ATERInformacasa Luglio 2009 - Ater Trieste

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01.06.2013 Views

una casa insieme quando l’età avanza A Valmaura un gruppo di anziani condivide da oltre un anno un alloggio nel complesso ATER. A sovrintendere alla convivenza, una badante insieme agli operatori del Distretto 3 e della Microarea e ai familiari. Che partecipano in prima persona alla gestione dell’abitazione: dalla scelta del menu alla gestione del budget Si può continuare a vivere bene in casa anche quando l’età avanza e l’autosufficienza viene a mancare? A dimostrare che la sfida è possibile anche se il reddito dell’anziano non è tale da consentire un’assistenza privata 24 ore su 24 è un interessante esperimento di convivenza in atto da oltre un anno nel complesso ATER di Valmaura. 16 Qui, in un luminoso appartamento di cento metri quadri con quattro stanze da letto, coabita infatti un piccolo gruppo di anziani: da quattro a due a seconda dei periodi. Ad aiutarli nel disbrigo delle necessità quotidiane c’è una badante. I bisogni sanitari sono garantiti dagli operatori del Distretto 3 mentre ad altre esigenze, tra cui la socializzazione e le uscite, provvedono gli addetti della Microarea con il supporto dei volontari del servizio civile. E a tenere insieme quotidianità e affetti sono gli stessi famigliari che non si limitano a far visita ai propri anziani (senza alcun limite d’orario) o ad accompagnarli nelle uscite. Ma partecipano in prima persona alla gestione della casa comune: dalle decisioni relative al menù agli acquisti. Alternativa alla casa di riposo Il progetto, intitolato “La coabitazione possibile”, si propone come un’alternativa al ricovero in casa di riposo rivolta alle persone per cui la permanenza a domicilio si è resa insostenibile. Promossa dall’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 triestina e dalla Microarea, con la collaborazione dell’ATER che ha messo a disposizione l’appartamento, la sperimentazione offre la possibilità di accudire i propri cari in un ambiente famigliare e al tempo stesso sicuro. “L’appartamento – spiega Sari Massiotta, dell’Ufficio di coordinamento delle attività socio-sanitarie del Distretto 3 – non è una struttura sanitaria ma una civile abitazione di convivenza che si differenzia molto dalle condizioni di vita in una casa di riposo: sia sotto il profilo ambientale sia per l’intensità assistenziale”. “Ogni persona o coppia anziana – prosegue – dispone infatti di una stanza da letto singola e arredata con mobili propri mentre vi è un assistente presente sulle 24 ore per ogni quattro persone”.

Medico, infermieri e spese Trattandosi di un’abitazione i servizi sanitari sono assicurati dal Distretto, proprio come accade a casa propria. Nella casa comune si avvicendano dunque, a seconda dei bisogni, gli infermieri dell’assistenza domiciliare e il medico di Distretto, gli specialisti e gli operatori della riabilitazione. Per tutte le altre necessità vi sono i volontari del servizio civile e gli operatori della Microarea. “La gestione economica – racconta Sari Massiotta – avviene nella massima trasparenza. I costi complessivi sono divisi per il numero degli abitanti e sono i familiari a gestire i pagamenti alla badante, la spesa alimentare, le bollette del telefono e altri costi”. Il costo mensile, quando sono presenti quattro persone, è di circa un migliaio di euro: una quota pari o inferiore a quella di molte case di riposo. Le spese per le uscite, le consumazioni o il vestiario sono invece sostenute dagli stessi ospiti. La coabitazione in atto a Valmaura prende le mosse dall’esperienza ormai consolidata dei gruppi appartamento per le persone affette da disturbo mentale: appartamenti in cui convivono piccoli nuclei che, con il sostegno degli operatori, possono così mantenere la loro autonomia e la loro soggettività. Anche per le persone anziane impossibilitate a rimanere a casa propria la convivenza può essere un’opportunità per avvalersi di un’assistenza personalizzata in un ambiente privo di regole rigide. Il peso della cura Per i familiari questa soluzione può invece rappresentare un’occasione preziosa per ritrovare il filo di un affetto che rischia di smarrirsi sotto il peso delle preoccupazioni legate alla cura quotidiana. “Per mia madre, reduce da un ictus, la permanenza a casa era diventata impossibile – racconta la signora Noemi – Non era più in grado di sbrigare le faccende di tutti i giorni né tanto meno di gestire i medicinali. Per noi era diventato quasi impossibile accudirla in modo adeguato. Anche perché con l’avanzare della malattia aveva bisogno di una compagnia costante che tra il lavoro e i nostri impegni familiari purtroppo non riuscivamo a darle”. L’impossibilità dei figli – alle prese con i ritmi del lavoro, con i figli propri e talvolta i nipoti - di farsi carico dei genitori anziani torna anche nel racconto del signor Claudio. “Prima di entrare nell’appartamento – ricorda – i miei genitori erano seguiti a casa loro da una badante. Ma ero comunque costretto ad andare da loro almeno tre volte il giorno per i pasti e un po’ di compagnia. E quasi ogni notte mi svegliavano e mi chiedevano di tornare perché impauriti da qualche rumore o tormentati da una preoccupazione: era diventata una vita impossibile”. L’affetto dei figli L’opportunità della coabitazione è stata accolta dai figli con entusiasmo, anche se all’inizio è stato necessario un certo rodaggio per armonizzare abitudini e stili di vita differenti. “Mi sentirei in colpa a mettere mio padre in casa di riposo – dice il signor Piero – Qui è sempre presente una badante che si occupa di loro e dei pasti e si può contare gli operatori del Distretto o della Microarea”. “Altrettanto importante – continua – è la possibilità per noi familiari di collaborare alla gestione della casa partecipando alla gestione del budget e alle decisioni più importanti e di essere presenti in qualsiasi momento, senza dover attendere gli orari delle visite”. “In fondo – conclude – stiamo lavorando per il nostro futuro. Se tra qualche anno non sarò più in gamba non mi spiacerebbe affatto andare a vivere in una casa così con dei coetanei. Anzi, ne sto già parlando con qualche amico”. aterinformacasa 17

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quando l’età avanza<br />

A Valmaura un gruppo di anziani condivide da oltre un anno un alloggio<br />

nel complesso ATER. A sovrintendere alla convivenza,<br />

una badante insieme agli operatori del Distretto 3 e della Microarea<br />

e ai familiari. Che partecipano in prima persona alla gestione<br />

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Si può continuare a vivere bene in casa anche<br />

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viene a mancare? A dimostrare che la sfida è<br />

possibile anche se il reddito dell’anziano non è<br />

tale da consentire un’assistenza privata 24 ore<br />

su 24 è un interessante esperimento di convivenza<br />

in atto da oltre un anno nel complesso<br />

ATER di Valmaura.<br />

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Qui, in un luminoso appartamento di cento metri<br />

quadri con quattro stanze da letto, coabita infatti un<br />

piccolo gruppo di anziani: da quattro a due a seconda<br />

dei periodi. Ad aiutarli nel disbrigo delle necessità quotidiane<br />

c’è una badante. I bisogni sanitari sono garantiti<br />

dagli operatori del Distretto 3 mentre ad altre esigenze,<br />

tra cui la socializzazione e le uscite, provvedono gli<br />

addetti della Microarea con il supporto dei volontari<br />

del servizio civile. E a tenere insieme quotidianità e affetti<br />

sono gli stessi famigliari che non si limitano a far<br />

visita ai propri anziani (senza alcun limite d’orario) o<br />

ad accompagnarli nelle uscite. Ma partecipano in prima<br />

persona alla gestione della casa comune: dalle decisioni<br />

relative al menù agli acquisti.<br />

Alternativa alla casa di riposo<br />

Il progetto, intitolato “La coabitazione possibile”, si<br />

propone come un’alternativa al ricovero in casa di riposo<br />

rivolta alle persone per cui la permanenza a domicilio<br />

si è resa insostenibile. Promossa dall’Azienda per i<br />

Servizi Sanitari n. 1 triestina e dalla Microarea, con la<br />

collaborazione dell’ATER che ha messo a disposizione<br />

l’appartamento, la sperimentazione offre la possibilità<br />

di accudire i propri cari in un ambiente famigliare e al<br />

tempo stesso sicuro.<br />

“L’appartamento – spiega Sari Massiotta, dell’Ufficio<br />

di coordinamento delle attività socio-sanitarie del<br />

Distretto 3 – non è una struttura sanitaria ma una civile<br />

abitazione di convivenza che si differenzia molto dalle<br />

condizioni di vita in una casa di riposo: sia sotto il profilo<br />

ambientale sia per l’intensità assistenziale”. “Ogni<br />

persona o coppia anziana – prosegue – dispone infatti<br />

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mentre vi è un assistente presente sulle 24 ore per<br />

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