla dove<br />

deve essere installato il telescopio.<br />

Il movimento in ascensione retta si sviluppa lungo l’asse<br />

passante per la cella del telescopio e la barra dei<br />

contrappesi, detto asse orario.<br />

Nessuno dei due movimenti avviene ne perfettamente<br />

verticale ne perfettamente orizzontale, a meno che non vi<br />

troviate ai poli!<br />

Ogni supporto equatoriale <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> altri due movimenti, i<br />

quali servono per lo stazionamento: quello in altezza e<br />

quello in azimut. Questi movimenti si sviluppano alla base<br />

della testa equatoriale, sono in<strong>di</strong>pendenti<br />

dagli assi <strong>di</strong> ascensione retta e declinazione, e muovono<br />

l’intera base della montatura, cambiandone l’orientazione.<br />

I movimenti in azimut e in altezza non servono per puntare<br />

gli oggetti e muovere il telescopio, ma solamente per<br />

stazionare la montatura verso il polo nord celeste; una volta<br />

eseguita questa operazione, che vedremo meglio tra qualche<br />

pagina, non bisogna mai più muovere l’intera montatura<br />

attraverso questi movimenti.<br />

Lo stazionamento della montatura equatoriale<br />

Ogni montatura equatoriale, per funzionare adeguatamente, deve essere regolata e stazionata; questa fase è<br />

importante, altrimenti le sue funzioni non verranno svolte in pieno.<br />

Ogni montatura alla tedesca possiede un asse, detto asse polare, che rappresenta la struttura portante, il quale<br />

va inclinato, attraverso apposite manopole, <strong>di</strong> un angolo pari alla latitu<strong>di</strong>ne del luogo <strong>di</strong> osservazione. Questo<br />

angolo è <strong>di</strong> circa 42° per Roma, 44° per Milano.<br />

Una volta inclinata la montatura, assicuratevi che il treppiede<br />

poggi esattamente in piano. La cosiddetta messa in bolla è un<br />

modo comodo per evitare complicazioni nella fase <strong>di</strong><br />

stazionamento, ma non è fondamentale e non pregiu<strong>di</strong>ca il<br />

corretto funzionamento del supporto.<br />

Lo stazionamento vero e proprio si effettua puntando l’asse<br />

polare verso il polo nord celeste, in<strong>di</strong>cato orientativamente dalla<br />

stella polare, la quale <strong>di</strong>sta meno <strong>di</strong> un grado da questo punto<br />

immaginario.<br />

Se l’inclinazione dell’asse polare è corretta e il telescopio è<br />

messo bene in bolla, dovrete solamente ruotare la base della<br />

montatura in orizzontale (azimut), verso la stella polare, senza<br />

agire sulla sua altezza.<br />

A questo punto dobbiamo <strong>di</strong>stinguere tra due tipi <strong>di</strong> montature:<br />

Schematizzazione dei movimenti <strong>di</strong> una montatura<br />

equatoriale. Il puntamento degli oggetti celesti avviene<br />

muovendo due assi, uno detto <strong>di</strong> ascensione retta<br />

(AR), l’altro <strong>di</strong> declinazione (Dec). Naturalmente<br />

occorre che la montatura sia stazionata, ovvero che<br />

l’asse polare sia <strong>di</strong>retto verso il polo nord celeste, nei<br />

pressi del quale si trova la stella polare.<br />

Il cannocchiale polare è un accessorio che si<br />

trova nell’asse polare <strong>di</strong> tutte le montature<br />

equatoriali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a qualità e serve per<br />

effettuare uno stazionamento preciso della<br />

montatura


• montature dotate <strong>di</strong> cannocchiale polare. Il cannocchiale polare è un picciolo cannocchiale<br />

inserito nell’asse polare e serve per identificare e puntare con maggiore precisione il polo nord celeste ed<br />

ottenere uno stazionamento più preciso. Traguardando attraverso questo strumento e muovendo la<br />

montatura in altezza e azimut (la base, non gli assi!) possiamo procedere ad uno stazionamento rapido e<br />

preciso, ma ad una con<strong>di</strong>zione: il cannocchiale polare deve essere allineato! Questo piccolo strumento è<br />

inserito all’interno dell’asse polare della montatura e fissato con tre viti. Affinché si riveli veramente<br />

utile, occorre che esso sia perfettamente parallelo all’asse polare; se fosse inclinato anche <strong>di</strong> poco, la<br />

<strong>di</strong>rezione dell’asse polare sarebbe <strong>di</strong>versa da quella puntata dal cannocchiale polare e non<br />

raggiungeremo mai uno stazionamento preciso. L’allineamento del cannocchiale polare è facile da<br />

eseguire e generalmente deve essere fatto solo una volta. Di giorno, togliete il telescopio e i contrappesi<br />

e ponete l’inclinazione dell’asse polare a zero. In questo modo la montatura equatoriale <strong>di</strong>venta<br />

altazimutale, ovvero si muoverà come un comune treppiede. Ruotate l’asse <strong>di</strong> Ascensione retta fino a<br />

portare la culla dove si collega il telescopio a destra, fino a quando essa è orientativamente parallela al<br />

terreno. A questo punto fissate le viti e puntate con il cannocchiale polare inserito nell’asse polare e ben<br />

fissato, un oggetto terrestre piccolo e definito (un’antenna, la punta <strong>di</strong> un albero, un lampione) <strong>di</strong>stante<br />

almeno una decina <strong>di</strong> metri. Agendo sulla regolazione in altezza e azimut, ponete il dettaglio al centro<br />

esatto del crocicchio del cannocchiale. Adesso ruotate l’asse <strong>di</strong> ascensione retta della montatura <strong>di</strong> 180°,<br />

fino a portare la culla del telescopio dall’altra parte, a sinistra. L’orientazione dell’asse polare non<br />

cambia e se il cannocchiale polare è ben allineato, l’oggetto puntato non si sarà spostato dal centro del<br />

crocicchio. Se l’allineamento non è perfetto, la posizione dell’oggetto varia a seconda della posizione<br />

dell’asse <strong>di</strong> ascensione retta ed ora risulterà <strong>di</strong>versa. In questo caso è necessario in<strong>di</strong>viduare, ad occhio, il<br />

centro rispetto al quale è avvenuta la rotazione, il quale si troverà a metà strada tra le due posizioni del<br />

dettaglio inquadrato. Cercate, agendo sulle viti <strong>di</strong> regolazione del cannocchiale polare, <strong>di</strong> portare al<br />

centro del crocicchio questo punto. Ora centrate <strong>di</strong> nuovo il dettaglio agendo sull’altezza e l’azimut della<br />

montatura e ruotate <strong>di</strong> nuovo l’asse <strong>di</strong> AR <strong>di</strong> 180°. Se il dettaglio resta esattamente al centro del<br />

crocicchio allora l’allineamento è andato a buon fine, altrimenti bisognerà ripetere la procedura descritta,<br />

ovvero trovare il centro <strong>di</strong> rotazione e regolare le viti del cannocchiale polare fino a raggiungere tale<br />

posizione. Se il cannocchiale polare è fortemente <strong>di</strong>sallineato, è <strong>di</strong>fficile raggiungere una precisione<br />

elevata con una sola operazione, meglio farlo a passi successivi. Generalmente un due-tre volte si riesce<br />

ad ottenere un allineamento perfetto. Il cannocchiale polare ora è allineato. Riportate la montatura in<br />

configurazione equatoriale, inclinando l’asse polare secondo la vostra latitu<strong>di</strong>ne e aspettate la sera per<br />

effettuare lo stazionamento preciso. Montate lo strumento e tutti gli accessori che userete <strong>di</strong> più quella<br />

sera (oculari o camere fotografiche); bilanciate lo strumento in modo perfetto con i contrappesi. E’<br />

importante ricordare che lo stazionamento si ottiene in due fasi: 1) prima si ruota tutta la montatura,<br />

compreso il treppiede, in modo che l’asse polare sia <strong>di</strong>retto orientativamente verso nord. Questa fase è<br />

meglio effettuarla senza il telescopio e i contrappesi, in modo da avere minor peso e <strong>di</strong> evitare la<br />

collimazione degli specchi. Successivamente: 2) si agisce con i movimenti micrometrici posti alla base<br />

della montatura, quelli che regolano l’altezza (inclinazione dell’asse polare) e azimut (orientamento<br />

orizzontale). In questa fase gli assi della montatura non servono, poiché la loro funzione è quella <strong>di</strong><br />

muovere il telescopio ma non per fare lo stazionamento.<br />

• Montature senza cannocchiale polare: In questo caso lo stazionamento è leggermente<br />

approssimato e si effettua sempre nelle due fasi: a) se l’orientazione della montatura è casuale, senza<br />

alcun strumento sopra e senza contrappesi, si ruota il treppiede verso il polo nord in modo approssimato.<br />

Successivamente si monta telescopio, accessori e contrappesi, si esegue il bilanciamento e poi, ponendo<br />

l’occhio <strong>di</strong>etro l’asse polare si cerca, attraverso i movimenti micrometrici dell’altezza e dell’azimut, <strong>di</strong><br />

puntare in modo più preciso possibile l’asse verso la stella polare. Senza un cannocchiale polare questo è<br />

l’allineamento più preciso che si possa fare.<br />

Spesso le procedure appena descritte permettono <strong>di</strong> raggiungere una precisione ottima per ogni tipo <strong>di</strong><br />

osservazione e per alcune fotografie a corta esposizione (pianeti) o grande campo (campi stellari con<br />

obiettivi fotografici montati in parallelo).<br />

Nel caso che sia richiesto uno stazionamento perfetto o in tutti quei casi (purtroppo molti) nei quali non è<br />

possibile stazionare la montatura poiché non si ha la visuale nei pressi del polo nord celeste, lo<br />

stazionamento equatoriale deve essere effettuato in un altro modo, più laborioso ma anche molto più preciso.


La montatura dobson<br />

Grazie alla geniale intuizione dell’astrofilo John Dobson, esiste una questa terza e particolare classe <strong>di</strong><br />

montature per telescopi, chiamate, proprio in onore del suo progettista, montature dobson o dobsoniane.<br />

Le montature <strong>di</strong> tipo dobson sono delle speciali montature altazimutali molto spartane che sorreggono<br />

telescopi Newton <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o-grande.<br />

Le montature dobsoniane sono sprovviste <strong>di</strong> un treppiede e poggiano <strong>di</strong>rettamente a terra. La meccanica è<br />

ridotta al minimo, spesso quasi inesistente. Il movimento del telescopio avviene in verticale e in orizzontale<br />

(azimut), come nelle montature altazimutali.<br />

Grazie alla semplicità <strong>di</strong> realizzazione e alla mancanza <strong>di</strong> parti che richiedono un’elevata lavorazione, le<br />

montature dobsoniane sono le più economiche che ci siano in circolazione.<br />

Con il termine telescopio dobson o dobsoniano non si intende<br />

una particolare configurazione ottica ma una configurazione<br />

meccanica che prevede l’utilizzo <strong>di</strong> una montatura <strong>di</strong> tipo<br />

dobson. Generalmente solo i telescopi Newtoniani sono adatti<br />

alle montature dobson e insieme formano i famosi telescopi<br />

dobson, che offrono un’elevata potenza ottica ad un prezzo<br />

molto basso, proprio perché eliminano le costose parti<br />

meccaniche ed elettroniche <strong>di</strong> supporto.<br />

E’ chiaro, comunque, che data la semplicità, le montature<br />

dobson non possono controbilanciare il movimento della sfera<br />

celeste come le equatoriali e sono generalmente meno stabili e<br />

precise <strong>di</strong> alcune ottime altazimutali.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> montatura è ideale per tutti coloro che fanno<br />

dell’osservazione degli oggetti del cielo profondo lo scopo<br />

principale della propria passione. In questi casi possiamo<br />

rinunciare a tutto il superfluo e <strong>di</strong>rigere la nostra attenzione e i<br />

nostri sol<strong>di</strong> solamente nel <strong>di</strong>ametro del telescopio, l’unica<br />

variabile che conta in questo tipo <strong>di</strong> osservazioni.<br />

I telescopi dobsoniani, a parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, costano almeno la<br />

La montatura dobson è molto semplice ed è<br />

abbinata a telescopi newton. I telescopi dobsoniani<br />

sono molto economici e adatti alle osservazioni <strong>di</strong><br />

ammassi, nebulose e galassie.<br />

metà <strong>di</strong> quelli equipaggiati <strong>di</strong> una montatura equatoriale, ma sono da utilizzare solamente nelle osservazioni<br />

visuali, quasi esclusivamente del cielo profondo. Non sono in<strong>di</strong>cati ad alcun tipo <strong>di</strong> lavoro fotografico.<br />

Gli oculari<br />

Gli oculari sono accessori in<strong>di</strong>spensabili per<br />

osservare al telescopio. Il tubo ottico, infatti, si può<br />

considerare come un grande teleobiettivo in grado <strong>di</strong><br />

raccogliere la luce proveniente dalle stelle.<br />

Per vedere gli oggetti del cielo è necessario inserire,<br />

nell'apposito alloggio, degli oggetti cilindrici,<br />

composti da un gruppo <strong>di</strong> lenti, detti appunto,<br />

oculari.<br />

Gli oculari forniscono le immagini visibili all'occhio<br />

umano, e la combinazione con la lunghezza focale<br />

del telescopio fornisce gli ingran<strong>di</strong>menti.<br />

Gli oculari sono costituiti sempre da gruppi <strong>di</strong> lenti,<br />

spesso 5-6, e devono essere <strong>di</strong> ottima qualità per<br />

fornire immagini sod<strong>di</strong>sfacenti.<br />

Ricordate infatti la regola d’oro: la qualità dell’immagine finale <strong>di</strong>pende dall’elemento più debole. E’ del<br />

tutto inutile avere un telescopio dalla ottima qualità ottica ed utilizzare oculari scadenti.<br />

Il contrario è invece giustificato. Un oculare eccellente ha senso anche se utilizzato in un telescopio dalla<br />

qualità non proprio eccelsa, per due motivi:<br />

1) Un oculare dalla qualità peggiore ridurrebbe ancora le prestazioni dello strumento<br />

2) Gli oculari possono durare una vita perché universalmente adatti ad ogni strumento ottico.<br />

Gli oculari non fanno parte del telescopio, ma sono accessori in<strong>di</strong>pendenti, che possono essere cambiati e<br />

sostituiti.


I <strong>di</strong>ametri degli oculari, o meglio, della parte dell’oculare che va inserita nel telescopio hanno misure<br />

standard. In commercio trovate tre <strong>di</strong>ametri: 24,5 mm, 31,8 mm e 50,8 mm.<br />

Il <strong>di</strong>ametro da scegliere <strong>di</strong>pende dal <strong>di</strong>ametro dell’alloggiamento dell’oculare del vostro telescopio. I più<br />

utilizzati sono quelli da 31,8 mm: tutti gli oculari con queste <strong>di</strong>mensioni sono adatti a tutti i telescopi con<br />

portaoculari da 31,8 mm.<br />

Il <strong>di</strong>ametro da 24,5 mm è riservato solamente ai telescopi giocattolo: meglio scartare a priori tutti i telescopi<br />

che prevedono questo standard per gli oculari.<br />

Quelli dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 50,8 mm sono imponenti e riservati a telescopi da 200 mm in su.<br />

Molti strumenti commerciali prevedono comunque degli adattatori per utilizzare sia gli oculari da 31,8mm<br />

sia quelli da 50,8 mm. Questi ultimi sono più costosi e generalmente destinati alla visione degli oggetti del<br />

cielo profondo, per i quali un grande campo è necessario per aumentare i dettagli e il livello <strong>di</strong> spettacolarità<br />

dell’immagine.<br />

La potenza <strong>di</strong> ogni oculare si identifica principalmente attraverso la sua lunghezza focale, che fornisce<br />

<strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>cazioni sull'ingran<strong>di</strong>mento e sulla pupilla d'uscita e con il suo campo apparente, che tra poco<br />

vedremo. Gli schemi utilizzati per costruire oculari sono <strong>di</strong>versi; alcuni sono molto semplici ed economici,<br />

ma dalla scarsa qualità; altri sono molto complessi, forniscono immagini superbe ma sono molto costosi.<br />

Fortunatamente, un oculare, al contrario del telescopio, che può essere sostituito, è per sempre: tutti gli<br />

oculari possono essere utilizzati con tutti i telescopi, a patto <strong>di</strong> avere un <strong>di</strong>ametro compatibile con lo<br />

strumento (ma questo non è un vero problema poiché ci sono tutti gli adattatori necessari in commercio).<br />

Lo schema ottico più semplice è quello <strong>di</strong> Huygens, inventato dal fisico olandese nel <strong>di</strong>ciassettesimo secolo,<br />

per questo il più antico e semplice. Questo schema ottico è molto economico ma fornisce immagini buone<br />

solamente al centro del campo, peraltro piuttosto ridotto: da utilizzare solamente per strumenti molto<br />

economici. E' composto da due semplici lenti piano-convesse (da una parte piane, dall'altra convesse).<br />

Questo schema soffre <strong>di</strong> aberrazione sferica, cioè un <strong>di</strong>fetto che tende a rendere sfuocata ed impastata<br />

l'immagine, soprattutto ad alti ingran<strong>di</strong>menti. L'evoluzione dello schema Huygens è il Ramsden, che,<br />

utilizzando lenti aggiuntive, riesce a fornire immagini qualitativamente migliori. Lo schema inventato dal<br />

fabbricante <strong>di</strong> strumenti inglese, corregge l'aberrazione sferica, ma introduce quella cromatica, che si<br />

manifesta come un bordo colorato attorno a tutti gli oggetti osservati. Schemi ottici più recenti e più<br />

performanti sono sicuramente l'ortoscopico e il Ploss. L'ortoscopico è molto adatto per avere ottime visioni<br />

<strong>di</strong> oggetti a piccolo campo, quali i pianeti, davvero insuperabile in queste applicazioni. I Ploss, sebbene non<br />

eccelsi, sono al momento il miglior compromesso tra spesa e qualità, offrendo buone immagini soprattutto<br />

degli oggetti del cielo profondo, grazie ad una correzione buona su tutto il campo e ad un campo apparente<br />

generoso, molto maggiore degli ortoscopici. I Ploss, quin<strong>di</strong>, sono gli oculari perfetti per iniziare. Esistono<br />

molti altri schemi molto più complicati e costosi, che però non trovano giustificazione nell'astrofilo<br />

principiante.<br />

Come possiamo vedere ogni oculare è adatto ad un particolare strumento e a particolari osservazioni.<br />

Nei prossimi capitoli vedremo come scegliere un parco oculari adatto al proprio strumento.<br />

Per adesso approfon<strong>di</strong>amo la conoscenza <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>spensabili accessori ottici.<br />

Caratteristiche degli oculari<br />

Oltre al <strong>di</strong>ametro e alla focale, la quale determina <strong>di</strong>rettamente l’ingran<strong>di</strong>mento, quali sono le caratteristiche<br />

che identificano qualità e campo <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> ogni oculare?<br />

Pupilla d'uscita: E' una grandezza che esprime il <strong>di</strong>ametro del fascio luminoso in uscita dall'oculare <strong>di</strong> ogni<br />

telescopio. La pupilla d'uscita è molto importante per le osservazioni <strong>di</strong> oggetti poco luminosi, quali<br />

nebulose e galassie. Il nostro occhio ha una pupilla del <strong>di</strong>ametro massimo <strong>di</strong> 6-8 mm, quando adattata al<br />

buio. Se dall'oculare del telescopio esce un fascio dal <strong>di</strong>ametro maggiore, non tutta la luce raggiungerà il<br />

nostro occhio e , <strong>di</strong> fatto, si ha una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> luminosità; è come se si osservasse con un telescopio <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro minore. E' assolutamente necessario che la pupilla d'uscita non sia MAI più grande della pupilla<br />

dell'occhio. La pupilla d'uscita si calcola con la semplice relazione: P=D/I, dove D è il <strong>di</strong>ametro dell'obiettivo<br />

del telescopio (in mm) ed I è l'ingran<strong>di</strong>mento. Si definisce ingran<strong>di</strong>mento minimo quello per il quale la<br />

pupilla d'uscita ha un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 7mm; esso si ottiene dalla semplice formula: Imin=D/7. Se la<br />

<strong>di</strong>latazione massima della pupilla è <strong>di</strong> 6 mm, invece che 7, allora si ha: Imin=D/6. Generalmente, per<br />

soggetti adulti e non troppo adattati al buio (come purtroppo succede in presenza <strong>di</strong> inquinamento luminoso),<br />

la formula può essere arrotondata a Imin=D/5. Uno strumento da 200 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro può essere utilizzato<br />

all'ingran<strong>di</strong>mento minimo <strong>di</strong> 200/5=40X. E' possibile usare un ingran<strong>di</strong>mento più modesto, ma non tutto il<br />

fascio in uscita dall'oculare verrà intercettato e si avrà una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> luminosità


Estrazione pupillare: una grandezza poco conosciuta ma molto importante. L'estrazione pupillare<br />

rappresenta la <strong>di</strong>stanza massima tra l'occhio e la prima lente dell'oculare, affinché l'osservatore possa<br />

osservare tutto il campo inquadrato. E' esperienza comune<br />

che se ci mettiamo lontano da una piccola apertura, come il<br />

buco <strong>di</strong> una serratura, ve<strong>di</strong>amo un campo estremamente<br />

ridotto. Mano a mano che ci avviciniamo, il campo<br />

inquadrato aumenta, fino ad una certa <strong>di</strong>stanza, detta<br />

estrazione pupillare, nel quale il campo è limitato non più<br />

dalla <strong>di</strong>stanza, bensì dall'oculare o dall'apertura della<br />

serratura. Un'ottima estrazione pupillare permette <strong>di</strong> fare<br />

osservazioni più comode, evitando <strong>di</strong> stare con l'occhio<br />

attaccato alla lente dell'oculare. L'estrazione pupillare<br />

<strong>di</strong>pende dalla lunghezza focale dell'oculare e dal suo campo<br />

apparente. Generalmente, oculari con focali corte hanno<br />

piccole estrazioni pupillari (dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> qualche<br />

millimetro), per questo si tende a preferire l'uso <strong>di</strong> lenti <strong>di</strong><br />

barlow, che consentono <strong>di</strong> raggiungere alti ingran<strong>di</strong>menti<br />

con oculari dalla focale doppia, ovvero, da una maggiore<br />

estrazione pupillare<br />

Campo apparente e reale: Guardando attraverso tutti gli<br />

oculari noterete come il campo inquadrato è ridotto ed è<br />

minore del campo inquadrato dall'occhio umano, che è oltre<br />

<strong>di</strong> 180°. Ogni oculare possiede un certo valore <strong>di</strong> campo<br />

apparente, <strong>di</strong>pendente dallo schema ottico e dal modo in cui è stato costruito. I migliori oculari hanno campi<br />

apparenti <strong>di</strong> oltre 80°, mentre quelli più economici, come gli Huygens, raramente superano i 40°. Il campo<br />

apparente è molto importante per il campo reale, cioè per l'angolo <strong>di</strong> campo che è possibile osservare<br />

<strong>di</strong>rettamente al telescopio. Il campo reale si trova dal semplice rapporto: Campo apparente/Ingran<strong>di</strong>mento.<br />

Così, un oculare da 60° <strong>di</strong> campo apparente, utilizzato su un telescopio che fornisce 60 ingran<strong>di</strong>menti,<br />

fornirà un campo reale pari a 60°/60X= 1°: questa è la porzione <strong>di</strong> cielo inquadrata dall'oculare. Il campo<br />

apparente e quin<strong>di</strong> quello reale, sono molto importanti quando si osservano oggetti molto estesi, come tutti<br />

quelli deep-sky o la Luna. Per questi oggetti un oculare dal grande campo apparente fornisce visioni<br />

altamente spettacolari, molto <strong>di</strong>verse dalle visioni simili ad un buco <strong>di</strong> serratura che offrono gli oculari più<br />

economici.<br />

Gli altri accessori ottici<br />

Siamo giunti quasi al termine <strong>di</strong> questa lunga trattazione sugli strumenti astronomici.<br />

In questo paragrafo ve<strong>di</strong>amo gli accessori ottici che possono esserci utili per una proficua osservazione del<br />

cielo.<br />

Cercatore<br />

Lenti <strong>di</strong> barlow<br />

Schema de due delle tre grandezze che caratterizzano<br />

la qualità degli oculari: la pupila d'uscita, l'estrazione<br />

pupillare e il campo apparente.<br />

Un piccolo cannocchiale posto sul tubo ottico, che ha il<br />

compito <strong>di</strong> puntare gli oggetti celesti. Centrare un<br />

pianeta o una nebulosa con il telescopio è spesso<br />

<strong>di</strong>fficile e lungo, molto meglio utilizzare il cercatore,<br />

opportunamente allineato, che con i suoi 5-10<br />

ingran<strong>di</strong>menti permette <strong>di</strong> centrare l’oggetto con<br />

estrema facilità<br />

Lenti speciali, simili agli oculari, che sono in grado <strong>di</strong> raddoppiare (ma anche triplicare o quadruplicare) la<br />

lunghezza focale originale del telescopio. Le più famose sono le lenti <strong>di</strong> barlow 2X. Esse, inserite prima


Filtri colorati<br />

Filtri a banda stretta<br />

degli oculari, raddoppiano la focale del telescopio, raddoppiando quin<strong>di</strong><br />

l’ingran<strong>di</strong>mento ottenibile con un certo oculare. Le lenti <strong>di</strong> barlow devono essere<br />

<strong>di</strong> ottima qualità ottica, altrimenti introducono dei <strong>di</strong>fetti molto fasti<strong>di</strong>osi e nocivi.<br />

Sono molto utilizzate nella fotografia in alta risoluzione dei pianeti, per aumentare<br />

la focale del telescopio, quin<strong>di</strong> l’ingran<strong>di</strong>mento, che per sistemi <strong>di</strong>gitali non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> oculari ed è determinato dalla focale del telescopio<br />

Sono piccoli filtri da avvitare al barilotto degli oculari, in grado<br />

<strong>di</strong> migliorare la visibilità dei pianeti. Se il vostro telescopio<br />

ammette oculari dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 31,8mm, allora vi servono filtri<br />

<strong>di</strong> questo <strong>di</strong>ametro. Filtri rossi sono molto adatti per migliorare<br />

il contrasto dei dettagli <strong>di</strong> Marte, quelli azzurri mettono in<br />

mostra la struttura della sua atmosfera; filtri violetti mettono in<br />

luce le tenui strutture nuvolose dell’atmosfera <strong>di</strong> Venere.<br />

Sono filtri stu<strong>di</strong>ati per la fotografia e riescono ad<br />

enfatizzare il contrasto <strong>di</strong> alcuni dettagli, specialmente <strong>di</strong><br />

nebulose e del Sole. Per l’osservazione della nostra stella<br />

esistono telescopi solari equipaggiati con dei filtri, detti<br />

H-alpha, che lavorano in una sottile linea centrata alla<br />

lunghezza d’onda <strong>di</strong> 656,3 nm (nanometri), nella regione<br />

rossa dello spettro e permettono <strong>di</strong> scorgere, sul Sole,<br />

protuberanze, filamenti e dettagli impossibili da<br />

osservare in luce bianca.<br />

Esistono anche filtri a banda stretta per le nebulose. Generalmente essi sono adatti solamente per riprese<br />

fotografiche e mettono in risalto la loro debole immagine. I più famosi sono l’H-alpha e l’OIII, centrati su<br />

sottili linee nelle quali questi oggetti emettono gran parte della loro luce. Per le osservazioni visuali<br />

esistono speciali filtri nebulari.<br />

Filtri solari<br />

Filtri per attenuare la fortissima luce che giunge dal Sole.<br />

L’osservazione della nostra stella può essere molto bella<br />

e appagante, ma va condotta ASSOLUTAMENTE CON<br />

UN FITRLO SOLARE, da porre davanti all’obiettivo del<br />

proprio telescopio, prima che la luce vi entri. Comprate<br />

sempre e solo filtri solari astronomici, non cercate MAI<br />

<strong>di</strong> costruirne uno con le vostre mani, può essere molto<br />

dannoso! I filtri solari più conosciuti attenuano la luce<br />

del Sole <strong>di</strong> circa 100000 volte, lungo tutto lo spettro<br />

elettromagnetico. Esistono speciali filtri, centrati su delle sottili linee (h-alpha, calcio) che mostrano<br />

dettagli nuovi e <strong>di</strong>versi della nostra stella. Purtroppo questi filtri sono molto costosi.<br />

Filtri lunari<br />

Filtri dal colore generalmente neutro o verde che consentono <strong>di</strong> attenuare la luce lunare in prossimità della<br />

fase <strong>di</strong> Luna piena. L’utilità <strong>di</strong> questi filtri è limitata, anche perché la luce lunare non è mai troppo intensa<br />

da provocare danni agli occhi, anche perché somiglia molto ad un normale panorama terrestre illuminato<br />

dal Sole. Al limite, a causa dell’adattamento al buio dei nostri occhi, si può provare un leggero fasti<strong>di</strong>o che


Filtri nebulari<br />

può essere attenuato con questi filtri<br />

Filtri che selezionano solamente le zone dello spettro<br />

elettromagnetico responsabili dell’emissione della luce<br />

che osserviamo dalle nebulose. La luce emessa dalle<br />

nebulose, infatti, non è sparsa su tutte le lunghezze<br />

d’onda, ma concentrata in poche e sottili linee. Questi<br />

filtri lasciano passare solamente le linee che<br />

corrispondono all’emissione delle nebulose, aumentando il loro contrasto e scurendo il fondo cielo,<br />

soprattutto se inquinato dalle luci artificiali. Non vi aspettate miracoli, ma solamente dei leggeri<br />

miglioramenti: questi filtri non potranno mai sostituire un cielo perfettamente buio, anche se, <strong>di</strong> fatto,<br />

rendono possibili le osservazioni anche da luoghi non troppo scuri.<br />

Raddrizzatori <strong>di</strong> immagine<br />

Sono speciali accessori che raddrizzano le immagini<br />

fornite da ogni telescopio. In commercio ne esistono <strong>di</strong><br />

due tipi, a seconda del modo in cui raddrizzano<br />

l’immagine.<br />

Il <strong>di</strong>agonale a specchio è un accessorio molto semplice<br />

(ma che può essere anche molto costoso!) composto da<br />

uno specchio piano inclinato a 45° che si inserisce nel<br />

porta oculari del telescopio, naturalmente prima<br />

dell’oculare stesso che andrà inserito nell’altra estremità<br />

del <strong>di</strong>agonale. Il punto <strong>di</strong> osservazione in questo caso<br />

ruota <strong>di</strong> 90° e l’immagine, a causa della riflessione nello<br />

specchio, viene raddrizzata, ma solo nel senso nord-sud,<br />

ma non nel senso est-ovest. In questi casi si <strong>di</strong>ce che<br />

l’immagine è specchiata, perché la destra è invertita con<br />

la sinistra.<br />

Per ovviare a questo spiacevole effetto, esistono in commercio dei raddrizzatori totali <strong>di</strong> immagine,<br />

composti da una combinazione <strong>di</strong> due prismi. In questo caso il punto <strong>di</strong> osservazione ruota <strong>di</strong> soli 45° e<br />

l’immagine è totalmente raddrizzata, come nei binocoli (non a caso il principio è lo stesso dei prismi dei<br />

binocoli!)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!